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Document 62014CC0599

Conclusioni dell’avvocato generale E. Sharpston, presentate il 22 settembre 2016.
Consiglio dell'Unione europea contro Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE).
Impugnazione – Politica estera e di sicurezza comune – Lotta al terrorismo – Misure restrittive contro determinate persone ed entità – Congelamento dei capitali – Posizione comune 2001/931/PESC – Articolo 1, paragrafi 4 e 6 – Regolamento (CE) n. 2580/2001 – Articolo 2, paragrafo 3 – Mantenimento di un’organizzazione nell’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità coinvolti in atti terroristici – Presupposti – Base fattuale delle decisioni di congelamento dei capitali – Decisione adottata da un’autorità competente – Obbligo di motivazione.
Causa C-599/14 P.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:723

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 22 settembre 2016 ( 1 )

Causa C‑599/14 P

Consiglio dell’Unione europea

contro

Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE)

«Impugnazione – Misure restrittive mirate alla prevenzione del terrorismo – Mantenimento di individui, gruppi o entità nell’elenco previsto all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 – Posizione comune 2001/931/PESC – Articolo 1, paragrafi 4 e 6 – Procedura – Significato di “autorità competente” – Funzione delle decisioni di autorità di paesi terzi – Utilizzo di informazioni disponibili di dominio pubblico – Diritti della difesa – Obbligo di motivazione»

1. 

Il Consiglio dell’Unione europea ha proposto impugnazione nei confronti della sentenza del Tribunale nelle cause riunite T‑208/11 e T‑508/11 ( 2 ) (in prosieguo: la «sentenza impugnata») che annulla una serie di misure di attuazione del Consiglio nei limiti in cui, essendo destinate a combattere il terrorismo, inserivano le Liberation Tigers of Tamil Eelam (Tigri per la liberazione della patria Tamil; in prosieguo: le «LTTE») nell’elenco di persone, gruppi o entità a cui, o a beneficio dei quali, è proibito fornire servizi finanziari. Il Tribunale ha annullato tali misure per ragioni relative, tra l’altro, alla motivazione insufficiente che le accompagnava e ai motivi di cui il Consiglio si è avvalso per mantenere le LTTE in tale elenco.

2. 

Il Consiglio sostiene che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha commesso errori di diritto:

nel ritenere erroneamente che il Consiglio dovesse dimostrare, nella motivazione, di aver verificato che l’attività dell’autorità dello Stato terzo all’origine dell’iscrizione nell’elenco sia stata svolta nel rispetto di garanzie sufficienti;

nel valutare l’utilizzo, da parte del Consiglio, di informazioni di dominio pubblico; nonché

nel non aver riconosciuto che l’iscrizione nell’elenco delle LTTE poteva trovare fondamento nel 2001 UK Proscription order [ordinanza di proscrizione del Regno Unito del 2001] ( 3 ).

Contesto normativo

Posizione comune 2001/931

3.

La posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio ( 4 ) è stata adottata per dare efficacia alla risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «CSNU»). Ai sensi di tale risoluzione, tutti gli Stati devono prevenire e reprimere il finanziamento di atti di terrorismo e congelare senza ritardo capitali e altre attività finanziare o risorse economiche, in particolare di persone che compiono, o tentano di compiere, atti terroristici o vi prendono parte o li agevolano ( 5 ).

4.

L’articolo 1, paragrafo 1, dispone che «[l]a (…) posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell’allegato, coinvolti in atti terroristici» ( 6 ).

5.

L’articolo 1, paragrafo 2, definisce «persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici» nel senso di ricomprendere «gruppi ed entità posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone; e persone, gruppi ed entità che agiscono a nome o sotto la guida di tali persone, gruppi ed entità, inclusi i capitali provenienti o generati da beni posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone o da persone, gruppi ed entità ad esse associate». L’articolo 1, paragrafo 3, definisce un «atto terroristico» ai sensi della posizione comune 2001/931 ( 7 ).

6.

L’articolo 1, paragrafo 4, dispone che l’elenco [di cui all’allegato]

«è redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti. Nell’elenco possono essere inclusi persone, gruppi ed entità individuati dal [CSNU] come collegati al terrorismo e contro i quali esso ha emesso sanzioni.

Ai fini dell’applicazione del presente paragrafo, per “autorità competente” s’intende un’autorità giudiziaria o, se le autorità giudiziarie non hanno competenza nel settore di cui al presente paragrafo, un’equivalente autorità competente nel settore».

7.

L’articolo 1, paragrafo 6, dispone che «[i] nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco in allegato sono riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro mantenimento nell’elenco sia giustificato».

8.

Ai sensi degli articoli 2 e 3, rispettivamente, la (allora) Comunità europea, nei limiti dei poteri che le sono conferiti dal(l’allora) trattato che istituisce la Comunità europea, «ordina il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone, gruppi ed entità elencati nell’allegato» e «garantisce che i capitali, le risorse finanziarie o economiche o i servizi finanziari o altri servizi connessi non siano messi a disposizione, direttamente o indirettamente, delle persone, gruppi ed entità elencati nell’allegato».

9.

L’allegato alla posizione comune 2001/931 conteneva l’originario elenco di persone, gruppi ed entità di cui all’articolo 1. Tale elenco non includeva le LTTE.

Regolamento n. 2580/2001

10.

I considerando 3 e 4 del regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consiglio ( 8 ) fanno riferimento alla risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il considerando 5 dispone che è necessaria l’azione della (allora) Comunità per attuare gli aspetti di politica estera e di sicurezza comune (in prosieguo: la «PESC») della posizione comune 2001/931. Ai sensi del considerando 6, tale regolamento è una misura necessaria a livello (allora) comunitario e complementare alle procedure amministrative e giudiziarie applicate alle organizzazioni terroristiche nell’Unione europea e nei paesi terzi.

11.

L’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 2580/2001 definisce il «congelamento di capitali, altre attività finanziarie e risorse economiche» come «divieto di spostare, trasferire, alterare, utilizzare o trattare i capitali in modo da modificarne il volume, l’importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura e la destinazione o da introdurre altri cambiamenti tali da consentire l’uso dei capitali in questione, compresa la gestione di portafoglio». Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, la definizione di «atto terroristico» ai sensi del regolamento n. 2580/2001 è quella che si trova nell’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931.

12.

L’articolo 2, paragrafo 3 dispone che il Consiglio deve elaborare, riesaminare e modificare l’elenco di persone, gruppi o entità ai quali si applica il regolamento n. 2580/2001 (in prosieguo: l’«elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3») in conformità [alle] disposizioni di cui all’articolo 1, paragrafi 4, 5 e 6 della posizione comune 2001/931. Esso dispone, in particolare, che tale elenco include:

«(…)

(ii)

persone giuridiche, gruppi o entità che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;

(…)».

13.

Le LTTE sono state inserite per la prima volta nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931 dalla posizione comune 2006/380/PESC ( 9 ). Lo stesso giorno sono state inserite nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 dalla decisione 2006/379/CE del Consiglio ( 10 ). Le LTTE non hanno contestato tale iniziale iscrizione nell’elenco. Esse sono rimaste nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 come conseguenza di una serie di decisioni e regolamenti (compresi i regolamenti impugnati) ( 11 ), ciascuno dei quali ha abrogato e sostituito il proprio antecedente normativo. Quando le LTTE hanno depositato il loro primo ricorso ( 12 ) presso il Tribunale, le medesime hanno chiesto l’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) n. 83/2011 del Consiglio, nella misura in cui riguardava le LTTE. Tale regolamento era in vigore all’epoca e includeva le LTTE alla voce 2.17 dell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 ( 13 ). Quando le LTTE hanno depositato il loro secondo ricorso ( 14 ), esse chiedevano l’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) n. 687/2011 del Consiglio (che abrogava, tra l’altro, il regolamento di esecuzione n. 83/2011), nei limiti in cui riguardava le LTTE ( 15 ).

14.

I considerando di ciascuno dei regolamenti impugnati indicano che il Consiglio ha fornito alla totalità delle persone, dei gruppi e delle entità (ove praticamente possibile) la motivazione del loro inserimento nell’elenco di cui al regolamento precedente. Essi dichiarano che il Consiglio ha informato le persone, i gruppi e le entità figuranti nell’elenco di cui al regolamento precedente di avere deciso di mantenerli nell’elenco. Essi chiariscono, altresì, che tali persone, gruppi ed entità sono state informate della possibilità di presentare una richiesta volta ad ottenere la motivazione del Consiglio per il loro inserimento nell’elenco (laddove una motivazione non fosse già stata loro comunicata). Ai sensi di tali considerando, il Consiglio, nel riesaminare integralmente l’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, ha tenuto conto delle osservazioni presentategli dai soggetti interessati.

15.

Il Tribunale ha descritto come segue il contenuto della motivazione in relazione al regolamento di attuazione n. 83/2011:

«167.

Tali motivazioni cominciano con un paragrafo nel quale il Consiglio, in primo luogo, descrive la ricorrente come un “gruppo terroristico” formato nel 1976 e che combatte per uno Stato Tamil indipendente nel nord e nell’est dello Sri Lanka; in secondo luogo, esso afferma che la ricorrente ha commesso “un certo numero di atti terroristici, inclusi attacchi ed azioni intimidatorie ripetute su civili, attacchi frequenti contro obiettivi governativi, frantumazione dei processi politici, rapimenti e omicidi politici” e, in terzo luogo, sostiene che, “benché la recente disfatta militare delle LTTE abbia indebolito in maniera significativa la loro struttura, tale organizzazione intende probabilmente continuare gli attacchi terroristici nello Sri Lanka” (paragrafi 1 delle motivazioni dei regolamenti impugnati).

168.

Il Consiglio stila indi un elenco di “atti terroristici” che, a suo avviso, la ricorrente avrebbe commesso a partire dall’agosto 2005 e fino ad aprile 2009 ovvero – secondo i regolamenti impugnati – fino a giugno 2010 (paragrafi 2 delle motivazioni dei regolamenti impugnati).

169.

Dopo aver considerato che “tali atti rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 3, [lettere] a), b), c), f) e g), della posizione comune 2001/931 e sono stati commessi ai fini enunciati all’articolo 1, paragrafo 3, [punti] i) e iii), di detta posizione comune”, e che “[alle LTTE] si applica l’articolo 2, paragrafo 3, [punto] ii), del regolamento n. 2580/2001” (paragrafi 3 e 4 delle motivazioni dei regolamenti impugnati), il Consiglio menziona decisioni che le autorità britanniche e indiane avrebbero adottato nei confronti della ricorrente nel 1992, nel 2001, nel 2004 [comprese due decisioni del Regno Unito. Una decisione è del Secretary of State for the Home Departement (Ministro dell’Interno, Regno Unito; in prosieguo: lo «Home Secretary») del 29 marzo 2001, che bandisce le LTTE come organizzazione coinvolta nel terrorismo ai sensi dell’UK Terrorism Act 2000 (il “2001 UK Proscription order”)] (paragrafi 5 e 6 delle motivazioni dei regolamenti di esecuzione nn. da 83/2011 a 125/2014) e nel 2102 (paragrafi 6 e 7 delle motivazioni del regolamento di esecuzione n. 790/2014).

170.

Per quanto riguarda le decisioni britanniche e – solo nelle motivazioni del regolamento di esecuzione n. 790/2014 – le decisioni indiane, il Consiglio riferisce che esse vengono rivedute regolarmente ovvero che sono soggette a revisione o ad appello.

171.

Il Consiglio deduce da tali considerazioni che “ad adottare le decisioni nei confronti delle [LTTE] sono state pertanto autorità competenti ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931” (paragrafi 7 delle motivazioni dei regolamenti impugnati).

172.

Infine, il Consiglio “constata che le decisioni summenzionate (…) sono tuttora in vigore e (…) considera che i motivi che hanno fondato l’iscrizione delle [LTTE] nell’elenco [del congelamento dei capitali] sono ancora giustificati” (paragrafi 8 delle motivazioni dei regolamenti impugnati). Il Consiglio ne conclude che la ricorrente deve restare iscritta in detto elenco (paragrafi 9 delle motivazioni dei regolamenti impugnati)».

Sintesi del procedimento di primo grado e sentenza impugnata

16.

L’11 aprile 2011 le LTTE hanno proposto ricorso (registrato come causa T‑208/11) dinanzi al Tribunale, impugnando il proprio inserimento nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione n. 83/2011. Dopo essere state mantenute nell’elenco allegato al regolamento di esecuzione n. 687/2011, esse hanno proposto un nuovo ricorso (registrato come causa T‑508/11), chiedendo l’annullamento di tale regolamento sotto gli stessi aspetti. Dopo l’abrogazione e la sostituzione di tale regolamento da parte del regolamento di esecuzione (UE) n. 1375/2011 del Consiglio ( 16 ) e il mantenimento delle LTTE nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, le LTTE hanno richiesto la riunione delle cause T‑208/11 e T‑508/11. Esse hanno chiesto l’autorizzazione per modificare le conclusioni in entrambe le cause in modo da ricomprendere altresì il regolamento di esecuzione n. 1375/2011. Le cause sono state riunite con ordinanza del 15 giugno 2012. Nel corso del procedimento, vista l’adozione di nuove misure di esecuzione, le LTTE hanno chiesto l’adeguamento dell’ambito dell’annullamento richiesto per poter ricomprendere i regolamenti di esecuzione (UE) n. 542/2012 ( 17 ), n. 1169/2012 ( 18 ), n. 714/2013 ( 19 ), n. 125/2014 ( 20 ) e n. 790/2014 ( 21 ). Unitamente agli altri regolamenti di esecuzione, questi rappresentano tutti i «regolamenti impugnati». Il Tribunale ha accolto tali adeguamenti.

17.

La Commissione europea e il governo dei Paesi Bassi sono intervenuti in entrambe le cause a sostegno del Consiglio, che ha chiesto al Tribunale di respingere il ricorso delle LTTE e di condannarle alle spese. Nella causa T‑208/11 anche il governo del Regno Unito è intervenuto a sostegno del Consiglio.

18.

Le LTTE hanno dedotto sei motivi applicabili ad entrambe le cause; un ulteriore motivo rilevava solo ai fini della causa T‑508/11. Solo i motivi da tre a sei rilevano ai fini della presente impugnazione.

19.

Con il terzo motivo (assenza di una decisione di autorità competente) le LTTE hanno rilevato che le motivazioni dei regolamenti impugnati contenevano riferimenti a decisioni del Regno Unito e dell’India che non costituivano decisioni di autorità competente ai sensi della posizione comune 2001/931. Qualora il Tribunale dovesse ritenere che le decisioni britanniche erano decisioni di autorità competenti, le LTTE lamentavano che tali decisioni non erano basate su prove o indizi seri e credibili; i motivi poi non individuavano il fondamento di tali decisioni. Qualora il Tribunale dovesse concludere che la decisione di un’autorità di uno Stato terzo (vale a dire l’India) era una decisione di autorità competente, le LTTE osservavano che le decisioni indiane che le dichiaravano illegali non erano state oggetto di riesame da parte di un giudice indiano, come previsto dal diritto indiano. La motivazione poi non fa riferimento al fatto, né dimostra altrimenti, che le decisioni indiane erano decisioni adottate da un’autorità competente. In ogni caso, le decisioni indiane non erano basate su prove o indizi seri e credibili e il fondamento di tali decisioni non è stato menzionato nella motivazione. Le LTTE affermano altresì che le autorità indiane non erano una fonte di informazione affidabile a causa della loro mancanza di imparzialità.

20.

Il Tribunale ha respinto l’obiezione delle LTTE relativa al fatto che le autorità britanniche e indiane non fossero autorità competenti ( 22 ). Il Tribunale ha fatto riferimento alla giurisprudenza che conferma che un’autorità amministrativa può essere un’autorità competente e che la circostanza che una decisione sia una decisione amministrativa non risulta determinante in sé ( 23 ). Il Tribunale ha statuito che, nonostante la preferenza per le decisioni emesse dalle autorità giudiziarie, il secondo comma dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 «(…) non esclude affatto le decisioni che promanano da autorità amministrative, allorché tali autorità, da un lato, siano effettivamente investite, nel diritto nazionale, della competenza ad adottare decisioni restrittive nei confronti di gruppi implicati nel terrorismo e, dall’altro, benché meramente amministrative, possano nondimeno essere considerate “equivalenti” alle autorità giudiziarie» ( 24 ). Inoltre, la giurisprudenza esistente ha dimostrato altresì che la posizione comune 2001/931 non richiedeva che la decisione dell’autorità competente s’inserisse nell’ambito di un procedimento penale; siffatte decisioni possono collocarsi nel quadro di un procedimento avente ad oggetto misure di tipo preventivo ( 25 ). Nella presente causa, le decisioni britanniche e indiane si collocavano nel quadro di un procedimento nazionale volto ad imporre misure preventive o punitive in relazione alla lotta al terrorismo.

21.

Dopo aver concluso che lo Home Secretary era un’autorità competente, il Tribunale ha statuito che un’autorità di uno Stato terzo poteva essere riconosciuta come autorità competente ai sensi della posizione comune 2001/931 ( 26 ). Il Tribunale ha pertanto statuito che il prerequisito essenziale della verifica se vi sia una decisione di un’autorità nazionale che soddisfi la definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 4, è tanto più importante nel caso di decisioni adottate da autorità di uno Stato terzo. Esso ha osservato che molti paesi terzi non sono vincolati dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e che nessuno di essi è assoggettato alle disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Il Tribunale ha pertanto statuito che incombe al Consiglio verificare con cura, prima di fondarsi su una decisione di un’autorità di uno Stato terzo, che la normativa pertinente di tale Stato assicuri una protezione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva equivalente a quella garantita a livello dell’Unione. Non possono sussistere elementi nel senso che lo Stato terzo violi nella prassi tale normativa. Il Tribunale ha aggiunto che, senza un’equivalenza fra il livello di tutela assicurato dalla normativa dello Stato terzo e quello assicurato a livello dell’Unione, riconoscere ad un’autorità nazionale di uno Stato terzo la qualità di autorità competente ai sensi della posizione comune 2001/931 implica una disparità di trattamento fra le persone oggetto di misure di congelamento dei capitali dell’Unione, a seconda che le decisioni nazionali sottese a tali misure promanino da autorità di Stati terzi o da autorità di Stati membri ( 27 ).

22.

Nella causa in esame, il Tribunale ha concluso che le motivazioni dei regolamenti impugnati non contenevano alcun elemento che consentisse di ritenere che il Consiglio avesse proceduto ad una tale verifica accurata ( 28 ). Il Tribunale ha altresì respinto l’argomento del Consiglio secondo il quale, se si fosse trattato di iscrizione iniziale (piuttosto che di reiscrizione), vi sarebbe stata una motivazione più circostanziata, che rifletteva una valutazione iniziale più approfondita della normativa indiana. In tale contesto, il Tribunale ha accolto il terzo motivo nella parte in cui riguarda le autorità indiane e lo ha respinto nella parte in cui riguarda le autorità britanniche ( 29 ).

23.

Il Tribunale ha poi esaminato i motivi dal quarto al sesto, considerati congiuntamente al secondo motivo. Tali motivi consistevano:

nell’assenza del riesame richiesto dall’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 (quarto motivo);

nella violazione dell’obbligo di motivazione (quinto motivo);

nella violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva della ricorrente (sesto motivo); nonché

nell’erronea qualificazione della ricorrente come organizzazione terroristica ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931 (secondo motivo).

24.

Il Tribunale ha descritto tali motivi nel senso che sostengono l’affermazione secondo la quale il Consiglio avrebbe fondato i regolamenti impugnati su un elenco di fatti che il Consiglio stesso aveva imputato alle LTTE, piuttosto che su decisioni di autorità competenti. Il secondo e il quarto motivo riguardavano l’affermazione secondo la quale l’imputazione con tale iscrizione alle LTTE di attività terroristiche non poggiava su una base giuridica e fattuale sufficiente. Il quinto e il sesto motivo riguardavano l’affermazione secondo la quale le motivazioni dei regolamenti impugnati erano troppo lacunose per consentire alla LTTE di organizzare una difesa efficace e per permettere un sindacato giurisdizionale da parte dei giudici dell’Unione ( 30 ).

25.

Il Tribunale ha innanzitutto fissato ( 31 ) i principi e la giurisprudenza sulla base dei quali esso considererebbe i motivi avanzati dal Consiglio nei regolamenti impugnati ( 32 ). Esso ha concluso che il Consiglio ha fondato tali regolamenti su informazioni da esso stesso estrapolate dalla stampa e da Internet, non su valutazioni contenute in decisioni di autorità competenti ( 33 ). Ad avviso del Tribunale, il ragionamento del Consiglio era il seguente: (i) il Consiglio stesso aveva qualificato le LTTE come organizzazione terroristica e imputato loro una serie di fatti di violenza ricavati dalla stampa e da Internet; (ii) successivamente, il Consiglio aveva dichiarato che i fatti imputati alle LTTE erano atti terroristici ai sensi della posizione comune 2001/931 e che le LTTE sono un gruppo terroristico; e (iii) infine il Consiglio aveva fatto riferimento a decisioni di autorità britanniche e indiane che, con riferimento ai regolamenti di esecuzione nn. da 83/2011 a 125/2014, sono anteriori ai fatti imputati ( 34 ).

26.

Il Tribunale ha concluso che il Consiglio non aveva individuato, nelle motivazioni dei regolamenti di esecuzione, eventuali decisioni nazionali di riesame successive, oppure altre decisioni di autorità competenti, che abbiano concretamente esaminato e valutato i fatti concreti menzionati all’inizio delle stesse motivazioni. Il Consiglio si è limitato a citare le decisioni nazionali iniziali e ad indicare, puramente e semplicemente, che esse sono ancora in vigore. Solo con riferimento al regolamento di esecuzione n. 790/2014 il Consiglio ha menzionato decisioni nazionali posteriori ai fatti concretamente imputati alle LTTE. In tal caso, tuttavia, il Consiglio non ha dimostrato che tali decisioni abbiano realmente esaminato e valutato i fatti specifici menzionati all’inizio delle medesime motivazioni ( 35 ). Per tali ragioni, il Tribunale ha operato una distinzione tra la presente causa, in cui il Consiglio aveva proceduto a proprie imputazioni fattuali autonome sulla base di informazioni ricavate dalla stampa o da Internet, e cause in cui la base fattuale dei regolamenti del Consiglio trovava origine in decisioni di autorità nazionali competenti ( 36 ). Pertanto, ad avviso del Tribunale, il Consiglio ha presunto di esercitare le funzioni di autorità competente. Tuttavia, tali funzioni non rientravano né nella competenza del Consiglio secondo la posizione comune 2001/931, né nei suoi mezzi ( 37 ).

27.

Il Tribunale ha concluso che l’approccio del Consiglio era contrario al sistema a due livelli instaurato dalla posizione comune 2001/931. Ad avviso del Tribunale, ogni nuovo atto terroristico che il Consiglio inserisca nelle sue motivazioni in occasione del procedimento di riesame deve essere stato oggetto di un esame e di una decisione di un’autorità competente ai sensi di tale posizione comune ( 38 ).

28.

Il Tribunale ha respinto l’argomento del Consiglio secondo il quale l’assenza di riferimenti (nelle motivazioni dei regolamenti impugnati) a precise decisioni di autorità competenti che avessero concretamente esaminato e valutato i fatti indicati all’inizio delle stesse motivazioni sia imputabile alle LTTE, le quali avrebbero potuto e dovuto contestare le misure restrittive adottate nei loro confronti a livello nazionale. Ciò in quanto: (i) l’obbligo di fondare le decisioni di congelamento dei capitali su una base fattuale non dipende dal comportamento della persona o del gruppo di cui trattasi; (ii) l’argomento ha confermato che il Consiglio si era fondato, in realtà, su informazioni di stampa o di Internet; e (iii) l’argomento lascia altresì pensare che le decisioni nazionali di congelamento dei capitali sulla cui base il Consiglio ha deciso di fondarsi potessero esse stesse non poggiare su un atto terroristico concreto, fintantoché non fossero sollevate obiezioni dalla parte interessata a livello nazionale ( 39 ).

29.

Il Tribunale non ha condiviso l’argomento del Consiglio e della Commissione secondo il quale un obbligo di trarre la base fattuale dei regolamenti di congelamento dei capitali da decisioni di autorità competenti può comportare, in assenza di decisioni del genere, radiazioni ingiustificate di persone o gruppi dall’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, tenendo altresì conto delle differenze di cadenza temporale di riesame che possono sussistere negli Stati membri rispetto alla cadenza semestrale applicabile a livello dell’Unione. Tale argomento non è coerente con la posizione 2001/931, che impone che la base fattuale della decisione dell’Unione sia fondata su informazioni che siano state concretamente esaminate e valutate in decisioni di autorità nazionali competenti.

30.

Sulla base del sistema a due livelli, spettava agli Stati membri trasmettere regolarmente al Consiglio, e a quest’ultimo raccogliere, le decisioni di autorità competenti adottate in seno a detti Stati membri, nonché le motivazioni di tali decisioni. Se, malgrado tale trasmissione di informazioni, il Consiglio non disponeva di alcuna decisione di autorità competente riguardo a un fatto particolare suscettibile di costituire un atto terroristico, il Tribunale ha concluso che incombe al medesimo, in assenza di strumenti di indagine propri, chiedere su tale fatto la valutazione di un’autorità nazionale competente, in vista di una decisione di tale autorità. A tal fine, il Consiglio può rivolgersi tanto ai 28 Stati membri dell’Unione e, in particolare agli Stati membri che abbiano eventualmente già esaminato la situazione della persona o del gruppo di cui trattasi, quanto ad uno Stato terzo che soddisfi i requisiti richiesti in termini di protezione dei diritti della difesa e del diritto a un ricorso effettivo. Il Tribunale ha accettato che la decisione in questione non deve necessariamente essere adottata dall’autorità nazionale che provvede al riesame periodico dell’iscrizione della persona o del gruppo interessati nell’elenco nazionale di congelamento dei capitali. In ogni caso, il fatto che la cadenza temporale del riesame periodico a livello nazionale sia diversa da quella in vigore a livello dell’Unione non può giustificare che lo Stato membro interpellato differisca l’esame di un dato fatto richiestogli dal Consiglio. Il sistema a due livelli e il principio di leale cooperazione comportano che gli Stati membri sollecitati dal Consiglio devono dare seguito senza indugio alle richieste di quest’ultimo di ottenere una valutazione su un elemento di fatto idoneo a costituire un atto terroristico e, se del caso, un’autorità competente deve adottare una decisione ai sensi della posizione comune 2001/931 ( 40 ).

31.

Il Tribunale ha proseguito affermando che l’assenza di un nuovo atto terroristico in un determinato periodo di sei mesi non implica affatto che il Consiglio debba rimuovere la persona o il gruppo di cui trattasi dall’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3. Il Consiglio può mantenere la persona interessata in tale elenco, anche successivamente alla cessazione dell’attività terroristica vera e propria, se le circostanze lo giustificano ( 41 ).

32.

Il Tribunale ha aggiunto che l’esigenza di una base fattuale in decisioni di autorità competenti non significa che vi sia un rischio di mantenimento ingiustificato dell’iscrizione di una persona o di un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3. La posizione comune 2001/931 non contiene alcun obbligo di invocare decisioni di autorità competenti al fine di non mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3. Una siffatta decisione non è soggetta agli stessi requisiti procedurali anche se, nella maggior parte dei casi, essa dipenderà da decisioni favorevoli adottate a livello nazionale ( 42 ).

33.

Il Tribunale ha pertanto annullato i regolamenti impugnati nella parte in cui riguardavano le LTTE, sulla base del fatto che il regolamento n. 2580/2001 trova applicazione in caso di conflitti armati (ma ciò non rileva ai fini della presente impugnazione) ( 43 ) e che il Consiglio ha violato tanto l’articolo 1 della posizione comune 2001/931 quanto l’obbligo di motivazione ( 44 ).

Richieste e argomenti in sede di impugnazione

34.

Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione ( 45 ) e dai governi francese, dei Paesi Bassi e del Regno Unito, chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di emettere sentenza definitiva in relazione alle questioni oggetto della sua impugnazione respingendo i ricorsi e di condannare le LTTE alle spese del Consiglio nelle cause riunite T‑208/11 e T‑508/11 e nella presente impugnazione. Le LTTE chiedono alla Corte di respingere l’impugnazione, di confermare la sentenza impugnata e di condannare il Consiglio alle spese.

35.

All’udienza tenutasi il 3 maggio 2016, tutte le parti menzionate hanno altresì svolto le loro difese orali.

36.

Con il primo motivo d’impugnazione, il Consiglio sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nello statuire che il Consiglio avesse il dovere dimostrare, nella motivazione comunicata alle LTTE, di aver verificato che l’attività dell’autorità dello Stato terzo all’origine dell’iscrizione nell’elenco sia stata svolta nel rispetto di garanzie sufficienti. L’argomento principale del Consiglio può essere sintetizzato come segue: la motivazione deve riguardare informazioni che consentano alle LTTE di comprendere il motivo della loro iscrizione e, in particolare, la condotta che ha indotto l’iscrizione. La motivazione non deve fare riferimento ad alcuna altra informazione, comprese informazioni relative alla valutazione, da parte del Consiglio, delle relative garanzie procedurali applicabili alla decisione di un’autorità competente di uno Stato terzo su cui si è fondata. Ne consegue altresì che l’assenza di informazioni relative a tale valutazione nella motivazione non comporta che il Consiglio abbia omesso di svolgere tale valutazione.

37.

Le LTTE chiedono alla Corte di respingere il primo motivo d’impugnazione. Il Tribunale avrebbe correttamente concluso che nella motivazione non vi era alcun riferimento ai diritti della difesa o al diritto a un ricorso effettivo. Le LTTE ritengono che la posizione comune 2001/931 fornisca una base giuridica per imporre al Consiglio di verificare tanto la normativa quanto la prassi di uno Stato terzo, al fine di stabilire se gli standard dei diritti della difesa e del diritto a un ricorso effettivo sono conformi a quelli garantiti ai sensi del diritto dell’Unione. Infatti, i principi generali di diritto dell’Unione trovano applicazione alla posizione comune 2001/931 e ai regolamenti di esecuzione. Pertanto, qualsiasi decisione di cui all’articolo 1, paragrafo 4 deve essere adottata conformemente a tali diritti. Non ci si può attendere che gli individui abbiano familiarità con le garanzie procedurali di paesi terzi. Inoltre, qualsiasi analisi relativa paesi terzi sarà riportata nella motivazione solo se l’esito della valutazione del Consiglio è positiva.

38.

Con il secondo motivo d’impugnazione, il Consiglio sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nella sua valutazione dell’utilizzo di informazioni di dominio pubblico.

39.

In primo luogo, il Tribunale ha erroneamente presunto che il Consiglio debba regolarmente fornire nuove ragioni che giustifichino il motivo per cui il ricorrente rimane soggetto a misure restrittive, e che – nonostante il 2001 UK Proscription order e il congelamento di capitali da parte dell’Unione – vi fosse una serie continua di decisioni da parte di autorità nazionali di cui il Consiglio poteva e doveva tenere conto nel corso del riesame semestrale.

40.

In secondo luogo, il Tribunale ha respinto l’utilizzo da parte del Consiglio di informazioni provenienti da fonti pubbliche in circostanze in cui le informazioni citate dal Consiglio sono state usate per determinare se – nonostante il fatto che il Consiglio potesse continuare a mantenere nell’elenco le LTTE sulla base delle decisioni esistenti di autorità competenti – dovesse continuare a mantenere nell’elenco le LTTE.

41.

In terzo luogo, sebbene il Tribunale abbia affermato che il Consiglio avrebbe dovuto chiedere ad un’autorità competente di riesaminare gli articoli di stampa, non vi è alcun fondamento per una siffatta procedura nella posizione comune 2001/931, nella sentenza Al-Aqsa o altrove. In ogni caso, la posizione del Tribunale condurrebbe ad una situazione impraticabile.

42.

In quarto luogo, il Tribunale ha erroneamente concluso che il proprio rifiuto di accogliere l’affidamento del Consiglio su informazioni provenienti da fonti pubbliche comporta necessariamente l’annullamento dei regolamenti impugnati.

43.

Le LTTE replicano che gli atti elencati nella motivazione non trovavano origine in decisioni di autorità competenti in quanto ciascun atto di iscrizione era successivo alle decisioni nazionali. Ciò conferma che la decisione di mantenere le LTTE nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 poteva fondarsi esclusivamente su informazioni fornite dalla stampa e da Internet. Il Tribunale non ha statuito che il Consiglio deve fornire nuove ragioni per giustificare il motivo per cui il ricorrente deve regolarmente rimanere soggetto a misure restrittive. Esso si è limitato a determinare che, qualora il Consiglio scelga di fornire nuove ragioni, tali ragioni devono trovare origine in decisioni di autorità competenti. Il Tribunale ha correttamente concluso che, nell’effettuare una valutazione autonoma sulla base di informazioni fornite dalla stampa e da Internet, il Consiglio ha in realtà voluto esercitare la funzione di autorità competente.

44.

Con il terzo motivo d’impugnazione, il Consiglio sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel non concludere che il 2001 UK Proscription order poteva costituire una valida decisione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931. In primo luogo, il Tribunale, nella sentenza PMOI ( 46 ), ha concluso che una siffatta ordinanza costituiva una decisione di autorità nazionale competente. In secondo luogo, il Tribunale ha imposto al Consiglio di presentare tutti gli elementi su cui lo Home Secretary si è fondato quando ha proscritto le LTTE.

45.

Le LTTE sostengono che, se nessuno degli atti terroristici che hanno comportato la proscrizione delle LTTE da parte dello Home Secretary era noto al Consiglio, il Consiglio non poteva verificare se il 2001 UK Proscription order soddisfacesse i requisiti di cui all’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931. In tal caso, il Tribunale a sua volta non poteva verificare se le prove su cui ci si è fondati fossero accurate, attendibili e coerenti dal punto di vista fattuale. Ciò comporterebbe altresì che nessuna delle parti coinvolte sarebbe in grado di valutare se era stata adottata una decisione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4. Inoltre, l’argomento del Consiglio secondo il quale non sarebbe realistico imporre la condivisione di talune informazioni sottostanti ad una decisione nazionale è ipotetico. Nell’attuale procedimento, non sembra che l’accesso alle (eventuali) informazioni sottostanti al 2001 UK Proscription order fosse limitato.

Valutazione

Osservazioni preliminari

46.

La presente impugnazione in sostanza invita la Corte a (ri)considerare la struttura del meccanismo di mantenimento delle misure restrittive dell’Unione ai sensi della posizione comune 2001/931 e del regolamento n. 2580/2001e il ruolo degli Stati membri e dei paesi terzi in tale regime.

47.

Nell’ambito di tale regime, può essere operata una distinzione tra: (i) l’iscrizione iniziale e (ii) la decisione di mantenere una persona, un’entità o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3. Quanto al primo tipo di decisione, la posizione comune 2001/931 stabilisce la procedura che il Consiglio deve applicare e gli elementi su cui può fondarsi. Non sono state stabilite norme dello stesso genere per il secondo tipo di decisione. Proprio tale secondo tipo di decisione era l’oggetto del ricorso delle LTTE dinanzi al Tribunale ed è in questione nella presente impugnazione.

48.

L’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 dispone esclusivamente che i nomi delle persone e dei gruppi nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 devono essere riesaminati regolarmente al fine di accertarsi che il loro mantenimento nell’elenco sia giustificato. Le questioni centrali nella presente impugnazione sono le modalità secondo le quali il Consiglio può stabilire che tale giustificazione esista e cosa il Consiglio deve comunicare alle persone o ai gruppi interessati.

49.

Consegue dall’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 che, in assenza di una giustificazione per mantenere una persona o un gruppo in tale elenco, il Consiglio deve ritirarle o «cancellarle» ( 47 ). A tal proposito, è pacifico che le stesse LTTE non hanno presentato osservazioni ed elementi di prova al Consiglio che possano influire sulle ragioni per la loro inclusione nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 ed eventualmente comportare la loro cancellazione. Nell’ambito di un diverso tipo di misura restrittiva, la Corte ha statuito che, qualora tali osservazioni ed elementi di prova siano forniti e di essi si tenga conto nel modificare i motivi d’inserimento di una persona nella decisione adottata nell’ambito della PESC, la modifica deve parimenti intervenire nel regolamento adottato nell’ambito del Trattato FUE ( 48 ).

50.

Nessuna delle parti ha impugnato la parte della sentenza relativa al primo motivo delle LTTE, in entrambi i casi, secondo la quale il regolamento n. 2580/2001 non trova applicazione al conflitto tra le LTTE e il governo dello Sri Lanka perché solo il diritto umanitario internazionale disciplina tale conflitto armato (e dunque gli atti posti in essere nel suo ambito). Tale questione è stata tuttavia sollevata nella causa A e a. (C‑158/14).

51.

Nelle sue domande, il Consiglio pone l’accento in modo rilevante sul fatto che le LTTE non hanno mai impugnato alcuna decisione nazionale su cui il Consiglio si è fondato o i regolamenti del Consiglio attraverso i quali esse sono state inizialmente inserite e poi mantenute nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3. Tuttavia, a mio avviso, il riesame di un regolamento del Consiglio comporta la valutazione della circostanza se il Consiglio abbia ottemperato alle norme applicabili di diritto dell’Unione, comprese le condizioni stabilite dalla posizione comune 2001/931 e i diritti fondamentali. Non vi è nulla in tali norme che fa dipendere il riesame dalla circostanza se la parte interessata abbia per prima cosa impugnato la decisione dell’autorità competente dinanzi al foro nazionale adeguato.

52.

In udienza al Consiglio è stato chiesto se fosse necessario trattare il primo motivo d’impugnazione. Tale motivo riguarda l’obbligo di motivazione per una decisione che adotta misure restrittive. È vero che, qualora la Corte concluda che almeno uno degli elementi della motivazione sia sufficientemente preciso e concreto, la circostanza che altri elementi della motivazione non lo siano non è sufficiente per giustificare l’annullamento della decisione ( 49 ). Ciò significa che, nella presente causa, qualora la Corte dovesse decidere (nell’ambito del secondo e/o del terzo motivo d’impugnazione) che il Tribunale ha commesso un errore e dovesse concludere che i regolamenti impugnati erano correttamente fondati, ad esempio, sul 2001 UK Proscription order e sufficientemente motivati, non sarebbe quindi necessario considerare altresì se le motivazioni per fondarsi sulle decisioni di uno Stato terzo fossero sufficienti. Tuttavia, tenendo conto dell’importanza sistemica della questione sottostante al primo motivo e della sua possibile rilevanza ai fini di altre cause, esaminerò il primo motivo indipendentemente dal merito degli altri motivi d’impugnazione.

Primo motivo d’impugnazione

53.

Il primo motivo d’impugnazione riguarda l’ambito dell’obbligo di motivazione del Consiglio in relazione all’essersi fondato sulla decisione di un’autorità di uno Stato terzo per dimostrare che il mantenimento di un’organizzazione, quale la LTTE, nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 continua ad essere giustificato. Tale motivo presuppone che il Tribunale abbia ammesso correttamente che tale decisione può costituire una decisione di un’autorità competente ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 purché il Consiglio, prima di agire sulla base di tale decisione, abbia attentamente verificato che la normativa rilevante di tale Stato terzo garantisce la tutela dei diritti della difesa e il diritto a un ricorso effettivo pari a quelli garantiti dal diritto dell’Unione. Se il Consiglio possa o meno fondarsi sulla decisione di un’autorità di uno Stato terzo e, in caso affermativo, a quali condizioni, sono questioni che non sono state poste dinanzi alla Corte nella presente impugnazione.

54.

La posizione comune 2001/931 non contiene alcun obbligo di motivazione espresso. Il fondamento di tale requisito risiede altrove. Pertanto, ai sensi dell’articolo 296 TFUE, il Consiglio deve spiegare espressamente e in dettaglio i motivi specifici per il mantenimento di un gruppo, quale le LTTE, nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3. Tale spiegazione deve fornire indicazioni sufficienti per consentire al gruppo nei cui confronti l’atto è pregiudizievole di comprendere le ragioni del mantenimento nell’elenco e ai giudici dell’Unione di riesaminare la decisione ( 50 ). Detto obbligo è un’ulteriore espressione del corrispondente diritto fondamentale di cui all’articolo 47 della Carta ( 51 ).

55.

L’obbligo di motivazione è una forma sostanziale. È distinta dalla questione della prova del comportamento contestato. Questa riguarda la legittimità nel merito dell’atto e implica l’accertamento della veridicità dei fatti indicati in tale atto nonché della qualificazione dei medesimi fatti quali elementi che giustificano l’applicazione di misure restrittive nei confronti della persona interessata ( 52 ).

56.

In particolare, nell’imporre misure di congelamento di capitali, il Consiglio deve, nella motivazione dell’atto, «(…) identificare i motivi specifici e concreti per cui il Consiglio considera, nell’esercizio del suo potere discrezionale, che l’interessato debba essere oggetto di una misura siffatta» ( 53 ). Il Consiglio deve altresì identificare «(…) le ragioni individuali, specifiche e concrete per cui le autorità competenti ritengono che alla persona interessata debbano essere applicate misure restrittive (…)» ( 54 ). Se la motivazione sia necessaria deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari o altre persone interessate direttamente e individualmente dall’atto possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti. Ciò in quanto l’adeguatezza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi ( 55 ).

57.

È pertanto opportuno iniziare esaminando il tipo di atto di cui trattasi e i motivi su cui può essere fondato.

58.

Inserire e mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 comporta la valutazione del rischio che queste siano o possano essere coinvolte in atti terroristici come definiti dall’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931. La valutazione iniziale deve essere fondata, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, su «informazioni precise o (…) elementi del fascicolo» da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati. Il testo dell’articolo 1, paragrafo 4 offre talune indicazioni sull’oggetto di tali decisioni. Ciò che rileva è che una decisione sia adottata da un’autorità competente, «si tratti», da una parte, dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o, dall’altra parte, di una condanna per l’atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione. Anche quest’ultima deve necessariamente essere basata su prove o indizi seri e credibili ( 56 ). In ogni caso, il Consiglio deve essere convinto che vi siano «prove o indizi seri e credibili» ( 57 ). Ciò comporta che il Consiglio non deve necessariamente avere a propria disposizione tutti gli elementi su cui l’autorità competente si è fondata nell’adozione di una decisione (amministrativa o giurisdizionale), quale il 2001 UK Proscription order nella presente causa. Ciò in quanto il Consiglio non può riesaminare de novo la serietà e la credibilità delle prove o degli indizi su cui si fonda la decisione di un’autorità competente. Tuttavia, esso può e deve riesaminare se la decisione è fondata su prove e se l’autorità ha ritenuto tali prove serie e credibili. Ciò che il Consiglio non può fare è esaminare esso stesso le prove. Lo scopo del riesame, da parte del Consiglio, di decisioni di autorità competenti (tanto di Stati membri quanto di paesi terzi) è invece limitato a verificare se, ai sensi del diritto dell’Unione, tali decisioni costituiscano un fondamento sufficiente per applicare le misure restrittive dell’Unione.

59.

Ne consegue che, sulla sola base del contenuto della misura, la motivazione di una decisione iniziale di inserire una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 deve indicare almeno: (i) le ragioni individuali, specifiche e concrete per ritenere che vi sia il rischio che una persona o un gruppo sia coinvolto in atti terroristici come definiti dall’articolo 1, paragrafo 3, e che pertanto debbano essere adottate misure restrittive ( 58 ), e (ii) le decisioni di autorità competenti, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, utilizzate come fondamento per tali ragioni. Entrambi gli elementi influiscono sulla legittimità della misura. Senza l’indicazione di entrambi gli elementi, la persona o il gruppo interessati non possono sapere su quale base sostanziale sono state iscritte e se il Consiglio ha ottemperato alle condizioni di legge applicabili per l’iscrizione; e la Corte non può effettuare il proprio riesame. Pertanto non convengo con il Consiglio sul fatto che la motivazione deve essere limitata alle informazioni relative alla condotta che ha portato all’iscrizione delle LTTE da parte del Consiglio, anche se il Consiglio osserva correttamente che l’obbligo di motivazione è un requisito distinto dalla questione della prova del comportamento contestato ( 59 ).

60.

Il primo motivo d’impugnazione riguarda il secondo elemento: ci si chiede se sia sufficiente, nel fondarsi su decisioni di un’autorità competente di uno Stato terzo, individuare solo la decisione dell’autorità competente ai sensi del secondo comma dell’articolo 1, paragrafo 4.

61.

La risposta a tale domanda è a mio avviso negativa.

62.

Quando il Consiglio si fonda su decisioni di autorità competenti di Stati membri che agiscono nell’ambito del diritto dell’Unione, si dà per scontato che tali autorità sono soggette al dovere di rispettare i diritti fondamentali applicabili nell’Unione europea. Pertanto, gli standard di tutela e il livello di tutela – ai sensi del diritto dell’Unione – sono consolidati e soggetti al riesame della Corte. Quando il Consiglio si fonda sulle loro decisioni, sarà di norma giustificato nel presumere che tali decisioni sono state adottate nel rispetto dei diritti fondamentali applicabili, in particolare dei diritti della difesa e a un ricorso effettivo. Tuttavia, tale presunzione non è assoluta. Nel parere 2/13, la Corte ha statuito che il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri impone a ciascuno di detti Stati, segnatamente per quanto riguarda lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, di ritenere, tranne in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo ( 60 ). Espresso in altri termini: il principio è di fiducia reciproca, ma non di cieca fiducia reciproca, ad ogni costo.

63.

Le stesse considerazioni dovrebbero valere nella presente causa. Pertanto, qualora il Consiglio ritenga che vi siano prove che dimostrano un rischio effettivo che la decisione di un’autorità competente non sia stata adottata nel rispetto di tali diritti in una determinata causa, esso non può fondarsi su tale decisione al fine di adottare misure restrittive ai sensi della posizione comune 2001/931 senza effettuare ulteriori valutazioni. Come affermo nelle mie conclusioni nella causa Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, «(…) dal momento che la stessa decisione del Consiglio di congelamento dei capitali deve rispettare tali diritti per resistere ad un ricorso successivo proposto dinanzi ai giudici dell’Unione, a mio avviso il Consiglio è tenuto ad assicurar[si] personalmente [quanto al rispetto di tali diritti a livello dell’Unione europea] prima di adottare la propria decisione» ( 61 ). In circostanze diverse (maggiormente nella norma), esso potrebbe presumere il rispetto dei relativi diritti fondamentali e potrebbe pertanto fondarsi su tale decisione per inserire una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3.

64.

Ne consegue che, quanto alle decisioni di un’autorità competente di uno Stato membro, potrebbe essere sufficiente che il Consiglio individui nella sua motivazione la decisione su cui si è fondato e che spieghi il motivo per cui è una decisione di un’autorità competente ai sensi del secondo comma dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931. Sulla base di tale motivazione, la persona o il gruppo interessati vengono informati del fatto che il Consiglio ha agito sulla presunzione che i diritti fondamentali applicabili siano stati rispettati e che non vi fossero circostanze eccezionali tali per cui non potesse fondarsi su tale presunzione. Qualora il Consiglio disponesse di prove che dimostrino un rischio effettivo che i diritti fondamentali non erano stati rispettati, esso deve dimostrare di essere convinto che i diritti fondamentali siano stati rispettati e deve chiarire ciò nella motivazione.

65.

La situazione è diversa qualora il Consiglio decida di fondarsi sulla decisione di un’autorità competente di uno Stato terzo. Tali autorità non agiscono con gli stessi vincoli degli Stati membri in termini di tutela dei diritti fondamentali, anche se la tutela dei diritti fondamentali da essi garantita può essere almeno equivalente a quella garantita ai sensi del diritto dell’Unione. Lo stesso Consiglio ammette di doversi assicurare che la decisione di un’autorità di uno Stato terzo sia stata adottata in circostanze in cui ai diritti fondamentali era garantita protezione ad un livello almeno equivalente a quello applicabile ai sensi del diritto dell’Unione (e che disciplina decisioni equivalenti di autorità di Stati membri).

66.

Fatta eccezione per una presunzione generale secondo la quale i paesi terzi rispettano i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale (che può includere impegni relativi ai diritti umani), non vi è alcun fondamento per presuppore il livello di tutela dei diritti fondamentali garantito in uno Stato terzo o se questo sia «almeno equivalente a» quello dell’Unione europea. Se le norme di diritto internazionale (compresa, in particolare, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo) vincolanti per uno Stato terzo possono essere indicative, deve essere preso in considerazione anche il diritto nazionale. Spetta al Consiglio verificare che il livello di tutela dei diritti fondamentali sia almeno equivalente a quello garantito dal diritto dell’Unione e se vi siano prove che suggeriscono la possibilità che la decisione in questione possa non essere stata adottata nel rispetto dello standard di protezione pertinente applicabile.

67.

A mio avviso, ciò significa che il Consiglio ha il dovere di verificare (i) quali norme del diritto nazionale di tale Stato terzo trovino applicazione alla decisione in questione (comprese eventuali norme di diritto internazionale che sono parte del diritto nazionale); (ii) lo standard e il livello di tutela forniti da tali norme (compresa la possibilità di riesame amministrativo o giurisdizionale, garantendo così il diritto fondamentale a un ricorso effettivo) e se questi siano equivalenti alla tutela garantita ai sensi del diritto dell’Unione; e (iii) se vi siano prove che suggeriscano la possibilità che la decisione in questione possa non essere stata adottata nel rispetto dello standard di protezione pertinente applicabile. Tuttavia, diversamente dal Tribunale, non riscontro la necessità che il Consiglio verifichi sistematicamente se lo Stato terzo di fatto non applichi la propria normativa di tutela dei diritti della difesa e di garanzia di un ricorso effettivo. Ciò non è necessario né sufficiente al fine di determinare se, in uno specifico caso, il Consiglio sia legittimato a fondarsi su una specifica decisione di un’autorità competente.

68.

Non condivido inoltre né la preoccupazione del Consiglio quanto al rischio di interferenza nel sistema politico di uno Stato terzo né la sua idea secondo cui tali rischi potrebbero essere evitati se al Consiglio fosse consentito esporre le proprie osservazioni sul sistema giuridico di tale Stato nel corso del successivo procedimento giurisdizionale, in particolare, nelle sue domande scritte, ricomprese nel secondo paragrafo dell’articolo 20 dello Statuto della Corte di giustizia ( 62 ). A mio avviso, la valutazione del Consiglio è limitata alla verifica dell’equivalenza tra le leggi di uno Stato terzo e le leggi dell’Unione e alle garanzie disponibili in uno specifico caso. L’oggetto della stessa non è la verifica del rispetto, da parte di uno Stato terzo, delle norme di diritto internazionale che lo vincolano o del diritto nazionale di altri Stati. Inoltre, le considerazioni che possono portare il Consiglio a fondarsi sulle decisioni di un’autorità di uno Stato terzo sono rese note alla persona o al gruppo interessati solo qualora il Consiglio ritenga che vi sia un’equivalenza. Se l’esito di tale valutazione è negativo, il Consiglio non può fondarsi sulla decisione dell’autorità dello Stato terzo e nessuna parte della valutazione del Consiglio sarà resa disponibile alla persona o al gruppo interessati, né sarà resa di dominio pubblico.

69.

Per le stesse ragioni, non vi è alcun fondamento per ridursi a comunicare la motivazione solo nelle osservazioni scritte depositate in un procedimento dinanzi al Tribunale. In ogni caso, dall’obbligo di motivazione discende il corrispondente diritto della parte oggetto di un atto pregiudizievole di ottenere la motivazione dell’atto: tale diritto non può dipendere da un’impugnazione del regolamento del Consiglio dinanzi ai giudici dell’Unione. Il diritto consente alla persona interessata di conoscere gli elementi essenziali sottostanti alla misura pregiudizievole nei suoi confronti e pertanto di impugnare tale misura, e non il contrario ( 63 ).

70.

Qualora tale valutazione sia positiva, il Consiglio deve quindi esporre, nella motivazione, le ragioni per cui ha stabilito che la decisione dell’autorità competente di uno Stato terzo è stata adottata secondo standard di tutela dei diritti fondamentali equivalenti a quelli applicabili, ai sensi del diritto dell’Unione, a decisioni adottate da autorità degli Stati membri. Non è pertanto sufficiente inserire un mero riferimento alla decisione.

71.

Ciò non significa che il Consiglio deve comunicare, tramite la motivazione, la totalità della sua analisi e presentare una valutazione generale e completa del diritto e della prassi costituzionali e penali di uno Stato terzo. Piuttosto, esso deve indicare chiaramente perché, nella presente causa in cui vi è una particolare decisione di un’autorità competente, il diritto dello Stato terzo fornisce un livello di tutela equivalente almeno dei diritti della difesa e del diritto a un ricorso effettivo, e deve comunicare le fonti giuridiche dei diritti su cui si è fondato.

72.

Il Consiglio sembra altresì operare una distinzione, a sostegno del primo motivo d’impugnazione, tra la decisione con la quale inizialmente iscrive una persona o un gruppo e le successive decisioni con le quali le mantiene nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3. Tratterò tale distinzione in maggior dettaglio nell’ambito del secondo motivo. Per le ragioni esposte in tale parte delle presenti conclusioni ( 64 ), ritengo che, qualora il Consiglio si fondi sulla decisione di un’autorità competente di uno Stato terzo nel decidere di mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, esso deve fornire una motivazione sufficiente per fondarsi su tale decisione.

73.

Non trovo pertanto alcun errore nell’interpretazione del Tribunale sottostante alla sua conclusione che il Consiglio non ha fornito alcuna valutazione del livello di tutela dei diritti della difesa o della tutela giurisdizionale fornita dalla normativa indiana e che il mero riferimento a sezioni di disposizioni normative e al riesame periodico da parte dell’Indian Home Affairs Minister non è sufficiente. Il fatto che ritenga che il Tribunale ha errato in quanto ha suggerito che vi sia un obbligo generale per il Consiglio di esaminare in concreto e in astratto l’efficace applicazione, da parte di uno Stato terzo, della sua normativa che tutela i diritti della difesa e a un ricorso effettivo non cambia tale conclusione.

74.

Occorre pertanto respingere il primo motivo d’impugnazione in quanto infondato.

Secondo motivo d’impugnazione

Introduzione

75.

Il secondo motivo d’impugnazione del Consiglio riguarda innanzitutto le ragioni sulla base delle quali il Consiglio può decidere di mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 e l’obbligo di inserire tali ragioni nella motivazione. Tale motivo d’impugnazione è fondato in sostanza su tre argomenti: (i) il Tribunale ha erroneamente presunto che il Consiglio debba regolarmente fornire nuove ragioni che giustifichino il fatto che la parte interessata debba rimanere soggetta a misure restrittive; (ii) il Tribunale ha erroneamente concluso che il Consiglio non può fondarsi su elementi di dominio pubblico che non sono stati inseriti in una decisione di un’autorità competente; e (iii) il Tribunale ha erroneamente deciso di annullare la decisione impugnata sulla base del fatto che il Consiglio non poteva fondarsi su elementi di dominio pubblico.

76.

Tratterò ciascun argomento singolarmente.

Sulla questione se il Consiglio debba regolarmente fornire nuove ragioni che giustifichino il fatto che un gruppo debba rimanere soggetta a misure restrittive

77.

Convengo con il Consiglio che, nel decidere di mantenere una persona o un gruppo interessati nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, il Consiglio non è sempre tenuto a fornire nuove ragioni (nel senso di nuovi fatti menzionati in una decisione di un’autorità competente o di una nuova decisione di una siffatta autorità relativa a fatti su cui il Consiglio si è fondato in precedenza) per mantenere tale parte nell’elenco. Ciò può essere talvolta richiesto, ma non necessariamente sempre.

78.

Il fondamento per un’iscrizione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 è l’esistenza della decisione di un’autorità competente «nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti». Le prove devono consistere in informazioni o elementi precisi.

79.

L’iscrizione iniziale è pertanto fondata su decisioni relative a fatti passati. La funzione del riferimento ad una decisione nazionale è «(…) [mirare] a garantire che la decisione del Consiglio sia assunta su di una base fattuale sufficiente e tale da consentire a quest’ultimo di concludere nel senso della sussistenza del pericolo che, qualora non fossero adottate misure inibitorie, la persona interessata continui ad essere coinvolta in attività terroristiche» ( 65 ). La sua funzione è «(…) accertare la sussistenza di prove o indizi seri e credibili del coinvolgimento della persona interessata in attività terroristiche, considerati affidabili dalle autorità nazionali» ( 66 ). Ai fini dell’iscrizione iniziale, sono pertanto utilizzate per valutare il rischio di atti terroristici o del coinvolgimento in tali atti in futuro ( 67 ). Non vi è alcuna giustificazione al congelamento di capitali per atti (terroristici) quando non vi è (più) il rischio che tali atti avverranno.

80.

Sulla base di detta valutazione, spetta poi al Consiglio decidere dove fissare il livello di protezione contro tale rischio e valutare se una determinata persona o gruppo presenti un siffatto rischio (eventualmente anche se non hanno commesso atti terroristici da molto tempo) ( 68 ). Ciò giustifica poi l’applicazione di misure preventive. La valutazione del rischio in un caso specifico deve essere fondata sui fatti e sulle informazioni disponibili nelle decisioni di autorità competenti. Tenendo conto del sistema a due livelli sottostante alla posizione comune 2001/931, tali decisioni sono l’unico fondamento per dimostrare che l’iscrizione di una persona, un’entità o un gruppo è giustificata. Il Consiglio deve verificare se la decisione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 sia sufficientemente accurata (i) da individuare la persona o il gruppo interessati e (ii) da stabilire un possibile nesso (come descritto all’articolo 1, paragrafo 2 della posizione comune) tra la persona o il gruppo interessati e gli atti terroristici definiti all’articolo 1, paragrafo 3, della stessa. Il Consiglio deve altresì considerare i tempi tanto della decisione quanto dei fatti in essa riportati al fine di determinare se questi denotino un attuale (ed eventualmente futuro) rischio di terrorismo che giustifichi l’adozione di misure restrittive.

81.

Ne consegue che, se il Consiglio dispone di discrezionalità nel valutare il rischio di terrorismo, nel fissare il livello di protezione e nello scegliere i mezzi attraverso i quali affrontare il rischio, esso può inserire persone, gruppi ed entità nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 solo qualora vi siano ragioni sufficienti per stabilire che tali persone, gruppi ed entità dimostrino il collegamento richiesto ad atti o attività terroristici. Esso esercita pertanto una discrezionalità nell’esame delle decisioni delle autorità competenti e dei fatti e delle prove su cui sono fondate. Tuttavia, la posizione comune 2001/931 non prevede che, nell’adottare la decisione di iscrizione iniziale, il Consiglio stesso abbia poteri di indagine o di accertamento dei fatti ( 69 ). Di conseguenza, il Consiglio non ha alcuna discrezionalità nello scegliere il fondamento per stabilire le ragioni dell’iscrizione. Tale fondamento deve essere rinvenuto in decisioni di autorità competenti.

82.

L’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 prevede un riesame dell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 ad intervalli regolari (almeno una volta per semestre). Lo scopo di tale riesame è accertarsi che il mantenimento di una persona o di un gruppo nell’elenco continui ad essere giustificato. La disposizione non offre ulteriori indicazioni su cosa giustifichi il mantenimento, su quale ne sia il fondamento.

83.

A mio avviso, la giustificazione (vale a dire, le ragioni) per, in primo luogo, iscrivere e, poi, mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, deve essere la stessa: persone, entità o gruppi possono rimanere in tale elenco nei limiti in cui continui a sussistere il rischio di atti e attività terroristiche e del loro coinvolgimento negli stessi. Il fondamento logico per la struttura a due livelli del meccanismo di iscrizione è lo stesso, indipendentemente dal periodo in cui una persona o un gruppo rimane nell’elenco. In altri termini, dopo l’iscrizione iniziale, non si può presumere che una persona o un gruppo iscritti integrino le ragioni per l’iscrizione a meno che e fino a quando richiedano di essere cancellati e presentino prove di nuovi fatti per sostenere tale richiesta.

84.

Il Consiglio, invece, deve esercitare una funzione di supervisione. Spetta al Consiglio verificare, nell’ambito del suo riesame, se le ragioni per l’iscrizione continuino a sussistere, sulla base di fatti e prove. Nella sentenza Al-Aqsa, la Corte ha statuito che, nel corso dell’esame del mantenimento di una persona o di un gruppo nell’elenco, ciò che rileva è «(…) se, dal momento dell’iscrizione del nome di tale persona nell’elenco in parola o a partire dal riesame precedente, la situazione di fatto sia tanto mutata da non consentire più di trarre la medesima conclusione riguardo al coinvolgimento della persona in questione in attività terroristiche» ( 70 ). Ciò che rileva è quindi se siano sopravvenuti fatti o prove nuovi o se vi sia una modifica della valutazione, da parte delle autorità nazionali competenti, del coinvolgimento di tale parte nel (finanziamento del) terrorismo ( 71 ). Altrove nella sentenza, la Corte ha fatto riferimento alla questione se sussistessero indizi «nel senso che (…) la situazione di fatto o la valutazione della stessa da parte delle autorità nazionali fosse mutata relativamente al coinvolgimento della ricorrente nel finanziamento di attività terroristiche» ( 72 ).

85.

Interpreto tali punti della sentenza Al-Aqsa nel senso che si focalizzano in particolare su cosa possa portare il Consiglio a cancellare una persona o un gruppo dall’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3. Pertanto, un’autorità competente può decidere che, alla luce di fatti e prove nuovi, una persona o un gruppo non è più coinvolta nel finanziamento del terrorismo. Oppure, il Consiglio stesso può scoprire fatti che lo portano a riconsiderare la propria precedente decisione ed eventualmente a cancellare una persona o un gruppo dall’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3.

86.

Nella presente causa, la questione sollevata dal secondo motivo d’impugnazione è se il Consiglio debba dimostrare (ed inserire nella motivazione) nuove giustificazioni per mantenere una persona o un gruppo dall’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3. A mio avviso, da una parte, non può esistere un criterio assoluto che legittimi il Consiglio a mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 solo qualora vi siano decisioni di autorità competenti adottate o note al Consiglio dopo l’iscrizione iniziale o precedente. Dall’altra parte, la(e) decisione(i) iniziale(i) utilizzata(e) come fondamento per l’iscrizione iniziale non sarà(saranno) sempre sufficiente(i).

87.

Se sia necessaria o meno una nuova decisione di un’autorità competente, e se questa debba pertanto essere inserita nella motivazione, dipenderà da una serie di fattori.

88.

Qualora il Consiglio adotti una decisione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6 senza fondarsi su una nuova decisione di un’autorità competente, esso deve essersi accertato che la decisione di un’autorità competente su cui si era precedentemente fondato per adottare la decisione iniziale o una decisione successiva di mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 continui ad essere un fondamento sufficiente per dimostrare che tale mantenimento sia giustificato. Pertanto, sulla base dei fatti e delle prove sottostanti alla(e) decisione(i) precedente(i) dell’autorità competente (anche se tali decisioni sono state successivamente abrogate per ragioni estranee a detti fatti e prove che dimostrano il coinvolgimento in atti o attività terroristici) ( 73 ), il Consiglio deve dimostrare che i fatti e le prove su cui la(e) decisione(i) [iniziale(i) o precedente(i)] dell’autorità competente era o erano fondate continuano a giustificare la sua valutazione secondo cui la persona o il gruppo interessati presentino un rischio di terrorismo e che, di conseguenza, le misure preventive sono giustificate. Più semplicemente: il rischio e la conseguente necessità di misure preventive devono continuare a sussistere.

89.

Poiché le decisioni di autorità competenti riguardano necessariamente fatti precedenti a tali decisioni, ne consegue che quanto maggiore è la distanza temporale tra tali fatti e tali decisioni, da una parte, e la nuova decisione di mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, dall’altra parte, tanto maggiore è l’obbligo del Consiglio di verificare con attenzione se, al momento del riesame, le sue conclusioni continuino ad essere validamente fondate su tale decisioni e sui fatti a sostegno della stessa ( 74 ). Qualora la decisione dell’autorità competente sia stata rinnovata o estesa, il Consiglio deve verificare su quale fondamento ciò sia avvenuto. Ne consegue pertanto che l’analisi del Consiglio non può essere completamente identica a quella effettuata al momento dell’adozione di una precedente decisione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, basata sulla stessa decisione di un’autorità competente. È perlomeno necessario tenere conto del tempo trascorso. Ciò deve emergere anche dalla motivazione.

90.

Qualora la persona o il gruppo nei cui confronti la decisione è pregiudizievole abbia presentato al Consiglio informazioni in replica alla precedente decisione di iscrizione o alla motivazione relativa alla successiva decisione di iscrizione, il Consiglio deve tenere conto anche di tali informazioni ( 75 ) e chiarire nella motivazione della decisione di nuova iscrizione il motivo per cui tali informazioni non cambiano la sua valutazione.

91.

Qualora una nuova decisione rilevante di un’autorità competente sia disponibile e nota al Consiglio, l’istituzione deve quindi verificare su quali fatti e prove tale decisione si sia fondata e se possa essere utilizzata per dimostrare che il mantenimento di una persona o di un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 continua ad essere giustificato. A tal proposito, le responsabilità del Consiglio (compresa la motivazione) differiranno a seconda che la decisione nazionale si limiti a rinnovare o estendere la decisione precedente dell’autorità competente su cui il Consiglio si era precedentemente fondato, o che si tratti di una decisione del tutto nuova, eventualmente di un’altra autorità competente di uno Stato membro (eventualmente diverso) che si fonda su altri fatti e prove.

92.

Ho già chiarito quali ritengo che siano le condizioni alle quali persone o gruppi possano essere inseriti nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 sulla base della decisione di un’autorità competente di uno Stato terzo ( 76 ). Sono dello stesso avviso con riferimento alle decisioni ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6. Qualora precedenti decisioni di iscrizione fossero già fondate su tali decisioni di uno Stato terzo e il Consiglio abbia precedentemente dimostrato il soddisfacimento di dette condizioni, non ritengo che il Consiglio debba nuovamente esporre tutti i fatti e le prove nella nuova motivazione quando continua a fondarsi su tali decisioni. Piuttosto, il Consiglio deve chiarire (i) perché, al momento di decidere se mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, tali decisioni dimostrino ancora che il mantenimento di tale persona o gruppo continui ad essere giustificato e (ii) perché esso sia ancora convinto che tali decisioni siano state adottate nell’ambito di standard di tutela dei diritti fondamentali almeno equivalenti a quelli che trovano applicazione, ai sensi del diritto dell’Unione, a decisioni adottate da autorità degli Stati membri. Qualora il Consiglio si fondi su una nuova decisione dello stesso Stato terzo, la misura in cui il Consiglio deve indicare nuovamente i fatti e le prove rilevanti dipenderà da come tale nuova decisione si rapporta alla decisione precedente. Tuttavia, in ogni caso il Consiglio deve dimostrare la sussistenza delle condizioni alle quali persone o gruppi possono essere inseriti nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 sulla base di una siffatta decisione.

93.

Nella presente causa, è vero che il Tribunale (ai punti da 175 a 177 della sentenza impugnata) sembra imporre al Consiglio di produrre decisioni nazionali più recenti e riferirsi alle motivazioni delle stesse, senza prima valutare se il Consiglio avesse dimostrato che il mantenimento delle LTTE nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 continuava ad essere giustificato sulla base delle decisioni esistenti di un’autorità competente su cui esso si era precedentemente fondato.

94.

Tuttavia, quanto tali punti sono letti congiuntamente al punto 196 della sentenza impugnata, diventa evidente che il Tribunale ha concluso altresì che il Consiglio si è limitato a citare le decisioni nazionali iniziali di autorità competenti e ad indicare, puramente e semplicemente, che esse erano ancora in vigore; e che, quanto agli specifici atti che esso ha individuato (che hanno avuto luogo successivamente a tali decisioni), il Consiglio non si è fondato su decisioni di autorità competenti. In tali circostanze, qualsiasi decisione di autorità competenti su cui il Consiglio si è fondato avrebbe evidentemente dovuto essere diversa e più recente rispetto alle decisioni iniziali a cui il Consiglio ha fatto riferimento. Il Tribunale ha ammesso che sono state menzionate decisioni più recenti con riferimento al regolamento di esecuzione n. 790/2014, ma ha concluso che il Consiglio non aveva dimostrato come tali decisioni avevano esaminato e valutato i fatti concreti a cui il Consiglio aveva fatto riferimento. Nel punto 204 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ulteriormente chiarito che il Consiglio non poteva giustificare il mantenimento di una persona o di un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 sulla base di nuovi atti terroristici senza che tali atti siano stati oggetto di un esame e di una decisione di un’autorità competente.

95.

In tale contesto, ritengo che il Tribunale fosse legittimato a concludere che, poiché non vi era alcuna nuova decisione o altra decisione di un’autorità competente relativa all’elenco di atti terroristici a cui il Consiglio aveva fatto riferimento che costituisse un fondamento soddisfacente per sostenere che vi fosse una giustificazione per iscrivere le LTTE, al Consiglio era precluso fondarsi su un elenco di attacchi terroristici presuntivamente perpetrati da tale organizzazione senza che tali fatti fossero dimostrati in decisioni di autorità competenti.

Sulla questione se il Consiglio possa fondarsi su informazioni provenienti da fonti pubbliche nel decidere il mantenimento di un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3

96.

Dalla mia conclusione che al Consiglio, nel decidere di mantenere le LTTE nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, era precluso fondarsi su un elenco di attacchi terroristici presuntivamente perpetrati dalle LTTE senza che tali fatti fossero dimostrati in decisioni di autorità competenti consegue che il Consiglio, in linea di principio, non può (neanche) fondarsi su informazioni di dominio pubblico relative a nuovi attacchi per dimostrare che il mantenimento di una persona, di un’entità o di un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 è giustificato.

97.

Il secondo argomento del Consiglio a sostegno del suo secondo motivo d’impugnazione solleva la questione se vi siano eccezioni a tale principio. Ci si chiede se, nel decidere di mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, il Consiglio possa comunque fondarsi su ragioni basate su fatti e prove non rinvenuti in decisioni di autorità competenti.

98.

A mio parere, non può.

99.

Una caratteristica fondamentale del sistema a due livelli sottostante alla posizione comune 2001/931 è che il Consiglio non può reperire esso stesso fatti che possono poi formare la base per sottoporre una persona o un gruppo a misure preventive dell’Unione. Né esso dispone dei necessari poteri investigativi a tal fine ( 77 ). Esso può invece inserire una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 solo qualora dal fascicolo emerga che un’autorità giurisdizionale nazionale o, a talune condizioni, un’autorità amministrativa, ha adottato una decisione. Tale requisito esiste al fine di fare sì che l’iscrizione nell’elenco di una persona o di un gruppo avvenga esclusivamente su di una base fattuale sufficientemente solida ( 78 ). La premessa è che, da una parte, le decisioni di dette autorità, ai sensi del diritto nazionale, stabiliscono o riesaminano e verificano prove o indizi seri e credibili che una persona o un gruppo siano coinvolti in atti o attività terroristici. Dall’altra parte, la persona o il gruppo interessati godono dei diritti fondamentali della difesa e a un ricorso effettivo con riferimento a tali decisioni.

100.

A mio avviso, tale fondamento logico è parimenti rilevante ai fini della decisione di mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 1, paragrafi 2 e 3. Le ragioni di tale decisione devono avere una base fattuale sufficientemente solida. Consentire al Consiglio di reperire prove o indizi di un coinvolgimento (passato o futuro) in atti e attività terroristici che il Consiglio ritiene essere ricompresi nell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, della posizione comune 2001/931 comporterebbe una disparità di trattamento tra, da una parte, persone o gruppi mantenuti nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 sulla base di decisioni di autorità competenti e, dall’altra, quelli mantenuti in tale elenco sulla base di fatti reperiti dal Consiglio di sua iniziativa (anche se il Consiglio si è altresì fondato in qualche misura su decisioni di autorità competenti). Quest’ultima categoria godrebbe di un diritto ridotto a un giusto processo e a un ricorso effettivo quanto ai fatti riscontrati dal Consiglio. Tali soggetti potrebbero fare ricorso ai giudici dell’Unione esclusivamente al fine di impugnare le conclusioni fattuali operate dal Consiglio. Mentre, ai sensi del sistema a due livelli, in linea di principio un’impugnazione è possibile tanto a livello nazionale (della decisione dell’autorità competente) quanto a livello dell’Unione (della decisione di iscrizione del Consiglio). Qualora il Consiglio si fondi direttamente su tali informazioni o elementi, ciò comporterebbe quindi il rischio di negare alla persona o al gruppo interessati il diritto fondamentale di ottenere un riesame di una decisione ad essi pregiudizievole dinanzi ad un giudice nazionale (mentre, qualora vi sia una decisione di un’autorità competente, la persona o il gruppo avrebbero tale diritto). Piuttosto, spetterebbe esclusivamente ai giudici dell’Unione effettuare tale riesame. Pertanto, il Consiglio non può inserire una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 sulla base di un articolo di stampa che afferma «è colpevole» o «dice di essere colpevole». Una siffatta decisione non soddisfa le condizioni di cui alla posizione comune 2001/931. Né e coerente con uno stato di diritto.

101.

Si potrebbe obiettare che insistere che il Consiglio non possa fondarsi su informazioni a carico di agevole accesso al pubblico costituisce un approccio eccessivamente formalistico e rigoroso. A mio avviso, tale obiezione non convince.

102.

È opportuno rammentare che le conseguenze di un’iscrizione sono estremamente gravi. I capitali e le altre attività finanziarie o risorse economiche sono congelati. Il «congelamento di capitali, altre attività finanziarie e risorse economiche» consiste nel «divieto di spostare, trasferire, alterare, utilizzare o trattare i capitali in modo da modificarne il volume, l’importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura e la destinazione o da introdurre altri cambiamenti tali da consentire l’uso dei capitali in questione, compresa la gestione di portafoglio» ( 79 ). Per una persona, un’entità o un gruppo inseriti nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 viene sospesa la regolare vita economica. Non sembra irragionevole insistere che, in caso di siffatte conseguenza, le procedure seguite debbano essere rigorose e rispettare i diritti fondamentali della difesa e a un ricorso effettivo.

103.

Inoltre, è difficile immaginare come esattamente «estrapolare» un’eccezione al principio secondo il quale il Consiglio non può fondarsi su informazioni di dominio pubblico relative a nuovi attacchi per dimostrare che il mantenimento di una persona, di un gruppo o di un’entità nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 sia giustificato. Dove si trova la linea di demarcazione? Un singolo elemento probatorio «solido» è sufficiente o, se sono necessari più elementi separati, quanti sono necessari? Una dichiarazione pubblica di un noto portavoce del gruppo (presumendo che una siffatta persona esista) che rivendica espressamente la responsabilità in relazione ad un attacco presenta il necessario valore probatorio? Lo stesso valore probatorio può essere ascritto ad una dichiarazione pubblica da un soggetto che afferma di parlare per conto del gruppo? Quale sarebbe la posizione se vi fossero articoli di stampa che suggeriscono che l’individuo che ha perpetrato l’attacco (e che è morto durante l’attacco e non può quindi essere interrogato) è stato presuntivamente «ispirato» dal gruppo o «ha prestato giuramento di fedeltà» allo stesso? Ciò rende il gruppo sufficientemente responsabile affinché il suo nome sia mantenuto nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3?

104.

È evidentemente inevitabile che il Consiglio otterrà informazioni, nel normale corso degli eventi, relative al (possibile) coinvolgimento di persone o gruppi in atti o attività terroristici. La fonte di tali informazioni può essere pubblica o privata. Il dovere di leale cooperazione, sul quale si fonda il sistema a due livelli fissato dalla posizione comune 2001/931, impone al Consiglio di comunicare agli Stati membri informazioni e prove di cui venga a conoscenza e che ritenga possano essere rilevanti per autorità competenti. È vero che la posizione comune 2001/931, in quanto tale, non contiene l’obbligo per gli Stati membri, quando ricevono tali informazioni dal Consiglio, di adottare immediatamente le misure necessarie per giungere ad una nuova decisione formale di un’autorità competente relativa ai fatti e alle persone rientranti nelle informazioni comunicate dal Consiglio. Ciò posto, lo stesso dovere di leale cooperazione – a mio avviso – imporrebbe cionondimeno agli Stati membri di rispondere in modo adeguato ad una richiesta del Consiglio che chiede una valutazione delle informazioni comunicate. Evidentemente, nell’effettuare il riesame semestrale, il Consiglio, in tali casi, dovrebbe prevedere un tempo sufficiente per chiedere e ottenere una risposta da parte dello(gli) Stato(i) membro(i) in questione in relazione alle informazioni da esso comunicate. Sembra un prezzo ragionevole da pagare per garantire il rispetto dei diritti fondamentali della difesa e a un ricorso effettivo.

105.

Se al Consiglio fosse consentito fondarsi su ragioni basate su fatti e prove non rinvenuti in decisioni di autorità competenti, nutro altresì dubbi quanto alle modalità pratiche di tale procedura.

106.

Supponiamo che il Consiglio abbia a disposizione elementi provenienti da una fonte affidabile o originale (pubblica o meno) che conterrebbe o documenterebbe la dichiarazione di una persona o di un gruppo interessati nel senso che questa riconosce il proprio coinvolgimento (passato o futuro) in atti o attività terroristici che il Consiglio ritiene rientrare nell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, della posizione comune 2001/931. Al massimo, il Consiglio potrebbe concludere preliminarmente, sulla base di tale elemento, di disporre di una base fattuale sufficientemente solida per decidere che il mantenimento di tale gruppo o persona nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 continua ad essere giustificato (indipendentemente da eventuali pertinenti decisioni di autorità competenti). Il Consiglio dovrebbe quindi inserire tali informazioni e prove nella motivazione comunicata alla parte nei cui confronti la decisione è pregiudizievole prima dell’adozione di una successiva decisione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 ( 80 ). Ci si chiede se nella pratica sia probabile che tale parte accetti espressamente i fatti (pregiudizievoli) ad essa attribuiti dal Consiglio Eppure quella sarebbe l’unica base sulla quale il Consiglio potrebbe (i) fondarsi su tali fatti in assenza della decisione (precedente o nuova) di un’autorità competente o (ii) combinare tali fatti con la decisione precedente di un’autorità competente sulla quale si era già fondato. Confesso di essere alquanto scettica quanto alla questione se la persona o il gruppo interessati avrebbe interesse a fornire al Consiglio una siffatta e conveniente conferma espressa.

107.

Non posso pertanto aderire ad una norma permissiva che consentirebbe al Consiglio, al fine di mantenere una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, di fondarsi su «fatti» di dominio pubblico e su prove degli stessi ricavate da articoli di stampa o da Internet. Il carattere pubblico di un fatto e la disponibilità pubblica di prove relative allo stesso sono, in quanto tali, una base insufficiente per accogliere un’eccezione alla norma generale secondo la quale il Consiglio deve fondarsi su decisioni di autorità competenti. Infine, devo rimarcare altresì il fatto che la mia posizione si applica esclusivamente alle decisioni con cui il Consiglio mantiene una persona o un gruppo nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3. Il Consiglio non è soggetto alle stesse limitazioni quando decide di cancellare una persona o un gruppo da tale elenco.

108.

Respingo pertanto anche il secondo argomento a sostegno del secondo motivo d’impugnazione.

Sulla questione se il Tribunale fosse legittimato ad annullare le misure impugnate

109.

Con l’ultimo argomento a sostegno del secondo motivo, il Consiglio sostanzialmente afferma che, se non può fondarsi su informazioni provenienti da fonti pubbliche, allora la conclusione avrebbe dovuto essere che non vi era alcun cambiamento nella situazione fattuale e che, pertanto, poteva continuare a mantenere le LTTE nell’elenco. Se ciò fosse corretto, ne conseguirebbe che il Tribunale non avrebbe dovuto annullare i regolamenti impugnati sulla base, in particolare, del suo rifiuto di accogliere il fatto che il Consiglio si era fondato su informazioni provenienti da fonti pubbliche.

110.

Non condivido questa tesi.

111.

In primo luogo, il Tribunale ha annullato i regolamenti impugnati nella parte in cui riguardano le LTTE, in quanto il Consiglio ha violato tanto l’articolo 1 della posizione comune 2001/931 quanto l’obbligo di motivazione.

112.

In secondo luogo, non accolgo la logica sottostante all’argomento del Consiglio secondo il quale, poiché non si può tenere conto degli atti più recenti documentati dalla stampa, ne consegue pertanto che non vi è stato un cambiamento nella situazione fattuale e quindi le LTTE potevano essere mantenute nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3. Ho già chiarito perché ritengo che non vi sia alcun fondamento per presumere che il mantenimento di una persona o di un gruppo inseriti nell’elenco sia giustificato fino al cambiamento della situazione fattuale, tale da comportare ragioni (positive) per cancellare tale persona o gruppo dall’elenco. Col passare del tempo la situazione fattuale necessariamente cambia. Anche quando non vi sono altre o nuove decisioni di un’autorità competente (che riguardino altri fatti), il Consiglio deve cionondimeno valutare nuovamente se, sulla base dei fatti e delle prove di cui alla decisione su cui si era precedentemente fondato, continua a sussistere il rischio di coinvolgimento in atti terroristici e pertanto la giustificazione per l’iscrizione. Ciò comporta altresì che, nella presente causa, il Consiglio doveva chiarire il motivo per cui il 2001 UK Proscription order continuava ad essere una base sufficiente per la sua decisione e il Tribunale avrebbe dovuto affrontare tale argomento. Le conclusioni del Tribunale in relazione al 2001 UK Proscription order sono oggetto del terzo motivo d’impugnazione del Consiglio.

Conclusione

113.

Respingo pertanto il secondo motivo d’impugnazione come infondato.

Terzo motivo d’impugnazione

114.

Il terzo motivo d’impugnazione del Consiglio è quello secondo il quale il Tribunale avrebbe commesso un errore nel non aver concluso che l’iscrizione nell’elenco poteva trovare fondamento nel 2001 UK Proscription order. Dinanzi al Tribunale, il Consiglio aveva sostenuto che tale ordinanza era sufficiente di per sé.

115.

Il primo argomento del Consiglio è quello secondo il quale il Tribunale aveva già accettato, in cause precedenti, la stessa ordinanza come decisione di un’autorità competente ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 ( 81 ). Ciò è vero (né sembra essere contestato) e invero, al punto 120 della sentenza impugnata, il Tribunale invoca espressamente tale giurisprudenza nell’accettare che tale ordinanza costituisse la decisione di un’autorità competente. I punti 205 e 206 della sentenza impugnata, che il Consiglio invoca nell’avanzare detto argomento, in realtà riguardano la posizione del Tribunale quanto al fondarsi, da parte del Consiglio, su atti, come giustificazione della sua decisione di mantenere le LTTE nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, che non erano stati oggetto della decisione di un’autorità competente.

116.

Il secondo argomento del Consiglio è quello secondo il quale il Tribunale, ai punti dal 206 a 208, avrebbe errato nel concludere che il Consiglio non poteva fondarsi sul 2001 UK Proscription order senza avere accesso ai fatti e alle determinazioni sottostanti a tale decisione. A mio parere, il Tribunale non perviene ad una siffatta conclusione. Nei punti citati, il Tribunale ha trattato un argomento del Consiglio e della Commissione affrontando la questione del perché le motivazioni dei regolamenti impugnati non fanno riferimento a decisioni specifiche di autorità competenti che esaminano e valutano i fatti sui quali il Consiglio si è fondato all’inizio della sua motivazione (vale a dire, come espresso dal Tribunale, una serie di fatti di violenza da esso ricavati dalla stampa e da Internet e imputati alle LTTE). Le istituzioni sostengono che le LTTE avrebbero potuto e dovuto impugnare le misure restrittive a livello nazionale. Il Tribunale ha respinto tali argomenti in quanto: (i) qualora il Consiglio utilizzi atti terroristici come base fattuale per la propria decisione, esso deve individuare, nelle ragioni della decisione, le decisioni di autorità nazionali competenti che concretamente esaminino e ritengano dimostrati tali atti terroristici ( 82 ); (ii) tali argomenti hanno confermato che il Consiglio si è fondato, in realtà, su informazioni di stampa o di Internet ( 83 ); e (iii) tali argomenti lasciano pensare che le decisioni sulla cui base il Consiglio si è fondato possano non poggiare su un atto terroristico concreto, fintantoché non siano sollevate obiezioni dalla parte interessata ( 84 ). Contrariamente a quanto affermato dal Consiglio, non vi è nulla in detti punti (e certamente non nel punto 206) che suggerisca che il Tribunale abbia imposto al Consiglio di avere a disposizione tutti gli elementi su cui lo Home Secretary si è fondato quando ha proscritto le LTTE.

117.

È in tale contesto che devono essere intesi gli argomenti del Consiglio relativi alla questione se una parte quale le LTTE sia tenuta a chiedere un sindacato giurisdizionale dinanzi ai giudici nazionali. Tuttavia, tali argomenti non sono rilevanti ai fini del terzo motivo d’impugnazione del Consiglio, che riguarda in sostanza la mancata decisione, da parte del Tribunale, in relazione al fatto che i regolamenti impugnati erano comunque validi in quanto fondati sul 2001 UK Proscription order.

118.

È implicito nel terzo motivo d’impugnazione del Consiglio che il Tribunale, dopo aver accolto il primo motivo delle LTTE esclusivamente nella parte in cui riguardava le autorità indiane e aver respinto il fatto che il Consiglio si era fondato su atti che non erano stati oggetto di decisioni di autorità competenti, avrebbe dovuto cionondimeno concludere che il 2001 UK Proscription order costituiva una base sufficiente per i regolamenti impugnati. Ne conseguirebbe quindi che i vizi relativi alle altre motivazioni non potrebbero giustificare l’annullamento di tali regolamenti.

119.

Gli accertamenti del Tribunale quanto alle decisioni di autorità nazionali alle quali i regolamenti impugnati hanno fatto riferimento (in particolare, il 2001 UK Proscription order) intendono sostanzialmente risolvere la questione se gli atti che il Consiglio ha imputato alle LTTE nel primo e nel secondo paragrafo delle motivazioni dei regolamenti contestati – che secondo il Tribunale costituiscono le motivazioni fattuali e hanno avuto un ruolo decisivo nella valutazione del Consiglio ( 85 ) – fossero l’oggetto di tali decisioni. È piuttosto evidente che ciò non è possibile in quanto le decisioni sono anteriori ai fatti imputati ( 86 ).

120.

Se il Tribunale ha ammesso che il Consiglio, nelle motivazioni dei regolamenti di esecuzione nn. da 83/2011 a 125/2014, ha citato le decisioni nazionali iniziali (in particolare, il 2001 UK Proscription order), esso ha concluso che il Consiglio si è limitato ad indicare che tali decisioni erano ancora in vigore ( 87 ).

121.

Il Tribunale non ha espressamente tratto alcuna conclusione da tale fatto. Pertanto, se il Consiglio ha erroneamente affermato che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel concludere che il 2001 UK Proscription order non poteva, o non poteva più, costituire una valida decisione di un’autorità competente, è meno chiaro se il Tribunale ha in realtà omesso di trattare la questione (che gli era stata evidentemente posta, sulla base degli argomenti delle LTTE a sostegno dei loro motivi dal quarto al sesto, considerati congiuntamente al secondo motivo) se il Consiglio avesse fondato i regolamenti impugnati non tanto su decisioni di autorità competenti quanto su un elenco di atti da esso direttamente imputati alle LTTE ( 88 ).

122.

È possibile respingere il terzo motivo d’impugnazione sulla base del fatto che, poiché il Tribunale ha annullato i regolamenti impugnati, deve implicitamente aver concluso che, accantonando le decisioni indiane e i vari atti successivi all’adozione della decisione iniziale che il Consiglio ha imputato alle LTTE senza alcun riferimento a decisioni di autorità competenti, il 2001 UK Proscription order non poteva costituire una base autonoma e sufficiente per i regolamenti impugnati.

123.

Tuttavia, a mio avviso, tale interpretazione della sentenza impugnata è eccessivamente generosa. Convengo con il Consiglio che il Tribunale, dopo aver concluso che taluni elementi della motivazione avanzati non potevano giustificare la decisione di mantenere le LTTE nell’elenco e dovevano pertanto essere annullati, doveva procedere ad esaminare espressamente gli altri elementi della motivazione e verificare se uno di essi fosse di per sé sufficiente a sostenere la decisione ( 89 ). Solo qualora anche detti altri elementi non fossero sufficientemente precisi e concreti da costituire il fondamento dell’iscrizione, i regolamenti impugnati potevano essere annullati. Tuttavia, il Tribunale qui ha omesso di effettuare tali accertamenti. Il ragionamento del Tribunale era in sostanza circoscritto ad accertamenti di fatto, vale a dire che il Consiglio si era limitato a citare le decisioni nazionali precedenti e ad indicare che esse erano ancora in vigore. Per tale ragione, il terzo motivo dovrebbe essere accolto e la sentenza del Tribunale dovrebbe essere annullata.

124.

Fortunatamente, lo stato degli atti nella presente causa consente alla Corte, ai sensi del secondo periodo del primo paragrafo dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia, di statuire definitivamente sulla controversia. Nell’ambito del quinto e del sesto motivo, le LTTE hanno affermato che la motivazione dei regolamenti impugnati era incompleta; tale motivazione non consentiva loro di predisporre una difesa adeguata e alla Corte di riesaminare tali regolamenti.

125.

Ho chiarito altrove nelle presenti conclusioni i motivi per cui ritengo che il Tribunale abbia correttamente concluso che il Consiglio, nel decidere di mantenere le LTTE nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, non poteva fondarsi (nella sua motivazione) su (i) decisioni di autorità di paesi terzi senza indicare le ragioni per statuire che tali decisioni erano state adottate sulla base di standard di tutela dei diritti fondamentali equivalenti a quelli che trovano applicazione, ai sensi del diritto dell’Unione, a decisioni adottate da autorità degli Stati membri e (ii) diversi nuovi atti che non erano stati valutati e stabiliti da decisioni di autorità competenti. Ciò lascia la questione se fosse sufficiente che il Consiglio indicasse, nelle motivazioni dei regolamenti impugnati, che le decisioni iniziali delle autorità competenti, in particolare il 2001 UK Proscription order, rimanevano in vigore o che era stata adottata una decisione di un’autorità competente.

126.

Per le ragioni che ho già esposto ( 90 ), ritengo che ciò non fosse sufficiente. Concludo pertanto che le misure impugnate devono essere annullate sulla base di ciò. In tali circostanze, non è necessario che la Corte esamini gli altri motivi presentati dalle LTTE in primo grado.

Conclusioni

127.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo che la Corte voglia:

accogliere il ricorso del Consiglio dell’Unione europea;

annullare la sentenza del Tribunale nelle cause riunite T‑208/11 e T‑508/11;

annullare i regolamenti di esecuzione (UE) del Consiglio n. 83/2011, del 31 gennaio 2011, n. 687/2011, del 18 luglio 2011, n. 1375/2011, del 22 dicembre 2011, n. 542/2012, del 25 giugno 2012, n. 1169/2012, del 10 dicembre 2012, n. 714/2013, del 25 luglio 2013, n. 125/2014, del 10 febbraio 2014, e n. 790/2014, del 22 luglio 2014, che attuano l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abrogano, rispettivamente, i regolamenti di esecuzione (UE) nn. 610/2010, 83/2011, 687/2011, 1375/2011, 542/2012, 1169/2012, 714/2013 e 125/2014, nella parte in cui tali misure riguardano le Tigri per la liberazione della patria Tamil;

condannare, ai sensi degli articoli 138, paragrafo 3, e 184, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, il Consiglio a sostenere le proprie spese e due terzi delle spese delle Tigri per la liberazione della patria Tamil nella presente impugnazione;

condannare, ai sensi degli articoli 138, paragrafo 3, e 184, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, le Tigri per la liberazione della patria Tamil a sostenere le proprie spese restanti nella presente impugnazione;

condannare, ai sensi degli articoli 138, paragrafo 1 e 184, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, il Consiglio a sostenere le proprie spese e quelle delle Tigri per la liberazione della patria Tamil in primo grado; nonché

condannare, ai sensi degli articoli 140, paragrafo 1, e 184, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, i governi francese, dei Paesi Bassi, del Regno Unito, nonché la Commissione europea, a sostenere le proprie spese.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Sentenza del 16 ottobre 2014LTTE/Consiglio (EU:T:2014:885).

( 3 ) V. paragrafo 15 infra.

( 4 ) Posizione comune del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 93), come modificata. V. considerando 2.

( 5 ) Punto 1, paragrafi a) e c), della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1373(2001).

( 6 ) V. paragrafo 6 infra.

( 7 ) Un «atto terroristico» è uno degli atti intenzionali elencati all’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931, che, per la sua natura o contesto possa recare grave danno a un paese o un’organizzazione internazionale, definito reato in base al diritto nazionale, quando è commesso al fine di: i) intimidire seriamente la popolazione; o ii) costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto; o iii) destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali fondamentali di un paese o un’organizzazione internazionale. V. altresì la causa C‑158/14, A e a., in relazione alla quale emetterò le mie conclusioni in data 29 settembre 2016.

( 8 ) Regolamento del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 70), come modificato.

( 9 ) Posizione comune del Consiglio, del 29 maggio 2006, che aggiorna la posizione comune 2001/931 e che abroga la posizione comune 2006/231/PESC (GU 2006, L 144, pag. 25).

( 10 ) Decisione del Consiglio, del 29 maggio 2006, che attua l’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga la decisione 2005/930/CE (GU 2006, L 144, pag. 21). V. articolo 1 e voce 2.17 del nuovo elenco introdotto da tale regolamento.

( 11 ) V. infra, paragrafo 16.

( 12 ) Vale a dire il ricorso nella causa T‑208/11.

( 13 ) Regolamento di esecuzione del 31 gennaio 2011, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e abroga il regolamento di esecuzione n. 610/2010 (GU 2011, L 28, pag. 14).

( 14 ) Vale a dire il ricorso nella causa T‑508/11.

( 15 ) Regolamento di esecuzione del 18 luglio 2011, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e che abroga i regolamenti di esecuzione (UE) n. 610/2010 e (UE) n. 83/2011 (GU 2011, L 188, pag. 2).

( 16 ) Regolamento di esecuzione del 22 dicembre 2011, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e abroga il regolamento di esecuzione n. 687/2011 (GU 2011, L 343, pag. 10).

( 17 ) Regolamento di esecuzione del 25 giugno 2012, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e abroga il regolamento di esecuzione n. 1375/2011 (GU 2012, L 165, pag. 12).

( 18 ) Regolamento di esecuzione del 10 dicembre 2012, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e abroga il regolamento di esecuzione n. 542/2012 (GU 2012, L 337, pag. 2).

( 19 ) Regolamento di esecuzione del 25 luglio 2013, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e abroga il regolamento di esecuzione n. 1169/2012 (GU 2013, L 201, pag. 10).

( 20 ) Regolamento di esecuzione del 10 febbraio 2014, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e abroga il regolamento di esecuzione n. 714/2013 (GU 2014, L 40, pag. 9).

( 21 ) Regolamento di esecuzione del 22 luglio 2014, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e abroga il regolamento di esecuzione n. 125/2014 (GU 2014, L 217, pag. 1).

( 22 ) Punti 104 e 110 della sentenza impugnata.

( 23 ) Ai punti 105 e 106 della sentenza impugnata il Tribunale ha fatto riferimento alla sentenza della Corte del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa (C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punti da 66 a 77) (in prosieguo: la «sentenza Al-Aqsa»), nonché alle sue sentenze del 9 settembre 2010, Al-Aqsa/Consiglio (T‑348/07, EU:T:2010:373, punto 88) e del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio (T‑256/07, EU:T:2008:461, punti 144145) (in prosieguo: la «sentenza PMOI del Tribunale»).

( 24 ) Punto 107 della sentenza impugnata.

( 25 ) Punto 113 della sentenza impugnata.

( 26 ) Punti da 126 a 136 della sentenza impugnata.

( 27 ) Punti da 131 a 140 della sentenza impugnata. Il Tribunale ha invocato la sentenza del 30 settembre 2009, Sison/Consiglio (T‑341/07, EU:T:2009:372, punti 9395).

( 28 ) Punto 141 della sentenza impugnata.

( 29 ) Punto 152 della sentenza impugnata.

( 30 ) Punto 155 della sentenza impugnata.

( 31 ) Punti da 157 a 165 della sentenza impugnata.

( 32 ) Descritti ai punti da 167 a 172 della sentenza impugnata.

( 33 ) Punto 186 della sentenza impugnata.

( 34 ) Punti da 187 a 195 della sentenza impugnata.

( 35 ) Punto 196 della sentenza impugnata.

( 36 ) In particolare, punti da 199 a 201 della sentenza impugnata.

( 37 ) Punti 197 e 198 della sentenza impugnata.

( 38 ) Punti 203 e 204 della sentenza impugnata.

( 39 ) Punti dal 204 a 208 della sentenza impugnata.

( 40 ) Punti da 209 a 214 della sentenza impugnata.

( 41 ) Punti 215 e 216 della sentenza impugnata.

( 42 ) Punti 217 e 218 della sentenza impugnata.

( 43 ) V.. paragrafo 50 infra.

( 44 ) Punto 225 della sentenza impugnata.

( 45 ) Le osservazioni scritte della Commissione erano circoscritte al secondo e al terzo motivo. Essa ha dichiarato di convenire interamente con gli argomenti del Consiglio relativi al primo motivo.

( 46 ) Sentenza PMOI, punto 144.

( 47 ) V., ad esempio, sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran (C‑27/09, EU:C:2011:853, punto 72).

( 48 ) Sentenza del 1o marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio (C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punto 55).

( 49 ) Sentenza del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft (C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 72 e giurisprudenza citata) (in prosieguo: la «sentenza Kala Naft»).

( 50 ) V., ad esempio, sentenza del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba (C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punti 4950 e giurisprudenza citata) (in prosieguo: la «sentenza Consiglio/Bamba»). Sullo scopo del riesame della Corte, v. sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi (C584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 119 e giurisprudenza citata) (in prosieguo: la «sentenza Kadi II»).

( 51 ) V., in generale, sentenza Kadi II, punto 100 e giurisprudenza citata. V. altresì sentenza Consiglio/Bamba, punto 49 e giurisprudenza citata.

( 52 ) V., ad esempio, sentenza Consiglio/Bamba, punto 60 e giurisprudenza citata.

( 53 ) V., ad esempio, sentenza Consiglio/Bamba, punto 52.

( 54 ) V. sentenza Kadi II, punto 116 e giurisprudenza citata.

( 55 ) V., ad esempio, sentenza Consiglio/Bamba, punto 53 e giurisprudenza citata.

( 56 ) V. anche le mie conclusioni nella causa Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran (C‑27/09 P, EU:C:2011:482, paragrafi da 198 a 201207).

( 57 ) V. anche le mie conclusioni nella causa Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran (C‑27/09 P, EU:C:2011:482, paragrafo 136).

( 58 ) V., in generale, sentenze Kadi II, punto 116 e giurisprudenza citata; Consiglio/Bamba, punto 52; e Al-Aqsa, punto 142.

( 59 ) V., ad esempio, sentenza Consiglio/Bamba, punto 60 e giurisprudenza citata.

( 60 ) Parere 2/13 del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punto 191 e giurisprudenza citata). In relazione a quali possano essere tali circostanze eccezionali, v. sentenza del 5 aprile 2016Aranyosi (C‑404/15 e C 659/15 PPU, EU:C:2016:198, punti da 88 a 104).

( 61 ) V. le mie conclusioni nella causa Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran (C‑27/09 P, EU:C:2011:482, paragrafo 202).

( 62 ) Ai sensi di tale disposizione: «La procedura scritta comprende la comunicazione alle parti, nonché alle istituzioni dell’Unione le cui decisioni sono in causa, delle istanze, memorie, difese e osservazioni e, eventualmente, delle repliche, nonché di ogni atto e documento a sostegno, ovvero delle loro copie certificate conformi».

( 63 ) V., ad esempio, sentenza Kadi II, punto 100 e giurisprudenza citata.

( 64 ) V., in particolare, paragrafi da 86 a 96 infra.

( 65 ) Sentenza Al-Aqsa, punto 81. V. anche punto 68.

( 66 ) Sentenza Al-Aqsa, punto 104.

( 67 ) V. anche sentenza PMOI del Tribunale, punto 110.

( 68 ) Sentenza PMOI del Tribunale, punto 112. Ne consegue altresì che la mancanza della decisione di un’autorità competente non può essere giustificata sulla base del fatto che, poiché una persona o un gruppo sono (già) inseriti nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, è meno probabile che tale persona o gruppo commetteranno atti terroristici e che pertanto siano soggetti a decisioni di autorità competenti.

( 69 ) Sentenza Al-Aqsa, punto 69.

( 70 ) Sentenza Al-Aqsa, punto 82.

( 71 ) Sentenza Al-Aqsa, punto 83.

( 72 ) Sentenza Al-Aqsa, punto 111; v. anche punto 90.

( 73 ) Ciò che è avvenuto nella causa Al-Aqsa, punti da 83 a 90).

( 74 ) Quanto ai diversi tipi di sanzioni, v., per analogia, la sentenza Kadi II, punto 156.

( 75 ) V. anche le mie conclusioni nella causa Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran (C‑27/09 P, EU:C:2011:482, paragrafo 89).

( 76 ) V. paragrafi da 60 a 73 infra.

( 77 ) Sentenza Al-Aqsa, punto 69.

( 78 ) Sentenza Al-Aqsa, punto 68.

( 79 ) Articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 2580/2001.

( 80 ) Sentenza Kadi II, punto 113 e giurisprudenza citata.

( 81 ) In particolare, sentenza PMOI del Tribunale, punto 144.

( 82 ) Punto 206 della sentenza impugnata.

( 83 ) Punto 207 della sentenza impugnata.

( 84 ) Punto 208 della sentenza impugnata.

( 85 ) Punto 202 della sentenza impugnata.

( 86 ) Punto 195 della sentenza impugnata.

( 87 ) Punto 196 della sentenza impugnata.

( 88 ) Punto 155 della sentenza impugnata.

( 89 ) Sentenza Kala Naft, punto 72 e giurisprudenza citata.

( 90 ) V. paragrafi da 77 a 91 supra.

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