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Document 62013CJ0362

Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 3 luglio 2014.
Maurizio Fiamingo e a. contro Rete Ferroviaria Italiana SpA.
Domande di pronuncia pregiudiziale, proposte dalla Corte suprema di cassazione.
Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Settore marittimo – Traghetti che effettuano un tragitto tra due porti situati nel medesimo Stato membro – Successione di contratti di lavoro a tempo determinato – Clausola 3, punto 1 – Nozione di “contratto di lavoro a tempo determinato” – Clausola 5, punto 1 – Misure dirette a prevenire il ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato – Sanzioni – Trasformazione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato – Presupposti.
Cause riunite C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:2044

Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nelle cause riunite C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13,

aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, proposte dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanze del 3 aprile 2013, pervenute in cancelleria il 28 giugno e il 17 luglio 2013, nei procedimenti

Maurizio Fiamingo (C‑362/13),

Leonardo Zappalà (C‑363/13),

Francesco Rotondo e a. (C‑407/13)

contro

Rete Ferroviaria Italiana SpA ,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, C.G. Fernlund, A. Ó Caoimh (relatore), C. Toader e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 maggio 2014,

considerate le osservazioni presentate:

– per M. Fiamingo e L. Zappalà, da A. Notarianni, avvocatessa;

– per F. Rotondo e a., da V. De Michele e R. Garofalo, avvocati;

– per la Rete Ferroviaria Italiana SpA, da F. Sciaudone, avvocato;

– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Albenzio, avvocato dello Stato;

– per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

– per il governo norvegese, da I.S. Jansen e K.B. Moen, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, da C. Cattabriga e J. Enegren, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione delle clausole 3 e 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), figurante quale allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43).

2. Queste domande sono state presentate nell’ambito di controversie che vedono opposti alcuni lavoratori occupati come marittimi al loro datore di lavoro, la Rete Ferroviaria Italiana SpA (in prosieguo: la «RFI»), in merito alla qualificazione dei contratti di lavoro che li legavano a quest’ultimo.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

La direttiva 1999/70/CE

3. Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 1999/70, quest’ultima mira ad «attuare l’accordo quadro (...), che figura nell’allegato, concluso (...) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)».

4. I commi dal secondo al quarto del preambolo dell’accordo quadro sono così formulati:

«Le parti firmatarie dell’accordo riconoscono che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori. Esse inoltre riconoscono che i contratti a tempo determinato rispondono, in alcune circostanze, sia alle esigenze dei datori di lavoro sia a quelle dei lavoratori.

Il presente accordo stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata deve tener conto delle realtà specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali. Esso indica la volontà delle parti sociali di stabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e un uso dei contratti di lavoro a tempo determinato accettabile sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori.

Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato, ad eccezione di quelli messi a disposizione di un’azienda utilizzatrice da parte di un’agenzia di lavoro interinale. È intenzione delle parti considerare la necessità di un analogo accordo relativo al lavoro interinale».

5. I punti da 6 a 8 e 10 delle considerazioni generali dell’accordo quadro dispongono quanto segue:

«6. considerando che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento;

7. considerando che l’utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato basata su ragioni oggettive è un modo di prevenire gli abusi;

8. considerando che i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano una caratteristica dell’impiego in alcuni settori, occupazioni e attività atta a soddisfare sia i datori di lavoro sia i lavoratori;

(...)

10. considerando che il presente accordo demanda agli Stati membri e alle parti sociali la formulazione di disposizioni volte all’applicazione dei principi generali, dei requisiti minimi e delle norme in esso stesso contenuti, al fine di tener conto della situazione di ciascuno Stato membro e delle circostanze relative a particolari settori e occupazioni, comprese le attività di tipo stagionale».

6. Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro, intitolata «Obiettivo»:

«L’obiettivo del presente accordo quadro è:

a) migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;

b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

7. La clausola 2 dell’accordo quadro, intitolata «Campo d’applicazione», prevede quanto segue:

«1. Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro.

2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse possono decidere che il presente accordo non si applichi ai:

a) rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato;

b) contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici».

8. La clausola 3 dell’accordo quadro, intitolata «Definizioni», così dispone:

«1. Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

(…)».

9. La clausola 5 dell’accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi», così recita:

«1. Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a) devono essere considerati “successivi”;

b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

10. Il punto 2 della clausola 8 dell’accordo quadro, intitolata «Disposizioni di attuazione», dispone quanto segue:

«Il presente accordo non pregiudica ulteriori disposizioni [del diritto dell’Unione] più specifiche, in particolare per quanto riguarda la parità di trattamento e di opportunità uomo-donna».

La direttiva 2009/13/CE

11. L’articolo 1 della direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124, pag. 30), è così formulato:

«La presente direttiva attua l’accordo sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 [in prosieguo: la “CLM 2006”] concluso il 19 maggio 2008 tra le organizzazioni che rappresentano le parti sociali nel settore del trasporto marittimo (Associazioni armatori della Comunità europea, ECSA, e Federazione europea dei lavoratori dei trasporti, ETF) di cui all’allegato [in prosieguo: l’“accordo sulla CLM 2006”]».

12. La parte dell’accordo intitolata «Definizioni e ambito d’applicazione» dispone quanto segue:

«1. Ai fini del presente accordo e salvo indicazione contraria in disposizioni specifiche, sono applicabili le definizioni seguenti:

(…)

c) “marittimo o lavoratore marittimo o gente di mare”: ogni persona occupata, ingaggiata o che lavora a qualsiasi titolo a bordo di una nave cui si applica il presente accordo;

(…)

e) “nave”: una nave diversa da quelle che navigano esclusivamente nelle acque interne, nelle acque protette o nelle acque adiacenti alle acque protette o alle zone in cui si applicano i regolamenti portuali;

(…)

2. Salvo indicazioni contrarie, il presente accordo si applica a tutti i marittimi.

(…)».

13. Contenuto nella parte di detto accordo intitolata «Regolamenti e norme», il titolo 2 di quest’ultima, sotto la rubrica «Condizioni di occupazione», contiene, segnatamente, la regola 2.1, riguardante i «Contratti di lavoro dei marittimi». La norma A2.1, paragrafo 4, di detta regola è così formulata:

«Ogni Stato membro adotta le disposizioni legislative e regolamentari recanti le previsioni da includere in tutti i contratti di lavoro dei marittimi disciplinati dalla propria normativa nazionale. I contratti di lavoro dei marittimi devono contenere in ogni caso i seguenti elementi:

(…)

c) il luogo e la data in cui viene stipulato il contratto di lavoro del marittimo;

(…)

g) la risoluzione del contratto e le relative condizioni, tra cui:

i) se il contratto è concluso per un periodo indeterminato, le condizioni di risoluzione per ogni parte e il periodo di preavviso, che non deve essere inferiore per l’armatore rispetto al marittimo;

ii) se il contratto è a tempo determinato, la data di scadenza; e

iii) se il contratto è stato sottoscritto per un viaggio, il porto di destinazione e il periodo che deve trascorrere dopo l’arrivo prima che il vincolo del maritt imo venga meno;

(…)».

14. L’ultima parte di questo stesso accordo, intitolata «Disposizioni finali», contiene un quarto comma che enuncia quanto segue:

«Il presente accordo lascia impregiudicata l’attuale legislazione [dell’Unione] più severa e/o specifica».

Il diritto italiano

15. In Italia, i contratti di lavoro dei marittimi sono disciplinati dalle norme del codice della navigazione, approvato con regio decreto del 30 marzo 1942, n. 327 (in prosieguo: il «codice della navigazione»), il quale, conformemente al suo articolo 1, si applica prioritariamente e prevale sulla disciplina generale applicabile ai contratti di lavoro. Questi contratti, pertanto, non sono disciplinati dal decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368, recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (GURI n. 235, del 9 ottobre 2001, pag. 4).

16. L’articolo 325 del codice della navigazione dispone quanto segue:

«Il contratto di arruolamento può essere stipulato:

a) per un dato viaggio o per più viaggi;

b) a tempo determinato;

c) a tempo indeterminato.

(…)

Agli effetti del contratto di arruolamento, per viaggio si intende il complesso delle traversate fra porto di caricazione e porto di ultima destinazione, oltre all’eventuale traversata in zavorra per raggiungere il porto di caricazione.

(…)».

17. Ai sensi dell’articolo 326 del codice della navigazione:

«Il contratto a tempo determinato e quello per più viaggi non possono essere stipulati per una durata superiore ad un anno; se sono stipulati per una durata superiore, si considerano a tempo indeterminato.

Se, in forza di più contratti a viaggio, o più contratti a tempo determinato, ovvero di più contratti dell’uno e dell’altro tipo, l’arruolato presta ininterrottamente servizio alle dipendenze dello stesso armatore per un tempo superiore ad un anno, il rapporto di arruolamento è regolato dalle norme concernenti il contratto a tempo indeterminato.

Agli effetti del comma precedente, la prestazione del servizio è considerata ininterrotta quando fra la cessazione di un contratto e la stipulazione del contratto successivo intercorrere un periodo non superiore ai [60] giorni».

18. L’articolo 332 del codice della navigazione dispone quanto segue:

«Il contratto di arruolamento deve enunciare:

(...)

4) il viaggio o i viaggi da compiere e il giorno in cui l’arruolato deve assumere servizio, se l’arruolamento è a viaggio; la decorrenza e la durata del contratto, se l’arruolamento è a tempo determinato (…)

(…)».

19. L’articolo 374 del codice della navigazione prevede quanto segue:

«Le disposizioni [dell’articolo] 326 (…) possono essere derogate dalle norme corporative; non possono essere derogate dal contratto individuale se non a favore dell’arruolato. Tuttavia, neppure con le norme corporative si può aumentare il termine previsto dal primo e dal secondo comma dell’art. 326, né si può diminuire il termine previsto dal terzo comma dello stesso articolo».

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

20. [Come rettificato con ordinanza del 17 settembre 2014] I ricorrenti nei procedimenti principali sono marittimi iscritti nei registri della gente di mare. Essi sono stati arruolati dalla RFI mediante una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, conclusi posteriormente al 2001, per uno o più viaggi e per 78 giorni al massimo, al fine di essere imbarcati su traghetti per il tragitto Messina-Villa San Giovanni e Messina-Reggio Calabria. Dalle decisioni di rinvio si evince che detti ricorrenti hanno lavorato, nell’ambito di tali contratti, al servizio del loro datore di lavoro per un tempo inferiore a un anno e che è trascorso un periodo superiore a 60 giorni dalla cessazione di un contratto di lavoro e la conclusione del contratto successivo.

21. Poiché ritengono che i loro rapporti di lavoro siano stati risolti illegalmente all’atto del loro sbarco, i ricorrenti nei procedimenti principali hanno adito il Tribunale di Messina chiedendo che venisse dichiarata la nullità dei loro contratti di lavoro a tempo determinato, la trasformazione di detti contratti in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la loro immediata riassunzione o reintegrazione, nonché il versamento di un risarcimento per il danno sofferto.

22. Mentre il Tribunale di Messina, in primo grado, ha accolto le domande dei ricorrenti nel procedimento principale nella causa C‑407/13 e respinto le domande dei ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑362/13 e C‑363/13, la Corte d’appello di Messina, in appello, ha respinto l’integralità delle domande.

23. Di conseguenza, i ricorrenti nei procedimenti principali hanno adito la Corte suprema di cassazione, chiedendo la censura della Corte d’appello di Messina per aver giudicato inapplicabile ai marittimi l’accordo quadro e per aver considerato legali i loro contratti di lavoro a tempo determinato, mentre questi ultimi non indicano il termine dei contratti, ma unicamente la loro durata con la formula «max 78 giorni», e nemmeno le ragioni oggettive che giustificassero il ricorso a siffatti contratti. Secondo detti ricorrenti, si sarebbe in presenza di un uso abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato, dal momento che questi ultimi sarebbero utilizzati non a causa del carattere speciale del lavoro marittimo o dell’esistenza di ragioni obiettive, ma al fine di porre rimedio a carenze strutturali di personale.

24. Di conseguenza, la Corte suprema di cassazione ritiene che occorra chiedersi se l’accordo quadro si applichi ai rapporti di lavoro conclusi nel settore marittimo. Infatti, se tale fosse il caso, le modalità di arruolamento a tempo determinato previste dal codice della navigazione potrebbero risultare contrarie all’accordo quadro. Posto che il legislatore italiano ha adempiuto, mediante il decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368, recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, all’obbligo sancito dalla clausola 5 di tale accordo, consistente nel prevedere misure tali da scongiurare il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, da ciò potrebbe derivare che le disposizioni di tale decreto debbano applicarsi anche ai rapporti di lavoro nel settore marittimo.

25. Alla luce di quanto sopra, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il processo e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se siano applicabili al lavoro nautico le clausole dell’accordo quadro (…) ed in particolare se la clausola 2, punto 1, [dell’accordo quadro] sia riferibile anche ai lavoratori a tempo determinato assunti sulle navi traghetto che effettuano collegamenti giornalieri.

2) Se l’accordo quadro (…), ed in particolare la clausola 3, punto 1, [di quest’ultimo,] osti ad una normativa nazionale che prevede (articolo 332 cod. nav.) l’indicazione di una “durata” del contratto e non del “termine” e se sia compatibile con detta direttiva la previsione di una durata del contratto con l’indicazione di un termine finale certo in ordine all’ an (“ max 78 giorni”) ma incerto in ordine al quando.

3) Se l’accordo quadro (…), ed in particolare la clausola 3, punto 1, [di quest’ultimo,] osti ad una normativa nazionale (artt. 325, 326 e 332 del codice della navigazione) che identifica le ragioni oggettive del contratto a termine con la mera previsione del viaggio o dei viaggi da compiersi, con ciò sostanzialmente facendo coincidere l’oggetto del contratto (prestazione) con la causa (motivo della stipula a termine).

4) Se l’accordo quadro (…) osti ad una normativa nazionale (nella specie le norme del codice della navigazione) che esclude in caso di utilizzo di una successione di contratti (tale da integrare abuso ai sensi della clausola 5) che questi siano trasformati in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (misura prevista dall’art. 326 cod. nav. solo per l’ipotesi che l’arruolato presti ininterrottamente servizio per un tempo superiore ad un anno e per l’ipotesi in cui fra la cessazione di un contratto e la stipulazione del contratto successivo intercorra un periodo non superiore ai 60 giorni)».

26. Con ordinanza del presidente della Corte del 28 agosto 2013, le cause C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonché della sentenza.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

27. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’accordo quadro debba essere interpretato nel senso che esso si applica a lavoratori, quali i ricorrenti nei procedimenti principali, occupati in qualità di marittimi con contratti di lavoro a tempo determinato su traghetti che effettuano un tragitto marittimo tra due porti situati nel medesimo Stato membro.

28. A questo proposito occorre ricordare che, come già dichiarato dalla Corte più volte, dallo stesso dettato della clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro si evince che la sfera di applicazione di quest’ultimo è concepita in modo ampio, di modo che essa concerne in maniera generale i «lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro» (v., segnatamente, sentenze Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 56; Della Rocca, C‑290/12, EU:C:2013:235, punto 34, nonché Márquez Samohano, C‑190/13, EU:C:2014:146, punto 38).

29. Inoltre, la definizione della nozione di «lavoratore a tempo determinato» ai sensi dell’accordo quadro, enunciata nella clausola 3, punto 1, di quest’ultimo, include tutti i lavoratori, senza operare distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro (sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 56; Della Rocca, EU:C:2013:235, punto 34, nonché Márquez Samohano, EU:C:2014:146, punto 38) e a prescindere dalla qualificazione del loro contratto in diritto nazionale (sentenza Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 166).

30. Pertanto, l’accordo quadro si applica all’insieme dei lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato che li vincola al loro datore di lavoro (sentenze Del Cerro Alonso, C‑307/05, EU:C:2007:509, punto 28, e Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, C‑444/09 e C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 42, nonché ordinanza Montoya Medina, C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 26).

31. L’ambito di applicazione dell’accordo quadro non è certamente illimitato. Difatti, dal disposto della clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro si ricava che la definizione dei contratti e dei rapporti di lavoro ai quali si applica detto accordo quadro non è di competenza di quest’ultimo o del diritto dell’Unione, bensì della legislazione e/o delle prassi nazionali, purché la definizione di tali nozioni non porti ad escludere arbitrariamente una categoria di soggetti dal godimento della tutela offerta dall’accordo quadro (sentenza Sibilio, C‑157/11, EU:C:2012:148, punti 42 e 51).

32. Inoltre, la clausola 2, punto 2, dell’accordo quadro conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità per quanto attiene all’applicazione dell’accordo quadro a talune categorie di contratti o di rapporti di lavoro. Infatti, detta disposizione offre agli Stati membri e/o alle parti sociali la facoltà di sottrarre al campo di applicazione di tale accordo quadro i «rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato» nonché i «contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici» (sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 57; Sibilio, EU:C:2012:148, punti 52 e 53, nonché Della Rocca, EU:C:2013:235, punto 35).

33. Peraltro, la Corte ha dichiarato che dal quarto comma del preambolo dell’accordo quadro si ricava espressamente che quest’ultimo non si applica ai lavoratori interinali (v. sentenza Della Rocca, EU:C:2013:235, punti 36 e 45).

34. Nel caso di specie, dagli elementi forniti alla Corte, che non sono stati oggetto di contestazione, si ricava che i ricorrenti nei procedimenti principali erano vincolati al loro datore di lavoro con un contratto di lavoro ai sensi del diritto nazionale. È parimenti pacifico che questi contratti non fanno parte dei rapporti di lavoro che possono essere esclusi dalla sfera d’applicazione dell’accordo quadro ai sensi della clausola 2, punto 2, di quest’ultimo.

35. La RFI nonché i governi italiano e norvegese sottolineano tuttavia che il diritto dell’Unione, analogamente al diritto internazionale e al diritto nazionale, contiene disposizioni destinate a disciplinare specificamente il settore marittimo. In particolare, l’accordo sulla CLM 2006, che compare in allegato alla direttiva 2009/13, enuncerebbe una serie di regole e norme relative al contratto di arruolamento dei marittimi, segnatamente la norma A2.1, paragrafo 4, lettera g), che definisce la durata del contratto e le condizioni di cessazione del medesimo. Ebbene, ai sensi della clausola 8, punto 2, dell’accordo quadro, quest’ultimo si applicherebbe fatte salve disposizioni più specifiche del diritto dell’Unione.

36. Tuttavia, non risulta manifesto, e del resto non è stato sostenuto, che l’accordo sulla CLM 2006, così come gli altri atti adottati dal legislatore dell’Unione nel settore marittimo, contenga norme destinate, al pari dell’accordo quadro, a garantire l’applicazione del principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori assunti a tempo determinato o a prevenire gli abusi derivanti dal ricorso a una successione di rapporti o contratti di lavoro a tempo determinato. Ebbene, l’accordo sulla CLM 2006, come si evince, segnatamente, dal terzo comma delle sue disposizioni finali, si applica fatta salva qualsiasi altra disposizione vigente nell’Unione più specifica o che offra un grado di tutela più elevato ai marittimi.

37. Peraltro, è giocoforza constatare che, ai sensi dei punti 1, lettere c) ed e), nonché 2 dell’accordo sulla CLM 2006, quest’ultimo non si applica ai marittimi occupati a bordo di navi che navighino esclusivamente nelle acque interne, come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali.

38. Da ciò discende che lavoratori che si trovino nella posizione dei ricorrenti nei procedimenti principali, i quali hanno la qualità di marittimi occupati in forza di contratti di lavoro a tempo determinato su traghetti che effettuano un tragitto marittimo tra due porti collocati nel medesimo Stato membro, rientrano nella sfera d’applicazione dell’accordo quadro, dato che quest’ultimo non esclude nessun settore particolare dalla sua sfera d’applicazione.

39. Questa conclusione è corroborata dal contenuto della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, dalla quale si ricava che, conformemente al terzo comma del preambolo dell’accordo quadro nonché ai punti 8 e 10 delle sue considerazioni generali, è nel quadro dell’attuazione di detto accordo quadro che gli Stati membri hanno facoltà, in quanto ciò sia oggettivamente giustificato, di tener conto delle esigenze particolari relative ai settori di attività e/o alle categorie specifici di lavoratori in questione (v., in tal senso, sentenze Marrosu e Sardino, C‑53/04, EU:C:2006:517, punto 45, nonché Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 49).

40. In considerazione di quanto sin qui esposto, occorre risolvere la prima questione dichiarando che l’accordo quadro dev’essere interpretato nel senso che esso si applica a lavoratori, quali i ricorrenti nei procedimenti principali, occupati in qualità di marittimi con contratti di lavoro a tempo determinato su traghetti che effettuano un tragitto marittimo tra due porti situati nel medesimo Stato membro.

Sulla seconda questione

41. Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede se le disposizioni dell’accordo quadro, in particolare la clausola 3, punto 1, del medesimo, debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale, quale quella in questione nei procedimenti principali, la quale prevede che i contratti di lavoro a tempo determinato debbono indicare la loro durata, ma non il loro termine.

42. La RFI ritiene detta questione irricevibile a un doppio titolo. Da un lato, essa riguarderebbe l’interpretazione del diritto nazionale. Dall’altro, la clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro mirerebbe unicamente a definire alcuni termini e non costituirebbe pertanto un criterio di legittimità della normativa nazionale in questione.

43. Occorre tuttavia constatare che la presente questione verte chiaramente sull’interpretazione del diritto dell’Unione e che essa è pertanto ricevibile.

44. Per quanto concerne il merito, occorre ricordare che l’accordo quadro non ha lo scopo di armonizzare tutte le norme nazionali relative ai contratti di lavoro a tempo determinato, bensì mira unicamente, mediante la fissazione di principi generali e di requisiti minimi, a stabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e a prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, sentenze Del Cerro Alonso, EU:C:2007:509, punti 26 e 36; Impact, C‑268/06, EU:C:2008:223, punto 111, e Huet, C‑251/11, EU:C:2012:133, punto 41, nonché ordinanza Vino, C‑20/10, EU:C:2010:677, punto 54).

45. L’accordo quadro non contiene nessuna disposizione riguardante le formule che devono comparire nei contratti di lavoro a tempo determinato.

46. A questo proposito, la clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro, come si evince chiaramente dal suo titolo e dal suo testo, si limita a definire la nozione di «lavoratore a tempo determinato» e a designare, in tale quadro, l’elemento caratteristico di un contratto a tempo determinato, ossia la circostanza che la scadenza di un siffatto contratto è determinata da «condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico». Viceversa, questa clausola non impone nessun obbligo agli Stati membri per quanto concerne le norme di diritto interno applicabili alla conclusione dei contratti di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, ordinanza Vino, EU:C:2010:677, punti da 60 a 62 e giurisprudenza ivi citata).

47. Ad ogni modo, posto che la presente questione dev’essere intesa come diretta a determinare se l’accordo quadro sia applicabile a lavoratori vincolati con contratti di lavoro i quali, come quelli in questione nei procedimenti principali, indicano unicamente la loro durata, mediante la menzione «max. 78 giorni», basta constatare che lavoratori di tal genere devono essere considerati come «lavoratori a tempo determinato», ai sensi della clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro, dato che una menzione siffatta è tale da determinare in modo oggettivo la scadenza di detti contratti e che, pertanto, l’accordo quadro è loro applicabile.

48. Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre risolvere la seconda questione dichiarando che le disposizioni dell’accordo quadro devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa nazionale, quale quella in questione nei procedimenti principali, la quale prevede che i contratti di lavoro a tempo determinato debbono indicare la loro durata, ma non il loro termine.

Sulle questioni terza e quarta

49. Con le sue questioni terza e quarta, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se le clausole 3, punto 1, e 5 dell’accordo quadro debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, la quale, da un lato, ritiene che la giustificazione oggettiva di un contratto di lavoro a tempo determinato sia costituita dalla mera indicazione del viaggio o dei viaggi da compiere e, dall’altro, prevede la trasformazione di contratti di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato unicamente nel caso in cui il lavoratore interessato sia stato occupato ininterrottamente in forza di contratti del genere dallo stesso datore di lavoro per una durata superiore a un anno, tenendo presente che il rapporto di lavoro va considerato ininterrotto quando i contratti di lavoro a tempo determinato sono separati da un intervallo inferiore o pari a 60 giorni.

50. Secondo la RFI, la parte di detto quesito corrispondente alla terza questione è irricevibile, essendo priva di rapporti con l’oggetto delle controversie principali, dato che essa mira a verificare la compatibilità con l’accordo quadro della normativa nazionale relativa ai contratti di lavoro per uno o più viaggi specifici mentre, nei procedimenti principali, i contratti di lavoro in questione sono stati qualificati come contratti di lavoro a tempo determinato.

51. Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura teorica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze Della Rocca, EU:C:2013:235, punto 29, e Márquez Samohano, EU:C:2014:146, punto 35).

52. Nel caso di specie, occorre tuttavia constatare che il giudice del rinvio si interroga sull’interpretazione dell’accordo quadro nell’ambito di controversie concrete, che fanno seguito alla risoluzione dei contratti di lavoro a tempo determinato conclusi in successione dai ricorrenti nei procedimenti principali per uno o più viaggi determinati. Con la sua terza questione, detto giudice si chiede se la normativa nazionale in questione nei procedimenti principali, secondo la quale l’indicazione del viaggio o dei viaggi da compiere costituisce una ragione oggettiva per la conclusione di siffatti contratti, sia conforme alle prescrizioni contenute nell’accordo quadro. Alla luce di ciò, tale questione non può essere considerata di carattere teorico e, pertanto, essa dev’essere giudicata ricevibile.

53. Nel merito, là dove le presenti questioni riguardano l’interpretazione della clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro, occorre ricordare che, come chiarito nel punto 46 della presente sentenza, questa disposizione è irrilevante, dato che essa non impone nessun obbligo agli Stati membri per quanto concerne le norme di diritto interno applicabili alla conclusione dei contratti di lavoro a tempo determinato.

54. Per quanto concerne la clausola 5 dell’accordo quadro, occorre ricordare che il punto 1 di detta clausola ha lo scopo di attuare uno degli obiettivi perseguiti da detto accordo quadro, ossia inquadrare il ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, considerata come una fonte potenziale di abusi a danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni minime di tutela destinate a evitare che la posizione dei lavoratori subordinati divenga precaria (v., segnatamente, sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 63; Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 73; Deutsche Lufthansa, C‑109/09, EU:C:2011:129, punto 31; Kücük, EU:C:2012:39, punto 25, nonché Márquez Samohano, EU:C:2014:146, punto 41).

55. Infatti, come risulta dal secondo comma del preambolo dell’accordo quadro, così come dai punti 6 e 8 delle considerazioni generali di detto accordo quadro, il beneficio della stabilità del rapporto di lavoro è considerato un elemento assolutamente rilevante per la tutela dei lavoratori, laddove è solo in determinate circostanze che contratti di lavoro a tempo determinato possono soddisfare le esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori (sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 62, nonché Huet, EU:C:2012:133, punto 35).

56. Proprio per questo, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro impone agli Stati membri, per prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure che essa elenca, quando il loro diritto interno non contenga norme giuridiche equivalenti. Le misure così elencate nel punto 1, lettere da a) a c), di detta clausola, in numero di tre, attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi ultimi (v., segnatamente, sentenze Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punti 74 e 151; Kücük, EU:C:2012:39, punto 26, e Márquez Samohano, EU:C:2014:146, punto 42, nonché ordinanza Papalia, C‑50/13, EU:C:2013:873, punti 18 e 19).

57. Tuttavia, occorre subito sottolineare che l’accordo quadro non impone agli Stati membri di adottare una misura che imponga di giustificare ogni primo o unico contratto di lavoro a tempo determinato con una ragione obiettiva. Invero, come la Corte ha già affermato, questo tipo di contratti di lavoro a tempo determinato non rientra nell’ambito della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, la quale verte unicamente sulla prevenzione dell’utilizzo abusivo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, dato che le ragioni obiettive enunciate al punto 1, lettera a), di tale clausola vertono unicamente sul «rinnovo dei suddetti contratti o rapporti» (v. sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 90, nonché ordinanza Vino, EU:C:2010:677, punti 58 e 59).

58. Per quanto concerne detti contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, si evince infatti dal punto 56 della presente sentenza che i firmatari dell’accordo quadro, come indicato dal punto 7 delle considerazioni generali del medesimo, hanno ritenuto che l’uso di contratti di lavoro a tempo determinato basato su ragioni obiettive sia un mezzo per prevenire gli abusi (v. sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 67, e Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punti 91 e 92, nonché ordinanza Vassilakis e a., C‑364/07, EU:C:2008:346, punto 86).

59. Tuttavia, gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità per l’attuazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, dal momento che essi hanno la scelta di far ricorso a una o più fra le misure enunciate nel punto 1, lettere da a) a c), di detta clausola, oppure a norme giuridiche equivalenti già esistenti, e ciò tenendo conto delle esigenze di settori e/o di categorie specifici di lavoratori (v. sentenze Impact, EU:C:2008:223, punto 71; Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punti 81 e 93, nonché Deutsche Lufthansa, EU:C:2011:129, punto 35).

60. Così facendo, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro fissa agli Stati membri un obiettivo generale, consistente nella prevenzione di abusi di tal genere, lasciando loro nel contempo la scelta dei mezzi per conseguire ciò, purché essi non rimettano in discussione l’obiettivo o l’efficacia pratica dell’accordo quadro (sentenza Huet, EU:C:2012:133, punti 42 e 43 nonché giurisprudenza ivi citata).

61. Ne consegue che, ai fini di tale attuazione, uno Stato membro è legittimato a scegliere di non adottare la misura di cui al punto 1, lettera a), di detta clausola, consistente nell’imporre di giustificare il rinnovo dei suddetti contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione con ragioni obiettive. Viceversa, esso può preferire l’adozione di una delle misure o le due misure di cui al punto 1, lettere b) e c), della medesima clausola, relative, rispettivamente, alla durata massima totale di tali contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione e al numero dei loro rinnovi, oppure, ancora, optare per la conservazione di una equivalente misura di legge già in vigore purché, quale che sia la misura in concreto adottata, venga garantita l’effettiva prevenzione dell’utilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v. sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 94, nonché, in tal senso, sentenza Deutsche Lufthansa, EU:C:2011:129, punto 44).

62. Inoltre quando, come nel caso di specie, il diritto dell’Unione non prevede sanzioni specifiche nell’ipotesi in cui vengano nondimeno accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma anche sufficientemente energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro (v., segnatamente, sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 158, nonché ordinanze Affatato, C‑3/10, EU:C:2010:574, punto 45, e Papalia, EU:C:2013:873, punto 20).

63. Seppure, in mancanza di una specifica disciplina dell’Unione in materia, le modalità di applicazione di tali norme spettino all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio dell’autonomia processuale di questi ultimi, esse non devono essere però meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., in particolare, sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 159, nonché ordinanze Affatato, EU:C:2010:574, punto 46, e Papalia, EU:C:2013:873, punto 21).

64. Da ciò discende che, quando sia avvenuto un ricorso abusivo a una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, dev’essere possibile applicare una misura dotata di garanzie effettive ed equivalenti di protezione dei lavoratori per punire debitamente detto abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione (sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 160, nonché ordinanze Affatato, EU:C:2010:574, punto 47, e Papalia, EU:C:2013:873, punto 22).

65. A questo proposito, occorre ricordare che, come sottolineato ripetutamente dalla Corte, l’accordo quadro non enuncia un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato. Infatti, la clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro lascia, in linea di principio, agli Stati membri la cura di determinare le condizioni in presenza delle quali i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato vadano considerati come conclusi a tempo indeterminato. Da ciò discende che l’accordo quadro non prescrive le condizioni in presenza delle quali si può fare uso dei contratti a tempo indeterminato (v., segnatamente, sentenza Huet, EU:C:2012:133, punti da 38 a 40 e giurisprudenza ivi citata).

66. Nel caso di specie, per quanto concerne la normativa nazionale in questione nei procedimenti principali, occorre ricordare che la Corte non è competente a pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto interno, dato che questo compito spetta esclusivamente al giudice del rinvio o, se del caso, ai competenti organi giurisdizionali nazionali, che devono determinare se i criteri ricordati nei punti da 56 a 65 della presente sentenza siano soddisfatti dalle disposizioni della normativa nazionale applicabile (v., segnatamente, sentenze Vassallo, C‑180/04, EU:C:2006:518, punto 39, e Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 163, nonché ordinanza Papalia, EU:C:2013:873, punto 30).

67. Spetta pertanto al giudice del rinvio valutare in che misura i presupposti per l’applicazione nonché l’effettiva attuazione delle disposizioni rilevanti del diritto interno costituiscano una misura adeguata per prevenire e, se del caso, punire l’uso abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, sentenze Vassallo, EU:C:2006:518, punto 41, nonché Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 164).

68. Tuttavia, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può fornire, ove necessario, precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua valutazione (v., in particolare, sentenza Vassallo, EU:C:2006:518, punto 39, e ordinanza Papalia, EU:C:2013:873, punto 31).

69. A questo proposito, senza che occorra esaminare se una normativa nazionale, quale quella prevista dall’articolo 326 del codice della navigazione, adottata prima dell’entrata in vigore della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro, preveda una «ragione obiettiva» ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, occorre constatare che una normativa siffatta, la quale prevede una norma imperativa ai sensi della quale, quando un lavoratore è stato ininterrottamente alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, in forza di diversi contratti di lavoro a tempo determinato, per un tempo superiore a un anno, questi contratti sono trasformati in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, può soddisfare i criteri ricordati nei punti da 56 a 65 della presente sentenza.

70. Infatti, una normativa di tal genere è tale da contenere nel contempo una misura di legge vigente equivalente alla misura preventiva contro il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, enunciata nella clausola 5, punto 1, lettera b), dell’accordo quadro, relativa alla durata massima totale di siffatti contratti, nonché una misura che punisce effettivamente un ricorso abusivo di tal genere (v., per analogia, sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 170, nonché ordinanza Koukou, C‑519/08, EU:C:2009:269, punto 79).

71. Questa conclusione non sembra che possa essere rimessa in discussione dal criterio ricavabile da detta disciplina, secondo il quale sono considerati «ininterrotti» e, conseguentemente, «successivi», solo i contratti di lavoro a tempo determinato separati da un intervallo inferiore o pari a 60 giorni. Infatti, un siffatto intervallo può essere considerato, in generale, sufficiente per interrompere qualsiasi rapporto di lavoro esistente e, di conseguenza, far sì che qualsiasi contratto eventuale sottoscritto posteriormente non sia considerato come successivo al precedente, e ciò tanto più quando, come nelle controversie oggetto dei procedimenti principali, la durata dei contratti di lavoro a tempo determinato non può superare i 78 giorni. Sembra infatti difficile per un datore di lavoro, che abbia esigenze permanenti e durature, aggirare la tutela concessa dall’accordo quadro contro gli abusi facendo decorrere, alla fine di ciascun contratto di lavoro a tempo determinato, un termine di circa due mesi (v., per analogia, ordinanza Vassilakis e a., EU:C:2008:346, punto 115).

72. Tuttavia, spetta alle autorità e ai giudici nazionali, incaricati dell’applicazione delle misure di recepimento della direttiva 1999/70 e, quindi, chiamati a pronunciarsi sulla qualificazione di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso concreto, prendendo in considerazione, segnatamente, il numero di tali contratti successivi stipulati con lo stesso soggetto oppure per lo svolgimento di uno stesso lavoro, al fine di escludere che i rapporti di lavoro a tempo determinato siano utilizzati in modo abusivo dai datori di lavoro (v. ordinanza Vassilakis e a., EU:C:2008:346, punto 116).

73. In particolare, in controversie come quelle di cui ai procedimenti principali, spetta al giudice del rinvio verificare che la durata massima di un anno prevista dalla normativa nazionale in questione nei procedimenti principali sia calcolata in modo da non ridurre sostanzialmente il carattere effettivo della prevenzione e della sanzione per il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Ciò potrebbe avvenire, come rilevato dalla Commissione europea in sede di osservazioni scritte, qualora detta durata massima fosse calcolata in funzione non del numero di giorni di calendario coperti da questi contratti di lavoro, ma del numero di giorni lavorativi effettivamente prestati dal lavoratore interessato quando, a causa, per esempio, della scarsa frequenza dei tragitti, quest’ultimo numero sia nettamente inferiore al primo.

74. Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre risolvere le questioni terza e quarta dichiarando che la clausola 5 dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, la quale prevede la trasformazione di contratti di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato unicamente nel caso in cui il lavoratore interessato sia stato occupato ininterrottamente in forza di contratti del genere dallo stesso datore di lavoro per una durata superiore a un anno, tenendo presente che il rapporto di lavoro va considerato ininterrotto quando i contratti di lavoro a tempo determinato sono separati da un intervallo inferiore o pari a 60 giorni. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare che i presupposti per l’applicazione nonché l’effettiva attuazione di detta normativa costituiscano una misura adeguata per prevenire e punire l’uso abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.

Sulle spese

75. Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1) L’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, figurante quale allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretato nel senso che esso si applica a lavoratori, quali i ricorrenti nei procedimenti principali, occupati in qualità di marittimi con contratti di lavoro a tempo determinato su traghetti che effettuano un tragitto marittimo tra due porti situati nel medesimo Stato membro.

2) Le disposizioni dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa nazionale, quale quella in questione nei procedimenti principali, la quale prevede che i contratti di lavoro a tempo determinato debbono indicare la loro durata, ma non il loro termine.

3) La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato dev’essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, la quale prevede la trasformazione di contratti di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato unicamente nel caso in cui il lavoratore interessato sia stato occupato ininterrottamente in forza di contratti del genere dallo stesso datore di lavoro per una durata superiore a un anno, tenendo presente che il rapporto di lavoro va considerato ininterrotto quando i contratti di lavoro a tempo determinato sono separati da un intervallo inferiore o pari a 60 giorni. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare che i presupposti per l’applicazione nonché l’effettiva attuazione di detta normativa costituiscano una misura adeguata per prevenire e punire l’uso abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.

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SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

3 luglio 2014 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Politica sociale — Direttiva 1999/70/CE — Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato — Settore marittimo — Traghetti che effettuano un tragitto tra due porti situati nel medesimo Stato membro — Successione di contratti di lavoro a tempo determinato — Clausola 3, punto 1 — Nozione di “contratto di lavoro a tempo determinato” — Clausola 5, punto 1 — Misure dirette a prevenire il ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato — Sanzioni — Trasformazione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato — Presupposti»

Nelle cause riunite C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13,

aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, proposte dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanze del 3 aprile 2013, pervenute in cancelleria il 28 giugno e il 17 luglio 2013, nei procedimenti

Maurizio Fiamingo (C‑362/13),

Leonardo Zappalà (C‑363/13),

Francesco Rotondo e a. (C‑407/13)

contro

Rete Ferroviaria Italiana SpA,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, C.G. Fernlund, A. Ó Caoimh (relatore), C. Toader e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 maggio 2014,

considerate le osservazioni presentate:

per M. Fiamingo e L. Zappalà, da A. Notarianni, avvocatessa;

per F. Rotondo e a., da V. De Michele e R. Garofalo, avvocati;

per la Rete Ferroviaria Italiana SpA, da F. Sciaudone, avvocato;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Albenzio, avvocato dello Stato;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per il governo norvegese, da I.S. Jansen e K.B. Moen, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da C. Cattabriga e J. Enegren, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione delle clausole 3 e 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), figurante quale allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43).

2

Queste domande sono state presentate nell’ambito di controversie che vedono opposti alcuni lavoratori occupati come marittimi al loro datore di lavoro, la Rete Ferroviaria Italiana SpA (in prosieguo: la «RFI»), in merito alla qualificazione dei contratti di lavoro che li legavano a quest’ultimo.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

La direttiva 1999/70/CE

3

Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 1999/70, quest’ultima mira ad «attuare l’accordo quadro (...), che figura nell’allegato, concluso (...) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)».

4

I commi dal secondo al quarto del preambolo dell’accordo quadro sono così formulati:

«Le parti firmatarie dell’accordo riconoscono che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori. Esse inoltre riconoscono che i contratti a tempo determinato rispondono, in alcune circostanze, sia alle esigenze dei datori di lavoro sia a quelle dei lavoratori.

Il presente accordo stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata deve tener conto delle realtà specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali. Esso indica la volontà delle parti sociali di stabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e un uso dei contratti di lavoro a tempo determinato accettabile sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori.

Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato, ad eccezione di quelli messi a disposizione di un’azienda utilizzatrice da parte di un’agenzia di lavoro interinale. È intenzione delle parti considerare la necessità di un analogo accordo relativo al lavoro interinale».

5

I punti da 6 a 8 e 10 delle considerazioni generali dell’accordo quadro dispongono quanto segue:

«6.

considerando che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento;

7.

considerando che l’utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato basata su ragioni oggettive è un modo di prevenire gli abusi;

8.

considerando che i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano una caratteristica dell’impiego in alcuni settori, occupazioni e attività atta a soddisfare sia i datori di lavoro sia i lavoratori;

(...)

10.

considerando che il presente accordo demanda agli Stati membri e alle parti sociali la formulazione di disposizioni volte all’applicazione dei principi generali, dei requisiti minimi e delle norme in esso stesso contenuti, al fine di tener conto della situazione di ciascuno Stato membro e delle circostanze relative a particolari settori e occupazioni, comprese le attività di tipo stagionale».

6

Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro, intitolata «Obiettivo»:

«L’obiettivo del presente accordo quadro è:

a)

migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;

b)

creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

7

La clausola 2 dell’accordo quadro, intitolata «Campo d’applicazione», prevede quanto segue:

«1.

Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro.

2.

Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse possono decidere che il presente accordo non si applichi ai:

a)

rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato;

b)

contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici».

8

La clausola 3 dell’accordo quadro, intitolata «Definizioni», così dispone:

«1.

Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

(…)».

9

La clausola 5 dell’accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi», così recita:

«1.

Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a)

ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b)

la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c)

il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2.

Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a)

devono essere considerati “successivi”;

b)

devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

10

Il punto 2 della clausola 8 dell’accordo quadro, intitolata «Disposizioni di attuazione», dispone quanto segue:

«Il presente accordo non pregiudica ulteriori disposizioni [del diritto dell’Unione] più specifiche, in particolare per quanto riguarda la parità di trattamento e di opportunità uomo-donna».

La direttiva 2009/13/CE

11

L’articolo 1 della direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124, pag. 30), è così formulato:

«La presente direttiva attua l’accordo sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 [in prosieguo: la “CLM 2006”] concluso il 19 maggio 2008 tra le organizzazioni che rappresentano le parti sociali nel settore del trasporto marittimo (Associazioni armatori della Comunità europea, ECSA, e Federazione europea dei lavoratori dei trasporti, ETF) di cui all’allegato [in prosieguo: l’“accordo sulla CLM 2006”]».

12

La parte dell’accordo intitolata «Definizioni e ambito d’applicazione» dispone quanto segue:

«1.

Ai fini del presente accordo e salvo indicazione contraria in disposizioni specifiche, sono applicabili le definizioni seguenti:

(…)

c)

“marittimo o lavoratore marittimo o gente di mare”: ogni persona occupata, ingaggiata o che lavora a qualsiasi titolo a bordo di una nave cui si applica il presente accordo;

(…)

e)

“nave”: una nave diversa da quelle che navigano esclusivamente nelle acque interne, nelle acque protette o nelle acque adiacenti alle acque protette o alle zone in cui si applicano i regolamenti portuali;

(…)

2.

Salvo indicazioni contrarie, il presente accordo si applica a tutti i marittimi.

(…)».

13

Contenuto nella parte di detto accordo intitolata «Regolamenti e norme», il titolo 2 di quest’ultima, sotto la rubrica «Condizioni di occupazione», contiene, segnatamente, la regola 2.1, riguardante i «Contratti di lavoro dei marittimi». La norma A2.1, paragrafo 4, di detta regola è così formulata:

«Ogni Stato membro adotta le disposizioni legislative e regolamentari recanti le previsioni da includere in tutti i contratti di lavoro dei marittimi disciplinati dalla propria normativa nazionale. I contratti di lavoro dei marittimi devono contenere in ogni caso i seguenti elementi:

(…)

c)

il luogo e la data in cui viene stipulato il contratto di lavoro del marittimo;

(…)

g)

la risoluzione del contratto e le relative condizioni, tra cui:

i)

se il contratto è concluso per un periodo indeterminato, le condizioni di risoluzione per ogni parte e il periodo di preavviso, che non deve essere inferiore per l’armatore rispetto al marittimo;

ii)

se il contratto è a tempo determinato, la data di scadenza; e

iii)

se il contratto è stato sottoscritto per un viaggio, il porto di destinazione e il periodo che deve trascorrere dopo l’arrivo prima che il vincolo del marittimo venga meno;

(…)».

14

L’ultima parte di questo stesso accordo, intitolata «Disposizioni finali», contiene un quarto comma che enuncia quanto segue:

«Il presente accordo lascia impregiudicata l’attuale legislazione [dell’Unione] più severa e/o specifica».

Il diritto italiano

15

In Italia, i contratti di lavoro dei marittimi sono disciplinati dalle norme del codice della navigazione, approvato con regio decreto del 30 marzo 1942, n. 327 (in prosieguo: il «codice della navigazione»), il quale, conformemente al suo articolo 1, si applica prioritariamente e prevale sulla disciplina generale applicabile ai contratti di lavoro. Questi contratti, pertanto, non sono disciplinati dal decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368, recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (GURI n. 235, del 9 ottobre 2001, pag. 4).

16

L’articolo 325 del codice della navigazione dispone quanto segue:

«Il contratto di arruolamento può essere stipulato:

a)

per un dato viaggio o per più viaggi;

b)

a tempo determinato;

c)

a tempo indeterminato.

(…)

Agli effetti del contratto di arruolamento, per viaggio si intende il complesso delle traversate fra porto di caricazione e porto di ultima destinazione, oltre all’eventuale traversata in zavorra per raggiungere il porto di caricazione.

(…)».

17

Ai sensi dell’articolo 326 del codice della navigazione:

«Il contratto a tempo determinato e quello per più viaggi non possono essere stipulati per una durata superiore ad un anno; se sono stipulati per una durata superiore, si considerano a tempo indeterminato.

Se, in forza di più contratti a viaggio, o più contratti a tempo determinato, ovvero di più contratti dell’uno e dell’altro tipo, l’arruolato presta ininterrottamente servizio alle dipendenze dello stesso armatore per un tempo superiore ad un anno, il rapporto di arruolamento è regolato dalle norme concernenti il contratto a tempo indeterminato.

Agli effetti del comma precedente, la prestazione del servizio è considerata ininterrotta quando fra la cessazione di un contratto e la stipulazione del contratto successivo intercorrere un periodo non superiore ai [60] giorni».

18

L’articolo 332 del codice della navigazione dispone quanto segue:

«Il contratto di arruolamento deve enunciare:

(...)

4)

il viaggio o i viaggi da compiere e il giorno in cui l’arruolato deve assumere servizio, se l’arruolamento è a viaggio; la decorrenza e la durata del contratto, se l’arruolamento è a tempo determinato (…)

(…)».

19

L’articolo 374 del codice della navigazione prevede quanto segue:

«Le disposizioni [dell’articolo] 326 (…) possono essere derogate dalle norme corporative; non possono essere derogate dal contratto individuale se non a favore dell’arruolato. Tuttavia, neppure con le norme corporative si può aumentare il termine previsto dal primo e dal secondo comma dell’art. 326, né si può diminuire il termine previsto dal terzo comma dello stesso articolo».

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

20

[Come rettificato con ordinanza del 17 settembre 2014] I ricorrenti nei procedimenti principali sono marittimi iscritti nei registri della gente di mare. Essi sono stati arruolati dalla RFI mediante una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, conclusi posteriormente al 2001, per uno o più viaggi e per 78 giorni al massimo, al fine di essere imbarcati su traghetti per il tragitto Messina-Villa San Giovanni e Messina-Reggio Calabria. Dalle decisioni di rinvio si evince che detti ricorrenti hanno lavorato, nell’ambito di tali contratti, al servizio del loro datore di lavoro per un tempo inferiore a un anno e che è trascorso un periodo superiore a 60 giorni dalla cessazione di un contratto di lavoro e la conclusione del contratto successivo.

21

Poiché ritengono che i loro rapporti di lavoro siano stati risolti illegalmente all’atto del loro sbarco, i ricorrenti nei procedimenti principali hanno adito il Tribunale di Messina chiedendo che venisse dichiarata la nullità dei loro contratti di lavoro a tempo determinato, la trasformazione di detti contratti in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la loro immediata riassunzione o reintegrazione, nonché il versamento di un risarcimento per il danno sofferto.

22

Mentre il Tribunale di Messina, in primo grado, ha accolto le domande dei ricorrenti nel procedimento principale nella causa C‑407/13 e respinto le domande dei ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑362/13 e C‑363/13, la Corte d’appello di Messina, in appello, ha respinto l’integralità delle domande.

23

Di conseguenza, i ricorrenti nei procedimenti principali hanno adito la Corte suprema di cassazione, chiedendo la censura della Corte d’appello di Messina per aver giudicato inapplicabile ai marittimi l’accordo quadro e per aver considerato legali i loro contratti di lavoro a tempo determinato, mentre questi ultimi non indicano il termine dei contratti, ma unicamente la loro durata con la formula «max 78 giorni», e nemmeno le ragioni oggettive che giustificassero il ricorso a siffatti contratti. Secondo detti ricorrenti, si sarebbe in presenza di un uso abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato, dal momento che questi ultimi sarebbero utilizzati non a causa del carattere speciale del lavoro marittimo o dell’esistenza di ragioni obiettive, ma al fine di porre rimedio a carenze strutturali di personale.

24

Di conseguenza, la Corte suprema di cassazione ritiene che occorra chiedersi se l’accordo quadro si applichi ai rapporti di lavoro conclusi nel settore marittimo. Infatti, se tale fosse il caso, le modalità di arruolamento a tempo determinato previste dal codice della navigazione potrebbero risultare contrarie all’accordo quadro. Posto che il legislatore italiano ha adempiuto, mediante il decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368, recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, all’obbligo sancito dalla clausola 5 di tale accordo, consistente nel prevedere misure tali da scongiurare il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, da ciò potrebbe derivare che le disposizioni di tale decreto debbano applicarsi anche ai rapporti di lavoro nel settore marittimo.

25

Alla luce di quanto sopra, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il processo e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se siano applicabili al lavoro nautico le clausole dell’accordo quadro (…) ed in particolare se la clausola 2, punto 1, [dell’accordo quadro] sia riferibile anche ai lavoratori a tempo determinato assunti sulle navi traghetto che effettuano collegamenti giornalieri.

2)

Se l’accordo quadro (…), ed in particolare la clausola 3, punto 1, [di quest’ultimo,] osti ad una normativa nazionale che prevede (articolo 332 cod. nav.) l’indicazione di una “durata” del contratto e non del “termine” e se sia compatibile con detta direttiva la previsione di una durata del contratto con l’indicazione di un termine finale certo in ordine all’an (“max 78 giorni”) ma incerto in ordine al quando.

3)

Se l’accordo quadro (…), ed in particolare la clausola 3, punto 1, [di quest’ultimo,] osti ad una normativa nazionale (artt. 325, 326 e 332 del codice della navigazione) che identifica le ragioni oggettive del contratto a termine con la mera previsione del viaggio o dei viaggi da compiersi, con ciò sostanzialmente facendo coincidere l’oggetto del contratto (prestazione) con la causa (motivo della stipula a termine).

4)

Se l’accordo quadro (…) osti ad una normativa nazionale (nella specie le norme del codice della navigazione) che esclude in caso di utilizzo di una successione di contratti (tale da integrare abuso ai sensi della clausola 5) che questi siano trasformati in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (misura prevista dall’art. 326 cod. nav. solo per l’ipotesi che l’arruolato presti ininterrottamente servizio per un tempo superiore ad un anno e per l’ipotesi in cui fra la cessazione di un contratto e la stipulazione del contratto successivo intercorra un periodo non superiore ai 60 giorni)».

26

Con ordinanza del presidente della Corte del 28 agosto 2013, le cause C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonché della sentenza.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

27

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’accordo quadro debba essere interpretato nel senso che esso si applica a lavoratori, quali i ricorrenti nei procedimenti principali, occupati in qualità di marittimi con contratti di lavoro a tempo determinato su traghetti che effettuano un tragitto marittimo tra due porti situati nel medesimo Stato membro.

28

A questo proposito occorre ricordare che, come già dichiarato dalla Corte più volte, dallo stesso dettato della clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro si evince che la sfera di applicazione di quest’ultimo è concepita in modo ampio, di modo che essa concerne in maniera generale i «lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro» (v., segnatamente, sentenze Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 56; Della Rocca, C‑290/12, EU:C:2013:235, punto 34, nonché Márquez Samohano, C‑190/13, EU:C:2014:146, punto 38).

29

Inoltre, la definizione della nozione di «lavoratore a tempo determinato» ai sensi dell’accordo quadro, enunciata nella clausola 3, punto 1, di quest’ultimo, include tutti i lavoratori, senza operare distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro (sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 56; Della Rocca, EU:C:2013:235, punto 34, nonché Márquez Samohano, EU:C:2014:146, punto 38) e a prescindere dalla qualificazione del loro contratto in diritto nazionale (sentenza Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 166).

30

Pertanto, l’accordo quadro si applica all’insieme dei lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato che li vincola al loro datore di lavoro (sentenze Del Cerro Alonso, C‑307/05, EU:C:2007:509, punto 28, e Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, C‑444/09 e C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 42, nonché ordinanza Montoya Medina, C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 26).

31

L’ambito di applicazione dell’accordo quadro non è certamente illimitato. Difatti, dal disposto della clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro si ricava che la definizione dei contratti e dei rapporti di lavoro ai quali si applica detto accordo quadro non è di competenza di quest’ultimo o del diritto dell’Unione, bensì della legislazione e/o delle prassi nazionali, purché la definizione di tali nozioni non porti ad escludere arbitrariamente una categoria di soggetti dal godimento della tutela offerta dall’accordo quadro (sentenza Sibilio, C‑157/11, EU:C:2012:148, punti 42 e 51).

32

Inoltre, la clausola 2, punto 2, dell’accordo quadro conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità per quanto attiene all’applicazione dell’accordo quadro a talune categorie di contratti o di rapporti di lavoro. Infatti, detta disposizione offre agli Stati membri e/o alle parti sociali la facoltà di sottrarre al campo di applicazione di tale accordo quadro i «rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato» nonché i «contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici» (sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 57; Sibilio, EU:C:2012:148, punti 52 e 53, nonché Della Rocca, EU:C:2013:235, punto 35).

33

Peraltro, la Corte ha dichiarato che dal quarto comma del preambolo dell’accordo quadro si ricava espressamente che quest’ultimo non si applica ai lavoratori interinali (v. sentenza Della Rocca, EU:C:2013:235, punti 36 e 45).

34

Nel caso di specie, dagli elementi forniti alla Corte, che non sono stati oggetto di contestazione, si ricava che i ricorrenti nei procedimenti principali erano vincolati al loro datore di lavoro con un contratto di lavoro ai sensi del diritto nazionale. È parimenti pacifico che questi contratti non fanno parte dei rapporti di lavoro che possono essere esclusi dalla sfera d’applicazione dell’accordo quadro ai sensi della clausola 2, punto 2, di quest’ultimo.

35

La RFI nonché i governi italiano e norvegese sottolineano tuttavia che il diritto dell’Unione, analogamente al diritto internazionale e al diritto nazionale, contiene disposizioni destinate a disciplinare specificamente il settore marittimo. In particolare, l’accordo sulla CLM 2006, che compare in allegato alla direttiva 2009/13, enuncerebbe una serie di regole e norme relative al contratto di arruolamento dei marittimi, segnatamente la norma A2.1, paragrafo 4, lettera g), che definisce la durata del contratto e le condizioni di cessazione del medesimo. Ebbene, ai sensi della clausola 8, punto 2, dell’accordo quadro, quest’ultimo si applicherebbe fatte salve disposizioni più specifiche del diritto dell’Unione.

36

Tuttavia, non risulta manifesto, e del resto non è stato sostenuto, che l’accordo sulla CLM 2006, così come gli altri atti adottati dal legislatore dell’Unione nel settore marittimo, contenga norme destinate, al pari dell’accordo quadro, a garantire l’applicazione del principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori assunti a tempo determinato o a prevenire gli abusi derivanti dal ricorso a una successione di rapporti o contratti di lavoro a tempo determinato. Ebbene, l’accordo sulla CLM 2006, come si evince, segnatamente, dal terzo comma delle sue disposizioni finali, si applica fatta salva qualsiasi altra disposizione vigente nell’Unione più specifica o che offra un grado di tutela più elevato ai marittimi.

37

Peraltro, è giocoforza constatare che, ai sensi dei punti 1, lettere c) ed e), nonché 2 dell’accordo sulla CLM 2006, quest’ultimo non si applica ai marittimi occupati a bordo di navi che navighino esclusivamente nelle acque interne, come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali.

38

Da ciò discende che lavoratori che si trovino nella posizione dei ricorrenti nei procedimenti principali, i quali hanno la qualità di marittimi occupati in forza di contratti di lavoro a tempo determinato su traghetti che effettuano un tragitto marittimo tra due porti collocati nel medesimo Stato membro, rientrano nella sfera d’applicazione dell’accordo quadro, dato che quest’ultimo non esclude nessun settore particolare dalla sua sfera d’applicazione.

39

Questa conclusione è corroborata dal contenuto della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, dalla quale si ricava che, conformemente al terzo comma del preambolo dell’accordo quadro nonché ai punti 8 e 10 delle sue considerazioni generali, è nel quadro dell’attuazione di detto accordo quadro che gli Stati membri hanno facoltà, in quanto ciò sia oggettivamente giustificato, di tener conto delle esigenze particolari relative ai settori di attività e/o alle categorie specifici di lavoratori in questione (v., in tal senso, sentenze Marrosu e Sardino, C‑53/04, EU:C:2006:517, punto 45, nonché Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 49).

40

In considerazione di quanto sin qui esposto, occorre risolvere la prima questione dichiarando che l’accordo quadro dev’essere interpretato nel senso che esso si applica a lavoratori, quali i ricorrenti nei procedimenti principali, occupati in qualità di marittimi con contratti di lavoro a tempo determinato su traghetti che effettuano un tragitto marittimo tra due porti situati nel medesimo Stato membro.

Sulla seconda questione

41

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede se le disposizioni dell’accordo quadro, in particolare la clausola 3, punto 1, del medesimo, debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale, quale quella in questione nei procedimenti principali, la quale prevede che i contratti di lavoro a tempo determinato debbono indicare la loro durata, ma non il loro termine.

42

La RFI ritiene detta questione irricevibile a un doppio titolo. Da un lato, essa riguarderebbe l’interpretazione del diritto nazionale. Dall’altro, la clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro mirerebbe unicamente a definire alcuni termini e non costituirebbe pertanto un criterio di legittimità della normativa nazionale in questione.

43

Occorre tuttavia constatare che la presente questione verte chiaramente sull’interpretazione del diritto dell’Unione e che essa è pertanto ricevibile.

44

Per quanto concerne il merito, occorre ricordare che l’accordo quadro non ha lo scopo di armonizzare tutte le norme nazionali relative ai contratti di lavoro a tempo determinato, bensì mira unicamente, mediante la fissazione di principi generali e di requisiti minimi, a stabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e a prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, sentenze Del Cerro Alonso, EU:C:2007:509, punti 26 e 36; Impact, C‑268/06, EU:C:2008:223, punto 111, e Huet, C‑251/11, EU:C:2012:133, punto 41, nonché ordinanza Vino, C‑20/10, EU:C:2010:677, punto 54).

45

L’accordo quadro non contiene nessuna disposizione riguardante le formule che devono comparire nei contratti di lavoro a tempo determinato.

46

A questo proposito, la clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro, come si evince chiaramente dal suo titolo e dal suo testo, si limita a definire la nozione di «lavoratore a tempo determinato» e a designare, in tale quadro, l’elemento caratteristico di un contratto a tempo determinato, ossia la circostanza che la scadenza di un siffatto contratto è determinata da «condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico». Viceversa, questa clausola non impone nessun obbligo agli Stati membri per quanto concerne le norme di diritto interno applicabili alla conclusione dei contratti di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, ordinanza Vino, EU:C:2010:677, punti da 60 a 62 e giurisprudenza ivi citata).

47

Ad ogni modo, posto che la presente questione dev’essere intesa come diretta a determinare se l’accordo quadro sia applicabile a lavoratori vincolati con contratti di lavoro i quali, come quelli in questione nei procedimenti principali, indicano unicamente la loro durata, mediante la menzione «max. 78 giorni», basta constatare che lavoratori di tal genere devono essere considerati come «lavoratori a tempo determinato», ai sensi della clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro, dato che una menzione siffatta è tale da determinare in modo oggettivo la scadenza di detti contratti e che, pertanto, l’accordo quadro è loro applicabile.

48

Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre risolvere la seconda questione dichiarando che le disposizioni dell’accordo quadro devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa nazionale, quale quella in questione nei procedimenti principali, la quale prevede che i contratti di lavoro a tempo determinato debbono indicare la loro durata, ma non il loro termine.

Sulle questioni terza e quarta

49

Con le sue questioni terza e quarta, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se le clausole 3, punto 1, e 5 dell’accordo quadro debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, la quale, da un lato, ritiene che la giustificazione oggettiva di un contratto di lavoro a tempo determinato sia costituita dalla mera indicazione del viaggio o dei viaggi da compiere e, dall’altro, prevede la trasformazione di contratti di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato unicamente nel caso in cui il lavoratore interessato sia stato occupato ininterrottamente in forza di contratti del genere dallo stesso datore di lavoro per una durata superiore a un anno, tenendo presente che il rapporto di lavoro va considerato ininterrotto quando i contratti di lavoro a tempo determinato sono separati da un intervallo inferiore o pari a 60 giorni.

50

Secondo la RFI, la parte di detto quesito corrispondente alla terza questione è irricevibile, essendo priva di rapporti con l’oggetto delle controversie principali, dato che essa mira a verificare la compatibilità con l’accordo quadro della normativa nazionale relativa ai contratti di lavoro per uno o più viaggi specifici mentre, nei procedimenti principali, i contratti di lavoro in questione sono stati qualificati come contratti di lavoro a tempo determinato.

51

Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura teorica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze Della Rocca, EU:C:2013:235, punto 29, e Márquez Samohano, EU:C:2014:146, punto 35).

52

Nel caso di specie, occorre tuttavia constatare che il giudice del rinvio si interroga sull’interpretazione dell’accordo quadro nell’ambito di controversie concrete, che fanno seguito alla risoluzione dei contratti di lavoro a tempo determinato conclusi in successione dai ricorrenti nei procedimenti principali per uno o più viaggi determinati. Con la sua terza questione, detto giudice si chiede se la normativa nazionale in questione nei procedimenti principali, secondo la quale l’indicazione del viaggio o dei viaggi da compiere costituisce una ragione oggettiva per la conclusione di siffatti contratti, sia conforme alle prescrizioni contenute nell’accordo quadro. Alla luce di ciò, tale questione non può essere considerata di carattere teorico e, pertanto, essa dev’essere giudicata ricevibile.

53

Nel merito, là dove le presenti questioni riguardano l’interpretazione della clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro, occorre ricordare che, come chiarito nel punto 46 della presente sentenza, questa disposizione è irrilevante, dato che essa non impone nessun obbligo agli Stati membri per quanto concerne le norme di diritto interno applicabili alla conclusione dei contratti di lavoro a tempo determinato.

54

Per quanto concerne la clausola 5 dell’accordo quadro, occorre ricordare che il punto 1 di detta clausola ha lo scopo di attuare uno degli obiettivi perseguiti da detto accordo quadro, ossia inquadrare il ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, considerata come una fonte potenziale di abusi a danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni minime di tutela destinate a evitare che la posizione dei lavoratori subordinati divenga precaria (v., segnatamente, sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 63; Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 73; Deutsche Lufthansa, C‑109/09, EU:C:2011:129, punto 31; Kücük, EU:C:2012:39, punto 25, nonché Márquez Samohano, EU:C:2014:146, punto 41).

55

Infatti, come risulta dal secondo comma del preambolo dell’accordo quadro, così come dai punti 6 e 8 delle considerazioni generali di detto accordo quadro, il beneficio della stabilità del rapporto di lavoro è considerato un elemento assolutamente rilevante per la tutela dei lavoratori, laddove è solo in determinate circostanze che contratti di lavoro a tempo determinato possono soddisfare le esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori (sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 62, nonché Huet, EU:C:2012:133, punto 35).

56

Proprio per questo, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro impone agli Stati membri, per prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure che essa elenca, quando il loro diritto interno non contenga norme giuridiche equivalenti. Le misure così elencate nel punto 1, lettere da a) a c), di detta clausola, in numero di tre, attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi ultimi (v., segnatamente, sentenze Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punti 74 e 151; Kücük, EU:C:2012:39, punto 26, e Márquez Samohano, EU:C:2014:146, punto 42, nonché ordinanza Papalia, C‑50/13, EU:C:2013:873, punti 18 e 19).

57

Tuttavia, occorre subito sottolineare che l’accordo quadro non impone agli Stati membri di adottare una misura che imponga di giustificare ogni primo o unico contratto di lavoro a tempo determinato con una ragione obiettiva. Invero, come la Corte ha già affermato, questo tipo di contratti di lavoro a tempo determinato non rientra nell’ambito della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, la quale verte unicamente sulla prevenzione dell’utilizzo abusivo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, dato che le ragioni obiettive enunciate al punto 1, lettera a), di tale clausola vertono unicamente sul «rinnovo dei suddetti contratti o rapporti» (v. sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 90, nonché ordinanza Vino, EU:C:2010:677, punti 58 e 59).

58

Per quanto concerne detti contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, si evince infatti dal punto 56 della presente sentenza che i firmatari dell’accordo quadro, come indicato dal punto 7 delle considerazioni generali del medesimo, hanno ritenuto che l’uso di contratti di lavoro a tempo determinato basato su ragioni obiettive sia un mezzo per prevenire gli abusi (v. sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 67, e Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punti 91 e 92, nonché ordinanza Vassilakis e a., C‑364/07, EU:C:2008:346, punto 86).

59

Tuttavia, gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità per l’attuazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, dal momento che essi hanno la scelta di far ricorso a una o più fra le misure enunciate nel punto 1, lettere da a) a c), di detta clausola, oppure a norme giuridiche equivalenti già esistenti, e ciò tenendo conto delle esigenze di settori e/o di categorie specifici di lavoratori (v. sentenze Impact, EU:C:2008:223, punto 71; Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punti 81 e 93, nonché Deutsche Lufthansa, EU:C:2011:129, punto 35).

60

Così facendo, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro fissa agli Stati membri un obiettivo generale, consistente nella prevenzione di abusi di tal genere, lasciando loro nel contempo la scelta dei mezzi per conseguire ciò, purché essi non rimettano in discussione l’obiettivo o l’efficacia pratica dell’accordo quadro (sentenza Huet, EU:C:2012:133, punti 42 e 43 nonché giurisprudenza ivi citata).

61

Ne consegue che, ai fini di tale attuazione, uno Stato membro è legittimato a scegliere di non adottare la misura di cui al punto 1, lettera a), di detta clausola, consistente nell’imporre di giustificare il rinnovo dei suddetti contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione con ragioni obiettive. Viceversa, esso può preferire l’adozione di una delle misure o le due misure di cui al punto 1, lettere b) e c), della medesima clausola, relative, rispettivamente, alla durata massima totale di tali contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione e al numero dei loro rinnovi, oppure, ancora, optare per la conservazione di una equivalente misura di legge già in vigore purché, quale che sia la misura in concreto adottata, venga garantita l’effettiva prevenzione dell’utilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v. sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 94, nonché, in tal senso, sentenza Deutsche Lufthansa, EU:C:2011:129, punto 44).

62

Inoltre quando, come nel caso di specie, il diritto dell’Unione non prevede sanzioni specifiche nell’ipotesi in cui vengano nondimeno accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma anche sufficientemente energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro (v., segnatamente, sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 158, nonché ordinanze Affatato, C‑3/10, EU:C:2010:574, punto 45, e Papalia, EU:C:2013:873, punto 20).

63

Seppure, in mancanza di una specifica disciplina dell’Unione in materia, le modalità di applicazione di tali norme spettino all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio dell’autonomia processuale di questi ultimi, esse non devono essere però meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., in particolare, sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 159, nonché ordinanze Affatato, EU:C:2010:574, punto 46, e Papalia, EU:C:2013:873, punto 21).

64

Da ciò discende che, quando sia avvenuto un ricorso abusivo a una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, dev’essere possibile applicare una misura dotata di garanzie effettive ed equivalenti di protezione dei lavoratori per punire debitamente detto abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione (sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 160, nonché ordinanze Affatato, EU:C:2010:574, punto 47, e Papalia, EU:C:2013:873, punto 22).

65

A questo proposito, occorre ricordare che, come sottolineato ripetutamente dalla Corte, l’accordo quadro non enuncia un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato. Infatti, la clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro lascia, in linea di principio, agli Stati membri la cura di determinare le condizioni in presenza delle quali i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato vadano considerati come conclusi a tempo indeterminato. Da ciò discende che l’accordo quadro non prescrive le condizioni in presenza delle quali si può fare uso dei contratti a tempo indeterminato (v., segnatamente, sentenza Huet, EU:C:2012:133, punti da 38 a 40 e giurisprudenza ivi citata).

66

Nel caso di specie, per quanto concerne la normativa nazionale in questione nei procedimenti principali, occorre ricordare che la Corte non è competente a pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto interno, dato che questo compito spetta esclusivamente al giudice del rinvio o, se del caso, ai competenti organi giurisdizionali nazionali, che devono determinare se i criteri ricordati nei punti da 56 a 65 della presente sentenza siano soddisfatti dalle disposizioni della normativa nazionale applicabile (v., segnatamente, sentenze Vassallo, C‑180/04, EU:C:2006:518, punto 39, e Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 163, nonché ordinanza Papalia, EU:C:2013:873, punto 30).

67

Spetta pertanto al giudice del rinvio valutare in che misura i presupposti per l’applicazione nonché l’effettiva attuazione delle disposizioni rilevanti del diritto interno costituiscano una misura adeguata per prevenire e, se del caso, punire l’uso abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, sentenze Vassallo, EU:C:2006:518, punto 41, nonché Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 164).

68

Tuttavia, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può fornire, ove necessario, precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua valutazione (v., in particolare, sentenza Vassallo, EU:C:2006:518, punto 39, e ordinanza Papalia, EU:C:2013:873, punto 31).

69

A questo proposito, senza che occorra esaminare se una normativa nazionale, quale quella prevista dall’articolo 326 del codice della navigazione, adottata prima dell’entrata in vigore della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro, preveda una «ragione obiettiva» ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, occorre constatare che una normativa siffatta, la quale prevede una norma imperativa ai sensi della quale, quando un lavoratore è stato ininterrottamente alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, in forza di diversi contratti di lavoro a tempo determinato, per un tempo superiore a un anno, questi contratti sono trasformati in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, può soddisfare i criteri ricordati nei punti da 56 a 65 della presente sentenza.

70

Infatti, una normativa di tal genere è tale da contenere nel contempo una misura di legge vigente equivalente alla misura preventiva contro il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, enunciata nella clausola 5, punto 1, lettera b), dell’accordo quadro, relativa alla durata massima totale di siffatti contratti, nonché una misura che punisce effettivamente un ricorso abusivo di tal genere (v., per analogia, sentenza Angelidaki e a., EU:C:2009:250, punto 170, nonché ordinanza Koukou, C‑519/08, EU:C:2009:269, punto 79).

71

Questa conclusione non sembra che possa essere rimessa in discussione dal criterio ricavabile da detta disciplina, secondo il quale sono considerati «ininterrotti» e, conseguentemente, «successivi», solo i contratti di lavoro a tempo determinato separati da un intervallo inferiore o pari a 60 giorni. Infatti, un siffatto intervallo può essere considerato, in generale, sufficiente per interrompere qualsiasi rapporto di lavoro esistente e, di conseguenza, far sì che qualsiasi contratto eventuale sottoscritto posteriormente non sia considerato come successivo al precedente, e ciò tanto più quando, come nelle controversie oggetto dei procedimenti principali, la durata dei contratti di lavoro a tempo determinato non può superare i 78 giorni. Sembra infatti difficile per un datore di lavoro, che abbia esigenze permanenti e durature, aggirare la tutela concessa dall’accordo quadro contro gli abusi facendo decorrere, alla fine di ciascun contratto di lavoro a tempo determinato, un termine di circa due mesi (v., per analogia, ordinanza Vassilakis e a., EU:C:2008:346, punto 115).

72

Tuttavia, spetta alle autorità e ai giudici nazionali, incaricati dell’applicazione delle misure di recepimento della direttiva 1999/70 e, quindi, chiamati a pronunciarsi sulla qualificazione di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso concreto, prendendo in considerazione, segnatamente, il numero di tali contratti successivi stipulati con lo stesso soggetto oppure per lo svolgimento di uno stesso lavoro, al fine di escludere che i rapporti di lavoro a tempo determinato siano utilizzati in modo abusivo dai datori di lavoro (v. ordinanza Vassilakis e a., EU:C:2008:346, punto 116).

73

In particolare, in controversie come quelle di cui ai procedimenti principali, spetta al giudice del rinvio verificare che la durata massima di un anno prevista dalla normativa nazionale in questione nei procedimenti principali sia calcolata in modo da non ridurre sostanzialmente il carattere effettivo della prevenzione e della sanzione per il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Ciò potrebbe avvenire, come rilevato dalla Commissione europea in sede di osservazioni scritte, qualora detta durata massima fosse calcolata in funzione non del numero di giorni di calendario coperti da questi contratti di lavoro, ma del numero di giorni lavorativi effettivamente prestati dal lavoratore interessato quando, a causa, per esempio, della scarsa frequenza dei tragitti, quest’ultimo numero sia nettamente inferiore al primo.

74

Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre risolvere le questioni terza e quarta dichiarando che la clausola 5 dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, la quale prevede la trasformazione di contratti di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato unicamente nel caso in cui il lavoratore interessato sia stato occupato ininterrottamente in forza di contratti del genere dallo stesso datore di lavoro per una durata superiore a un anno, tenendo presente che il rapporto di lavoro va considerato ininterrotto quando i contratti di lavoro a tempo determinato sono separati da un intervallo inferiore o pari a 60 giorni. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare che i presupposti per l’applicazione nonché l’effettiva attuazione di detta normativa costituiscano una misura adeguata per prevenire e punire l’uso abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.

Sulle spese

75

Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

L’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, figurante quale allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretato nel senso che esso si applica a lavoratori, quali i ricorrenti nei procedimenti principali, occupati in qualità di marittimi con contratti di lavoro a tempo determinato su traghetti che effettuano un tragitto marittimo tra due porti situati nel medesimo Stato membro.

 

2)

Le disposizioni dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa nazionale, quale quella in questione nei procedimenti principali, la quale prevede che i contratti di lavoro a tempo determinato debbono indicare la loro durata, ma non il loro termine.

 

3)

La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato dev’essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, la quale prevede la trasformazione di contratti di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato unicamente nel caso in cui il lavoratore interessato sia stato occupato ininterrottamente in forza di contratti del genere dallo stesso datore di lavoro per una durata superiore a un anno, tenendo presente che il rapporto di lavoro va considerato ininterrotto quando i contratti di lavoro a tempo determinato sono separati da un intervallo inferiore o pari a 60 giorni. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare che i presupposti per l’applicazione nonché l’effettiva attuazione di detta normativa costituiscano una misura adeguata per prevenire e punire l’uso abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.

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