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Document 62014CC0381

Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 14 gennaio 2016.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:15

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 14 gennaio 2016 ( 1 )

Cause riunite C‑381/14 e C‑385/14

Jorge Sales Sinués

contro

Caixabank SA

e

Youssouf Drame Ba

contro

Catalunya Caixa SA (Catalunya Banc SA)

[domande di pronuncia pregiudiziale presentate dal Juzgado de lo Mercantil n. 9 de Barcelona (tribunale commerciale n. 9 di Barcellona, Spagna)]

«Direttiva 93/13/CEE — Contratti conclusi con i consumatori — Contratto di prestito ipotecario — Clausole abusive — Azione di nullità di una clausola — Associazione di tutela dei consumatori — Azione collettiva inibitoria — Sospensione del giudizio individuale — Principi di equivalenza e di effettività»

I – Introduzione

1.

Nelle cause in esame, lo Juzgado de lo Mercantil n. 9 de Barcelona (tribunale commerciale n. 9 di Barcellona, Spagna) nutre dubbi sulla compatibilità di una normativa spagnola relativa alla pregiudizialità procedurale civile con l’articolo 7 della direttiva 93/13/CEE ( 2 ) e, di conseguenza, sulla compatibilità con tale articolo della sospensione di azioni individuali fino alla pronuncia di una decisione definitiva che ponga fine a un procedimento collettivo avviato a istanza di un’associazione di consumatori e utenti.

2.

Le domande pregiudiziali sono state presentate nell’ambito di controversie tra due consumatori e due istituti bancari aventi ad oggetto azioni individuali dirette a far dichiarare la nullità di clausole del tasso minimo inserite in contratti di credito ipotecario.

3.

Tali cause offrono, inter alia, alla Corte la possibilità di precisare la propria giurisprudenza riguardo alla natura delle azioni individuali e delle azioni collettive e al loro rapporto.

II – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

4.

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 così dispone:

«Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

5.

L’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva precisa quanto segue:

«(...) il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende».

6.

L’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva così recita:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

7.

L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 93/13 così prevede:

«1.   Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori.

2.   I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di siffatte clausole.

(...)».

B – Diritto spagnolo

8.

L’articolo 13 del codice di procedura civile (Ley de enjuiciamiento), del 7 gennaio 2000 (BOE n. 7, dell’8 gennaio 2000, pag. 575; in prosieguo: il «codice di procedura civile») dispone quanto segue:

«1.   La legittimazione attiva o passiva in un procedimento in corso è riconosciuta a chiunque dimostri di avere un interesse diretto e legittimo nell’esito della controversia.

In particolare, qualsiasi consumatore o utente potrà intervenire nei procedimenti giudiziari avviati dagli enti legalmente riconosciuti per la difesa dei loro interessi.

2.   La domanda di intervento non sospende il procedimento. Il giudice decide con ordinanza, dopo aver sentito le parti comparse, entro il termine ordinario di dieci giorni.

3.   Quando l’intervento è stato ammesso, non vi sono effetti retroattivi sul procedimento, ma l’interveniente è considerato parte nel procedimento a tutti gli effetti e potrà far valere la domanda proposta dal proprio litisconsorte o quella da esso stesso proposta, sempreché sia processualmente legittimato a farlo, anche qualora il litisconsorte rinunci all’azione, presti acquiescenza alla domanda avversaria, desista o abbandoni il procedimento per qualsiasi altra causa.

È inoltre consentito all’interveniente dedurre gli argomenti necessari alla propria difesa che non siano stati invocati in quanto corrispondenti a fasi processuali anteriori all’ammissione dell’intervento. In ogni caso, l’ufficiale giudiziario notifica tali argomenti alle altre parti, nel termine di cinque giorni.

Del pari, l’interveniente potrà avvalersi dei mezzi di ricorso disponibili per opporsi alle decisioni che ritenga pregiudizievoli per i propri interessi, anche in caso di acquiescenza del litisconsorte a tali decisioni».

9.

L’articolo 15 del codice di procedura civile così recita:

«1.   Nei procedimenti promossi da associazioni o enti istituiti ai fini della protezione dei diritti e degli interessi dei consumatori e degli utenti, o da gruppi di soggetti lesi, legittimato a intervenire è chiunque sia soggetto leso per essere stato consumatore del prodotto o utente del servizio oggetto del procedimento medesimo, affinché possa far valere il proprio diritto o interesse individuale. La chiamata ad intervenire è effettuata ad opera dell’ufficiale giudiziario mediante pubblicazione dell’ammissibilità dell’azione nei media che abbiano diffusione nel territorio in cui si sia verificata la lesione di tali diritti o interessi.

(…)

3.   Qualora il procedimento verta su un evento dannoso lesivo nei confronti di una pluralità soggetti indeterminati o di difficile determinazione, la chiamata ad intervenire sospende il procedimento per un termine non superiore a due mesi e che sarà determinato dall’ufficiale giudiziario caso per caso in considerazione delle circostanze o della complessità dell’evento lesivo e delle difficoltà di determinazione e localizzazione dei soggetti lesi. Il procedimento sarà riassunto con l’intervento di tutti i consumatori che abbiano risposto alla chiamata ad intervenire, restando esclusa la successiva comparizione individuale di consumatori o utenti, fatta salva la possibilità per questi ultimi di far valere i loro diritti o interessi conformemente agli articoli 221 e 519 della presente legge.

4.   Le suesposte disposizioni non si applicano ai procedimenti avviati mediante azione inibitoria avente ad oggetto la difesa degli interessi collettivi diffusi dei consumatori e degli utenti».

10.

Ai sensi dell’articolo 43 del codice di procedura civile:

«[Q]uando, per pronunciarsi sull’oggetto della controversia, sia necessario risolvere una questione che, a sua volta, costituisca oggetto principale di un altro procedimento pendente dinanzi al medesimo giudice o a un giudice diverso, qualora non risulti possibile la riunione dei procedimenti stessi, il giudice potrà disporre, su istanza di entrambe le parti o di una di esse, sentita la controparte, la sospensione del procedimento nello stadio in cui si trova fino al termine del procedimento avente ad oggetto la questione pregiudiziale».

11.

In merito agli effetti delle decisioni pronunciate in procedimenti avviati da associazioni di consumatori o utenti, l’articolo 221 del codice di procedura civile dispone quanto segue:

«1.   Fatto salvo quanto disposto dagli articoli precedenti, le decisioni pronunciate in esito ad azioni proposte da associazioni di consumatori o utenti legittimate ex articolo 11 della presente legge sono soggetti alle seguenti regole:

1a.

Qualora sia stata chiesta una condanna pecuniaria, ovvero la condanna ad un fare, non fare o dare una cosa specifica o generale, la decisione di accoglimento della domanda determina individualmente i consumatori e utenti che, conformemente alle leggi relative alla loro tutela, possono beneficiare della decisione di condanna.

Qualora la determinazione individuale non risulti possibile, la decisione stabilisce i dati, le caratteristiche e i requisiti necessari per poter richiedere il pagamento e, se del caso, avviare l’esecuzione o intervenire nella stessa, laddove sia stata avviata dall’associazione attrice.

2a.

Qualora la declaratoria di illegittimità o illegalità di un’attività o di una condotta determinata sia all’origine della condanna o della pronuncia principale o unica, la decisione stabilisce se, conformemente alla legislazione in materia di tutela dei consumatori e degli utenti, la declaratoria stessa debba avere effetti processuali non limitati a coloro che siano stati parti nel processo corrispondente.

3a.

Qualora al procedimento abbiano partecipato determinati consumatori o utenti, la decisione deve pronunciarsi espressamente sulle loro domande.

2.   Nelle decisioni di accoglimento di un’azione inibitoria a difesa degli interessi collettivi e degli interessi diffusi dei consumatori e degli utenti, il giudice, laddove lo ritenga opportuno, può disporre a spese del convenuto la pubblicazione totale o parziale della decisione ovvero, qualora gli effetti della violazione possano perdurare nel tempo, può disporre la pubblicazione di una dichiarazione di rettifica».

12.

Ai sensi dell’articolo 222 del codice di procedura civile:

«1.   La cosa giudicata nelle decisioni definitive, siano esse di accoglimento o di rigetto, esclude, conformemente alla legge, qualsiasi nuovo procedimento il cui oggetto sia identico a quello del procedimento in cui la decisione sia stata pronunciata.

2.   La cosa giudicata si estende al petitum della domanda attorea e riconvenzionale, nonché ai punti di cui ai paragrafi 1 e 2 dell’articolo 408 della presente legge.

Si considerano fatti nuovi e distinti, in relazione alla causa petendi della domanda, quelli verificatisi successivamente alla scadenza del termine di presentazione delle memorie nel procedimento nell’ambito del quale la domanda sia stata formulata.

3.   La cosa giudicata avrà efficacia tra le parti del procedimento nel quale è stata pronunciata e tra i loro eredi e aventi causa, così come tra i soggetti, che non siano parti della controversia, titolari dei diritti che fondano la legittimazione attiva delle parti, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 11 della presente legge.

(…)

4.   La decisione definitiva conclusiva di un procedimento, laddove abbia acquisito forza di cosa giudicata, vincola il giudice di un procedimento successivo quando in esso ricorra come antecedente logico dell’oggetto di tale procedimento, purché le parti siano le stesse ovvero la cosa giudicata si estenda ad esse per disposizione di legge».

13.

Ai sensi dell’articolo 519 del codice di procedura civile:

«Laddove le decisioni di condanna di cui alla prima regola dell’articolo 221 non determinino i consumatori o gli utenti individuali che ne beneficino, il giudice competente per l’esecuzione, su istanza di uno o più interessati e sentito il condannato, stabilisce con ordinanza, in considerazione dei dati, delle caratteristiche e dei requisiti fissati nella decisione stessa, se riconoscere ai richiedenti lo status di beneficiari della decisione di condanna. Con copia di tale ordinanza, i soggetti legittimati possono avviare l’esecuzione. Il pubblico ministero può avviare l’esecuzione della sentenza a favore dei consumatori e degli utenti interessati».

III – I fatti del procedimento principale, le questioni pregiudiziali e il giudizio dinanzi alla Corte

14.

Il 20 ottobre e il 7 febbraio 2005, il sig. Salés Sinués e il sig. Drame Ba sottoscrivevano, rispettivamente, ciascuno a titolo personale, un contratto di novazione di prestito ipotecario e un contratto di prestito ipotecario con gli istituti bancari Caixabank SA (in prosieguo: la «Caixabank») e Catalunya Caixa SA (in prosieguo: la «Catalunya Caixa»). Tali contratti erano conclusi a tassi nominali per importi totali di EUR 78132 e di EUR 209000 rispettivamente e prevedevano, con la denominazione di «clausola del tasso minimo», un limite alla variazione del tasso d’interesse nominale applicabile ai successivi rinnovi annuali, fissato, rispettivamente, al 2,85% e al 3,75%. I medesimi contratti prevedevano altresì un limite massimo, o tetto, al suindicato tasso, del 12%.

15.

I summenzionati contratti contenevano, inoltre, una clausola in virtù della quale il tasso nominale fisso era applicabile a decorrere dalla loro sottoscrizione, rispettivamente, fino al 1o ottobre 2006 e al 31 agosto 2005. Tra il giorno successivo a tali date e l’ammortamento totale dei prestiti, si applicava un interesse nominale variabile sulla base di un indice di riferimento, nella specie l’Euribor, per rispettivi valori di +0,60% e +0,50%.

16.

In data, rispettivamente, 10 ottobre e 25 ottobre 2013, il sig. Salés Sinués e il sig. Drame Ba proponevano ciascuno un’azione individuale intesa a far dichiarare la nullità delle clausole del tasso minimo inserite nei loro contratti di prestito ipotecario. Nelle rispettive domande, i ricorrenti nei procedimenti principali sostengono che le clausole del tasso minimo, rientrando tra le condizioni generali dei contratti, erano state loro imposte unilateralmente dagli istituti bancari senza essere state oggetto di alcuna negoziazione. Pertanto, essi chiedono al giudice del rinvio, da un lato, di accertare la nullità di dette clausole per mancanza di trasparenza e per lo squilibrio creatosi a scapito loro e, dall’altro, di ordinare la restituzione degli importi indebitamente percepiti dai suindicati istituti bancari in forza delle clausole medesime.

17.

Preliminarmente alla proposizione di tali azioni dei ricorrenti, l’associazione di consumatori e utenti Adicae (Asociación de Usuarios de Bancos Cajas y Seguros) ( 3 ) avviava, l’11 novembre 2010, dinanzi al Juzgado de lo Mercantil n. 11 de Madrid (tribunale commerciale n. 11 di Madrid, Spagna) un’azione collettiva contro 72 istituti bancari, tra cui la Caixabank e la Catalunya Caixa ( 4 ). Tale azione era volta a far cessare l’uso delle clausole del tasso minimo in quanto abusive.

18.

Richiamandosi agli articoli 11, paragrafo 4, 43 e 222 del codice di procedura civile, le parti convenute nei procedimenti principali sollevavano un’eccezione processuale di pregiudizialità civile, chiedendo la sospensione dei giudizi individuali che le vedevano coinvolte fino alla pronuncia della decisione definitiva che ponesse fine al giudizio collettivo.

19.

Le parti attrici nei procedimenti principali si opponevano a tale eccezione facendo valere il loro diritto di dissociarsi dall’azione collettiva proposta dall’associazione di consumatori e utenti e di proporre un’azione a titolo individuale.

20.

Il giudice del rinvio rileva, anzitutto, nell’ambito delle controversie sottoposte al suo esame, che l’articolo 43 del codice di procedura civile prevede un effetto sospensivo sull’azione individuale fino alla pronuncia di una decisione definitiva nel procedimento collettivo. Tale giudice aggiunge che, qualora sia difficile o impossibile determinare il numero degli interessati, l’articolo 15, paragrafo 3, del codice di procedura civile consente solo la partecipazione individuale degli interessati entro il termine di due mesi successivi all’effettuazione della chiamata generale ad intervenire in giudizio tramite un mezzo di comunicazione sociale. Esso precisa, infine, che la partecipazione individuale in un procedimento di tutela di interessi collettivi ex articolo 11, paragrafo 4, del codice di procedura civile comporterebbe per il consumatore interessato l’obbligo di comparire dinanzi al giudice chiamato a conoscere della causa, rinunciando al proprio foro (giudice commerciale del luogo del suo domicilio).

21.

Ciò premesso, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla compatibilità dell’articolo 43 del codice di procedura civile con l’articolo 7 della direttiva 93/13 in circostanze come quelle di cui al procedimento principale. Esso rammenta, in particolare, che il procedimento relativo all’azione collettiva, il cui esito sarebbe determinante in caso di sospensione dei procedimenti principali, è, alla data delle domande pregiudiziali, in corso già da quattro anni, che la data del giudizio non è ancora stata fissata e che si attende tuttora che vari istituti bancari presentino le proprie memorie scritte in opposizione alla domanda.

22.

È questo il contesto in cui lo Juzgado de lo Mercantil n. 9 de Barcelona (tribunale commerciale n. 9 di Barcellona), con due decisioni del 27 giugno 2014 depositate presso la cancelleria della Corte, rispettivamente, l’11 (C‑381/14) e il 13 agosto 2014 (C‑385/14), decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se si possa ritenere [che l’ordinamento giuridico spagnolo stabilisca] un mezzo o meccanismo efficace conforme all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13.

2)

Fino a qual punto tale effetto sospensivo rappresenti un ostacolo per il consumatore e, pertanto, una violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva al momento di far valere la nullità delle clausole abusive inserite nel suo contratto.

3)

Se il fatto che il consumatore non possa dissociarsi dall’azione collettiva costituisca una violazione dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13.

4)

Ovvero se, al contrario, l’effetto sospensivo di cui all’articolo 43 [del codice di procedura civile] sia conforme all’articolo 7 della direttiva 93/13, essendo i diritti del consumatore pienamente tutelati da tale azione collettiva, in quanto l’ordinamento giuridico spagnolo prevede altri meccanismi processuali parimenti efficaci per la tutela dei suoi diritti, e dal principio di certezza del diritto».

23.

Con ordinanza del presidente della Corte del 9 settembre 2014, le cause C‑381/14 e C‑385/14 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza. Osservazioni scritte sono state depositate dal sig. Salés Sinués, dalla Catalunya Caixa, dal governo spagnolo e dalla Commissione europea. Il sig. Salés Sinués, la Caixabank, la Catalunya Caixa, il governo spagnolo e la Commissione sono stati sentiti all’udienza svoltasi il 30 settembre 2015.

IV – Analisi delle questioni pregiudiziali

24.

Le presenti questioni pregiudiziali, come formulate dal giudice del rinvio, riguardano l’interpretazione della direttiva 93/13 nell’ambito di due contratti di prestito ipotecario contenenti ciascuno una clausola del tasso minimo. Clausole di tal genere fissano per i tassi d’interesse variabili un livello minimo al di sotto del quale i consumatori non possono beneficiare della riduzione dei tassi ufficiali.

25.

Le cause in esame si collocano non soltanto in un quadro normativo complesso, ma altresì in un contesto in cui numerosi criteri d’interpretazione non sono univoci tra le diverse autorità giudiziarie nazionali. Prima di procedere all’esame delle questioni pregiudiziali, pertanto, ritengo necessario richiamare gli elementi essenziali della normativa procedurale in questione, sulla base delle informazioni contenute negli atti di cui dispone la Corte.

A – Osservazioni preliminari

26.

Il giudice del rinvio, il sig. Salés Sinués, il governo spagnolo e la Commissione hanno fatto riferimento alla portata della normativa in questione, in particolare dell’articolo 43 del codice di procedura civile, che si trova peraltro al centro della questione sottoposta all’esame del giudice del rinvio e della Corte.

1. L’eccezione pregiudiziale civile

27.

Il giudice del rinvio dichiara che, nel diritto processuale spagnolo, non è possibile svolgere due procedimenti giudiziari simultanei o successivi nel tempo, tra le medesime parti, con oggetto e causa petendi identici, per il rischio di incorrere in decisioni contraddittorie. Il diritto spagnolo prevede pertanto tre diversi meccanismi per evitare il rischio del ne bis in idem: l’istituto della cosa giudicata sostanziale ( 5 ), la litispendenza ( 6 ) e la questione pregiudiziale civile.

28.

È proprio quest’ultimo meccanismo procedurale, previsto dall’articolo 43 del codice di procedura civile, a costituire la questione principale sollevata dal giudice del rinvio. Tale articolo si riferisce a quelle fattispecie in cui, per pronunciarsi sull’oggetto di una causa pendente dinanzi a un giudice dell’ordinamento giurisdizionale civile, «è necessario risolvere una questione che, a sua volta, costituisce l’oggetto principale di un altro processo pendente dinanzi al medesimo giudice o a un giudice diverso» dell’ordinamento giurisdizionale civile. Lo stesso articolo dispone che, qualora sia possibile riunire i procedimenti, il giudice è tenuto a farlo. Laddove, invece, non sia possibile la riunione, la disposizione consente al giudice adito di sospendere il procedimento.

29.

Per poter procedere alla sospensione, devono essere soddisfatte tre condizioni cumulative, vale a dire: l’incidenza diretta e determinante della questione pregiudiziale sulla soluzione della causa principale, la richiesta di una o di entrambe le parti ( 7 ) e l’esistenza di una causa pendente avente ad oggetto la questione pregiudiziale. Tuttavia, l’articolo 43 del codice di procedura civile dispone che «il giudice potrà disporre la sospensione del procedimento». Dalle decisioni di rinvio sembra dunque emergere che la sospensione abbia carattere facoltativo, in quanto l’articolo 43 riconosce ai giudici un potere discrezionale di decidere se la sospensione sia o meno opportuna ( 8 ).

2. L’interpretazione e l’applicazione divergenti dell’articolo 43 del codice di procedura civile da parte dei giudici nazionali

30.

Come si evince dagli atti a disposizione della Corte, l’analisi delle questioni pregiudiziali è resa ancora più complessa dall’interpretazione e dall’applicazione divergenti, da parte dei giudici nazionali, dell’articolo 43 del codice di procedura civile nell’ambito del procedimento collettivo avviato dall’Adicae, senza che tale questione sia stata decisa in cassazione a livello nazionale.

31.

Da un lato, sembra che taluni giudici ritengano sussistere una pregiudizialità civile ai sensi dell’articolo 43 del codice di procedura civile e pronunciano la sospensione dei primi giudizi nell’attesa di una sentenza definitiva relativa ai secondi, fondandosi sul collegamento tra l’oggetto delle azioni individuali e quello delle azioni collettive ( 9 ).

32.

Dall’altro, altri giudici sembrano considerare sussistente una situazione di litispendenza tra le azioni individuali e le azioni collettive, tenuto conto dell’identità di oggetto, di causa petendi e delle parti ( 10 ) con conseguente archiviazione dei procedimenti individuali sul fondamento dell’articolo 222, paragrafo 3, del codice di procedura civile. Dagli atti di causa emerge che tale orientamento sembra essere sarebbe minoritario.

33.

Infine, alcuni giudici sostengono non esservi né pregiudizialità civile né litispendenza dal momento che, segnatamente, non esiste un’effettiva identità né d’oggetto né di parti, che gli sviluppi dell’azione collettiva non sono determinanti per le azioni individuali e che, sebbene la dichiarazione di nullità delle clausole del tasso minimo nell’ambito dell’azione collettiva possa avere un effetto positivo sulle azioni individuali, il rigetto della prima non comporterebbe necessariamente quello delle seconde. Essi ritengono, pertanto, in conclusione che il consumatore mantiene la legittimazione ad agire in difesa dei propri interessi in giudizio, senza che sia necessario sospendere il procedimento individuale ( 11 ).

34.

È a quest’ultima interpretazione che il governo spagnolo e la Commissione sembrano aderire sostenendo, segnatamente, nelle proprie osservazioni scritte, che l’applicazione dell’articolo 43 del codice di procedura civile non comporta necessariamente la sospensione dell’azione individuale.

35.

Nelle proprie osservazioni presentate all’udienza, il governo spagnolo aggiunge che occorre distinguere l’azione collettiva inibitoria delle condizioni generali contrattuali che hanno carattere abusivo dall’azione individuale di nullità di un contratto di prestito ipotecario fondata sul motivo che quest’ultimo conterrebbe una clausola abusiva. Essendo le due azioni di natura diversa, il loro oggetto coinciderebbe solo in parte. Difatti, mentre, nell’azione collettiva inibitoria, le parti hanno la possibilità di presentare le proprie osservazioni senza che sia possibile valutare tutte le circostanze del caso di specie (controllo astratto e generale), in particolare con riguardo a un consumatore che abbia sottoscritto un contratto di adesione, nell’azione individuale, il giudice deve tenere conto di tutte le circostanze esistenti alla data in cui il contratto di prestito è stato concluso, ivi compresa la loro evoluzione, di tutte le circostanze che ne accompagnano la conclusione, nonché di tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipenda ( 12 ).

36.

Ne consegue che il governo spagnolo sostiene, da una parte, che un’interpretazione logico-sistematica della normativa procedurale spagnola esclude la pregiudizialità civile e, dall’altra, che l’articolo 43 del codice di procedura civile riguarda una pregiudizialità non meramente ipotetica o potenziale, bensì reale, ragion per cui non occorre concedere detta sospensione.

3. La questione degli effetti delle decisioni di accoglimento delle azioni collettive per i consumatori che non abbiano partecipato al procedimento

37.

Il governo spagnolo e la Catalunya Caixa affermano che l’articolo 221 del codice di procedura civile non prevede che gli effetti di una decisione che accoglie un’azione collettiva si estendano a tutti quei consumatori il cui contratto contenga una condizione generale del tipo di quella della clausola di cui si discute. Infatti, in caso di rigetto dell’azione collettiva, detto articolo riconosce il diritto a proseguire l’esercizio dell’azione individuale, affinché il consumatore possa far valere le circostanze specifiche del proprio caso concreto. Secondo il governo spagnolo, ciò sarebbe conforme all’articolo 11, paragrafo 1, del codice di procedura civile, secondo il quale la legittimazione ad agire delle associazioni di consumatori è ammessa «[f]atta salva la legittimazione individuale ad agire delle persone lese» ( 13 ). Per contro, il governo spagnolo aggiunge che l’articolo 221 del codice di procedura civile si limita a stabilire che gli effetti di una decisione di accoglimento dell’azione collettiva possono estendersi anche alle persone che non sono state parti del processo, decisione che spetta al giudice nazionale ( 14 ).

38.

Tuttavia, il sig. Salés Sinués ha sostenuto all’udienza che l’esercizio di un’azione individuale implica, in linea di principio, una dissociazione dal procedimento collettivo, in altre parole che il consumatore rinuncia all’effetto estensivo che l’articolo 221, paragrafo 1, del codice di procedura civile attribuisce a un’eventuale decisione di accoglimento dell’azione collettiva in tale giudizio. Si eviterebbe così il rischio che siano pronunciate due sentenze contraddittorie sulla medesima domanda. Ciononostante, egli afferma che un’interpretazione dell’articolo 43 del codice di procedura civile in base alla quale esisterebbe una questione pregiudiziale civile, con la conseguente sospensione della causa fino alla pronuncia di una decisione definitiva sull’azione collettiva, comporterebbe per il consumatore l’impossibilità di dissociarsi dall’azione collettiva.

4. L’intervento nei procedimenti vertenti sulla tutela dei diritti e degli interessi collettivi e diffusi dei consumatori

39.

Il giudice del rinvio, il sig. Salés Sinués, il governo spagnolo e la Commissione si richiamano alla sentenza del Tribunal Supremo del 9 maggio 2013 ( 15 ), pronunciata nell’ambito di un’azione collettiva inibitoria, diversa da quella sottoposta al giudice del rinvio, ma riguardante anch’essa una clausola del tasso minimo. Il Tribunal supremo (Corte suprema) aveva dichiarato la nullità di questo tipo di clausole non a motivo del loro contenuto, bensì di una mancanza di trasparenza, vale a dire l’assenza di informazioni chiare e trasparenti trasmesse ai consumatori sulle clausole in questione ( 16 ).

40.

Con riguardo alla natura dell’azione oggetto di tale sentenza, la Commissione ha sostenuto nelle proprie osservazioni scritte che, poiché essa riguardava unicamente un’azione collettiva inibitoria e, di conseguenza, soltanto la legittimità delle clausole del tasso minimo, l’azione collettiva in questione non produceva conseguenze in materia di risarcimento.

41.

Per contro, il sig. Salés Sinués ha affermato all’udienza che l’azione collettiva avviata dall’Adicae include, da un lato, un’azione dichiarativa volta ad inibire l’inserimento della clausola del tasso minimo nei contratti di prestito e, dall’altro, una richiesta collettiva di risarcimento dei danni cagionati da una clausola di tal genere. A tal riguardo, ha rilevato che l’articolo 15 del codice di procedura civile non si applica nell’ambito di un’azione inibitoria, bensì soltanto in quello di una richiesta di risarcimento collettiva. Pertanto, l’intervento dei consumatori a titolo individuale, avvenuto nei due mesi successivi alla chiamata generale ad intervenire nel procedimento collettivo lanciata attraverso reti sociali, prevista all’articolo 15, paragrafo 3, del codice di procedura civile, non riguarderebbe l’azione collettiva inibitoria avviata dall’Adicae, ma soltanto l’azione collettiva di risarcimento ( 17 ). Secondo il sig. Salés Sinués, nella specie, il ritardo del procedimento è pertanto dovuto all’azione collettiva di risarcimento, a causa del fatto che ad essa ha preso parte a titolo individuale un numero molto elevato di consumatori ( 18 ). Egli sostiene, pertanto, che un’azione collettiva di risarcimento è più lenta di un’azione individuale.

42.

Ciò premesso, ritengo sia questo il contesto entro il quale devono essere esaminate le questioni pregiudiziali, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio.

B – Sulle questioni pregiudiziali

43.

Occorre, anzitutto, ricordare che, nell’ambito della procedura di cooperazione fra i giudici nazionali e la Corte, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, è compito della Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte ( 19 ). A tal fine, la Corte può trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, le norme e i principi del diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia di cui al procedimento principale ( 20 ).

44.

Nella specie, ritengo che lo Juzgado de lo Mercantil n. 9 de Barcelona (tribunale commerciale n. 9 di Barcellona), con le questioni pregiudiziali, inviti in realtà la Corte ad interpretare i principi di equivalenza e di effettività nell’ambito dell’attuazione dell’articolo 7 della direttiva 93/13, offrendole l’occasione di accertare la conformità della normativa procedurale in questione con il diritto dell’Unione.

45.

Pertanto, con le questioni pregiudiziali si chiede, in definitiva, se, in considerazione dei principi di equivalenza e di effettività, l’articolo 7 della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che osti a una normativa procedurale nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che consente la sospensione, per pregiudizialità civile, di un’azione individuale avviata parallelamente a un’azione collettiva inibitoria fino alla pronuncia di una decisione definitiva che ponga fine al procedimento collettivo, senza che il consumatore interessato possa dissociarsi dall’azione collettiva.

1. Sui criteri di valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali nell’ambito della direttiva 93/13 e della giurisprudenza

a) Le azioni che riguardano un singolo consumatore e le azioni collettive inibitorie

46.

Credo sia importante ricordare, in limine, che il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse ( 21 ).

47.

Per garantire la tutela istituita dalla direttiva 93/13, il legislatore dell’Unione ha introdotto criteri di valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali che richiedono, segnatamente, un’analisi delle circostanze concrete di ciascuna causa ( 22 ). A tal proposito, nel rispetto dell’articolo 3 della direttiva 93/13, occorre accertare se la clausola del contratto in questione sia stata o meno oggetto di una trattativa individuale e, dunque, se detta clausola sia stata predisposta senza che il consumatore abbia potuto influire sul suo contenuto, in particolare nell’ambito di un contratto di adesione. Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva in parola dispone che il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a «tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione» e a «tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende».

48.

In primo luogo, quanto alle azioni riguardanti un singolo consumatore, come quelle di cui ai procedimenti principali, la Corte ha dichiarato che, tenuto conto di tale situazione di inferiorità, l’«articolo 6, paragrafo 1, della direttiva impone agli Stati membri di disporre che le clausole abusive “non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni”. Come si evince dalla giurisprudenza, si tratta di una disposizione imperativa che mira a sostituire all’equilibrio formale che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti un equilibrio reale, atto a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime» ( 23 ).

49.

Occorre ricordare che gli articoli 3 e 6 della direttiva 93/13 conferiscono ai consumatori diritti soggettivi che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare, anche d’ufficio.

50.

In secondo luogo, per quanto riguarda le azioni collettive inibitorie, come quella proposta dall’Adicae, dalla giurisprudenza emerge che la direttiva 93/13 non mira ad armonizzare le sanzioni applicabili nell’ipotesi di riconoscimento del carattere abusivo di una clausola nell’ambito di tali azioni collettive. Tuttavia, l’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva obbliga gli Stati membri ad assicurare che mezzi adeguati ed efficaci esistano al fine di far cessare l’utilizzo delle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori ( 24 ).

51.

La Corte ha ripetutamente sottolineato che, per garantire la tutela voluta dalla direttiva 93/13, la diseguaglianza tra il consumatore e il professionista può essere riequilibrata solo con un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale ( 25 ). Per questo motivo, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 93/13 precisa che tali mezzi comprendono la possibilità per le organizzazioni di consumatori riconosciute di adire le autorità giudiziarie [o gli organi amministrativi] competenti perché queste accertino se clausole redatte per un uso generalizzato siano abusive e, eventualmente, ne dichiarino l’illiceità ( 26 ).

52.

Ciò premesso, si deve parimenti osservare che il rapporto esistente tra le azioni individuali e le azioni collettive non è stato espressamente disciplinato dal legislatore dell’Unione. Ciononostante, come correttamente sostenuto dalla Commissione, la natura e i limiti dei rapporti tra questi due tipi di azioni si possono dedurre non soltanto dalla direttiva 93/13, ma anche dalla giurisprudenza della Corte.

b) La natura delle azioni individuali e delle azioni collettive inibitorie e il loro rapporto

i) Sulla diversa natura delle azioni individuali e delle azioni collettive nella direttiva 93/13

53.

Nelle proprie osservazioni scritte, la Commissione sostiene che l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 si riferisce, in generale, alle azioni individuali proposte dai consumatori lesi da clausole abusive, essendo siffatte azioni il mezzo di ricorso ordinario per tutelare i loro interessi, mentre le azioni collettive inibitorie, previste al paragrafo 2, costituiscono un completamento a garanzia di detta tutela.

54.

Condivido tale tesi.

55.

Il carattere complementare delle azioni collettive inibitorie è, a mio parere, legato al fatto che si tratta di azioni generali che non riguardano un sindacato concreto, come quello imposto dalla direttiva 93/13 nell’ambito delle azioni che riguardano un singolo consumatore, ma soltanto un sindacato astratto e generale dell’eventuale carattere abusivo di clausole contrattuali ( 27 ).

56.

Ne consegue che la direttiva 93/13 impone agli Stati membri di introdurre nel loro ordinamento giuridico, da un lato, in via principale, azioni individuali, per poter invocare il carattere abusivo di clausole contrattuali e, dall’altro, in modo complementare ( 28 ), azioni collettive inibitorie, che non possono tuttavia sostituirsi alle azioni individuali o impedirle.

ii) Sul rapporto di complementarietà tra le azioni individuali e le azioni collettive nella giurisprudenza

57.

Con riferimento alle azioni individuali, dalla giurisprudenza si evince che il ruolo attribuito al giudice nazionale dalla direttiva 93/13, vale a dire quello di garante dell’effetto utile della tutela voluta dalle disposizioni della direttiva, «non si limita alla semplice facoltà di pronunciarsi sull’eventuale natura abusiva di una clausola contrattuale, bensì comporta parimenti l’obbligo di esaminare d’ufficio tale questione» ( 29 ). Secondo la Corte, quest’obbligo di intervenire, anche d’ufficio, nell’ambito delle azioni individuali costituisce, in linea generale, l’azione positiva o il mezzo adeguato destinato a compensare la situazione di inferiorità in cui si trova il consumatore rispetto al professionista ( 30 ). Per contro, in merito alle azioni collettive inibitorie, la Corte ha affermato che le associazioni di tutela dei consumatori non si trovano in una simile situazione di inferiorità rispetto al professionista ( 31 ). Più in particolare, essa ha dichiarato che un’azione collettiva inibitoria che contrapponga una tale associazione a un professionista «non è caratterizzata dallo squilibrio presente nel contesto di un ricorso individuale che coinvolga un consumatore ed un professionista, sua controparte contrattuale» ( 32 ). Ritengo che questa differenza tra le azioni individuali e le azioni collettive inibitorie che discende dalla direttiva 93/13, riconosciuta dalla giurisprudenza, rafforzi il carattere complementare delle seconde rispetto alle prime.

58.

Inoltre, la Corte ha dichiarato che «la natura preventiva e la finalità dissuasiva delle azioni [collettive inibitorie], nonché la loro indipendenza nei confronti di qualsiasi conflitto individuale concreto, implicano che dette azioni possano essere esercitate anche quando le clausole delle quali si chiede sia vietato l’utilizzo non siano state inserite in contratti determinati» ( 33 ). L’effettiva attuazione di tale obiettivo esige, secondo la Corte, che le clausole delle condizioni generali dei contratti stipulati con consumatori dichiarate abusive nell’ambito di un’azione inibitoria promossa avverso il professionista [o i professionisti di cui trattasi], quale quella sottoposta al giudice del rinvio, «non vincolino né i consumatori che siano parti nel procedimento inibitorio né quelli che abbiano stipulato con il professionista un contratto al quale si applicano le medesime clausole generali» ( 34 ). Infatti,«l’applicazione di una sanzione di nullità di una clausola abusiva nei riguardi di tutti i consumatori che abbiano stipulato un contratto di consumo al quale si applicano le medesime condizioni generali assicura che detti consumatori non siano vincolati da tale clausola, senza peraltro escludere altri tipi di sanzioni adeguate ed efficaci previste dalle legislazioni nazionali» ( 35 ).

59.

Dalla suesposta giurisprudenza si evince che, nell’ambito della direttiva 93/13, deve esistere un nesso favorevole ai consumatori tra l’azione collettiva inibitoria e le clausole concrete che li vincolano, e non un nesso che impedisce le azioni individuali o che sostituisce a queste ultime le azioni collettive inibitorie.

2. Sulla valutazione della normativa procedurale in questione alla luce dell’articolo 7 della direttiva e dei principi di equivalenza e di effettività

60.

Va rilevato che, alla luce della formulazione delle questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio sembra condividere il principio in base al quale la sospensione delle azioni individuali in questione, avviate parallelamente dai ricorrenti nell’attesa di una decisione definitiva nel procedimento collettivo, è un effetto necessario dell’articolo 43 del codice di procedura civile ( 36 ). Eppure, dalle osservazioni presentate dal sig. Salés Sinués e dal governo spagnolo nonché dalla Commissione, emerge che la sospensione ha carattere facoltativo, atteso che la disposizione in parola riconosce ai giudici spagnoli il potere discrezionale di decidere se una siffatta sospensione sia o meno opportuna.

61.

Osservo inoltre, come rilevato supra nei paragrafi da 30 a 33, che, nella specie, alla già complessa normativa procedurale in questione si aggiunge una diversa interpretazione dei giudici nazionali.

62.

Nella specie, con riguardo alla normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, ricordo che non spetta alla Corte pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni di diritto interno, bensì è compito esclusivo del giudice del rinvio o, eventualmente, dei giudici nazionali competenti, che devono decidere se le disposizioni della normativa nazionale applicabile soddisfino i requisiti del diritto dell’Unione. La Corte, tuttavia, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può, ove necessario, fornire precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione ( 37 ).

63.

È questo il contesto entro il quale mi accingo ad esaminare, alla luce dei principi di equivalenza e di effettività, se la normativa procedurale nazionale di cui trattasi osti all’esercizio dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13.

64.

In proposito, ricordo che la Corte ha già più volte dichiarato, in mancanza di armonizzazione in materia di normativa procedurale, che tale questione appartiene all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Nondimeno, la Corte ha precisato che le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto dell’Unione devono soddisfare la duplice condizione di non essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) ( 38 ).

a) Rispetto del principio di equivalenza

65.

Il principio di equivalenza presuppone che la norma nazionale controversa si applichi indifferentemente ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto dell’Unione e a quelli fondati sull’inosservanza del diritto interno, aventi un oggetto e una causa analoghi. Per verificare il rispetto del principio di equivalenza, spetta al giudice nazionale, che è l’unico ad avere conoscenza diretta delle modalità procedurali delle azioni nell’ambito del diritto interno, accertare se le modalità procedurali intese a garantire, nel diritto interno, la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto dell’Unione siano rispettose del principio in questione ed esaminare sia l’oggetto che gli elementi essenziali delle azioni di natura interna di cui si sostiene l’analogia. A tal fine, detto giudice deve verificare le analogie tra i ricorsi di cui trattasi dal punto di vista del loro oggetto, della loro causa e dei loro elementi essenziali. Per stabilire se una disposizione procedurale nazionale sia o meno favorevole, siffatto giudice deve tener conto della sua collocazione nel complesso della procedura, dello svolgimento di tale procedura e delle particolarità di tali regole ( 39 ).

66.

Nella specie, l’eventuale pregiudizialità civile o la litispendenza delle controversie individuali e collettive traggono origine da criteri interpretativi della normativa in questione che non sono unificati tra i diversi giudici nazionali. Tuttavia, ritengo non vi siano elementi tali da poter concludere che la normativa in questione sia interpretata in modo distinto nell’ambito delle controversie relative a diritti fondati sul diritto nazionale.

b) Rispetto del principio di effettività

67.

Per quanto riguarda il principio di effettività, come sarà spiegato in prosieguo, diversi elementi mi consentono invece di affermare che l’interpretazione della normativa procedurale in questione, che riconosce la pregiudizialità civile e, pertanto, la sospensione dell’azione individuale nell’attesa della pronuncia di una decisione definitiva sull’azione collettiva, ha reso impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13.

68.

In primo luogo, se, come osservato supra ai paragrafi da 46 a 59, si parte dal principio secondo il quale, da un lato, la direttiva 93/13 conferisce diritti soggettivi individuali, che devono poter essere invocati nell’ambito di un procedimento individuale, e, dall’altro, l’azione collettiva inibitoria è complementare, diversa e indipendente da un’eventuale azione individuale, una sospensione obbligatoria o automatica di quest’ultima finché non sia pronunciata una decisione definitiva nel procedimento collettivo non trova giustificazione.

69.

Quanto alla dimensione individuale dei diritti dei consumatori, occorre ricordare che, segnatamente, con riguardo all’obbligo di esaminare d’ufficio la natura eventualmente abusiva di una clausola contrattuale, il giudice nazionale non deve tuttavia, in forza della direttiva 93/13, disapplicare la clausola in esame qualora il consumatore, dopo essere stato avvisato da detto giudice, non intenda invocarne la natura abusiva e non vincolante ( 40 ). La Corte ha, infatti, dichiarato che se il giudice nazionale, dopo aver esaminato d’ufficio una clausola contrattuale, la considera abusiva, «non la applica, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga» ( 41 ). Questa dimensione individuale, in base alla quale «il diritto ad una tutela giuridica effettiva comprende anche la facoltà di non far valere affatto i propri diritti» ( 42 ), si concretizza nella possibilità data al consumatore di presentare osservazioni e nell’obbligo del giudice nazionale «di tener conto, se necessario, della volontà espressa dal consumatore quando quest’ultimo, consapevole del carattere non vincolante di una clausola abusiva, afferma tuttavia di opporsi alla sua disapplicazione, dando quindi un consenso libero e informato alla clausola di cui trattasi» ( 43 ).

70.

Ne consegue che un’interpretazione della normativa in esame, segnatamente dell’articolo 43 del codice di procedura civile, che preveda l’obbligo di sospendere l’azione individuale laddove esista un procedimento collettivo parallelo ( 44 ) o attribuisce una priorità automatica all’azione collettiva sulle azioni individuali, senza che il consumatore possa decidere, da un lato, di non esercitare il proprio diritto o di esercitarlo efficacemente nell’ambito di un procedimento individuale né, dall’altro, di dissociarsi dall’azione collettiva, non sarebbe conforme al principio di effettività.

71.

In proposito, come sostenuto dalla Commissione nelle proprie osservazioni scritte, il rispetto dell’effettività dei diritti individuali conferiti dalla direttiva 93/13 implica la facoltà per il consumatore di dissociarsi dall’azione collettiva per introdurre un’azione individuale, o di limitarsi a proseguire il giudizio collettivo e accettare il carattere non vincolante della clausola controversa. In altri termini, il consumatore «dovrebbe essere libero di escludersi [dall’azione collettiva] in qualunque momento prima che sia resa la pronuncia definitiva o che la causa sia altrimenti decisa validamente, senza perdere il diritto di introdurre un’azione in altra forma, se ciò non è contrario alla buona amministrazione della giustizia» ( 45 ). Tale conclusione riguarda il caso di un consumatore che non abbia partecipato all’azione collettiva.

72.

In secondo luogo, se, come rilevato supra al paragrafo 55, si ammette che il controllo astratto e generale della natura abusiva di una clausola contrattuale nell’ambito di un’azione collettiva inibitoria si riferisca ad un oggetto diverso da quello perseguito dalle azioni individuali, vale a dire il controllo concreto di una clausola alla luce delle circostanze specifiche, si deve dunque anche riconoscere che, in linea di principio, le decisioni pronunciate nell’ambito di azioni collettive e individuali possono essere diverse ma raramente contraddittorie ( 46 ). Pertanto, un consumatore che decida di agire a titolo individuale non dovrebbe essere direttamente interessato dalla decisione pronunciata nel procedimento collettivo, benché non vi sia dubbio che il giudice investito dall’azione individuale ne terrà conto ( 47 ).

73.

In terzo ed ultimo luogo, la possibilità per il consumatore di intervenire in un’azione collettiva non può essere assimilata all’introduzione di un’azione individuale. Anzitutto, come si evince dalla decisione di rinvio, la partecipazione individuale a un procedimento di tutela degli interessi collettivi avviato ex articolo 11, paragrafo 4, del codice di procedura civile obbligherebbe il consumatore interessato a comparire dinanzi al giudice investito della causa rinunciando al proprio foro, quello del giudice commerciale del luogo di suo domicilio. Inoltre, il termine di due mesi dalla pubblicazione nei media previsto dall’articolo 15, paragrafi 1 e 3, del codice di procedura civile può presentare alcune difficoltà pratiche per l’intervento dei consumatori lesi nell’azione collettiva ( 48 ). Infine, il consumatore viene limitato dal modo in cui l’associazione di tutela dei consumatori ha affrontato la causa, senza possibilità di modificare l’oggetto o presentare altre domande, ovvero dal ritardo che, come nel caso di specie, costituisce un ostacolo alla sua tutela come consumatore.

74.

Pertanto, alla luce del complesso delle suesposte considerazioni, ritengo che, con riguardo al principio di effettività, l’articolo 7 della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che non osti ad una normativa procedurale nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che consenta la sospensione, per pregiudizialità civile, di un’azione individuale avviata parallelamente ad un’azione collettiva inibitoria, fino alla pronuncia di una decisione definitiva che ponga termine al procedimento collettivo, a condizione che, da un lato, la sospensione stessa non sia né obbligatoria né automatica e, dall’altro, il consumatore interessato possa dissociarsi dall’azione collettiva.

V – Conclusione

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere allo Juzgado de lo Mercantil n. 9 de Barcelona (tribunale commerciale n. 9 di Barcellona) nei seguenti termini:

Con riguardo al principio di effettività, l’articolo 7 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, dev’essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa procedurale nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che consenta la sospensione, per pregiudizialità civile, di un’azione individuale promossa parallelamente ad un’azione collettiva inibitoria, fino alla pronuncia di una decisione definitiva che ponga termine al procedimento collettivo, a condizione che:

la sospensione non sia né obbligatoria né automatica, e

il consumatore interessato possa dissociarsi dall’azione collettiva.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Direttiva del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 13, pag. 1).

( 3 ) Associazione di consumatori specializzata nel campo dei servizi bancari e delle assicurazioni.

( 4 ) L’azione collettiva in questione è stata oggetto di una chiamata pubblica ad intervenire, su richiesta del giudice adito, attraverso i media e l’Adicae.

( 5 ) Secondo il giudice del rinvio, si ha cosa giudicata sostanziale, prevista dall’articolo 222 del codice di procedura civile, quando è stata pronunciata in un procedimento giudiziario precedente una sentenza definitiva, sia essa di accoglimento o di rigetto, cosicché non si possa avviare un altro processo successivo con il medesimo oggetto, la stessa causa petendi e le stesse parti.

( 6 ) Il giudice del rinvio spiega che esiste litispendenza quando l’oggetto del procedimento successivo coincide con quello su cui verte un altro procedimento precedente. In tal caso, esistendo un rischio di decisioni contraddittorie vertenti sullo stesso oggetto, il secondo procedimento deve essere archiviato.

( 7 ) V., in tal senso, sentenza del Tribunal Supremo (sezione civile) n. 527/2013, del 3 settembre 2013.

( 8 ) Il giudice del rinvio fa presente che «si trova nella fase del procedimento in cui deve decidere la sospensione del procedimento ovvero se, al contrario, debba seguire il suo corso normale fino alla sentenza». Il corsivo è mio. Sull’articolo 43 del codice di procedura civile, v., in particolare, De la Oliva Santos, A., Objeto del proceso y cosa juzgada en el proceso civil, Thomson-Civitas, 2006, pagg. da 85 a 88; Montero Aroca, J., e al., Derecho Jurisdiccional II. Proceso civil, 21a ed., Tirant lo Blanch, 2013, pagg. 126 e 127, e Gimeno Sendra, V., Derecho Procesal Civil 1. El proceso de declaración. Parte General, 5a ed., Colex, 2014, pag. 215.

( 9 ) A tal riguardo, il giudice del rinvio fa riferimento all’ordinanza dell’Audiencia Provincial de Barcelona (tribunale provinciale di Barcellona) n. 84/2013, dell’11 giugno 2013, che, considerando la possibilità che la decisione da pronunciare nel giudizio collettivo dichiari la nullità delle clausole del tasso minimo, dispone espressamente, ai sensi del disposto dell’articolo 221, paragrafo 1, del codice di procedura civile, che essa si applica ultra partes.

( 10 ) La Commissione rileva che tale orientamento minoritario sembra essere ormai quella dell’Audiencia Provincial de Barcelona (tribunale provinciale di Barcellona) nella sua ordinanza n. 112/2014, del 9 ottobre 2014.

( 11 ) V., in particolare, ordinanza dell’Audiencia Provincial de Huelva (tribunale provinciale di Huelva), n. 76/2013, del 24 febbraio 2014, e sentenze dell’Audiencia Provincial de Ourense (tribunale provinciale di Orense), n. 278/2013 e n. 494/2013, del 22 maggio e del 22 settembre 2014.

( 12 ) Sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) n. 241/13, del 9 maggio 2013, punti da 235 a 238.

( 13 ) Lo stesso articolo così dispone: «[f]atta salva la legittimazione individuale ad agire delle persone lese, le associazioni di consumatori e utenti legalmente costituite godono della legittimazione ad agire in giudizio a difesa dei diritti e degli interessi dei propri soci e di quelli dell’associazione, nonché degli interessi generali dei consumatori e degli utenti».

( 14 ) Il corsivo è mio.

( 15 ) Sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) n. 241/13, del 9 maggio 2013. In tale sentenza, il Tribunal Supremo aveva limitato la retroattività della dichiarazione di nullità, affinché producesse effetti ex nunc, vale a dire non a decorrere dalla data di conclusione del contratto (ex tunc), ma soltanto a decorrere dal 2 maggio 2013, data della pronuncia della sentenza in questione. Tale limitazione è stata confermata in una sentenza dello stesso giudice del 25 marzo 2015, n. 139/2015. Inoltre, detta limitazione degli effetti è di recente stata oggetto di domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un giudice spagnolo nella causa Gutierrez Naranjo (C‑154/15) pendente dinanzi alla Corte.

( 16 ) Dalle osservazioni scritte presentate dal sig. Salés Sinués risulta che, poiché la clausola del tasso minimo era contenuta nel corrispettivo del contratto di prestito, gli istituti finanziari devono informare il consumatore dell’esistenza di tale clausola, affinché quest’ultimo sia pienamente a conoscenza della sua esistenza e incidenza sul prezzo reale del credito al momento della sottoscrizione del contratto.

( 17 ) Il ricorrente ha richiamato l’articolo 15, paragrafo 4, del codice di procedura civile, che dispone che «[l]e suindicate disposizioni non si applicano ai procedimenti avviati con un’azione inibitoria avente ad oggetto la difesa degli interessi collettivi diffusi di consumatori e utenti».

( 18 ) La Catalunya Caixa ha sostenuto in udienza che la lentezza del procedimento collettivo dipende, inter alia, dal numero elevato di consumatori (9000) che sono comparsi in giudizio a titolo individuale.

( 19 ) V., in particolare, sentenze Krüger (C‑334/95, EU:C:1997:378, punti 2223); Byankov (C‑249/11, EU:C:2012:608, punto 57), nonché Biovet (C‑306/14, EU:C:2015:689, punto 17).

( 20 ) V., in tal senso, in particolare, sentenze Redmond (83/78, EU:C:1978:214, punto 26); Byankov (C‑249/11, EU:C:2012:608, punto 58), nonché Konstantinides (C‑475/11, EU:C:2013:542, punto 42).

( 21 ) V. sentenze Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 25); Mostaza Claro (C‑168/05, EU:C:2006:675, punto 25); Asturcom Telecomunicaciones (C‑40/08, EU:C:2009:615, punto 29); Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 22); Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242, punto 33); Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 44), e Barclays Bank (C‑280/13, EU:C:2014:279, punto 32).

( 22 ) Secondo il considerando 15 della direttiva 93/13, «è necessario fissare in generale i criteri per valutare il carattere abusivo delle clausole contrattuali».

( 23 ) V. sentenza Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242, punto 34).

( 24 ) Ibidem (punto 35).

( 25 ) V. sentenze Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 27); Mostaza Claro (C‑168/05, EU:C:2006:675, punto 26); Asturcom Telecomunicaciones (C‑40/08, EU:C:2009:615, punto 31), nonché Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 41).

( 26 ) V., in tal senso, sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 27); Commissione/Italia (C‑372/99, EU:C:2002:42, punto 15), e Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242, punto 36). V. anche considerando 23 della direttiva 93/13.

( 27 ) La Commissione precisa che le «persone» di cui all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva non sono i consumatori, bensì le persone che si occupano della loro tutela, come, ad esempio, il «difensore civico dei consumatori».

( 28 ) Secondo la Commissione, la tutela dei consumatori è uno dei settori «in cui l’intervento dei privati nella forma di ricorso collettivo completa utilmente il controllo pubblico del rispetto dei diritti conferiti dalle norme dell’Unione». V. raccomandazione della Commissione, dell’11 giugno 2013, relativa ai principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione (GU 2013, L 201, del 26 luglio 2013, considerando 7, pag. 60). Il corsivo è mio.

( 29 ) Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 32).

( 30 ) V. sentenze Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 27); Cofidis (C‑473/00, EU:C:2002:705, punto 32), e Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 32).

( 31 ) V. sentenza Asociación de Consumidores Independientes de Castilla y León (C‑413/12, EU:C:2013:800, punto 49).

( 32 ) Ibibem (punto 50).

( 33 ) V. sentenze Commissione/Italia (C‑372/99, EU:C:2002:42, punto 15); Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242, punto 37), e sentenza Pohotovosť (C‑470/12, EU:C:2014:101, punto 44).

( 34 ) V. sentenza Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242, punto 38).

( 35 ) Ibidem (punto 40).

( 36 ) Tuttavia, dalla decisione di rinvio sembra emergere che il giudice non è tenuto a sospendere le cause in questione. A tal riguardo, v. supra, nota 8.

( 37 ) V., in tal senso, sentenza Mascolo e a. (C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punti 8183).

( 38 ) V., in particolare, sentenze Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral (33/76, EU:C:1976:188, punto 5); Peterbroeck (C‑312/93, EU:C:1995:437, punto 12), nonché Impact (C‑268/06, EU:C:2008:223, punti da 44 a 46). V. anche sentenze Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 26); Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 50), e Barclays Bank (C‑280/13, EU:C:2014:279, punto 37).

( 39 ) V., in tal senso, sentenza Rosado Santana (C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 90).

( 40 ) Sentenza Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 33).

( 41 ) Ibidem (punto 35).

( 42 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Duarte Hueros (C‑32/12, EU:C:2013:128, paragrafo 53).

( 43 ) Sentenza Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 35).

( 44 ) Rilevo, per contro, che i giudici devono mantenere la possibilità di sospendere un dato procedimento individuale, per altre ragioni legittime, laddove la sospensione costituisca un mezzo adeguato e proporzionato per garantire una buona amministrazione della giustizia.

( 45 ) Raccomandazione della Commissione, dell’11 giugno 2013, pag. 64, punto 22.

( 46 ) Ad esempio, una clausola contrattuale può non essere abusiva in senso astratto ma esserlo soltanto in presenza di talune circostanze; ovvero può essere potenzialmente abusiva ma essere stata oggetto, in una situazione concreta, di una trattativa individuale e, di conseguenza, vincolare il consumatore interessato.

( 47 ) Questa interpretazione è accolta da taluni giudici nazionali che escludono la concessione della sospensione in base al rilievo che, inter alia, la diversa natura dell’azione individuale (controllo concreto) e dell’azione collettiva (controllo astratto e generale) osterebbe all’estensione degli effetti dalla seconda alla prima. V., in particolare, sentenze dell’Audiencia Provincial de Granada (tribunale provinciale di Granada) n. 128/2014, del 23 maggio 2014, dell’Audiencia Provincial de Oviedo (tribunale provinciale di Oviedo) n. 308/2014 e n. 141/2015, del 17 dicembre 2014 e del 20 maggio 2015, e dell’Audiencia Provincial de Girona (tribunale provinciale di Girona) n. 332/2014, del 3 dicembre 2014.

( 48 ) A tal riguardo, v. supra, paragrafo 41.

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