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Document 62014CC0258

Conclusioni dell’avvocato generale Y. Bot, presentate il 21 dicembre 2016.
Eugenia Florescu e a. contro Casa Judeţeană de Pensii Sibiu e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Alba Iulia.
Rinvio pregiudiziale – Articolo 143 TFUE – Difficoltà nella bilancia dei pagamenti di uno Stato membro – Sostegno finanziario dell’Unione europea – Memorandum d’intesa concluso tra l’Unione europea e lo Stato membro beneficiario – Politica sociale – Principio della parità di trattamento – Normativa nazionale che vieta il cumulo tra una pensione pubblica e i redditi salariali provenienti dall’esercizio di attività presso un’istituzione pubblica – Differenza di trattamento tra le persone il cui mandato ha una durata prevista dalla Costituzione e i magistrati di carriera.
Causa C-258/14.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:995

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 21 dicembre 2016 ( 1 )

Causa C‑258/14

Eugenia Florescu e altri

contro

Casa Judeţeană de Pensii Sibiu,

Casa Națională de Pensii și alte Drepturi de Asigurări Sociale,

Ministerul Muncii, Familiei și Protecției Sociale,

Statul român,

Ministerul Finanțelor Publice

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Alba Iulia (Corte d’appello di Alba Iulia, Romania)]

«Rinvio pregiudiziale — Principi del diritto dell’Unione — Politica sociale e parità di trattamento — Principi della certezza del diritto e del primato del diritto dell’Unione — Normativa nazionale che consente la revocazione di decisioni definitive in caso di violazione del principio del primato del diritto dell’Unione, ma soltanto nel settore amministrativo (non negli altri contenziosi) — Normativa nazionale che vieta il cumulo di una pensione di vecchiaia con i redditi da lavoro dipendente — Interpretazione di detta normativa da parte della Corte costituzionale rumena idonea a dar luogo ad una discriminazione fra le persone il cui mandato ha una durata prevista dalla Costituzione e i magistrati di carriera»

1. 

Nella presente causa, la Corte è stata investita dalla Curtea de Apel Alba Iulia (Corte d’appello di Alba Iulia, Romania) di diverse questioni pregiudiziali concernenti la conformità al diritto dell’Unione di una misura nazionale che prevede il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi risultanti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche, qualora il livello di quest’ultima sia superiore al livello della retribuzione media lorda nazionale che è servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato.

2. 

Tale giudice si chiede, in particolare, se le disposizioni della direttiva 2000/78/CE ( 2 ), nonché l’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 3 ), ostino ad una siffatta misura.

3. 

Tali questioni porteranno la Corte a valutare la natura del memorandum d’intesa fra la Comunità europea e la Romania, concluso a Bucarest e a Bruxelles il 23 giugno 2009 ( 4 ), al fine di stabilire se quest’ultimo possa essere considerato un atto compiuto dalle istituzioni ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Inoltre, dette questioni offriranno alla Corte l’occasione di verificare se la misura nazionale di cui al procedimento principale possa essere considerata un’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta.

4. 

Nelle presenti conclusioni, illustrerò le ragioni per cui ritengo che il memorandum d’intesa debba essere considerato un atto compiuto dalle istituzioni dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 267 TFUE e possa pertanto essere sottoposto all’interpretazione della Corte. Spiegherò perché, a mio avviso, tale memorandum debba essere interpretato nel senso che non impone l’adozione di una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche, qualora il livello di quest’ultima sia superiore alla retribuzione media lorda nazionale che è servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato.

5. 

Indicherò parimenti perché l’articolo 17 della Carta debba essere interpretato nel senso che non osta ad una siffatta normativa nazionale.

6. 

Illustrerò inoltre le ragioni per le quali ritengo che l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2000/78 debba essere interpretato nel senso che esso non si applica a tale normativa nazionale.

7. 

Infine, proporrò alla Corte di dichiarare che l’articolo 47 della Carta nonché i principi di equivalenza e di effettività devono essere interpretati nel senso che essi non ostano, in circostanze come quelle che caratterizzano il procedimento principale, al fatto che a un giudice nazionale non spetti la possibilità di revocare una decisione giurisdizionale definitiva pronunciata nel contesto di un ricorso di natura civile, quando tale decisione risulta incompatibile con un’interpretazione del diritto dell’Unione accolta dalla Corte, e ciò sebbene una siffatta possibilità sussista per quanto attiene alle decisioni giurisdizionali definitive incompatibili con il diritto dell’Unione pronunciate nel contesto dei ricorsi di natura amministrativa.

I – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

1. Diritto primario

a) La Carta

8.

Al titolo «Diritto di proprietà», l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, prevede quanto segue:

«Ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale».

9.

L’articolo 51 della Carta definisce l’ambito di applicazione di quest’ultima come segue:

«1.   Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei trattati.

2.   La presente Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei trattati».

b) Il Trattato UE

10.

L’articolo 6, paragrafo 1, primo e secondo comma, TUE, dispone quanto segue:

«L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella [Carta] del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati».

c) Il Trattato FUE

11.

Ai sensi dell’articolo 143 TFUE:

«1.   In caso di difficoltà o di grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti di uno Stato membro con deroga, provocate sia da uno squilibrio globale della sua bilancia dei pagamenti, sia dal tipo di valuta di cui esso dispone, e capaci in particolare di compromettere il funzionamento del mercato interno o l’attuazione della politica commerciale comune, la Commissione procede senza indugio a un esame della situazione dello Stato in questione e dell’azione che questo ha intrapreso o può intraprendere conformemente alle disposizioni dei trattati, facendo appello a tutti i mezzi di cui esso dispone. La Commissione indica le misure di cui raccomanda l’adozione da parte dello Stato interessato.

Se l’azione intrapresa da uno Stato membro con deroga e le misure consigliate dalla Commissione non appaiono sufficienti ad appianare le difficoltà o minacce di difficoltà incontrate, la Commissione raccomanda al Consiglio, previa consultazione del comitato economico e finanziario, il concorso reciproco e i metodi del caso.

La Commissione tiene informato regolarmente il Consiglio della situazione e della sua evoluzione.

2.   Il Consiglio accorda il concorso reciproco; stabilisce le direttive o decisioni fissandone le condizioni e modalità. Il concorso reciproco può assumere in particolare la forma di:

a)

un’azione concordata presso altre organizzazioni internazionali, alle quali gli Stati membri con deroga possono ricorrere;

b)

misure necessarie ad evitare deviazioni di traffico quando lo Stato membro con deroga che si trova in difficoltà mantenga o ristabilisca restrizioni quantitative nei confronti dei paesi terzi;

c)

concessione di crediti limitati da parte di altri Stati membri, con riserva del consenso di questi.

3.   Quando il concorso reciproco raccomandato dalla Commissione non sia stato accordato dal Consiglio ovvero il concorso reciproco accordato e le misure adottate risultino insufficienti, la Commissione autorizza lo Stato membro con deroga che si trova in difficoltà ad adottare delle misure di salvaguardia di cui essa definisce le condizioni e le modalità.

Tale autorizzazione può essere revocata e le condizioni e modalità modificate dal Consiglio».

2. Diritto derivato

a) Il regolamento n. 332/2002, la decisione 2009/458/CE e la decisione 2009/459/CE

12.

Il regolamento n. 332/2002 stabilisce le modalità applicabili al meccanismo di concorso reciproco previsto all’articolo 143 TFUE.

13.

In tal senso, l’articolo 1 di tale regolamento così recita:

«1.   È istituito un meccanismo comunitario di sostegno finanziario a medio termine inteso a consentire la concessione di prestiti ad uno o più Stati membri che si trovino in difficoltà o in grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti correnti o in quella dei movimenti di capitali. Possono beneficiare di tale meccanismo comunitario soltanto gli Stati membri che non hanno adottato l’euro.

L’esposizione creditizia, in conto capitale, dei prestiti che si possono accordare agli Stati membri nell’ambito di tale meccanismo è limitata a 50 miliardi EUR.

2.   La Commissione è autorizzata, ai sensi di una decisione che il Consiglio adotterà a norma dell’articolo 3 e previa consultazione del Comitato economico e finanziario, a contrarre prestiti a nome della Comunità europea sui mercati dei capitali o presso istituzioni finanziarie».

14.

L’articolo 3 di detto regolamento così recita:

«1.   Il meccanismo di sostegno finanziario a medio termine può essere attivato dal Consiglio su iniziativa:

a)

della Commissione, che agirà a norma dell’articolo 119 del trattato in accordo con lo Stato membro che desidera ricorrere al finanziamento comunitario;

b)

di uno Stato membro che si trovi in difficoltà o in grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti correnti o in quella dei movimenti di capitali;

2.   Lo Stato membro che desidera ricorrere al sostegno finanziario a medio termine effettua con la Commissione una valutazione delle sue esigenze finanziarie e presenta un progetto di programma di riassetto alla Commissione e al Comitato economico e finanziario. Il Consiglio, previo esame della situazione dello Stato membro interessato e del programma di riassetto da esso presentato a sostegno della domanda, decide, di norma nel corso della medesima sessione:

a)

sulla concessione di un prestito o di un’adeguata linea di credito, sul suo importo e sulla sua durata media;

b)

sulle condizioni di politica economica alle quali è subordinato il sostegno finanziario a medio termine al fine di ripristinare o di garantire una situazione sostenibile della bilancia dei pagamenti;

c)

sulle modalità del prestito o della linea di credito il cui versamento o prelievo sarà effettuato in linea di principio in quote successive. La liberazione di ogni quota è subordinata alla verifica dei risultati ottenuti nell’attuazione del programma rispetto agli obiettivi prefissi».

15.

L’articolo 3 bis del regolamento n. 332/2002 prevede quanto segue:

«La Commissione e gli Stati membri interessati concludono un memorandum di intesa che specifica le condizioni stabilite dal Consiglio a norma dell’articolo 3. La Commissione trasmette il memorandum di intesa al Parlamento europeo e al Consiglio».

16.

Ai sensi dell’articolo 1 della decisione 2009/458/CE ( 5 ), la Comunità concede il concorso reciproco alla Romania ai sensi dell’articolo 143 TFUE. Inoltre, con la decisione 2009/459/CE ( 6 ), la Comunità mette a disposizione della Romania un prestito a medio termine per un importo massimo di 5 miliardi di EUR ( 7 ).

17.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2:

«1.   Il sostegno è gestito dalla Commissione in modo coerente con gli impegni assunti dalla Romania e le raccomandazioni del Consiglio, in particolare le raccomandazioni per ciascun paese, nel contesto dell’attuazione del programma nazionale di riforme e del programma di convergenza.

2.   La Commissione concorda con le autorità rumene, previa consultazione del [comitato economico e finanziario], le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare il sostegno finanziario come previsto all’articolo 3, paragrafo 5, di questa stessa decisione. Tali condizioni sono fissate in un protocollo d’intesa coerente con gli impegni e le raccomandazioni di cui al paragrafo 1 (…)».

18.

A seguito di tali decisioni, è stato concluso il memorandum d’intesa.

19.

Il punto 5, lettera d), di tale memorandum d’intesa, intitolato «la riforma strutturale», contiene raccomandazioni relative a misure destinate a migliorare l’efficienza e l’efficacia della pubblica amministrazione, ad incrementare la qualità di quest’ultima in diversi settori, con particolare riferimento alle strutture decisionali, alla ripartizione delle responsabilità tra le istituzioni, all’organizzazione interna dei principali ministeri, alla sfera e alla responsabilizzazione per l’attuazione nonché l’adeguamento dei livelli degli effettivi e della gestione delle risorse umane.

b) La direttiva 2000/78

20.

Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2000/78, essa mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento.

21.

L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva, dispone quanto segue:

«1.   Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2.   Ai fini del paragrafo 1:

a)

sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

b)

sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che:

i)

tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (…)».

B – Diritto rumeno

22.

L’articolo 83 della legea n. 303/2004 privind statutul judecătorilor şi procurorilor (legge n. 303/2004 sullo statuto dei giudici e dei procuratori), del 28 giugno 2004 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 826, del 13 settembre 2005), consentiva il cumulo della funzione di magistrato unicamente con le funzioni di insegnante nell’ambito dell’insegnamento superiore. Inoltre, tale legge prevedeva che i giudici e i procuratori che fossero cessati dalle loro funzioni per pensionamento potessero cumulare la loro pensione di vecchiaia con i redditi provenienti da un’attività professionale, a prescindere dal livello di detti redditi.

23.

Il 5 novembre 2009 è stata adottata la legea n. 329/2009 privind reorganizarea unor autorităţi şi instituţii publice, raţionalizarea cheltuielilor publice, susţinerea mediului de afaceri şi respectarea acordurilor-cadru cu Comisia Europeană şi Fondul Monetar Internaţional [Monitorul Oficial al României, parte I, n. 761, del 9 novembre 2009 (legge n. 329/2009 sul riordino di alcune autorità e istituzioni pubbliche, sulla razionalizzazione della spesa pubblica, sul sostegno alle imprese e sul rispetto degli accordi quadro conclusi con la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale)] ( 8 ).

24.

L’articolo 2 di tale legge prevede che le misure istituite dalla medesima abbiano carattere eccezionale e siano finalizzate alla riduzione degli effetti della crisi economica e all’adempimento degli obblighi risultanti dal memorandum d’intesa e dall’accordo stand‑by concluso tra la Romania e la Commissione, nonché il Fondo Monetario Internazionale (FMI).

25.

Detta legge ha segnatamente imposto una riduzione dell’importo delle retribuzioni, misura che è stata applicata nell’ambito dell’insegnamento universitario. In forza dell’articolo 3 di questa stessa legge, le misure adottate in conformità al memorandum d’intesa mirano a superare la crisi finanziaria. Esse consistono nella riduzione dei costi del personale della pubblica amministrazione, tramite la riduzione delle retribuzioni, nonché tramite la riorganizzazione o la soppressione di autorità o istituzioni pubbliche, a seguito del loro raggruppamento tramite incorporazione, fusione, divisione o riduzione degli effettivi.

26.

Gli articoli da 17 a 26 della legge n. 329/2009 vietano il cumulo della pensione netta con i redditi provenienti da attività svolte presso istituzioni pubbliche qualora il livello di quest’ultima sia superiore al livello della retribuzione media lorda nazionale che è servita da base per il bilancio della previdenza sociale dello Stato.

27.

Più precisamente, l’articolo 17 di tale legge indica che i titolari del diritto alla pensione, che siano iscritti al sistema pensionistico pubblico o ai regimi pensionistici non integrati nel sistema pubblico, che percepiscano redditi da lavoro dipendente o, a seconda dei casi, redditi assimilati a questi ultimi, in conformità alla legge, risultanti dall’esercizio di un’attività in forza di un contratto individuale di lavoro, di un rapporto di servizio o di un atto di nomina, in conformità alla legge, presso un’autorità o un’istituzione pubblica centrale o locale, indipendentemente dalle modalità di finanziamento e dal livello di subordinazione della medesima, presso un’azienda autonoma, una società nazionale, una compagnia nazionale o una società commerciale il cui capitale sociale è detenuto integralmente o in via maggioritaria dallo Stato o da un ente amministrativo o territoriale, possono cumulare la pensione netta con i redditi così percepiti, purché il livello di quest’ultima non sia superiore al livello della retribuzione media lorda servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato e approvata dalla legge sul bilancio della previdenza sociale dello Stato.

28.

L’articolo 18 di detta legge prevede che i pensionati di cui all’articolo 17 di quest’ultima, che svolgono attività professionali basate su un contratto individuale di lavoro, un rapporto di servizio o un atto di nomina siano obbligati, entro 15 giorni dall’entrata in vigore del capo in cui figura tale disposizione, ad esprimere per iscritto l’opzione tra la sospensione del pagamento della pensione per la durata dell’esercizio dell’attività e la cessazione del rapporto di lavoro, di servizio o degli effetti dell’atto di nomina, qualora il livello della pensione netta versata ai medesimi sia superiore al livello della retribuzione media lorda nazionale.

29.

Infine, l’articolo 20 della legge n. 329/2009 dispone che il mancato adempimento di tale obbligo di esprimere l’opzione entro il termine previsto produce di diritto la cessazione del rapporto di lavoro stabilito sulla base del contratto individuale di lavoro o dell’atto di nomina, nonché del rapporto di servizio.

30.

Né il memorandum d’intesa né tale legge fanno riferimento alle autorità giudiziarie o alle procure né ai giudici o ai procuratori in pensione.

31.

Secondo l’articolo 21 della legea n. 554/2004 contenciosului administrativ (legge n. 554/2004 sul contenzioso amministrativo) ( 9 ), del 2 dicembre 2004 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 1154, del 7 dicembre 2004), costituisce un motivo di revocazione, in aggiunta a quelli previsti dal codice di procedura civile, la pronuncia di una sentenza definitiva e passata in giudicato, in violazione del principio del primato del diritto dell’Unione previsto all’articolo 148, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 20, paragrafo 2, della Costituzione rumena, come modificata.

II – Fatti

32.

I ricorrenti sono magistrati che, dopo essere entrati in magistratura, hanno tutti svolto anche l’attività di insegnanti presso la facoltà di legge, cariche alle quali hanno avuto accesso tramite concorso. Essi hanno dunque svolto, in maniera cumulativa, la professione di magistrato e quella di insegnante universitario.

33.

Nel corso nel 2009 i ricorrenti sono stati collocati a riposo in relazione alla carica di magistrato e hanno continuato ad insegnare all’università. Prima del 2009 tale cumulo di una pensione di vecchiaia proveniente dalla funzione pubblica con un impiego in questa stessa funzione era autorizzato, indipendentemente dal livello dei redditi provenienti da tale attività professionale.

34.

A partire dall’entrata in vigore della legge n. 329/2009, i ricorrenti non possono più cumulare la loro pensione di magistrato con la retribuzione proveniente dalle università, qualora il livello di tale pensione superi il livello della retribuzione media lorda nazionale servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato. Il giudice del rinvio precisa che, alla data di attuazione di tale divieto, nel paese non vi erano più di dieci giudici e procuratori che cumulavano la pensione contributiva di magistrato e lo stipendio di insegnante universitario.

35.

Con sentenza del 4 novembre 2009 la Curtea Constituţională (Corte costituzionale, Romania) ha dichiarato la legittimità costituzionale della legge n. 329/2009.

36.

Il 28 dicembre 2009 la Casa Judeţeană de Pensii Sibiu (cassa pensioni di Sibiu, Romania) ha deciso di sospendere il pagamento delle pensioni versate a ciascun ricorrente.

37.

Con atto del 1o marzo 2010 i ricorrenti hanno adito il Tribunalul Sibiu (Tribunale di Sibiu, Romania) chiedendo, segnatamente, l’annullamento della decisione del 28 dicembre 2009. Con sentenza del 3 maggio 2012, tale tribunale ha respinto il ricorso proposto dai ricorrenti.

38.

Questi ultimi hanno impugnato tale sentenza dinanzi alla Curtea de Apel Alba Iulia (Corte d’appello di Alba Iulia) chiedendo, ancora una volta, che la Corte fosse investita di una domanda di interpretazione. Con sentenza del 9 novembre 2012 la Curtea de Apel Alba Iulia, Secția pentru conflicte de muncă și asigurări sociale (Corte d’appello di Alba Iulia, Sezione del contenzioso in materia di lavoro e previdenziale, Romania) ha respinto il ricorso.

39.

Dinanzi al giudice del rinvio, i ricorrenti chiedono la revocazione di tale sentenza, segnatamente in quanto essi ritengono che il giudice che l’ha pronunciata non abbia illustrato, in detta sentenza, i motivi del suo diniego di attribuire un effetto diretto e di accordare il primato alle disposizioni del Trattato FUE, nonché del suo diniego di applicare la giurisprudenza rilevante della Corte.

III – Questioni pregiudiziali

40.

La Curtea de Apel Alba Iulia (Corte d’appello di Alba Iulia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se [il memorandum d’intesa] possa essere considerato un atto, una decisione, una comunicazione ecc. con valore giuridico ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia [sentenze del 3 febbraio 1976, Manghera e a., (59/75, EU:C:1976:14) e del 20 marzo 1997, Francia/Commissione (C‑57/95, EU:C:1997:164)] e possa essere sottoposto all’interpretazione della Corte.

2)

In caso affermativo, se [il memorandum d’intesa] debba essere interpretato nel senso che, al fine di ridurre gli effetti della crisi economica mediante la riduzione delle spese per il personale, la Commissione possa legittimamente imporre l’adozione di una legge nazionale mediante la quale viene revocato il diritto di una persona di percepire una pensione contributiva maturata nel corso di più di 30 anni, legalmente stabilita e percepita prima di tale legge, a motivo del fatto che tale persona percepisce uno stipendio per un’attività prestata sulla base di un contratto di lavoro, diversa da quella per la quale è pensionata.

3)

Se [tale memorandum d’intesa] debba essere interpretato nel senso che, al fine di ridurre la crisi economica, la Commissione possa legittimamente imporre l’adozione di una legge nazionale mediante la quale viene revocato totalmente e sine die il diritto di una persona di percepire una pensione contributiva maturata nel corso di più di 30 anni, legalmente stabilita e percepita prima della legge, a motivo del fatto che tale persona percepisce uno stipendio per un’attività prestata sulla base di un contratto di lavoro, diversa da quella per la quale è pensionata.

4)

Se il memorandum in integrum e in particolare il punto 5, lettera d), dello stesso, relativo al riordino e al miglioramento dell’efficienza della pubblica amministrazione, debba essere interpretato nel senso che, al fine di ridurre la crisi economica, la Commissione abbia legittimamente imposto l’adozione di una legge nazionale che introduce, per i funzionari pensionati dalle pubbliche istituzioni, il divieto di cumulo della pensione con lo stipendio.

5)

Se gli articoli 17, 20, 21 e 47 della Carta, l’articolo 6 TUE, l’articolo 110 TFUE, il principio della certezza del diritto sancito dal diritto dell’Unione e la giurisprudenza della Corte possano essere interpretati nel senso che ostano ad una norma come l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004, che prevede, nell’ipotesi di violazione del principio del primato del diritto dell’Unione, la possibilità di revocazione delle decisioni giurisdizionali nazionali esclusivamente nell’ambito del contenzioso amministrativo e che non permette la possibilità di revocazione delle decisioni giurisdizionali nazionali pronunciate in ambiti diversi (materia civile, penale, commerciale) nell’ipotesi della violazione, da parte di tali decisioni, dello stesso principio del primato del diritto dell’Unione.

6)

Se l’articolo 6 TUE, nella sua versione consolidata del 2010, osti a una normativa di uno Stato membro che subordina il pagamento della pensione dei magistrati di carriera, stabilita sulla base della loro contribuzione per più di 30 anni di anzianità in magistratura, alla cessazione del loro contratto di lavoro nell’ambito dell’insegnamento universitario del diritto.

7)

Se l’articolo 6 TUE, nella sua versione consolidata del 2010, l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta e la giurisprudenza della Corte ostino a una normativa che espropria il titolare dal suo diritto alla pensione, sebbene questo sia stabilito sulla base di una contribuzione di più di 30 anni, mentre per l’attività universitaria i magistrati hanno separatamente versato e continuano a versare contribuiti pensionistici.

8)

Se l’articolo 6 TUE, nella sua versione consolidata del 2010, nonché l’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78 sulla parità di trattamento fra le persone, indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, e la giurisprudenza della Corte ostino a una sentenza pronunciata dalla Corte Costituzionale di uno Stato membro, la quale, in sede di controllo di costituzionalità della legge, stabilisce che il diritto al cumulo della pensione con lo stipendio spetta soltanto alle persone nominate con un mandato, escludendo in tal modo da tale diritto i magistrati di carriera, ai quali è vietato il percepimento della pensione stabilita sulla base della contribuzione personale per più di 30 anni in ragione del fatto che questi ultimi hanno mantenuto l’incarico didattico nell’ambito dell’insegnamento universitario del diritto.

9)

Se l’articolo 6 TUE, nella sua versione consolidata del 2010, e la giurisprudenza della Corte ostino a una normativa che subordina sine die il pagamento della pensione dei magistrati, stabilita sulla base di una contribuzione di più di 30 anni, alla cessazione dell’attività universitaria.

10)

Se l’articolo 6 TUE, nella sua versione consolidata del 2010, e la giurisprudenza della Corte ostino a una normativa che infrange il giusto equilibrio che deve essere salvaguardato tra la tutela della proprietà individuale e le esigenze di interesse generale, obbligando soltanto una determinata categorie di persone a subire la perdita della pensione di magistrato in ragione del fatto che svolgono un’attività universitaria».

IV – Analisi

41.

Al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, propongo alla Corte di riformulare nei seguenti termini le questioni sollevate.

42.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede se il memorandum d’intesa possa essere considerato un atto compiuto da un’istituzione dell’Unione ai sensi dell’articolo 267 TFUE ed essere sottoposto, in tal caso, all’interpretazione della Corte.

43.

Con le questioni dalla seconda alla quarta, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, in caso di risposta affermativa alla prima questione, tale memorandum d’intesa possa avere come effetto di imporre l’adozione di una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche qualora il livello di quest’ultima sia superiore alla retribuzione media lorda nazionale servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato.

44.

Con la sesta, la settima, la nona e la decima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se l’articolo 6 TUE nonché gli articoli 17, 20 e 21 della Carta debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche qualora il livello di quest’ultima superi una determinata soglia.

45.

Con l’ottava questione, mi sembra di capire che il giudice del rinvio chieda alla Corte, in sostanza, di stabilire se l’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78, debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede, in relazione alle persone impiegate nel settore pubblico, il divieto di cumulo della pensione netta con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche qualora il livello di quest’ultima superi il livello della retribuzione media lorda nazionale servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato, mentre tale normativa non si applica alle persone impiegate nel settore pubblico in situazioni di cumulo, le quali percepiscono redditi da lavoro dall’esercizio di un mandato previsto dalla Costituzione rumena.

46.

Infine, con la quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 47 della Carta nonché i principi di equivalenza e di effettività debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che prevede che, in caso di violazione del principio del primato del diritto dell’Unione, solo le decisioni giurisdizionali definitive e irrevocabili pronunciate nel contesto dei ricorsi di natura amministrativa possano essere oggetto di revocazione, e non le decisioni pronunciate negli altri settori, come quello civile, penale o commerciale.

A – Sulla prima questione, relativa alla competenza della Corte ad interpretare il memorandum d’intesa

47.

La prima questione sollevata dal giudice del rinvio è intesa, in realtà, a stabilire se un memorandum d’intesa, come quello di cui al procedimento principale, rientri negli atti compiuti dalle istituzioni dell’Unione ai sensi dell’articolo 267, lettera b), TFUE, consentendo in tal modo alla Corte di interpretarlo.

48.

Ricordo che tale articolo dispone che la Corte è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione. La Corte ha dichiarato che tale disposizione le attribuisce «la competenza a statuire, in via pregiudiziale, sulla validità e sull’interpretazione degli atti adottati dalle istituzioni [dell’Unione], senza alcuna eccezione» ( 10 ) .

49.

Per questo motivo, è pacifico, a mio avviso, che il memorandum d’intesa è un atto compiuto dalle istituzioni. Infatti, esso è stato adottato sulla base dell’articolo 143 TFUE, il quale conferisce all’Unione la competenza a garantire gli impegni nei confronti di uno Stato membro. In tal senso, tale articolo prevede la possibilità di accordare un concorso reciproco ad uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sul quale incomba una grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti; la Commissione è l’istituzione che raccomanda tale concorso reciproco e il Consiglio l’approva tramite decisione.

50.

Il regolamento n. 332/2002 stabilisce perciò le modalità applicabili al meccanismo di concorso reciproco previsto a detto articolo. In particolare, l’articolo 1, paragrafo 2, di tale regolamento, indica che la Commissione è autorizzata, ai sensi di una decisione che il Consiglio adotterà a norma dell’articolo 3 e previa consultazione del Comitato economico e finanziario, a contrarre prestiti a nome della Comunità sui mercati dei capitali o presso istituzioni finanziarie.

51.

L’articolo 3 bis, prima frase, di detto regolamento, dispone che la Commissione e gli Stati membri interessati concludono un memorandum di intesa che specifica le condizioni stabilite dal Consiglio a norma dell’articolo 3 del medesimo regolamento. Il memorandum d’intesa concluso fra la Comunità europea e la Romania è stato adottato esattamente secondo tale procedura, in quanto il Consiglio ha adottato in via successiva due decisioni, l’una che concede un concorso reciproco alla Romania in forza dell’articolo 143 TFUE ( 11 ), l’altra che mette a disposizione di tale Stato membro un prestito a medio termine per un importo massimo di EUR 5 miliardi ( 12 ).

52.

Il memorandum d’intesa costituisce pertanto la concretizzazione di un impegno fra l’Unione e uno Stato membro su un programma economico, negoziato fra tali parti, con il quale detto Stato membro si impegna a rispettare obiettivi economici previamente definiti al fine di poter beneficiare, fatto salvo il rispetto di tale impegno, del sostegno finanziario dell’Unione.

53.

È vero che, come ricordato dalla Commissione in udienza, il memorandum d’intesa non esplica effetti giuridici obbligatori. Tuttavia, contrariamente ai requisiti di ricevibilità previsti in relazione al ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, il procedimento di rinvio pregiudiziale previsto all’articolo 267 TFUE non esige che l’atto oggetto di interpretazione sia destinato a produrre effetti giuridici. È sufficiente che l’atto in questione sia «[un atto] compiut[o] dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione». A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che il rinvio pregiudiziale può avere ad oggetto anche atti dell’Unione non vincolanti ( 13 ).

54.

Di conseguenza, la natura peculiare del memorandum d’intesa non osta alla sua interpretazione da parte della Corte nell’ambito di un rinvio pregiudiziale.

55.

Ritengo pertanto che il memorandum d’intesa debba essere considerato un atto compiuto dalle istituzioni dell’Unione ai sensi dell’articolo 267 TFUE, e che la Corte sia competente ad interpretarlo.

B – Sulle questioni dalla seconda alla quarta, relative all’interpretazione del memorandum d’intesa

56.

Con tali questioni, il giudice del rinvio chiede se il memorandum d’intesa possa avere come effetto quello di imporre l’adozione di una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede il divieto di cumulo della pensione netta con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche qualora il livello di quest’ultima sia superiore al livello della retribuzione media lorda nazionale servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato.

57.

Come menzionato al paragrafo 52 delle presenti conclusioni, il memorandum d’intesa subordina la concessione di un sostegno finanziario della Comunità al rispetto degli impegni economici assunti dalla Romania. Il punto 5, primo comma, di tale memorandum indica, a tal riguardo, che il versamento di ciascuna rata verrà effettuato fatta salva l’esecuzione del programma economico del governo rumeno. In relazione a ciascuna rata, sono stati fissati criteri specifici di politica economica; i quali vengono specificati all’allegato I a detto memorandum.

58.

Inoltre, il memorandum d’intesa definisce gli obiettivi generali del programma economico stabilito dalla Romania. Se è vero che tale memorandum prevede che il sistema delle pensioni debba essere riformato, precisando talune misure concrete come l’innalzamento dell’età pensionabile o l’indicizzazione delle pensioni del settore pubblico sui prezzi al consumo ( 14 ), è giocoforza constatare che non viene mai menzionato un divieto di cumulo della pensione del settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche.

59.

Come precisato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte ( 15 ), spetta alle autorità rumene attuare le misure che esse reputano idonee e necessarie al conseguimento degli obiettivi generali definiti nel memorandum d’intesa.

60.

Ne consegue che tale memorandum deve essere interpretato nel senso che esso non impone l’adozione di una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche, qualora il livello di quest’ultima sia superiore al livello della retribuzione media lorda nazionale servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato.

C – Sulla sesta, sulla settima, sulla nona e sulla decima questione, relative all’interpretazione dell’articolo 6 TFUE, nonché degli articoli 17, 20 e 21 della Carta

61.

Con la sesta, la settima, la nona e la decima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se l’articolo 6 TUE nonché gli articoli 17, 20 e 21 della Carta debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche, qualora il livello di quest’ultima superi una determinata soglia.

62.

A tal riguardo, occorre anzitutto ricordare che i precetti inerenti alla tutela dei diritti fondamentali vincolano gli Stati membri ogniqualvolta questi sono chiamati ad applicare il diritto dell’Unione ( 16 ).

63.

Infatti, i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse. A tal proposito la Corte ha già ricordato che essa, per quanto riguarda la Carta, non può valutare una normativa nazionale che non si colloca nell’ambito del diritto dell’Unione. Per contro, una volta che una siffatta normativa rientra nell’ambito di applicazione di tale diritto, la Corte, adita in via pregiudiziale, deve fornire tutti gli elementi di interpretazione necessari per la valutazione, da parte del giudice nazionale, della conformità di tale normativa con i diritti fondamentali di cui essa garantisce il rispetto ( 17 ).

64.

Di conseguenza, si pone fondamentalmente la questione se, nella specie, la legge n. 329/2009 costituisca un’attuazione del memorandum d’intesa ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta e della summenzionata giurisprudenza.

1. Sull’applicazione della Carta

65.

La legge n. 329/2009 è stata adottata proprio per conformarsi agli impegni assunti dalla Romania nei confronti della Comunità, impegni che figurano nel memorandum d’intesa; tale circostanza risulta espressamente dal testo stesso di detta legge, essendo essa intitolata «Legge sul riordino di alcune autorità e istituzioni pubbliche, sulla razionalizzazione della spesa pubblica, sul sostegno alle imprese e sul rispetto degli accordi quadro conclusi con la [Commissione] e il [FMI]».

66.

Analogamente, l’articolo 2 di detta legge è scevro da ambiguità, nella misura in cui indica che le misure da essa istituite rivestono un carattere eccezionale e sono finalizzate alla riduzione degli effetti della crisi economica e all’adempimento degli obblighi derivanti dal memorandum d’intesa e dall’accordo stand‑by concluso tra la Romania e la Commissione, nonché il FMI.

67.

Come si è visto ai paragrafi da 49 a 52 delle presenti conclusioni, tale memorandum d’intesa concretizza il procedimento risultante dall’articolo 143 TFUE. Su tale base sono state adottate due decisioni del Consiglio, fra cui la decisione 2009/459, la quale prevede il pagamento di ciascuna nuova rata del sostegno finanziario nel caso di attuazione efficace del nuovo programma economico del governo rumeno, le cui condizioni sono stabilite in detto memorandum d’intesa ( 18 ).

68.

Fra tali condizioni, rilevo che il punto 5, lettera a), del memorandum d’intesa, prevede una riduzione della massa salariale del settore pubblico, mentre questo stesso punto, lettera b), quarto comma, indica che, al fine di migliorare nel lungo termine le finanze pubbliche, i parametri chiave del sistema delle pensioni verranno riformati.

69.

Risulta da quanto precede che la legge n. 329/2009 è stata adottata al fine di attuare tali impegni assunti dalla Romania nel memorandum d’intesa che, come si è visto ai paragrafi da 49 a 52 delle presenti conclusioni, fa parte del diritto dell’Unione. Di conseguenza, la situazione dei ricorrenti nel procedimento principale è effettivamente disciplinata dal diritto dell’Unione.

70.

Poco importa, al riguardo, che il memorandum d’intesa lasci un margine di manovra alla Romania per decidere le misure più idonee ad indurre al rispetto di detti impegni, come la misura di cui al procedimento principale, la quale prevede il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche qualora il livello di quest’ultima superi una determinata soglia. A mio avviso, gli obiettivi previsti dall’articolo 3, paragrafo 5, della decisione 2009/459, nonché dal memorandum d’intesa, sono sufficientemente dettagliati e precisi da costituire una normativa del diritto dell’Unione specifica in materia, diversamente da mere raccomandazioni adottate dal Consiglio, sulla base dell’articolo 126 TFUE, nei confronti degli Stati membri il cui disavanzo pubblico sia considerato eccessivo.

71.

Di conseguenza, ritengo che la legge n. 329/2009 attui il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta e che sia dunque applicabile alla controversia di cui al procedimento principale.

2. Sulla violazione degli articoli 17, 20 e 21 della Carta

72.

Anzitutto, preciso che la mia analisi verterà unicamente sull’articolo 17 della Carta. Infatti, per quanto attiene agli articoli 20 e 21 di quest’ultima, è giocoforza constatare che il giudice del rinvio si limita a menzionarli nella questione pregiudiziale, senza tuttavia spiegare in che senso la misura nazionale di cui al procedimento principale violerebbe tali articoli.

73.

Secondo l’articolo 17 della Carta, «[o]gni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale».

74.

Al fine di determinare la portata del diritto fondamentale al rispetto della proprietà, occorre prendere in considerazione, segnatamente, l’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, il quale sancisce tale diritto ( 19 ). A tal riguardo, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha avuto l’occasione, a più riprese, di pronunciarsi sul diritto alla pensione.

75.

In tal senso, essa ha dichiarato che «[tale articolo] non crea un diritto ad acquisire beni. [Esso] non impone alcuna restrizione alla libertà degli Stati contraenti di decidere di instaurare o meno un regime di tutela sociale o di scegliere il tipo o il livello delle prestazioni che dovrebbero essere accordate in forza di un siffatto regime. Per contro, allorché uno Stato contraente attua una normativa che prevede il versamento automatico di una prestazione previdenziale – a prescindere dalla circostanza che la concessione di tale prestazione dipenda o meno dal previo versamento dei contributi –, si deve ritenere che tale normativa generi un interesse patrimoniale che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 per le persone che soddisfano le sue condizioni» ( 20 ).

76.

Inoltre, secondo la giurisprudenza costante della Corte europea dei diritti dell’uomo, il diritto alla pensione non è garantito, come tale, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ( 21 ), e l’articolo 1 del protocollo n. 1 non può essere interpretato nel senso che esso fa sorgere il diritto ad una pensione di un determinato importo ( 22 ).

77.

Non ravviso alcuna ragione per seguire una posizione diversa nella presente causa avviata dinanzi alla Corte. È pacifico che il diritto alla pensione, di cui i ricorrenti nel procedimento principale sono titolari, è sorto dai contributi degli assicurati, nella specie dei magistrati. Questi ultimi hanno acquisito un diritto di proprietà sulla pensione stabilita sulla base della loro attività, e la pensione fa dunque parte dei loro diritti patrimoniali. Peraltro, per tre dei ricorrenti, tale diritto è stato trasmesso all’erede dell’assicurato deceduto. Di conseguenza, il diritto alla pensione rientra certamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 17 della Carta.

78.

Tale disposizione prevede due forme di possibile violazione del diritto del proprietario, ossia la privazione pura e semplice di tale diritto («[n]essuna persona può essere privata della proprietà») oppure la restrizione del suo uso («[l]’uso dei beni può essere regolato dalla legge») ( 23 ).

79.

Nella specie, ritengo che il divieto di cumulo della pensione nel settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche non possa essere considerato un atto che comporta la privazione pura e semplice della proprietà, nella misura in cui il «proprietario» resta libero di disporre del suo bene, nella specie della pensione. Infatti, le persone che si trovano nella situazione dei ricorrenti nel procedimento principale devono scegliere se percepire tale pensione o continuare il loro rapporto di lavoro. Esse non vengono affatto private di detta pensione.

80.

Per contro, è indubbio che tale divieto instaurato dalla legge n. 329/2009 restringe effettivamente l’uso della proprietà, limitandone temporaneamente il godimento. Una siffatta restrizione può essere ammessa, ai sensi dell’articolo 17 della Carta, solo se essa è «[regolata] dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale». Tale frase trova riscontro, a mio avviso, nell’articolo 52, paragrafo 1, di tale Carta, il quale prevede che «[e]ventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla [medesima] devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni [all’esercizio di tali diritti e di tali libertà] solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

81.

Se la limitazione del diritto di proprietà tramite il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi provenienti da un’attività esercitata presso un’istituzione pubblica è effettivamente regolata dalla legge rumena, resta da stabilire se essa rispetti il contenuto essenziale del diritto di proprietà, se sia necessaria, e se risponda ad un obiettivo di interesse generale.

82.

Per quanto attiene a quest’ultimo punto, mi sembra pacifico che l’obiettivo consistente nel ridurre gli effetti della crisi economica e nell’adempiere agli obblighi risultanti dal memorandum d’intesa e dall’accordo stand‑by conclusi tra la Romania e la Commissione, nonché il FMI, è un obiettivo di interesse generale.

83.

Inoltre, ritengo che la legge n. 329/2009 non rimetta in discussione la garanzia stessa del diritto di proprietà. Infatti, come si evince dal testo dell’articolo 2 di tale legge, quest’ultima riveste carattere eccezionale. Essa non è destinata a durare nel tempo. Inoltre, essa non rimette in discussione il principio stesso del diritto alla pensione, bensì ne limita l’uso in circostanze ben definite e regolamentate, ossia allorché la pensione viene cumulata con un’attività esercitata presso istituzioni pubbliche e supera una certa soglia.

84.

Quanto alla necessità della normativa nazionale in questione, mi sembra che, nel contesto estremamente particolare della crisi economica con la quale gli Stati membri vengono confrontati, questi ultimi, nonché le istituzioni dell’Unione, sono sicuramente nella posizione migliore per stabilire quali misure siano idonee ad avere l’impatto più efficace per risanare la spesa pubblica. In tal senso, ritengo che gli Stati membri dispongano di un ampio potere discrezionale in materia. Del resto, ricordo che le persone interessate dalla misura devono scegliere se conservare il versamento della pensione oppure continuare ad esercitare un’attività presso un’istituzione pubblica soltanto nel caso in cui la loro pensione superi il livello della retribuzione media lorda nazionale che è servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato. Inoltre, i ricorrenti si vedono sospendere il versamento della pensione solo temporaneamente, fino alla cessazione del rapporto di lavoro.

85.

Essi non sono neanche privi di qualsiasi fonte di reddito, in quanto ricavano un reddito esattamente dall’attività professionale svolta presso l’istituzione pubblica.

86.

Infine, a mio avviso, la legge n. 329/2009 non fa gravare sui ricorrenti nel procedimento principale un onere sproporzionato ed eccessivo, in quanto essi possono scegliere in qualsiasi momento di porre fine al loro rapporto di lavoro e percepire nuovamente la loro pensione.

87.

Di conseguenza, alla luce di tutti questi elementi, ritengo che l’articolo 17 della Carta debba essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede che il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche qualora il livello di quest’ultima superi una certa soglia.

D – Sull’ottava questione, relativa all’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78

88.

Nella causa sfociata nella sentenza del 21 maggio 2015, SCMD ( 24 ), la Corte era chiamata a stabilire, in sostanza, se l’articolo 17 della legge n. 329/2009, che impone la cessazione di pieno diritto del rapporto di lavoro o del rapporto di servizio degli impiegati del settore pubblico che beneficiano, inoltre, di una pensione di vecchiaia superiore alla retribuzione media lorda, qualora non abbiano optato per il proseguimento di tale rapporto di lavoro o di tale rapporto di servizio entro un termine determinato, crei una discriminazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, e dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2000/78. La Corte ha concluso che tali disposizioni erano inapplicabili alla normativa nazionale di cui a tale causa.

89.

Poiché la normativa nazionale oggetto della causa sfociata nella sentenza SCMD ( 25 ) è la stessa che viene contestata nel procedimento principale, non vedo alcun motivo per discostarmi dal ragionamento e dalla decisione adottati dalla Corte in tale causa, e ciò a maggior ragione in quanto il giudice del rinvio nella causa in esame – come, del resto, i ricorrenti nel procedimento principale – non illustra il collegamento fra lo status di pensionato acquisito dai magistrati di cui alla presente causa e uno dei motivi di discriminazione previsti all’articolo 1 della direttiva 2000/78.

90.

Infatti, è giocoforza constatare che il giudice del rinvio si limita a citare una sentenza della Curtea Constituţională (Corte costituzionale) del 4 novembre 2009, con la quale essa ha dichiarato la legittimità costituzionale della legge n. 329/2009, nella misura in cui le disposizioni del suo capitolo IV, di cui fanno parte gli articoli da 17 a 26 di tale legge, non riguardano le persone il cui mandato ha una durata fissata espressamente dalla Costituzione, confermando dunque la costituzionalità di detta legge per quanto riguarda i magistrati di carriera.

91.

Occorre ricordare, a tal riguardo, che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, per «principio della parità di trattamento» deve essere intesa l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1 di detta direttiva, fra i quali figura l’età ( 26 ).

92.

Orbene, come rilevato dalla Corte nella causa sfociata nella sentenza SCMD, la cessazione del rapporto di lavoro o del rapporto di servizio viene unicamente imposta, in conformità alle disposizioni nazionali di cui trattasi, alle persone impiegate nel settore pubblico che beneficiano di una pensione di vecchiaia di importo superiore alla retribuzione media lorda nazionale e che non hanno optato per il proseguimento di tale rapporto di lavoro o di tale rapporto di servizio entro un termine determinato ( 27 ).

93.

La disparità di trattamento non è pertanto fondata sull’età bensì sulla qualità di impiegato del settore pubblico e sul fatto che l’importo della pensione di vecchiaia percepita da tale impiegato è superiore alla retribuzione media lorda nazionale ( 28 ).

94.

Di conseguenza, come dichiarato dalla Corte al punto 31 della sentenza SCMD, una situazione come quella che ci viene attualmente sottoposta non rientra nell’ambito generale stabilito dall’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2000/78 al fine di lottare contro determinate discriminazioni.

95.

Ritengo dunque che tale articolo debba essere interpretato nel senso che esso non si applica ad una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede, per le persone impiegate nel settore pubblico, il divieto di cumulo della pensione netta con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche, qualora il livello di quest’ultima sia superiore alla retribuzione media lorda nazionale che è servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato.

E – Sulla quinta questione, relativa al diritto ad un ricorso effettivo e al rispetto dei principi di equivalenza e di effettività

96.

Con la quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 47 della Carta nonché i principi di equivalenza e di effettività debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che prevede che, in caso di violazione del principio del primato del diritto dell’Unione, solo le decisioni giurisdizionali definitive e irrevocabili pronunciate nel contesto di ricorsi di natura amministrativa possano essere oggetto di revocazione, e non le decisioni pronunciate in altri settori, come quello civile, penale o commerciale.

97.

Ricordo che, nella causa principale, il giudice del rinvio è investito di un ricorso di revocazione avverso una sentenza civile pronunciata dalla Curtea de Apel Alba Iulia, Secţia pentru conflicte de muncă şi asigurări sociale (Corte d’appello di Alba Iulia, Sezione del contenzioso in materia di lavoro e previdenziale) avente ad oggetto la contestazione di una decisione di pensionamento.

98.

Anzitutto, occorre rilevare che la Corte ha già esaminato tale questione nella causa sfociata nella sentenza del 6 ottobre 2015, Târșia ( 29 ). Infatti, in tale causa, il Tribunalul Sibiu (Tribunale di Sibiu) aveva chiesto alla Corte se il diritto dell’Unione, e segnatamente i principi di equivalenza e di effettività, doveva essere interpretato nel senso che osta alla circostanza che un giudice nazionale non disponga della possibilità di revocare una decisione giurisdizionale definitiva pronunciata nel contesto di un ricorso di tipo civile, allorquando tale decisione si rivela incompatibile con un’interpretazione del diritto dell’Unione accolta dalla Corte successivamente alla data in cui l’anzidetta decisione è divenuta definitiva, e ciò sebbene una possibilità del genere sussista per quanto attiene alle decisioni giurisdizionali definitive incompatibili con il diritto dell’Unione pronunciate nel contesto dei ricorsi di natura amministrativa.

99.

Nella causa Târșia, come nella presente causa, la disposizione nazionale contestata era l’articolo 21 della legge n. 554/2004 sul contenzioso amministrativo.

100.

Orbene, la Corte ha dichiarato, al punto 34 di tale sentenza, che «[il principio di equivalenza] presuppone un pari trattamento dei ricorsi basati su una violazione del diritto nazionale e di quelli, analoghi, basati su una violazione del diritto dell’Unione, e non già l’equivalenza delle norme processuali nazionali applicabili a contenziosi aventi diversa natura quali, come accade nel procedimento principale, il contenzioso civile, da un canto, e il contenzioso amministrativo, dall’altro. Inoltre, [tale principio] non è rilevante in una situazione come quella del procedimento principale, che riguarda due tipi di ricorsi fondati, sia l’uno sia l’altro, su una violazione del diritto dell’Unione». La Corte ne ha dunque concluso che detto principio non ostava ad una disposizione nazionale come l’articolo 21 della legge n. 554/2004.

101.

Inoltre, per quanto attiene al principio di effettività, la Corte ha affermato, al punto 38 di detta sentenza, che «[essa] ha a più riprese ricordato l’importanza che riveste il principio dell’autorità del giudicato (…). Essa ha statuito, ad esempio, che diritto dell’Unione non esige che, per tener conto dell’interpretazione di una disposizione pertinente di tale diritto offerta dalla Corte posteriormente alla decisione di un organo giurisdizionale avente autorità di cosa giudicata, quest’ultimo ritorni necessariamente su tale decisione».

102.

La Corte ne ha dunque concluso che neanche il principio di effettività ostava ad una disposizione nazionale come l’articolo 21 della legge n. 554/2004.

103.

Infine, la Corte rammenta, al punto 40 della sentenza Târșia ( 30 ) , che «per costante giurisprudenza, poiché, di norma, quando una [decisione giurisdizionale definitiva] viola i diritti riconosciuti dal diritto dell’Unione tale violazione non può più costituire oggetto di riparazione, i singoli non possono essere privati della possibilità di far valere la responsabilità dello Stato al fine di ottenere con tale mezzo una tutela giuridica dei loro diritti».

104.

Di conseguenza, per ragione identiche a quelle invocate dalla Corte nella sentenza Târșia, ritengo che l’articolo 47 della Carta nonché i principi di equivalenza e di effettività debbano essere interpretati nel senso che non ostano al fatto che a un giudice nazionale non spetti la possibilità di revocare una decisione giurisdizionale definitiva pronunciata nel contesto di un ricorso di natura civile, quando tale decisione risulta incompatibile con un’interpretazione del diritto dell’Unione accolta dalla Corte, e ciò sebbene una siffatta possibilità sussista per quanto attiene alle decisioni giurisdizionali definitive incompatibili con il diritto dell’Unione pronunciate nel contesto dei ricorsi di natura amministrativa.

V – Conclusioni

105.

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alla Curtea de Apel Alba Iulia (Corte d’appello di Alba Iulia, Romania):

1)

Il memorandum d’intesa fra la Comunità europea e la Romania, concluso a Bucarest e a Bruxelles il 23 giugno 2009, deve essere considerato un atto compiuto dalle istituzioni dell’Unione ai sensi dell’articolo 267 TFUE; la Corte è competente ad interpretarlo.

2)

Tale memorandum deve essere interpretato nel senso che esso non impone l’adozione di una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche, qualora il livello di quest’ultima sia superiore al livello della retribuzione media lorda nazionale che è servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato.

3)

L’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche qualora il livello di quest’ultima superi una determinata soglia.

4)

L’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso non si applica ad una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede, per le persone impiegate nel settore pubblico, il divieto di cumulo della pensione netta nel settore pubblico con i redditi provenienti da attività esercitate presso istituzioni pubbliche qualora il livello di quest’ultima sia superiore alla retribuzione media lorda nazionale che è servita da base per la fissazione del bilancio della previdenza sociale dello Stato.

5)

L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché i principi di equivalenza e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano, in circostanze come quelle che caratterizzano il procedimento principale, al fatto che a un giudice nazionale non spetti la possibilità di revocare una decisione giurisdizionale definitiva pronunciata nel contesto di un ricorso di natura civile, quando tale decisione risulta incompatibile con un’interpretazione del diritto dell’Unione accolta dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, e ciò sebbene una siffatta possibilità sussista per quanto attiene alle decisioni giurisdizionali definitive incompatibili con il diritto dell’Unione pronunciate nel contesto dei ricorsi di natura amministrativa.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Direttiva del Consiglio del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).

( 3 ) In prosieguo: la «Carta».

( 4 ) In prosieguo: il «memorandum d’intesa». Tale memorandum d’intesa è disponibile su Internet al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/publication15409_en.pdf. Si deve osservare che la versione inglese del regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU 2002, L 53, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 431/2009 del Consiglio, del 18 maggio 2009 (GU 2009, L 128, pag. 1), utilizza il termine «memorandum of understanding». Tuttavia, poiché la versione in lingua francese di questo stesso regolamento utilizza il termine «protocole d’accord» (in italiano: memorandum d’intesa), impiegherò tale termine per motivi di coerenza.

( 5 ) Decisione del Consiglio del 6 maggio 2009, relativa alla concessione del concorso reciproco alla Romania (GU 2009, L 150, pag. 6).

( 6 ) Decisione del Consiglio del 6 maggio 2009, relativa alla concessione di un sostegno finanziario comunitario a medio termine alla Romania (GU 2009, L 150, pag. 8).

( 7 ) Articolo 1, paragrafo 1, di tale decisione.

( 8 ) In prosieguo: la «legge n. 329/2009».

( 9 ) In prosieguo: la «legge n. 554/2004».

( 10 ) V. sentenze del 13 dicembre 1989, Grimaldi (C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 8), e dell’11 maggio 2006, Friesland Coberco Dairy Foods (C‑11/05, EU:C:2006:312, punto 36). Il corsivo è mio.

( 11 ) V. decisione 2009/458.

( 12 ) V. decisione 2009/459.

( 13 ) V. sentenze del 13 dicembre 1989, Grimaldi (C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 8), e dell’8 aprile 1992, Wagner (C‑94/91, EU:C:1992:181, punti 1617).

( 14 ) V. punto 5, lettera b), quarto comma, di detto memorandum.

( 15 ) V. punto 25 delle osservazioni.

( 16 ) V. sentenza dell’11 ottobre 2007, Möllendorf e Möllendorf-Niehuus (C‑117/06, EU:C:2007:596, punto 78), e ordinanza del 7 marzo 2013, Sindicato dos Bancários do Norte e a. (C‑128/12, non pubblicata, EU:C:2013:149, punto 10).

( 17 ) V. sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 19). V. parimenti, per una giurisprudenza recente, sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630).

( 18 ) V. articolo 3, paragrafo 5, di tale decisione.

( 19 ) V. sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 356).

( 20 ) V. Corte EDU, 7 luglio 2011, Stummer c. Austria [GC], CE:ECHR:2011:0707JUD003745202, § 82.

( 21 ) V. Corte EDU, 2 febbraio 2006, Buchheit e Meinberg c. Germania, CE:ECHR:2006:0202DEC005146699, pag. 10.

( 22 ) V. Corte EDU, 12 ottobre 2004, Kjartan Ásmundsson c. Islanda, CE:ECHR:2004:1012JUD006066900, § 39.

( 23 ) V., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 1979, Hauer (44/79, EU:C:1979:290, punto 19).

( 24 ) C‑262/14, non pubblicata, EU:C:2015:336.

( 25 ) Sentenza del 21 maggio 2015 (C‑262/14, non pubblicata, EU:C:2015:336).

( 26 ) V. sentenza del 21 maggio 2015, SCMD (C‑262/14, non pubblicata, EU:C:2015:336, punto 22).

( 27 ) Sentenza del 21 maggio 2015, SCMD (C‑262/14, non pubblicata, EU:C:2015:336, punto 24).

( 28 ) V., a tal riguardo, sentenza del 21 maggio 2015, SCMD (C‑262/14, non pubblicata, EU:C:2015:336, punto 30).

( 29 ) C‑69/14, EU:C:2015:662.

( 30 ) Sentenza del 6 ottobre 2015 (C 69/14, EU:C:2015:662).

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