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Document 62014CC0186
Opinion of Advocate General Mengozzi delivered on 19 November 2015.
Conclusioni dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentate il 19 novembre 2015.
Conclusioni dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentate il 19 novembre 2015.
Court reports – general
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2015:767
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
PAOLO MENGOZZI
presentate il 19 novembre 2015 ( 1 )
Cause riunite C‑186/14 P e C‑193/14 P
ArcelorMittal Tubular Products Ostrava a.s. e altri
contro
Hubei Xinyegang Steel Co. Ltd
e
Consiglio dell’Unione europea
contro
Hubei Xinyegang Steel Co. Ltd
«Impugnazione — Dumping — Regolamento (CE) n. 384/96 — Articolo 3, paragrafi 5, 7 e 9 — Articolo 6, paragrafo 1 — Importazioni di taluni tipi di tubi senza saldatura, di ferro o di acciaio, dalla Cina — Dazio antidumping definitivo — Accertamento dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio — Presa in considerazione di dati successivi al periodo dell’inchiesta — Portata del sindacato giurisdizionale»
I – Introduzione
1. |
Con le loro rispettive impugnazioni, ArcelorMittal Tubular Products Ostrava a.s. e a. (in prosieguo: «ArcelorMittal e a.») e il Consiglio dell’Unione europea chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale Hubei Xinyegang Steel/Consiglio (T‑528/09, EU:T:2014:35; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha accolto la domanda della ricorrente diretta all’annullamento del regolamento (CE) n. 926/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di determinati tubi senza saldatura, di ferro o di acciaio, originari della Repubblica popolare cinese ( 2 ) (in prosieguo: il «regolamento controverso»). |
2. |
Tali impugnazioni, che sono state riunite con decisione del presidente della Corte il 28 luglio 2014, forniscono a quest’ultima l’occasione di precisare, per la prima volta, la portata della nozione di «minaccia di pregiudizio» di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea ( 3 ), come modificato dal regolamento (CE) n. 2117/2005 del Consiglio, del 21 dicembre 2005 ( 4 ) (in prosieguo: il «regolamento di base»). Esse sollevano altresì la questione del rispetto, da parte del giudice di primo grado, dei limiti del controllo che questi deve svolgere sulle valutazioni economiche effettuate dalle istituzioni nell’ambito delle misure di difesa contro il dumping. |
II – Contesto normativo
3. |
L’articolo 3 del regolamento di base così dispone: «1. Ai fini del presente regolamento si intende per pregiudizio, salvo altrimenti disposto, un pregiudizio notevole, la minaccia di un pregiudizio notevole a danno dell’industria comunitaria, oppure un grave ritardo nella creazione di tale industria. Il termine è interpretato in conformità con le disposizioni del presente articolo. (…) 5. L’esame dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sull’industria comunitaria interessata comprende una valutazione di tutti i fattori e indicatori economici pertinenti in rapporto con la situazione dell’industria, quali il fatto che l’industria non abbia ancora completamente superato le conseguenze di precedenti pratiche di dumping o di sovvenzioni, l’entità del margine di dumping effettivo, la diminuzione reale e potenziale delle vendite, dei profitti, della produzione, della quota di mercato, della produttività, dell’utile sul capitale investito, e dell’utilizzazione della capacità produttiva; i fattori che incidono sui prezzi nella Comunità, gli effetti negativi, reali e potenziali, sul flusso di cassa, sulle scorte, sull’occupazione, sui salari, sulla crescita e sulla capacità di ottenere capitale o investimenti. Detto elenco non è tassativo, né tali fattori, singolarmente o combinati, costituiscono necessariamente una base di giudizio determinante. (…) 7. Oltre alle importazioni oggetto di dumping, vengono esaminati i fattori noti che contemporaneamente causano pregiudizio all’industria comunitaria per evitare che il pregiudizio dovuto a tali fattori sia attribuito alle importazioni oggetto di dumping a norma del paragrafo 6. I fattori che possono essere presi in considerazione a questo proposito comprendono, tra l’altro, il volume e i prezzi delle importazioni non vendute a prezzi di dumping, la contrazione della domanda oppure le variazioni dell’andamento dei consumi, le restrizioni commerciali attuate da produttori di paesi terzi e comunitari la concorrenza tra gli stessi, nonché gli sviluppi tecnologici e le prestazioni dell’industria comunitaria in materia di esportazioni e di produttività. (…) 9. L’esistenza di una minaccia di un pregiudizio notevole deve essere accertata sulla base di fatti e non di semplici asserzioni, congetture o remote possibilità. Il mutamento di circostanze atto a creare una situazione in cui il dumping causerebbe un pregiudizio deve essere chiaramente prevedibile ed imminente. Per accertare l’esistenza della minaccia di notevole pregiudizio, vengono presi in considerazione, tra l’altro, i seguenti fattori:
Nessuno dei fattori sopra elencati costituisce, di per sé, una base di giudizio determinante, ma in presenza di tutti i fattori considerati si può concludere che sono imminenti ulteriori esportazioni a prezzi di dumping dalle quali, se non venissero prese misure di difesa, deriverebbe un notevole pregiudizio». |
4. |
L’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di base recita: «Dopo l’apertura del procedimento, la Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, inizia l’inchiesta a livello comunitario. L’inchiesta riguarda tanto le pratiche di dumping quanto il pregiudizio, i cui aspetti sono esaminati simultaneamente. Ai fini di una conclusione rappresentativa, viene scelto un periodo dell’inchiesta che per il dumping riguarda normalmente un periodo non inferiore ai sei mesi immediatamente precedenti l’inizio del procedimento. Le informazioni relative ad un periodo successivo al periodo d’inchiesta non sono di norma prese in considerazione». |
III – Fatti
5. |
Il 9 luglio 2008, in seguito ad una denuncia presentata dal Comitato di difesa dell’industria dei tubi di acciaio senza saldatura dell’Unione europea, la Commissione pubblicava un avviso di apertura di un procedimento antidumping relativo alle importazioni di taluni tipi di tubi e condotte senza saldatura, di ferro o di acciaio, provenienti dalla Cina ( 5 ). |
6. |
La Commissione decideva di circoscrivere l’inchiesta ad un campionamento ai sensi dell’articolo 17 del regolamento di base. A tal fine, selezionava quattro produttori-esportatori cinesi che rappresentavano il 70% del volume totale delle esportazioni del prodotto di cui trattasi verso l’Unione. Tra tali produttori-esportatori figurava la Hubei Xinyegang Steel Co. Ltd (in prosieguo: la «Hubei»). |
7. |
Il 7 aprile 2009 la Commissione adottava il regolamento (CE) n. 289/2009, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di alcuni tipi di tubi senza saldatura, di ferro o di acciaio, originari della Repubblica popolare cinese ( 6 ) (in prosieguo: il «regolamento provvisorio»). |
8. |
Al considerando 13 del regolamento provvisorio, la Commissione dichiarava che l’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio aveva riguardato il periodo compreso tra il 1o luglio 2007 e il 30 giugno 2008 (in prosieguo: il «periodo dell’inchiesta»). L’analisi delle tendenze necessaria per valutare il pregiudizio aveva riguardato il periodo compreso tra il 1o gennaio 2005 e la fine del periodo dell’inchiesta (in prosieguo: il «periodo considerato»). |
9. |
Nella propria analisi, quale riassunta al considerando 135 del regolamento provvisorio, la Commissione riteneva, in primo luogo, «che, benché non abbia subito un pregiudizio notevole durante il periodo considerato, alla fine del periodo dell’inchiesta l’industria comunitaria si trovava in una situazione di vulnerabilità»; in secondo luogo, che «dopo il periodo dell’inchiesta sembra vi siano tutte le condizioni favorevoli ad un pregiudizio» e, in terzo luogo, «che è soddisfatta anche la condizione necessaria alla minaccia di pregiudizio». |
10. |
Il 24 settembre 2009, il Consiglio adottava il regolamento controverso. |
11. |
Ai considerando da 35 a 81 di tale regolamento, il Consiglio confermava le valutazioni della Commissione esposte nel regolamento provvisorio relative all’assenza di pregiudizio e all’esistenza di una minaccia di pregiudizio per l’industria dell’Unione. Al riguardo, il Consiglio teneva conto dei dati relativi a un periodo successivo al periodo dell’inchiesta, ossia il periodo intercorrente dal luglio 2008 al marzo 2009. |
IV – Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
12. |
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 dicembre 2009, la Hubei chiedeva l’annullamento del regolamento controverso. La Commissione e ArcelorMittal e a. intervenivano a sostegno del Consiglio. |
13. |
A sostegno del ricorso la Hubei deduceva tre motivi. Tra i motivi dedotti, il terzo verteva sulla violazione degli articoli 3, paragrafo 9, 9, paragrafo 4, e 10, paragrafo 2, del regolamento di base, in base al rilievo che il regolamento controverso sarebbe stato fondato su manifesti errori di valutazione relativi all’esistenza di una minaccia di un pregiudizio notevole. |
14. |
Il Tribunale si limitava a valutare il terzo motivo dedotto dalla Hubei accogliendolo. Il Tribunale riteneva che il Consiglio, da un lato, era incorso in un manifesto errore di valutazione nel confermare la conclusione della Commissione secondo cui l’industria dell’Unione si sarebbe trovata, alla fine del periodo dell’inchiesta, in una situazione di vulnerabilità e, dall’altro, che aveva violato l’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base per avere ritenuto sussistente, nella specie, una minaccia di pregiudizio. |
15. |
In merito alle valutazioni delle istituzioni relative alla situazione di vulnerabilità dell’industria dell’Unione, il Tribunale rilevava, al punto 61 della sentenza impugnata, che, ad esclusione dell’evoluzione della quota di mercato dell’industria dell’Unione, i fattori economici ripresi dalle istituzioni erano tutti positivi e tracciavano, nel complesso, il profilo di un’industria in situazione di forza e non di fragilità o di vulnerabilità. Secondo il Tribunale, la conclusione delle istituzioni dell’Unione sulla vulnerabilità dell’industria dell’Unione non risultava suffragata dai dati economici rilevanti. |
16. |
Inoltre, ai punti da 63 a 65 della sentenza impugnata, il Tribunale respingeva gli altri elementi dedotti dalle istituzioni a sostegno della conclusione cui erano pervenute nell’accertamento della situazione di vulnerabilità dell’industria dell’Unione alla fine del periodo dell’inchiesta. In particolare, il Tribunale rilevava che la contrazione della domanda non era da attribuire alle importazioni oggetto di dumping ritenendo che gli elementi rilevanti della specie non avvalorassero l’affermazione secondo cui l’aumento delle importazioni originarie della Cina avrebbe sicuramente ostacolato la tendenza dell’industria dell’Unione ad investire e a sviluppare le capacità di produzione per stare al passo con un mercato in espansione. |
17. |
Per quanto riguarda la minaccia di pregiudizio, come emerge dall’esame svolto ai punti da 70 a 90 della sentenza impugnata, il Tribunale riteneva, al punto 91 della sentenza, che, dei quattro fattori previsti dall’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, un fattore era ritenuto non determinante dalle istituzioni (le scorte dei prodotti soggetti all’inchiesta), due fattori (il volume delle importazioni e i prezzi delle importazioni) presentavano incongruenze tra le previsioni della Commissione, confermate dal Consiglio nel regolamento controverso, e i dati di riferimento relativi al periodo successivo a quello dell’inchiesta, e un fattore (la capacità da parte dell’esportatore e il rischio di riorientamento delle esportazioni) era lacunoso riguardo agli elementi rilevanti da prendere in considerazione. |
18. |
Sempre al medesimo punto 91, il Tribunale aggiungeva che tali incongruenze e lacune dovevano essere considerate in relazione con quanto richiesto dall’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base secondo cui la minaccia di pregiudizio deve essere accertata «sulla base di fatti e non di semplici asserzioni, congetture o remote possibilità» e che il mutamento di circostanze atto a creare una situazione in cui il dumping causerebbe un pregiudizio doveva essere «chiaramente prevedibile ed imminente». |
19. |
Il Tribunale concludeva pertanto, al punto 93 della sentenza impugnata che, poiché il regolamento controverso si fondava sull’accertamento di una minaccia di pregiudizio e il Consiglio era incorso in errore al riguardo, il summenzionato regolamento doveva essere annullato nella parte in cui impone dazi antidumping sulle esportazioni dei prodotti fabbricati dalla Hubei e dispone la riscossione dei dazi provvisori imposti sulle esportazioni medesime. |
V – Conclusioni delle ricorrenti nel giudizio d’impugnazione e procedimento dinanzi alla Corte
20. |
Nella causa C‑186/14 P, ArcelorMittal e a. chiedono che la Corte voglia:
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21. |
Nella causa C‑193/14 P, il Consiglio chiede che la Corte voglia:
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22. |
La Hubei chiede che la Corte voglia:
|
23. |
Con decisione del presidente della Corte del 28 luglio 2014, le due cause sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza. |
24. |
In applicazione dell’articolo 172 del regolamento di procedura della Corte, la Commissione ha depositato una comparsa di risposta in cui aderisce alle conclusioni della ArcelorMittal e a. e del Consiglio e chiede alla Corte di condannare la Hubei alle spese. |
25. |
La Repubblica italiana, ammessa a intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio nella causa C‑193/14 P con decisione del presidente della Corte del 21 agosto 2014, chiede anch’essa alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di respingere il primo capo del terzo motivo invocato dalla ricorrente in primo grado e di rinviare la causa davanti al Tribunale. |
VI – Analisi dei motivi
26. |
ArcelorMittal e a. deducono tre motivi di annullamento vertenti, rispettivamente, sull’erronea interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base, sull’erronea applicazione dell’articolo 3, paragrafo 9, e sulla violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento medesimo, e sull’errore del Tribunale nel concludere che l’analisi delle istituzioni dell’Unione relativa alla minaccia di pregiudizio sarebbe stata viziata da un manifesto errore di valutazione. |
27. |
A sostegno della sua impugnazione, il Consiglio deduce, a sua volta, quattro motivi di annullamento, vertenti, in primo luogo, sulla violazione dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base e sullo snaturamento degli elementi di prova, in secondo luogo, sull’erronea interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base, in terzo luogo, sull’erronea interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base e, in quarto luogo, sull’errore di diritto commesso dal Tribunale per aver sostituito la propria valutazione dei fattori economici a quella delle istituzioni dell’Unione. |
28. |
Poiché la quasi totalità dei motivi delle due impugnazioni è analoga o, quantomeno, coincidente per la maggior parte, propongo di esaminarli insieme nel seguente ordine:
|
A – Sul primo motivo dell’impugnazione del Consiglio e sul primo capo del terzo motivo dell’impugnazione della ArcelorMittal e a., vertenti sulla violazione dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base e sullo snaturamento degli elementi di prova in merito alle constatazioni del Tribunale relative alla situazione di vulnerabilità dell’industria dell’Unione
1. Richiamo degli argomenti delle parti
29. |
Il Consiglio ritiene che, malgrado l’articolo 3 del regolamento di base non menzioni la nozione di «vulnerabilità», la stessa possa comunque, come nella fattispecie, costituire un elemento determinante per accertare una minaccia di pregiudizio. La vulnerabilità della situazione dell’industria dell’Unione costituirebbe dunque la prima tappa durante la quale le istituzioni avrebbero esaminato la situazione dell’industria dell’Unione, basandosi sui fattori elencati all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base. Tra questi fattori figurerebbe l’incidenza delle importazioni oggetto di dumping che il Tribunale avrebbe omesso di analizzare. |
30. |
Il Consiglio ritiene inoltre che, nella propria valutazione dei fattori economici, quali il livello delle scorte, il volume delle vendite, la quota di mercato dell’industria dell’Unione, il livello dell’impiego, i prezzi di vendita, l’utile sui capitali investiti e gli utili di tale industria, il Tribunale sia giunto a conclusioni incomplete, se non errate, omettendo taluni fatti e trascurando le tendenze o gli aspetti negativi dei fattori positivi negli ultimi due anni del periodo dell’inchiesta, determinando uno snaturamento manifesto degli elementi di prova. Inoltre, il Tribunale non avrebbe tenuto conto né dell’importanza del margine di dumping né dell’analisi delle istituzioni sulla ripresa dell’industria dell’Unione dopo le precedenti pratiche di dumping. |
31. |
ArcelorMittal e a. sostengono che il Tribunale ha attribuito alla nozione di «vulnerabilità» un significato autonomo e un’importanza che non ha. Secondo le medesime, l’unica questione rilevante è sapere se la conclusione relativa alla vulnerabilità dell’industria dell’Unione fosse manifestamente errata, e non se le istituzioni abbiano fondatamente definito la situazione di «vulnerabilità». Infatti, il regolamento di base non menziona i termini «vulnerabile» o «vulnerabilità», e tantomeno esige che l’industria dell’Unione versi, affinché possa essere accertata la minaccia di pregiudizio, in una situazione di «vulnerabilità» alla fine del periodo dell’inchiesta. |
32. |
ArcelorMittal e a. sostengono altresì che sono errate le conclusioni del Tribunale contenute ai punti 64 e 65 della sentenza impugnata e attinenti rispettivamente, da un lato, alla tendenza dell’industria dell’Unione a investire e sviluppare le capacità di produzione e, dall’altro, all’assenza di ripresa di questa industria successivamente alle pratiche di dumping precedenti a quelle oggetto del regolamento controverso. |
33. |
A parere della Commissione, nel proprio approccio il Tribunale avrebbe evidentemente ignorato la giurisprudenza relativa all’ampio potere discrezionale di cui godono le istituzioni sulle questioni antidumping complesse, riflettendo il chiaro intendimento del Tribunale di sostituire le proprie valutazioni a quelle del Consiglio. Essa condivide gli argomenti della ArcelorMittal e a. sulla nozione di «vulnerabilità» e aggiunge che si tratta di una nozione puramente descrittiva della situazione dell’industria dell’Unione. |
34. |
La Hubei replica, in sostanza, che tali motivi di impugnazione sono irricevibili essendo volti a contestare la valutazione dei fatti compiuta dal Tribunale e sono, in ogni caso, infondati. A tal proposito, essa precisa che, secondo la giurisprudenza, il Tribunale ha verificato se gli elementi di prova fossero tali da avvalorare le conclusioni cui erano giunte le istituzioni, giungendo validamente alla conclusione contraria. Inoltre, la Hubei sostiene che la censura in base alla quale il Tribunale non avrebbe affrontato esplicitamente il margine di dumping sarebbe anch’essa infondata in quanto non costituirebbe un indicatore economico rilevante per accertare se l’industria dell’Unione si trovi in una situazione di vulnerabilità o se esista una minaccia di pregiudizio. |
2. Analisi
35. |
Le censure svolte dalle ricorrenti con i propri motivi d’impugnazione sono dirette contro i punti della sentenza impugnata relativi alla valutazione della situazione dell’industria dell’Unione alla fine del periodo dell’inchiesta, alla luce dei fattori elencati all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base. |
36. |
Al termine della sua analisi svolta ai punti da 58 a 65 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso, al successivo punto 66, che il Consiglio era incorso in un manifesto errore di valutazione nel confermare la conclusione della Commissione (esposta nel regolamento provvisorio) secondo la quale l’industria dell’Unione si trovava in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta. Secondo il Tribunale, i dati economici sui quali le istituzioni si erano basate non avvaloravano questa conclusione, delineando, al contrario, complessivamente il quadro di un’industria in situazione di forza e non di fragilità o di vulnerabilità ( 7 ). |
37. |
Prima di passare all’esame delle censure esposte dalle parti ricorrenti, occorre rilevare che queste non contestano l’affermazione del Tribunale, contenuta al punto 58 della sentenza impugnata, secondo la quale, in sostanza, la situazione dell’industria dell’Unione alla fine del periodo dell’inchiesta, benché ripresa nella parte (sia del regolamento di base che dei regolamenti provvisorio e controverso) relativa al pregiudizio, «non è priva di nesso con l’analisi della minaccia di pregiudizio», prevista all’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base. |
38. |
Sebbene non costituisca oggetto di censura, tale affermazione consente di mettere in evidenza e di comprendere meglio le relazioni esistenti tra i diversi paragrafi rilevanti dell’articolo 3 del regolamento di base, intitolato «Accertamento di un pregiudizio». |
39. |
L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di base definisce il termine «pregiudizio», salvo altrimenti disposto, nel senso, segnatamente, di un pregiudizio notevole o della minaccia di un pregiudizio notevole a danno dell’industria dell’Unione. |
40. |
L’articolo 3, paragrafo 2, di tale regolamento ha ad oggetto l’accertamento dell’esistenza di un pregiudizio. Questo deve includere un’analisi oggettiva, da un lato, del volume delle importazioni oggetto di dumping e dell’effetto di tali importazioni sui prezzi dei prodotti simili sul mercato dell’Unione e, dall’altro, dell’incidenza delle importazioni sull’industria dell’Unione. |
41. |
Il paragrafo 5 del medesimo articolo 3, applicato dalle istituzioni nell’ambito del regolamento controverso, precisa che l’esame dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sull’industria dell’Unione comprende una valutazione di «tutti i fattori e indicatori economici pertinenti in rapporto con la situazione dell’industria [dell’Unione]». Tale disposizione indica che l’elenco non è tassativo. |
42. |
Il successivo paragrafo 9 disciplina l’«accertamento dell’esistenza della minaccia di un pregiudizio notevole». Viene precisato che tale esistenza deve essere accertata sulla base di fatti e non di semplici asserzioni o remote possibilità, e che il mutamento di circostanze atto a creare una situazione in cui il dumping causerebbe un pregiudizio deve essere chiaramente prevedibile e imminente. L’articolo 3, paragrafo 9, enumera anche quattro fattori che occorre, inter alia, analizzare per accertare «l’esistenza della minaccia di un pregiudizio notevole». L’articolo 3, paragrafo 9 precisa che nessuno di tali fattori costituisce una base di giudizio determinante, ma in presenza di tutti i fattori considerati si può concludere che sono imminenti ulteriori esportazioni oggetto di dumping dalle quali, se non venissero prese misure di difesa, deriverebbe un notevole pregiudizio. |
43. |
Si deve quindi rilevare che, mentre l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base esige che «l’accertamento dell’esistenza di un pregiudizio» ( 8 ) comporti in particolare un esame obiettivo dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sull’industria dell’Unione, analisi comprendente, a termini dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base, la valutazione di tutti i fattori e indicatori rilevanti che influiscono sulla situazione dell’industria dell’Unione, tale analisi non è richiesta esplicitamente dal regolamento di base per quanto riguarda l’analisi di una minaccia di pregiudizio, ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 9. |
44. |
Tuttavia, l’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base enumera in modo non esaustiva i fattori che devono essere presi in considerazione ai fini dell’accertamento dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio, il che non esclude, dunque, quelli relativi alla situazione dell’industria dell’Unione, indicati all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento. |
45. |
Come ritenuto dalle istituzioni nel caso di specie, l’analisi dei fattori rilevanti che influiscono sulla situazione dell’industria dell’Unione sembra peraltro necessaria nell’ambito di una minaccia di pregiudizio. |
46. |
È ovvio che detta analisi non contribuisce alla dimostrazione dell’esistenza di un pregiudizio atteso che, nell’ambito dell’analisi di una minaccia di pregiudizio, un pregiudizio di tal genere non si è, per definitionem, (ancora) materializzato. |
47. |
Essa consente però di determinare lo stato dell’industria dell’Unione rispetto al quale le istituzioni possono valutare, come richiesto dall’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, se, in presenza di nuove importazioni in dumping imminenti, la minaccia di pregiudizio notevole incombente sull’industria dell’Unione si materializzerebbe, in assenza di misure di difesa, in un pregiudizio notevole. |
48. |
In altri termini, perché le istituzioni possano accertare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio notevole dell’industria dell’Unione, mentre, per definizione, questa industria non subisce pregiudizi notevoli attuali malgrado gli effetti delle importazioni oggetto di dumping nel periodo dell’inchiesta, è necessario conoscere la situazione attuale dell’industria medesima. Infatti, solo riuscendo a comprendere la situazione attuale di detta industria, le istituzioni potranno accertare se l’aumento imminente delle importazioni future oggetto di dumping potrà cagionare, in assenza di misure di difesa, un pregiudizio notevole all’industria dell’Unione ( 9 ). |
49. |
Nella specie, è pacifico che, al termine dell’analisi, dall’esame dei fattori e degli indicatori (non tassativi) contenuti nell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base le istituzioni hanno dedotto che, se l’industria dell’Unione non avesse subito alcun pregiudizio notevole durante il periodo dell’inchiesta, si troverebbe comunque in uno «stato di vulnerabilità» al termine di tale periodo, ossia il 30 giugno 2008. |
50. |
Questo stato di vulnerabilità, come rilevato dal Tribunale al punto 58 della sentenza impugnata, è stato tenuto in considerazione nel regolamento provvisorio e nel regolamento controverso nell’ambito dell’analisi della minaccia di pregiudizio. |
51. |
Tale conclusione è stata contestata dalla Hubei dinanzi al Tribunale in quanto contrastante con i dati economici rilevanti, così come ricordato da quest’ultimo al punto 57 della sentenza impugnata. |
52. |
È pur vero che, come sostenuto dalla ArcelorMittal e a., il regolamento di base non identifica affatto la situazione di vulnerabilità dell’industria dell’Unione quale condizione per poter accertare una minaccia di pregiudizio. Tuttavia, è errato lasciare intendere che il Tribunale abbia preteso dalle istituzioni di dimostrare che l’industria dell’Unione soddisfacesse siffatta condizione. Nessun punto della sentenza suggerisce tale conclusione. |
53. |
Il fatto che lo stato di vulnerabilità dell’industria dell’Unione invocato dalle istituzioni possa sembrare una descrizione fattuale della situazione dell’industria dell’Unione, come sostenuto dalla Commissione, non significa che esso sfugga a qualsiasi sindacato giurisdizionale; in particolare, il controllo dell’errore manifesto di valutazione si fonda sui fatti o sugli elementi di prova. |
54. |
Dubito, del resto, alla luce degli elementi del fascicolo, che tale nozione abbia svolto nel caso di specie solo una funzione descrittiva dei fatti. |
55. |
Come riconosciuto esplicitamente dal Consiglio nella propria impugnazione, difatti, lo stato di vulnerabilità dell’industria dell’Unione è stato preso in considerazione dalle istituzioni come elemento «determinante» nell’analisi della minaccia di pregiudizio nel caso di specie. Ciò si evince chiaramente, in particolare, dal considerando 126 del regolamento provvisorio, richiamato dal Tribunale al punto 58 della sentenza impugnata, nonché dal considerando 135 del medesimo regolamento, ai sensi del quale lo stato di vulnerabilità sembra essere uno dei tre criteri che hanno permesso alla Commissione di concludere a favore dell’esistenza di un nesso di causalità tra la minaccia imminente di importazioni in dumping dalla Cina e il pregiudizio futuro che l’industria dell’Unione avrebbe incontrato di lì a breve ( 10 ). |
56. |
Del resto, è probabilmente più facile dimostrare l’esistenza di una minaccia imminente di pregiudizio notevole quando l’industria dell’Unione si trovi già, a causa di importazioni oggetto di dumping, in una situazione economicamente fragile o in uno stato di vulnerabilità, rispetto all’ipotesi in cui i fattori previsti all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base traccino un profilo di questa industria come se si trovasse in una fase di espansione o, quanto meno, in una situazione di forza ( 11 ). |
57. |
Ciò detto, ritengo che, chiamato a pronunciarsi in prime cure su un motivo vertente sul carattere contraddittorio dell’accertamento delle istituzioni in merito alla vulnerabilità dell’industria dell’Unione rispetto ai dati economici rilevanti, il Tribunale fosse perfettamente autorizzato a esaminare la censura sollevata dinanzi ad esso dalla Hubei. |
58. |
Occorre inoltre respingere la censura di ordine generale del Consiglio secondo cui il Tribunale avrebbe violato l’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base, per non aver analizzato il fattore dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sulla situazione dell’industria dell’Unione. Tale incidenza, infatti, non costituisce di per sé uno dei fattori elencati all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base. Essa costituisce il risultato (positivo o negativo) dell’analisi dei fattori menzionati all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base. Il Consiglio compie quindi, a mio avviso, a un’erronea interpretazione della disposizione. |
59. |
Più specificamente, la questione al centro dei motivi d’impugnazione in esame è la portata del sindacato compiuto dal Tribunale sulla conclusione cui sono giunte le istituzioni in merito alla situazione di vulnerabilità dell’industria dell’Unione, in base alla loro valutazione dei fattori e degli indicatori elencati all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base nonché l’eventuale snaturamento degli elementi di prova in cui sarebbe incorso in tale contesto. |
60. |
Quanto alla portata del sindacato giurisdizionale, occorre evidenziare, in limine, che il Tribunale ha esplicitamente ricordato i limiti cui è tenuto nel controllare la legittimità delle misure di difesa commerciale. Ciò si evince chiaramente al punto 53 della sentenza impugnata, che correttamente fa riferimento alla giurisprudenza della Corte secondo cui le istituzioni godono in questo ambito di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che devono esaminare, cosa che presuppone che il sindacato giurisdizionale della valutazione di situazioni economiche complesse si limiti all’accertamento del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, dell’assenza di errori manifesti nella valutazione di tali fatti o dell’assenza di sviamento di potere ( 12 ). |
61. |
Come si ricorderà, inoltre, la Corte ha già applicato tale giurisprudenza nell’ambito dell’accertamento dell’esistenza di un pregiudizio cagionato all’industria dell’Unione, che presuppone la valutazione di situazioni economiche complesse, in particolare riguardo i fattori che sono causa di un pregiudizio per tale industria nell’ambito di un’inchiesta antidumping ( 13 ). Ciò deve valere, a mio giudizio e come riconosciuto dal Tribunale, anche per l’accertamento di una minaccia di pregiudizio. |
62. |
Pertanto, il giudice dell’Unione non può, nell’ambito del sindacato limitato da esso esercitato su tali situazioni economiche complesse, sostituire la propria valutazione economica a quella delle istituzioni dell’Unione ( 14 ). |
63. |
Tuttavia, come reiteratamente rilevato dalla Corte nel contesto del diritto della concorrenza e degli aiuti di Stato, settori che implicano, al pari di quello delle misure di difesa commerciale, valutazioni economiche complesse, l’ampio potere discrezionale di cui dispongono le istituzioni non implica che il giudice dell’Unione debba astenersi dal controllare l’interpretazione dei dati di natura economica effettuata da tali istituzioni ( 15 ). |
64. |
Infatti, secondo tale giurisprudenza, il giudice dell’Unione è tenuto, segnatamente, non soltanto a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte ( 16 ). |
65. |
Al punto 53 della sentenza impugnata, il Tribunale ha trasposto tale giurisprudenza nell’ambito dell’esame dei dati economici relativi all’analisi della minaccia di pregiudizio. L’ha applicata anche nel verificare la conclusione delle istituzioni relativa allo stato di vulnerabilità dell’industria dell’Unione alla fine del periodo dell’inchiesta. Infatti, in base a quest’esame, esso ha ritenuto, al punto 66 della sentenza impugnata, che detta conclusione non fosse «corroborata dai dati rilevanti del caso di specie». |
66. |
A tutt’oggi, la Corte non ha espressamente ripreso nel contesto delle misure di difesa commerciale le formule della propria giurisprudenza sviluppata nei settori del diritto della concorrenza e degli aiuti di Stato, formule richiamate supra ai punti 63 e 64. |
67. |
Essa ne ha tuttavia fatto una chiara applicazione nella sentenza Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP (C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78) ( 17 ). Chiamata a verificare se il Tribunale non avesse oltrepassato i limiti del suo sindacato giurisdizionale laddove aveva ritenuto non sufficientemente convincenti i pertinenti elementi degli atti sui quali si erano fondate le istituzioni per concludere che le funzioni di una società di vendita, vincolata a due esportatori ucraini i cui prodotti erano oggetto di dumping, erano assimilabili a quelle di un agente operante sulla base di commissioni, la Corte ha dichiarato che il controllo effettuato dal Tribunale su tali elementi di prova non rappresentava una nuova valutazione dei fatti che sostituisse quella delle istituzioni. Il Tribunale, quindi, non aveva sconfinato nell’ampio potere discrezionale di queste ultime, bensì si era limitato a rilevare se detti elementi di prova «fossero idonei ad avvalorare le conclusioni tratte dalle istituzioni» ( 18 ). |
68. |
Ritengo, di conseguenza, che il Tribunale abbia correttamente dichiarato di essere autorizzato a verificare se i dati economici rilevanti, ossia i fattori elencati all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base, relativi alla situazione dell’industria dell’Unione, avvalorassero la conclusione delle istituzioni secondo cui quest’ultima si sarebbe trovata in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta. |
69. |
Ci si chiede se ciò significhi che, nell’ambito dell’esercizio di detto controllo, invalidando la conclusione delle istituzioni, il Tribunale avrebbe sostituito la propria valutazione dei dati economici rilevanti a quella delle istituzioni. |
70. |
Per rispondere a tale domanda occorre, anzitutto, accertare se, come invocato dal Consiglio nel primo motivo d’impugnazione, il riepilogo dei dati economici rilevanti sui quali le istituzioni si sarebbero basate, stabilito dal Tribunale al punto 59 della sentenza impugnata, sia talmente incompleto, selettivo ed errato da finire per snaturare gli elementi di prova considerati dalle istituzioni. |
71. |
Come è noto, lo snaturamento degli elementi di prova da parte del Tribunale, questione di diritto che può essere oggetto di sindacato della Corte nell’ambito dell’impugnazione, deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove ( 19 ). In mancanza di ciò, sarebbe un invito alla Corte a rivalutare i fatti constatati sovranamente dal Tribunale, cosa che, in virtù degli articoli 256 TFUE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, sfugge alla competenza di quest’ultima nell’ambito dell’impugnazione che è limitata alle questioni di diritto ( 20 ). |
72. |
Un motivo vertente sullo snaturamento deve pertanto limitarsi all’ipotesi di un’inesattezza manifesta da parte del Tribunale nella constatazione dei fatti, che deve anch’essa risultare in modo flagrante dagli atti, che si tratti di una constatazione manifestamente inesatta del contenuto degli elementi di prova di cui si è tenuto conto, o ancora, a mio avviso, dell’omissione o della selezione di elementi di prova che portano a dare un’impressione manifestamente fuorviante ed errata della realtà. |
73. |
Nel caso di specie, al punto 59 della sentenza impugnata, il Tribunale ha enumerato tredici fattori, menzionati all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base ed esaminati dalla Commissione nel regolamento provvisorio e confermati nel regolamento controverso, che evidenziano l’evoluzione della situazione dell’industria dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta e quindi fino alla fine di tale periodo. |
74. |
Il Consiglio espone censure di diverso ordine volte a dimostrare che il Tribunale avrebbe snaturato gli elementi di prova relativi a dieci dei suddetti tredici fattori ( 21 ) e avrebbe anche erroneamente omesso di considerare dieci fattori supplementari. |
75. |
Se per diversi aspetti queste affermazioni tendono, de facto, a investire la Corte di una rivalutazione dei fatti, questione che non può conoscere in sede di impugnazione, le stesse devono, a mio avviso, in ogni caso essere respinte perché infondate, per i motivi che seguono. |
76. |
In merito al primo e al secondo fattore, il Tribunale ha rispettivamente rilevato che «la produzione dell’industria [dell’Unione] è aumentata del 7% (considerando 67 del regolamento provvisorio)» e che «l’utilizzo degli impianti produttivi è aumentato del 9% fino a raggiungere il 90% durante il periodo dell’inchiesta, registrando parimenti percentuali di crescita elevate nel 2006 e nel 2007 (considerando 69 del regolamento provvisorio)». |
77. |
Tale conclusione emerge manifestamente dal considerando 69 del regolamento provvisorio secondo cui l’utilizzo degli impianti produttivi è aumentato tra il 2005 (inizio del periodo considerato) e il periodo dell’inchiesta dall’83% al 90%, ossia del 9% circa ovvero, in altri termini, di 7 punti percentuali. |
78. |
Il Consiglio non censura tale conclusione bensì contesta al Tribunale di avere confuso due indicatori economici, vale a dire, da un lato, la capacità di produzione e, dall’altro, l’utilizzo degli impianti produttivi, contestando al Tribunale di non aver tenuto conto del fatto che l’aumento di 7 punti percentuali sarebbe stato limitato. |
79. |
Orbene, dalla semplice lettura del punto 59 della sentenza impugnata, si evince che il Tribunale non ha affatto confuso i due fattori. Peraltro, il fatto che l’aumento di 7 punti percentuali sia stato limitato non comporta conseguenze sulla constatazione secondo cui un incremento del 9% circa (o 7 punti percentuali) degli impianti produttivi si era verificato durante il periodo considerato fino a raggiungere il 90% durante il periodo dell’inchiesta. Il Consiglio non ha dunque dimostrato uno snaturamento di tali elementi di prova. |
80. |
Al punto 59 della sentenza impugnata, il Tribunale ha riassunto il terzo fattore nei termini seguenti: «le scorte sono aumentate del 12%, per quanto la Commissione abbia osservato che “l’importanza attribuita a questo indicatore ai fini dell’analisi del pregiudizio è limitata” dal momento che la maggior parte della produzione viene realizzata sulla base di ordinativi (considerando 72 del regolamento provvisorio)». |
81. |
Il Consiglio contesta al Tribunale di non avere precisato che tale indicatore evidenziava una tendenza al ribasso dal 2006, il che significherebbe che le conclusioni del giudice di primo grado sarebbero «per lo meno incomplete, se non semplicemente errate». |
82. |
Orbene, un tale carattere incompleto, anche a voler supporlo dimostrato, non implica che la constatazione compiuta dal Tribunale in merito alle scorte sia manifestamente errata. In realtà, il Tribunale ha effettivamente tenuto conto della diminuzione indicata dal Consiglio, in quanto l’aumento del 12% è il risultato della differenza indicata al considerando 72 del regolamento provvisorio tra l’anno 2006 (aumento del 16%) e il periodo successivo fino al termine del periodo dell’inchiesta (diminuzione cumulativa del 4%). Il Consiglio non ha pertanto fornito la prova che il Tribunale avrebbe viziato la sentenza impugnata con uno snaturamento degli elementi probatori relativi al terzo fattore. |
83. |
Il quarto fattore attiene al volume delle vendite. Il Tribunale ha rilevato, al riguardo, che «il volume delle vendite dell’industria [dell’Unione] è aumentato del 14% (considerando 73 del regolamento provvisorio)». |
84. |
Il Consiglio contesta al Tribunale di non avere tenuto conto delle precisazioni delle istituzioni dell’Unione secondo cui tale aumento progressivo non avrebbe corrisposto all’aumento generale del mercato del 24% e, quindi, che l’industria dell’Unione avrebbe perso quote di mercato. Il Tribunale non avrebbe tenuto conto di un aspetto negativo di un indicatore positivo. Inoltre, il volume delle vendite sarebbe di fatto diminuito del 3% dal 2007 alla fine del periodo dell’inchiesta. |
85. |
Anche queste censure mi sembrano infondate. Il Tribunale si è infatti limitato a riprendere l’aumento del 14% indicato al considerando 73 del regolamento provvisorio tra il 2005 e il periodo dell’inchiesta. Il fatto di non avere precisato che l’effetto positivo dell’aumento sensibile dei consumi corrispondeva solo in parte all’aumento del 14% non cambia affatto l’esattezza della constatazione effettuata. Per di più, la diminuzione del 3% tra il 2007 e la fine del periodo dell’inchiesta, sostenuta dal Consiglio, non è stata né esplicitamente indicata né specificamente evidenziata al considerando 73 del regolamento provvisorio e non incide minimamente sulla constatazione dell’aumento del 14% del volume delle vendite tra il 2005 e il periodo dell’inchiesta (2007‑2008). |
86. |
Per quanto riguarda il quinto fattore, il Tribunale ha rilevato che «la quota di mercato dell’industria [dell’Unione] è diminuita di 5,2 punti (considerando 75 del regolamento provvisorio)». |
87. |
Senza negare l’esattezza di tale dato, il Consiglio contesta al Tribunale di non avere tenuto conto delle circostanze in cui detto declino ha avuto luogo, vale a dire il contesto di un mercato in espansione in cui le importazioni dalla Cina erano molto aumentate. |
88. |
È pur vero che la menzione da parte del Tribunale delle circostanze evidenziate dal Consiglio avrebbe senza dubbio rafforzato il carattere negativo di detto fattore. Resta il fatto che il Tribunale ha riconosciuto, al punto 61 della sentenza impugnata, che si trattava di un fattore non positivo. Inoltre, come si evince dai punti 64 e 65 della sentenza impugnata, il Tribunale ha tenuto conto degli elementi di cui al regolamento provvisorio e relativi al contesto in cui si era verificata la diminuzione della quota di mercato dell’industria dell’Unione. Pertanto, non scorgo alcuna inesattezza fattuale manifesta da parte del Tribunale relativa agli elementi di prova inerenti a tale fattore. |
89. |
Il sesto fattore è stato riassunto dal Tribunale nei seguenti termini: «il livello d’occupazione si è mantenuto stabile (considerando 77 del regolamento provvisorio)». |
90. |
Secondo il Consiglio, tale affermazione sarebbe inesatta, dal momento che il livello d’occupazione avrebbe fluttuato durante il periodo interessato e sarebbe anche diminuito del 6% dal 2007 alla fine del periodo dell’inchiesta, come risulterebbe dal considerando 77 del regolamento provvisorio, confermato nel regolamento controverso. |
91. |
Per quanto attiene al considerando 77 del regolamento provvisorio, l’affermazione del Consiglio non consente affatto di dimostrare una qualsiasi constatazione di fatto manifestamente errata del Tribunale. Da tale considerando risulta infatti che, se l’occupazione è senza dubbio diminuita tra il 2007 e la fine del periodo dell’inchiesta, «[g]lobalmente, l’occupazione presso i produttori del campione è rimasta stabile tra il 2005 e il periodo dell’inchiesta, affermandosi a circa 9100 persone, cosa che indica che questi produttori hanno migliorato la propria efficienza considerato che i volumi di produzione sono aumentati contestualmente del 7%». |
92. |
Come rilevato supra ( 22 ), il Consiglio non rivolge nessuna critica vertente sullo snaturamento degli elementi di prova relativi al settimo (produttività in aumento del 7%) e ottavo (salario medio per salariato in aumento del 16%) fattore, così come riassunti dal Tribunale al punto 59 della sentenza impugnata. Si deve prenderne atto. |
93. |
In merito al nono fattore, il Tribunale ha osservato che «i prezzi di vendita dell’industria [dell’Unione] sono aumentati del 21% (considerando 80 del regolamento provvisorio)». |
94. |
Il Consiglio contesta al Tribunale di avere assunto un aumento che non riflette la totalità del periodo interessato, di avere omesso di tenere conto delle ragioni di tale aumento e del suo carattere relativo. |
95. |
Dal considerando 80 del regolamento provvisorio risulta segnatamente che «i prezzi di vendita dei produttori del campione sono aumentati sensibilmente, del 21% tra il 2005 e il 2007, e sono rimasti stabili durante il periodo dell’inchiesta». Gli indicatori di aumento, ripresi nella tabella contenuta nello stesso considerando 80, per l’anno 2007 e il periodo dell’inchiesta sono identici (indice 121), rispetto all’anno 2005 (indice 100), cosa che implica che il Tribunale poteva ragionevolmente dedurre da tale considerando che i prezzi di vendita erano di fatto aumentati del 21%. Non credo pertanto che possano trovare accoglimento le censure di snaturamento sollevate dal Consiglio nei confronti del riepilogo fatto dal Tribunale del fattore qui in esame. |
96. |
A proposito del decimo fattore, il Tribunale ha riassunto il considerando 82 del regolamento provvisorio nei seguenti termini: «la redditività delle vendite dell’industria [dell’Unione] ad acquirenti indipendenti, in percentuale delle vendite nette, è aumentata del 27%, o di 3,3 punti percentuali, collocandosi al 15,4% durante il periodo dell’inchiesta, così come molto elevati erano i tassi di redditività per il 2005 e, più in particolare, per il 2006 e il 2007». |
97. |
Senza mettere in discussione l’esattezza dei dati ripresi dal Tribunale, il Consiglio sostiene che quest’ultimo non ha tenuto conto del fatto che gli utili erano negativi tra il 2007 e la fine del periodo dell’inchiesta nonché per il periodo successivo a quello dell’inchiesta. |
98. |
Quanto al periodo successivo a quello dell’inchiesta, la censura del Consiglio è, a mio giudizio, inconferente. Infatti, le valutazioni delle istituzioni esaminate dal Tribunale e riassunte al punto 59 della sentenza impugnata si riferiscono alla situazione dell’industria dell’Unione, descritta di «vulnerabilità» da tali istituzioni, durante il periodo considerato e fino alla fine del periodo dell’inchiesta. |
99. |
Per quanto concerne il fatto di non avere tenuto conto del crollo degli utili tra il 2007 e la fine del periodo dell’inchiesta, si deve rilevare come questo non sia stato esplicitamente evidenziato nelle spiegazioni fornite dalla Commissione al considerando 82 del regolamento provvisorio, quand’anche fosse vero che poteva risultare dalla tabella che riassume i dati lordi contenuti in tale considerando. Per contro, dette spiegazioni pongono l’accento sul fatto che la redditività era passata dal 17,9% nel 2007 al 15,4% durante il periodo dell’inchiesta e che, tra il 2005 e tale periodo, «la redditività era aumentata di 3 punti percentuali». Ciò detto, non mi pare che l’omissione contestata abbia portato il Tribunale a snaturare gli elementi di prova. |
100. |
In merito all’undicesimo fattore, il Tribunale ha rilevato che «l’utile sul capitale investito, ossia l’utile espresso in percentuale del valore contabile netto degli investimenti, è aumentato del 10%, o di 4,6 punti percentuali, collocandosi al 51,7% durante il periodo dell’inchiesta, dopo aver raggiunto rispettivamente l’85,1 e il 79,2% nel 2006 e nel 2007 (considerando 82 del regolamento provvisorio)». |
101. |
Secondo il Consiglio, il Tribunale si limiterebbe a invocare dati dai quali emergerebbe una tendenza positiva, laddove l’aumento tra il 2005 e la fine del periodo dell’inchiesta maschererebbe una diminuzione dell’utile sul capitale investito di oltre il 70%. |
102. |
Occorre anzitutto rilevare che l’utile sul capitale investito esaminato nel regolamento provvisorio non risulta esclusivamente dal considerando 82 del medesimo, in cui è contenuta una tabella unica che riprende i dati economici relativi alla redditività delle vendite e all’utile sul capitale investito, ma anche dalle spiegazioni fornite dalla Commissione al considerando 83 del regolamento provvisorio. Indipendentemente da tale approssimazione, ritengo che il Tribunale abbia fatto un riassunto fedele dei dati della tabella e delle spiegazioni fornite nei suddetti due considerando del regolamento provvisorio relativi all’utile sul capitale investito. |
103. |
Da un lato, difatti, il considerando 83 indica che l’utile sul capitale investito (in percentuale del valore contabile netto degli investimenti) era «passato dal 47% nel 2005 all’85% nel 2006», che era «diminuito nel 2007, scendendo al 79%, e ha anche registrato una diminuzione durante il periodo dell’inchiesta, passando al 52%. Globalmente, l’utile sul capitale investito è aumentato di 4,6 punti percentuali sul periodo considerato». Dall’altro, se è vero che l’indicatore, ripreso alla tabella contenuta al considerando 82 del regolamento provvisorio, indica una diminuzione di 71 punti tra il 2006 (indice 181) e il periodo dell’inchiesta (indice 110), resta il fatto che il regolamento provvisorio ha evidenziato in particolare che l’utile sul capitale investito era aumentato di 4,6 punti percentuali sul periodo considerato, cosa che corrisponde esattamente alla differenza tra l’anno 2005 (indice 100) e il periodo dell’inchiesta (indice 110), ossia i 10 punti dell’indicatore evidenziato anche dal Tribunale al punto 59 della sentenza impugnata. |
104. |
A mio giudizio, il Tribunale non ha dunque compiuto alcuno snaturamento degli elementi di prova relativi al fattore legato all’utile sul capitale investito. |
105. |
Come indicato in precedenza ( 23 ), il riassunto fatto dal Tribunale del dodicesimo fattore (il flusso di cassa netto risultante da attività operative) non dà luogo ad alcuna critica di snaturamento da parte del Consiglio. Occorre quindi prenderne atto. |
106. |
Infine, il Tribunale ha esposto il tredicesimo fattore come segue: «gli investimenti annuali dell’industria [dell’Unione] sono aumentati del 185% sino a raggiungere il valore di EUR 284 milioni durante il periodo dell’inchiesta (considerando 85 del regolamento provvisorio)». |
107. |
Il Consiglio precisa che tale indicatore positivo, di cui non contesta l’esattezza, sarebbe dovuto essere relativizzato dal Tribunale alla luce dei «fatti» contenuti al considerando 86 del regolamento provvisorio in cui niente indica che sono stati tenuti in considerazione. |
108. |
In proposito, dubito che la contestazione del Consiglio sia realmente relativa a una snaturamento degli elementi di prova. Il considerando 86 del regolamento provvisorio non contiene infatti né fatti né dati economici, ma presenta valutazioni effettuate dalla Commissione in merito al debole livello d’investimento dell’industria prima del periodo considerato e al fatto che gli investimenti durante tale periodo non erano stati realizzati per accrescere la capacità di produzione. Ad ogni buon conto e in ogni caso, occorre notare come, a questo punto, il Tribunale abbia correttamente analizzato, in sostanza, dette valutazioni ai punti 64 e 65 della sentenza impugnata. |
109. |
Pertanto, il riassunto contenuto al punto 59 della sentenza impugnata, che il Tribunale ha stilato dei tredici elementi di prova considerati dalle istituzioni, non risulta viziato da alcuno snaturamento di detti elementi. |
110. |
Quanto alla censura dedotta dal Consiglio secondo cui il Tribunale avrebbe omesso di tenere conto di due fattori supplementari sui quali le istituzioni si sarebbero fondate, vale a dire l’importanza del margine di dumping e la ripresa dell’industria dell’Unione dopo pratiche di dumping precedenti, contenuti al considerando 87 del regolamento provvisorio, la ritengo inconferente. Difatti, indipendentemente dal fatto che tale considerando non contiene dati economici precisi ma presenta piuttosto valutazioni dei fatti, queste sono state esaminate dal Tribunale ai punti 64 e 65 della sentenza impugnata. Il Consiglio non può pertanto sostenere che queste valutazioni di fatto siano state omesse nella sentenza impugnata. |
111. |
Per quanto attiene, in particolare, all’analisi di dette valutazioni da parte del Tribunale, ArcelorMittal e a. ritengono che quest’ultimo abbia proposto una lettura incompleta ed errata del considerando 87 del regolamento provvisorio. |
112. |
Orbene, con queste censure si intende chiedere alla Corte del compito di effettuare una nuova valutazione dei fatti, senza individuare una constatazione manifestamente inesatta dei fatti che il Tribunale avrebbe compiuto, cosa che sfugge al controllo della Corte nell’ambito dell’impugnazione ( 24 ). |
113. |
Detto ciò, la censure rivolte al Tribunale di avere sostituito la propria valutazione dei dati economici a quella delle istituzioni non poggia su nessuna critica più precisa. In definitiva, mi sembra che il Tribunale si sia limitato a verificare se gli elementi di prova considerati dalle istituzioni fossero tali da avvalorare le conclusioni che le medesime ne avevano tratto. |
114. |
Al riguardo, va aggiunto che i ricorrenti non mettono in discussione il passo del punto 61 della sentenza impugnata in cui il Tribunale ha tenuto conto della circostanza, ricordata dal Consiglio, che l’industria dell’Unione aveva perduto alcuni punti di quote di mercato durante il periodo considerato, considerando che detta circostanza non suffragava la conclusione secondo la quale tale industria si trovava in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta, poiché doveva essere misurata con il fatto che l’industria dell’Unione disponeva di una notevole quota di mercato durante il periodo dell’inchiesta, ossia il 63,6% e che aveva visto aumentare il volume delle sue vendite sensibilmente durante il periodo considerato. |
115. |
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo di respingere il primo motivo di impugnazione del Consiglio e il primo capo del terzo motivo di impugnazione della ArcelorMittal e a. |
B – Sul secondo motivo di impugnazione del Consiglio e il primo motivo di impugnazione della ArcelorMittal e a., vertenti sull’erronea interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base
1. Richiamo degli argomenti delle parti
116. |
Il Consiglio e ArcelorMittal e a. contestano al Tribunale di avere affermato, ai punti 63 e 69 della sentenza impugnata, che il peggioramento del contesto economico rilevato dalle istituzioni dell’Unione era fondato su un errore di diritto, in quanto, secondo l’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base, fattori quali la contrazione della domanda non dovevano essere attribuiti alle importazioni oggetto di dumping. |
117. |
Al riguardo, le ricorrenti nel giudizio d’impugnazione sostengono che il Tribunale ha erroneamente interpretato il menzionato articolo 3, paragrafo 7, e che esso si è fondato a torto sulla sentenza Commissione/NTN e Koyo Seiko (C‑245/95 P, EU:C:1998:46). Infatti, mentre nella causa Commissione/NTN e Koyo Seiko, le istituzioni dell’Unione si sarebbero fondate sull’esistenza di una recessione economica per analizzare un pregiudizio dell’industria dell’Unione, nella causa in esame non avrebbero invocato l’esistenza di una siffatta recessione per sostenere la constatazione di una minaccia di pregiudizio. Esse non avrebbero neppure attribuito gli effetti di una recessione economica alle importazioni oggetto di dumping, come sostenuto anche dalla Repubblica italiana nella sua memoria d’intervento. Le istituzioni avrebbero invece constatato che una domanda eccezionalmente elevata aveva camuffato l’effetto pregiudizievole reale delle importazioni oggetto di dumping e che tali effetti si rivelerebbero se la domanda ritornasse a livelli normali. |
118. |
Secondo i ricorrenti nel giudizio d’impugnazione, il calo della domanda era prevedibile poiché i consumi non potevano mantenersi a quel livello eccezionale e storicamente inconsueto per un lungo periodo. Il Tribunale, dunque, non avrebbe esaminato detta conclusione. |
119. |
La Commissione sostiene che l’errore di diritto fondamentale commesso dal Tribunale nella sentenza impugnata consiste nell’avere confuso, erroneamente, l’analisi della minaccia di pregiudizio con quella del nesso di causalità, mentre il regolamento di base distingue chiaramente queste due nozioni. |
120. |
Infatti, secondo l’Istituzione, nell’analisi della minaccia di pregiudizio, la contrazione della domanda dovrebbe essere considerata come un fatto oggettivo o come un ambito di riferimento in cui è valutata l’esistenza del pregiudizio o la minaccia di pregiudizio. La Commissione osserva, a tal proposito, che la contrazione della domanda non è uno dei fattori di pregiudizio citati all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base. Sarebbe logico il rilievo secondo cui una contrazione dei consumi sarebbe in grado di determinare una situazione in cui l’industria dell’Unione si verrebbe a trovare in una condizione più critica rispetto all’ipotesi in cui i consumi restassero stabili o fossero in aumento. In altri termini, l’industria dell’Unione potrebbe essere esposta a una minaccia di pregiudizio quando ci si aspetta una diminuzione dei consumi in un futuro molto prossimo. |
121. |
Invece, nell’ambito dell’esame del nesso di causalità, la contrazione della domanda per il prodotto interessato rivestirebbe il ruolo opposto. In virtù del regolamento di base, l’analisi del nesso di causalità si svolgerebbe in due fasi successive. Anzitutto, sarebbe compiuta un’«analisi d’imputazione» tra l’aumento delle importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio o la minaccia di pregiudizio. Poi, se è accertato un nesso di causalità in via provvisoria, si passerebbe alla seconda fase, vale a dire un’analisi di «non-imputazione» con cui l’autorità responsabile dell’inchiesta valuterebbe se uno dei fattori elencati all’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base (tra cui la contrazione della domanda) riveste, di per sé, un’importanza in grado di rompere il nesso di causalità che è stato provvisoriamente accertato. In altre parole, tale fattore dovrebbe pesare più delle importazioni oggetto di dumping in quanto causa del pregiudizio o della minaccia di pregiudizio. |
122. |
Secondo la Commissione, il Tribunale ha utilizzato la contrazione della domanda quale fattore negativo per la valutazione della minaccia di pregiudizio, mentre detto fattore può rivestire un ruolo soltanto nella seconda fase della valutazione, in due tempi, del nesso di causalità. |
123. |
La Hubei replica che il Tribunale ha correttamente ritenuto che la contrazione della domanda comunitaria non potesse essere presa in considerazione nella valutazione della minaccia di pregiudizio. Gli effetti di una siffatta contrazione della domanda, che non possono essere relegati alle situazioni di recessione economica, non devono, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base, essere imputati alle importazioni oggetto di dumping e non possono quindi servire per avvalorare la conclusione dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio, così come si evincerebbe dalla giurisprudenza della Corte. |
124. |
Orbene, al considerando 48 del regolamento controverso, il Consiglio avrebbe, in sostanza, affermato che se le condizioni economiche peggiorassero e il livello della domanda nell’Unione si contraesse, si realizzerebbe allora la minaccia di pregiudizio. Di conseguenza, esso avrebbe attribuito almeno una parte della minaccia presunta di pregiudizio a tale contrazione attesa della domanda. Secondo la Hubei, ciò è esattamente il tipo di fattore esterno che non può servire da fondamento per la valutazione di una minaccia di pregiudizio, come risulta chiaramente dall’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base. |
125. |
In ogni caso, la Hubei sostiene che il Tribunale ha esaminato molti altri fattori per constatare l’errore manifesto di valutazione commesso dalle istituzioni e relativo alla vulnerabilità dell’industria dell’Unione e alla minaccia di pregiudizio. Pertanto, l’eventuale errore di diritto relativo alla contrazione della domanda non comporterebbe l’annullamento della sentenza impugnata. |
2. Analisi
126. |
I motivi di impugnazione richiamati supra vertono sull’errore di diritto in cui il Tribunale sarebbe incorso ai punti 63 e 69 della sentenza impugnata. |
127. |
Il punto 63 di detta sentenza si inserisce nelle considerazioni del Tribunale relative alla situazione di vulnerabilità dell’industria dell’Unione alla fine del periodo dell’inchiesta. In detto punto il Tribunale ha respinto una serie di argomenti invocati dalle istituzioni relativi agli effetti del peggioramento del contesto economico su questa industria. |
128. |
Il Tribunale ha quindi dichiarato che «per quanto riguarda la circostanza addotta dalle istituzioni secondo la quale l’industria [dell’Unione] sarebbe esposta agli effetti potenzialmente pregiudizievoli delle importazioni in dumping se la tendenza economica dovesse invertirsi (considerando 89 del regolamento provvisorio, confermato dal Consiglio al considerando 47 del regolamento controverso), essa consentirebbe di accertare, eventualmente, una situazione di vulnerabilità per il futuro. Tale circostanza è dunque ininfluente ai fini della conclusione che l’industria [dell’Unione] si trovava in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta. Lo stesso ragionamento vale per gli elementi dedotti dal Consiglio nelle proprie memorie dinanzi al Tribunale relativamente ai dati economici successivi al periodo dell’inchiesta, e per le conclusioni che il Consiglio trae dal peggioramento della situazione dell’industria [dell’Unione]». Il Tribunale ha inoltre sottolineato, con riferimento alla sentenza Commissione/NTN e Koyo Seiko (C‑245/95 P, EU:C:1998:46, punto 43), «che la circostanza addotta dalle istituzioni relativamente al peggioramento del contesto economico è stata già considerata dai giudici dell’Unione come fondata su un errore di diritto, in quanto il regolamento di base prevede espressamente, nella sua parte relativa all’analisi del pregiudizio, che fattori quali la contrazione della domanda non debbano essere attribuiti alle importazioni oggetto di dumping (…)». |
129. |
Il punto 69 della sentenza impugnata si iscrive, a sua volta, nel contesto dell’analisi dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio considerata dalle istituzioni in relazione all’utilizzo di dati successivi al periodo dell’inchiesta. Il Tribunale ricorda, da un lato, che tali dati «confermano la previsione delle istituzioni relativamente alla contrazione del mercato [dell’Unione]», e rileva, dall’altro, che «[i]n particolare, gli elementi riportati al considerando 51 del regolamento [controverso] mostrano che il consumo [nell’Unione] è diminuito del 27,7% tra la fine del periodo dell’inchiesta, ossia il 30 giugno 2008, e il mese di marzo 2009». Sottolinea tuttavia, facendo rinvio al punto 63 della sentenza impugnata, che «fattori di pregiudizio quali la contrazione della domanda non devono essere attribuiti alle importazioni oggetto di dumping». |
130. |
Occorre ricordare, come risulta pacificamente, che l’articolo 3, paragrafo 7, prima frase, del regolamento di base specifica che i fattori conosciuti, diversi dalle importazioni oggetto di dumping che cagionano un pregiudizio all’industria dell’Unione, sono esaminati in modo che il pregiudizio causato da questi altri fattori non sia attribuito alle importazioni oggetto di dumping. Tra questi altri fattori, elencati in modo non esaustivo dall’articolo 3, paragrafo 7, seconda frase, del regolamento di base, figura la contrazione della domanda. |
131. |
Le istituzioni sono pertanto tenute a valutare se il danno che intendono prendere in considerazione provenga effettivamente dalle importazioni oggetto di dumping e ad escludere ogni danno derivante da altri fattori ( 25 ), come la contrazione della domanda o, più in generale, la recessione nell’industria ( 26 ). |
132. |
Nella sentenza Commissione/NTN e Koyo Seiko (C‑245/95 P, EU:C:1998:46, punto 43), la Corte ha confermato la valutazione del Tribunale, effettuata ai punti 98 e 99 della sentenza NTN Corporation e Koyo Seiko/Consiglio (T‑163/94 e T‑165/94, EU:T:1995:83), secondo la quale il divieto di attribuire alle importazioni oggetto di dumping gli effetti negativi di altri fattori, come la contrazione della domanda, si impone anche nell’ambito dell’analisi della minaccia di pregiudizio. |
133. |
Pertanto, il Tribunale non ha commesso nessun errore di diritto laddove ha richiamato tale principio ai punti 63 e 69 della sentenza impugnata. |
134. |
Tuttavia, le ricorrenti del giudizio d’impugnazione sostengono che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto che le istituzioni abbiano imputato alle importazioni oggetto di dumping il pregiudizio causato dalla contrazione della domanda. La contrazione imminente della domanda sarebbe stata presa in considerazione solo come una circostanza in base alla quale la minaccia di pregiudizio doveva essere esaminata. |
135. |
Anche ipotizzando che ciò sia vero, ritengo che detta censura sia inconferente. |
136. |
Infatti, per quanto riguarda il punto 63 della sentenza impugnata, la valutazione delle istituzioni relativa alla situazione di vulnerabilità dell’industria dell’Unione è stata confutata dal Tribunale principalmente sul fondamento dell’analisi dei fattori elencati al punto 59 della sentenza impugnata. La contrazione futura o prevedibile della domanda per il periodo successivo a quello dell’inchiesta non poteva in ogni caso avvalorare la constatazione secondo cui l’industria dell’Unione conosceva una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta, come ha, in sostanza, correttamente ritenuto il Tribunale al punto 63, prima e seconda frase, della sentenza impugnata. |
137. |
Quanto al punto 69 della sentenza impugnata, la considerazione della contrazione futura della domanda non può permettere, di per sé, alle istituzioni di concludere a favore dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio notevole ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, causata dalle importazioni oggetto di dumping. In ogni caso, risulta in particolare dai punti 72, 83 e 87 della sentenza impugnata, vertenti, come sarà esaminato più avanti, sull’analisi dei fattori considerati dalle istituzioni per constatare l’esistenza di una siffatta minaccia, che il Tribunale non ha ignorato la circostanza della contrazione della domanda dell’Unione dopo il periodo dell’inchiesta di cui le istituzioni hanno tenuto conto. |
138. |
Pertanto, propongo di respingere i motivi di impugnazione vertenti sull’erronea interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base. |
C – Sul terzo motivo di impugnazione del Consiglio, sul secondo motivo e sul secondo capo del terzo motivo di impugnazione della ArcelorMittal e a., vertenti sull’erronea interpretazione degli articoli 3, paragrafo 9, e 6, paragrafo 1, del regolamento di base e sugli errori nell’esame dei fattori relativi alla minaccia di pregiudizio
1. Richiamo degli argomenti delle parti
139. |
A parere del Consiglio, il Tribunale ha erroneamente rilevato, al punto 92 della sentenza impugnata, che le istituzioni avevano commesso un errore manifesto di valutazione nel concludere a favore dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio nella fattispecie. |
140. |
Nonostante il Consiglio riconosca che l’analisi di una minaccia di pregiudizio si debba fondare sui fatti e sull’imminente cambiamento di circostanze, tale analisi sarebbe necessariamente prospettica. Le istituzioni potrebbero dunque sbagliarsi quanto al futuro senza commettere errori di diritto nell’esercizio della loro competenza nel valutare situazioni economiche complesse. L’essenziale sarebbe, a parere del Consiglio, accordare un ampio margine discrezionale alle autorità competenti incaricate della valutazione complessa di eventi futuri in seno alla politica di difesa commerciale. |
141. |
Il Consiglio ricorda che l’esame dei fattori specifici previsti all’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base ha rivelato «una situazione confusa» quanto all’esistenza di una minaccia di pregiudizio. Alla luce dell’esatta formulazione di detta disposizione e dell’ampio potere discrezionale di cui disporrebbero per le questioni di difesa commerciale, le istituzioni dell’Unione sarebbero autorizzate ad utilizzare tale potere per concludere a favore dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio. |
142. |
Il Consiglio precisa proprio con riguardo al carattere «confuso» della situazione alla fine del periodo dell’inchiesta che, in modo inconsueto, ma nell’interesse della buona amministrazione, le istituzioni hanno continuato, nel caso di specie, a sorvegliare la situazione del mercato dell’Unione durante il periodo successivo alla fine del periodo dell’inchiesta, concentrando l’attenzione sul cambiamento delle circostanze e sui principali indicatori economici. |
143. |
Per tale motivo, le istituzioni non si sarebbero sbagliate sull’avvenire. Il Consiglio sottolinea, difatti, che i dati relativi al periodo successivo a quello dell’inchiesta mostrerebbero che il mercato aveva iniziato a contrarsi, cosa che costituirebbe un elemento determinante per concludere a favore dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio nel momento in cui è stata fatta la valutazione. I consumi dell’Unione avrebbero iniziato a diminuire in modo significativo, e più velocemente di quanto previsto nel regolamento provvisorio, essendo diminuiti di quasi il 30% dalla fine del periodo dell’inchiesta a marzo 2009. Inoltre, i dati relativi al periodo successivo a quello dell’inchiesta confermerebbero che la quota di mercato delle importazioni in dumping originarie della Cina era in aumento. La quota di mercato delle importazioni in dumping originarie della Cina sarebbe aumentata di quasi il 18%, confermando le previsioni contenute nel regolamento provvisorio. Infine, e soprattutto, la produzione dell’industria dell’Unione, il tasso di utilizzo delle capacità delle società del campione, le vendite nel mercato dell’Unione, nonché la redditività sarebbero diminuiti sensibilmente durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta. |
144. |
Pertanto, il Consiglio ritiene che erroneamente il Tribunale avrebbe rilevato, al punto 91 della sentenza impugnata, incongruenze e lacune nella valutazione globale dei fattori previsti all’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, effettuate nel regolamento controverso. |
145. |
A parere della ArcelorMittal e a., il Tribunale ha violato sia l’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, sia l’articolo 6, paragrafo 1, del medesimo regolamento laddove ha fondato il proprio ragionamento sulle incongruenze tra i dati successivi al periodo dell’inchiesta e quelli raccolti durante tale periodo. Anche nel contesto dell’analisi di una minaccia di pregiudizio, l’utilizzo di questi dati successivi al periodo dell’inchiesta non sarebbe attendibile, in quanto essi rifletterebbero il comportamento dei produttori interessati successivamente all’apertura del procedimento antidumping. Dati di questo tipo dovrebbero essere utilizzati esclusivamente se dimostrano che l’istituzione dei dazi antidumping è manifestamente impropria. Orbene, ciò non si sarebbe verificato nella specie. |
146. |
Ciò premesso, ArcelorMittal e a. ritengono che non fosse necessario accertare se il Consiglio fosse autorizzato ad analizzare i dati successivi al periodo dell’inchiesta. Infatti, non sarebbe rilevante che tali dati confermino le previsioni effettuate dalla Commissione nel regolamento provvisorio sulla base dei dati del periodo dell’inchiesta. Di conseguenza, anche se il Consiglio avesse concluso a torto che i dati successivi al periodo dell’inchiesta confermavano le conclusioni del regolamento provvisorio, questo errore non avrebbe potuto comportare l’annullamento del regolamento controverso. |
147. |
Inoltre, ArcelorMittal e a. sostengono che il Tribunale ha commesso una serie di errori di diritto nell’analisi dei fattori previsti all’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base e considerati dalle istituzioni dell’Unione per constatare una minaccia di pregiudizio. |
148. |
Tali critiche riguardano i tre fattori assunti dalle istituzioni e che il Tribunale ha analizzato ai punti da 72 a 90 della sentenza impugnata. Saranno presentate in modo più dettagliato nell’ambito dell’analisi di ciascun fattore in questione (v. rispettivamente paragrafi 199, 219 e 238 delle presenti conclusioni). |
149. |
La Hubei afferma, in via principale, che tali motivi sono irricevibili. Da un lato, nella parte in cui contestano al Tribunale di avere analizzato dati successivi al periodo dell’inchiesta, i ricorrenti tenterebbero di introdurre un motivo nuovo ampliando l’oggetto del giudizio di primo grado. Dall’altro, in merito alle censure della ArcelorMittal e a. nei confronti dell’analisi svolta dal Tribunale dei fattori previsti all’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, queste mirerebbero a contestare la valutazione dei fatti effettuata dal giudice di primo grado, sfuggendo così al controllo della Corte nell’ambito dell’impugnazione. |
150. |
In subordine, la Hubei ritiene tali censure infondate. Precisa, anzitutto, che l’analisi della minaccia di pregiudizio non impone alle istituzioni di valutare eventi futuri. L’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base enuncerebbe chiaramente che l’analisi deve svolgersi sulla base di fatti e «non di semplici asserzioni, congetture o remote possibilità». In proposito, la Hubei sottolinea come il Consiglio ammetta che l’analisi delle istituzioni abbia rivelato, tuttalpiù, una «situazione confusa» quanto all’esistenza di una minaccia di pregiudizio. Orbene, non avrebbe dimostrato il manifesto snaturamento, da parte del Tribunale, degli elementi di prova sottopostigli ovvero il suo compimento di un errore di diritto. |
151. |
Inoltre, la Hubei ritiene che il Tribunale fosse perfettamente autorizzato a controllare i dati successivi al periodo dell’inchiesta poiché questi dati sono stati invocati e utilizzati dalle istituzioni, salvo vedere le decisioni delle istituzioni sfuggire al sindacato giurisdizionale. Come sarebbe avvenuto nella specie, tali dati sono intrinsecamente legati alla valutazione globale di una minaccia di pregiudizio e non possono essere dissociati da questa analisi poiché dimostrano che l’istituzione di un dazio antidumping è manifestamente inadeguata. |
152. |
La Hubei afferma altresì che le istituzioni non possono semplicemente ratificare le previsioni fatte in un regolamento provvisorio solo perché erano corrette quando il regolamento è stato adottato. Esse sono tenute a verificare se le previsioni siano comunque esatte al momento dell’adozione del regolamento definitivo, rispetto alle informazioni aggiuntive disponibili e agli argomenti esposti durante il seguito della loro inchiesta. |
153. |
Infine, la Hubei ritiene che il Tribunale non abbia commesso un errore di diritto quando ha analizzato i fattori elencati all’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base. In particolare, la Hubei ricorda che, alla luce dei dati successivi al periodo dell’inchiesta, un aumento dello 0,7% delle importazioni cinesi non si sarebbe potuto definire aumento «sostanziale» ai sensi di tale articolo. |
2. Analisi
154. |
Sono due le questioni sostanziali al centro dei motivi sollevati dalle parti ricorrenti. |
155. |
Da un lato, si deve accertare se il Tribunale abbia legittimamente controllato la correttezza dei rilievi attinenti alla minaccia di pregiudizio con riguardo ai dati rilevanti del periodo successivo a quello dell’inchiesta. Dall’altro, e qualora la risposta sia positiva, si dovrà accertare se il Tribunale non sia incorso in un errore di diritto laddove ha verificato la valutazione delle istituzioni relativa all’esame dei quattro fattori elencati all’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base. |
156. |
Ritengo che occorra anzitutto respingere le eccezioni di irricevibilità di detti motivi sollevate dalla Hubei. |
a) Sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Hubei
157. |
Ricordo che la Hubei eccepisce, in primo luogo, la novità del motivo vertente sull’errore di diritto relativo alla considerazione da parte del Tribunale dei dati successivi al periodo dell’inchiesta per valutare la correttezza della conclusione delle istituzioni relativa all’esistenza di una minaccia di pregiudizio. |
158. |
Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado. La Corte è pertanto competente esclusivamente a esaminare se l’argomentazione contenuta nell’impugnazione individui un errore di diritto che vizi la sentenza impugnata ( 27 ). |
159. |
Nel caso di specie, il Tribunale ha preso in considerazione i dati successivi al periodo dell’inchiesta per rispondere alla censura della Hubei vertente, in primo grado, sulle incongruenze esistenti tra la conclusione delle istituzioni e i dati economici rilevanti. Considerato che il Tribunale ha accolto il motivo dibattuto dinanzi ad esso tenendo conto di tali dati e considerato che tale conclusione lede i ricorrenti del giudizio d’impugnazione, questi ultimi sono, a mio giudizio, necessariamente legittimati a censurare la fondatezza della soluzione accolta dal Tribunale. |
160. |
In secondo luogo, la Hubei sostiene che le censure rivolte dalla ArcelorMittal e a. contro l’analisi, compiuta dal Tribunale, dei quattro fattori previsti dall’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base sono irricevibili perché volte esclusivamente a chiedere alla Corte di procedere ad una nuova valutazione dei fatti. |
161. |
Senza che sia necessario, a questo punto, analizzare gli argomenti esposti dalla ArcelorMittal e a., è evidente, da un lato, che l’obiezione della Hubei potrebbe tuttalpiù condurre alla constatazione di una irricevibilità parziale dei motivi d’impugnazione qui in esame. Dall’altro, dato che la competenza della Corte a conoscere dell’impugnazione è limitata alle questioni di diritto, le censure sollevate dalla ArcelorMittal e a. devono essere esaminate solo con riserva di tale qualificazione. |
162. |
Poiché le eccezioni di irricevibilità della Hubei sono respinte, occorre verificare prima di tutto se, come sostenuto dai ricorrenti, il Tribunale abbia violato gli articoli 3, paragrafo 9, e 6, paragrafo 1, del regolamento di base tenendo conto dei dati successivi al periodo dell’inchiesta, per controllare la correttezza dell’accertamento compiuto dalle istituzioni secondo cui esisteva una minaccia di pregiudizio alla fine del periodo dell’inchiesta. |
b) Sulla presa in considerazione da parte del Tribunale dei dati successivi al periodo dell’inchiesta per controllare la fondatezza dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio
163. |
Per esaminare tale censura, si devono anzitutto ricordare le specificità relative all’accertamento di una minaccia di pregiudizio effettuata dalle istituzioni. |
164. |
Come già indicato con riguardo alla minaccia di pregiudizio, la rilevanza del pregiudizio non si è, per definizione, (ancora) realizzata. |
165. |
Pertanto, come riconosciuto dal Consiglio, concludere a favore dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio richiede non solo l’accertamento dei fatti, bensì parimenti un’analisi della probabilità con la quale eventi futuri (prevedibili e imminenti, secondo l’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base) si verificheranno, dando vita a una situazione in cui il pregiudizio si materializzerebbe senza l’adozione di misure antidumping. Ad esempio, per accertare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio, le istituzioni sono chiamate a verificare se esista un sensibile tasso di incremento delle importazioni oggetto di dumping sul mercato comunitario «tale da far prevedere un sostanziale aumento delle importazioni» [articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera a) del regolamento di base]. |
166. |
È evidente come un’analisi prospettica di questo tipo comporti una serie di incertezze relative al verificarsi di eventi futuri ma implichi anche il rischio di esporre gli operatori economici di paesi terzi all’adozione di misure arbitrarie di natura puramente protezionista ( 28 ). |
167. |
Se, riguardo al margine di discrezionalità di cui godono le istituzioni, le incertezze possono essere, secondo me, generalmente tollerate, la Corte ha già avuto modo di affermare, in materia di controllo delle concentrazioni, ambito in cui l’analisi prospettica è necessaria, che questa analisi dev’essere effettuata con «notevole attenzione», dal momento che si tratta di prevedere eventi che si verificheranno in futuro, in base a una più o meno forte probabilità, qualora non sia adottata alcuna decisione volta a vietare o a precisare i presupposti della concentrazione prevista ( 29 ). |
168. |
È questo il contesto in cui, a mio giudizio, va intesa, nella specie, la presa in considerazione da parte delle istituzioni dei dati successivi al periodo dell’inchiesta. Difatti, si tratterebbe di valutare se, al momento dell’adozione del regolamento controverso, le previsioni contenute nel regolamento provvisorio, quanto alla probabilità del verificarsi degli eventi che determinano il passaggio da una minaccia di pregiudizio a pregiudizio in assenza di adozione di misure di difesa, fossero o meno confermate. |
169. |
Tale verifica richiedeva di tenere in considerazione i dati successivi al periodo dell’inchiesta, di modo che le istituzioni non si basassero esclusivamente su previsioni fondate su dati economici precedenti di oltre un anno il giorno dell’adozione del regolamento controverso ( 30 ). |
170. |
È peraltro quanto risulta, in sostanza, dal considerando 57 del regolamento controverso, ai termini del quale il Consiglio ha rilevato che, nell’ambito di una minaccia di pregiudizio, l’autorità inquirente è «autorizzata a verificare che i fatti avvenuti dopo la fine del periodo dell’inchiesta confermino veramente le conclusioni di minaccia di pregiudizio tratte nella fase provvisoria». |
171. |
Tale approccio mi sembra del tutto legittimo e corretto. |
172. |
Sul piano della legittimità, è vero che l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di base, relativo all’inchiesta sul dumping e il pregiudizio, dispone che le «informazioni relative ad un periodo successivo al periodo dell’inchiesta non sono di norma prese in considerazione». |
173. |
Come rilevato dalla ArcelorMittal e a., la regola dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di base secondo cui i dati successivi al periodo dell’inchiesta non sono di norma presi in considerazione mira a garantire che i risultati dell’inchiesta siano rappresentativi ed attendibili, garantendo che gli elementi su cui si fonda l’accertamento del dumping e del pregiudizio non siano influenzati dal comportamento dei produttori interessati successivo all’avvio del procedimento antidumping ( 31 ). |
174. |
Tuttavia, ritengo che, malgrado quanto sostenuto in sostanza dal Tribunale in un certo numero di cause, utilizzando l’espressione «di norma», l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di base autorizzi le istituzioni a tenere in considerazione informazioni del periodo successivo al periodo dell’inchiesta esigendo perfino l’analisi di tali informazioni quando possono rivelare sviluppi nuovi che rendono manifestamente inadeguata la prevista istituzione del dazio antidumping ( 32 ). |
175. |
Nella specie, poiché, da un lato, l’esame della minaccia di pregiudizio implica un’analisi di tipo prospettico e, dall’altro, l’esistenza di una tale minaccia, come quella del pregiudizio attuale, deve poter essere accertata al momento in cui una misura di difesa (provvisoria o definitiva) è adottata ( 33 ), ritengo spetti alle istituzioni verificare se, al momento dell’adozione di un dazio antidumping definitivo, le previsioni risultanti dall’analisi compiuta nel regolamento provvisorio sono confermate e possono giustificare l’istituzione del dazio antidumping definitivo. |
176. |
In quest’ottica e nell’ambito della minaccia di pregiudizio, le istituzioni sono pertanto, a mio avviso, non solo autorizzate ma fortemente invitate a prendere in considerazione i dati successivi al periodo dell’inchiesta. |
177. |
Le istituzioni devono, in tale contesto, essere autorizzate a esaminare se tali dati siano sufficientemente rappresentativi ed attendibili e, in caso contrario, spiegare le ragioni che le inducono a dubitarne e, eventualmente, a respingerli in tutto o in parte. |
178. |
Nel caso di specie, dagli atti non emerge che le istituzioni abbiano avuto dubbi quanto alla rappresentatività e all’attendibilità dei dati successivi al periodo dell’inchiesta su cui si sono basate. |
179. |
Una volta che le istituzioni abbiano legittimamente preso in considerazione dati successivi al periodo dell’inchiesta, dati a loro avviso rappresentativi ed attendibili – il che non è stato contestato – il Tribunale non può essere criticato per avere verificato se le istituzioni avessero correttamente ritenuto che quei dati confermassero le previsioni effettuate nel regolamento provvisorio quanto all’esistenza di una minaccia di pregiudizio. |
180. |
Difatti, contrariamente a quanto sembrano sostenere le ricorrenti nel giudizio d’impugnazione, l’utilizzo fatto dalle istituzioni dei dati successivi al periodo dell’inchiesta non può sfuggire al sindacato giurisdizionale del Tribunale. In particolare, come già evidenziato supra al paragrafo 64, tale controllo deve includere quello dell’interpretazione dei dati di natura economica da parte delle istituzioni, tra cui rientra il compito di verificare l’esattezza degli elementi di prova dalle stesse considerati, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma anche se questi elementi costituiscano il complesso dei dati rilevanti da prendere in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano tali da sostenere le conclusioni che ne sono tratte. |
181. |
Tale sindacato mi pare tanto più necessario con riguardo all’analisi prospettica necessaria per verificare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio ( 34 ). |
182. |
Concordo, come sostenuto dal Consiglio, sul fatto che le istituzioni possono sbagliarsi sul futuro, senza necessariamente commettere errori di diritto o un errore manifesto di valutazione. |
183. |
Tuttavia, a partire dal momento in cui le istituzioni stesse tengono legittimamente conto di elementi successivi al periodo dell’inchiesta per accertare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio e imporre un dazio antidumping definitivo, il Tribunale deve poter essere sicuro che tali elementi siano sufficientemente idonei a confermare le previsioni che hanno indotto la Commissione ad adottare misure di difesa provvisorie. |
184. |
Pertanto, nel momento in cui il Consiglio deve adottare un regolamento che istituisce un dazio antidumping definitivo, non credo che, qualora gli elementi successivi al periodo dell’inchiesta non corroborino l’analisi effettuata dalla Commissione nel regolamento provvisorio, il Consiglio sia comunque autorizzato, come afferma, a avvalersi del proprio margine di discrezionalità per constatare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio e adottare un dazio antidumping definitivo. |
185. |
Questo convincimento si fonda su una serie di considerazioni. |
186. |
In primo luogo, come già indicato supra al punto 173, l’esistenza di una minaccia di pregiudizio, così come quella del pregiudizio attuale, deve poter essere accertata nel momento in cui una misura di difesa, sia essa provvisoria o definitiva, viene adottata. Qualora gli elementi di prova non consentano di confermare le previsioni iniziali della Commissione, il verificarsi di un pregiudizio materiale sembra allontanarsi e non pare allora giustificato infliggere dazi antidumping definitivi. |
187. |
In secondo luogo, giova rammentare che l’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base prevede che la minaccia di pregiudizio debba essere accertata sulla base di fatti e non di semplici asserzioni, congetture o remote possibilità e che il mutamento di circostanze atto a creare una situazione in cui il dumping causerebbe un pregiudizio debba essere chiaramente prevedibile ed imminente. |
188. |
Infine, in terzo luogo, accogliere la tesi del Consiglio significherebbe, in fine, concedere alle istituzioni il diritto di adottare misure di difesa arbitrarie, puramente protezionistiche. Il regolamento di base ora non vieta il dumping in quanto tale, ma solo il dumping che crea o minaccia di creare un pregiudizio notevole all’industria dell’Unione. Pertanto, ritengo che se gli elementi di prova non consentono di concludere con un livello di probabilità sufficientemente alto che esiste una minaccia di pregiudizio materiale, le istituzioni, anche in fase di adozione del regolamento antidumping definitivo, devono semplicemente trarne le conseguenze e astenersi dall’adottare le misure di difesa definitive prospettate inizialmente. |
189. |
Ciò premesso, credo che il Tribunale non abbia violato né l’articolo 3, paragrafo 9, né l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di base laddove ha tenuto conto dei dati successivi al periodo dell’inchiesta per controllare la correttezza della constatazione delle istituzioni in merito all’esistenza di una minaccia di pregiudizio che le stesse istituzioni avevano preso in considerazione nel regolamento controverso. |
190. |
Occorre ora verificare se, come affermato dalla ArcelorMittal e a., il Tribunale sia incorso in errori di diritto nell’accertare la valutazione delle istituzioni relativa all’analisi dei quattro fattori elencati all’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base. |
c) Sugli errori di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale nell’accertamento della valutazione delle istituzioni relativa all’analisi dei quattro fattori elencati all’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base
191. |
L’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, del regolamento di base elenca quattro fattori non tassativi che le istituzioni devono analizzare per determinare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio notevole. |
192. |
Come richiamato dal Tribunale al punto 70 della sentenza impugnata, questi fattori riguardano l’evoluzione delle importazioni in dumping [articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera a)], la riserva di capacità disponibile presso gli esportatori [lettera b)], il prezzo delle importazioni in dumping [lettera c)] e il livello delle scorte disponibili del prodotto in questione [lettera d)]. |
193. |
L’articolo 3, paragrafo 9, terzo comma, del regolamento di base precisa che nessuno dei fattori costituisce di per sé una base di giudizio determinante, ma in presenza di tutti i fattori considerati si può concludere che sono imminenti ulteriori importazioni a prezzi di dumping dalle quali, se non venissero prese misure di difesa, deriverebbe un notevole pregiudizio. |
194. |
Nella specie, così come rilevato dal Tribunale al punto 70 della sentenza impugnata, le istituzioni hanno esaminato i primi tre fattori in quanto il Consiglio aveva ritenuto, in sostanza, che il livello delle scorte non fosse determinante per l’analisi della minaccia di pregiudizio. |
i) Sugli errori di diritto relativi all’analisi del primo fattore [articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera a), del regolamento di base]
– Considerazioni del Tribunale
195. |
In merito al primo fattore preso in considerazione dalle istituzioni e analizzato dal Tribunale, quest’ultimo ha prima di tutto ricordato, al punto 72 della sentenza impugnata, le previsioni della Commissione, confermate nel regolamento controverso, secondo le quali la «quota di mercato delle importazioni in dumping dalla Cina è destinata ad aumentare ed è probabile che la pressione di queste importazioni in dumping sul mercato [dell’Unione] si rafforzi in maniera sostanziale». |
196. |
Il Tribunale ha tuttavia osservato che, stando ai dati riportati nel regolamento di base, il volume delle importazioni originarie della Cina ha subito, durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta, una drastica riduzione in termini assoluti (diminuzione del 24,6%), mentre, in termini relativi, l’aumento della quota di mercato corrispondente alle citate importazioni è stato basso, ossia di 0,7 punti percentuali durante tale periodo (punto 73 della sentenza impugnata). |
197. |
Al termine del proprio ragionamento, il Tribunale ha ritenuto che esistesse pertanto una differenza considerevole tra le previsioni della Commissione al momento del regolamento provvisorio e i dati economici del periodo successivo al periodo dell’inchiesta, assunti dal Consiglio nell’ambito del regolamento controverso. Ricordando che, a termini dell’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, il primo fattore esige un sensibile tasso di incremento delle importazioni oggetto di dumping tale da far prevedere un sostanziale aumento delle importazioni, il Tribunale ha rilevato che le stesse affermazioni del Consiglio nel regolamento controverso secondo cui le importazioni originarie della Cina avevano registrato un «leggero aumento», in termini relativi, nel periodo successivo a quello dell’inchiesta, non confermavano la constatazione che esisterebbe, nel caso di specie, una probabilità di «sostanziale» delle importazioni in dumping. Il Tribunale ha inoltre correlato l’aumento di 0,7 punti percentuali della quota di mercato corrispondente alle importazioni originarie della Cina con la diminuzione di 0,1 punti percentuali della quota di mercato corrispondente ai prodotti dell’industria dell’Unione nel periodo successivo a quello dell’inchiesta (punto 78 della sentenza impugnata). |
198. |
Il Tribunale ha quindi concluso che il primo fattore presentava incongruenze tra le previsioni della Commissione, confermate dal Consiglio nel regolamento controverso, e i dati di riferimento relativi al periodo successivo a quello dell’inchiesta (punto 91 della sentenza impugnata). |
– Richiamo degli argomenti della ArcelorMittal e a.
199. |
In sostanza, ArcelorMittal e a. sostengono che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che il Consiglio aveva violato l’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base limitandosi a individuare delle incoerenze e non un errore manifesto di valutazione in merito al volume delle importazioni originarie della Cina. Esse affermano altresì che il Tribunale non ha esaminato una parte delle valutazioni contenute al considerando 68 del regolamento controverso e non gli spettava accertare se il livello di aumento della quota di mercato delle importazioni in dumping era «sufficiente». |
– Valutazione
200. |
Ritengo che l’argomento della ArcelorMittal e a. debba essere respinto. |
201. |
In primo luogo, così come indicato espressamente al punto 92 della sentenza impugnata, è appunto alla luce del «complesso degli elementi» relativi all’esame dei tre fattori che consentono di determinare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio che il Tribunale ha rilevato che il Consiglio aveva violato l’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base. |
202. |
ArcelorMittal e a. effettuano dunque una lettura erronea della sentenza impugnata laddove sostengono che il Tribunale si è basato esclusivamente sulle incoerenze legate al primo fattore relativo al volume delle importazioni per dichiarare che il Consiglio ha violato l’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base. |
203. |
Inoltre, come ho già precisato, il sindacato giurisdizionale cui il Tribunale è autorizzato a procedere include quello dell’interpretazione dei dati economici considerati dalle istituzioni, comprendente la verifica della coerenza degli elementi di prova e se questi elementi siano tali da confermare le conclusioni che ne sono tratte. |
204. |
L’analisi compiuta dal Tribunale non verte dunque solo esclusivamente sull’errore manifesto di valutazione che inficerebbe il regolamento controverso, ma anche, in particolare, sulla qualificazione giuridica dei fatti. Inoltre, il Tribunale non è affatto tenuto a individuare un tipo di errore particolare, come l’errore manifesto di valutazione con riferimento a ciascuno dei fattori presi singolarmente, per constatare, eventualmente, una violazione dell’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base. Tale errore potrebbe invece risultare da un’analisi globale del complesso dei fattori presi in considerazione. |
205. |
Il Tribunale non ha peraltro commesso alcun errore di diritto nel richiamare i termini dell’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base facendo riferimento al primo fattore secondo cui, in sostanza, la probabilità di aumento delle importazioni in dumping deve essere sostanziale e verificando se gli elementi di prova, ivi inclusi i dati successivi al periodo dell’inchiesta, utilizzati dal Consiglio avvalorassero la conclusione cui questa istituzione era giunta nel regolamento controverso. |
206. |
Infine, con riguardo all’argomento relativo al difetto di motivazione di alcuni passi del considerando 68 del regolamento controverso, occorre precisare che, in tale considerando, il Consiglio ha sostenuto che «il livello delle importazioni cinesi può essere considerato una minaccia di pregiudizio anche nel caso in cui i volumi iniziassero a diminuire in proporzione più del consumo, dal momento che la presenza stessa di volumi notevoli di prodotti cinesi a basso prezzo in un contesto di consumo in calo esercita una pressione verso il basso del livello generale dei prezzi sul mercato». Il Consiglio ha aggiunto che «[n]essuno dei fattori di cui all’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base può comunque fornire un orientamento decisivo in merito all’esistenza di una tale minaccia di pregiudizio. I fattori vanno piuttosto considerati nella loro totalità». |
207. |
È vero, come indicato dalla ArcelorMittal e a., che la sentenza impugnata non contiene valutazioni relative a questi passaggi del considerando in questione del regolamento controverso, mentre il Tribunale ha fondato il suo ragionamento su altre parti del considerando, tra cui, in particolare, quelle che si riferiscono ai dati successivi al periodo dell’inchiesta. |
208. |
Non penso tuttavia che l’omissione parziale del Tribunale possa condurre all’annullamento della sentenza impugnata. |
209. |
In merito all’ultima parte del considerando 68 del regolamento controverso relativo all’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, ritengo che il Tribunale non avesse alcun obbligo specifico di rispondere su tale punto poiché non ha dedotto una violazione di detto articolo da parte del Consiglio dalle sole incoerenze inerenti la valutazione del primo fattore fatta dalle istituzioni. |
210. |
Quanto al passo immediatamente precedente del considerando 68 del regolamento controverso, dalla semplice lettura si evince che costituirebbe una mera ipotesi teorica, come dimostrato dall’impiego al condizionale del verbo «potere», già formulata in fase di regolamento provvisorio e presentata come un eventuale elemento di una minaccia di pregiudizio per l’avvenire. |
211. |
L’obbligo per il Tribunale di motivare le proprie decisioni non può essere interpretato nel senso che esso implichi che il Tribunale sia tenuto a rispondere dettagliatamente a ciascun argomento dedotto da una parte, in particolare qualora esso non rivesta carattere sufficientemente chiaro e preciso e non si fondi su elementi di prova circostanziati ( 35 ). Dal momento che la minaccia di pregiudizio deve basarsi sui fatti e su un cambiamento di circostanze prevedibili e imminenti e che ArcelorMittal e a. non sostengono che sono stati invocati elementi di prova circostanziati di questa ipotesi, in particolare per quanto riguarda la presa in considerazione dei dati successivi al periodo dell’inchiesta da parte delle istituzioni o davanti al Tribunale, non mi sembra che quest’ultimo fosse tenuto a prendere in considerazione specificamente tale ipotesi quando ha verificato il carattere sufficientemente convincente dell’analisi compiuta dalle istituzioni dei dati economici relativi al primo fattore previsto dall’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera a), del regolamento di base. |
212. |
Propongo pertanto di respingere la censura sollevata dalla ArcelorMittal e a. con riguardo a questo fattore. |
ii) Sugli errori di diritto relativi al secondo fattore previsto dall’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera b), del regolamento di base
213. |
Il secondo fattore, previsto dall’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera b), del regolamento di base, concerne «una sufficiente disponibilità di capacità da parte dell’esportatore, ovvero l’imminente e sensibile aumento della medesima, che denotino un probabile e sostanziale incremento delle esportazioni oggetto di dumping [nell’Unione], in considerazione della disponibilità di altri mercati d’esportazione con capacità residua di assorbimento». |
– Considerazioni del Tribunale
214. |
Al punto 79 della sentenza impugnata, il Tribunale ha anzitutto rilevato che le istituzioni avevano analizzato le riserve di capacità di produzione propriamente dette degli esportatori cinesi e il rischio di riorientamento delle esportazioni cinesi verso il mercato dell’Unione. |
215. |
Il Tribunale ha poi ricordato, al successivo punto 81, che quando le istituzioni valutano un rischio di riorientamento delle esportazioni verso l’Unione, devono tenere conto non soltanto dell’esistenza di altri mercati di esportazione, ma anche di un’eventuale evoluzione del consumo interno nel paese esportatore. |
216. |
Dopo aver notato che la Commissione aveva previsto, nel regolamento provvisorio, confermato dal Consiglio nel regolamento controverso senza fornire ulteriori elementi, che era legittimo attendersi che parte significativa delle più recenti sovraccapacità generate in Cina sarebbe stata orientata verso il mercato dell’Unione (punto 82 della sentenza impugnata), il Tribunale ha rilevato che le istituzioni «non avevano tenuto conto nella loro analisi della “disponibilità di altri mercati d’esportazione con capacità residua di assorbimento”, come tuttavia previsto dall’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base». Se il Tribunale ha precisato che la Commissione aveva menzionato gli Stati Uniti, l’Algeria e la Corea del Sud al solo scopo di indicare quale quota tali paesi rappresentavano nelle esportazioni totali cinesi e indicato che ci si doveva aspettare un netto ridimensionamento di alcuni di questi mercati, in particolare del mercato statunitense, il Tribunale ha tuttavia indicato che «[n]essun dato preciso [è] stato addotto per quanto riguarda l’evoluzione dei suddetti mercati e la loro eventuale capacità residua di assorbimento». Ha aggiunto che «se, come affermano le istituzioni, le capacità di produzione in Cina nonché i volumi esportati sono aumentati (considerando 118 del regolamento provvisorio) e, allo stesso tempo, la quota dei tre paesi summenzionati nel totale delle esportazioni cinesi è aumentata, come risulta dal considerando 119 del regolamento provvisorio, ciò significa che i volumi di esportazione verso detti tre paesi sono, anch’essi, aumentati». Il Tribunale ha altresì considerato che la conclusione della Commissione relativa all’orientamento delle esportazioni verso il mercato dell’Unione doveva essere relazionata al fatto che le istituzioni prospettavano una netta contrazione della domanda sul mercato dell’Unione, elemento assente nell’analisi delle istituzioni (punto 83 della sentenza impugnata). |
217. |
Infine, ai punti 84 e 85 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sottolineato che mai le istituzioni avevano menzionato, da un lato, il mercato interno cinese e l’eventuale incidenza di tale mercato sulla possibilità di assorbimento di capacità di produzione complementari e, dall’altro, la concomitante scomparsa dei concorrenti russi e ucraini più immediati in termini di prezzo, colpiti dai dazi antidumping dal 2006, che poteva spiegare, quanto meno in parte, l’aumento della percentuale delle esportazioni cinesi destinate all’Unione durante il periodo considerato. |
218. |
Il Tribunale ha pertanto concluso che l’analisi delle istituzioni relativa al secondo fattore era «lacunosa riguardo agli elementi rilevanti da prendere in considerazione» (punto 91 della sentenza impugnata). |
– Richiamo degli argomenti della ArcelorMittal e a.
219. |
In sostanza, ArcelorMittal e a. rilevano che il Tribunale non ha invalidato le constatazioni contenute al punto 117 del regolamento provvisorio secondo le quali esisteva una notevole capacità disponibile in Cina, sufficiente per concludere a favore della soddisfazione del secondo fattore previsto all’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera b), del regolamento di base. Esso avrebbe allora erroneamente dichiarato, al punto 84 della sentenza impugnata, che l’analisi delle istituzioni era lacunosa poiché queste ultime non avevano esaminato la capacità del mercato interno cinese di assorbire la capacità di produzione complementare. Un’analisi di questo tipo sarebbe tuttavia stata compiuta ai considerando 69 e 70 del regolamento controverso. Infine, le istituzioni avrebbero dovuto fornire «dati precisi» quanto alla capacità di altri mercati d’esportazione di assorbire esportazioni complementari, cosa che non sarebbe richiesta dall’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, né le ragioni che sottostanno a un aumento delle esportazioni in dumping verso l’Unione. |
– Valutazione
220. |
Il secondo fattore previsto all’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base esige, ritengo, un’analisi articolata su due fasi. Quanto alla prima fase, le istituzioni devono verificare se esista una «sufficiente disponibilità di capacità da parte dell’esportatore, ovvero l’imminente e sensibile aumento della medesima, che denotino un probabile e sostanziale incremento delle esportazioni oggetto di dumping». In questa prima fase, le istituzioni devono verificare se la capacità di produzione attuale, con «sufficiente disponibilità» o l’incremento imminente e sostanziale di questa capacità nel paese di esportazione possono essere dovuti all’evoluzione della domanda in tale paese. In una seconda fase, se è probabile un aumento sostanziale delle esportazioni, le istituzioni devono «[tenere] conto della disponibilità di altri mercati d’esportazione con capacità residua di assorbimento». |
221. |
Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalla ArcelorMittal e a., il semplice fatto che una capacità rilevante all’esportazione sia liberamente disponibile nel paese di esportazione non è di per sé sufficiente per concludere a favore della sussistenza di tale fattore; occorre anche che questa capacità «denoti la probabilità di un aumento sostanziale delle esportazioni» oggetto di dumping verso il mercato dell’Unione. Pertanto, la circostanza che il Tribunale non ha invalidato la constatazione contenuta al considerando 117 del regolamento controverso è inconferente. |
222. |
Per contro, ritengo che ArcelorMittal e a. abbiano ragione nell’affermare, criticando il punto 85 della sentenza impugnata, che i motivi dell’aumento delle esportazioni sono indifferenti al fine di verificare la sussistenza del fattore previsto dall’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera b), del regolamento di base. |
223. |
Ciononostante, l’errore di diritto commesso dal Tribunale al riguardo non ha conseguenze sulla validità delle altre valutazioni che l’hanno portato a concludere che le istituzioni non avevano preso in considerazione tutti gli elementi di prova rilevanti inerenti all’analisi del secondo fattore che permette di accertare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio. |
224. |
Infatti, la sua valutazione di tale fattore si fonda anzitutto sull’analisi insufficientemente precisa delle istituzioni quanto all’esame dei mercati diversi da quello dell’Unione ad assorbire le esportazioni complementari originarie della Cina così come sull’incidenza della domanda interna cinese. |
225. |
In merito ora al primo aspetto, credo che il Tribunale abbia ritenuto legittimamente che le istituzioni fossero tenute, nella specie, a fornire dati precisi sull’evoluzione dei mercati degli Stati Uniti, dell’Algeria e della Corea del Sud così come sulla loro eventuale capacità di assorbire esportazioni complementari. |
226. |
Da un lato, dalla semplice lettura del punto 83 della sentenza impugnata risulta che, contrariamente a quanto sostengono ArcelorMittal e a., il Tribunale non ha richiesto che le istituzioni verifichino tutti i mercati di esportazione possibili o fattibili. Semplicemente, ha contestato loro di non avere fornito dati precisi riguardo questi tre mercati, sebbene invocato in termini generali nei regolamenti provvisorio e impugnato. Dall’altro, una volta che le istituzioni invocano un certo numero di mercati di esportazione, sono tenute, nell’ambito dell’analisi prospettica della minaccia di pregiudizio, a fornire dati sufficientemente precisi sull’evoluzione di questi mercati e sulla loro capacità di assorbire esportazioni complementari di merce oggetto di dumping. Difatti, a partire dal momento in cui hanno individuato tali mercati, è solo a questa condizione che la loro analisi «tiene conto» di questi mercati di esportazione, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera b), del regolamento di base, come eventuali sbocchi alternativi al mercato dell’Unione delle esportazioni complementari del prodotto interessato. Tali dati possono riguardare, inter alia, le strategie di esportazione dei produttori interessati, l’evoluzione della domanda su questi altri mercati di esportazione o ancora l’esistenza di misure di difesa commerciale su questi altri mercati. |
227. |
Orbene, come il Tribunale ha affermato, in sostanza, al punto 83 della sentenza impugnata e senza che ciò sia contestato, una volta che risultava dai regolamenti provvisorio e controverso che la quota dei tre mercati suindicati nel totale delle esportazioni cinesi era aumentata nel periodo considerato, era logico concluderne che anche i volumi delle esportazioni cinesi verso questi mercati erano aumentati. Al riguardo, le istituzioni dovevano poter essere in grado di fornire dati sufficientemente precisi per cionondimeno concludere, come hanno fatto, nell’ambito della loro analisi prospettica, che le sovraccapacità o le nuove capacità di produzione in Cina si orientavano più verso il mercato europeo, causando una minaccia di pregiudizio per l’industria dell’Unione. |
228. |
Per quanto concerne l’incidenza della domanda interna cinese, ArcelorMittal e a. si limitano, a mio avviso, a criticare la valutazione fatta dal Tribunale degli elementi di prova, senza affermare né, a maggior ragione, dimostrare uno snaturamento di questi elementi. Si tratta, quindi, di censure irricevibili. |
229. |
In ogni caso, a prescindere dalle considerazioni generali relative alla domanda interna cinese, esposte al considerando 70 del regolamento definitivo, per rispondere alle osservazioni di taluni produttori cinesi durante il procedimento di inchiesta, sembra che le istituzioni abbiano ragionato come se la domanda cinese non esistesse, poiché, infatti, i considerando da 117 a 119 del regolamento provvisorio, confermato dal regolamento controverso, non vi dedicano nessuno dei loro passaggi. Ora, né il Consiglio né ArcelorMittal e a. contestano che, come considerato, in sostanza, dal Tribunale al punto 81 della sentenza impugnata, un esame (obiettivo) del fattore di cui all’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera b), del regolamento di base richieda un’analisi dell’evoluzione del consumo interno nel paese esportatore. Credo quindi che il Tribunale, al punto 84 della sentenza impugnata, abbia a ragione contestato alle istituzioni di non avere tenuto conto dell’eventuale incidenza del mercato interno cinese sulla possibilità di assorbimento delle capacità di produzione complementari. |
230. |
Suggerisco pertanto di respingere i pretesi errori di diritto relativi al secondo fattore, previsto all’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera b), del regolamento di base, fatti valere dalla ArcelorMittal e a. |
iii) Sugli errori di diritto relativi al terzo fattore previsto dall’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera c), del regolamento di base
– Considerazioni del Tribunale
231. |
Il Tribunale ha esaminato la sussistenza del fattore previsto all’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera c), del regolamento di base ai punti da 86 a 90 della sentenza impugnata. |
232. |
Il Tribunale ha anzitutto ricordato, al punto 86 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva sostenuto, nel regolamento provvisorio, che non vi era motivo di ritenere che, in un ambiente economico caratterizzato da una sostanziale flessione della domanda, i prezzi bassi avrebbero tendenza ad aumentare, ma dovrebbero, al contrario, restare a un livello basso, e che, in particolare, è indubbio che l’esistenza di prezzi così bassi venga utilizzata per far abbassare i prezzi offerti dai produttori dell’Unione, provocando un effetto depressivo sia sui volumi che sui prezzi. |
233. |
Il Tribunale, al punto 87 della sentenza impugnata, ha poi osservato che i dati successivi al periodo dell’inchiesta mostrano che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, i prezzi delle importazioni originarie della Cina erano aumentati considerevolmente in un contesto di contrazione del mercato dell’Unione, visto che i dati disponibili dimostrano un aumento dei prezzi di queste importazioni di oltre il 35% durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta, mentre, allo stesso tempo, i prezzi dell’industria dell’Unione erano aumentati del 18,7%. |
234. |
Al punto 88 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che il Consiglio non aveva fornito alcun elemento atto a spiegare la contraddizione esistente tra gli elementi addotti nel regolamento provvisorio e quelli del periodo successivo a quello dell’inchiesta. Se la Commissione aveva attribuito il rialzo a quello dei prezzi delle materie prime, il cui ultimo rialzo era avvenuto in ottobre 2008, il Tribunale ha evidenziato che il Consiglio non aveva fornito alcuna precisazione né spiegazione integrativa per quanto riguardava l’evoluzione dei prezzi delle materie prime e dei costi energetici relativi al periodo successivo a quello dell’inchiesta. |
235. |
In ogni caso, al punto 90 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che, anche supponendo che sia questa la causa del rialzo dei prezzi, tale circostanza non era idonea a suffragare le conclusioni che la Commissione trae riguardo all’effetto negativo dei prezzi molto bassi delle importazioni originarie della Cina sui prezzi e sui volumi dell’industria dell’Unione. A tale proposito, il Tribunale ha giudicato che, tenuto conto dei dati successivi al periodo dell’inchiesta, la fattispecie in esame non consentiva di ritenere soddisfatto il criterio previsto dall’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera c), del regolamento di base. Esso ha evidenziato altresì che, durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta, la quota di mercato dell’industria dell’Unione era diminuita soltanto di 0,1 punti percentuali. |
236. |
Il Tribunale ha parimenti respinto l’argomento del Consiglio secondo il quale esisterebbe un «parallelismo» nelle fluttuazioni dei prezzi, rilevando che il divario tra i prezzi di vendita dell’industria dell’Unione e le importazioni originarie della Cina si era notevolmente ridotto durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta (punto 89 della sentenza impugnata). |
237. |
Il Tribunale ha concluso che l’esame del terzo fattore presentava incongruenze tra le previsioni della Commissione, confermate dal Consiglio nel regolamento controverso, e i dati relativi al periodo successivo a quello dell’inchiesta (punto 91 della sentenza impugnata). |
– Richiamo degli argomenti della ArcelorMittal e a.
238. |
ArcelorMittal e a. contestano essenzialmente al Tribunale di avere sostituito, ai punti da 87 a 90 della sentenza impugnata, la propria valutazione dei fatti a quella delle istituzioni, senza tenere conto della circostanza che, sebbene i produttori dell’Unione avessero aumentato i loro prezzi e conservato la loro quota di mercato dopo il periodo dell’inchiesta, la redditività dell’industria dell’Unione era notevolmente scesa durante lo stesso periodo, cosa che dimostrava che i prezzi erano effettivamente depressi. Peraltro, per quanto ArcelorMittal e a. ammettano che i dati successivi al periodo dell’inchiesta dimostravano che i prezzi delle importazioni e dei produttori dell’Unione erano aumentati dopo il periodo dell’inchiesta, contestano al Tribunale di non avere tenuto conto del fatto che tale aumento fosse dovuto a quello dei prezzi delle materie prime e che, in ogni caso, detto aumento non aveva eliminato la sottoquotazione delle importazioni, che restava sostanziale, come constatato dalle istituzioni. |
– Valutazione
239. |
Non credo che la tesi della ArcelorMittal e a. possa essere accolta. |
240. |
Occorre ricordare che, nell’ambito della minaccia di pregiudizio, le importazioni in dumping, nonostante il loro livello di prezzi, non hanno (ancora) creato un pregiudizio per l’industria dell’Unione. |
241. |
L’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, lettera c), del regolamento di base impone alle istituzioni di analizzare «le importazioni effettuate a prezzi tali da provocare una significativa diminuzione dei prezzi oppure impedirne gli aumenti che altrimenti si sarebbero verificati e tali da stimolare la domanda di altre importazioni». |
242. |
Le altre importazioni di cui al suindicato articolo devono quindi essere fissate ad un livello di prezzi tale per cui i prezzi dell’industria dell’Unione potrebbero essere sensibilmente depressi oppure non potrebbero essere significativamente aumentati lasciando sperare in una domanda di nuove importazioni. |
243. |
Al riguardo, osservo che ArcelorMittal e a. ammettono che sia i prezzi delle importazioni originarie della Cina che quelli dell’industria dell’Unione sono aumentati dopo il periodo dell’inchiesta, ma ritengono che i prezzi dell’industria dell’Unione fossero nondimeno depressi a causa del notevole calo di redditività di tale industria. |
244. |
Tale ragionamento risolve nell’invitare la Corte a rivalutare i fatti, cosa che non rientra nella sua competenza nel procedimento di impugnazione. |
245. |
Peraltro, la circostanza, sottolineata dalla ArcelorMittal e a., che, malgrado il rialzo dei prezzi durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta, permaneva una sottoquotazione delle importazioni originarie della Cina si riferisce al fatto che queste importazioni sono effettuate a prezzi inferiori a quelli proposti dall’industria dell’Unione. Tale circostanza, soprattutto quando il divario dei prezzi si riduce e si deve analizzare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio, non permette da sola di determinare se, nell’ambito dell’analisi prospettica che deve essere svolta rispetto al terzo fattore previsto dall’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, del regolamento di base, sia probabile che arrivino sul mercato dell’Unione nuove importazioni ad un livello di prezzi tale da ridurre sensibilmente i prezzi dell’industria dell’Unione o impedire a tale industria, in modo rilevante, di aumentare i propri prezzi. |
246. |
Inoltre, è evidente, dalla semplice lettura dei punti 88 e 90 della sentenza impugnata, che il Tribunale non ha «ignorato» la spiegazione del Consiglio secondo cui l’aumento dei prezzi delle importazioni originarie della Cina sarebbe dovuto all’aumento del prezzo delle materie prime. Anche ipotizzando che fosse così, il Tribunale ha scartato, al punto 90 della sentenza impugnata, la possibilità che questa circostanza, nella fattispecie (ossia tenuto conto dell’aumento constatato dei prezzi delle importazioni originarie della Cina e dell’industria dell’Unione), possa suffragare la conclusione della Commissione secondo cui esisterebbe un effetto negativo dei prezzi «molto bassi» delle importazioni originarie della Cina sui prezzi dell’industria dell’Unione. |
247. |
Indipendentemente da quanto sostenuto dalla ArcelorMittal e a., il Tribunale, a mio avviso, non ha sostituito la propria valutazione a quella delle istituzioni. Esso ha verificato, nel rispetto della giurisprudenza ricordata ai precedenti punti 63 e 67, se i dati economici successivi al periodo dell’inchiesta, utilizzati dalle istituzioni, corroborassero l’ipotesi che la Commissione aveva considerato nel regolamento provvisorio, ipotesi che, malgrado i dati in questione, era stata confermata dal Consiglio nel regolamento controverso. |
248. |
Un sindacato giurisdizionale di questo tipo diventa tanto più giustificato in ragione dell’analisi di natura prospettica che le istituzioni sono chiamate a compiere per accertare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base. |
249. |
Pertanto, propongo di respingere i gravami presentati dalla ArcelorMittal e a. vertenti sugli errori di diritto che avrebbe commesso il Tribunale nell’analisi del terzo fattore previsto dall’articolo 3, paragrafo 9, secondo comma, del regolamento di base. |
250. |
Per tutti questi motivi, propongo altresì di respingere il terzo motivo di impugnazione del Consiglio nonché il secondo motivo e il secondo capo del terzo motivo di impugnazione della ArcelorMittal e a., vertenti sull’erronea interpretazione degli articoli 3, paragrafo 9, e 6, paragrafo 1, del regolamento di base e sugli errori quanto all’analisi dei fattori relativi alla minaccia di pregiudizio. |
D – Sul quarto motivo di impugnazione del Consiglio, vertente sull’errore di diritto del Tribunale per aver sostituito la propria valutazione dei fattori economici a quella delle istituzioni
1. Richiamo degli argomenti delle parti
251. |
Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica italiana, afferma che l’analisi della situazione dell’industria dell’Unione e l’analisi successiva relativa all’esistenza di una minaccia di pregiudizio sono complesse e di natura economica. Pertanto, ai sensi di una giurisprudenza costante, il Tribunale non può, nell’ambito del suo sindacato giurisdizionale, sostituire la propria valutazione dei fattori economici complessi a quella delle istituzioni dell’Unione. È ciò cui tuttavia avrebbe proceduto il Tribunale nella sentenza impugnata, interpretando in modo selettivo gli elementi di prova, dando un peso diverso a taluni fatti e ignorando altre constatazioni effettuate nel regolamento controverso. Il Tribunale avrebbe dunque, secondo il Consiglio e la Repubblica italiana, oltrepassato le proprie competenze. |
252. |
La Hubei ricorda in particolare che, sebbene le istituzioni godano di un ampio potere discrezionale per procedere a valutazioni fattuali ed economiche complesse, non sfuggono tuttavia al sindacato giurisdizionale. |
2. Analisi
253. |
Come ho già precisato a più riprese nelle presenti conclusioni, il controllo che il Tribunale è chiamato a svolgere sull’analisi dei dati economici da parte delle istituzioni nell’ambito delle misure antidumping comprende quello dell’interpretazione dei dati di natura economica da parte delle istituzioni, incluso il compito di verificare l’esattezza degli elementi di prova dalle stesse invocati, la loro attendibilità e coerenza, ma anche se questi elementi costituiscano il complesso dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano tali da corroborare le conclusioni che ne sono tratte. |
254. |
La sorte del presente motivo di impugnazione del Consiglio, formulato in termini estremamente generali, dipende, a mio parere, intrinsecamente da ciò che sarà deciso per i motivi precedenti. Non fa che riprendere, in definitiva, le pretese, più dettagliate, esposte dalle parti ricorrenti contro le valutazioni del Tribunale relative all’analisi della situazione di vulnerabilità dell’industria dell’Unione e a quella dei fattori che permettono di determinare una minaccia di pregiudizio, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base. |
255. |
Poiché ritengo che questi motivi non debbano essere accolti, propongo di respingere parimenti il quarto motivo d’impugnazione del Consiglio. |
256. |
Pertanto, dal momento che nessuno dei motivi di impugnazione, a mio giudizio, può prosperare, propongo di respingerli in toto. |
VII – Sulle spese
257. |
Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. |
258. |
Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del suo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. |
259. |
Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopporteranno le proprie spese. |
260. |
Poiché la Hubei ha chiesto la condanna del Consiglio e della ArcelorMittal e a. alle spese e poiché la Corte, a mio giudizio, dovrà respingere i motivi di impugnazione delle ricorrenti, propongo di condannare le ricorrenti stesse a sostenere, oltre alle proprie spese, quelle della Hubei. |
261. |
La Commissione e la Repubblica italiana, intervenute nella causa, sosterranno le proprie spese. |
VIII – Conclusione
262. |
Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di statuire come segue:
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( 1 ) Lingua originale: il francese.
( 2 ) GU L 262, pag. 19,
( 3 ) GU 1996, L 56, pag. 1.
( 4 ) GU L 340, pag. 17.
( 5 ) GU C 174, pag. 7.
( 6 ) GU L 94, pag. 48.
( 7 ) V. punti 61 e 66 della sentenza impugnata.
( 8 ) Il corsivo è mio.
( 9 ) V., per analogia, a proposito dell’interpretazione degli articoli 3.4 e 3.7 dell’Accordo sull’attuazione dell’articolo VI dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio del 1994 (Accordo antidumping), il cui testo è stato ripreso rispettivamente agli articoli 3, paragrafi 5 e 9 del regolamento di base, relazione del gruppo speciale «Messico – Inchiesta antidumping sullo sciroppo di mais a elevato tenore di fruttosio (HFCS, High Fructose Corn Syrup) proveniente dagli Stati Uniti», WT/DS132/R, 28 gennaio 2000, punti 7.140 e 7.141, adottato dall’Organo di conciliazione il 24 febbraio 2000. Questa valutazione del gruppo speciale è stata confermata dalla relazione del gruppo speciale «Messico – Inchiesta antidumping sullo sciroppo di mais a elevato tenore di fruttosio (HFCS, High Fructose Corn Syrup) proveniente dagli Stati Uniti, WT/DS132/RW, 22 giugno 2001, punti 6.24 e 6.28 e dalla relazione dell’organo di appello, WT/DS132/AB/RW, 22 ottobre 2001, punti da 114 a 118.
( 10 ) L’ultimo comma del considerando 126 del regolamento provvisorio, dedicato alla «conclusione relativa alla minaccia di pregiudizio», indica che «si conclude in via provvisoria che in mancanza di misure le importazioni in dumping dalla Cina causerebbero a brevissimo termine un pregiudizio importante a un’industria [dell’Unione] già vulnerabile in termini di diminuzione delle vendite, delle quote di mercato, della produzione e della redditività». Il considerando 136 dello stesso regolamento enuncia «[i]n conclusione, considerando che, i) sebbene l’industria comunitaria non abbia subito pregiudizi importanti nel corso del periodo considerato, si troverebbe in uno stato vulnerabile alla fine del periodo dell’inchiesta (v. considerando 89), ii) tutte le condizioni per il verificarsi di un pregiudizio dopo il periodo dell’inchiesta sono soddisfatte (considerando 112), e iii) che la condizione della minaccia di un pregiudizio è anch’essa soddisfatta (v. considerando 126), è conclusa l’esistenza di un nesso di causalità tra la minaccia imminente di importazioni in dumping dalla Cina e il pregiudizio che l’industria [dell’Unione] avrebbe presto conosciuto».
( 11 ) V., in tal senso, per analogia, relazione del gruppo speciale «Egitto – Misure Antidumping definitive all’importazione di barre di rinforzo d’acciaio provenienti dalla Turchia», WT/DS211/R, 8 agosto 2002, punto 7.91. V. anche Dascalescu, F.D., «Threat of Injury in Anti-dumping Investigations: Some Comments on the Current Practice at EU and WTO Level», Journal of World Trade, n. 4, 2011, pag. 884.
( 12 ) V. sentenze Ikea Wholesale (C‑351/04, EU:C:2007:547, punto 40), e Hoesch Metals and Alloys (C‑373/08, EU:C:2010:68, punto 61) citate dal Tribunale e, più recentemente, sentenze Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP (C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 63), e Simon, Evers & Co. (C‑21/13, EU:C:2014:2154, punto 29).
( 13 ) V., in particolare, sentenze Transnational Company Kazchrome e ENRC Marketing/Consiglio (C‑10/12 P, EU:C:2013:865, punto 22), e TMK Europe (C‑143/14, EU:C:2015:236, punto 34).
( 14 ) V., in particolare, per analogia, nel campo degli aiuti di Stato, sentenze Spagna/Lenzing (C‑525/04 P, EU:C:2007:698, punto 57), e Commissione/Scott (C‑290/07 P, EU:C:2010:480, punto 66) e, nel campo dell’applicazione delle regole della concorrenza, sentenze Commissione/Alrosa (C‑441/07 P, EU:C:2010:377, punto 67), e CB/Commissione (C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 46).
( 15 ) V., in particolare, in merito all’applicazione delle regole della concorrenza, sentenze Commissione/Tetra Laval (C‑12/03 P, EU:C:2005:87, punto 39); Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala (C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 145), e CB/Commissione (C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 46) e, in merito all’applicazione delle regole relative agli aiuti di Stato, sentenze Spagna/Lenzing (C‑525/04 P, EU:C:2007:698, punto 56), e Commissione/Scott (C‑290/07 P, EU:C:2010:480, punto 64).
( 16 ) V., in particolare, sentenze Commissione/Scott (C‑290/07 P, EU:C:2010:480, punto 65) e CB/Commissione (C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).
( 17 ) V. anche le mie conclusioni nelle cause riunite C‑191/09 P e C‑200/09 P (EU:C:2011:245, paragrafi da 101 a 117).
( 18 ) Sentenza Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP (C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 68). V. anche le mie conclusioni nelle menzionate cause C‑191/09 P e C‑200/09 P (EU:C:2011:245, paragrafo 111).
( 19 ) V., in particolare, sentenza Trubowest Handel e Makarov/Consiglio e Commissione (C‑419/08 P, EU:C:2010:147, punti 31 e 32 e giurisprudenza ivi citata).
( 20 ) V., in particolare, sentenza Consiglio/Alumina (C‑393/13 P, EU:C:2014:2245, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).
( 21 ) Il Consiglio non formula nessuna censura nei confronti del settimo, dell’ottavo e del dodicesimo fattore, quali riassunti dal Tribunale al punto 59 della sentenza impugnata. Questi fattori sono, nell’ordine, «la produttività è aumentata del 7% (considerando 78 del regolamento provvisorio)», «il salario medio per dipendente è aumentato del 16% (considerando 79 del regolamento provvisorio)» e «il flusso di cassa netto derivante da attività operative è aumentato del 73% sino a raggiungere il valore di EUR 634 milioni durante il periodo dell’inchiesta, e la Commissione precisa, peraltro, che “non [erano] emersi elementi che [facessero] ritenere che l’industria comunitaria [avesse avuto] difficoltà a reperire capitali” (considerando 84 del regolamento provvisorio)».
( 22 ) V. paragrafo 74 e nota 21 supra.
( 23 ) V. paragrafo 74 e nota 21supra.
( 24 ) V., in particolare, in merito ai limiti del controllo della Corte nell’ambito dell’impugnazione, sentenza Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP (C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).
( 25 ) V. in particolare, in tal senso, sentenze Transnational Company Kazchrome e ENRC Marketing/Consiglio (C‑10/12 P, EU:C:2013:865, punto 23), e TMK Europe (C‑143/14, EU:C:2015:236, punto 35).
( 26 ) V. sentenza Commissione/NTN e Koyo Seiko (C‑245/95 P, EU:C:1998:46, punto 43) in cui la Corte ha assimilato le due espressioni.
( 27 ) V., in particolare, sentenze Commissione/Girardot (C‑348/06 P, EU:C:2008:107, punto 49), e Consiglio/Bamba (C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 40).
( 28 ) V., in particolare, al riguardo, Soprano R., «The Threat of Material Injury in Antidumping Investigations: a Threat to Free Trade», The Journal of World Investment & Trade, n. 1, 2010, pag. 9.
( 29 ) V. sentenza Commissione/Tetra Laval (C‑12/03 P, EU:C:2005:87, punto 42).
( 30 ) Ricordo che la fine del periodo dell’inchiesta è stata fissata al 30 giugno 2008, mentre il regolamento controverso è stato adottato il 24 settembre 2009.
( 31 ) V., in particolare, in tal senso, sentenze Nanjing Metalink/Consiglio (T‑138/02, EU:T:2006:343, punto 59), e Transnational Company «Kazchrome» e ENRC Marketing/Consiglio (T‑192/08, EU:T:2011:619, punto 223).
( 32 ) V., in particolare, in tal senso, sentenze Sinochem Heilongjiang/Consiglio (T‑161/94, EU:T:1996:101, punto 88); Nanjing Metalink/Consiglio (T‑138/02, EU:T:2006:343, punto 61), e HEG e Graphite India/Consiglio (T‑462/04, EU:T:2008:586, punto 67).
( 33 ) V., segnatamente, in tal senso, sentenze Epichirisseon Metalleftikon, Viomichanikon kai Naftiliakon e a./Consiglio (C‑121/86, EU:C:1989:596, punti 34 e 35), e Industrie des poudres sphériques/Consiglio (C‑458/98 P, EU:C:2000:531, punto 90).
( 34 ) V., per analogia, con l’analisi prospettica in materia di controllo delle operazioni di concentrazione, sentenze Commissione/Tetra Laval (C‑12/03 P, EU:C:2005:87, punto 39), e Éditions Odile Jacob/Commissione (T‑471/11, EU:T:2014:739, punto 136).
( 35 ) V., in particolare, sentenze Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione (C‑404/04 P, EU:C:2007:6, punto 90), e Lafarge/Commissione (C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 41).