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Document 62014CC0525

    Conclusioni dell’avvocato generale M. Campos Sánchez-Bordona, presentate il 3 maggio 2016.
    Commissione europea contro Repubblica ceca.
    Inadempimento di uno Stato – Libera circolazione delle merci – Articolo 34 TFUE – Restrizioni quantitative all’importazione – Misure di effetto equivalente – Metalli preziosi punzonati in uno Stato terzo conformemente alla normativa olandese – Importazione nella Repubblica ceca in seguito all’immissione in libera pratica – Diniego del riconoscimento del punzone – Tutela dei consumatori – Proporzionalità – Ricevibilità.
    Causa C-525/14.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:321

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

    presentate il 3 maggio 2016 ( 1 )

    Causa C‑525/14

    Commissione europea

    contro

    Repubblica ceca

    (ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione nei confronti della Repubblica ceca)

    «Inadempimento — Libera circolazione delle merci — Articolo 34 TFUE — Restrizioni quantitative all’importazione — Misure di effetto equivalente — Metalli preziosi punzonati in un paese terzo conformemente alla legislazione olandese — Importazione nella Repubblica ceca in seguito all’immissione in libera pratica in uno Stato membro diverso dal Regno dei Paesi Bassi — Diniego del riconoscimento del punzone — Tutela dei consumatori — Ricevibilità»

    1. 

    La Repubblica ceca contesta l’inadempimento che le addebita la Commissione e sostiene che gli articoli 34 TFUE e 36 TFUE non vietano la prassi amministrativa del suo laboratorio nazionale di saggio, dato che i punzoni WaarborgHolland vengono impressi sia nei Paesi Bassi sia in stabilimenti ubicati in paesi terzi (Cina e Thailandia).

    2. 

    La Corte di giustizia ha elaborato finora una giurisprudenza, ben consolidata, in materia di reciproco riconoscimento dei punzoni nazionali degli Stati membri. La novità del presente ricorso consiste nel fatto che occorre stabilire se detta giurisprudenza si applichi parimenti ai lavori in metalli preziosi provenienti da paesi terzi, importati e immessi in libera pratica nell’Unione europea con la punzonatura di titolo del laboratorio olandese WaarborgHolland, impressa in detti paesi terzi.

    3. 

    È vero che l’immissione in libera pratica comporta l’assimilazione dei prodotti provenienti dall’esterno dell’Unione alle merci intracomunitarie. Tale assimilazione, tuttavia, può non essere sufficiente per ottenere il reciproco riconoscimento: la previa commercializzazione del prodotto in uno Stato membro, conformemente alle sue norme nazionali, è una condizione necessaria affinché un altro Stato membro (quello di destinazione) accetti l’equivalenza e non imponga l’applicazione delle proprie norme. Per stabilire entro quali limiti e in quali circostanze sia esigibile tale condizione occorrono, nel caso di specie, ulteriori precisazioni.

    I – Svolgimento del procedimento per inadempimento

    4.

    Il 30 settembre 2011 la Commissione ha inviato alla Repubblica ceca una lettera di diffida in cui chiedeva chiarimenti in ordine al suo rifiuto di riconoscere i punzoni olandesi, in particolare quelli del laboratorio WaarborgHolland.

    5.

    Nella sua lettera di risposta del 30 novembre 2011, la Repubblica ceca ha ammesso che non riconosceva tali punzoni olandesi, il che, a suo avviso, sollevava un problema relativo alla libera prestazione dei servizi, e non alla libera circolazione delle merci. Il governo ceco giustificava il diniego con l’impossibilità di distinguere i prodotti marchiati con i punzoni WaarborgHolland nei Paesi Bassi da quelli marchiati in paesi terzi e successivamente importati nell’Unione.

    6.

    Non convinta dalle spiegazioni fornite dalle autorità ceche, il 30 maggio 2013 la Commissione ha inviato alla Repubblica ceca un parere motivato, in cui indicava che le disposizioni del TFUE sulla libera circolazione delle merci si applicano alle merci immesse in libera pratica nel territorio doganale dell’Unione e, pertanto, a quelle di paesi terzi importate in uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 29 TFUE. La Commissione ha invitato la Repubblica ceca a conformarsi all’articolo 34 TFUE entro un termine di due mesi.

    7.

    Nella sua lettera di risposta del 23 luglio 2013, la Repubblica ceca ha mantenuto la sua posizione, ribadendo che il diniego di commercializzare lavori in metalli preziosi recanti le punzonature WaarborgHolland era giustificato dall’esigenza di tutelare i suoi consumatori.

    8.

    Di fronte all’atteggiamento della Repubblica ceca, il 20 novembre 2014 la Commissione ha proposto il presente ricorso per inadempimento, difendendo le tesi esposte durante il procedimento amministrativo. Nel suo controricorso, la Repubblica ceca ha mantenuto la posizione assunta dinanzi alla Commissione.

    9.

    Con lettera del 26 febbraio 2015, la Francia ha chiesto al presidente della Corte di giustizia di poter intervenire nel procedimento a sostegno della tesi della Repubblica ceca. Il 9 aprile 2015 la cancelleria della Corte l’ha informata che la sua domanda era stata accolta, conformemente all’articolo 130 del regolamento di procedura e il 26 maggio 2015 essa ha depositato la sua memoria di intervento.

    10.

    La Commissione e la Repubblica ceca hanno mantenuto le rispettive posizioni contrapposte nella replica e nella controreplica nonché all’udienza dinanzi alla Corte tenutasi il 17 febbraio 2016.

    II – Ricevibilità del ricorso

    11.

    Secondo la Repubblica ceca, il ricorso sarebbe parzialmente irricevibile, in quanto la Commissione le avrebbe addebitato un inadempimento in modo impreciso ed equivoco, facendo riferimento al rifiuto di riconoscere «determinati punzoni olandesi» e, «in particolare, i punzoni WaarborgHolland», mentre nel procedimento precontenzioso e nell’atto introduttivo del ricorso aveva fatto riferimento solo ai punzoni WaarborgHolland, senza menzionarne altri. Pertanto, il ricorso dovrebbe essere limitato a quest’ultima prassi delle autorità ceche.

    12.

    La Commissione contesta l’eccezione di irricevibilità parziale e afferma di non avere ampliato l’oggetto del ricorso, dato che, durante il procedimento precontenzioso (e in particolare nel parere motivato), ha addebitato alla Repubblica ceca una violazione dell’articolo 34 TFUE per non avere riconosciuto «determinati punzoni olandesi».

    13.

    Secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito di un ricorso per inadempimento l’atto introduttivo deve indicare l’oggetto della controversia nonché l’esposizione sommaria dei motivi dedotti, e tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa da consentire al convenuto di preparare la sua difesa e alla Corte di esercitare il suo controllo. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali si fonda un ricorso devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo del ricorso stesso, e che le conclusioni di quest’ultimo devono essere formulate in modo inequivoco al fine di evitare che la Corte statuisca ultra petita oppure ometta di pronunciarsi su una censura.

    14.

    La Corte ha inoltre dichiarato che, nell’ambito di un ricorso per inadempimento, la Commissione deve esporre le censure in modo coerente e preciso al fine di permettere allo Stato membro e alla Corte di cogliere con esattezza la portata della violazione del diritto dell’Unione contestata. Tale condizione è necessaria affinché il suddetto Stato possa far valere utilmente i suoi mezzi difensivi e la Corte possa verificare l’esistenza dell’inadempimento addotto ( 2 ).

    15.

    Alla luce di tali condizioni, ritengo che l’argomento della Repubblica ceca sia fondato e occorra dichiarare parzialmente irricevibile il ricorso proposto dalla Commissione. La delimitazione dell’oggetto dell’inadempimento appare imprecisa, in quanto la Commissione menziona il rifiuto della Repubblica ceca di riconoscere «determinati punzoni olandesi» e fornisce dettagli – nonché informazioni supplementari – solo riguardo agli oggetti marchiati dal laboratorio WaarborgHolland, con sede a Gouda, l’unico che abbia delocalizzato la sua attività in paesi terzi (nello specifico, in Cina e Thailandia).

    16.

    La Commissione non ha fornito alcun indizio del fatto che le autorità ceche si rifiuterebbero di riconoscere il punzone apposto dall’altro laboratorio olandese (Edelmetaal Waarborg Nederland B.V., con sede a Joure). Inoltre, la Repubblica ceca afferma, senza essere contraddetta dalla Commissione, di esigere l’apposizione del punzone ceco solo sui lavori in metalli preziosi contrassegnati con il punzone WaarborgHolland.

    17.

    Sebbene vi sia una certa coerenza tra l’atteggiamento della Commissione relativo alla fase precontenziosa e quello relativo al procedimento giurisdizionale, ritengo che gli addebiti mossi dalla Commissione alla Repubblica ceca difettino di precisione per quanto riguarda il rifiuto di quest’ultima di riconoscere i punzoni olandesi diversi da quelli apposti dal WaarborgHolland. Pertanto, occorre dichiarare parzialmente irricevibile il ricorso della Commissione nella parte concernente tali punzoni, e ricevibile nella parte concernente il diniego opposto dalle autorità ceche in relazione ai lavori in metalli preziosi contrassegnati con i punzoni WaarborgHolland.

    III – Analisi del merito della causa

    18.

    Prima di esaminare l’inadempimento addebitato dalla Commissione alla Repubblica ceca, è necessario esporre alcune caratteristiche della disciplina giuridica relativa al commercio di lavori in metalli preziosi nell’Unione europea e a livello internazionale.

    A – Considerazioni preliminari sul commercio di lavori in metalli preziosi

    19.

    La commercializzazione di tali oggetti è uno dei settori in cui non è stato possibile eliminare gli ostacoli tecnici (derivanti dall’esistenza di norme diverse negli Stati membri dell’Unione) mediante l’armonizzazione delle legislazioni. Di fronte all’insuccesso delle successive proposte della Commissione ( 3 ), la tecnica giuridica del reciproco riconoscimento è stata applicata dalla giurisprudenza della Corte e incoraggiata dalla stessa Commissione in alternativa alla mancanza di armonizzazione ( 4 ).

    20.

    Il fatto che non esista ancora un vero e proprio mercato interno, con libera circolazione, dei lavori in metalli preziosi è dovuto alla circostanza che molti Stati membri dispongono di laboratori nazionali di saggio che applicano marcature e punzonature diverse per garantirne l’origine e il grado di purezza ( 5 ). Lo scopo di dette punzonature è tutelare i consumatori, prevenire le frodi e garantire la lealtà dei negozi commerciali.

    21.

    Il panorama delle normative nazionali relative ai lavori in metalli preziosi è molto variegato. Quindici paesi (tra cui la Repubblica ceca e i Paesi Bassi) hanno istituito un sistema di marcatura obbligatoria da parte del loro laboratorio ufficiale di saggio, per indicare che il pezzo ha superato le prove cui è stato sottoposto. Sette Stati membri dispongono di un sistema di marcatura facoltativo e altri cinque sono sprovvisti di qualsiasi sistema.

    22.

    La maggior parte degli ostacoli tecnici al commercio di tali lavori è dovuta all’esistenza di una procedura di controllo del prodotto da parte di un laboratorio ufficiale di saggio («assay office») preliminare alla loro immissione sul mercato nazionale, nonché all’esistenza di una marcatura obbligatoria ( 6 ), detta punzonatura, che indica il produttore, il tipo di metallo e il suo grado di purezza. I punzoni più comuni sono i seguenti:

    il punzone di garanzia del laboratorio ufficiale di saggio (in prosieguo: il «punzone di garanzia»), che indica che il lavoro ha superato le prove cui è stato sottoposto e, in generale, specifica altresì il tipo di metallo e il suo grado di purezza;

    il punzone di identificazione (di origine) del produttore o dell’importatore, normalmente impresso nel paese in cui viene sottoposto a controllo il lavoro in metalli preziosi;

    il punzone di titolo (o punzone del metallo) ( 7 ), che indica il tipo di metallo prezioso e il suo grado di purezza, espresso in carati o in millesimi.

    il punzone comune di controllo, introdotto dalla Convenzione sul controllo e la marchiatura degli oggetti in metalli preziosi, firmata a Vienna il 15 novembre 1972 ( 8 ).

    23.

    Considerati gli ostacoli tecnici derivanti dalle divergenze tra le normative nazionali in materia di punzonatura dei lavori in metalli preziosi, la Corte ha applicato in tale materia la sua giurisprudenza relativa agli articoli 34 TFUE e 36 TFUE, segnatamente in riferimento all’obbligo di reciproco riconoscimento dei punzoni equivalenti.

    24.

    Il ragionamento della Corte è stato chiaro nelle sentenze Robertson e a., Houtwipper, Commissione/Irlanda e Juvelta ( 9 ), relative a casi di commercio intracomunitario di tali merci. Le discipline nazionali costituiscono misure di effetto equivalente all’importazione (contrarie quindi all’articolo 34 TFUE) se impongono per i prodotti importati da altri Stati membri, nei quali sono stati punzonati e commercializzati legalmente, l’obbligo di ottenere una nuova punzonatura nello Stato di destinazione, poiché tale condizione rende più difficili e costose le importazioni intracomunitarie di tali oggetti.

    25.

    Ciononostante, la Corte ha ammesso che, in mancanza di armonizzazione a livello dell’Unione, la condizione della punzonatura di titolo nazionale e il mancato riconoscimento del punzone dello Stato di origine possono trovare giustificazione nelle esigenze imperative di tutela dei consumatori e di lealtà dei negozi commerciali, elaborate a partire dalla sentenza Cassis de Dijon ( 10 ). La punzonatura di titolo assicura che il consumatore non venga tratto in errore, non essendo possibile valutare a occhio, al tatto o in base al peso l’esatto grado di purezza di un oggetto in metalli preziosi ( 11 ). Come recita il vecchio proverbio, «non è tutto oro quel che luccica».

    26.

    Orbene, il requisito della punzonatura di titolo dello Stato di destinazione non può essere imposto se l’oggetto importato da un altro Stato membro è stato marchiato con un punzone che contiene indicazioni, qualunque ne sia la forma, equivalenti a quelle che risultano obbligatorie nello Stato membro di importazione e comprensibili per i consumatori dello Stato di destinazione ( 12 ). Si tratta, quindi, di un’applicazione specifica del principio di reciproco riconoscimento delle normative commerciali nazionali equivalenti, cui la Corte ha fatto spesso ricorso in alternativa alla mancanza di armonizzazione delle legislazioni per eliminare gli ostacoli tecnici nel commercio intracomunitario.

    27.

    Per quanto riguarda il commercio (dei lavori in metalli preziosi) tra l’Unione e paesi terzi, le norme applicabili sono pochissime e l’esistenza di ostacoli tecnici è ancora maggiore di quanto non sia nel mercato intracomunitario, a causa della grande varietà dei regimi giuridici nazionali. Logicamente, tale commercio è soggetto all’applicazione della normativa generale dell’Organizzazione mondiale del commercio e, in particolare, del GATT e dell’accordo sugli ostacoli tecnici al commercio ( 13 ). Nel contesto della politica commerciale comune, l’Unione non ha stipulato accordi né inserito nei suoi accordi con paesi terzi disposizioni concernenti il commercio di oggetti in metalli preziosi.

    28.

    Nel tentativo di eliminare gli ostacoli tecnici nel commercio internazionale di tali oggetti è stata conclusa la Convenzione sul controllo e la marchiatura degli oggetti in metalli preziosi, firmata a Vienna il 15 novembre 1972, entrata in vigore nel 1975 e di cui sono parti 16 Stati membri dell’Unione, oltre a Svizzera, Norvegia e Israele (in prosieguo: la «Convenzione di Vienna») ( 14 ). Tale convenzione è entrata in vigore nel 1994 per la Repubblica ceca e nel 1999 per i Paesi Bassi.

    29.

    La Convenzione di Vienna realizza un’armonizzazione minima delle norme applicabili alle punzonature, per favorirne il reciproco riconoscimento tra i paesi firmatari. I laboratori nazionali di saggio designati conformemente alla Convenzione possono imprimere il punzone comune di controllo sugli oggetti in oro, argento e platino, dopo averne accertato la purezza con uno dei metodi di analisi approvati. Ogni Stato contraente consente che i prodotti contrassegnati con il punzone di controllo comune ( 15 ) siano importati nel suo territorio senza disporre alcuna prova o punzonatura supplementare. La punzonatura comune di controllo è facoltativa e un esportatore può chiederla al suo laboratorio nazionale di saggio oppure inviare i prodotti senza punzonatura nel paese di importazione, che provvederà a marchiarli nel caso in cui siano conformi alla sua normativa e alla Convenzione. Gli oggetti contrassegnati con il punzone comune di controllo e gli altri tre punzoni previsti dalla Convenzione sono accettati dagli Stati firmatari senza richiedere alcuna prova o punzonatura supplementare.

    30.

    La riluttanza di alcuni Stati europei (in particolare quelli che dispongono di laboratori ufficiali di saggio con forte presenza e lunga tradizione ed esperienza) ad aderire alla Convenzione di Vienna ha dato luogo alla conclusione di accordi bilaterali per il riconoscimento reciproco dei punzoni con paesi terzi molto attivi nel commercio internazionale di tali oggetti ( 16 ).

    B – L’inadempimento addebitato dalla Commissione alla Repubblica ceca

    1. Sull’esistenza di una restrizione alla libera circolazione delle merci

    31.

    La Commissione ritiene che la prassi della Repubblica ceca di richiedere la punzonatura di garanzia ceca per i lavori in metalli preziosi contrassegnati con il punzone WaarborgHolland costituisca una misura di effetto equivalente all’importazione, vietata dagli articoli da 34 TFUE a 36 TFUE.

    32.

    A parere della Commissione, la giurisprudenza della Corte in materia di riconoscimento dei punzoni sarebbe pienamente applicabile alla prassi della Repubblica ceca, in quanto la libertà di circolazione si applica sia ai prodotti provenienti da uno Stato membro sia a quelli provenienti da paesi terzi e immessi in libera pratica, conformemente all’articolo 29 TFUE. La Repubblica ceca non potrebbe riconoscere i punzoni di garanzia di alcuni Stati membri dell’Unione e trattare diversamente gli oggetti recanti la punzonatura WaarborgHolland a motivo del fatto che tale laboratorio, avendo delocalizzato alcune delle sue attività al di fuori dei Paesi Bassi e dell’Unione, imprime fisicamente il suo punzone in paesi terzi.

    33.

    La Repubblica ceca replica che la sua prassi è compatibile con l’articolo 34 TFUE, poiché il reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia vale per le merci intracomunitarie e per i prodotti di paesi terzi immessi in libera pratica nell’Unione solo nel caso in cui siano già stati commercializzati in uno Stato membro conformemente alla sua legislazione interna. Gli oggetti marchiati con i punzoni WaarborgHolland in paesi terzi, immessi in libera pratica nell’Unione e non commercializzati legalmente in uno Stato membro dell’Unione non godrebbero quindi del reciproco riconoscimento, ancorché l’attività di punzonatura del WaarborgHolland all’esterno dell’Unione sia realizzata conformemente alla legislazione olandese.

    34.

    A mio avviso occorre chiarire, in primo luogo, che la prassi amministrativa del laboratorio di saggio ceco è imputabile alla Repubblica ceca, cosicché può essere qualificata come misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’importazione, conformemente alla giurisprudenza della Corte ( 17 ).

    35.

    In secondo luogo, non condivido l’argomento della Repubblica ceca (addotto nella fase precontenziosa del procedimento) secondo cui la sua prassi dovrebbe essere analizzato alla luce delle norme e della giurisprudenza in materia di libera prestazione dei servizi. Come rilevato dalla Commissione, le restrizioni imposte dalla Repubblica ceca incidono direttamente sul commercio degli oggetti in metalli preziosi e non sulla prestazione dei servizi di punzonatura. Il punzone deve essere impresso sul prodotto, di cui forma parte integrante, cosicché la prassi ceca incide sulla libera circolazione delle merci e non su quella dei servizi. Si tratta di una prassi amministrativa di uno Stato membro applicabile indistintamente, che incide sulla commercializzazione di un tipo di merce.

    36.

    In terzo luogo, ritengo che la prassi amministrativa ceca rientri agevolmente nella definizione di misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’importazione, adottata dalla giurisprudenza della Corte nell’interpretazione dell’articolo 34 TFUE. Deve essere qualificata come tale ogni normativa commerciale degli Stati membri idonea ad ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, il commercio nell’ambito dell’Unione ( 18 ).

    37.

    La Corte ha considerato che costituiscono misure di effetto equivalente, vietate dall’articolo 34 TFUE, gli ostacoli alla libera circolazione delle merci derivanti, in mancanza di armonizzazione delle legislazioni, dall’assoggettamento di merci provenienti da altri Stati membri, in cui sono legalmente fabbricate e messe in commercio, a norme che dettino requisiti ai quali le merci stesse devono rispondere, anche qualora tali norme siano indistintamente applicabili a tutti i prodotti,, laddove tale assoggettamento non risulti giustificato da finalità di interesse generale tali da prevalere sulle esigenze della libera circolazione delle merci ( 19 ).

    38.

    Il requisito della punzonatura di garanzia ceca sugli oggetti contrassegnati con i punzoni WaarborgHolland ne rende difficile la commercializzazione nel territorio ceco, imponendo l’apposizione di una duplice punzonatura; esso implica inoltre il pagamento di un corrispettivo al laboratorio ufficiale di saggio dello Stato di destinazione e ritarda l’immissione in commercio, con conseguente aumento dei costi ( 20 ).

    39.

    In linea di principio, e con le precisazioni che formulerò più avanti, il divieto di cui all’articolo 34 TFUE riguarda sia le merci oggetto di commercio intracomunitario sia quelle provenienti da paesi terzi e immesse in libera pratica nell’Unione. La Corte ha precisato che, per quanto concerne la libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione, i prodotti in libera pratica sono definitivamente e totalmente assimilati ai prodotti originari degli Stati membri ( 21 ).

    40.

    La misura ceca contravviene dunque all’articolo 34 TFUE se riguarda lavori in metalli preziosi prodotti e commercializzati nei Paesi Bassi con la punzonatura WaarborgHolland. La violazione del medesimo articolo ricorre inoltre se detta misura si applica a tale categoria di oggetti qualora questi siano realizzati in paesi terzi, nei quali sono stati marchiati con il punzone WaarborgHolland, e importati e immessi in libera pratica in un qualsiasi Stato membro dell’Unione prima di essere importati nella Repubblica ceca.

    2. Sulla giustificazione della restrizione

    41.

    La Repubblica ceca, sostenuta dal governo francese, tenta di giustificare la sua prassi amministrativa invocando l’esigenza imperativa di tutelare i consumatori. Essa ritiene inoltre di rispettare il principio di proporzionalità, in quanto non vi è modo di distinguere gli oggetti sui quali la punzonatura WaarborgHolland è stata impressa in territorio olandese da quelli che tale laboratorio ha marchiato con il suo punzone di garanzia in paesi terzi. Secondo quanto da essa affermato nel controricorso, i tentativi di definire, mediante colloqui con il WaarborgHolland, criteri certi per distinguere gli uni dagli altri sono stati infruttuosi.

    42.

    La Corte ha ammesso, come ho già anticipato, che in mancanza di armonizzazione da parte dell’Unione, la punzonatura nazionale di garanzia e il mancato riconoscimento del punzone dello Stato di origine possono essere giustificati dalle esigenze imperative di tutela dei consumatori e di lealtà dei negozi commerciali. In base a tale criterio, la Repubblica ceca potrebbe invocare la protezione dei consumatori per legittimare la prassi consistente nel richiedere la punzonatura ceca e respingere le punzonature WaarborgHolland.

    43.

    Orbene, tale prassi amministrativa ceca sarebbe giustificata dalla tutela dei consumatori solo se, cumulativamente: a) i punzoni WaarborgHolland non fornissero una protezione equivalente a quella dei punzoni di garanzia cechi e b) detta prassi rispettasse il principio di proporzionalità.

    a) Equivalenza e reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia ceco e olandese

    44.

    A parere della Commissione, il punzone di garanzia ceco e quello olandese offrirebbero ai consumatori una tutela analoga, cosicché la Repubblica ceca sarebbe tenuta ad ammetterne il reciproco riconoscimento, conformemente alla giurisprudenza della Corte ( 22 ). In realtà, le autorità ceche non contestano tale affermazione della Commissione e riconoscono l’equivalenza tra il loro punzone di garanzia e quello olandese, ma solo per gli oggetti punzonati dal WaarborgHolland nel territorio dei Paesi Bassi e non per quelli marchiati dal medesimo in paesi terzi e successivamente immessi in libera pratica nell’Unione e importati nella Repubblica ceca.

    45.

    La Commissione sostiene che il reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia ceco e olandese non può essere escluso in ragione del fatto che il WaarborgHolland ha delocalizzato parte della sua attività in paesi terzi, dato che le autorità olandesi continuano ad esercitare il loro controllo su tale attività conformemente alla loro legislazione nazionale. A tal riguardo, gli oggetti punzonati dal WaarborgHolland nel territorio dei Paesi Bassi sarebbero comparabili a quelli marchiati da detto laboratorio in paesi terzi, una volta immessi in libera pratica in qualunque Stato membro dell’Unione.

    46.

    Per contro, la Repubblica ceca, sostenuta dalla Francia, considera che il reciproco riconoscimento può operare per gli oggetti in metalli preziosi solo se i punzoni di garanzia sono stati impressi nel territorio di uno Stato membro dell’Unione, e non quando si tratti di oggetti preziosi marchiati in paesi terzi, nemmeno nel caso in cui siano stati marchiati da un laboratorio di saggio di uno Stato membro e, presumibilmente, in conformità con la legislazione di detto Stato. Tali oggetti sarebbero merci di paesi terzi alle quali non si estenderebbe il principio del reciproco riconoscimento, neppure qualora siano state immesse in libera pratica in uno Stato dell’Unione, salvo che siano commercializzate in detto Stato conformemente alla sua legislazione nazionale.

    47.

    La soluzione della controversia richiede, a mio avviso, un’applicazione del principio del reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia adeguata alle diverse situazioni di fatto. In primo luogo, ritengo che detto principio sia pienamente applicabile nel caso degli oggetti realizzati e commercializzati legalmente nei Paesi Bassi e successivamente esportati nella Repubblica ceca. In tali circostanze si impone chiaramente la giurisprudenza della Corte sul reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia equivalenti.

    48.

    In secondo luogo, detto principio è parimenti applicabile agli oggetti in metalli preziosi che, realizzati in paesi terzi e marchiati dal WaarborgHolland con il punzone di garanzia olandese presso le sue sedi in Cina o Thailandia, siano stati successivamente importati e immessi in libera pratica nell’Unione, commercializzati legalmente nei Paesi Bassi e in seguito esportati nella Repubblica ceca. Anche in tale ipotesi si impone il reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia ceco e olandese, in quanto le autorità olandesi avranno verificato la compatibilità con la loro legislazione nazionale degli oggetti importati da paesi terzi con le punzonature WaarborgHolland.

    49.

    In terzo luogo, può accadere che oggetti in metalli preziosi realizzati in paesi terzi e marchiati dal WaarborgHolland con il punzone di garanzia olandese nei suoi laboratori in Cina o Thailandia vengano successivamente importati e immessi in libera pratica nell’Unione e commercializzati legalmente in uno Stato membro diverso dai Paesi Bassi, la cui legislazione interna preveda l’utilizzo di punzoni di garanzia analoghi a quello ceco. In tal caso, ritengo che il reciproco riconoscimento operi come nell’ipotesi precedente, in quanto lo Stato membro di origine verificherà la compatibilità con la sua legislazione delle punzonature WaarborgHolland impresse in un paese terzo. La Repubblica ceca dovrebbe confidare in tale verifica e applicare il principio del reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia agli oggetti esportati nel suo territorio in siffatte circostanze.

    50.

    Esistono invece tre situazioni nelle quali non sarebbe applicabile il principio del reciproco riconoscimento (dei punzoni di garanzia olandese e ceco), che riguardano: a) i prodotti importati direttamente nella Repubblica ceca; b) gli oggetti marchiati dal WaarborgHolland nei suoi laboratori in Cina o in Thailandia, importati e immessi in libera pratica in uno Stato dell’Unione senza essere ivi commercializzati e successivamente esportati nella Repubblica ceca, e c) gli oggetti marchiati dal WaarborgHolland nei suoi laboratori al di fuori dell’Unione, importati, immessi in libera pratica e commercializzati in uno Stato dell’Unione nel quale non esistono norme nazionali che richiedano l’utilizzo di un punzone di garanzia, e successivamente esportati nella Repubblica ceca.

    51.

    In relazione a queste tre categorie si pone il problema, non ancora risolto in via definitiva, dell’applicazione alle merci importate da paesi terzi del principio del reciproco riconoscimento, elaborato dalla giurisprudenza della Corte per il commercio intracomunitario.

    52.

    La Commissione sostiene che l’immissione in libera pratica comporta l’assimilazione degli oggetti importati che recano la punzonatura olandese impressa dal WaarborgHolland in paesi terzi a quelli marchiati da tale laboratorio in territorio olandese. La Repubblica ceca sostiene invece che il reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia presuppone che tali oggetti siano stati immessi in libera pratica nonché commercializzati in uno Stato membro conformemente alla sua legislazione interna.

    53.

    L’articolo 28, paragrafo 2, TFUE precisa che le disposizioni in materia di libera circolazione delle merci «si applicano ai prodotti originari degli Stati membri e ai prodotti provenienti da paesi terzi che si trovano in libera pratica negli Stati membri». L’articolo 29 TFUE stabilisce che «[s]ono considerati in libera pratica in uno Stato membro i prodotti provenienti da paesi terzi per i quali siano state adempiute in tale Stato le formalità di importazione e riscossi i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente esigibili e che non abbiano beneficiato di un ristorno totale o parziale di tali dazi e tasse». Sia l’articolo 79 del codice doganale comunitario sia l’articolo 129 del codice doganale aggiornato ( 23 ), che si applicherà a partire dal 16 aprile 2016, prevedono che l’immissione in libera pratica attribuisce alle merci non comunitarie la posizione doganale di merci comunitarie.

    54.

    Tali disposizioni assimilano le merci dell’Unione a quelle provenienti da paesi terzi, immesse in libera pratica dopo l’espletamento delle formalità doganali e di politica commerciale, come ha confermato la giurisprudenza della Corte a partire dalla sentenza Donckerwolke e a. ( 24 ). Orbene, l’assimilazione, di per sé, non garantisce alle merci importate da paesi terzi e immesse in libera pratica in uno Stato membro la completa libertà di circolazione negli altri Stati membri ( 25 ). Le merci importate devono essere conformi alla normativa dello Stato membro in cui vengono inizialmente commercializzate per poter beneficiare in seguito della libertà di circolazione e, pertanto, dell’applicazione del principio del reciproco riconoscimento ( 26 ).

    55.

    La Corte ha confermato tale criterio nella sentenza Expo Casa Manta ( 27 ), osservando che «[l]’immissione in commercio costituisce una fase successiva all’importazione. Così come un prodotto regolarmente fabbricato nella Comunità non può essere immesso in commercio per questa sola circostanza, la regolare importazione di un prodotto non comporta che questo sia automaticamente ammesso sul mercato» e che, «[i]n quanto non esiste una normativa comunitaria che armonizzi le condizioni di commercializzazione dei prodotti interessati, lo Stato membro in cui essi sono immessi in libera pratica può opporsi alla loro immissione in commercio se tali prodotti non soddisfano le condizioni stabilite a tal fine dal diritto nazionale».

    56.

    Tali affermazioni della Corte sono state riflesse negli articoli da 27 a 29 del regolamento (CE) n. 765/2008 ( 28 ), che definisce i controlli che le autorità nazionali di vigilanza del mercato e le autorità doganali possono esercitare sui prodotti importati da paesi terzi prima della loro immissione in libera pratica, per garantire l’osservanza delle norme europee armonizzate. I controlli sono limitati alla rilevazione dei rischi gravi per la salute e la sicurezza, tra i quali non rientra la contraffazione di lavori in metalli preziosi.

    57.

    Inoltre, la logica del principio del reciproco riconoscimento mi induce a ritenere che la sua applicazione debba essere limitata: a) al commercio intracomunitario di merci originarie dell’Unione, legalmente prodotte e poste in vendita in uno Stato membro in conformità con la sua legislazione nazionale e b) al commercio di merci di paesi terzi in libera pratica, commercializzate legalmente in uno Stato membro ed esportate in un altro ( 29 ).

    58.

    Al contrario di quanto sopra esposto, gli importatori non possono godere del reciproco riconoscimento per commercializzare nell’Unione prodotti provenienti da paesi terzi che non rispondano alla normativa di nessuno degli Stati membri ( 30 ). L’applicazione della tecnica del reciproco riconoscimento nel commercio internazionale dell’Unione con paesi terzi presuppone che sia stata conclusa una specifica convenzione internazionale ( 31 ) o che siano state inserite in un accordo commerciale più ampio disposizioni al riguardo, compatibili con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio.

    59.

    In base a tali premesse occorre stabilire se la Repubblica ceca possa rifiutare l’applicazione del reciproco riconoscimento, al fine di tutelare i suoi consumatori, e richiedere l’apposizione del proprio punzone di garanzia sugli oggetti marchiati dal WaarborgHolland nei suoi laboratori ubicati fuori dell’Unione. A mio parere, e alla luce delle suesposte considerazioni, la Repubblica ceca può agire in tal modo nelle tre ipotesi sopra indicate ( 32 ), alle quali non è applicabile la giurisprudenza della Corte sul reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia tra gli Stati membri.

    60.

    Infatti, se il lavoro in metalli preziosi non è conforme alla legislazione interna di nessuno Stato membro in materia di commercializzazione di questo tipo di merci (che non è armonizzata), o è stato importato direttamente da un paese terzo, non può godere del reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia. Detto riconoscimento è applicabile, lo ripeto, solo ai lavori rispondenti alle norme di uno Stato membro la cui legislazione richieda l’uso di punzoni o di altri sistemi analoghi, in quanto si fonda sulla fiducia reciproca tra Stati membri in ordine all’efficacia delle loro rispettive misure di contrasto alle frodi a danno dei consumatori relativamente ai prodotti di oreficeria.

    61.

    Tale fiducia non sussiste quando il commercio di lavori in metalli preziosi ha luogo tra l’Unione e paesi terzi nei quali l’uso dei punzoni di garanzia non è generalizzato, fatta eccezione per i paesi firmatari della Convenzione di Vienna. L’Unione non è parte di tale convenzione, alla quale hanno invece aderito 16 dei suoi Stati membri, compresi i Paesi Bassi e la Repubblica ceca. La Convenzione di Vienna, estranea al diritto dell’Unione, non può costituire il fondamento per applicare il principio del reciproco riconoscimento, che, per l’appunto, trae origine da quest’ultimo ordinamento giuridico.

    62.

    La Commissione sostiene che si dovrebbe applicare la giurisprudenza della Corte sul reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia anche nelle tre suddette ipotesi. Secondo la sua tesi, gli oggetti importati da paesi terzi e commercializzati in libera pratica negli Stati dell’Unione sono conformi alla normativa olandese, in quanto il WaarborgHolland, imprimendo i suoi punzoni nei laboratori uffici situati in paesi terzi, rispetta detta normativa e sottopone i suoi laboratori al controllo delle autorità olandesi, analogamente a quanto accade per l’attività esercitata nei Paesi Bassi. La delocalizzazione dei servizi di punzonatura in paesi terzi, consentita dalla normativa olandese ( 33 ), non dovrebbe ostare all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento.

    63.

    La Commissione ha affermato, nello stesso senso, che il WaarborgHolland dispone di un certificato rilasciato dall’organismo olandese di accreditamento ( 34 ), che lo autorizza a esercitare le sue attività di punzonatura al di fuori del territorio olandese. In udienza, la Commissione ha esposto che, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 765/2008 ( 35 ), le autorità ceche sono tenute a riconoscere l’equivalenza delle certificazioni degli organismi di valutazione della conformità (nel presente caso, il WaarborgHolland), debitamente autorizzati dall’organismo di accreditamento nazionale [nel caso di specie, il Raad voor Accrediatie (consiglio di accreditamento)].

    64.

    La Commissione ha inoltre evidenziato le facoltà di controllo di cui dispongono le autorità olandesi nell’applicazione della loro legislazione nazionale sull’attività svolta dal WaarborgHolland in paesi terzi, sebbene non abbia presentato nessuna prova riguardo alla frequenza e all’intensità di detti controlli.

    65.

    Non credo, tuttavia, che tali fattori siano sufficienti a suffragare l’argomento della Commissione. Da un lato, il reciproco riconoscimento previsto dal regolamento n. 765/2008 per i certificati emessi dai laboratori di valutazione della conformità, debitamente autorizzati da un organismo nazionale di accreditamento, opera solo se detti certificati sono stati rilasciati nel territorio di uno Stato membro dell’Unione. In via d’eccezione, l’articolo 7 del regolamento n. 765/2008 ammette, in determinate ipotesi, l’accreditamento transfrontaliero, ma non menziona la possibilità che i certificati siano rilasciati fuori dal territorio dell’Unione, coerentemente con la prassi secondo cui tali certificati sono accettati solo se l’Unione ha concluso un accordo internazionale con il paese terzo ( 36 ). L’Unione non ha concluso né con la Cina né con la Thailandia nessun accordo internazionale sul reciproco riconoscimento delle valutazioni di conformità che possa applicarsi alle punzonature apposte dal WaarborgHolland in tali paesi.

    66.

    D’altro lato, come hanno affermato la Repubblica ceca e la Francia, l’organismo nazionale di accreditamento olandese che vigila sulle attività dei laboratori di saggio non può esercitare le medesime facoltà di controllo nel territorio olandese e in un paese terzo. Il controllo sulle frodi relative ai lavori in metalli preziosi richiede una collaborazione interamministrativa tra i laboratori di saggio, che le rilevano mediante l’analisi chimica dei prodotti, e altre autorità pubbliche (i servizi doganali e fiscali, le autorità di polizia, gli organi giurisdizionali), che le perseguono e le reprimono. L’esercizio di tali poteri di controllo si affianca all’eventuale attuazione delle misure sanzionatorie amministrative o penali, entrambe di carattere necessariamente territoriale, alle quali le autorità olandesi non potrebbero dare esecuzione in un paese terzo.

    67.

    In definitiva, la punzonatura obbligatoria, nei paesi che la applicano, è un’attività amministrativa connessa all’esercizio della sovranità statale, che non è compatibile con la possibilità di delocalizzazione in paesi terzi, salvo che esista un accordo internazionale ( 37 ).

    68.

    Il carattere amministrativo dell’attività di punzonatura garantisce, inoltre, una maggiore indipendenza dei laboratori nell’esercizio di tale attività rispetto alle imprese del settore. La delocalizzazione in paesi terzi può mettere a rischio tale indipendenza, dato che, come osservato in udienza dalla Francia, la tutela offerta dal diritto amministrativo del paese terzo può non essere analoga a quella garantita nello Stato dell’Unione.

    69.

    Riassumendo, nel rispetto dell’articolo 34 TFUE e della giurisprudenza della Corte che lo interpreta in relazione al reciproco riconoscimento dei punzoni di garanzia, la Repubblica ceca potrebbe richiedere l’apposizione del proprio punzone di garanzia sui lavori in metalli preziosi realizzati in paesi terzi e contrassegnati con il punzone olandese dal WaarborgHolland al di fuori dell’Unione nei tre casi seguenti:

    se essi sono importati direttamente nella Repubblica ceca;

    se sono importati e immessi in libera pratica, ma non commercializzati legalmente in un altro Stato membro prima di essere esportati in territorio ceco;

    se sono importati, immessi in libera pratica e commercializzati legalmente in uno Stato membro che non utilizza punzoni di garanzia.

    70.

    Per contro, data l’equivalenza sostanziale tra il punzone di garanzia ceco e quello olandese impresso dal WaarborgHolland, la Repubblica ceca contravviene all’articolo 34 TFUE e alla giurisprudenza della Corte che lo interpreta quando esige l’apposizione del punzone ceco sulle seguenti categorie di lavori in metalli preziosi:

    quelli realizzati e commercializzati legalmente nei Paesi Bassi con la punzonatura olandese impressa dal WaarborgHolland ed esportati nella Repubblica ceca;

    quelli realizzati in paesi terzi e marchiati dal WaarborgHolland con il punzone di garanzia olandese nei suoi laboratori ubicati fuori dell’Unione e che siano importati, immessi in libera pratica, commercializzati legalmente nei Paesi Bassi e in seguito esportati nella Repubblica ceca;

    quelli realizzati in paesi terzi e marchiati dal WaarborgHolland con il punzone di garanzia olandese nei suoi laboratori ubicati fuori dell’Unione, che siano importati e immessi in libera pratica nell’Unione e commercializzati legalmente in uno Stato membro diverso dai Paesi Bassi, la cui legislazione interna preveda l’utilizzo di punzoni di garanzia simili a quello ceco.

    b) Proporzionalità della misura

    71.

    Nelle ipotesi in cui, a mio avviso, la Repubblica ceca contravviene all’articolo 34 TFUE, occorre ancora stabilire se la sua prassi possa essere considerata conforme al principio di proporzionalità, vale a dire se non esista un’alternativa meno restrittiva per il commercio intracomunitario per tutelare i consumatori contro le frodi nella commercializzazione di tali oggetti ( 38 ).

    72.

    Come ha rilevato la Francia nella sua memoria di intervento, un’alternativa meno restrittiva sarebbe potuta consistere nell’impiego, da parte del WaarborgHolland, nell’ambito dell’attività da esso svolta in paesi terzi, di un punzone diverso da quello utilizzato nel territorio dei Paesi Bassi. In tal modo, la Repubblica ceca avrebbe potuto esigere la punzonatura ceca solo per gli oggetti marchiati dal WaarborgHolland nelle sue sedi ubicate fuori dell’Unione europea, riconoscendo al contempo l’equivalenza del punzone di garanzia olandese impresso dal WaarborgHolland nei Paesi Bassi. A quanto risulta, tale alternativa è stata esplorata dalla Repubblica ceca ma respinta dal WaarborgHolland ( 39 ), cosicché, tenuto conto dell’impossibilità di distinguere tra gli oggetti marchiati dal WaarborgHolland nei Paesi Bassi, da un lato, e quelli marchiati nei suoi laboratori ubicati fuori dell’Unione, dall’altro, la Repubblica ceca ha imposto per tutti l’obbligo di ottenere la punzonatura di garanzia ceca in quanto requisito per la commercializzazione nel suo territorio.

    73.

    A mio parere, tale prassi non rispetta il principio di proporzionalità, in quanto esistono misure meno restrittive del commercio intracomunitario, quale la possibilità per le autorità ceche di richiedere una prova di origine del prodotto. Esse potrebbero chiedere, ad esempio, che gli oggetti marchiati dal WaarborgHolland rechino una punzonatura di origine indicante il luogo di produzione ( 40 ). Applicando tale metodo, le autorità ceche potrebbero riconoscere il punzone olandese impresso dal WaarborgHolland sugli oggetti realizzati nei Paesi Bassi e al contempo richiedere la punzonatura ceca solo per gli oggetti marchiati dal WaarborgHolland in paesi terzi.

    74.

    La misura sopra descritta non sarebbe idonea, tuttavia, a identificare gli oggetti punzonati dal WaarborgHolland in paesi terzi e importati e commercializzati nei Paesi Bassi (o in Stati membri con sistemi di punzonatura simili a quello ceco), e successivamente esportati nella Repubblica ceca. In questi casi, la previa regolare commercializzazione in uno Stato membro potrebbe essere dimostrata dall’importatore con vari mezzi di prova, quali fatture o etichettature dei prodotti, documenti fiscali o di vendita, oppure con la conferma scritta dell’autorità competente dello Stato membro di commercializzazione ( 41 ). Tutti i suddetti mezzi sono meno restrittivi per il commercio di lavori in metalli preziosi rispetto al requisito della punzonatura ceca per gli oggetti marchiati con il punzone del WaarborgHolland.

    IV – Conclusione

    75.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di pronunciarsi come segue:

    1)

    Dichiarare il ricorso irricevibile, per difetto di precisione, nella parte in cui la Commissione addebita alla Repubblica ceca il rifiuto di riconoscere i punzoni di garanzia olandesi non impressi dal WaarborgHolland.

    2)

    Accogliere parzialmente il ricorso della Commissione e dichiarare che la Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi ad essa imposti dall’articolo 34 TFUE esigendo l’apposizione del punzone di garanzia ceco sui lavori in metalli preziosi:

    realizzati e commercializzati legalmente nei Paesi Bassi con la punzonatura olandese impressa dal WaarborgHolland ed esportati nella Repubblica ceca;

    realizzati in paesi terzi e marchiati dal WaarborgHolland con il punzone di garanzia olandese nei suoi laboratori ubicati fuori dall’Unione, che siano importati, immessi in libera pratica e commercializzati legalmente nei Paesi Bassi e in seguito esportati nella Repubblica ceca;

    realizzati in paesi terzi e marchiati dal WaarborgHolland con il punzone di garanzia olandese nei suoi laboratori ubicati fuori dell’Unione, che siano importati e immessi in libera pratica nell’Unione e commercializzati legalmente in uno Stato membro diverso dai Paesi Bassi, la cui legislazione interna preveda l’utilizzo di punzoni di garanzia equivalenti al punzone ceco, e, successivamente, esportati nella Repubblica ceca.

    3)

    Respingere il ricorso per il resto.

    4)

    Condannare ciascuna delle parti intervenienti a sopportare le proprie spese.


    ( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

    ( 2 ) Sentenze Commissione/Estonia (C‑39/10, EU:C:2012:282, punti da 24 a 26); Commissione/Spagna (C‑211/08, EU:C:2010:340, punto 32); Commissione/Portogallo (C‑458/08, EU:C:2010:692, punto 49); Commissione/Polonia (C‑281/11, EU:C:2013:855, punti da 121 a 123); Commissione/Repubblica ceca (C‑343/08, EU:C:2010:14, punto 25) e Commissione/Spagna (C‑375/10, EU:C:2011:184, punti 1011).

    ( 3 ) Proposta di direttiva del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai lavori di metalli preziosi, COM/1975/607/def., del 1o dicembre 1975 (GU 1976, C 11, pag. 2), ritirata nel 1977. Proposta di direttiva del Consiglio relativa ai lavori in metalli preziosi, COM(93) 322 def. del 14 ottobre 1993, modificata dalla proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai lavori in metalli preziosi, COM(94) 267 def., del 30 giugno 1994 (GU C 209, pag. 4), ritirata nel 2005.

    ( 4 ) V. il documento di orientamento della Commissione «L’applicazione del regolamento sul reciproco riconoscimento ai lavori in metalli preziosi», del 1o febbraio 2010.

    ( 5 ) Secondo le informazioni disponibili, nel periodo compreso tra il 13 maggio 2009, data in cui è entrato in vigore il regolamento (CE) n. 764/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che stabilisce procedure relative all’applicazione di determinate regole tecniche nazionali a prodotti legalmente commercializzati in un altro Stato membro e che abroga la decisione n. 3052/95/CE (GU L 218, pag. 21), e il 31 dicembre 2011, il 90% delle 1524 notifiche di diniego di reciproco riconoscimento riguardava lavori in metalli preziosi. V. il documento COM(2012) 292 def., del 15 giugno 2012, comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, contenente la prima relazione sull’applicazione del regolamento (CE) n. 764/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che stabilisce procedure relative all’applicazione di determinate regole tecniche nazionali a prodotti legalmente commercializzati in un altro Stato membro e che abroga la decisione n. 3052/95/CE, pag. 8.

    ( 6 ) V. le informazioni contenute nel sito web della International Association of Assay Offices http://www.theiaao.com/hallmarking/.

    ( 7 ) Secondo le informazioni fornite dalla Commissione, attualmente esistono nell’Unione europea 18 gradi di purezza dell’oro e solo due sono comuni a tutti gli Stati membri (585 e 750). Nel caso dell’argento, vi sono 15 gradi di purezza nazionali nell’intera Unione e solo l’800 e il 925 sono accettati in tutti gli Stati membri. Per quanto riguarda il platino, esistono nell’Unione 5 gradi di purezza ed esso non è annoverato tra i metalli preziosi in Bulgaria, a Cipro e in Germania (Commissione, L’applicazione del regolamento sul reciproco riconoscimento ai lavori in metalli preziosi, del 1o febbraio 2010, pag. 9).

    ( 8 ) Il testo della Convenzione, modificato a più riprese, con l’elenco degli Stati che ne sono parte può essere consultato all’indirizzo http://www.hallmarkingconvention.org/documents.php.

    ( 9 ) Sentenze Robertson e a. (220/81, EU:C:1982:239); Houtwipper (C‑293/93, EU:C:1994:330); Commissione/Irlanda (C‑30/99, EU:C:2001:346) e Juvelta (C‑481/12, EU:C:2014:11).

    ( 10 ) Sentenza Rewe, detta Cassis de Dijon (120/78, EU:C:1979:42).

    ( 11 ) V. sentenze Robertson e a. (220/81, EU:C:1982:239, punti 911) e Houtwipper (C‑293/93, EU:C:1994:330, punti 1114).

    ( 12 ) Sentenze Robertson e a. (220/81, EU:C:1982:239, punto 12); Houtwipper (C‑293/93, EU:C:1994:330, punto 15); Commissione/Irlanda (C‑30/99, EU:C:2001:346, punti 3069) e Juvelta (C‑481/12, EU:C:2014:11, punto 22).

    ( 13 ) Tuttavia, dal momento che le misure «relative all’importazione o all’esportazione di oro o argento» sono state incluse tra le eccezioni generali previste dall’articolo XX del GATT, gli Stati membri possono facilmente giustificare le loro normative nazionali restrittive.

    ( 14 ) L’elenco degli Stati contraenti e degli Stati con status di osservatori (Croazia, Italia, Serbia, Sri Lanka e Ucraina) è disponibile all’indirizzo http://www.hallmarkingconvention.org/members-observers.php.

    ( 15 ) L’allegato II, paragrafo 4, della Convenzione di Vienna prevede che gli oggetti devono essere marchiati, oltre che con il punzone di controllo comune, con il punzone di garanzia del paese di origine o di destinazione, con il punzone di identificazione del produttore o punzone di origine e con il punzone di titolo.

    ( 16 ) Convention entre le Conseil fédéral suisse et le Gouvernement de la République française relative à la reconnaissance réciproque des poinçons officiels apposés sur les ouvrages en métaux précieux, publiée comme annexe au Décret no 89-216 du 10 avril 1989 (JORF del 4 aprile 1989, pag. 4741), conclusa il 2 giugno 1987 e in vigore dal 1o maggio 1989. Convenzione tra la Confederazione svizzera e la Repubblica italiana relativa al riconoscimento reciproco dei marchi impressi sui lavori in metalli preziosi (RO 1974, 753), conclusa il 15 gennaio 1970 ed entrata in vigore il 30 marzo 1974.

    ( 17 ) Sentenze Commissione/Germania (C‑387/99, EU:C:2004:235, punto 42) e Commissione/Spagna (C‑88/07, EU:C:2009:123, punto 54).

    ( 18 ) V., in particolare, sentenze Dassonville (8/74, EU:C:1974:82, punto 5), Ker-Optika (C‑108/09, EU:C:2010:725, punto 47) e Juvelta (C‑481/12, EU:C:2014:11, punto 16).

    ( 19 ) V. sentenze Robertson e a. (220/81, EU:C:1982:239, punto 9); Houtwipper (C‑293/93, EU:C:1994:330, punto 11); Commissione/Irlanda (C‑30/99, EU:C:2001:346, punto 26) e Juvelta (C‑481/12, EU:C:2014:11, punto 17).

    ( 20 ) Sentenze Houtwipper (C‑293/93, EU:C:1994:330, punto 13), Commissione/Irlanda (C‑30/99, EU:C:2001:346, punto 27) e Juvelta (C‑481/12, EU:C:2014:11, punto 18).

    ( 21 ) V., in tal senso, sentenze Tezi/Commissione (59/84, EU:C:1986:102, punto 26) e UNIC e Uni.co.pel (C‑95/14, EU:C:2015:492, punto 41).

    ( 22 ) Secondo cui uno Stato membro contravviene all’articolo 34 TFUE se impone per i prodotti importati da altri Stati membri, nei quali i medesimi siano punzonati e commercializzati legalmente, l’obbligo di ottenere una nuova punzonatura nello Stato membro di destinazione.

    ( 23 ) Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1), e regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, che istituisce il codice doganale comunitario (Codice doganale aggiornato) (GU L 145, pag. 1).

    ( 24 ) In tale sentenza la Corte ha dichiarato, per quanto riguarda la libera circolazione delle merci all’interno della Comunità, che i prodotti in «libera pratica» sono definitivamente e totalmente assimilati ai prodotti originari degli Stati membri. Essa ha inoltre sottolineato che conseguenza di tale assimilazione è il fatto che le disposizioni dell’articolo 30, relative alla soppressione delle restrizioni quantitative e di ogni altra misura di effetto equivalente, si applicano indistintamente ai prodotti di origine comunitaria e a quelli messi in libera pratica in uno degli Stati membri, indipendentemente dalla provenienza originaria dei prodotti stessi (sentenza Donckerwolke e a., 41/76, EU:C:1976:182, punti 1718). V. anche sentenze Peureux (119/78, EU:C:1979:66, punto 26); Tezi/Commissione (59/84, EU:C:1986:102, punto 26); Budéjovicky Budvar (C‑216/01, EU:C:2003:618, punto 95) e UNIC e Uni.co.pel (C‑95/14, EU:C:2015:492, punto 41).

    ( 25 ) La questione è dibattuta in dottrina e rinvio ai lavori di Ankersmit, L., «What if Cassis de Dijon were Cassis de Quebec? The assimilation of goods of third country origin in the internal market», Commom Market Law Review, 2013, n. 6, pagg. 1387‑1410; Tegeder, J., «Applying the Cassis de Dijon doctrine to goods originating in third countries», European Law Review, 1994, n. 1, pagg. 86‑94.

    ( 26 ) V. Enchelmaier, S., «Article 36 TFEU: General», in Oliver, Peter (ed.), Oliver on the Free Movement of Goods in the European Union, 5a ed., Hart, Oxford, 2010, pag. 233.

    ( 27 ) Causa C‑296/00 (EU:C:2002:316, punti 3132) e sentenza Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 95).

    ( 28 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti e che abroga il regolamento (CEE) n. 339/93 (GU L 218, pag. 30).

    ( 29 ) Il considerando 3 del regolamento n. 764/2008 enuncia che il principio del reciproco riconoscimento, che deriva dalla giurisprudenza della Corte, implica che «uno Stato membro non può vietare la vendita sul suo territorio di prodotti che siano legalmente commercializzati in un altro Stato membro, anche se tali prodotti sono stati fabbricati in conformità di regole tecniche diverse da quelle a cui sono soggetti i prodotti nazionali. Le uniche deroghe a tale principio sono costituite dalle restrizioni giustificate dai motivi enunciati all’articolo 30 del trattato o basate su altre esigenze imperative di interesse generale e proporzionate all’obiettivo perseguito».

    La stessa Commissione osserva che, «[p]er quanto riguarda i prodotti importati da paesi terzi, questi devono essere commercializzati legalmente in uno Stato membro o in uno Stato EFTA che sia parte contraente dell’accordo SEE per potersi avvalere del riconoscimento reciproco» [Documento COM(2013) 592final, del 18 agosto 2013. Documento di orientamento: il concetto di «commercializzato legalmente» nel regolamento sul riconoscimento reciproco (CE) n. 764/2008, pag. 6].

    ( 30 ) Secondo Gardeñes Santiago, nel commercio con i paesi terzi «la regola da applicare non è quella del riconoscimento reciproco, bensì esattamente quella contraria, di stretta applicazione della legge dello Stato di importazione o di destinazione. Ciò significa che, se un prodotto o servizio di un paese terzo viene importato nella Comunità, deve essere conforme alle norme comunitarie armonizzate, se esistenti, e a quelle dello Stato membro in cui viene introdotto, e non è sufficiente la conformità alla normativa dello Stato di origine» (Gardeñes Santiago, M., La aplicación de la regla del reconocimiento mutuo y su incidencia en el comercio de mercancías y servicios en el ámbito comunitario e internacional, Eurolex, Madrid, 1999, pag. 314).

    ( 31 ) L’Unione europea ha stipulato vari accordi per il riconoscimento reciproco delle valutazioni di conformità con paesi a economia avanzata, quali Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Svizzera e Israele. Tutti i suddetti accordi e i relativi regimi di applicazione possono essere consultati sul sito Internet della Commissione all’indirizzo http://ec.europa.eu/growth/single-market/goods/international-aspects/mutual-recognition-agreements/index_en.htm.

    ( 32 ) Si tratta: a) degli oggetti importati e immessi in libera pratica nella Repubblica ceca, b) degli oggetti importati e immessi in libera pratica in uno Stato dell’Unione senza essere commercializzati nel medesimo e successivamente esportati nella Repubblica ceca e c) degli oggetti importati, immessi in libera pratica e commercializzati in uno Stato membro nel quale non esistano norme nazionali che prescrivano l’utilizzo di un punzone di garanzia, e successivamente esportati nella Repubblica ceca.

    ( 33 ) Il College van Beroep voor het Bedrijfsleven (Corte d’appello in materia economica) ha risolto una controversia vertente sull’applicazione del diritto olandese in tale materia, che contrapponeva due laboratori di saggio a motivo della delocalizzazione dell’attività del WaarborgHolland in paesi terzi, che è stata dichiarata legittima con sentenza del 29 gennaio 2008. Il testo in lingua inglese è disponibile all’indirizzo http://www.hallmarking.com/downloads/decision_by_the_netherlands_and_industry_appeals_tribunal_ewn_versus_min_ea.pdf.

    ( 34 ) Così ha dichiarato in risposta al quesito postole dalla Corte.

    ( 35 ) A tenore di tale disposizione, «[l]e autorità nazionali riconoscono l’equivalenza dei servizi prestati dagli organismi di accreditamento che abbiano superato con successo la valutazione inter pares di cui all’articolo 10 ed accettano quindi, sulla base della presunzione di cui al paragrafo 1 del presente articolo, i certificati di accreditamento di tali organismi e gli attestati rilasciati dagli organismi di valutazione della conformità da essi accreditati».

    ( 36 ) V., a titolo d’esempio, l’Accordo fra l’Unione europea e l’Australia che modifica l’accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità, certificati e marchi di conformità tra la Comunità europea e l’Australia (GU 2012, L 359, pag. 2).

    ( 37 ) Tale circostanza giustifica, a mio parere, il rifiuto da parte dei paesi membri della Convenzione di Vienna del cosiddetto «offshore hallmarking» o delocalizzazione delle attività dei laboratori di saggio. Tutti gli Stati partecipanti a detta convenzione, ad eccezione dei Paesi Bassi, si sono dichiarati contrari ad accettare la delocalizzazione in occasione della riunione del comitato permanente della convenzione tenutasi nel 2008 a Londra (http://www.hallmarkingconvention.org/2008-spring-meeting-in-london-2.htm e documento PMC/SR 2/2008, del 16 maggio 2008, pag. 6).

    ( 38 ) Sentenza Ker-Optika (C‑108/09, EU:C:2010:725, punto 65).

    ( 39 ) Secondo il WaarborgHolland, l’utilizzo di un punzone specifico, diverso da quello olandese (nei suoi laboratori ubicati in paesi terzi) potrebbe comportare una perdita del valore commerciale inerente alla reputazione sul mercato del suo punzone di garanzia. In tali circostanze, probabilmente esso non avrebbe avuto interesse a delocalizzare la sua attività di punzonatura.

    ( 40 ) La punzonatura di origine è normalmente richiesta ed è contemplata, ad esempio, dalla Convenzione di Vienna.

    ( 41 ) La Commissione menziona questi e altri mezzi di prova nel suo documento COM(2013) 592 final, del 18 agosto 2013. Documento di orientamento: il concetto di «commercializzato legalmente» nel regolamento sul riconoscimento reciproco (CE) n. 764/2008, pag. 7.

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