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Document 62014CJ0080

    Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 30 aprile 2015.
    Union of Shop, Distributive and Allied Workers (USDAW) e B. Wilson contro WW Realisation 1 Ltd, en liquidation e a.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division).
    Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Licenziamenti collettivi – Direttiva 98/59/CE – Articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a) – Nozione di “stabilimento” – Modalità di calcolo del numero di lavoratori licenziati.
    Causa C-80/14.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2015:291

    SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

    30 aprile 2015 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale — Politica sociale — Licenziamenti collettivi — Direttiva 98/59/CE — Articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a) — Nozione di “stabilimento” — Modalità di calcolo del numero di lavoratori licenziati»

    Nella causa C‑80/14,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito), con decisione del 5 febbraio 2014, pervenuta in cancelleria il 14 febbraio 2014, nel procedimento

    Union of Shop, Distributive and Allied Workers (USDAW),

    B. Wilson

    contro

    WW Realisation 1 Ltd, in liquidazione,

    Ethel Austin Ltd,

    Secretary of State for Business, Innovation and Skills,

    LA CORTE (Quinta Sezione),

    composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, C. Vajda, A. Rosas, E. Juhász (relatore) e D. Šváby, giudici,

    avvocato generale: N. Wahl

    cancelliere: I. Illéssy, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 novembre 2014,

    considerate le osservazioni presentate:

    per l’Union of Shop, Distributive and Allied Workers (USDAW) e B. Wilson, da D. Rose, QC, su mandato di M. Cain, solicitor;

    per il governo del Regno Unito, da L. Christie, in qualità di agente, assistito da T. Ward, QC, e J. Holmes, barrister;

    per il governo spagnolo, da L. Banciella Rodríguez‑Miñón e M.J. García-Valdecasas Dorrego, in qualità di agenti;

    per il governo ungherese, da M. Fehér, G. Koós e A. Pálfy, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da J. Enegren, R. Vidal Puig e J. Samnadda, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 febbraio 2015,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU L 225, pag. 16).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Union of Shop, Distributive and Allied Workers (USDAW) e la sig.ra Wilson, da un lato, e la WW Realisation 1 Ltd, in liquidazione (in prosieguo: la «Woolworths»), dall’altro, nonché tra l’USDAW, da un lato, e la Ethel Austin Ltd (in prosieguo: la «Ethel Austin») e il Secretary of State for Business, Innovation and Skills (Ministro del Commercio, dell’Innovazione e delle Qualifiche professionali; in prosieguo: il «Ministro del Commercio»), dall’altro, in merito alla legittimità dei licenziamenti effettuati dalla Woolworths e dalla Ethel Austin. Il Ministro del Commercio è stato citato come parte nel procedimento principale per il motivo che, qualora la Woolworths o la Ethel Austin fossero condannate al versamento delle indennità cosiddette di tutela ma non potessero provvedervi, il Ministro del Commercio sarà tenuto a versare ai dipendenti che ne facciano domanda un indennizzo pari a un importo che riterrà adeguato, nei limiti del massimale fissato dalla legge, a titolo di compensazione di detto credito.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3

    Dal considerando 1 della direttiva 98/59 risulta che quest’ultima ha codificato la direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di licenziamenti collettivi (GU L 48, pag. 29).

    4

    Ai sensi del considerando 2 della direttiva 98/59, occorre rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, tenendo conto della necessità di uno sviluppo economico-sociale equilibrato nell’Unione europea.

    5

    I considerando 3 e 4 di tale direttiva dispongono quanto segue:

    «(3)

    considerando che, nonostante un’evoluzione convergente, sussistono differenze tra le disposizioni in vigore negli Stati membri per quanto riguarda le modalità e la procedura dei licenziamenti collettivi e le misure che possono attenuare per i lavoratori le conseguenze di tali licenziamenti;

    (4)

    considerando che tali differenze possono ripercuotersi direttamente sul funzionamento del mercato comune».

    6

    Il considerando 7 della stessa direttiva sottolinea la necessità di promuovere il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi.

    7

    Ai sensi dell’articolo 1 della medesima direttiva, intitolato «Definizione e campo di applicazione»:

    «1.   Ai fini dell’applicazione della presente direttiva:

    a)

    per licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore se il numero dei licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri:

    i)

    per un periodo di 30 giorni:

    almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;

    almeno pari al 10% del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;

    almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori;

    ii)

    oppure, per un periodo di 90 giorni, almeno pari a 20, indipendentemente dal numero di lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati;

    (...)

    Per il calcolo del numero dei licenziamenti previsti nel primo comma, lettera a), sono assimilate ai licenziamenti le cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti siano almeno cinque.

    2.   La presente direttiva non si applica:

    a)

    ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell’espletamento del compito previsto nei suddetti contratti;

    (...)».

    8

    In forza dell’articolo 2 della direttiva 98/59:

    «1.   Quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo.

    2.   Nelle consultazioni devono essere almeno esaminate le possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati.

    (...)

    3.   Affinché i rappresentanti dei lavoratori possano formulare proposte costruttive, il datore di lavoro deve in tempo utile nel corso delle consultazioni:

    a)

    fornire loro tutte le informazioni utili e

    b)

    comunicare loro, comunque, per iscritto:

    i)

    le ragioni del progetto di licenziamento,

    ii)

    il numero e le categorie dei lavoratori da licenziare,

    iii)

    il numero e le categorie dei lavoratori abitualmente impiegati,

    iv)

    il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti,

    v)

    i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare, qualora le legislazioni e/o le prassi nazionali ne attribuiscano la competenza al datore di lavoro,

    vi)

    il metodo di calcolo previsto per qualsiasi eventuale indennità di licenziamento diversa da quella derivante dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

    Il datore di lavoro deve trasmettere all’autorità pubblica competente almeno una copia degli elementi della comunicazione scritta, previsti al primo comma, lettera b), punti da i) a v).

    (...)».

    9

    L’articolo 3, paragrafo 1, della citata direttiva stabilisce quanto segue:

    «Il datore di lavoro deve notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente.

    (...)

    La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori previste all’articolo 2, segnatamente i motivi del licenziamento, il numero dei lavoratori che dovranno essere licenziati, il numero dei lavoratori abitualmente occupati ed il periodo nel corso del quale s’effettueranno i licenziamenti».

    10

    L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva così recita:

    «1.   I licenziamenti collettivi il cui progetto è stato notificato all’autorità pubblica competente avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica prevista all’articolo 3, paragrafo 1, ferme restando le disposizioni che disciplinano i diritti individuali in materia di termini di preavviso.

    Gli Stati membri possono accordare all’autorità pubblica competente la facoltà di ridurre il termine fissato al primo comma.

    2.   L’autorità pubblica competente si avvale del termine di cui al paragrafo 1 per cercare soluzioni ai problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati».

    11

    L’articolo 5 della stessa direttiva dispone quanto segue:

    «La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o favorire o consentire l’applicazione di disposizioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori».

    Il diritto del Regno Unito

    12

    La legge del 1992 sui sindacati e le relazioni industriali (testo consolidato) [Trade Union and Labour Relations (Consolidation) Act 1992; in prosieguo: il «TULRCA»] è volta a dare attuazione agli obblighi incombenti al Regno Unito in forza della direttiva 98/59.

    13

    L’articolo 188, paragrafo 1, del TULRCA così recita:

    «Quando un datore di lavoro prevede di licenziare per motivi economici 20 o più dipendenti di un unico stabilimento in un periodo pari o inferiore a 90 giorni, deve consultare in merito a tali licenziamenti tutte le persone che rappresentano legittimamente i dipendenti eventualmente interessati dai licenziamenti previsti o dai provvedimenti connessi a tali licenziamenti».

    14

    In base all’articolo 189, paragrafo 1, del TULRCA, qualora un datore di lavoro non rispetti in particolare uno degli obblighi relativi a detta consultazione, l’Employment Tribunal (tribunale del lavoro) può essere adito su tale fondamento dal sindacato dei lavoratori interessato, se l’inadempimento riguarda i rappresentanti sindacali, oppure da qualsiasi dipendente vittima dell’inadempimento o da qualsiasi dipendente licenziato per motivi economici, in tutti gli altri casi. In forza dell’articolo 189, paragrafo 2, del TULRCA, se il ricorso è fondato, detto giudice potrà disporre a titolo di risarcimento il versamento di un’indennità cosiddetta «di tutela» («protective award»).

    15

    L’articolo 189, paragrafo 3, del TULRCA stabilisce che l’indennità di tutela è volta a indennizzare qualunque dipendente che sia stato o che dovrebbe essere licenziato per motivi economici e rispetto al cui licenziamento, effettivo o previsto, il datore di lavoro non abbia osservato in particolare uno degli obblighi relativi alla consultazione.

    16

    Conformemente all’articolo 190, paragrafo 1, del TULRCA, qualora venga accordata un’indennità di tutela, ogni lavoratore beneficiario ha diritto, in linea di principio, al pagamento di una retribuzione da parte del proprio datore di lavoro per il periodo tutelato.

    17

    L’articolo 192, paragrafo 1, del TULRCA prevede che un lavoratore che benefici di un’indennità di tutela possa presentare ricorso dinanzi all’Employment Tribunal adducendo che il datore di lavoro non gli ha versato, in tutto o in parte, la retribuzione dovuta a titolo di indennità. Se il ricorso è accolto, tale Tribunale ordina al datore di lavoro di pagare al ricorrente l’importo della retribuzione dovuta, conformemente all’articolo 192, paragrafo 3, del TULRCA.

    18

    La parte 12 della legge del 1996 sui diritti dei lavoratori (Employment Rights Act 1996; in prosieguo: l’«ERA») è volta a dare attuazione agli obblighi incombenti al Regno Unito in forza della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (GU L 283, pag. 36).

    19

    L’articolo 182 dell’ERA dispone quanto segue:

    «Se, a seguito di una richiesta scritta da parte di un lavoratore, il Ministro [competente] accerta che:

    a)

    il datore di lavoro del lavoratore è divenuto insolvente,

    b)

    il rapporto di lavoro del lavoratore è cessato, e

    c)

    alla data pertinente, il lavoratore aveva diritto al pagamento, in tutto o in parte, di qualunque debito cui è applicabile la parte 12 [dell’ERA],

    può, fatto salvo il disposto dell’articolo 186, chiedere al National Insurance Fund [(Fondo nazionale di garanzia)] di versare al lavoratore la somma che ritiene essergli dovuta in relazione a detto debito».

    20

    L’articolo 183 dell’ERA riguarda le circostanze in cui un datore di lavoro diviene insolvente.

    21

    In forza dell’articolo 184, paragrafo 1, lettera a), dell’ERA, i debiti cui fa riferimento la parte 12 dell’ERA includono qualsiasi pagamento arretrato relativo a una o più settimane (otto al massimo).

    22

    L’articolo 184, paragrafo 2, dell’ERA precisa che le retribuzioni risultanti da un’indennità di tutela dovuta in applicazione dell’articolo 189 del TULRCA devono essere considerate pagamenti arretrati.

    23

    L’articolo 188 dell’ERA stabilisce che un soggetto che abbia fatto richiesta di pagamento ai sensi dell’articolo 182 dell’ERA può presentare ricorso all’Employment Tribunal in caso di omissione di siffatto pagamento da parte del Ministro del Commercio o in caso di pagamento di importo inferiore alla somma in realtà dovuta. Detto tribunale, qualora ritenga che il Ministro del Commercio avrebbe dovuto effettuare un pagamento ai sensi dell’articolo 182, si pronuncia in tal senso e fissa l’ammontare del pagamento da effettuare.

    Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    24

    La Woolworths e la Ethel Austin erano imprese attive nel settore della grande distribuzione su tutto il territorio nazionale e gestivano catene di negozi recanti le denominazioni commerciali, rispettivamente, di «Woolworths» e di «Ethel Austin». Queste società, divenute insolventi, sono state sottoposte ad amministrazione controllata, con conseguente adozione di piani sociali che hanno coinvolto migliaia di lavoratori in tutto il Regno Unito.

    25

    In tale contesto, l’USDAW, nella sua qualità di organizzazione sindacale, ha proposto ricorsi dinanzi all’Employment Tribunal, Liverpool, e all’Employment Tribunal, London Central, contro queste due società, in nome e per conto di diverse migliaia di suoi membri, ex dipendenti di tali società licenziati per motivi economici.

    26

    L’USDAW conta oltre 430000 membri nel Regno Unito che svolgono varie attività professionali.

    27

    La sig.ra Wilson era impiegata presso uno dei negozi della catena «Woolworths» a Saint Ives (Regno Unito) ed era delegata dell’USDAW al forum nazionale dei dipendenti (denominato «circolo dei colleghi») istituito dalla Woolworths per trattare varie questioni, vertenti in particolare sulle consultazioni preventive in caso di licenziamenti collettivi.

    28

    L’USDAW e la sig.ra Wilson hanno chiesto la condanna dei datori di lavoro al versamento di indennità di tutela ai dipendenti licenziati, non essendo stata seguita la procedura di consultazione preventiva all’adozione dei piani sociali prevista dal TULRCA.

    29

    Conformemente alle pertinenti disposizioni dell’ERA, se la Woolworths o la Ethel Austin fossero condannate al versamento di indennità di tutela e non fossero in grado di ottemperarvi, un dipendente potrebbe richiedere tale versamento al Ministro del Commercio, il quale sarebbe tenuto a indennizzarlo nei limiti del massimale legale a titolo di stipendi arretrati. Se detto Ministro non dovesse procedere a tale indennizzo, l’Employment Tribunal emetterà nei suoi confronti un’ingiunzione di pagamento su domanda del dipendente interessato.

    30

    Con decisioni, rispettivamente, del 2 novembre 2011 e del 18 gennaio 2012, l’Employment Tribunal, Liverpool, e l’Employment Tribunal, London Central, hanno concesso il beneficio dell’indennità di tutela a un certo numero di dipendenti licenziati dalla Woolworths e dalla Ethel Austin. Tuttavia, circa 4500 ex dipendenti non hanno ottenuto tale beneficio con la motivazione che avevano lavorato in stabilimenti con meno di 20 dipendenti e che ogni stabilimento doveva essere considerato a se stante.

    31

    L’USDAW e la sig.ra Wilson hanno interposto appello contro dette decisioni dinanzi all’Employment Appeal Tribunal (tribunale d’appello per le controversie in materia di lavoro), il quale ha dichiarato, con decisione del 30 maggio 2013, che, al fine di interpretare l’articolo 188, paragrafo 1, del TULRCA in modo compatibile con la direttiva 98/59, sarebbe stato necessario eliminare l’espressione «di un unico stabilimento», conformemente all’obbligo incombente al giudice nazionale ai sensi della sentenza Marleasing (C‑106/89, EU:C:1990:395), secondo cui tale giudice è tenuto ad interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva di cui trattasi. Detto giudice ha altresì dichiarato che, da un lato, l’USDAW e la sig.ra Wilson potevano far valere l’effetto diretto dei diritti loro spettanti in forza della direttiva 98/59 dal momento che il Ministro del Commercio era parte in causa e che, dall’altro, quest’ultimo era tenuto a versare le indennità di tutela a ciascuno dei lavoratori. Dalla medesima decisione risulta altresì che l’obbligo di consultazione preventiva si applica ogniqualvolta un datore di lavoro preveda di licenziare per motivi economici 20 o più dipendenti nel corso di un periodo pari o inferiore a 90 giorni, indipendentemente da quali siano gli stabilimenti in cui essi lavorano.

    32

    È in tale contesto che il Ministro del Commercio ha chiesto l’autorizzazione a interporre appello dinanzi al giudice del rinvio, la quale è stata concessa dall’Employment Appeal Tribunal con ordinanza del 26 settembre 2013.

    33

    Il giudice del rinvio afferma che le parti nel procedimento principale concordano sul fatto che, nella trasposizione della direttiva 98/59, il Regno Unito ha optato per la soluzione prevista all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), di tale direttiva.

    34

    Detto giudice precisa che l’USDAW e la sig.ra Wilson sostengono dinanzi ad esso che la nozione di «licenziamento collettivo» che figura nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della direttiva 98/59 non può limitarsi al caso in cui vengano licenziati almeno 20 lavoratori di ciascuno stabilimento in un periodo di 90 giorni, ma riguarda anche i casi in cui siano licenziati almeno 20 lavoratori dipendenti di un medesimo datore di lavoro in un periodo di 90 giorni, indipendentemente da quale sia il numero di lavoratori negli stabilimenti di cui trattasi, vale a dire gli stabilimenti in cui vengono effettuati i licenziamenti.

    35

    L’USDAW e la sig.ra Wilson fanno valere, in subordine, che, quand’anche detta disposizione della direttiva 98/59 dovesse essere intesa nel senso che essa riguarda il licenziamento di almeno 20 lavoratori in ciascuno stabilimento, la nozione di «stabilimento» deve essere interpretata come riferita all’insieme dell’attività commerciale esercitata rispettivamente dalla Woolworths e dalla Ethel Austin. Infatti, a loro parere, è l’attività commerciale nel suo insieme a costituire un’unità economica.

    36

    Secondo l’USDAW e la sig.ra Wilson, ritenere che ciascun negozio costituisca uno stabilimento ai sensi di detta disposizione darebbe luogo ad esiti ingiusti e arbitrari laddove, come nel caso di specie, una grande marca della distribuzione al dettaglio chiuda la quasi totalità della propria attività, licenziando un gran numero di dipendenti impiegati in vari negozi, alcuni dei quali con 20 o più dipendenti, altri con meno di 20. In un simile caso, non sarebbe infatti logico che i lavoratori dei negozi più grandi potessero giovarsi di una procedura di consultazione preventiva al loro licenziamento collettivo e che coloro che lavorano in negozi più piccoli ne fossero privati.

    37

    L’USDAW e la sig.ra Wilson rilevano inoltre che, poiché, indipendentemente dal negozio in cui lavorano, i dipendenti fanno parte del medesimo piano di licenziamento e l’obiettivo della direttiva 98/59 consiste nel rafforzare la tutela dei lavoratori, siffatta interpretazione della direttiva 98/59 indurrebbe i datori di lavoro a suddividere le proprie attività in modo da eludere gli obblighi previsti da tale direttiva.

    38

    L’USDAW e la sig.ra Wilson, considerato che il Ministro del Commercio è responsabile del pagamento delle indennità di tutela, conformemente alla direttiva 2008/94, ritengono di avere il diritto di opporgli gli effetti della direttiva 98/59 in forza del principio dell’effetto diretto verticale insito in quest’ultima.

    39

    Dinanzi al giudice del rinvio, il Ministro del Commercio, facendo riferimento alle sentenze Rockfon (C‑449/93, EU:C:1995:420) e Athinaïki Chartopoiïa (C‑270/05, EU:C:2007:101), sostiene che la nozione di «stabilimento» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), ii), della direttiva 98/59 designa l’unità alla quale sono addetti i lavoratori interessati per lo svolgimento delle loro mansioni e che occorre conferire a detta nozione la stessa portata che le viene data nel contesto dei rispettivi articoli 1, paragrafo 1, lettera a), i), delle direttive 75/129 e 98/59.

    40

    Il Ministro del Commercio aggiunge che, se il legislatore dell’Unione avesse inteso ricomprendere in detto articolo 1, paragrafo 1, lettera a), ii) tutti i lavoratori alle dipendenze di un datore di lavoro, esso avrebbe utilizzato un termine diverso da «stabilimento», per esempio quello di «impresa» o di «datore di lavoro».

    41

    Ne risulterebbe che, se fossero licenziati 19 dipendenti di uno stabilimento, non vi sarebbe «licenziamento collettivo» ai sensi della direttiva 98/59, mentre, se fossero licenziati 20 dipendenti, si applicherebbero i diritti garantiti da tale direttiva.

    42

    Ciò considerato, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (divisione civile)] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    a)

    Se l’espressione “almeno pari a 20” di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), ii), della direttiva 98/59 si riferisca al numero di licenziamenti effettuati in un periodo di 90 giorni, prendendo in considerazione tutti gli stabilimenti in cui hanno luogo i licenziamenti, o se si riferisca invece al numero di licenziamenti effettuati in ciascun singolo stabilimento.

    b)

    Nel caso in cui l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), ii), della medesima direttiva si riferisca al numero di licenziamenti in ciascun singolo stabilimento, quale sia il significato del termine “stabilimento”. In particolare, se si debba intendere per “stabilimento” l’intera impresa commerciale interessata, quale unica unità produttiva, o quella parte dell’impresa in cui si prevede di effettuare licenziamenti, piuttosto che l’unità alla quale sono addetti i lavoratori per lo svolgimento delle loro mansioni, ad esempio ciascun singolo negozio.

    2)

    Qualora un lavoratore agisca contro un datore di lavoro privato per ottenere un’indennità di tutela, se lo Stato membro possa invocare, o fondarsi sul fatto, che dalla direttiva 98/59 non derivano diritti aventi effetto diretto nei confronti del datore di lavoro allorché:

    a)

    il datore di lavoro privato, ove lo Stato membro avesse attuato correttamente la direttiva, sarebbe stato responsabile del pagamento delle indennità di tutela al lavoratore per essere venuto meno all’obbligo di consultazione previsto dalla direttiva; nonché,

    b)

    nello stato di insolvenza del datore di lavoro, qualora fosse riconosciuta un’indennità di tutela a carico del datore di lavoro privato e quest’ultimo non la versasse, in caso di richiesta nei confronti dello Stato membro, quest’ultimo sarebbe esso stesso responsabile del pagamento al lavoratore di qualunque indennità di tal genere, in forza della normativa interna di attuazione della direttiva 2008/94, fermi restando i limiti della responsabilità imposta all’organismo di garanzia dello Stato membro ai sensi dell’articolo 4 della predetta direttiva».

    Sulle questioni pregiudiziali

    43

    Con la prima questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente, da un lato, se la nozione di «stabilimento» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della direttiva 98/59 debba essere interpretata nello stesso modo della nozione di «stabilimento» che figura nella lettera a), i), del medesimo comma e, dall’altro, se l’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della direttiva 98/59 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che preveda un obbligo di informazione e di consultazione dei lavoratori in caso di licenziamento, nel corso di un periodo di 90 giorni, di almeno 20 lavoratori di un particolare stabilimento di un’impresa, e non quando il numero complessivo di licenziamenti in tutti gli stabilimenti o in taluni stabilimenti di un’impresa nel corso del medesimo periodo raggiunge o supera la soglia di 20 lavoratori.

    44

    Come risulta dalla decisione di rinvio nonché dalle osservazioni presentate alla Corte, all’atto della trasposizione della direttiva 98/59, il Regno Unito ha optato per la soglia di applicazione della stessa che figura nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della stessa direttiva. In forza del diritto nazionale applicabile, qualora un datore di lavoro intenda sopprimere almeno 20 posti di lavoro in uno stabilimento nel corso di un periodo di 90 giorni, esso è tenuto a rispettare una procedura di informazione e di consultazione dei lavoratori al riguardo.

    45

    In proposito, si deve anzitutto constatare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, la nozione di «stabilimento», che non è definita dalla direttiva 98/59, costituisce una nozione di diritto dell’Unione e non può definirsi mediante richiamo alle normative degli Stati membri (v., in tal senso, sentenza Rockfon, C‑449/93, EU:C:1995:420, punto 25). Essa deve quindi ricevere un’interpretazione autonoma e uniforme nell’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Athinaïki Chartopoiïa, C‑270/05, EU:C:2007:101, punto 23).

    46

    La Corte ha già interpretato la nozione di «stabilimento» o di «stabilimenti» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59.

    47

    Al punto 31 della sentenza Rockfon (C‑449/93, EU:C:1995:420), la Corte, facendo riferimento al punto 15 della sentenza Botzen e a. (186/83, EU:C:1985:58), ha osservato che il rapporto di lavoro è essenzialmente caratterizzato dal vincolo esistente tra il lavoratore e la parte dell’impresa cui esso è addetto per svolgere il suo compito. La Corte ha quindi stabilito, al punto 32 della sentenza Rockfon (C‑449/93, EU:C:1995:420), che occorre interpretare la nozione di «stabilimento» che figura nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59 nel senso che essa designa, secondo le circostanze, l’unità alla quale i lavoratori colpiti da licenziamento sono addetti per lo svolgimento delle loro mansioni. Il fatto che l’unità di cui trattasi disponga di una direzione che possa effettuare licenziamenti collettivi in modo autonomo non è essenziale per la definizione della nozione di «stabilimento».

    48

    Dal punto 5 della sentenza Rockfon (C‑449/93, EU:C:1995:420) risulta che il Regno di Danimarca, Stato dell’organo giurisdizionale che aveva proposto la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa che ha dato luogo a detta sentenza, aveva scelto la soluzione prevista all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), i), della direttiva summenzionata.

    49

    Nella sentenza Athinaïki Chartopoiïa (C‑270/05, EU:C:2007:101), la Corte ha fornito precisazioni supplementari riguardo alla nozione di «stabilimento», in particolare dichiarando, al punto 27 di detta sentenza, che, ai fini dell’applicazione della direttiva 98/59, può in particolare costituire uno «stabilimento», nell’ambito di un’impresa, un’entità distinta, che presenta caratteristiche di permanenza e stabilità, che è destinata ad effettuare una o più operazioni determinate e che dispone di un insieme di lavoratori nonché di strumenti tecnici e di una determinata struttura organizzativa che permette il compimento di tali operazioni.

    50

    Con l’utilizzo dei termini «entità distinta» e «nell’ambito di un’impresa», la Corte ha precisato che le nozioni di «impresa» e di «stabilimento» sono diverse e che lo stabilimento costituisce di regola una parte di un’impresa. Tuttavia, ciò non esclude che, qualora l’impresa non disponga di varie unità distinte, lo stabilimento e l’impresa possano coincidere.

    51

    Al punto 28 della sentenza Athinaïki Chartopoiïa (C‑270/05, EU:C:2007:101), la Corte ha affermato che, in considerazione del fatto che lo scopo della direttiva 98/59 attiene agli effetti socioeconomici che i licenziamenti collettivi potrebbero provocare in un contesto locale e in un ambiente sociale determinati, l’entità in questione non deve necessariamente essere dotata di una qualsivoglia autonomia giuridica e neppure di un’autonomia economica, finanziaria, amministrativa o tecnologica per poter essere qualificata come «stabilimento».

    52

    Di conseguenza, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, qualora un’«impresa» comprenda più entità che soddisfano i criteri precisati ai punti 47, 49 e 51 della presente sentenza, è l’entità cui i lavoratori colpiti da licenziamento sono addetti per lo svolgimento delle loro mansioni a costituire lo «stabilimento» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59.

    53

    Tale giurisprudenza è applicabile alla presente causa.

    54

    Si deve constatare che il significato dei termini «stabilimento» o «stabilimenti» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), i), della direttiva 98/59 è identico a quello dei termini «stabilimento» o «stabilimenti» che ricorrono nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della medesima direttiva.

    55

    Al riguardo, è irrilevante la circostanza, rilevata in udienza dinanzi alla Corte, che il termine «stabilimento» sia utilizzato al plurale, in particolare, nelle versioni in lingua inglese, spagnola, francese e italiana di detta disposizione. Infatti, in queste versioni linguistiche, il termine «stabilimenti» compare al plurale sia nella lettera a), i), sia nella lettera a), ii) di detta disposizione. Inoltre, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 53 delle sue conclusioni, diverse altre versioni linguistiche dell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della direttiva 98/59 utilizzano detto termine al singolare, il che esclude l’interpretazione secondo cui la soglia prevista in quest’ultima disposizione riguarda tutti gli «stabilimenti» di un’«impresa».

    56

    L’opzione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della direttiva 98/59, ad eccezione della diversa lunghezza dei periodi nel corso dei quali avvengono i licenziamenti, risulta essere un’alternativa sostanzialmente equivalente all’opzione che figura nella lettera a), i), della medesima disposizione.

    57

    Nessun elemento del testo dell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59 suggerisce che occorra dare un significato diverso ai termini «stabilimento» o «stabilimenti» che figurano nello stesso comma di detto articolo.

    58

    Va ricordato in proposito che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza Athinaïki Chartopoiïa (C‑270/05, EU:C:2007:101), la Corte non ha esaminato se la Repubblica ellenica avesse optato per la soluzione prevista nella lettera a), i), o nella lettera a), ii), dell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59. Il dispositivo di detta sentenza riguarda l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), senza fare alcuna distinzione tra le opzioni che compaiono nella lettera a), i), o nella lettera a), ii), della medesima disposizione.

    59

    Il fatto che il legislatore offra agli Stati membri la possibilità di scegliere tra le opzioni previste, rispettivamente, all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), i), e lettera a), ii), della direttiva 98/59 indica che la nozione di «stabilimento» non può avere una portata completamente diversa a seconda che lo Stato membro interessato opti per l’una o l’altra soluzione alternativa che gli viene proposta.

    60

    Inoltre, una differenza di siffatta portata sarebbe contraria alla necessità, sottolineata dal considerando 7 della direttiva 98/59, di promuovere il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi.

    61

    Per quanto riguarda la questione, sollevata dal giudice del rinvio, se l’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della direttiva 98/59 esiga che si tenga conto dei licenziamenti effettuati in ciascuno stabilimento considerato separatamente, l’interpretazione secondo cui tale disposizione richiederebbe che sia preso in considerazione il numero totale dei licenziamenti effettuati in tutti gli stabilimenti di un’impresa aumenterebbe, certo, considerevolmente il numero di lavoratori che potrebbero beneficiare della tutela della direttiva 98/59, il che sarebbe conforme a uno degli obiettivi di quest’ultima.

    62

    Tuttavia, occorre ricordare che tale direttiva non solo intende rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, ma anche, da un lato, assicurare una tutela di analoga natura dei diritti dei lavoratori nei vari Stati membri e, dall’altro, ravvicinare gli oneri che dette norme di tutela comportano per le imprese dell’Unione (v., in tal senso, sentenze Commissione/Regno Unito, C‑383/92, EU:C:1994:234, punto 16; Commissione/Portogallo, C‑55/02, EU:C:2004:605, punto 48, e Confédération générale du travail e a., C‑385/05, EU:C:2007:37, punto 43).

    63

    Orbene, un’interpretazione della nozione di «stabilimento», quale richiamata al punto 61 della presente sentenza, da un lato, sarebbe contraria all’obiettivo di assicurare una tutela analoga dei diritti dei lavoratori in tutti gli Stati membri e, dall’altro, comporterebbe oneri assai diversi per le imprese che devono soddisfare gli obblighi di informazione e di consultazione in forza degli articoli da 2 a 4 di detta direttiva a seconda della scelta dello Stato membro interessato, cosa che sarebbe anch’essa contraria all’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione di equiparare tali oneri in tutti gli Stati membri.

    64

    Occorre aggiungere che tale interpretazione condurrebbe a includere nell’ambito di applicazione della direttiva 98/59 non solo un gruppo di lavoratori colpiti da un licenziamento collettivo, ma anche, se del caso, un solo lavoratore di uno stabilimento – eventualmente di uno stabilimento situato in un agglomerato separato e lontano dagli altri stabilimenti della medesima impresa –, il che sarebbe contrario alla nozione di «licenziamento collettivo» nel senso abituale di tale espressione. Inoltre, il licenziamento di questo solo lavoratore attiverebbe le procedure di informazione e di consultazione previste dalle disposizioni della direttiva 98/59, le quali non sono adeguate a un caso individuale siffatto.

    65

    Va tuttavia ricordato che la direttiva 98/59 istituisce una tutela minima relativa all’informazione e alla consultazione dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi (v. sentenza Confédération générale du travail e a., C‑385/05, EU:C:2007:37, punto 44). Occorre rilevare, in proposito, che l’articolo 5 della medesima direttiva ha concesso la facoltà agli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o di favorire o consentire l’applicazione di disposizioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori.

    66

    Nell’ambito di tale facoltà, l’articolo 5 della direttiva 98/59 consente in particolare agli Stati membri di concedere la tutela prevista da tale direttiva non soltanto ai lavoratori di uno stabilimento, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), di detta direttiva, che siano stati o saranno licenziati, ma anche a tutti i lavoratori colpiti da un licenziamento di un’impresa o di una parte di un’impresa di un medesimo datore di lavoro, dato che il termine «impresa» include la totalità delle distinte unità di impiego di tale impresa o di tale parte di impresa.

    67

    Sebbene gli Stati membri abbiano quindi il diritto di prevedere norme più favorevoli ai lavoratori sul fondamento dell’articolo 5 della direttiva 98/59, essi sono tuttavia vincolati all’interpretazione autonoma e uniforme della nozione del diritto dell’Unione di «stabilimento» contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), i) e ii), di tale direttiva quale risultante dal punto 52 della presente sentenza.

    68

    Da quanto precede emerge che la definizione contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), i), e lettera a), ii) della direttiva 98/59 richiede che siano presi in considerazione i licenziamenti effettuati in ciascuno stabilimento considerato separatamente.

    69

    L’interpretazione che la Corte ha dato della nozione di «stabilimento», richiamata ai punti 47, 49 e 51 della presente sentenza, è suffragata dalle disposizioni della direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori (GU L 80, pag. 29), il cui articolo 2, lettere a) e b), stabilisce anch’esso una netta distinzione tra le nozioni di «impresa» e di «stabilimento».

    70

    Nel caso di specie, dalle osservazioni presentate alla Corte risulta che, siccome i licenziamenti di cui trattasi nel procedimento principale sono avvenuti all’interno di due gruppi della grande distribuzione che svolgono la loro attività attraverso negozi situati in varie località nel territorio nazionale, ciascuno dei quali avente, nella maggior parte dei casi, meno di 20 dipendenti, gli Employment Tribunals hanno ritenuto che i negozi ai quali i dipendenti coinvolti nei licenziamenti erano addetti fossero «stabilimenti» distinti. Spetta la giudice del rinvio valutare se ciò sia vero, in considerazione delle circostanze concrete della fattispecie, sulla scorta della giurisprudenza ricordata ai punti 47, 49 e 51 della presente sentenza.

    71

    Ciò considerato, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che, da un lato, la nozione di «stabilimento» contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della direttiva 98/59 deve essere interpretata allo stesso modo della nozione contenuta nella lettera a), i), del medesimo comma e che, dall’altro, l’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che preveda un obbligo di informazione e di consultazione dei lavoratori in caso di licenziamento, nel corso di un periodo di 90 giorni, di almeno 20 lavoratori di un particolare stabilimento di un’impresa, e non quando il numero complessivo di licenziamenti in tutti gli stabilimenti o in taluni stabilimenti di un’impresa nel corso del medesimo periodo raggiunge o supera la soglia di 20 lavoratori.

    72

    Poiché dall’esame svolto dalla Corte non è emerso che il diritto del Regno Unito di cui trattasi nel procedimento principale non fosse conforme alla direttiva 98/59, non occorre rispondere alla seconda questione.

    Sulle spese

    73

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

     

    La nozione di «stabilimento» contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, deve essere interpretata allo stesso modo della nozione contenuta nella lettera a), i), del medesimo comma.

     

    L’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che preveda un obbligo di informazione e di consultazione dei lavoratori in caso di licenziamento, nel corso di un periodo di 90 giorni, di almeno 20 lavoratori di un particolare stabilimento di un’impresa, e non quando il numero complessivo di licenziamenti in tutti gli stabilimenti o in taluni stabilimenti di un’impresa nel corso del medesimo periodo raggiunge o supera la soglia di 20 lavoratori.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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