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Document 62013CC0634

    Conclusioni dell’avvocato generale N. Wahl, presentate il 26 marzo 2015.
    Total Marketing Services contro Commissione europea.
    Impugnazione – Concorrenza – Mercato delle cere di paraffina – Mercato della paraffina molle – Durata della partecipazione a un’intesa illecita – Cessazione della partecipazione – Interruzione della partecipazione – Assenza di contatti collusivi dimostrati durante un determinato periodo – Proseguimento dell’infrazione – Onere della prova – Dissociazione pubblica – Percezione da parte degli altri partecipanti all’intesa dell’intenzione di dissociarsi – Obbligo di motivazione – Principi di presunzione di innocenza, di parità di trattamento, di tutela giurisdizionale effettiva e di personalità delle pene.
    Causa C-634/13 P.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2015:208

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    NILS WAHL

    presentate il 26 marzo 2015 ( 1 )

    Causa C‑634/13 P

    Total Marketing Services, succeduta alla Total Raffinage Marketing,

    contro

    Commissione europea

    «Impugnazione — Concorrenza — Intese — Mercato delle cere di paraffina nello Spazio economico europeo e mercato tedesco delle paraffine molli — Fissazione dei prezzi e ripartizione dei mercati — Decisione che constata un’infrazione alle regole della concorrenza — Durata della partecipazione a un’intesa illecita — Cessazione della partecipazione — Interruzione della partecipazione — Onere della prova — Dissociazione pubblica — Percezione degli altri partecipanti all’intesa dell’intenzione di dissociarsi»

    I – Introduzione

    1.

    Con la presente impugnazione, la Total Marketing Services, succeduta alla Total Raffinage Marketing (già Total France SA; in prosieguo: la «Total France»), intende ottenere l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea Total Raffinage Marketing/Commissione ( 2 ), con cui quest’ultimo ha respinto, in sostanza, il suo ricorso volto, in via principale, all’annullamento parziale della decisione C(2008) 5476 definitivo della Commissione, del 1o ottobre 2008, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/39.181 – Cera per candele) (in prosieguo: la «decisione controversa»), e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda che le è stata inflitta.

    2.

    Benché la presente causa sia strettamente connessa al procedimento d’impugnazione proposto nella causa Total/Commissione (C‑597/13 P), nella quale presento, parimenti in data odierna, le mie conclusioni, le questioni giuridiche che si pongono nel caso di specie sono ben distinte. Queste ultime si ricollegano, essenzialmente, alla questione se il controllo operato dal Tribunale in merito alla partecipazione della ricorrente alla presunta intesa durante determinati periodi non sia insufficiente o erroneo. La presente causa offre così l’opportunità di fornire alcuni richiami in materia di produzione della prova della partecipazione di un’impresa a un’intesa illecita e di precisare, in particolare, in quali condizioni può farsi ricorso al criterio della dissociazione pubblica dell’impresa interessata.

    II – Fatti

    3.

    I fatti nonché il contenuto della decisione controversa sono stati riassunti dal Tribunale ai punti da 1 a 17 della sentenza impugnata, a cui si rinvia il lettore per maggiori dettagli.

    4.

    Ai fini dell’analisi della presente impugnazione, mi limiterò a ricordare quanto segue.

    5.

    Con la decisione controversa, la Commissione europea ha constatato che la ricorrente e la sua società controllante che la detiene quasi al 100%, vale a dire la Total SA (in prosieguo: la «Total»), avevano violato, insieme ad altre imprese, l’articolo 81, paragrafo 1, CE e l’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»), partecipando ad un’intesa sul mercato delle cere di paraffina nello Spazio economico europeo (SEE) e sul mercato tedesco delle paraffine molli. La ricorrente e la sua società controllante, la Total, figuravano tra i destinatari della decisione controversa.

    6.

    L’adozione della decisione controversa era successiva a un’indagine avviata nella primavera del 2005 a seguito di un’informazione fornita da una società. Al termine di tale indagine, la Commissione era giunta alla conclusione che la maggior parte dei produttori di cere di paraffina e di paraffine molli nel SEE, tra i quali figurava la ricorrente, avevano partecipato ad un’infrazione unica, complessa e continuata all’articolo 81 CE e all’articolo 53 dell’accordo SEE, avente ad oggetto il territorio del SEE.

    7.

    Tale infrazione consisteva, principalmente, in accordi o pratiche concordate riguardanti la fissazione dei prezzi nonché lo scambio e la divulgazione di informazioni sensibili sotto il profilo commerciale relative alle cere di paraffina. Per quanto riguarda alcune società, tra le quali la ricorrente, l’infrazione relativa alle cere di paraffina riguardava anche la ripartizione di clienti o di mercati e le paraffine molli vendute ai clienti finali sul mercato tedesco (punti 2, 95 e 328 e articolo 1 della decisione controversa).

    8.

    Le pratiche illecite si sarebbero concretizzate in occasione delle riunioni anticoncorrenziali denominate dai partecipanti «riunioni tecniche» o talora riunioni «Blauer Salon», nonché in occasione delle «riunioni paraffine molli», dedicate specificamente alle questioni relative alle paraffine molli.

    9.

    Secondo la Commissione, alcuni dipendenti della Total France avevano partecipato direttamente all’infrazione per tutta la sua durata. La Commissione ha quindi considerato la Total France responsabile per la sua partecipazione all’intesa (punti 555 e 556 della decisione controversa). Inoltre, tra il 1990 e la fine dell’infrazione, la Total France era detenuta direttamente o indirettamente per oltre il 98% dalla Total. La Commissione ha considerato che, su tale base, si poteva presumere che la Total esercitasse un’influenza determinante sul comportamento della Total France, in quanto le due società facevano parte di una medesima impresa (punti da 557 a 559 della decisione controversa).

    10.

    L’importo delle ammende inflitte nel caso di specie è stato calcolato in base agli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 ( 3 ), in vigore al momento della notifica della comunicazione degli addebiti.

    11.

    In applicazione di tali orientamenti, la Commissione, per quanto riguarda la ricorrente e la sua società controllante, ha stabilito un importo totale dell’ammenda pari a EUR 128163000 (punto 785 della decisione controversa).

    12.

    A termini del dispositivo della decisione controversa:

    «Articolo 1

    Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81, paragrafo 1, [CE] e – a partire dal 1o gennaio 1994 – l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando, per i periodi indicati, a un accordo continuato e/o a una pratica concordata nel settore delle cere di paraffina nel mercato comune e, a partire dal 1o gennaio 1994, nel SEE:

    (…)

    Total France (…): dal 3 settembre 1992 al 28 aprile 2005; e

    [Total]: dal 3 settembre 1992 al 28 aprile 2005.

    Per le seguenti imprese l’infrazione riguarda, per i periodi indicati, anche le paraffine molli vendute ai clienti finali sul mercato tedesco:

    (…)

    Total France (…): dal 30 ottobre 1997 al 12 maggio 2004; e

    [Total]: dal 30 ottobre 1997 al 12 maggio 2004.

    Articolo 2

    In relazione alle infrazioni di cui all’articolo 1, sono inflitte le seguenti ammende:

    (…)

    Total France (...) in solido con [Total]: EUR 128163000.

    (…)».

    III – La sentenza impugnata e la sentenza emessa nella causa Total/Commissione (T‑548/08)

    13.

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 dicembre 2008, la ricorrente ha proposto un ricorso avverso la decisione controversa, deducendo un totale di undici motivi. Un dodicesimo motivo è stato dedotto in udienza dinanzi al Tribunale.

    14.

    Quest’ultimo ha respinto tutti tali motivi, ad eccezione dell’ottavo, che verteva sull’illegittimità del metodo di calcolo previsto dal punto 24 degli orientamenti del 2006. Il Tribunale ha considerato che la Commissione, nel determinare il coefficiente moltiplicatore che riflette la durata della partecipazione della Total France all’infrazione, aveva violato i principi di proporzionalità e di parità di trattamento, assimilando un periodo di partecipazione di 7 mesi e 28 giorni (per le cere di paraffina) e un periodo di partecipazione di 6 mesi e 12 giorni (per le paraffine molli) a una partecipazione di un intero anno. Di conseguenza, il Tribunale ha ridotto l’importo totale dell’ammenda inflitta alla ricorrente da EUR 128163000 a EUR 125459842.

    15.

    Per contro, nella sentenza emessa lo stesso giorno nella causa Total/Commissione (T‑548/08, EU:T:2013:434), il Tribunale ha dichiarato che, in considerazione delle circostanze della fattispecie, l’importo dell’ammenda inflitta alla società controllante della ricorrente era adeguato (punto 224 della sentenza) e non ha quindi ridotto nella medesima misura l’ammenda inflitta alla società controllante Total. Esso ha inoltre respinto tutti i motivi dedotti dalla Total in quest’ultima causa.

    IV – Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

    16.

    La ricorrente chiede che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ingiustamente escluso la cessazione della partecipazione della ricorrente all’infrazione dopo il 12 maggio 2004;

    annullare la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ingiustamente escluso qualsiasi disparità di trattamento ingiustificata tra la ricorrente e la Repsol YPF Lubricantes y Especialidades SA, la Repsol Petróleo SA e la Repsol YPF SA (in prosieguo: la «Repsol»), per quanto riguarda la durata della loro partecipazione all’infrazione;

    annullare la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ingiustamente escluso l’interruzione della partecipazione della ricorrente all’infrazione tra il 26 maggio 2000 e il 26 giugno 2001;

    annullare la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale non si è pronunciato sul motivo vertente sull’omesso esame delle prove del comportamento concorrenziale della ricorrente sul mercato;

    statuire definitivamente, conformemente all’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e, a tale titolo, annullare la decisione controversa nella parte in cui riguarda la ricorrente e, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, ridurre l’ammenda inflitta alla ricorrente;

    nel caso in cui la Corte non dovesse statuire definitivamente nella presente causa, riservare le spese e rinviare la causa dinanzi al Tribunale per il riesame, conformemente alla sentenza della Corte;

    infine, conformemente all’articolo 69 del regolamento di procedura, condannare la Commissione alle spese sia dinanzi al Tribunale sia dinanzi alla Corte.

    17.

    La Commissione chiede il rigetto dell’impugnazione e la condanna della ricorrente alle spese, comprese quelle sostenute dinanzi al Tribunale.

    18.

    Le parti hanno esposto le loro rispettive posizioni per iscritto e all’udienza del 15 gennaio 2015 si è svolta la fase orale del procedimento.

    V – Analisi dell’impugnazione

    19.

    L’impugnazione si basa su quattro motivi, vertenti rispettivamente:

    sulla violazione dell’articolo 101 TFUE, delle norme sulla produzione delle prove, dei principi della presunzione di innocenza e di certezza del diritto nonché dell’obbligo di motivazione, in quanto il Tribunale ha dichiarato che la ricorrente aveva partecipato all’infrazione dopo la riunione dell’11 e 12 maggio 2004 e fino al 28 aprile 2005;

    sulla violazione del principio della parità di trattamento, sullo snaturamento degli elementi di prova e sul difetto di motivazione, in quanto il Tribunale ha escluso il ritiro della ricorrente dall’intesa dopo la riunione dell’11 e 12 maggio 2004, ma ha ammesso il ritiro della Repsol dopo la riunione del 3 e 4 agosto 2004;

    sulla violazione dell’articolo 101 TFUE, dei principi della presunzione di innocenza, di certezza del diritto e di parità di trattamento, nonché dell’obbligo di motivazione, in quanto il Tribunale ha dichiarato che la ricorrente non aveva interrotto la propria partecipazione all’infrazione tra il 26 maggio 2000 e il 26 giugno 2001;

    sulla violazione dei principi di tutela giurisdizionale effettiva, della personalità delle pene e delle sanzioni, nonché dell’obbligo di motivazione, in quanto il Tribunale ha respinto, senza esaminarlo, il motivo vertente sulla mancata considerazione delle prove del comportamento concorrenziale della ricorrente.

    20.

    Dal canto suo, la Commissione ritiene che i motivi, che mirerebbero puramente e semplicemente a chiedere alla Corte di giudicare una seconda volta ciò che il Tribunale avrebbe già giudicato, siano sostanzialmente irricevibili. Essa sostiene che tali motivi sono, in ogni caso, infondati.

    21.

    Prima di trattare il merito delle questioni sollevate, occorre dire qualche parola sulla ricevibilità dei motivi invocati.

    22.

    È innegabile che, come ha ricordato giustamente la Commissione, non spetta alla Corte procedere a un nuovo esame del ricorso presentato dinanzi al Tribunale, in quanto tale valutazione esula dalla competenza della Corte nell’ambito di un’impugnazione ( 4 ). In particolare, la Corte non è competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti stessi. Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte ( 5 ).

    23.

    Per quanto riguarda la determinazione della durata dell’infrazione, la Corte ha già precisato che le nozioni di dissociazione pubblica e di continuità di una pratica anticoncorrenziale – a cui si riferiscono in particolare i motivi invocati a sostegno della presente impugnazione – riflettono situazioni di fatto, la cui esistenza è constatata dal giudice del merito, caso per caso, sulla base della valutazione di «un certo numero di coincidenze e di indizi» che gli sono stati presentati e a seguito di una «valutazione complessiva di tutte le prove e gli indizi pertinenti». Qualora le prove siano state assunte regolarmente e i principi generali del diritto nonché le norme relative all’onere della prova e all’istruttoria siano stati rispettati, spetta esclusivamente al Tribunale valutare il valore probatorio dei mezzi di prova ad esso offerti. Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte ( 6 ).

    24.

    Rimane il fatto che devono essere dichiarati ricevibili i mezzi di impugnazione che non si limitano a contestare l’esattezza materiale e la valutazione degli elementi di fatto presi in considerazione al fine di determinare la durata della partecipazione della ricorrente all’intesa, ma che rimettono in discussione la loro pertinenza e importanza nonché il valore probatorio attribuito loro dal Tribunale ( 7 ).

    25.

    Nel caso di specie, il primo e il terzo motivo dedotti invitano, in sostanza, la Corte ad esaminare se siano o meno viziati da illegittimità i criteri adottati dalla Commissione e approvati dal Tribunale, in particolare quello relativo alla mancata dissociazione pubblica della ricorrente e alla percezione degli altri partecipanti, per provare la partecipazione di quest’ultima durante due periodi ben determinati. In considerazione di ciò, i motivi devono essere dichiarati ricevibili.

    26.

    Fatta questa precisazione, che mi sembra importante, tratterò in primo luogo la questione se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nel controllo della produzione della prova della partecipazione della ricorrente all’intesa, da una parte, dopo la riunione dell’11 e 12 maggio 2004 e, dall’altra, tra il 26 maggio 2000 e il 26 giugno 2001, nel riferirsi al fatto che la ricorrente non si sarebbe dissociata pubblicamente da tale intesa durante detti periodi e alla percezione che hanno potuto avere i membri di detta intesa in merito alla partecipazione della ricorrente.

    27.

    Saranno quindi esaminati assieme il primo e il terzo motivo dedotti dalla ricorrente.

    A – Sul primo e sul terzo motivo, vertenti sulla violazione dell’articolo 101 TFUE, delle norme sulla produzione delle prove, dei principi della presunzione di innocenza e di certezza del diritto nonché dell’obbligo di motivazione, in quanto il Tribunale ha dichiarato che la ricorrente aveva partecipato all’infrazione, da una parte, dopo la riunione dell’11 e 12 maggio 2004 e fino al 28 aprile 2005 e, dall’altra, tra il 26 maggio 2000 e il 26 giugno 2001

    1. Argomenti delle parti

    28.

    Con il suo primo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso diversi errori di diritto nel convalidare l’approccio della Commissione per quanto riguarda la sua partecipazione all’infrazione fino al 28 aprile 2005.

    29.

    In primo luogo, basandosi sulla sola constatazione che la ricorrente non aveva fornito la prova del fatto di essersi dissociata pubblicamente dall’intesa, il Tribunale ha invertito l’onere della prova della durata della partecipazione della ricorrente all’infrazione, mentre era tenuto a verificare se la Commissione avesse soddisfatto il proprio obbligo di fornire la prova del fatto che l’infrazione fosse durata ininterrottamente dal 12 maggio 2004 al 28 aprile 2005, poiché la ricorrente non aveva partecipato a contatti collusivi dopo quest’ultima data.

    30.

    In secondo luogo, il Tribunale avrebbe interpretato erroneamente la giurisprudenza della Corte e la propria giurisprudenza stabilendo il principio generale secondo cui la mancata dissociazione pubblica esclude, per principio, qualsiasi cessazione dell’infrazione. Infatti, il requisito della dissociazione pubblica posto da tale giurisprudenza si spiegherebbe con la partecipazione dell’impresa in questione a riunioni collusive e con indizi di concertazioni ininterrotte durante il periodo controverso.

    31.

    In terzo luogo, la tesi del Tribunale creerebbe una presunzione che comporterebbe un rischio di arbitrarietà e di incertezza del diritto, poiché la Commissione potrebbe così stabilire la partecipazione di un’impresa a un’intesa per tutta la sua durata allorché tale impresa ha partecipato a una sola riunione anticoncorrenziale senza dissociarsene pubblicamente. Nel caso di specie, gli elementi addotti dal Tribunale ai punti 375 e 376 della sentenza impugnata riguarderebbero iniziative puramente unilaterali dell’impresa organizzatrice dell’intesa, che potrebbero tutt’al più dimostrare che tale impresa aveva auspicato la presenza della ricorrente alle ultime tre riunioni tecniche. Orbene, la ricorrente non ha dato alcun seguito a tali iniziative. Inoltre, la posizione del Tribunale (punto 380 della sentenza impugnata), secondo cui il semplice fatto che la ricorrente non abbia partecipato alle ultime riunioni tecniche non dimostra che essa non ha utilizzato le informazioni che aveva ricevuto durante le precedenti riunioni a cui aveva partecipato e che essa non ha beneficiato degli accordi conclusi durante tali riunioni, si risolve parimenti in un’ inversione dell’onere della prova. Tale ragionamento è peraltro smentito dal fatto che l’intesa si sostanziava in un susseguirsi di concertazioni avvenute con una frequenza molto ravvicinata, da tre a quattro mesi in media.

    32.

    La Commissione sostiene che, ammesso che il primo motivo debba essere considerato ricevibile, esso è comunque infondato.

    33.

    Secondo la Commissione, l’interpretazione della giurisprudenza data dalla ricorrente è errata. La ricorrente si riferisce essenzialmente a sentenze del Tribunale relative ogni volta a casi particolari che non sono necessariamente trasponibili alla presente fattispecie, tanto più che la durata della partecipazione a un’infrazione è una questione di fatto la cui prova deve essere fornita caso per caso in funzione delle circostanze della fattispecie. La Commissione sottolinea che, nel caso di specie, la prova della continuità dell’infrazione rispetto alla ricorrente sarebbe scaturita dalla congiunzione tra il fatto che essa ha continuato ad essere invitata alle riunioni, il che presupporrebbe che l’invitante percepisse l’invitata come facente parte dell’intesa, e il fatto che essa non si è dissociata dall’intesa, essendo questi due elementi indissolubilmente legati.

    34.

    Ad avviso della Commissione, la giurisprudenza della Corte corrobora la sua posizione e quella del Tribunale. Infatti, nella sentenza Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6), la Corte non avrebbe affatto affermato che occorreva necessariamente aver partecipato a riunioni perché potesse essere richiesta una dissociazione. Per contro, il criterio della percezione degli altri membri dell’intesa sarebbe già stato chiaramente stabilito. In sintesi, la Commissione sostiene che la giurisprudenza della Corte e del Tribunale conferma che la mancata dissociazione è un elemento molto importante quando siano constatati altri indizi di continuazione della partecipazione all’intesa e che, in ogni caso, la percezione degli altri membri dell’intesa è essenziale. Pertanto, la giurisprudenza non stabilirebbe una gerarchia tra le modalità di prova, e sia la Commissione che il Tribunale non si sarebbero basati, nella fattispecie, sulla semplice mancata dissociazione della ricorrente.

    35.

    In ogni caso, secondo la Commissione, tale motivo è infondato in punto di fatto. Infatti, al punto 602 della decisione controversa, la Commissione, lungi dal basarsi esclusivamente sulla mancata dissociazione pubblica della ricorrente, avrebbe esposto alcuni indizi, che dovrebbero essere valutati nel loro insieme, i quali confermano la continuazione della partecipazione della ricorrente all’intesa nonché una tale percezione da parte degli altri partecipanti. Il Tribunale avrebbe valutato sovranamente il valore che occorre attribuire a tali elementi.

    36.

    Per quanto riguarda la produzione delle prove, la Commissione rileva di essersi basata, in primo luogo, sul fatto che la ricorrente era invitata alle tre riunioni che hanno avuto luogo prima dell’esecuzione delle ispezioni e, in secondo luogo, che essa non ha considerato che la sola e-mail del 3 novembre 2004 potesse rappresentare una dissociazione pubblica. Il fatto di considerare la continuazione della partecipazione all’intesa come dimostrata in assenza di prova contraria, che potrebbe assumere la forma di una vera e propria dissociazione pubblica, sarebbe conforme ai principi regolatori del diritto della prova. Inoltre, il fatto che un’impresa non partecipi ad alcune riunioni non implicherebbe che essa si sia ritirata dall’intesa. Le considerazioni della ricorrente, secondo le quali il Tribunale non avrebbe constatato fatti sufficientemente vicini nel tempo da dimostrare la continuità dell’infrazione, sarebbero irrilevanti in quanto, nella fattispecie, si tratterebbe non di interruzione temporanea della partecipazione a un’intesa, ma della questione se l’impresa di cui trattasi ne sia rimasta membro fino alla fine.

    37.

    Per quanto riguarda il terzo motivo, le parti affermano quanto segue.

    38.

    La ricorrente osserva che, come risulta chiaramente dalla dichiarazione resa da un’impresa facente parte dell’intesa (dichiarazione presente nel fascicolo), il suo rappresentante aveva lasciato bruscamente e in stato di esasperazione la riunione del 25 e 26 maggio 2000 ed essa non ha più partecipato alle riunioni successive. Non sarebbe controverso che, dopo tale alterco, la ricorrente non aveva partecipato ad alcuna delle tre riunioni seguenti fino a quando il suo nuovo rappresentante ha assistito a quella del 26 e 27 giugno 2001. La ricorrente sottolinea che, invece, aveva partecipato a 18 delle 21 riunioni organizzate nei cinque anni precedenti, vale a dire circa 4 riunioni all’anno.

    39.

    Secondo la ricorrente, la conclusione a cui è giunto il Tribunale sulla base del fatto che essa non aveva fornito la prova di essersi dissociata pubblicamente dall’intesa, senza verificare se la Commissione avesse soddisfatto il proprio obbligo di produrre elementi di prova che consentissero di considerare che la ricorrente partecipava ancora all’intesa, costituisce una violazione del principio della presunzione di innocenza. La ricorrente cita la sentenza Gosselin Group/Commissione ( 8 ), secondo cui la ripresa della partecipazione a un’intesa è inerente al fatto che si tratta di un’interruzione e la mera circostanza che l’impresa in questione ha partecipato all’intesa sia prima che dopo il periodo interessato è quindi priva di rilevanza.

    40.

    Per quanto riguarda il criterio della percezione dei partecipanti a un’intesa, la ricorrente sostiene che non è mai stato affermato né dimostrato che essa era stata percepita come membro dell’intesa tra il maggio 2000 e il giugno 2001 e che, al contrario, dalla predetta dichiarazione di un’altra impresa partecipante all’intesa risulta che quest’ultima non aveva alcun dubbio sull’interruzione della partecipazione della ricorrente durante tale periodo di tredici mesi. In ogni caso, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nell’escludere qualsiasi dissociazione pubblica della ricorrente nella riunione del 25 e 26 maggio 2000, contrariamente al suo approccio riguardo alla situazione della Repsol (v. secondo motivo), secondo cui il criterio della dissociazione pubblica può essere soddisfatto allorché si accerta che gli altri partecipanti a una riunione hanno un dubbio riguardo alla partecipazione dell’impresa di cui trattasi. Infatti, il Tribunale avrebbe accettato la dissociazione della Repsol sulla base della mera constatazione della cessazione degli inviti ufficiali indirizzati dall’impresa organizzatrice delle riunioni.

    41.

    La Commissione sostiene, in via principale, che tale motivo è irricevibile. In subordine, la Commissione afferma che detto motivo è infondato, perché essa non aveva basato la propria valutazione in merito alla continuità della partecipazione della ricorrente all’intesa durante tale periodo sulla mera mancanza di dissociazione. Dal punto 603 della decisione controversa risulterebbe infatti che, tenuto conto del contesto globale, la mancata partecipazione della ricorrente a tre riunioni consecutive, seguita da un ritorno regolare a partire dal giugno 2001, dal momento in cui è cambiato il rappresentante della ricorrente, non potrebbe costituire un’interruzione della partecipazione all’intesa stessa. Il Tribunale avrebbe confermato tale analisi basandosi non sulla mera assenza di dissociazione, ma sull’esame delle circostanze nelle quali il rappresentante della ricorrente aveva abbandonato la riunione del 26 maggio 2000. Sulla base di detta analisi, il Tribunale avrebbe concluso che ciò non costituiva una dissociazione pubblica. La Commissione aggiunge che la partenza del rappresentante della ricorrente da tale riunione non denotava un ritiro dall’intesa, ma era dovuta piuttosto a un disaccordo in merito alle modalità di attuazione dell’intesa. Del resto, l’incidente accaduto durante la riunione del 26 maggio 2000 non verrebbe descritto, nelle dichiarazioni rese dalla Sasol, come un ritiro della ricorrente dall’intesa.

    42.

    La Commissione sostiene inoltre di avere comunque fornito la prova della partecipazione della ricorrente all’intesa durante l’intero periodo controverso, in applicazione dei principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte ( 9 ). Peraltro, la prova della durata della partecipazione di un’impresa a un’intesa sarebbe una questione di fatto. Nella fattispecie, l’assenza di elementi di prova di contatti anticoncorrenziali o della partecipazione a tali contatti per un periodo di un anno non può essere sufficiente, di per sé, a dimostrare l’interruzione della partecipazione all’intesa ( 10 ). A tal riguardo, l’argomento della ricorrente, secondo cui tale assenza, per la sua durata e la sua continuità, presenterebbe un carattere eccezionale, non sarebbe convincente, dato che la ricorrente era anche assente, in alcuni casi, dalle riunioni collusive. Per contro, il Tribunale avrebbe sottolineato che, durante il periodo controverso, la ricorrente poteva beneficiare delle informazioni ottenute durante le riunioni precedenti e degli accordi conclusi. Di conseguenza, secondo la Commissione, il Tribunale ha correttamente giudicato che tale assenza da alcune riunioni costituiva solo un incidente isolato legato a una persona e non aveva nulla a che fare con un’interruzione della partecipazione della ricorrente all’intesa.

    2. Valutazione

    43.

    Prima di esaminare i parametri adottati dalla Commissione e approvati dal Tribunale per accertare la partecipazione della ricorrente durante i due periodi controversi, vale a dire rispettivamente tra il 12 maggio 2004 e il 28 aprile 2005 (il periodo di cessazione) e tra il 26 maggio 2000 e il 26 giugno 2001 (il periodo di sospensione/interruzione), mi sembra opportuno ricordare alcuni principi che regolano la produzione della prova della durata della partecipazione di un’impresa a un’intesa e, in tale contesto, spiegare come debba essere inteso il riferimento, presente nella giurisprudenza della Corte, alla dissociazione pubblica ( 11 ) dell’impresa interessata.

    a) Gli insegnamenti della giurisprudenza sull’onere della prova della partecipazione di un’impresa a un’intesa e sul requisito della dissociazione pubblica

    44.

    Ai fini dell’esame delle censure sollevate nell’ambito della presente impugnazione, vanno tenuti presenti taluni principi chiave in materia di produzione e di onere della prova dei comportamenti anticoncorrenziali.

    45.

    Innanzitutto, occorre ricordare che la Commissione ha l’onere di provare non solo la partecipazione a un’intesa, ma anche la sua durata. In virtù della presunzione d’innocenza, qualsiasi dubbio sulla durata o sulla continuità della partecipazione di un’impresa a un’infrazione deve andare a vantaggio di tale impresa ( 12 ).

    46.

    Inoltre, per quanto riguarda più in particolare la determinazione della durata della partecipazione di una determinata impresa a un’infrazione, sembra assodato che, in assenza di elementi di prova idonei a dimostrare direttamente la durata di un’infrazione, la Commissione debba invocare, quanto meno, elementi di prova relativi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che possa ragionevolmente ammettersi che tale infrazione si è protratta ininterrottamente tra due date precise. La Corte ha così ammesso che l’esistenza di un comportamento illecito poteva essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza ( 13 ).

    47.

    Infine, sembra essere stata stabilita una distinzione a seconda che si tratti di determinare la data di cessazione di una partecipazione a un’intesa o gli eventuali periodi di sospensione di tale partecipazione. Ciò mi sembra emergere in particolare dalla sentenza emessa nella causa Commissione/Verhuizingen Coppens ( 14 ), nella quale la Corte ha ammesso che la Commissione aveva correttamente considerato che la società interessata poteva essere ritenuta responsabile per aver partecipato ininterrottamente all’accordo in questione nell’intero periodo che intercorre tra il 13 ottobre 1992 e il 29 luglio 2013, benché non esistesse alcuna prova della partecipazione attiva di quest’ultima all’accordo sui preventivi di comodo per il 1994 e il 1995.

    48.

    La Corte ha così precisato che il fatto che la prova concreta dell’attuazione di un accordo anticoncorrenziale da parte di un’impresa non sia stata fornita per alcuni periodi determinati non impedisce di ritenere che l’infrazione sia stata perpetrata su un arco di tempo complessivo più esteso di tali periodi, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi obiettivi e concordanti. Nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa si verifichino in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel quadro di un’infrazione a carattere unico e continuato ( 15 ).

    49.

    Tenuto conto delle regole fondamentali che disciplinano l’onere e la produzione della prova in tale materia, detta giurisprudenza non può, a mio avviso, portare ad escludere qualsiasi possibilità di dimostrare che un’impresa ha effettivamente sospeso la propria partecipazione a un’intesa per un determinato periodo. In funzione della frequenza dei contatti controversi e della natura significativa o meno del periodo d’interruzione asserito rispetto alla durata complessiva dell’intesa, che spetta al solo giudice di merito verificare, potrà infatti concludersi che tale impresa non ha partecipato all’intesa controversa durante uno o più periodi determinati.

    50.

    In altre parole, la risposta alla questione se l’assenza di prove materiali della partecipazione di un’impresa durante determinati periodi sia o meno significativa dipende dalle circostanze del singolo caso. Per illustrare la mia tesi, cito l’esempio di un’intesa durata una decina d’anni e che si è concretata in riunioni pluriennali tra concorrenti aventi un oggetto anticoncorrenziale. L’eventuale assenza di un rappresentante di un’impresa a due riunioni appare insignificante, se esistano altri indizi obiettivi e concordanti che dimostrano la partecipazione di tale impresa durante il periodo in questione.

    51.

    Come deve intendersi, in questo contesto, il requisito della dissociazione pubblica dell’impresa?

    52.

    Per rispondere a tale domanda, occorre ritornare alle circostanze della sua elaborazione e, in particolare, a quelle che hanno dato luogo alla sentenza Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6).

    53.

    Ricordo che, in detta causa, la società incriminata metteva in discussione il fatto che la Commissione, approvata su questo punto dal Tribunale, si fosse riferita alla circostanza che detta società non si era dissociata pubblicamente dall’accordo.

    54.

    Investita di tale questione, la Corte ha confermato l’approccio raccomandato dalla Commissione e convalidato dal Tribunale. Nella fattispecie, essa ha statuito che era sufficiente che la Commissione dimostrasse che l’impresa interessata aveva partecipato a riunioni durante le quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta, affinché sia sufficientemente provata la partecipazione di detta impresa all’intesa. La Corte osservava così che, ove sia stata dimostrata la partecipazione a riunioni siffatte ( 16 ), spetta a tale impresa dedurre indizi atti a dimostrare che la sua partecipazione a dette riunioni era priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, dimostrando che essa aveva dichiarato alle sue concorrenti di partecipare alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro (v. punto 81 della sentenza).

    55.

    È in questo senso che deve essere inteso il requisito della dissociazione pubblica, che si basa sulla premessa essenziale che l’impresa abbia partecipato a una riunione o abbia intrattenuto contatti di natura anticoncorrenziale. La Corte si preoccupava così di precisare che «[l]a ragione soggiacente a tale principio di diritto è che, avendo partecipato alla detta riunione senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto, l’impresa ha dato l’impressione agli altri partecipanti che essa appoggiava il suo risultato e che vi si sarebbe conformata» (v. punto 82 della sentenza).

    56.

    In altri termini, il criterio della mancata dissociazione pubblica consente di mantenere la presunzione, fondata su indizi concreti, secondo cui si presume che un’impresa che ha partecipato a riunioni aventi un oggetto anticoncorrenziale abbia preso parte a un’intesa vietata ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Il riferimento alla mancata dissociazione pubblica non può, a mio avviso, sopperire alla mancanza di prova della partecipazione, sia pure solo passiva, a una riunione avente un oggetto anticoncorrenziale. Come osservava l’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer in tale causa ( 17 ), se un’impresa partecipa, insieme ai suoi concorrenti sul mercato, ad una o più riunioni in cui viene concluso un accordo che viola le regole della concorrenza, la tecnica della presunzione consente di dedurre, in mancanza di una esplicita manifestazione di volontà in senso contrario, che essa partecipi all’intesa, soprattutto qualora concorra successivamente all’applicazione delle misure di attuazione dell’accordo anticoncorrenziale. Per dimostrare la fondatezza di una siffatta presunzione, egli precisa che occorre «partire da fatti comprovati ( 18 ) che consentano (...) di considerare accertati determinati fatti» ( 19 ).

    57.

    Tale soluzione, che si inserisce logicamente in quella che era già stata individuata in diverse cause, per quanto riguarda il ricorso a determinate presunzioni ( 20 ), implica che, in mancanza di prove di contatti o manifestazioni collusivi tra un’impresa e altri partecipanti a un’intesa, la Commissione non può limitarsi a concludere che la partecipazione di un’impresa si è protratta, basandosi sulla mera constatazione che quest’ultima era tenuta a dissociarsi dall’intesa.

    58.

    Il requisito della dissociazione pubblica ha pertanto senso soltanto se l’impresa ha effettivamente partecipato a riunioni collusive o, quantomeno, in presenza di indizi di concertazione nel corso di un determinato periodo. Esso dovrebbe entrare in gioco solo in presenza di una situazione in cui si possa presumere, alla luce degli elementi concretamente raccolti nel corso dell’istruttoria, che l’impresa incriminata ha continuato a partecipare a un’intesa. La mancanza di dissociazione pubblica da un’intesa da parte di un’impresa non può costituire, di per sé, la prova di una tale partecipazione.

    59.

    La Corte ha avuto l’opportunità di ricordare tali principi in varie occasioni ( 21 ).

    60.

    Da tutte queste considerazioni emerge che il requisito della dissociazione pubblica deve essere concepito come un onere incombente all’impresa interessata affinché la stessa possa dimostrare che non faceva più parte di un’intesa durante un determinato periodo, nonostante la propria partecipazione apparente a quest’ultima. Ricordo infatti che il requisito della dissociazione pubblica ha senso soltanto se l’impresa ha effettivamente partecipato a riunioni collusive o, quantomeno, in presenza di indizi di concertazione nel corso di un determinato periodo.

    61.

    Tale principio va ricordato con forza, a rischio di realizzare uno slittamento dannoso per una buona lettura dei principi che regolano l’onere e la produzione della prova dei comportamenti anticoncorrenziali.

    b) L’applicazione al caso di specie: una distinzione necessaria tra la prova della cessazione definitiva dell’appartenenza all’intesa e la prova dell’interruzione/sospensione della partecipazione

    i) Prova della partecipazione della ricorrente durante il periodo di cessazione (primo motivo)

    62.

    Come ha sottolineato la Commissione nelle sue memorie, essa aveva concluso, nella decisione controversa, che la ricorrente aveva partecipato all’infrazione fino alle verifiche effettuate dalla Commissione il 28 aprile 2005, in quanto, malgrado non fosse dimostrato che la ricorrente aveva assistito alle riunioni tenutesi dopo quella dell’11 e 12 maggio 2004, quest’ultima non aveva fornito alcuna prova del fatto che a tale data si fosse formalmente ritirata dall’intesa. Il Tribunale, sulla base della valutazione dei fatti esposti al punto 602 della decisione controversa, ha concluso che la ricorrente non si era dissociata dall’intesa secondo la percezione degli altri partecipanti.

    63.

    Occorre ricordare che, al punto 602 della decisione controversa, la Commissione ha dichiarato quanto segue:

    «[La ricorrente] afferma di non aver partecipato ad alcuna riunione tecnica dopo la riunione dell’11 e 12 maggio 2004 e che il suo rappresentante annullò il suo viaggio per la riunione del 3 e 4 novembre 2004, comunicando internamente di aver preso tale decisione su parere del suo superiore. La Commissione osserva che non vi è alcuna prova di un ritiro dal cartello. Nei casi di infrazioni complesse, il fatto che un’impresa non sia presente ad una riunione o non concordi con quanto discusso nel corso della riunione non significa che detta impresa abbia cessato di partecipare ad un’infrazione in corso. Per porre fine all’infrazione, l’impresa deve apertamente dissociarsi dal cartello. (...) [La ricorrente] non ha prodotto prove evidenti che dimostrino l’adozione da parte sua di una strategia unilaterale e completamente autonoma sul mercato né che essa abbia chiaramente e apertamente preso le distanze dalle attività del cartello. Al contrario, le prove a disposizione della Commissione dimostrano che [la ricorrente] ricevette gli inviti formali a partecipare alle tre riunioni tecniche successive (ossia le ultime tre riunioni tecniche prima che fossero effettuati gli accertamenti). La Commissione osserva che il rappresentante [della ricorrente] ha confermato che avrebbe partecipato alla riunione del 3/4 novembre 2004, anche se risulta che abbia in seguito cancellato l’impegno. Analogamente, per quanto riguarda la riunione del 23 e 24 febbraio 2005, [la Sasol Wax International AG, la Sasol Holding in Germany GmbH e la Sasol Limited, organizzatrice di tale riunione; in prosieguo: la “Sasol”] aveva già prenotato una camera per il rappresentante [della ricorrente] presso l’albergo in cui si [era] tenuta la riunione, prenotazione che è stata successivamente annullata. La Commissione conclude quindi che, per la Sasol e per gli altri partecipanti, era chiaro che [la ricorrente] aveva partecipato all’intesa fino alla fine. La Commissione osserva inoltre che le discussioni in occasione delle riunioni non erano fondamentalmente diverse da quelle delle riunioni precedenti, ma che i partecipanti hanno continuato a discutere gli aumenti di prezzo senza menzionare alcuna iniziativa da parte [della ricorrente] di abbandonare il cartello (v. punti 175, 176 e 177) e che non era inusuale, durante l’attività del cartello, che le imprese non partecipassero a talune riunioni. Entrambi tali fattori dimostrano che, dopo la riunione del maggio 2004, il comportamento [della ricorrente] non è stato percepito come un ritiro dal cartello. La comunicazione interna del rappresentante [della ricorrente] relativamente ai suoi motivi per non partecipare ad una riunione non può, in alcun caso, essere considerata un’aperta presa di distanza. Poiché non vi è null’altro che suggerisca la [sua] presa di distanza dal cartello, la Commissione ritiene che la partecipazione [della ricorrente] al cartello non fosse terminata prima degli accertamenti».

    64.

    Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha approvato la posizione della Commissione riguardo al criterio della dissociazione pubblica e della percezione di quest’ultima da parte degli altri partecipanti all’intesa e ha constatato che la ricorrente non si era dissociata pubblicamente dall’intesa secondo la percezione degli altri partecipanti ( 22 ).

    65.

    Inoltre, il Tribunale ha menzionato l’e-mail interna del 3 novembre 2004, inviata da un agente della ricorrente, in cui si legge quanto segue: «Tenuto conto dell’obiettivo del meeting in Austria, condivido la raccomandazione di Thibault. Annullo il mio viaggio a Vienna (partenza già prevista per questo pomeriggio)», e ha concluso che una tale e-mail interna, non comunicata agli altri partecipanti, non può costituire una pubblica dissociazione ( 23 ).

    66.

    Inoltre, il Tribunale ha dichiarato, ad abundantiam, che il mero fatto che la ricorrente non avesse partecipato alle ultime riunioni tecniche non dimostrava affatto che essa non avesse utilizzato le informazioni sui prezzi applicati dai suoi concorrenti da essa ricevute nelle decine di riunioni tecniche precedenti alle quali aveva partecipato e che non avesse approfittato degli accordi per la ripartizione dei mercati e dei clienti attuati durante tali riunioni. Il Tribunale ne ha desunto che la ricorrente non aveva prodotto alcuna prova atta a dimostrare che essa aveva cessato di dare attuazione all’intesa il 12 maggio 2004 ( 24 ).

    67.

    Si pone dunque la questione se, nonostante tali constatazioni, la Commissione potesse giungere alla conclusione, avallata dal Tribunale nella sentenza impugnata, secondo cui la ricorrente aveva partecipato all’intesa anche dopo la riunione dell’11 e 12 maggio 2004. Occorre in particolare pronunciarsi sulla questione se, a tal fine, fosse possibile considerare il fatto che la ricorrente non si era formalmente ritirata dall’intesa e che, pertanto, non aveva fornito la prova della propria dissociazione pubblica dall’intesa.

    68.

    A meno di violare i principi, sopra ricordati, che devono disciplinare la prova e la produzione della prova dei comportamenti anticoncorrenziali, credo che vi si debba rispondere negativamente.

    69.

    Nel caso di specie, non è controverso che la ricorrente non ha partecipato alle ultime riunioni tecniche dell’intesa tenutesi tra il 12 maggio 2004 (data della sua ultima partecipazione a tali riunioni) e il 29 aprile 2005 (data in cui sono state effettuate le ispezioni della Commissione). È parimenti assodato che non vi è alcun indizio del fatto che la ricorrente abbia intrattenuto un qualsiasi contatto con i partecipanti all’intesa controversa nel corso del suddetto periodo.

    70.

    In tali condizioni, non vi era il minimo principio di prova del fatto che la ricorrente avesse continuato a partecipare all’intesa controversa dopo le riunioni dell’11 e 12 maggio 2004, partecipando alle suddette riunioni o compiendo altre azioni collusive.

    71.

    L’eventuale percezione che hanno potuto avere altri partecipanti all’intesa riguardo alla prosecuzione della partecipazione della ricorrente all’intesa successivamente a tali date non mi sembra affatto un criterio determinante. Oltre al fatto che una tale percezione, asseritamente concretatasi in inviti e prenotazioni di camere d’albergo, non mi sembra sia stata chiaramente dimostrata, essa non costituisce affatto un indizio di partecipazione attiva o tacita all’intesa.

    72.

    Il fatto, menzionato in particolare in udienza, che la Commissione abbia potuto avere la ferma convinzione che la ricorrente, a differenza di altre imprese ( 25 ), ha continuato a partecipare all’intesa deve essere fondato su indizi concreti, e non su una sensazione o un’impressione soggettiva, eventualmente corroborate dalla presunta comprensione di altri partecipanti all’intesa.

    73.

    Dall’insieme di tali considerazioni risulta che, su questo punto, la sentenza impugnata è censurabile. A mio avviso, il Tribunale ha errato nell’approvare la conclusione secondo cui la ricorrente ha partecipato all’intesa dopo la riunione dell’11 e 12 maggio 2004 e fino alle ispezioni dell’aprile 2005.

    74.

    La sentenza impugnata dovrà pertanto essere annullata a tal riguardo. Le conseguenze concrete di un tale annullamento sull’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente saranno esaminate successivamente.

    ii) Prova della partecipazione della ricorrente all’intesa tra il 26 maggio 2000 e il 26 giugno 2001 (terzo motivo)

    75.

    Se, da un lato, le considerazioni precedenti sono valide, mutatis mutandis, per quanto riguarda la prova della partecipazione della ricorrente tra il 26 maggio 2000 e il 26 giugno 2001, dall’altro, una notevole differenza è insita nel fatto che, nel caso di specie, si tratta di sapere non se la ricorrente abbia messo fine totalmente alla propria partecipazione, ma se essa abbia interrotto tale partecipazione durante un determinato periodo.

    76.

    In altre parole, i principi che disciplinano l’onere e la produzione della prova dei comportamenti anticoncorrenziali sono gli stessi. A divergere è la loro applicazione ai fatti da dimostrare, vale a dire, rispettivamente, un’interruzione temporanea o una cessazione definitiva della partecipazione a un’intesa.

    77.

    Come ho già rilevato, occorre ammettere infatti che gli elementi che portano la Commissione a concludere per la sospensione o meno della partecipazione di un’impresa a un’intesa devono essere intesi in modo diverso, poiché dipendono in gran parte da tutte le circostanze che hanno caratterizzato la presunta interruzione e dalle caratteristiche proprie delle attività collusive contestate, quali la loro frequenza e complessità.

    78.

    Nel caso di specie, a mio avviso, sia la Commissione (v. punto 603 della decisione controversa) sia il Tribunale (punti da 394 a 403 della sentenza impugnata) hanno proceduto a un esame dettagliato delle circostanze dell’abbandono della riunione del 25 e 26 maggio 2000 da parte del rappresentante della ricorrente e dei contatti anticoncorrenziali di cui trattasi.

    79.

    Oltre al fatto che tale esame non può, in assenza di uno snaturamento accertato dei fatti, essere rimesso in discussione nell’ambito della presente impugnazione, l’approccio adottato mi sembra in gran parte conforme alla giurisprudenza secondo cui il fatto che tale prova non sia stata fornita per alcuni periodi determinati non impedisce di ritenere che l’infrazione abbia abbracciato un periodo complessivo più esteso di tali periodi, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi obiettivi e concordanti. Nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa si verifichino in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel quadro di un’infrazione a carattere unico e continuato ( 26 ).

    80.

    Peraltro, la valutazione della questione se le diverse azioni che compongono l’intesa di cui trattasi nel caso di specie perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel quadro di un’infrazione a carattere unico e continuato non è stata affatto rimessa in discussione nella fattispecie e costituisce, in ogni caso, un esame che esula dalla competenza della Corte nell’ambito della presente impugnazione.

    81.

    Può quindi essere individuata un’analogia tra la questione sollevata nel caso di specie e quella esaminata dalla Corte nella sentenza Commissione/Verhuizingen Coppens, nella quale si è statuito che l’assenza di prova di contatti anticoncorrenziali o della partecipazione a tali contatti per un periodo di un anno non può essere sufficiente, di per sé, a dimostrare l’interruzione dell’intesa ( 27 ).

    82.

    Sono pertanto dell’avviso che occorra respingere il terzo motivo.

    B – Sul secondo motivo, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento, sullo snaturamento degli elementi di prova e sul difetto di motivazione, in quanto il Tribunale avrebbe escluso il ritiro della ricorrente dall’intesa dopo la riunione dell’11 e 12 maggio 2004, ma avrebbe riconosciuto quello della Repsol dopo la riunione

    1. Argomenti delle parti

    83.

    Il secondo motivo dedotto dalla ricorrente si articola in due parti.

    84.

    In una prima parte, la ricorrente sostiene, essenzialmente, che la conclusione del Tribunale, che è fondata sul postulato errato in punto di fatto secondo cui la Repsol non avrebbe più ricevuto inviti «ufficiali» dopo la riunione dell’11 e 12 maggio 2004, si basa su uno snaturamento delle prove ed è viziata, sotto diversi profili, da un difetto di motivazione.

    85.

    La seconda parte consiste nella denuncia di una violazione del principio di non discriminazione. La ricorrente sostiene che la durata della propria partecipazione all’intesa è stata esaminata dal Tribunale sulla base di criteri diversi e più rigorosi di quelli applicati alla Repsol. Infatti, il Tribunale avrebbe assoggettato la ricorrente a un requisito di dissociazione pubblica, ma non avrebbe fatto lo stesso con la Repsol, il cui ritiro sarebbe stato ammesso anche in mancanza di dissociazione.

    86.

    La Commissione afferma, in via principale, che il motivo è inconferente, poiché nessuno degli argomenti dedotti riguarderebbe la Total, ma piuttosto la situazione particolare della Repsol. Essa sostiene che il motivo è, in ogni caso, infondato.

    2. Valutazione

    87.

    Ammesso che il primo motivo non debba essere accolto, si pone la questione se la ricorrente non sia stata oggetto di un trattamento diverso rispetto alla Repsol.

    88.

    A tal riguardo, va rilevato che, ai sensi del punto 604 della decisione controversa, la Commissione aveva segnatamente considerato che il caso della Repsol era diverso da quello della Total, poiché la prenotazione delle camere d’albergo effettuata per le due riunioni del 3 e 4 novembre 2004 e del 23 e 24 febbraio 2005 dimostrerebbe che la Sasol era convinta che la Total avrebbe partecipato alla riunione, mentre non aveva la stessa certezza riguardo alla Repsol.

    89.

    Il Tribunale, ai punti da 385 a 389 della sentenza impugnata, ha considerato, in sostanza, che esisteva una differenza tra le situazioni di queste due imprese, alla luce della percezione che hanno avuto gli altri partecipanti all’intesa della loro dissociazione, percezione che si sarebbe concretata nell’invio di inviti ufficiali e in prenotazioni di camere d’albergo.

    90.

    Da parte mia, ritengo che, qualora il primo motivo debba essere respinto, il presente motivo debba essere dichiarato inconferente.

    91.

    Come la Commissione ha giustamente ricordato, l’argomento della ricorrente si riferisce non alla sua specifica situazione, ma a quella della Repsol. Anche ammettendo che il Tribunale abbia commesso un qualsiasi errore di valutazione, la ricorrente non può invocare un tale errore a proprio vantaggio, in particolare, al fine di ridurre la durata della propria partecipazione all’intesa di cui trattasi.

    92.

    È, infatti, assodato che il principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto della legalità. Nessuno può invocare, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri ( 28 ).

    93.

    Sono pertanto dell’avviso che, anche nel caso in cui debba ritenersi che il ragionamento del Tribunale esposto ai punti da 385 a 389 della sentenza impugnata sia viziato da un qualsiasi errore, occorra respingere il secondo motivo dedotto dalla ricorrente.

    C – Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dei principi di tutela giurisdizionale effettiva, della personalità delle pene e delle sanzioni, nonché dell’obbligo di motivazione, in quanto il Tribunale ha respinto, senza esaminarlo, il motivo vertente sulla mancata considerazione delle prove economiche del comportamento concorrenziale della ricorrente

    1. Argomenti delle parti

    94.

    La ricorrente osserva che, ai sensi dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 ( 29 ), nelle cause in materia di concorrenza il Tribunale ha competenza giurisdizionale estesa al merito e che, benché la Commissione disponga di un potere discrezionale negli ambiti che richiedono valutazioni economiche complesse, ciò non implica che il Tribunale debba astenersi dal controllare l’interpretazione, da parte della Commissione, di dati di natura economica ( 30 ). Inoltre, il principio della personalità delle pene imporrebbe che la mancata attuazione dell’intesa sia valutata individualmente per ciascuna delle imprese, in particolare ai fini del calcolo dell’ammenda che deve essere inflitta loro.

    95.

    La ricorrente sostiene che il Tribunale si è astenuto dal pronunciarsi sul suo motivo vertente sulla mancata considerazione delle prove economiche del fatto che essa si era comportata secondo le regole della concorrenza, e dall’esaminare la pertinenza e il contenuto di tali prove. Infatti, la ricorrente avrebbe presentato alla Commissione, e in seguito al Tribunale, un’analisi economica approfondita relativa all’intero periodo dell’infrazione, a dimostrazione del fatto che essa non aveva mai attuato gli accordi che sarebbero stati conclusi durante le riunioni tecniche. Tale analisi sarebbe stata ignorata nella decisione controversa, ma anche nella sentenza impugnata, in quanto i punti 406 e 407 non si pronuncerebbero sugli argomenti della ricorrente sull’assenza di qualsiasi esame della sua analisi economica ai fini della valutazione individuale del suo comportamento concorrenziale nell’ambito del controllo della sanzione e, in particolare, delle circostanze attenuanti. In tale contesto, la ricorrente rileva che le considerazioni del Tribunale nell’ambito dell’esame del secondo motivo del ricorso, a cui rinvia il punto 407 della sentenza impugnata (v., in particolare, punti 186 e 237), riguardano l’attuazione dell’intesa a livello globale e non il comportamento individuale di ciascuna delle imprese coinvolte.

    96.

    La Commissione sostiene, in via principale, che il motivo è irricevibile e, in ogni caso, infondato.

    2. Valutazione

    97.

    A mio avviso occorre respingere tale motivo.

    98.

    Infatti, sembra che il Tribunale abbia dedicato ampie considerazioni al fine di pronunciarsi sugli argomenti e sui documenti presentati dalla ricorrente per dimostrare di non aver attuato l’intesa.

    99.

    Così, ai punti da 163 a 190 della sentenza impugnata, che rientrano nell’esame del secondo motivo, il Tribunale ha respinto l’argomento della ricorrente secondo cui essa non avrebbe attuato l’intesa sui prezzi. In particolare, il Tribunale si è basato su prove in tempore non suspecto, quali le lettere della ricorrente che comunicavano ai clienti aumenti dei prezzi (v., in particolare, punto 189 della sentenza).

    100.

    Inoltre, ai punti da 243 a 259 della sentenza impugnata, che si ricollegano parimenti all’esame di tale secondo motivo del ricorso in primo grado, il Tribunale ha ripreso con precisione il ragionamento utilizzato per dimostrare che la ricorrente non aveva fornito le prove attestanti che essa aveva adottato un comportamento concorrenziale sul mercato, al contrario di ciò che sosteneva nello studio economico presentato al Tribunale.

    101.

    Mi sembra quindi che il Tribunale abbia adempiuto al proprio ruolo di verifica e di controllo dell’analisi della Commissione relativa agli elementi addotti dalla ricorrente in merito al proprio comportamento sul mercato.

    102.

    Di conseguenza, la censura della ricorrente, secondo cui il Tribunale avrebbe effettuato soltanto un’analisi economica «globale», senza considerare la sua situazione individuale, mi pare infondata.

    VI – Conclusione intermedia

    103.

    Come ho rilevato in precedenza, mi sembra che il primo motivo invocato nell’impugnazione sia fondato e che occorra pertanto annullare la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha escluso a torto la cessazione della partecipazione della ricorrente all’infrazione dopo il 12 maggio 2004.

    104.

    L’annullamento parziale della sentenza impugnata da me proposto comporta necessariamente una rivalutazione dell’importo dell’ammenda a cui la ricorrente è stata condannata, in modo da riflettere correttamente la durata della sua partecipazione all’infrazione di cui trattasi. Mi sembra infatti che la causa sia matura per essere decisa ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, seconda frase, dello Statuto della Corte.

    105.

    Poiché, nell’ambito del suo diritto di avocazione, la Corte dispone di una competenza estesa al merito, quale prevista dall’articolo 261 TFUE in combinato disposto con l’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, essa può procedere alla rideterminazione dell’ammenda in piena autonomia ( 31 ).

    106.

    Sebbene tale competenza autorizzi il giudice dell’Unione, al di là del mero controllo di legittimità dell’ammenda, a sostituire la propria valutazione dell’adeguatezza dell’ammenda a quella della Commissione, occorre anche sottolineare che l’esercizio della competenza estesa al merito non equivale a un controllo d’ufficio e che il procedimento è di tipo contraddittorio ( 32 ).

    107.

    Pertanto, propongo alla Corte di limitarsi a rideterminare verso il basso l’importo dell’ammenda in modo da correggere l’errore di diritto individuato alla conclusione dell’esame del terzo motivo.

    108.

    Piuttosto che proporre arbitrariamente una cifra, suggerisco inoltre, per ragioni di coerenza e di prevedibilità, di attenersi alla metodologia adottata negli orientamenti del 2006, come affinata e adattata dal Tribunale per quanto riguarda il moltiplicatore da applicare ( 33 ), e quindi di ricalcolare l’importo dell’ammenda tenendo conto della durata ridotta dell’infrazione.

    109.

    Come è stato ricordato dal Tribunale al punto 565 della sentenza impugnata, per calcolare l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, la Commissione ha preso in considerazione, a titolo della gravità dell’infrazione, il 18% del valore annuo delle vendite di cere di paraffina e il 15% del valore annuo delle vendite delle paraffine molli. Gli importi così ottenuti ( 34 ) sono stati moltiplicati, in ragione della durata dell’infrazione, per un coefficiente di 13 per le cere di paraffina e di 7 per le paraffine molli. In totale, compreso per il «contributo di partecipazione», la Commissione ha utilizzato i moltiplicatori di 14 per le cere di paraffina e di 7 per le paraffine molli.

    110.

    Al fine di porre rimedio alle illegittimità constatate nel punto 561 della sentenza impugnata, adeguando l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente per tenere conto della durata esatta della sua partecipazione all’infrazione, il coefficiente moltiplicatore utilizzato a titolo della durata della sua partecipazione all’infrazione è stato fissato dal Tribunale in 12,64 (a cui si aggiunge un punto per il contributo di partecipazione) per quanto riguarda le cere di paraffina (12 anni, 7 mesi e 28 giorni) ( 35 ) e in 6,53 per quanto concerne le paraffine molli (6 anni, 6 mesi e 12 giorni) ( 36 ). Infine, previa applicazione del coefficiente di 1,7 ( 37 ) a titolo di finalità deterrente, l’importo dell’ammenda è stato fissato in EUR 121626710 per le cere di paraffina e in EUR 3833132 per le paraffine molli, ossia un importo complessivo dell’ammenda inflitta alla ricorrente pari ad EUR 125459842.

    111.

    Nella fattispecie, suggerisco di riprendere le fasi del calcolo dell’ammenda tenendo conto dell’illegittimità inerente alla determinazione della durata della partecipazione della ricorrente all’intesa relativa al mercato delle cere di paraffina. Poiché la durata della partecipazione della ricorrente deve essere ridotta a 11 anni, 7 mesi e 15 giorni, si deve ridurre il coefficiente moltiplicatore applicato all’importo fissato per l’infrazione (vale a dire quello che combina la presa in considerazione della durata dell’infrazione e del contributo di partecipazione) e su detto mercato da 13,64 a 12,62, il che determina un importo intermedio di circa EUR 66194974. Dopo l’applicazione del coefficiente di 1,7 a titolo di finalità deterrente, secondo i miei calcoli, l’importo dell’ammenda deve essere ridotto a circa EUR 112531456 per le cere di paraffina. Aumentato dell’importo finale fissato per le paraffine molli, vale a dire EUR 3833132, l’importo totale dell’ammenda inflitta alla ricorrente dovrà essere fissato all’incirca in EUR 116364588.

    112.

    Si consiglia pertanto di fissare l’ammenda inflitta alla ricorrente in un importo arrotondato di EUR 116364588.

    VII – Sulle spese

    113.

    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte statuisce sulle spese.

    114.

    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, in combinato disposto con l’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’articolo 138, paragrafo 3, di detto regolamento precisa che, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, ai sensi della medesima disposizione, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte.

    115.

    In questo caso, in considerazione delle circostanze della fattispecie, ritengo che occorra decidere, per quanto riguarda le spese sostenute in primo grado, che la Total Raffinage Marketing sopporti otto decimi delle proprie spese e otto decimi di quelle della Commissione. La Commissione sopporterà due decimi delle proprie spese e due decimi delle spese sostenute dalla Total Raffinage Marketing.

    116.

    Per quanto riguarda il presente procedimento, si propone di condannare ciascuna delle parti a sopportare le proprie spese relative al procedimento d’impugnazione.

    VIII – Conclusione

    117.

    Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di statuire nel modo seguente:

    1)

    La sentenza Total Raffinage Marketing/Commissione (T‑566/08, EU:T:2013:423) è annullata, nella parte in cui il Tribunale ha escluso a torto la cessazione della partecipazione della ricorrente all’infrazione dopo il 12 maggio 2004.

    2)

    L’articolo 1 della decisione C(2008) 5476 definitivo della Commissione, del 1o ottobre 2008, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/39.181 – Cera per candele), è annullato nella parte in cui constata la partecipazione della ricorrente a un accordo continuato e/o a una pratica concordata nel settore delle cere di paraffina nel mercato comune per il periodo che va dal 12 maggio 2004 al 28 aprile 2005.

    3)

    L’importo dell’ammenda inflitta alla Total Raffinage Marketing all’articolo 2 della decisione C(2008) 5476 definitivo è fissato in EUR 116364588.

    4)

    Per quanto riguarda le spese relative al procedimento di primo grado, la Total Raffinage Marketing sopporterà otto decimi delle proprie spese e otto decimi di quelle della Commissione europea. La Commissione sopporterà due decimi delle proprie spese e due decimi delle spese sostenute dalla Total Raffinage Marketing.

    5)

    Ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese relative al presente procedimento d’impugnazione.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) T‑566/08, EU:T:2013:423; in prosieguo: la «sentenza impugnata».

    ( 3 ) GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006».

    ( 4 ) V., in particolare, sentenze Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 51), e Quinn Barlo e a./Commissione (C‑70/12 P, EU:C:2013:351, punto 26).

    ( 5 ) Sentenza Comap/Commissione (C‑290/11 P, EU:C:2012:271, punto 70 e giurisprudenza citata).

    ( 6 ) V. sentenza Comap/Commissione (C‑290/11 P, EU:C:2012:271, punti 71 e 86 nonché giurisprudenza citata).

    ( 7 ) V., in tal senso, sentenza Siemens e a./Commissione (C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, EU:C:2013:866, punti da 128 a 130 e giurisprudenza citata).

    ( 8 ) T‑208/08 e T‑209/08, EU:T:2011:287, punto 161.

    ( 9 ) Sentenze Technische Unie/Commissione (C‑113/04 P, EU:C:2006:593, punto 169), e Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 260).

    ( 10 ) Sentenza Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 75).

    ( 11 ) V., in particolare, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punti 81 e 82 nonché giurisprudenza citata).

    ( 12 ) V., in tal senso, sentenza Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione (C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2007:52, punto 52).

    ( 13 ) Sentenze Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 57), nonché Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione (C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2007:52, punto 51).

    ( 14 ) C‑441/11 P, EU:C:2012:778.

    ( 15 ) V., a tal riguardo, sentenze Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 260), e Technische Unie/Commissione (C‑113/04 P, EU:C:2006:593, punto 169).

    ( 16 ) Il corsivo è mio.

    ( 17 ) Conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nella causa Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, EU:C:2003:85, paragrafi da 127 a 131).

    ( 18 ) Il corsivo è mio.

    ( 19 ) Conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nella causa Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, EU:C:2003:85, paragrafo 128).

    ( 20 ) V., nello stesso senso, sentenze Hüls/Commissione (C‑199/92 P, EU:C:1999:358, punto 155), e Montecatini/Commissione (C‑235/92 P, EU:C:1999:362, punto 181).

    ( 21 ) V., in particolare, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti da 142 a 145); ordinanza Adriatica di Navigazione/Commissione (C‑111/04 P, EU:C:2006:105, punti da 48 a 54), e sentenza Comap/Commissione (C‑290/11 P, EU:C:2012:271, punti da 73 a 76), per quanto riguarda imprese di cui si era dimostrata la partecipazione a riunioni aventi un oggetto anticoncorrenziale.

    ( 22 ) V. punti da 372 a 375 della sentenza impugnata.

    ( 23 ) V. punti 378 e 379 della sentenza impugnata.

    ( 24 ) V. punto 380 della sentenza impugnata.

    ( 25 ) Sono menzionate segnatamente la situazione particolare della Repsol e la comparabilità della sua situazione con quella della ricorrente. Il Tribunale ha così rilevato che, a differenza della Repsol, dopo il 4 agosto 2004, per la ricorrente non è stata constatata alcuna cessazione dell’invio di inviti ufficiali alle riunioni tecniche e che sarebbero state anche prenotate camere per il suo rappresentante (v., in particolare, punti da 385 a 388 della sentenza impugnata).

    ( 26 ) Sentenza Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 72).

    ( 27 ) Sentenza Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 75).

    ( 28 ) V. sentenza The Rank Group (C‑259/10 e C‑260/10, EU:C:2011:719, punto 62 e giurisprudenza citata).

    ( 29 ) Regolamento del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1).

    ( 30 ) Sentenza Kone e a./Commissione (C‑510/11 P, EU:C:2013:696, punto 28).

    ( 31 ) Sentenza Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 79 e giurisprudenza citata).

    ( 32 ) V., in particolare, Commissione/Parker Hannifin Manufacturing e Parker-Hannifin (C‑434/13 P, EU:C:2014:2456, punti 74 e 76 nonché la giurisprudenza citata).

    ( 33 ) V. punti 561, 566 e 567 della sentenza impugnata.

    ( 34 ) Tenuto conto del valore delle vendite annuali sui mercati di riferimento, che ammontava a EUR 31133865 (di cui EUR 1993620 per le paraffine molli) [v. punto 640 della decisione controversa e punto 13 della sentenza impugnata; tali importi sono rispettivamente pari a EUR 5245244 (per il mercato delle cere di paraffina) e a EUR 299043 (per quello delle paraffine molli)].

    ( 35 ) Ossia un importo di circa EUR 71545123.

    ( 36 ) Ossia un importo di EUR 1952750,79.

    ( 37 ) Applicato a ciascuno degli importi, tale coefficiente dà luogo a somme di circa EUR 121626717,87 e EUR 3319676,34. Tuttavia, tali importi sono stati fissati rispettivamente in EUR 121626710 e EUR 3833132.

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