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Document 62013CN0095

Causa C-95/13 P: Impugnazione proposta il 26 febbraio 2013 da Alfier Costruzioni Srl e a. avverso l'ordinanza del Tribunale (Quarta Sezione) 12 dicembre 2012 , causa T-261/00, Sacaim SpA e a./Commissione europea

GU C 129 del 4.5.2013, p. 7–8 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

4.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 129/7


Impugnazione proposta il 26 febbraio 2013 da Alfier Costruzioni Srl e a. avverso l'ordinanza del Tribunale (Quarta Sezione) 12 dicembre 2012, causa T-261/00, Sacaim SpA e a./Commissione europea

(Causa C-95/13 P)

2013/C 129/14

Lingua processuale: l'italiano

Parti

Ricorrenti: Alfier Costruzioni Srl e a. (rappresentanti: A. Vianello, A. Bortoluzzi e A. Veronese, avvocati)

Altre parti nel procedimento: Commissione europea, Repubblica italiana, Sacaim SpA e a.

Conclusioni

Annullare e/o riformare l’ordinanza impugnata, con spese a carico della Commissione

Motivi e principali argomenti

A sostegno della loro impugnazione, le ricorrenti deducono errori di diritto nell’applicazione dei principi espressi dalla Corte di Giustizia nella «Sentenza Comitato Venezia vuole vivere», da un lato, in punto di obbligo di motivazione delle decisioni della Commissione in materia di aiuti di Stato, e, dall’altro, in punto di distribuzione dell’onere della prova circa i presupposti di cui all’art. 107, paragrafo 1, TFUE.

Con l’Ordinanza investita dalla presente impugnazione il Tribunale non si sarebbe allineato alle statuizioni rese dalla Corte di giustizia nella «Sentenza Comitato Venezia vuole vivere» del 9 giugno 2011, laddove afferma che la decisione della Commissione «deve contenere in sé tutti gli elementi essenziali per la sua esecuzione da parte delle Autorità nazionali». Ora, pur mancando nella decisione gli elementi essenziali per la sua esecuzione da parte delle Autorità nazionali, il Tribunale non avrebbe evidenziato alcuna carenza del metodo adottato dalla Commissione nella Decisione controversa, con conseguente errore di diritto.

In base ai principi enunciati dalla Corte nella «Sentenza Comitato Venezia vuole vivere», in sede di recupero è lo Stato membro — e, quindi, non il singolo beneficiario — a dover dimostrare, caso per caso, la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 107, paragrafo 1, TFUE. Nel caso di specie, però, la Commissione nell’avversata decisione avrebbe omesso di chiarire le «modalità» di siffatta verifica; conseguentemente, non disponendo degli elementi essenziali per dimostrare, in sede di recupero, se le agevolazioni concesse costituissero in capo ai beneficiari aiuti di Stato, la Repubblica Italiana — con la Legge 24 dicembre 2012, n. 228 (all’art. 1, commi 351 e seguenti) — avrebbe deciso di invertire l’onus probandi, contrariamente a quanto stabilito dalla giurisprudenza comunitaria. Secondo il legislatore italiano, in particolare, non spetterebbe allo Stato, bensì alle singole imprese beneficiarie degli aiuti concessi sotto forma di sgravio provare che le agevolazioni in parola non falsano la concorrenza, né incidono sugli scambi tra Stati membri; in difetto l’idoneità dell’agevolazione concessa a falsare la concorrenza e incidere sugli scambi comunitari è presunta. Tutto ciò sarebbe in evidente contrasto con i principi enunciati dalla Corte nella «Sentenza Comitato Venezia vuole vivere».


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