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Document 62013CC0607

    Conclusioni dell’avvocato generale E. Sharpston, presentate il 5 febbraio 2015.
    Ministero dell'Economia e delle Finanze e a. contro Francesco Cimmino e a.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione.
    Rinvio pregiudiziale – Agricoltura – Organizzazione comune dei mercati – Banane – Regolamento (CE) n. 2362/98 – Articoli 7, 11 e 21 – Contingenti tariffari – Banane originarie dei paesi ACP – Operatore nuovo arrivato – Certificati d’importazione – Non trasferibilità dei diritti derivanti da determinati titoli d’importazione – Pratica abusiva – Regolamento (CE) n. 2988/95 – Articolo 4, paragrafo 3.
    Causa C-607/13.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2015:67

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    ELEANOR SHARPSTON

    presentate il 5 febbraio 2015 ( 1 )

    Causa C‑607/13

    Ministero dell’Economia e delle Finanze

    Agenzia delle Dogane

    Commissione europea

    contro

    Cimmino e altri

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte Suprema di Cassazione (Italia)]

    «Regolamento (CE) n. 2362/98 — Requisiti per gli operatori nuovi arrivati che importano banane — Divieto di trasferimento dei diritti derivanti da titoli d’importazione da un operatore nuovo arrivato ad un operatore tradizionale — Abuso del diritto — Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 — Articolo 4, paragrafo 3»

    1. 

    La Corte Suprema di Cassazione (Italia) (in prosieguo: il «giudice del rinvio») interroga questa Corte sul significato del regolamento n. 2362/98 ( 2 ) sull’importazione delle banane e del regolamento n. 2988/95 ( 3 ) concernente la tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea nell’ambito di procedimenti riguardanti una serie di operatori nuovi arrivati ( 4 ) nel commercio delle banane. Tra il maggio 1999 e il dicembre 2000, tali commercianti hanno importato banane di Stati terzi a dazio agevolato e poi le hanno immediatamente rivendute, attraverso un altro operatore nuovo arrivato, ad un operatore tradizionale ( 5 ) – avendole inizialmente acquistate dallo stesso operatore tradizionale, attraverso lo stesso operatore nuovo arrivato, prima dell’importazione. Tale serie di operazioni ha consentito all’operatore tradizionale di vendere sul mercato europeo banane che aveva precedentemente venduto sul mercato internazionale e che sono state importate a dazio agevolato. Il giudice del rinvio sostanzialmente chiede che cosa costituisse, ai sensi del regolamento n. 2362/98, un «operatore nuovo arrivato» e se una siffatta serie di operazioni fosse contraria al divieto, contenuto in tale regolamento, di trasferimento dei diritti derivanti da titoli d’importazione da un operatore nuovo arrivato ad un operatore tradizionale. Per l’ipotesi in cui le operazioni fossero vietate, il giudice del rinvio chiede quali siano le conseguenze ai sensi del regolamento n. 2988/95.

    Diritto dell’Unione

    Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

    2.

    Ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, «[l]’Unione e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa». Ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 2, «[g]li Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari».

    Organizzazione comune dei mercati nel settore della banana

    Regolamento n. 404/93 del Consiglio

    3.

    Il regolamento n. 404/93 istituiva un’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana ( 6 ) e comprendeva i prodotti descritti dall’articolo 1, paragrafo 2, sulla base dei codici della nomenclatura combinata (in prosieguo: la «NC») ( 7 ).

    4.

    Il considerando 10 del regolamento n. 404/93 stabiliva che occorreva prevedere ogni anno l’apertura di un contingente tariffario e che le importazioni di banane non tradizionali ( 8 ) dagli Stati dell’Africa, Caraibi e Pacifico (in prosieguo: gli «Stati ACP») beneficiavano di dazio zero conformemente agli accordi previsti dalla convenzione di Lomé.

    5.

    Il considerando 13 stabiliva che il contingente tariffario doveva essere gestito effettuando una distinzione «tra operatori che hanno in precedenza commercializzato banane dei paesi terzi e banane ACP non tradizionali, da un lato, e operatori che hanno in precedenza commercializzato banane prodotte nella Comunità e banane ACP tradizionali, dall’altro, riservando un quantitativo disponibile per i nuovi operatori che hanno recentemente intrapreso o che intraprenderanno un’attività commerciale in questo settore».

    6.

    Il titolo IV riguardava il «Regime degli scambi con i paesi terzi». Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, a meno che il regolamento n. 404/93 non prevedesse diversamente, ai prodotti elencati all’articolo 1, paragrafo 2, si applicavano le aliquote dei dazi della tariffa doganale comune (in prosieguo: «TDC»). Ai fini del titolo IV, «le importazioni tradizionali dai paesi ACP» o «banane ACP tradizionali» erano «le importazioni nella Comunità, di banane originarie degli Stati elencati nell’allegato, limitatamente ad un volume annuo di 857700 tonnellate (peso netto)» (articolo 16, punto 1); «le importazioni non tradizionali dai paesi ACP» o «banane ACP non tradizionali» erano «le importazioni nella Comunità, di banane originarie degli Stati ACP, [che] non rientrano nella definizione [di banane ACP tradizionali]» (articolo 16, punto 2); e «le importazioni dagli Stati terzi non ACP» o «banane di Stati terzi» erano «le banane importate nella Comunità, originarie di Stati terzi diversi dagli Stati ACP» (articolo 16, punto 3).

    7.

    Ai sensi dell’articolo 17, i certificati d’importazione (validi in tutta la Comunità) erano necessari per tutte le importazioni di banane nella Comunità. In linea di principio, il rilascio di tali certificati era subordinato alla costituzione di una cauzione a garanzia dell’impegno di importare, alle condizioni di cui al regolamento n. 404/93, durante il periodo di validità del certificato.

    8.

    L’articolo 18, paragrafo 1, prevedeva l’apertura di un contingente tariffario annuale di 2,2 milioni di tonnellate (peso netto) per le importazioni di banane di paesi terzi e di banane ACP non tradizionali. Nell’ambito di tale contingente tariffario, le importazioni di banane di Stati terzi erano soggette all’imposizione di un dazio doganale agevolato pari a EUR/t 75 e le importazioni di banane ACP non tradizionali erano soggette a dazio zero. L’articolo 18, paragrafo 2, prevedeva l’apertura di un contingente tariffario supplementare per gli stessi tipi di banane. Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, le importazioni di banane ACP tradizionali erano soggette a dazio zero. L’articolo 18, paragrafo 5, stabiliva inoltre che le banane ACP non tradizionali importate oltre i limiti di tali contingenti tariffari erano soggette all’imposizione di un dazio doganale per tonnellata di valore uguale al dazio di cui all’articolo 15 ridotto di EUR 200.

    9.

    Da maggio 1999 a dicembre 2000 (il periodo durante il quale hanno avuto luogo gli eventi che hanno dato origine al presente rinvio), l’aliquota del dazio generale applicabile per le banane era superiore di oltre dieci volte rispetto al dazio più agevolato per le importazioni nell’ambito del contingente tariffario ( 9 ).

    Regolamento n. 2362/98 della Commissione

    10.

    Il regolamento n. 2362/98 dava attuazione al regolamento n. 404/93. Esso dettava le modalità del regime d’importazione delle banane, sia per le importazioni nell’ambito dei contingenti tariffari (ai sensi dell’articolo 18, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 404/93) e delle banane ACP tradizionali (ai sensi dell’articolo 16 del regolamento n. 404/93) sia per le importazioni al di fuori di tale ambito ( 10 ).

    11.

    Il considerando 5 stabiliva che gli «operatori tradizionali» e i «nuovi arrivati» dovevano essere definiti secondo criteri unici senza alcuna distinzione sulla base del paese terzo o ACP da cui essi importassero.

    12.

    Ai sensi del considerando 6, una parte dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali doveva essere riservata agli operatori nuovi arrivati, e tale assegnazione globale doveva essere sufficiente a consentire agli operatori di impegnarsi nel commercio d’importazione e a favorire una sana concorrenza.

    13.

    Il considerando 8 recitava:

    «(…) l’esperienza acquisita nel corso di vari anni di applicazione del regime comunitario d’importazione delle banane induce a rafforzare i criteri definiti per l’ammissibilità di nuovi operatori in modo da evitare la registrazione di semplici agenti prestanome e la concessione di assegnazioni per domande artificiose o speculative; (…) è opportuno esigere in particolare un’esperienza minima nel commercio d’importazione di prodotti analoghi, dei prodotti freschi dei capitoli 7 e 8 e dei prodotti del capitolo 9, a determinate condizioni, della [NC]; (…) per evitare parimenti domande di assegnazioni annue sproporzionate rispetto alle capacità effettive degli operatori e alle quali non farebbero seguito domande di titoli d’importazione per quantitativi corrispondenti, è opportuno subordinare la presentazione della domanda di assegnazione annua alla costituzione di una cauzione che sostituisca la cauzione relativa al titolo d’importazione; (…) tale cauzione deve essere svincolata senza indugio proporzionalmente ai quantitativi per i quali l’operatore utilizza effettivamente la propria assegnazione annua; (…) nello stesso intento occorre subordinare la concessione di un’assegnazione, negli anni successivi, ad un’utilizzazione minima dell’assegnazione annua precedente; (…) occorre infine stabilire le condizioni di accesso dei “nuovi arrivati” al gruppo degli “operatori tradizionali”».

    14.

    Il considerando 14 stabiliva che «la cessione limitata ad un solo cessionario per titolo o estratto di titolo favorisce l’evoluzione dei rapporti commerciali tra i diversi operatori registrati; (…) non è tuttavia opportuno suscitare la creazione di relazioni artificiose o speculative né turbare i normali rapporti commerciali consentendo la trasmissione da parte degli operatori nuovi arrivati agli operatori tradizionali».

    15.

    Ai sensi del considerando 18, verifiche e controlli delle autorità nazionali competenti potevano condurre a rettifiche delle quantità di riferimento o delle assegnazioni annuali degli operatori; tali quantità e assegnazioni non potevano costituire diritti quesiti né essere invocate come legittime aspettative.

    16.

    L’articolo 2, paragrafo 1, ha suddiviso i contingenti tariffari (e i quantitativi di banane ACP tradizionali): il 92% dei contingenti doveva essere aperto agli operatori tradizionali e il restante 8% agli operatori nuovi arrivati.

    17.

    L’articolo 3, paragrafo 1, definiva l’«operatore tradizionale» come «l’agente economico stabilito nella Comunità, nel periodo il quale determina il suo quantitativo di riferimento, nonché al momento della sua registrazione a norma dell’articolo 5 [ ( 11 ) ], il quale, operando in proprio, ha effettivamente importato, durante un periodo di riferimento, un quantitativo minimo di banane originarie di paesi terzi o di paesi ACP in vista della successiva commercializzazione sul mercato comunitario» ( 12 ). Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, tali operatori dovevano ottenere un quantitativo di riferimento unico determinato in base alle quantità di banane che avevano effettivamente importato durante il periodo di riferimento.

    18.

    L’articolo 7 definiva l’«operatore nuovo arrivato» come:

    «l’agente economico stabilito nella Comunità al momento della sua registrazione e in possesso dei seguenti requisiti:

    a)

    esercizio di un’attività commerciale come importatore nel settore degli ortofrutticoli freschi dei capitoli 7 e 8, come pure dei prodotti del capitolo 9 [ ( 13 ) ] della [NC] e qualora abbia effettuato anche importazioni dei prodotti suddetti dei capitoli 7 e 8, per proprio conto e a titolo autonomo, durante uno dei tre anni immediatamente precedenti l’anno per il quale è chiesta la registrazione;

    b)

    realizzazione, nell’ambito di tale attività, di importazioni per un valore dichiarato in dogana pari o superiore a 400000 EUR durante il periodo di cui alla lettera a)».

    19.

    L’articolo 8, paragrafo 1, elencava i documenti da presentare per la registrazione come operatore nuovo arrivato:

    «a)

    prova dell’iscrizione in un registro di commercio dello Stato membro o prove alternative accettate dalle autorità [competenti];

    b)

    prove d’importazione di prodotti del settore specificato all’articolo 7, lettera a), mediante la presentazione dei titoli d’importazione utilizzati o, in assenza dell’obbligo di un titolo, mediante presentazione dei documenti doganali appropriati;

    c)

    copia di un attestato di un perito contabile indipendente giurato che certifichi la realizzazione di importazioni per il valore indicato all’articolo 7, lettera b), o copia delle corrispondenti dichiarazioni in dogana vistate dalle autorità doganali».

    20.

    Il rinnovo della registrazione richiedeva, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, che l’operatore interessato fornisse «alle autorità competenti la prova che ha effettivamente importato, per proprio conto, almeno il 50% del quantitativo assegnatogli per l’anno in corso».

    21.

    Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, gli operatori nuovi arrivati dovevano presentare una domanda di assegnazione annua contestualmente alla domanda di (rinnovo della) registrazione.

    22.

    Ai sensi dell’articolo 10, gli operatori interessati potevano diventare operatori tradizionali allo scadere di un periodo di tre anni di attività dalla data della prima registrazione, a condizione che avessero presentato domanda di registrazione conformemente all’articolo 5 (che stabiliva il procedimento di registrazione per gli operatori tradizionali) e che possedessero i requisiti di cui all’articolo 3.

    23.

    L’articolo 11, paragrafo 1, stabiliva ( 14 ):

    «Gli Stati membri controllano il rispetto delle disposizioni della presente sezione [relativa agli operatori nuovi arrivati].

    Verificano in special modo se gli operatori interessati esercitano un’attività d’importazione nel settore indicato all’articolo 7, per proprio conto, come entità economica autonoma quanto alla direzione, al personale e all’esercizio. Qualora vi fossero indizi che dette condizioni potrebbero non essere rispettate, la ricevibilità delle domande di registrazione e di assegnazione annua è subordinata alla presentazione, da parte dell’operatore interessato, di prove ritenute soddisfacenti dall’autorità nazionale competente».

    24.

    L’articolo 13, paragrafo 2, stabiliva:

    «Manovre o prove fraudolente volte ad ottenere una registrazione, un quantitativo di riferimento o, secondo il caso, un’assegnazione ingiustificati, annullano la registrazione, il quantitativo di riferimento o l’assegnazione, fatta salva l’applicazione delle pertinenti leggi nazionali.

    In simili casi, inoltre, l’operatore non può presentare una domanda di nuova registrazione in alcuno Stato membro nel periodo di due anni successivi all’anno in cui viene constatata l’irregolarità».

    25.

    Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, «[i] quantitativi non utilizzati di un titolo vengono riassegnati, su sua domanda, al medesimo operatore, secondo il caso titolare o cessionario, nel corso di un trimestre successivo ma comunque nel corso dell’anno di rilascio del primo titolo» e «[l]a cauzione resta incamerata proporzionalmente ai quantitativi non utilizzati».

    26.

    L’articolo 21, paragrafo 1, prevedeva il trasferimento dei titoli d’importazione a un solo cessionario alle condizioni di cui all’articolo 9 del regolamento n. 3719/88 ( 15 ). L’articolo 21, paragrafo 2, stabiliva che il trasferimento dei diritti poteva aver luogo come segue: fra operatori tradizionali registrati in applicazione dell’articolo 5; dagli operatori tradizionali agli operatori nuovi arrivati registrati in applicazione dell’articolo 8; o tra operatori nuovi arrivati. Tuttavia, il trasferimento dei diritti non era ammesso da un operatore nuovo arrivato a favore di un operatore tradizionale.

    Obbligazioni doganali e titoli d’importazione

    Regolamento n. 2913/92 del Consiglio

    27.

    L’articolo 4 del regolamento n. 2913/92 ( 16 ) definisce l’«obbligazione doganale» come «l’obbligo di una persona di corrispondere l’importo dei dazi all’importazione (obbligazione doganale all’importazione) (…) applicabili in virtù delle disposizioni comunitarie in vigore ad una determinata merce». Ai sensi dell’articolo 201, paragrafo 1, lettera a), l’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito «all’immissione in libera pratica di una merce soggetta a dazi all’importazione» e, come stabilito dall’articolo 201, paragrafo 2, coincide con il momento dell’accettazione della dichiarazione in dogana. L’articolo 201, paragrafo 3, prevede che il debitore sia, in linea di principio, il dichiarante. A seconda di come sorge esattamente l’obbligazione doganale, altre persone possono essere anch’esse debitori.

    28.

    Quando per la medesima obbligazione doganale esistono più debitori, l’articolo 213 stabilisce che essi sono tenuti al pagamento dell’obbligazione in solido.

    29.

    Gli articoli da 217 a 232 stabiliscono le regole della riscossione dell’obbligazione doganale.

    Regolamento n. 3719/88 della Commissione

    30.

    Il regolamento n. 3719/88 consolidava le modalità di applicazione del regime dei titoli d’importazione, di esportazione e di fissazione anticipata relativi ai prodotti agricoli ( 17 ). Il considerando 5 del suo preambolo descriveva lo scopo dei titoli d’importazione e di esportazione quale quello «di garantire una gestione efficace dell’organizzazione comune dei mercati». Ai sensi del considerando 12, i titoli d’importazione talvolta venivano utilizzati «per gestire regimi quantitativi all’importazione» e, in tal caso, «la presentazione delle prove di utilizzazione dei titoli non è solo richiesta nel quadro di una retta gestione amministrativa, ma diventa un elemento essenziale della gestione di questi regimi quantitativi».

    31.

    L’articolo 9, paragrafo 1, disponeva: «(…) I diritti derivanti dai titoli sono trasmissibili dal titolare durante il periodo di validità degli stessi. (…) [Tale trasmissione] si riferisce alle quantità non ancora imputate sul titolo o sull’estratto». Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 4, «[i]l cessionario non può trasmettere il suo diritto né retrocederlo al titolare».

    Tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea

    32.

    Il considerando 5 del regolamento n. 2988/95 stabilisce che «(…) le condotte che danno luogo a irregolarità nonché le misure e sanzioni amministrative relative sono previste in normative settoriali conformi a tale regolamento».

    33.

    L’articolo 1, paragrafo 2, definisce l’«irregolarità» come «qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un’azione o un’omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestite, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita».

    34.

    Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, «[n]essuna sanzione amministrativa può essere irrogata se non è stata prevista da un atto comunitario precedente all’irregolarità».

    35.

    Ai sensi dell’articolo 4:

    «1.   Ogni irregolarità comporta, in linea generale, la revoca del vantaggio indebitamente ottenuto:

    mediante l’obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percetti;

    mediante la perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo.

    2.   L’applicazione delle misure di cui al paragrafo 1 è limitata alla revoca del vantaggio indebitamente ottenuto aumentato, se ciò è previsto, di interessi che possono essere stabiliti in maniera forfettaria.

    3.   Gli atti per i quali si stabilisce che hanno per scopo il conseguimento di un vantaggio contrario agli obiettivi del diritto comunitario applicabile nella fattispecie, creando artificialmente le condizioni necessarie per ottenere detto vantaggio, comportano, a seconda dei casi, il mancato conseguimento oppure la revoca del vantaggio stesso.

    4.   Le misure previste dal presente articolo non sono considerate sanzioni».

    Diritto italiano

    36.

    Il giudice del rinvio spiega che, ai sensi del diritto italiano, chiunque sottrae merci al pagamento di dazi doganali all’importazione altrimenti dovuti è, in linea di principio, punito con una multa ricompresa tra due e dieci volte l’importo del dazio in questione. L’aver usufruito illegalmente di dazi in misura ridotta a seguito della cessione vietata di titoli d’importazione da parte di un operatore nuovo arrivato a favore di un operatore tradizionale integra il reato di contrabbando.

    Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

    37.

    S.I.M.B.A. SpA (in prosieguo: la «S.I.M.B.A.»), società rappresentata dal sig. e dalla sig.ra Orsero, era un importatore tradizionale e distributore all’ingrosso di banane italiano. Possedeva titoli per l’importazione di banane nell’ambito del contingente tariffario riservato a tali tipi di importatori.

    38.

    Rico Italia Srl (in prosieguo: la «Rico»), società rappresentata dal sig. Misturelli, era anch’essa un importatore di banane e, in qualità di operatore nuovo arrivato, possedeva titoli per l’importazione di banane nell’ambito del contingente tariffario.

    39.

    È parte del procedimento anche un gruppo separato di importatori italiani nel settore degli ortofrutticoli freschi, registrati come operatori nuovi arrivati. Tale gruppo comprendeva società rappresentate, rispettivamente, dal sig. Lorenzon, dalla sig.ra Palombini e dal sig. Surian. Farò riferimento a tali società (diverse dalla Rico) come agli «operatori italiani nuovi arrivati».

    40.

    All’udienza è stato confermato che la S.I.M.B.A., la Rico e gli operatori italiani nuovi arrivati non erano parte della stessa società.

    41.

    La S.I.M.B.A. acquistava banane in paesi terzi e le vendeva alla Rico, che vendeva poi tali banane agli operatori italiani nuovi arrivati al medesimo prezzo d’acquisto praticato dalla S.I.M.B.A. Successivamente, tali operatori nuovi arrivati importavano le banane, utilizzando titoli d’importazione AGRIM rilasciati dal Ministero italiano del Commercio estero e le sdoganavano pagando il dazio agevolato. La S.I.M.B.A. procedeva a indicare alla Rico ciascuna delle operazioni di importazione e commercializzazione da eseguirsi, con quantità, qualità e prezzo delle banane da importare. La Rico garantiva alla S.I.M.B.A. che gli operatori italiani nuovi arrivati avrebbero ottenuto i titoli d’importazione AGRIM. Curava anche le formalità amministrative e pagava gli oneri assicurativi.

    42.

    Dopo l’importazione, gli operatori nuovi arrivati vendevano le banane alla Rico, che poi le rivendeva sistematicamente alla S.I.M.B.A. ad un prezzo stabilito e pagato preventivamente. Il prezzo pagato dalla Rico copriva il costo di utilizzo dei titoli d’importazione AGRIM. La S.I.M.B.A. trasportava poi le banane in magazzini e successivamente procedeva all’immissione sul mercato. La stessa S.I.M.B.A. aveva un rapporto contrattuale con la Del Monte, che le pagava una commissione quando la S.I.M.B.A. aveva venduto le banane sul mercato europeo.

    43.

    Con sentenza del 21 dicembre 2005, il Tribunale di Verona condannava il rappresentante della Rico per contrabbando e falso ideologico. Egli veniva condannato al risarcimento del danno, il cui ammontare era da liquidarsi attraverso un giudizio civile. Cionondimeno, il Tribunale di Verona lo condannava al pagamento di una provvisionale di EUR 300000 al Ministero dell’Economia e delle Finanze e all’Agenzia delle Dogane, ma non alla Commissione, nonché alle spese delle tre suddette parti che erano intervenute nel procedimento penale al fine di chiedere il risarcimento del danno subito (in prosieguo: le «parti civili»). I rappresentanti della S.I.M.B.A. e i rappresentanti degli operatori nuovi arrivati venivano assolti.

    44.

    Il rappresentante della Rico e le parti civili proponevano appello contro la sentenza del Tribunale di Verona dinanzi alla Corte d’Appello di Venezia. Quest’ultima, il 24 novembre 2011, dichiarava l’estinzione del procedimento a carico di uno dei rappresentanti della S.I.M.B.A. per decesso del medesimo. Dichiarava l’estinzione per prescrizione dei reati a carico del rappresentante della Rico, confermandone però la responsabilità civile.

    45.

    Le parti civili proponevano ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Venezia dinanzi al giudice del rinvio, il quale nel rinvio ha spiegato che deve stabilire se le banane avrebbero dovuto essere importate a dazio pieno o agevolato.

    46.

    Nello spiegare le ragioni che rendono necessario il rinvio pregiudiziale, il giudice del rinvio pone in risalto i seguenti fatti che afferma siano stati rilevati dalla Corte d’Appello di Venezia e dedotti nelle osservazioni presentate dinanzi a tale giudice: (i) gli operatori italiani nuovi arrivati erano privi di strutture per la conservazione e il trasporto delle banane; (ii) essi acquistavano le banane al solo fine dello sdoganamento a dazio agevolato, rivendendole poi alla Rico ad un prezzo predeterminato; (iii) la S.I.M.B.A., e non gli operatori italiani nuovi arrivati, affrontava il rischio di perdere la cauzione; (iv) il dazio all’importazione che gli operatori italiani nuovi arrivati dovevano pagare era già computato nel prezzo pattuito in anticipo (tra la Rico e gli operatori italiani nuovi arrivati); (v) i prezzi di acquisto e di vendita delle banane erano concordati e pertanto non vi era alcun rischio in relazione a tali prezzi (né la possibilità di trarre beneficio dall’oscillazione dei prezzi); e (vi) la Del Monte pagava una commissione a S.I.M.B.A., non agli operatori italiani nuovi arrivati.

    47.

    Il giudice del rinvio ha sospeso il procedimento per sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se l’articolo 11 del regolamento (CE) n. 2362/98, il quale prevede a carico degli Stati membri l’onere di accertare se gli operatori esercitano un’attività di importazione per proprio conto come entità economica autonoma quanto alla direzione, al personale e all’esercizio, debba essere interpretato nel senso che sono escluse dai benefici doganali accordati tutte le attività di importazione eseguite per conto di un operatore tradizionale qualora queste siano svolte da soggetti solo formalmente in possesso dei requisiti previsti per i “nuovi operatori” dallo stesso regolamento.

    2)

    Se il regolamento (CE) n. 2362/98 consenta ad un operatore tradizionale di vendere banane che si trovano al di fuori del territorio dell’Unione ad un operatore nuovo arrivato accordandosi con quest’ultimo perché provveda a far entrare nel territorio dell’Unione le banane a dazio agevolato e le rivenda allo stesso operatore tradizionale ad un prezzo concordato prima dell’intera operazione, senza sopportare alcun effettivo rischio d’impresa e senza fornire alcuna organizzazione di mezzi quanto a tale operazione.

    3)

    Se l’accordo di cui alla seconda questione integri una violazione del divieto di cessione di diritti dagli operatori nuovi agli operatori tradizionali di cui all’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2362/98, con la conseguenza che la cessione effettuata resta priva di effetto e il dazio risulta dovuto nella misura piena e non in quella agevolata, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 2988/95».

    48.

    Sono state presentate osservazioni scritte dal sig. Lorenzon, dalla sig.ra Orsero, dalla sig.ra Palombini, dal sig. Surian, dal governo italiano e dalla Commissione. All’udienza del 12 novembre 2014 le stesse parti, con l’eccezione del sig. Lorenzon, hanno svolto le loro difese orali.

    Valutazione

    Osservazioni preliminari

    49.

    Non è contestato il fatto che esistessero degli accordi tra la S.I.M.B.A. e la Rico, da una parte, e tra la Rico e gli operatori italiani nuovi arrivati, dall’altra. È accertato anche il fatto che le banane entravano nel mercato europeo attraverso una catena di operazioni tra tali operatori.

    50.

    A mio avviso, le questioni pregiudiziali riguardano tutte il punto se, dal punto di vista del diritto dell’Unione, vi siano state irregolarità in relazione a tale catena di operazioni e, se così è, quali ne siano le conseguenze.

    51.

    Con la prima questione si chiede in sostanza a quali condizioni si conservi lo status di operatore nuovo arrivato. Per come intendo la questione, il giudice del rinvio sembra presumere che un operatore nuovo arrivato soddisfacesse «formalmente» tali condizioni. Tuttavia, se l’operatore nuovo arrivato doveva eseguire attività di importazione di banane per proprio conto, allora il fatto che l’operatore nuovo arrivato importasse banane per conto di un operatore tradizionale può sembrare la base per concludere che tali condizioni non fossero soddisfatte. Considererò per prima la questione se tale condizione si applichi anche all’importazione di banane successiva alla registrazione. Ciò è necessario in quanto gli articoli 7 e 11 del regolamento n. 2362/98 sembrano stabilire condizioni applicabili precedentemente alla e al momento della registrazione e riguardano in primo luogo le importazioni di prodotti diversi dalle banane. Se la condizione fosse applicabile successivamente alla registrazione, allora occorrerà analizzarne il significato.

    52.

    La seconda questione riguarda il punto se il regolamento n. 2363/98 precludesse l’applicazione del dazio agevolato nell’ambito del contingente tariffario ove gli operatori nuovi arrivati acquistassero banane di Stati terzi, tramite un altro operatore nuovo arrivato, da un operatore tradizionale e poi le importassero nell’Unione nell’ambito del contingente tariffario soltanto per poi rivenderle allo stesso operatore tradizionale attraverso lo stesso operatore nuovo arrivato, affinché l’operatore tradizionale potesse poi venderle sul mercato europeo. La terza questione fa riferimento allo schema descritto nella seconda questione e chiede se esso violi l’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98 che vieta la cessione dei diritti derivanti dai titoli d’importazione dagli operatori nuovi arrivati agli operatori tradizionali. A mio avviso, queste due questioni, che in parte si sovrappongono, sono rilevanti solo qualora gli operatori nuovi arrivati fossero correttamente registrati e conservassero tale status. Pertanto, partirò da tale presunzione nel rispondere ad entrambe le questioni.

    53.

    Con la terza questione, il giudice del rinvio interroga poi la Corte in merito alle conseguenze, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 2988/95, di una violazione dell’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98.

    54.

    Infine, il fatto che la Commissione si sia costituita come parte civile dinanzi ai giudici italiani non osta (come la stessa Commissione correttamente osserva) a che essa come istituzione possa presentare osservazioni scritte ai sensi dell’articolo 23, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, che prevede, tra l’altro, il diritto delle parti e della Commissione di presentare memorie ovvero osservazioni scritte nei casi in cui alla Corte è richiesta una pronuncia pregiudiziale. L’intervento della Commissione in entrambi i fori deve essere conforme al suo compito, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, di promuovere «l’interesse generale dell’Unione» e di vigilare «sull’applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei trattati».

    Ricevibilità

    55.

    Nelle loro osservazioni scritte e all’udienza, gli operatori italiani nuovi arrivati che intervengono nella presente causa hanno sottolineato che i fatti sui quali il giudice del rinvio ha fondato le sue questioni ( 18 ) non corrispondono alle risultanze fattuali del primo grado e dell’appello. Ne consegue, a loro avviso, che le questioni sottoposte sono irricevibili.

    56.

    Non spettano alla Corte l’accertamento e la valutazione dei fatti che hanno dato origine alla causa. Tale compito è prerogativa dei giudici nazionali ( 19 ) e la loro giurisdizione a tal proposito è una questione di diritto nazionale. Inoltre, vi è una presunzione secondo cui le questioni di interpretazione di un giudice nazionale sono rilevanti nel contesto fattuale e normativo che esso ha definito. La Corte può rifiutarsi di pronunciarsi pregiudizialmente solo se le questioni poste appaiano manifestamente prive di qualsiasi relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni ( 20 ).

    57.

    Nella presente causa, le questioni pregiudiziali sono chiaramente rilevanti in relazione al contesto fattuale descritto dal giudice del rinvio. Pertanto, le ritengo ricevibili.

    Condizioni per conservare lo status di operatore nuovo arrivato (prima questione)

    58.

    Le preoccupazioni del giudice del rinvio in relazione allo status degli operatori italiani nuovi arrivati sembra riguardare i fatti relativi, da una parte, alle modalità in cui la registrazione iniziale è stata ottenuta e, dall’altra, all’importazione delle banane successiva alla registrazione e alla ricezione di un’assegnazione annua e di titoli d’importazione.

    59.

    Non sembra contestato il fatto che gli operatori italiani nuovi arrivati fossero in possesso dei requisiti di cui all’articolo 7 del regolamento n. 2362/98 che – compreso il requisito dell’esercizio di un’attività commerciale come importatore nel settore degli ortofrutticoli freschi (in linea di principio, diversi dalle banane) per proprio conto e a titolo autonomo ( 21 ) – in sostanza riguardavano l’attività d’importazione nel passato o al momento della registrazione.

    60.

    Quanto al fatto che la Rico era coinvolta nell’acquisizione della registrazione per gli operatori italiani nuovi arrivati, non ritengo che tale coinvolgimento di un operatore nel predisporre la domanda di registrazione di un altro operatore sia, in quanto tale, contrario all’articolo 7, lettera a), o altrimenti proibito ai sensi del regolamento n. 2362/98. Né ciò costituisce automaticamente una condotta fraudolenta ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, di tale regolamento. A mio avviso, le azioni e la documentazione dell’operatore avrebbero dovuto essere considerate fraudolente se avessero mirato a, o avessero avuto l’effetto di, occultare fatti rilevanti in relazione alla decisione sullo status di operatore nuovo arrivato e nel caso in cui la valutazione basata sui fatti occultati non avrebbe portato alla concessione di tale status. Pertanto, l’articolo 13, paragrafo 2, era in sostanza relativo alla buona fede dell’operatore e all’accuratezza delle prove presentate nel corso del procedimento di registrazione al fine di soddisfare i criteri sostanziali per ottenere la registrazione dello status in parola. Nella misura in cui vi fosse un distinto requisito (che tratterò successivamente) in base al quale gli operatori nuovi arrivati registrati dovevano importare banane per proprio conto, ritengo che la registrazione potesse essere rifiutata anche ove fosse stabilito che un operatore aveva fatto domanda di registrazione ma non possedeva tale requisito. A mio avviso, se il fatto venisse intenzionalmente nascosto, l’articolo 13, paragrafo 2, troverebbe applicazione.

    61.

    Le preoccupazioni relative ai rapporti tra gli operatori italiani nuovi arrivati, la Rico e la S.I.M.B.A. sorgono principalmente in relazione alla catena di operazioni attraverso le quali le banane sono state importate dagli operatori italiani nuovi arrivati registrati: operazioni che hanno avuto luogo successivamente alla registrazione degli operatori italiani nuovi arrivati.

    62.

    Il regolamento n. 2362/98 imponeva agli operatori nuovi arrivati registrati l’esercizio per proprio conto dell’attività commerciale di importazione di banane a cui il loro status di operatori nuovi arrivati dava diritto? Stando alla premessa della prima questione parrebbe di sì.

    63.

    Il regolamento n. 2362/98 non conteneva alcuna disposizione espressa – analoga all’articolo 7 sull’acquisizione dello status di operatore nuovo arrivato – che stabiliva i requisiti da possedere al fine di conservare la qualità di operatore nuovo arrivato. Tuttavia, imponeva requisiti per il rinnovo della registrazione e per l’acquisizione dello status di operatore tradizionale.

    64.

    In tal senso, l’articolo 8, paragrafo 4, subordinava il rinnovo dello status di operatore nuovo arrivato alla circostanza che l’operatore nuovo arrivato avesse effettivamente importato per proprio conto almeno il 50% del quantitativo di banane assegnatogli per il relativo anno. Tale requisito non significava, a mio avviso, che potesse importare fino al 49,9% del quantitativo per conto di un altro operatore. Piuttosto, era un requisito che imponeva un utilizzo minimo dell’assegnazione annuale al fine di garantire che gli operatori nuovi arrivati correttamente registrati partecipassero di fatto al commercio d’importazione di banane e pertanto rendessero il mercato più concorrenziale.

    65.

    Il fatto che un importatore individuale potesse non importare l’intero quantitativo coperto dai titoli d’importazione (e garantito da cauzione) non influiva necessariamente sullo status di operatore nuovo arrivato. Poteva semplicemente aver scelto di sopportarne le conseguenze finanziarie, vale a dire la perdita della cauzione (o di parte di essa) ( 22 ). O, per esempio, poteva aver scelto di rinunciare (articolo 20) o di trasferire ad altro operatore nuovo arrivato (articolo 21) alcuni o tutti i diritti relativi a parte dei quantitativi a lui assegnati. In caso di trasferimento, il cessionario diventava soggetto autorizzato all’importazione (per proprio conto).

    66.

    Inoltre, l’articolo 21, paragrafo 2, precludeva agli operatori nuovi arrivati (che soddisfacessero o meno la condizione dell’utilizzo minimo di cui all’articolo 8, paragrafo 4) il trasferimento di parte dei loro diritti ad operatori tradizionali poiché ciò poteva suscitare la creazione di relazioni artificiose o speculative, o turbare i normali rapporti commerciali ( 23 ) e compromettere l’intero obiettivo di riservare parte dei quantitativi disponibili agli operatori nuovi arrivati. L’articolo 21, paragrafo 2, pertanto, sembrava confermare che, ove utilizzassero essi stessi i loro diritti, gli operatori nuovi arrivati dovevano sempre agire per proprio conto. Non avrebbe avuto senso vietare il trasferimento di diritti da un operatore nuovo arrivato ad un operatore tradizionale ma consentire agli operatori nuovi arrivati, che avrebbero dovuto agire per proprio conto e a titolo autonomo in relazione alle importazioni passate di prodotti comparabili al fine di acquisire lo status di operatore nuovo arrivato, di importare banane per conto di un operatore tradizionale. La conseguenza sarebbe stata che gli operatori tradizionali avrebbero potuto utilizzare operatori nuovi arrivati registrati per importare banane per loro conto e in base alle loro istruzioni, rendendo l’attività degli operatori nuovi arrivati come importatori perlopiù artificiosa e compromettendo interamente il divieto di cui all’articolo 21, paragrafo 2. Questo è esattamente il tipo di risultato che il regolamento n. 2362/98 si proponeva di prevenire.

    67.

    Il regolamento n. 2362/98 in sostanza ripartiva le quote di quantitativi disponibili di contingenti tariffari e di banane ACP tradizionali tra operatori tradizionali e operatori nuovi arrivati ( 24 ) e stabiliva norme relative a chi poteva registrarsi per acquisire tali quote e avvalersene. Nel disciplinare il mercato di importazione delle banane in tal modo, il regolamento n. 2362/98 mirava a ridurre il rischio che un operatore tradizionale controllasse il mercato o consolidasse la sua posizione in modo da limitare o escludere la concorrenza di altri operatori, compresi quelli che non avevano in precedenza importato banane ACP o di Stati terzi. Esso garantiva che ai nuovi operatori nel settore delle banane, e in particolare nel mercato d’importazione, fosse offerta un’equa opportunità riservando specificamente per loro parte del contingente tariffario. Con l’ingresso nel mercato d’importazione di ulteriori operatori nuovi arrivati e con la trasformazione di alcuni di loro in operatori tradizionali, il mercato sarebbe diventato più concorrenziale. Come spiegava il considerando 14 del regolamento n. 404/93, il sistema di rilascio dei certificati d’importazione mirava a garantire che le attuali relazioni commerciali non venissero perturbate, pur consentendo l’evoluzione delle strutture di commercializzazione.

    68.

    Nell’ambito del regolamento n. 896/2001 ( 25 ) (che ha abrogato e sostituito tra l’altro il regolamento n. 2362/98) ( 26 ), la Corte sembra aver accettato che lo scopo di combattere le pratiche speculative o artificiose in materia di rilascio di titoli d’importazione escludeva che un operatore tradizionale, che partecipava già ad un contingente tariffario, vi partecipasse nuovamente, in quanto operatore non tradizionale, tramite un altro operatore al quale era legato ( 27 ). Si è ritenuto che la lotta contro tali pratiche potesse «consentire a nuovi operatori veri e propri di intervenire sul mercato e, quindi, di svolgere pienamente le loro attività economiche» ( 28 ). Lo stesso ragionamento si applicava anche all’antecedente normativo di tale regolamento.

    69.

    Inoltre, ai sensi del regolamento n. 2362/98, gli operatori tradizionali dovevano avere effettivamente importato, operando in proprio, durante un periodo di riferimento, un quantitativo minimo di banane in vista della successiva commercializzazione ( 29 ). Tale condizione si applicava anche agli operatori nuovi arrivati che diventavano operatori tradizionali ( 30 ).

    70.

    Ne consegue che, ai sensi del regolamento n. 2362/98, gli operatori dovevano agire per proprio conto sia per accedere alla categoria degli «operatori nuovi arrivati», sia per restarvi.

    71.

    Se così era, gli Stati membri, ai sensi dell’articolo 11, dovevano anche controllare il rispetto di tale condizione. Rilevo qui che la prima frase dell’articolo 11, paragrafo 1, è stata redatta in modo sufficientemente ampio da ricomprendere sia le condizioni di acquisizione che quelle di conservazione dello status di operatore nuovo arrivato.

    72.

    Pertanto, quando gli operatori nuovi arrivati importavano, dovevano agire per fini propri e a proprio rischio commerciale. Oltre al fatto che dovevano esistere come agenti commerciali ( 31 ), i loro atti di importazione – vale a dire, l’atto di portare beni nel territorio doganale dell’Unione ( 32 ) – dovevano avere, dal loro punto di vista, un significato commerciale: dovevano essere il risultato della loro autonoma decisione, i cui benefici e costi avrebbero avuto effetto su di loro e non su altre parti. Tale interpretazione trova sostegno anche nel regolamento n. 404/93 (attuato dal regolamento n. 2362/98) che stabiliva il principio del rilascio dei certificati agli operatori che si erano assunti il rischio commerciale della commercializzazione delle banane ( 33 ).

    73.

    Nel valutare se una particolare attività d’importazione fosse svolta senza rischio commerciale e interamente a beneficio (commerciale) di un terzo, ritengo che un giudice nazionale debba almeno comparare i prezzi di vendita (nel caso di specie, pagati e praticati dagli operatori italiani nuovi arrivati e dalla Rico) ed esaminare, in particolare, se la differenza eccedesse il totale dei costi sostenuti dall’operatore nuovo arrivato nell’importare le banane (compresi i dazi doganali, la cauzione e i costi assicurativi e amministrativi), consentendo così un margine di profitto. Tuttavia, l’apparente assenza di un profitto commerciale non è necessariamente sufficiente per concludere che l’operatore nuovo arrivato non possa aver agito per proprio conto (l’importazione in perdita, fino a prova contraria, può ancora essere per conto proprio dell’importatore). Pertanto, è necessario considerare la catena di operazioni in modo più dettagliato. Chi ha sostenuto i costi dell’importazione? I profitti si sono realizzati altrove con un altro operatore coinvolto nell’importazione o con operatori correlati?

    74.

    Tuttavia, benché le risorse degli operatori nuovi arrivati dovevano consentire loro di importare, né l’articolo 7, lettera a), né altre disposizioni del regolamento n. 2362/98 imponevano agli operatori nuovi arrivati di mantenere specifiche infrastrutture per la conservazione e il trasporto delle banane importate. Nulla in tale regolamento suggeriva che il legislatore intendesse prescrivere un particolare tipo di catena di commercializzazione per le importazioni di banane, o che un operatore nuovo arrivato dovesse necessariamente conservare (e far maturare) le banane prima che venissero vendute ai grossisti o ai dettaglianti. Al contrario, il regolamento n. 404/93 faceva riferimento, nel considerando 15, all’esigenza che la Commissione seguisse il principio «di evitare di perturbare le normali relazioni commerciali tra le persone che rappresentano i diversi anelli della catena della commercializzazione». Né il regolamento n. 2362/98 precludeva all’importatore di vendere i beni immediatamente all’atto dell’importazione ad un’altra parte della catena di commercializzazione. Ai sensi di tale regolamento, ciò che rilevava era il coinvolgimento degli operatori nuovi arrivati in una qualche fase specifica di tale catena (importazione).

    75.

    Pertanto, il fatto che, prima dell’importazione e/o della domanda di registrazione, di assegnazioni annuali e di titoli d’importazione, un operatore nuovo arrivato avesse concordato di acquistare o vendere le banane di altri operatori e di utilizzare le strutture di altri operatori per il trasporto, la conservazione e la maturazione non era un ostacolo alla registrazione ai sensi dell’articolo 7, lettera a), del regolamento n. 2362/98. Né avrebbe dovuto esserlo con riferimento alla conservazione dello status di operatore nuovo arrivato.

    76.

    Infatti, viste le caratteristiche del mercato delle banane, tali accordi possono essere stati spesso necessari. Storicamente, il mercato era dominato da una piccola quantità di operatori multinazionali integrati verticalmente che spesso controllavano l’intera catena di commercializzazione compresa la proprietà delle piantagioni, la produzione (la coltivazione, l’imballaggio e il controllo qualità), il trasporto, l’importazione, la maturazione, la conservazione e la distribuzione; essi inoltre traevano beneficio da economie di scala rilevanti. Nel tempo, il mercato sta diventando più frammentato; nuovi operatori accedono al mercato in diverse fasi della catena di commercializzazione anche se l’ingresso può essere oneroso e arduo. Poiché le banane sono un genere deperibile, tali fasi devono essere pianificate attentamente. Pertanto, presumendo che un operatore che accede al mercato non sia integrato verticalmente in modo tale da controllare ogni fase, o la maggior parte delle fasi, della catena di commercializzazione, l’ingresso sul mercato verosimilmente può dipendere da accordi (a monte o a valle) con altri operatori ( 34 ).

    77.

    L’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana era modellata sul concetto che tanto gli operatori tradizionali quanto gli operatori nuovi arrivati si sarebbero impegnati nel commercio di importazione di banane, il che era inteso a «favorire una sana concorrenza» ( 35 ). A mio avviso, un siffatto rapporto concorrenziale non potrebbe esistere se le due categorie di operatori non determinassero liberamente la loro condotta sul mercato, in particolare con riferimento alle decisioni e alle attività relative all’effettiva importazione. Pertanto, se un operatore tradizionale aveva un’influenza decisiva sulla condotta di un altro operatore con riferimento agli aspetti di importazione nell’ambito della sua politica commerciale e il secondo agiva, sotto ogni aspetto, in base alle istruzioni fornitegli (direttamente, o indirettamente attraverso un intermediario) dal primo con riferimento all’importazione delle banane, non si poteva dire che il secondo operatore agisse per proprio conto. Esso, di fatto, non avrebbe contato nulla: sarebbe stato un mezzo per l’importatore tradizionale per rafforzare la propria posizione di mercato e pregiudicare ulteriormente la concorrenza.

    78.

    Né potrebbe esservi un siffatto rapporto concorrenziale ove un operatore nuovo arrivato, pur formalmente indipendente in relazione ad un operatore tradizionale, cionondimeno acconsentisse (liberamente) ad un regime in base al quale importerebbe banane per conto di tale operatore tradizionale utilizzando i suoi propri titoli d’importazione.

    79.

    Un’interpretazione che sottolinea l’esigenza di un’azione autentica da parte di un operatore nuovo arrivato per proprio conto dopo la registrazione è coerente anche con lo scopo, espresso dal considerando 8 del regolamento n. 2362/98, di evitare, attraverso l’applicazione di criteri per l’ammissibilità rafforzati, la registrazione di semplici agenti prestanome e la concessione di assegnazioni per domande artificiose o speculative. Il legislatore aveva già risposto ad abusi manifesti delle condizioni esistenti, rafforzando i criteri di ammissibilità e descrivendoli in modo più dettagliato. Cionondimeno, sebbene tali modifiche possano aver ridotto la possibilità di abusi, nessuna normativa può garantire un rischio zero di abuso del diritto.

    80.

    Concludo pertanto che gli articoli 7, lettera a), e 8, paragrafo 4, del regolamento 2362/98 dovevano essere interpretati nel senso che imponevano agli operatori di agire per proprio conto sia ai fini della registrazione come «operatori nuovi arrivati», sia per continuare ad essere qualificati come tali. Agire «per proprio conto» doveva essere interpretato nel senso che tali operatori dovevano agire per fini propri e a proprio rischio commerciale.

    Articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98 e abuso del diritto (seconda e terza questione)

    81.

    L’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98 vietava il trasferimento dei diritti derivanti da titoli d’importazione dagli operatori nuovi arrivati agli operatori tradizionali. Non vietava altri trasferimenti, che venivano considerati come «un mezzo volto a contribuire alla capacità concorrenziale degli operatori economici che smerciano le banane comunitarie e ACP, nonché ad agevolare l’integrazione dei mercati degli Stati membri» ( 36 ).

    82.

    Nella presente causa, gli operatori italiani nuovi arrivati non hanno trasferito diritti derivanti dai loro titoli d’importazione alla S.I.M.B.A., ma hanno importato essi stessi le banane e le hanno poste in libera circolazione. Pertanto, a prima vista sembrerebbe che l’articolo 21, paragrafo 2, sia stato rispettato. Tuttavia, le banane hanno cambiato proprietario svariate volte prima e dopo l’importazione.

    83.

    Concordo con la Commissione che l’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98 non limitava né la vendita di banane in paesi terzi né la loro rivendita dopo l’importazione, anche se tali operazioni avvenivano sulla base di un accordo preesistente. Analogamente alla posizione assunta dalla Corte nella sentenza SICES e a. ( 37 ) con riferimento all’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 341/2007 ( 38 ), ritengo che l’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98 semplicemente non disciplinasse la situazione e pertanto non la precludesse.

    84.

    Tuttavia, se un siffatto trasferimento da un nuovo operatore ad un operatore tradizionale fosse stato consentito, l’operatore tradizionale avrebbe potuto importare per proprio conto un quantitativo maggiore di banane a dazio agevolato.

    85.

    Pertanto, ove una serie di operazioni che erano altrimenti consentite ai sensi del regolamento n. 2362/98 abbiano avuto l’effetto di, e abbiano mirato a, porre l’operatore tradizionale nella stessa posizione in cui si sarebbe trovato se avesse beneficiato di un trasferimento vietato di titoli, potrebbe comunque essersi integrata una violazione dell’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98 per abuso del diritto.

    86.

    Al fine di porre l’operatore tradizionale nella stessa posizione, un operatore nuovo arrivato doveva necessariamente aver importato le sue banane e poi averle rivendute, attraverso un intermediario o meno, all’operatore tradizionale. Affinché possa dirsi che l’operatore tradizionale abbia goduto del beneficio del dazio agevolato, un operatore, in un determinato momento, deve aver agito non per proprio conto ma piuttosto per conto dell’operatore tradizionale.

    87.

    Ove l’operatore che agisce in tal modo sia l’operatore nuovo arrivato che importa banane, tale operatore non è in possesso del requisito per conservare lo status di operatore nuovo arrivato. Tuttavia, l’operatore tradizionale potrebbe aver goduto del beneficio (non dovuto) del dazio agevolato grazie alle azioni di un diverso operatore nella catena di operazioni. Pertanto, il fatto che si rilevi che un operatore nuovo arrivato abbia importato le banane per proprio conto non elimina l’esigenza di verificare se ci sia stato un abuso del diritto altrove nella catena.

    88.

    Tale verifica deve essere svolta, se necessario, dal giudice nazionale competente ( 39 ). Nella sentenza SICES e a. – emessa dopo il deposito del rinvio nella presente causa – la Corte ha già chiarito come debba essere svolta.

    89.

    La causa SICES e a. riguardava fatti simili in un contesto analogo. Era in questione il regolamento n. 341/2007 ( 40 ) che prevede, con riferimento alle importazioni di aglio, un accesso agevolato e contingenti tariffari, impone un titolo d’importazione ( 41 ) al fine di prevenire le frodi con riferimento all’origine dell’aglio, e distingue tra importatori tradizionali e nuovi. Al fine di salvaguardare la concorrenza e di impedire speculazioni e abusi nell’assegnazione dei titoli di importazione, il regolamento n. 341/2007 vieta il trasferimento di tali titoli e sanziona la presentazione di più domande da parte dello stesso soggetto ( 42 ). Lo specifico dazio imposto rendeva non redditizia l’importazione al di fuori del contingente tariffario.

    90.

    Numerosi nuovi importatori pareva avessero aggirato tale divieto utilizzando il regime dell’accesso agevolato e dei contingenti tariffari: una tra due società, utilizzando i propri titoli d’importazione, comprava aglio da un fornitore cinese; una qualsiasi delle due vendeva l’aglio a nuovi operatori che poi importavano e vendevano di nuovo l’aglio ad una delle due società che operava sia come importatore tradizionale che come grossista e che, prima dell’importazione, aveva già convenuto di acquistare l’aglio una volta che fosse stato in libera circolazione.

    91.

    Dopo aver confermato la sua giurisprudenza consolidata sulla necessità che ricorrano un elemento oggettivo e un elemento soggettivo per l’accertamento di un abuso del diritto e sul ruolo del giudice nazionale nella verifica di entrambi gli elementi ( 43 ), la Corte ha esaminato se l’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 341/2007 precludesse tale serie di operazioni ( 44 ).

    92.

    Quanto all’elemento oggettivo, la Corte ha ritenuto che salvaguardare la concorrenza tra gli importatori effettivi significasse impedire che un solo importatore potesse controllare il mercato. Tale obiettivo non era stato raggiunto perché, attraverso operazioni come quelle in questione, «l’acquirente nell’Unione, che è anche un importatore tradizionale, non consegue il diritto che il suo quantitativo di riferimento (…) sia calcolato su una base che include i quantitativi di merci da lui acquistati dagli importatori dopo il relativo sdoganamento». Inoltre, la Corte ha ritenuto che operazioni di questo tipo consentissero ad un acquirente (che ha esaurito il diritto di importare aglio a dazio agevolato) «di rifornirsi di aglio importato a dazio agevolato e di estendere la sua influenza sul mercato oltre la quota del contingente tariffario a lui attribuita» ( 45 ).

    93.

    Quanto all’elemento soggettivo, la Corte ha stabilito che era necessario dimostrare che «gli importatori [avessero] avuto l’intenzione di procurare un siffatto vantaggio a tale acquirente e che le operazioni [fossero] prive di qualsiasi giustificazione economica e commerciale per i medesimi importatori». Allo stesso tempo, era necessario prendere in considerazione il fatto che «gli importatori hanno l’obbligo di utilizzare, a pena di sanzione, i titoli “A” loro rilasciati e hanno dunque un interesse reale ad effettuare importazioni». Benché tali operazioni non possano «essere considerate a priori come prive di giustificazione economica e commerciale per questi ultimi», la Corte ha dichiarato che «[t]uttavia, non si può escludere che, in alcuni casi, operazioni come quelle oggetto del procedimento principale siano state ideate artificiosamente allo scopo essenziale di beneficiare del dazio agevolato». Gli elementi che potrebbero dimostrare tale carattere artificioso comprendevano il fatto che l’intestatario dei titoli non avesse assunto alcun rischio commerciale, poiché quest’ultimo era in realtà coperto dal suo acquirente, che era anche importatore tradizionale, e il fatto che il margine di profitto degli importatori fosse insignificante o che i prezzi della vendita dell’aglio da parte degli importatori all’acquirente nell’Unione fossero inferiori al prezzo di mercato ( 46 ).

    94.

    Al punto 40, la Corte ha concluso che operazioni come quelle in questione costituiscono abuso di diritto ( 47 ) ove siano state concepite artificiosamente allo scopo essenziale di beneficiare del dazio agevolato e che la verifica dell’esistenza di tali pratiche abusive richiede che il giudice nazionale prenda in considerazione tutti i fatti e le circostanze del caso di specie, ivi comprese le operazioni commerciali precedenti e successive all’importazione di cui trattasi.

    95.

    A mio avviso, la stessa conclusione trova applicazione quando si considera se vi sia stato un abuso del diritto in circostanze in cui gli operatori hanno agito in modo da porre un operatore tradizionale nella stessa posizione in cui si troverebbe se titoli di importazione detenuti da operatori nuovi arrivati correttamente registrati gli venissero trasferiti al solo scopo di farlo beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto dell’Unione ( 48 ).

    96.

    Il punto di partenza, qui, deve essere che gli operatori nuovi arrivati erano correttamente registrati ed erano in possesso dei requisiti per conservare tale status. Ove un operatore non fosse in possesso di tali requisiti, non sarebbe qualificabile come operatore nuovo arrivato e pertanto non potrebbe importare banane nell’ambito della parte del contingente tariffario riservata per tale tipo di operatore. Non vi sarebbe più alcuna valida giustificazione per conservare titoli d’importazione detenuti da tale operatore e ottenuti sulla base del suo precedente status di operatore nuovo arrivato: non vi sarebbe alcuna esigenza di gestire un diritto di importare che non esisteva più ( 49 ). Di conseguenza, tali titoli di importazione sarebbero divenuti invalidi e l’operatore non avrebbe potuto ottenerne di nuovi.

    97.

    Se le condizioni per conservare lo status di operatore nuovo arrivato erano soddisfatte, ciò significava che gli operatori importavano banane per proprio conto. Tuttavia, sebbene tali condizioni riducessero in modo rilevante eventuali abusi, non escludevano del tutto il rischio che un operatore nuovo arrivato potesse essere coinvolto in una serie di operazioni che compromettevano gli obiettivi del regolamento n. 2362/98, compresi quelli sottostanti al divieto di cui all’articolo 21, paragrafo 2.

    98.

    Per quanto riguarda l’elemento oggettivo dell’abuso del diritto, ritengo che le ragioni sottese a tale condizione si sovrappongano in larga misura agli obiettivi del regolamento n. 2362/98 ( 50 ).

    99.

    In tal senso, una serie di operazioni quale quella oggetto del procedimento principale potrebbe ridurre la concorrenza e limitare l’effettivo ingresso sul mercato degli operatori nuovi arrivati o un qualunque effetto pratico del loro ingresso. Il regime (come descritto dal giudice del rinvio) in sostanza consentiva ad un operatore tradizionale di aumentare la propria quota del contingente tariffario e di importare un quantitativo maggiore di banane a dazio agevolato. Di conseguenza, perturbava la gestione del contingente tariffario poiché aveva l’effetto di falsare gli schemi di commercio e di rendere difficile capire chi era effettivamente responsabile per l’importazione delle banane nell’ambito del contingente tariffario.

    100.

    Quanto all’elemento soggettivo dell’abuso del diritto: era intenzione degli operatori beneficiare di un vantaggio indebito derivante dall’applicazione del diritto dell’Unione creando artificiosamente le condizioni per ottenere tale vantaggio ( 51 )?

    101.

    Fatti specifici presi in considerazione singolarmente potrebbero non essere necessariamente sufficienti per determinare se lo scopo essenziale delle operazioni controverse fosse il conseguimento di un vantaggio indebito ( 52 ). Ad esempio, il mero trarre vantaggio dai benefici economici derivanti da operazioni autorizzate ai sensi del diritto dell’Unione non costituisce abuso. Se considerati congiuntamente, tuttavia, tali fatti potrebbero dimostrare che uno o più operatori intendessero conferire un vantaggio indebito all’operatore tradizionale tramite l’esercizio di attività di importazione priva di giustificazione economica e commerciale per gli operatori nuovi arrivati che svolgevano l’effettiva importazione e/o per gli operatori coinvolti in operazioni precedenti e successive all’importazione.

    102.

    In sostanza, il giudice nazionale competente deve esaminare il disegno generale, l’obiettivo e la struttura delle operazioni e le relazioni tra le diverse parti al fine di determinare se, qualora non vi fosse stato il vantaggio di pagare un dazio inferiore, l’intera serie di operazioni non avrebbe avuto luogo.

    103.

    Pertanto, nella presente causa, spetta al giudice nazionale competente esaminare quale operatore abbia sostenuto il costo dell’importazione e quale abbia tratto beneficio dall’importazione e dalle altre operazioni. Ciò comporta verificare le caratteristiche dell’accordo e le operazioni tra l’operatore tradizionale (la S.I.M.B.A.) e l’operatore nuovo arrivato intermediario (la Rico) e tra quest’ultima e gli operatori italiani nuovi arrivati che hanno importato, al fine di determinare se l’intenzione (di alcuni) degli operatori fosse quella di consentire alla S.I.M.B.A. di godere dei benefici derivanti da un trasferimento vietato di diritti derivanti dai titoli d’importazione ottenuti dagli operatori italiani nuovi arrivati, su iniziativa della Rico e ai sensi di un accordo tra la Rico e la S.I.M.B.A. Pertanto, è rilevante esaminare se, come conseguenza delle operazioni, la S.I.M.B.A. abbia aumentato la sua quota del contingente tariffario ad un prezzo pari a quello dell’utilizzo dei titoli d’importazione degli operatori italiani nuovi arrivati (vale a dire il prezzo per un trasferimento). Allo stesso tempo, i prezzi a cui gli operatori italiani nuovi arrivati hanno comprato e venduto le banane devono essere comparati con i prezzi di mercato e con il costo d’importazione. Pertanto, il prezzo pagato in relazione a ciascuna operazione aiuterà a dimostrare se l’elemento soggettivo dell’abuso del diritto fosse presente o meno.

    104.

    Inoltre, il giudice nazionale deve determinare se l’uso della Rico, anch’essa un operatore nuovo arrivato che deteneva titoli d’importazione, avesse l’obiettivo di evitare qualsiasi connessione diretta tra la S.I.M.B.A. e gli operatori italiani nuovi arrivati, poiché l’importazione di banane da parte di un operatore nuovo arrivato sarebbe presumibilmente sembrata più sospetta, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, se le banane fossero state acquistate direttamente presso un operatore tradizionale invece che presso un altro operatore nuovo arrivato, in quanto non vi era alcun divieto di trasferimento dei titoli tra operatori nuovi arrivati.

    105.

    A mio avviso, il fatto che gli operatori italiani nuovi arrivati non possedessero le infrastrutture per la conservazione e il trasporto delle banane e il fatto che esistessero accordi tra gli operatori prima dell’importazione non possono essere decisivi nello stabilire l’elemento soggettivo ( 53 ). Tutt’al più, tali fatti potrebbero rafforzare una conclusione sull’elemento soggettivo basata su altri fatti.

    106.

    Lo stesso ragionamento trova applicazione ove un operatore tradizionale coinvolto in una serie di operazioni come quelle in questione avesse esaurito i suoi titoli per importare nell’ambito del contingente tariffario e non potesse più trarre vantaggio dal dazio agevolato (come nella causa SICES e a.). Tale fatto potrebbe dimostrare che l’operatore tradizionale potesse avere un interesse ad ottenere banane importate a dazio agevolato con altri mezzi, ma non è decisivo. Vi potrebbe ancora essere abuso del diritto anche se l’importatore tradizionale non avesse esaurito tali titoli d’importazione ma gli operatori nuovi arrivati avessero cionondimeno importato banane al dazio più agevolato. Così, per esempio, un particolare titolo d’importazione potrebbe non essere usato a causa di ritardi nel trasporto o di domanda inaspettatamente in calo. Tali fattori potrebbero non essere previsti al momento in cui una pratica abusiva viene progettata e attuata.

    107.

    Concludo pertanto che le linee guida stabilite nella sentenza SICES e a. trovano applicazione anche qui.

    Articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 2988/95 (terza questione)

    108.

    Il regolamento n. 2988/95 si applica solo a condotte che pregiudichino (o possano pregiudicare) il bilancio dell’Unione europea, anche tramite la soppressione di entrate ( 54 ).

    109.

    L’articolo 4 del regolamento n. 2988/95 in sostanza definisce tipologie di misure amministrative da applicare quando si verifica un’irregolarità. Tuttavia, esso prevede anche specificamente il rifiuto di accordare un vantaggio o la revoca dello stesso con riferimento ad atti che, in sostanza, mirano al conseguimento di un vantaggio contrario agli obiettivi del diritto dell’Unione applicabile (l’elemento oggettivo nella giurisprudenza della Corte sull’abuso del diritto) creando artificialmente le condizioni necessarie per ottenere il vantaggio (l’elemento soggettivo in tale giurisprudenza). La norma specifica di cui all’articolo 4, paragrafo 3, esisteva già quando la Corte ha stabilito l’elemento oggettivo e soggettivo del criterio da applicarsi ai fini della verifica dell’abuso del diritto.

    110.

    Ove si constati la violazione, per abuso del diritto, dell’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento 2362/98, ritengo che gli atti che costituiscono un siffatto abuso del diritto corrispondano alla condotta descritta dall’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 2988/95. Tuttavia, le definizioni non si sovrappongono completamente. L’articolo 4, paragrafo 3, va più nello specifico, in quanto riguarda gli atti che abbiano o possano avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale dell’Unione europea o ai bilanci da questa gestiti. Affinché un atto rientri nell’ambito di applicazione del regolamento n. 2988/95, deve pregiudicare gli interessi finanziari dell’Unione europea ( 55 ). Questo potrebbe non essere sempre il caso per qualsiasi forma di abuso del diritto dell’Unione.

    111.

    A mio avviso, tali atti costituiscono un particolare tipo di irregolarità ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale regolamento. Di conseguenza, salvo che sia diversamente stabilito, i riferimenti ad un’irregolarità operati dal regolamento n. 2988/95 devono essere interpretati nel senso che includono gli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3 ( 56 ).

    112.

    Nel regolamento n. 2988/95, viene fatta una distinzione tra sanzioni amministrative e misure amministrative. Benché l’articolo 4 sia ricompreso nel Titolo II («Misure e sanzioni amministrative»), il suo paragrafo 4 dispone espressamente che le misure previste da tale articolo non sono sanzioni. La conseguenza, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, per la persona che commette un’irregolarità, è il mancato conseguimento del vantaggio che pregiudica il bilancio dell’Unione o, se è già stato conseguito, la revoca dello stesso. L’obbligo di restituire un beneficio, in tali circostanze, non costituisce una sanzione. Consegue semplicemente al fatto che il beneficio conseguito era un vantaggio indebito perché le condizioni necessarie per l’ottenimento del beneficio ai sensi delle norme dell’Unione sono state create artificiosamente ( 57 ). Nell’ambito delle restituzioni all’esportazione, la Corte ha stabilito che l’importatore che si pone artificiosamente in una situazione che gli consente di beneficiare di restituzioni all’esportazione è tenuto a pagare i dazi riguardanti i prodotti interessati, senza pregiudizio, se del caso, delle sanzioni amministrative, civili o penali previste dalla normativa nazionale ( 58 ). Essa ha adottato la stessa posizione in altri ambiti ( 59 ). A mio avviso, tali misure sono in sostanza relative al recupero di determinate somme di denaro che avrebbero dovuto essere versate nel bilancio dell’Unione, ma non lo sono state; o che sono state indebitamente pagate da tale bilancio. L’articolo 4, paragrafo 3, stabilisce le misure specifiche da adottare nel caso delle particolari forme di irregolarità ivi definite.

    113.

    L’esistenza di un’irregolarità dipende dalla circostanza se vi sia stata una violazione di una disposizione di diritto dell’Unione diversa dal regolamento n. 2988/95 e se essa avesse come conseguenza un pregiudizio al bilancio dell’Unione. La Corte ha creato una sorta di parallelismo stabilendo che le misure amministrative per correggere una siffatta irregolarità ai sensi dell’articolo 4 devono trovare fondamento anche in altra normativa (settoriale) e non possono fondarsi solo sul regolamento n. 2988/95 ( 60 ). Nel decidere in tal modo, la Corte sembra aver applicato l’articolo 2, paragrafo 2, che tratta le sanzioni amministrative, alle misure amministrative ai sensi dell’articolo 4. Inoltre, ove il legislatore dell’Unione non abbia adottato tale normativa, la Corte ha stabilito che gli Stati membri possono anche legittimamente mantenere o adottare disposizioni in tale settore e nei confronti di tali soggetti ove queste ultime risultino necessarie alla lotta contro la frode e rispettino i principi generali del diritto dell’Unione, le norme generali definite nel regolamento n. 2988/95 e le vigenti normative settoriali dell’Unione relative ad altri soggetti ( 61 ).

    114.

    Allo stesso tempo, ove si constati un comportamento abusivo, la Corte sembra aver accettato in termini generali (anche in cause dove si basava sull’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 2988/95) che è necessario ristabilire la situazione quale sarebbe esistita senza le operazioni che hanno fondato quella pratica abusiva ( 62 ).

    115.

    Non mi è del tutto chiaro come la giurisprudenza della Corte sulla necessità di una base giuridica distinta per le misure amministrative (se questa è l’interpretazione corretta) ( 63 ) possa essere conciliata con la presenza dell’articolo 4, paragrafo 4, e con la formulazione dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 2988/95, che impone tale condizione preliminare per le sanzioni amministrative e, nel fare ciò, riflette il principio generale «nulla poena sine lege». Avrei immaginato che l’imposizione di una sanzione non fosse lo stesso che recuperare un vantaggio che è stato conseguito abusivamente o comunque illecitamente e, pertanto, che non dovesse essere circoscritta dalle stesse precise condizioni. Tuttavia, non sembra necessario qui analizzare ulteriormente la questione.

    116.

    In ogni caso, in circostanze quali quelle in questione, ove si constati una violazione dell’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98 per abuso del diritto, ritengo che un operatore tradizionale ottenga un vantaggio indebito che pregiudica il bilancio dell’Unione ai sensi del regolamento n. 2988/95 se i dazi doganali fondati sul dazio agevolato in base a cui le banane sono state importate erano inferiori ai dazi doganali che l’operatore avrebbe pagato se avesse importato esso stesso le banane in questione. Se un’obbligazione doganale sussiste dopo lo sdoganamento, i dazi non riscossi possono essere recuperati sulla base del codice doganale comunitario (ed eventualmente sulla base di altre norme del diritto nazionale). Ciò deve avvenire conformemente alle norme generali di cui al regolamento n. 2988/95.

    Conclusione

    117.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, sono dell’opinione che la Corte debba rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale della Corte Suprema di Cassazione (Italia) come segue:

    Gli articoli 7, lettera a), e 8, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 2362/98 della Commissione, del 28 ottobre 1998, recante modalità d’applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, con riguardo al regime d’importazione delle banane nella Comunità, dovevano essere interpretati nel senso che imponevano agli operatori di agire per proprio conto sia ai fini della registrazione come «operatori nuovi arrivati», sia per continuare ad essere qualificati come tali. Agire «per proprio conto» doveva essere interpretato nel senso che tali operatori dovevano agire per fini propri e a proprio rischio commerciale.

    L’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98 non precludeva in linea di principio la vendita di banane in paesi terzi né la loro rivendita dopo l’importazione, anche se tali operazioni avessero avuto luogo sulla base di un accordo preesistente tra operatori tradizionali e operatori nuovi arrivati correttamente registrati. Tuttavia, tali operazioni costituivano un abuso del diritto ove fossero state artificiosamente create con lo scopo principale di beneficiare del dazio agevolato. Il processo di accertamento dell’abuso del diritto impone al giudice nazionale di prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze del caso, comprese le operazioni commerciali precedenti e successive all’importazione in questione. In particolare, il giudice nazionale competente deve esaminare il disegno globale e la struttura delle operazioni e le relazioni tra le diverse parti al fine di determinare se, qualora non vi fosse stato il vantaggio di pagare un dazio inferiore, l’intera serie di operazioni avrebbe avuto luogo oppure no.

    Ove si constati una violazione dell’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98 per abuso del diritto, gli atti che costituiscono un siffatto abuso corrispondono alla condotta descritta dall’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità. Qualora si sia constatato un abuso del diritto in circostanze come quelle in questione, un operatore tradizionale ottiene un vantaggio indebito che pregiudica il bilancio dell’Unione ai sensi del regolamento n. 2988/95 se i dazi doganali fondati sul dazio agevolato in base a cui le banane sono state importate erano inferiori ai dazi doganali che l’operatore avrebbe pagato se avesse importato esso stesso le banane in questione. Se un’obbligazione doganale sussiste dopo lo sdoganamento, i dazi non riscossi possono essere recuperati sulla base del codice doganale comunitario (ed eventualmente sulla base di altre norme del diritto nazionale). Ciò deve avvenire conformemente alle norme generali di cui al regolamento n. 2988/95.


    ( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

    ( 2 ) Regolamento (CE) n. 2362/98 della Commissione, del 28 ottobre 1998, recante modalità d’applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, con riguardo al regime d’importazione delle banane nella Comunità (GU L 293, pag. 32), come modificato dal regolamento (CE) n. 756/1999 della Commissione, del 12 aprile 1999 (GU L 98, pag. 10) e dal regolamento (CE) n. 1632/2000 della Commissione, del 25 luglio 2000 (GU L 187, pag. 27). Ora è in vigore un diverso regime regolamentare; ma i fatti in questione risalgono al 1999-2000 e pertanto si applicava il regolamento n. 2362/98, come modificato.

    ( 3 ) Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU L 312, pag. 1).

    ( 4 ) V. paragrafo 18 infra.

    ( 5 ) V. paragrafo 17 infra.

    ( 6 ) Articolo 1, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, del 13 febbraio 1993, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1). Nel periodo in questione, la versione applicabile, in sostanza, era quella come modificata dal regolamento (CE) n. 1637/98 del Consiglio, del 20 luglio 1998 (GU L 210, pag. 28). Le modifiche apportate dal Regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999 (GU L 160, pag. 80), che è entrato in vigore prima del termine del periodo in questione, non hanno avuto effetto sulle disposizioni in questione nella presente causa.

    ( 7 ) V. regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 256, pag. 1), come modificato.

    ( 8 ) V. paragrafo 6 infra.

    ( 9 ) V. regolamento (CE) n. 2261/98 della Commissione, del 26 ottobre 1998, che modifica l’allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio (GU L 292, pag. 1)

    ( 10 ) Articolo 1, paragrafo 1, del regolamento n. 2362/98.

    ( 11 ) L’articolo 5 stabiliva il procedimento di registrazione ed elencava i documenti da allegare alla domanda.

    ( 12 ) Ai sensi del considerando 4, «le importazioni effettive devono essere determinate in base ai documenti utilizzati per l’immissione in libera pratica, vale a dire titoli d’importazione e documenti doganali pertinenti».

    ( 13 ) Tali capitoli riguardano «ortaggi o legumi, piante, radici e tuberi mangerecci» (capitolo 7), «frutta commestibile; scorze di agrumi o di meloni» (capitolo 8) e «caffè, tè, mate e spezie» (capitolo 9).

    ( 14 ) V. anche il considerando 10 del regolamento n. 2362/98.

    ( 15 ) V. paragrafo 31 infra.

    ( 16 ) Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1), come modificato (in prosieguo: il «codice doganale comunitario»).

    ( 17 ) Regolamento (CEE) n. 3719/88 della Commissione, del 16 novembre 1988, che stabilisce le modalità comuni d’applicazione del regime dei titoli d’importazione, di esportazione e di fissazione anticipata relativi ai prodotti agricoli (GU L 331, pag. 1). Tale regolamento è stato modificato più volte ed infine abrogato dal regolamento (CE) n. 1291/2000 della Commissione, del 9 giugno 2000, che stabilisce le modalità comuni d’applicazione del regime dei titoli d’importazione, di esportazione e di fissazione anticipata relativi ai prodotti agricoli (GU L 152, pag. 1).

    ( 18 ) V., in particolare, paragrafo 46 supra.

    ( 19 ) V., per esempio, sentenze Accor, C‑310/09, EU:C:2011:581, punto 37 e giurisprudenza citata, e ProRail, C‑322/11, EU:C:2013:87, punto 30 e giurisprudenza citata.

    ( 20 ) V., per esempio, sentenza Kušionová, C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 38 e giurisprudenza citata.

    ( 21 ) Confrontare con la definizione di operatore tradizionale di cui all’articolo 3. V. anche il considerando 13 del regolamento n. 404/93. Qualora un richiedente abbia in precedenza importato banane (senza, tuttavia, raggiungere la soglia necessaria per lo status di operatore tradizionale), i requisiti di cui all’articolo 7, lettera a), si applicavano pienamente, salvo diversa disposizione, a tali importazioni sia prima della registrazione che al momento della stessa perché le banane rientrano nel capitolo 8 della NC.

    ( 22 ) V. articolo 20 del regolamento n. 2362/98.

    ( 23 ) V. considerando 14 del regolamento n. 2362/98.

    ( 24 ) V., per esempio, considerando 6 e 7 del regolamento n. 2362/98.

    ( 25 ) Regolamento (CE) n. 896/2001 della Commissione, del 7 maggio 2001, recante modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio in ordine al regime di importazione delle banane nella Comunità (GU L 126, pag. 6), come modificato e corretto.

    ( 26 ) V. nota 2.

    ( 27 ) Sentenza Di Lenardo e Dilexport, C‑37/02 e C‑38/02, EU:C:2004:443, punto 84.

    ( 28 ) Sentenza Di Lenardo e Dilexport, EU:C:2004:443, punto 87.

    ( 29 ) Articolo 3 del regolamento n. 2362/98.

    ( 30 ) Articolo 10 del regolamento n. 2362/98.

    ( 31 ) V. articolo 8, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2362/98. V. anche articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 2362/98, applicabile alla registrazione degli operatori tradizionali e nuovi arrivati, che imponeva che essi fossero «costituiti conformemente alla rispettiva normativa nell’esercizio delle attività economiche in oggetto».

    ( 32 ) La conseguenza è che i beni sono «in libera pratica», che significa che (i) sono «state adempiute in tale Stato le formalità di importazione e riscossi i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente esigibili» e (ii) non hanno «beneficiato di un ristorno totale o parziale di tali dazi e tasse» (v. articolo 29 TFUE). Ai sensi dell’articolo 79 del codice doganale comunitario, «[e]ssa implica l’applicazione delle misure di politica commerciale, l’espletamento delle altre formalità previste per l’importazione di una merce, nonché l’applicazione dei dazi legalmente dovuti».

    ( 33 ) V. il considerando 15 del regolamento n. 404/93 (il corsivo è mio).

    ( 34 ) V., per esempio, FAO, «The Changing Role of Multinational Companies in the Global Banana Trade» (www.fao.org/docrep/019/i3746e/i3746e.pdf); e i dati UNCTAD (www.unctad.info/en/Infocomm/Agricultural_Products/Banana).

    ( 35 ) V. considerando 6 del regolamento n. 2362/98.

    ( 36 ) Sentenza Germania/Consiglio, C‑280/93, EU:C:1994:367, punto 86.

    ( 37 ) Sentenza SICES e a., C‑155/13, EU:C:2014:145. V. paragrafo 89 infra.

    ( 38 ) Regolamento (CE) n. 341/2007 della Commissione, del 29 marzo 2007, recante apertura e modalità di gestione di contingenti tariffari e istituzione di un regime di titoli di importazione e certificati d’origine per l’aglio e alcuni altri prodotti agricoli importati da paesi terzi (GU L 90, pag. 12). L’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 341/2007 dispone che «(…) i diritti derivanti dai titoli “A” non sono trasferibili». Quanto ai titoli “A”, v. successiva nota 41.

    ( 39 ) Sentenza SICES e a., EU:C:2014:145, punto 34 e giurisprudenza citata. V. anche le mie conclusioni nella causa Vonk Dairy Products, C‑279/05, EU:C:2006:373, paragrafi 61 e 64.

    ( 40 ) V., in particolare, articolo 4, paragrafi 2 e 3, di tale regolamento.

    ( 41 ) I «titoli “A”» erano i titoli di importazione per l’aglio immesso in libera pratica nell’ambito dei diversi contingenti elencati per gli importatori tradizionali e per i nuovi importatori di aglio dall’Argentina, dalla Cina e da altri paesi terzi. V. articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 341/2007.

    ( 42 ) V. considerando 14 del regolamento n. 341/2007.

    ( 43 ) Sentenza SICES e a., EU:C:2014:145, punti da 31 a 34.

    ( 44 ) Sentenza SICES e a., EU:C:2014:145, punto 28.

    ( 45 ) Sentenza SICES e a., EU:C:2014:145, punti 35 e 36.

    ( 46 ) Sentenza SICES e a., EU:C:2014:145, punti da 37 a 39.

    ( 47 ) Mi pare che possa esservi qualche incertezza sul fatto che il riferimento da parte della Corte (nella versione inglese della sentenza) all’«abuse of rights» [abuso di diritti] riguardi di fatto una situazione più correttamente configurabile come «abuse of law» [abuso del diritto], assumendo che si tratti di una distinzione valida ai sensi del diritto dell’Unione. V. ad esempio, Saidé, A., Abuse of EU Law and Regulation of the Internal Market (Oxford, Hart, 2014), pagg. 16-43.

    ( 48 ) V. sentenza SICES e a., EU:C:2014:145, punto 30 e giurisprudenza citata.

    ( 49 ) Sullo scopo dei titoli di importazione, v. precedente paragrafo 30.

    ( 50 ) V. precedenti paragrafi da 66 a 68 e da 77 a 79.

    ( 51 ) V., per esempio, sentenza Emsland-Stärke, C‑110/99, EU:C:2000:695, punto 59.

    ( 52 ) Sentenza SICES e a., EU:C:2014:145, punto 33 e giurisprudenza citata.

    ( 53 ) V. supra paragrafi da 74 a 76.

    ( 54 ) Articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 2988/95.

    ( 55 ) Irregolarità che non hanno impatto finanziario preciso e agevolmente quantificabile possono nondimeno arrecare un serio pregiudizio agli interessi finanziari dell’Unione europea: v., per esempio, sentenza Chambre de commerce et d’industrie de l’Indre, C‑465/10, EU:C:2011:867, punto 47 e giurisprudenza citata.

    ( 56 ) Infatti, la proposta iniziale di quello che è diventato il regolamento n. 2988/95 distingueva, nel definire il suo ambito di applicazione, tra frode, abuso e qualsiasi altra inosservanza di obblighi previsti dalla regolamentazione relativa alle entrate delle Comunità o alla concessione di aiuti, sovvenzioni o qualsiasi altro beneficio. Congiuntamente, queste erano descritte come «irregolarità». In tale proposta, l’articolo 3, paragrafo 1, definiva l’abuso del diritto come «gli atti commessi nell’intento di ottenere vantaggi indebiti, ponendo in essere una situazione formalmente conforme alle condizioni legali, attraverso operazioni fittizie od artificiose, sprovviste di una motivazione economica pertinente e contrarie alle finalità della normativa comunitaria di cui trattasi». V. Proposta di regolamento (CE, Euratom) del Consiglio relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità, COM(94) 214 def..

    ( 57 ) Sentenza Christosoulou e a., C‑116/12, EU:C:2013:825, punto 67 e giurisprudenza citata. La Corte ha inizialmente assunto tale posizione in una causa a cui il regolamento n. 2988/95 non si applicava ratione temporis: Emsland-Stärke, EU:C:2000:695, punto 56.

    ( 58 ) V. sentenza Christosoulou e a., EU:C:2013:825, punto 68.

    ( 59 ) V., per esempio, sentenza Pometon, C‑158/08, EU:C:2009:349, punto 29 (relativa al dumping e al regime di perfezionamento attivo).

    ( 60 ) V. sentenza SOMVAO, C‑599/13, EU:C:2014:2462, punto 37 e giurisprudenza citata.

    ( 61 ) V. sentenza SGS Belgium e a., C‑367/09, EU:C:2010:648, punto 40. La conclusione era basata sulla considerazione che, ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 2, TFUE, «[g]li Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari».

    ( 62 ) V., per esempio, sentenze Halifax e a., C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 98 (che non fa riferimento al regolamento n. 2988/95), e Pometon, EU:C:2009:349, punti da 27 a 30 (che fa riferimento all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 2988/95 per le conseguenze dell’abuso ma non menziona la necessità di una base giuridica distinta per le misure amministrative in questione).

    ( 63 ) Un’interpretazione alternativa di tale giurisprudenza potrebbe essere quella in base a cui, ove vi sia una base giuridica espressa per il recupero in normative applicabili alla questione specifica, deve essere utilizzata la base giuridica più specifica invece della disposizione generale di cui all’articolo 4 del regolamento n. 2988/95. Tuttavia, una siffatta base giuridica distinta potrebbe non esistere. Né, a mio avviso, è evidente (nonostante il considerando 5) che una siffatta base giuridica distinta sia necessaria per recuperare un vantaggio indebito in circostanze altrimenti ricomprese nell’ambito di applicazione del regolamento n. 2988/95.

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