Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62013CC0503

    Conclusioni dell’avvocato generale Y. Bot, presentate il 21 ottobre 2014.
    Boston Scientific Medizintechnik GmbH contro AOK Sachsen-Anhalt – Die Gesundheitskasse e Betriebskrankenkasse RWE.
    Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Bundesgerichtshof.
    Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Responsabilità per danno da prodotti difettosi – Direttiva 85/374/CEE – Articoli 1, 6, paragrafo 1, e 9, primo comma, lettera a) – Stimolatore cardiaco (pacemaker) e defibrillatore automatico impiantabile – Rischio di guasto del prodotto – Lesione personale – Espianto del prodotto asseritamente difettoso e impianto di un altro prodotto – Rimborso dei costi dell’operazione.
    Cause riunite C-503/13 e C-504/13.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:2306

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    YVES BOT

    presentate il 21 ottobre 2014 ( 1 )

    Cause riunite C‑503/13 e C‑504/13

    Boston Scientific Medizintechnik GmbH

    contro

    AOK Sachsen-Anhalt – Die Gesundheitskasse (C‑503/13)

    Betriebskrankenkasse RWE (C‑504/13)

    [domande di pronuncia pregiudiziale

    proposte dal Bundesgerichtshof (Germania)]

    «Rinvio pregiudiziale — Direttiva 85/374/CEE — Responsabilità per danno da prodotti difettosi — Difetto del prodotto — Caratterizzazione — Pacemaker e defibrillatori automatici impiantati nel corpo umano — Dispositivi appartenenti a un gruppo di prodotti che presentano un rischio di guasto sensibilmente superiore alla norma o che, in numero consistente, hanno già presentato un guasto»

    1. 

    Con le presenti domande di pronuncia pregiudiziale, la Corte è invitata a pronunciarsi sull’interpretazione degli articoli 1, 6, paragrafo 1, e 9, prima frase, lettera a), della direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi ( 2 ).

    2. 

    In particolare, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) chiede alla Corte di precisare la portata della nozione di difettosità del prodotto e di quella di danno risarcibile a norma di tale direttiva, nel contesto di controversie sorte in seguito ad interventi chirurgici di espianti di pacemaker e di un defibrillatore cardiaco.

    3. 

    Nelle presenti conclusioni, sosterrò in primo luogo che un dispositivo medico impiantato nel corpo di un paziente deve essere considerato difettoso, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 85/374, quando ha le stesse caratteristiche di altri dispositivi che risultano presentare un rischio di guasto sensibilmente superiore alla norma o che hanno già presentato, in numero consistente, dei guasti. Infatti, l’appartenenza di un determinato prodotto a un gruppo di prodotti difettosi permette di ritenere che esso stesso nasconda un potenziale guasto non conforme alla legittima aspettativa di sicurezza dei pazienti.

    4. 

    In secondo luogo, illustrerò che i pregiudizi connessi all’intervento chirurgico preventivo di espianto di un dispositivo medico difettoso e di impianto di un nuovo dispositivo integrano un danno causato da lesioni personali, ai sensi dell’articolo 9, prima frase, lettera a), della direttiva 85/374, e che il produttore del prodotto difettoso è responsabile di tali pregiudizi qualora presentino un nesso causale con il difetto, il che spetta al giudice nazionale verificare tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti, in particolare accertando se l’intervento chirurgico fosse necessario per prevenire la realizzazione del rischio di guasto derivante dal difetto del prodotto.

    I – Il contesto normativo

    A – La direttiva 85/374

    5.

    L’articolo 1 della direttiva 85/374 enuncia il principio secondo cui «[i]l produttore è respons[a]bile del danno causato da un difetto del suo prodotto», mentre l’articolo 4 di tale direttiva precisa che «[i]l danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e danno».

    6.

    L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva in parola così dispone:

    «Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui:

    a)

    la presentazione del prodotto,

    b)

    l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato,

    c)

    il momento della messa in circolazione del prodotto».

    7.

    Inoltre, l’articolo 9 della direttiva 85/374 prevede quanto segue:

    «Ai sensi dell’articolo 1, per “danno” si intende:

    a)

    il danno causato dalla morte o da lesioni personali,

    b)

    il danno o la distruzione di una cosa diversa dal prodotto difettoso (...)

    Il presente articolo lascia impregiudicate le disposizioni nazionali relative ai danni morali».

    B – Il diritto tedesco

    8.

    La direttiva 85/374 è stata trasposta nel diritto tedesco dalla legge sulla responsabilità da prodotti difettosi (Gesetz über die Haftung für fehlerhafte Produkte) del 15 dicembre 1989 ( 3 ), come modificata ( 4 ).

    9.

    Ai sensi dell’articolo 1 di tale legge:

    «1.   Qualora un prodotto difettoso provochi il decesso di una persona o lesioni personali o danni alla salute di una persona o a cose, il produttore deve risarcire al danneggiato i danni che ne derivano. Nell’ipotesi di danno a una cosa, tale principio vale solo se il danno colpisce una cosa diversa dal prodotto difettoso e purché quest’altra cosa sia del tipo normalmente destinato all’uso o consumo privato e sia stata utilizzata dal danneggiato principalmente a tal fine.

    (...)

    4.   Sul danneggiato grava l’onere di provare il difetto, il danno ed il nesso causale tra difetto e danno (...)».

    10.

    L’articolo 3 di detta legge così dispone:

    «Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui:

    a)

    la presentazione del prodotto;

    b)

    l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato;

    c)

    il momento della messa in circolazione del prodotto (...)».

    11.

    A norma dell’articolo 8 della legge del 15 dicembre 1989:

    «In caso di lesioni personali o danni causati alla salute di una persona, dovrebbero essere risarcite le spese sostenute dal danneggiato per le cure nonché i danni patrimoniali subiti da quest’ultimo a seguito delle lesioni, a causa dell’inabilità al lavoro totale o parziale, temporanea o permanente, o a causa dell’accrescimento temporaneo o permanente dei suoi bisogni».

    II – Fatti all’origine della controversia e questioni pregiudiziali

    12.

    La B. Corporation, divenuta la B. S. Corporation, è una società di diritto americano che produce e commercializza pacemaker nonché defibrillatori automatici impiantabili.

    13.

    La G. GmbH & Co. Medizintechnik KG ( 5 ), successivamente fusa con la Boston Scientific Medizintechnik GmbH ( 6 ), importava e commercializzava pacemaker di tipo Guidant Pulsar 470 e Guidant Meridian 976 nonché defibrillatori automatici impiantabili di tipo G. CONTAK RENEWAL ® 4 AVT ® 6, fabbricati dalla B. S. Corporation.

    A – I fatti della causa C‑503/13

    14.

    Con lettera del 22 luglio 2005, intitolata «Informazioni di sicurezza urgenti riguardanti dispositivi medici e interventi correttivi», la G. GmbH ha informato i medici che il proprio sistema di controllo qualità aveva accertato che un componente utilizzato nei pacemaker per sigillarli ermeticamente era soggetto a un eventuale progressivo degrado che poteva avere come conseguenza l’esaurimento precoce della pila con perdita di telemetria e/o perdita della terapia stimolante senza preavviso.

    15.

    Di conseguenza, la G. GmbH ha raccomandato ai medici, in particolare, di prendere in considerazione la sostituzione degli apparecchi impegnandosi a mettere gratuitamente a disposizione dei pazienti apparecchi sostitutivi.

    16.

    A seguito di tale raccomandazione, i pacemaker impiantati a B nel mese di settembre del 1999 e a W nel mese di aprile del 2000 sono stati sostituiti rispettivamente il 27 settembre 2005 e il 25 novembre 2005 con altri pacemaker forniti gratuitamente dal fabbricante.

    17.

    L’AOK Sachsen-Anhalt – Die Gesundheitskasse, ente di assicurazione sanitaria surrogato nei diritti di B e W, ha chiesto alla BS. GmbH il rimborso dei costi connessi alla posa iniziale dei pacemaker, che ammontavano a EUR 2 655,38 per B e a EUR 5 914,07 per W.

    18.

    Con sentenza del 25 maggio 2011, l’Amtsgericht Stendal (tribunale circoscrizionale di Stendal, Germania) ha accolto detta domanda. Poiché il 10 maggio 2012 il ricorso in appello proposto dalla BS. GmbH contro tale decisione è stato respinto dal Landgericht Stendal (tribunale regionale di Stendal, Germania), la BS. GmbH ha proposto un ricorso per cassazione (Revision) dinanzi al Bundesgerichtshof.

    B – I fatti della causa C‑504/13

    19.

    Con lettera del mese di giugno del 2005, intitolata «Informazioni di sicurezza urgenti in materia di dispositivi medici e interventi correttivi per CONTAK RENEWAL ®», la G. GmbH ha informato i medici che il proprio sistema di controllo qualità aveva accertato che i defibrillatori potevano presentare un difetto relativo ad un componente, il quale poteva limitare la disponibilità della terapia e che la Food and Drug Administration (Agenzia per gli alimenti e i medicinali) degli Stati Uniti avrebbe potuto qualificare tale provvedimento come un provvedimento di richiamo. Dall’analisi tecnica risultava che un interruttore magnetico poteva rimanere bloccato in posizione chiusa e che, quando la funzione «uso del magnete» dell’apparecchio era attivata, ciò aveva come conseguenza di impedire il trattamento delle aritmie ventricolari e atriali. In tali circostanze, la G. GmbH ha raccomandato di disattivare l’interruttore magnetico dei defibrillatori.

    20.

    Il 2 marzo 2006, il defibrillatore che portava F è stato sostituito anticipatamente.

    21.

    La Betriebskrankenkasse RWE, ente di assicurazione sanitaria surrogato nei diritti di F, ha chiesto il rimborso dei costi del trattamento in degenza e ambulatoriale di F – rispettivamente di EUR 20 315,01 e di EUR 122,50 – connessi all’intervento di sostituzione del defibrillatore.

    22.

    Con sentenza del 3 febbraio 2011, il Landgericht Düsseldorf (tribunale regionale di Düsseldorf, Germania) ha accolto tale domanda. In seguito al ricorso in appello della BS. GmbH, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (tribunale regionale superiore di Düsseldorf, Germania), con sentenza del 20 giugno 2012, ha parzialmente riformato detta decisione e ha condannato la BS. GmbH al pagamento della somma di EUR 5 952,80, unitamente agli interessi. La BS. GmbH ha proposto un ricorso per cassazione (Revision) contro quest’ultima sentenza dinanzi al giudice del rinvio, chiedendo che la domanda della Betriebskrankenkasse RWE fosse integralmente respinta.

    C – Le questioni pregiudiziali

    23.

    In tale contesto, il Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1.

    Se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 85/374 (...) debba essere interpretato nel senso che un prodotto, laddove si tratti di un dispositivo medico impiantato nel corpo umano (nella presente fattispecie: un pacemaker [e un defibrillatore automatico impiantabile]), sia da considerarsi difettoso già per il fatto che pacemaker dello stesso gruppo presentino un rischio di guasto sensibilmente superiore [o qualora sia emerso un malfunzionamento in un numero considerevole di defibrillatori della stessa serie], ma nel dispositivo impiantato nel caso specifico non siano state riscontrate anomalie.

    2.

    Nell’ipotesi di risposta affermativa alla prima questione:

    Se le spese relative all’intervento di espianto del dispositivo e di impianto di un altro pacemaker [o di un altro defibrillatore] rientrino tra i danni causati da lesioni personali ai sensi degli articoli 1 e 9, prima frase, lettera a), della direttiva 85/374 (...)».

    III – Analisi

    A – Sulla prima questione pregiudiziale

    24.

    Nella causa C‑503/13, il Bundesgerichtshof rileva che i pacemaker inizialmente impiantati facevano parte di un gruppo di prodotti per cui sussisteva una probabilità di guasto da 17 a 20 volte più elevata rispetto alla norma e, nella causa C‑504/13, che il defibrillatore automatico impiantato faceva parte di una famiglia di prodotti che potevano presentare il difetto di un componente avente come conseguenza di limitare la disponibilità della terapia. Alla luce di questi elementi, il giudice a quo è propenso a ritenere che i pacemaker impiantati alle assicurate B e W e il defibrillatore automatico impiantato all’assicurato F debbano parimenti essere qualificati come prodotti difettosi, posto che tali apparecchi non offrivano la sicurezza che ci si poteva legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze. Tuttavia, il Bundesgerichtshof dubita della possibilità di riconoscere l’esistenza di una difettosità mentre non è stato accertato che gli apparecchi impiantati agli assicurati B, W e F presentassero il difetto di cui la G. GmbH aveva informato i medici.

    25.

    Questa è la ragione che ha indotto il giudice del rinvio a sollevare la questione se, in sostanza, un dispositivo medico impiantabile attivo debba essere considerato difettoso qualora corrisponda a un modello di prodotti per cui il rischio di guasto è sensibilmente superiore alla norma o qualora si sia già evidenziato un difetto in un numero considerevole di prodotti dello stesso modello.

    26.

    A mio avviso, occorre rispondere in senso affermativo a tale quesito.

    27.

    La nozione di prodotto difettoso è una nozione fondamentale per l’applicazione del regime specifico di responsabilità oggettiva dei produttori conseguente alla mancanza di sicurezza dei loro prodotti istituito dalla direttiva 85/374, poiché rappresenta il fatto che determina la responsabilità.

    28.

    A norma dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 85/374, un prodotto difettoso è un prodotto che non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze e, in particolare, della presentazione del prodotto, dell’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e del momento della messa in circolazione del prodotto. Il sesto considerando della direttiva in parola precisa che «per proteggere il consumatore nella sua integrità fisica e nei suoi beni è necessario che il carattere difettoso di un prodotto sia determinato non già in base alla carenza del prodotto dal punto di vista del suo uso, bensì in base alla mancanza della sicurezza che il grande pubblico può legittimamente attendersi» ( 7 ).

    29.

    Conformemente alla dimensione oggettiva delle disposizioni sancite dalla direttiva 85/374 ( 8 ) e come testimonia l’uso del pronome indefinito «si» e dell’avverbio «legittimamente», la nozione di difetto va valutata in abstracto in funzione non già di un particolare utente, bensì del pubblico in generale, tenendo conto della normale sicurezza che il consumatore ha ragionevolmente diritto di aspettarsi. La natura oggettiva della nozione di difetto è tuttavia temperata dalla presa in considerazione di circostanze più concrete, «tra cui» l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato.

    30.

    La nozione di sicurezza che ci si può legittimamente attendere ( 9 ), relativamente imprecisa e dal contenuto indeterminato, lascia un margine interpretativo che, tuttavia, va utilizzato entro i limiti imposti dal rispetto degli obiettivi della direttiva 85/374. Se interpretata alla luce dell’obiettivo enunciato al secondo considerando di tale direttiva – consistente nell’adeguata soluzione del problema di una giusta attribuzione dei rischi inerenti alla produzione tecnica moderna – la nozione in parola va intesa come riferita al prodotto che presenta rischi che compromettono la sicurezza del suo utilizzatore e che hanno natura anomala, irragionevole, superiori ai normali rischi connessi al suo uso. La mancanza di sicurezza, dunque, non risiede nel pericolo che può caratterizzare l’uso del prodotto – poiché un prodotto può essere pericoloso senza per questo presentare una mancanza di sicurezza – bensì nelle anomale potenzialità di danno che il prodotto può causare alla persona o ai beni del suo utilizzatore. In altri termini, il difetto, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 85/374, è un rischio di danno che presenta un grado di gravità tale da pregiudicare la legittima aspettativa di sicurezza del pubblico ( 10 ).

    31.

    Alla luce di tale definizione, ritengo che la sola possibilità di un guasto dei pacemaker impiantati a B e a W e del defibrillatore impiantato a F costituisca un difetto ai sensi dell’articolo in questione, poiché questa sicurezza carente è ciò che ci si poteva legittimamente attendere, avendo scarso rilievo la circostanza che non sia stato dimostrato in concreto che detti dispositivi presentassero effettivamente l’anomalia intrinseca rilevata dal fabbricante.

    32.

    In primo luogo, tale soluzione mi sembra in ampia misura imposta dalla stessa lettera dell’articolo de quo, da cui risulta che la nozione di difetto del prodotto deve essere valutata unicamente avendo riguardo alla sicurezza e può sussistere a prescindere da qualsiasi vizio occulto del prodotto interessato.

    33.

    Come già rilevato dalla Corte, la responsabilità per danno da prodotti difettosi ha un fondamento differente dalla garanzia dei vizi occulti ( 11 ). La circostanza che la determina consiste non già nel vizio del prodotto, bensì nel fatto che quest’ultimo non offra la sicurezza che ci si può legittimamente attendere. Orbene, a prescindere dall’accertamento dell’esistenza di un’anomalia materiale, come potrebbe il pubblico non dubitare legittimamente della sicurezza di un prodotto che presenta esattamente le stesse caratteristiche di altri prodotti i quali risultano nascondere un rischio di guasto ben superiore alla norma o che hanno già presentato, in numero consistente, dei guasti? Dal punto di vista degli utenti, è evidente che l’identità di un prodotto rispetto ad altri prodotti per quanto attiene alla progettazione e alla fabbricazione conduce ad assimilarlo a questi ultimi riguardo al rischio di guasto.

    34.

    In secondo luogo, la soluzione che auspico è imposta anche dalle esigenze di protezione del consumatore.

    35.

    A tal proposito, va rilevato che, se è vero che la direttiva 85/374, istituendo un regime armonizzato di responsabilità civile dei produttori per i danni causati dai prodotti difettosi, risponde all’obiettivo di assicurare una concorrenza non falsata tra gli operatori economici e di facilitare la libera circolazione delle merci, la protezione del consumatore compare parimenti tra i suoi obiettivi essenziali, come emerge in particolare dall’esame dei lavori preparatori che hanno condotto alla sua adozione nonché dal suo preambolo e, segnatamente, dai considerando primo, quarto, quinto, ottavo, nono e dodicesimo.

    36.

    Tale constatazione non può essere inficiata dalla circostanza che la direttiva 85/374 ha per fondamento normativo l’articolo 100 del Trattato CEE, divenuto l’articolo 94 CE e successivamente l’articolo 115 TFUE, relativo al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione e sul funzionamento del mercato comune. Infatti, sebbene tale disposizione non preveda alcuna possibilità, per gli Stati membri, di mantenere o di introdurre norme in deroga a disposizioni comunitarie di armonizzazione ( 12 ), sia pure per assicurare ai consumatori un livello di protezione più elevato, ciò non significa che le misure di armonizzazione adottate in base ad essa non abbiano come obiettivo quello di garantire la protezione del consumatore.

    37.

    Orbene, la protezione che la direttiva 85/374 intende accordare ai consumatori sarebbe seriamente compromessa se, in caso di immissione sul mercato di un certo numero di prodotti dello stesso modello con manifestazione di una carenza di sicurezza soltanto rispetto a taluni di questi prodotti, non si potesse prendere in considerazione la probabilità che la carenza in questione sia presente in altri prodotti. In realtà, sarebbe rimessa in discussione anche tutta la normativa dell’Unione europea relativa alla sicurezza dei prodotti se, in tale ipotesi, occorresse attendere che il rischio di guasto connesso a una carenza di sicurezza dimostrata riguardo a taluni prodotti si concretizzi per gli altri prodotti mediante il verificarsi di un danno.

    38.

    Subordinare la prova della mancanza di sicurezza alla realizzazione del danno equivarrebbe ad ignorare la funzione preventiva assegnata alla normativa dell’Unione relativa alla sicurezza dei prodotti offerti sul mercato e allo specifico regime di responsabilità risultante dalla direttiva 85/374 ( 13 ), che persegue chiaramente una funzione di profilassi con l’attribuzione della responsabilità a colui che, avendo fornito il contributo più diretto alla creazione del rischio fabbricando un prodotto difettoso, è la persona che meglio può porvi rimedio ed evitare i danni con il minor costo possibile ( 14 ).

    39.

    In terzo luogo, l’approccio che propongo è corroborato dalla necessaria integrazione delle preoccupazioni sanitarie nella politica dell’Unione.

    40.

    Infatti, occorre tener conto degli articoli 168, paragrafo 1, TFUE e 35, seconda frase, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, i quali richiedono che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione sia garantito un livello elevato di protezione della salute umana.

    41.

    Posto che le esigenze di protezione della salute umana devono essere integrate in tutte le politiche dell’Unione, una siffatta tutela deve essere considerata come un obiettivo facente parte altresì della politica di armonizzazione delle disposizioni degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi.

    42.

    In considerazione di tale obiettivo, la finalità sanitaria dei prodotti sanitari destinati all’uomo conferisce loro un’innegabile specificità di cui si deve tener conto nella valutazione della nozione di difetto.

    43.

    Sebbene le disposizioni della direttiva 85/374 siano applicabili a tutti i prodotti, qualunque essi siano, resta il fatto che un pacemaker o un defibrillatore cardiaco impiantabili non sono prodotti come gli altri. Tali apparecchi costituiscono dispositivi medici impiantabili attivi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 90/385/CEE del Consiglio, del 20 giugno 1990, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi ( 15 ). Per ottenere il marchio «CE» di conformità che ne autorizza l’immissione sul mercato, detti dispositivi devono soddisfare i requisiti essenziali elencati all’allegato I della direttiva in parola. L’allegato I, parte I, punto 1, prima frase, della direttiva prevede, in particolare, che i dispositivi debbano essere progettati e fabbricati in modo tale che il loro impiego non comprometta lo stato clinico né la sicurezza dei pazienti, quando siano impiantati alle condizioni e per i fini previsti.

    44.

    La specificità dei dispositivi in questione nel procedimento principale è illustrata altresì dalla posizione che essi occupano nella classificazione che risulta dalla direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici ( 16 ). Conformemente alle regole che compaiono all’allegato IX di detta direttiva, tali prodotti rientrano nella classe III ( 17 ) che, secondo il quattordicesimo considerando della direttiva in parola, corrisponde ai dispositivi più critici per i quali l’immissione in commercio presuppone un’esplicita autorizzazione di conformità preliminare.

    45.

    Benché la nozione di aspettativa legittima sia particolarmente delicata da definire e la sua percezione implichi una certa soggettività, si può affermare che il grado di sicurezza atteso, il quale dipende, in particolare, dalla natura del prodotto e dalla sua destinazione, sarà più significativo per un dispositivo impiantato nel corpo umano – che, del resto, non si capisce come potrebbe essere oggetto di un uso non conforme da parte del paziente – rispetto ad una bottiglia di acqua o ad un prodotto per la pulizia.

    46.

    Contrariamente a quanto affermato in udienza dalla BS. GmbH, mi sembra evidente che la legittima aspettativa di un paziente a cui è stato impiantato nel corpo un pacemaker o un defibrillatore cardiaco a causa della malattia da cui è affetto non è paragonabile a quella di un utente di telefono cellulare la cui batteria sia oggetto di un’usura prematura.

    47.

    Gli argomenti sviluppati in udienza dalla BS. GmbH mi inducono a soffermarmi alcuni istanti sull’irriducibile specificità dei dispositivi medici impiantati nel corpo umano. Per avere un’idea un po’ più precisa delle funzioni terapeutiche dei pacemaker e dei defibrillatori cardiaci, farò riferimento alle schede di informazione e consenso elaborate dalla Società francese di cardiologia ( 18 ).

    48.

    Il pacemaker è ivi presentato come «una scatola di piccole dimensioni, contenente circuiti elettronici alimentati da una batteria, collegata al cuore da una, due o tre sonde a seconda dei casi [e] capace di monitorare in modo continuativo il ritmo cardiaco, in particolare qualora sia anomalo, nonché di stimolarlo ove necessario senza la benché minima sensazione sgradevole». La scheda precisa che il posizionamento di un pacemaker costituisce «un trattamento ordinario, affidabile ed efficace di talune malattie cardiache (che, per lo più, si traducono in un significativo rallentamento del ritmo cardiaco) le quali non possono essere controllate mediante l’assunzione di medicinali», aggiungendo che «la stimolazione cardiaca talvolta è utilizzata anche nel trattamento dell’insufficienza cardiaca». Essa afferma che, dopo vari anni, dovrà essere effettuata una sostituzione della scatola, tenuto conto dell’usura della batteria.

    49.

    Il defibrillatore automatico impiantabile è descritto come «una scatola alimentata da una batteria (...) capace di monitorare in modo continuativo il ritmo cardiaco, di individuare i ritmi anomali e di trattarli mediante una stimolazione rapida, che non viene percepita, o attraverso uno shock elettrico interno». Si afferma inoltre che tale apparecchio svolge la funzione di un pacemaker e che, dopo essere stato posizionato a livello della parte superiore del torace nel corso di una procedura chirurgica, è collegato al cuore da una, due o tre sonde introdotte per via venosa. Le indicazioni mediche a cui rispondono gli apparecchi in questione sono descritte nel modo seguente:

    «Le viene proposto l’inserimento di un defibrillatore automatico impiantabile (ICD) in quanto si trova in una delle due situazioni seguenti:

    soffre di una malattia cardiaca che La espone a un rischio di morte improvvisa in relazione al sopraggiungere, nei mesi o negli anni a venire, di gravi alterazioni del ritmo cardiaco. Quest’ultime sono dovute ad accelerazioni intempestive della frequenza cardiaca e talvolta possono essere mortali, qualora non siano trattate tempestivamente,

    ha appena subito una grave alterazione del ritmo cardiaco. Il rischio di recidiva è significativo malgrado i trattamenti che potrebbero essere proposti e può condurre alla morte improvvisa».

    50.

    Da questa sommaria descrizione emerge chiaramente che i pacemaker e i defibrillatori cardiaci sono impiantati in persone rese fragili dalla malattia ed esposte a un rischio di decesso.

    51.

    Ricorderò ora brevemente gli accertamenti di fatto svolti dal Bundesgerichtshof riguardo ai modelli di pacemaker e di defibrillatori cardiaci in questione nei procedimenti principali.

    52.

    Per quanto concerne, innanzitutto, i pacemaker, dalle precisazioni contenute nella decisione di rinvio della causa C‑503/13 emerge che, nella sua lettera inviata ai medici nel mese di luglio del 2005, la G. GmbH ha riconosciuto l’esistenza di un difetto di progettazione relativo al componente utilizzato per sigillare ermeticamente le casse e che poteva avere quale conseguenza l’esaurimento prematuro della pila con perdita di telemetria e/o perdita della terapia stimolante senza preavviso. È stato inoltre accertato che i pacemaker impiantati agli assicurati B. e W. facevano parte di un gruppo di prodotti che presentavano un rischio di guasto da 17 a 20 volte più elevato rispetto al rischio abituale per questo tipo di dispositivi.

    53.

    Per quanto attiene, poi, ai defibrillatori, nella causa C‑504/13 il giudice del rinvio ha rilevato che vi era la possibilità di un guasto del commutatore magnetico che può rimanere bloccato in posizione chiusa, impedendo quindi il trattamento delle aritmie ventricolari e atriali.

    54.

    In entrambi i casi, il fatto che apparecchi dello stesso modello siano esposti, per stessa ammissione del loro fabbricante, alla possibilità di un guasto che impedisca il trattamento delle alterazioni del ritmo cardiaco crea evidentemente un pericolo che ha carattere anomalo per pazienti a cui sono stati impiantati siffatti dispositivi. Contrariamente a quanto sostenuto in udienza dalla BS. GmbH, ritengo, a tal proposito, che abbia scarso rilievo la circostanza che i dispositivi non siano per loro natura pericolosi, che non rischino di esplodere nel petto del paziente o di comportare una lesione. Il difetto che presentano li rende anormalmente pericolosi, esponendo i pazienti a un rischio di insufficienza cardiaca o di decesso.

    55.

    Alla luce del complesso delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che un dispositivo medico impiantato nel corpo di un paziente deve essere considerato difettoso, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 85/374, quando ha le stesse caratteristiche di altri dispositivi che risultano presentare un rischio di guasto sensibilmente superiore alla norma o che hanno già presentato, in numero consistente, dei guasti. Infatti, l’appartenenza di un determinato prodotto a un gruppo di prodotti difettosi permette di ritenere che esso stesso nasconda un potenziale guasto non conforme alla legittima aspettativa di sicurezza dei pazienti.

    B – Sulla seconda questione pregiudiziale

    56.

    Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il costo degli interventi di rimozione e di posa di altri pacemaker o defibrillatori cardiaci costituisca un danno causato da una lesione personale ai sensi degli articoli 1 e 9, prima frase, lettera a) della direttiva 85/374.

    57.

    Occorre subito rilevare che dalla lettura congiunta dell’articolo 1 della direttiva 85/374 e dell’articolo 9, prima frase, lettera a), della medesima, emerge l’obbligo per il produttore resosi responsabile per via del difetto del suo prodotto di risarcire «il danno causato dalla morte o da lesioni personali».

    58.

    Come indicato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, va rilevato che le espressioni utilizzate in detto articolo per indicare il danno all’integrità fisica non sono formulate in modo identico in tutte le versioni linguistiche. Infatti, nella versione in lingua tedesca, tale disposizione prevede che il termine «danno» indichi il danno causato dalla morte o da «lesioni» (Körperverletzung) ( 19 ), che possono quindi lasciar intendere che l’obbligo posto a carico del produttore riguardi soltanto i danni verificatisi in seguito ad un incidente caratterizzato dall’azione improvvisa e violenta di una causa esterna, come sostiene il governo ceco.

    59.

    Tuttavia, le versioni in lingua spagnola, francese e portoghese della stessa disposizione rinviano alla nozione di «lesioni fisiche», senza una qualsiasi restrizione, mentre le versioni nelle lingue inglese e italiana fanno riferimento, in modo ancora più generale, ai danni causati da lesioni personali.

    60.

    Orbene, secondo una giurisprudenza costante, un’interpretazione esclusivamente letterale di una o più versioni linguistiche di un testo multilingue del diritto dell’Unione, ad esclusione delle altre, non può essere accolta, giacché l’applicazione uniforme delle norme di diritto dell’Unione richiede che queste siano interpretate, in particolare, alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue ( 20 ). Inoltre, in caso di divergenza tra le versioni linguistiche di una norma del diritto dell’Unione, occorre interpretare la disposizione in questione in funzione del contesto e della finalità della normativa di cui essa fa parte, per garantirne un’interpretazione e un’applicazione uniformi ( 21 ).

    61.

    A tal proposito, per quanto riguarda il contesto in cui si inserisce l’articolo 9, prima frase, lettera a), della direttiva 85/374, occorre rilevare che il preambolo di tale direttiva e, in particolare, i suoi considerando primo e sesto, dimostrano che la nozione di danni causati dalla morte o da lesioni personali deve essere oggetto di un’interpretazione estensiva che comprenda, in opposizione ai danni causati ai beni, tutti i danni causati alla persona stessa dell’utente del prodotto difettoso. Infatti, secondo il primo considerando della direttiva in parola, essa deve garantire la protezione del consumatore contro i «danni causati alla sua salute». Analogamente, il sesto considerando della direttiva 85/374 enuncia l’obiettivo di protezione della «integrità fisica» del consumatore.

    62.

    La mancanza di restrizioni alla presa in carico dei danni all’integrità fisica è corroborata dall’allegato della risoluzione del Consiglio, del 14 aprile 1975, riguardante un programma preliminare della Comunità economica europea per una politica di protezione e di informazione del consumatore ( 22 ),che tra gli obiettivi della politica comunitaria nei confronti dei consumatori cita la protezione dalle conseguenze dei danni corporali causati dalle merci difettose ( 23 ), nonché dalla motivazione della proposta di direttiva presentata dalla Commissione il 9 settembre 1976 ( 24 ), la quale precisa che i danni alla persona comprendono le spese di trattamento e tutte le spese sostenute dalla vittima per ritrovare la propria salute, nonché qualsiasi pregiudizio della sua capacità lavorativa derivante dal danno corporale subito.

    63.

    L’esclusione dei danni prodotti da un intervento chirurgico di espianto di un dispositivo medico difettoso sarebbe, inoltre, in totale contraddizione con l’obiettivo generale di tutela della sicurezza e della salute dei consumatori perseguito dalla direttiva 85/374.

    64.

    Del resto, nella sentenza Veedfald ( 25 ) la Corte ha già dichiarato che, sebbene l’articolo 9 della direttiva 85/374 non contenga una definizione esplicita della nozione di danno e non determini il contenuto preciso dei tipi di danno risarcibile, esso deve essere interpretato nel senso che impone un risarcimento adeguato ed integrale delle vittime per le categorie di danno che contempla, a parte il danno morale, il cui risarcimento dipende esclusivamente dalle norme di diritto nazionale ( 26 ).

    65.

    In definitiva, il fatto che la direttiva 85/374 comprenda il danno causato dalla morte o da lesioni personali è «il minimo» ( 27 ), poiché «lo scopo primario della responsabilità per danno da prodotti è sempre stato, in tutti i paesi, garantire il risarcimento dei danni all’integrità fisica» ( 28 ).

    66.

    Ne deriva che tutti i danni materiali che sono conseguenza di un danno alla persona devono essere integralmente riparati.

    67.

    In tale contesto, mi sembra che negare il risarcimento dei danni derivanti da un intervento chirurgico di espianto di un dispositivo difettoso e di reimpianto di un nuovo dispositivo esente da difetti con il pretesto che il danneggiato ha deciso e programmato tale intervento equivalga ad aggiungere alla direttiva 85/374 una condizione relativa all’immediatezza e all’esteriorità del danno subito che essa non contiene.

    68.

    Inoltre, se spinto alle estreme conseguenze, il ragionamento consistente nel fondarsi sull’iniziativa della vittima per negarle il risarcimento del suo danno porta ad una soluzione assurda e iniqua, che impone alla vittima di essere deceduta per poter far valere un danno risarcibile. Tale soluzione sarebbe, evidentemente, del tutto contraria all’effetto utile della direttiva 85/374.

    69.

    In applicazione dell’articolo 4 della direttiva 85/374, l’obbligo gravante sul produttore, sarà evidentemente subordinato alla prova del nesso causale tra il difetto risultante dal rischio di guasto dei dispositivi e il danno subito dai pazienti, derivante dagli interventi chirurgici preventivi di rimozione degli apparecchi difettosi e di reimpianto di nuovi apparecchi.

    70.

    Come sostiene correttamente il governo francese, al fine di valutare l’esistenza di tale nesso, spetta al giudice nazionale verificare che gli interventi subiti dagli assicurati costituissero misure necessarie e proporzionate, ossia misure atte a prevenire il rischio di guasto in questione e che non possono essere sostituite da altre meno dannose.

    71.

    Nel caso di specie, nella causa C‑503/13, il giudice del rinvio non ha rilevato elementi che potrebbero far sorgere una qualsiasi esitazione in proposito. Al contrario, dai suoi accertamenti risulta che la stessa G. GmbH aveva raccomandato ai medici di prendere in considerazione la sostituzione degli apparecchi e proposto di fornire gratuitamente apparecchi sostitutivi. Un altro elemento pertinente per la valutazione del giudice del rinvio emerge dalla lettera inviata il 22 luglio 2005 dalla G. GmbH la quale, sotto il titolo «indicazione importante», contiene la precisazione secondo cui, mentre la consultazione del programmatore dell’apparecchio può «eventualmente» ( 29 ) permettere di identificare gli apparecchi che presentano già il difetto, per contro non è stato possibile elaborare test che consentano di pronosticare un futuro guasto degli apparecchi.

    72.

    Per contro, nella causa C‑504/13, il giudice del rinvio ha rilevato che il rischio per la salute derivante dal commutatore difettoso poteva essere «efficacemente» prevenuto mediante la semplice disattivazione della funzione magnetica, che non porrebbe il paziente in una situazione di pericolo fisico. In tale contesto, spetterà al giudice del rinvio verificare se la misura in questione costituisse un’alternativa che offriva un livello di sicurezza equivalente alla sostituzione del defibrillatore e se non avrebbe provocato un disturbo per la salute più rilevante di detta sostituzione.

    73.

    Infine, c’è bisogno di evidenziare che le presenti cause si inseriscono in un contesto particolare, caratterizzato dal moltiplicarsi degli scandali sanitari che coinvolgono prodotti sanitari e, in particolare, dispositivi medici impiantabili quali protesi dell’anca, sonde cardiache, protesi del ginocchio o impianti mammari ( 30 )? Poiché tali scandali hanno rivelato le lacune e le carenze dell’attuale sistema di autorizzazione e controllo, la Commissione e gli Stati membri, a fronte dell’emergenza, hanno adottato un piano di azione comune che prevede interventi immediati per ripristinare la fiducia dei pazienti ( 31 ).

    74.

    Il riconoscimento della risarcibilità dei danni prodotti da misure destinate a prevenire un rischio di danno molto più grave è tale da indurre i produttori a migliorare la sicurezza dei loro prodotti e permettere di raggiungere un migliore equilibrio tra l’esigenza di risarcimento delle vittime e l’obiettivo di prevenzione dei danni.

    75.

    Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione dichiarando che i pregiudizi connessi all’intervento chirurgico preventivo di espianto di un dispositivo medico difettoso e di impianto di un nuovo dispositivo integrano un danno causato da lesioni personali, ai sensi dell’articolo 9, prima frase, lettera a), della direttiva 85/374. Il produttore del prodotto difettoso è responsabile di tali pregiudizi qualora presentino un nesso causale con il difetto, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti, in particolare accertando se l’intervento chirurgico fosse necessario per prevenire la realizzazione del rischio di guasto derivante dal difetto del prodotto.

    IV – Conclusione

    76.

    In base alle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesgerichtshof nel modo seguente:

    1)

    Un dispositivo medico impiantato nel corpo di un paziente deve essere considerato difettoso, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, quando ha le stesse caratteristiche di altri dispositivi che risultano presentare un rischio di guasto sensibilmente superiore alla norma o che hanno già presentato, in numero consistente, dei guasti. Infatti, l’appartenenza di un determinato prodotto a un gruppo di prodotti difettosi permette di ritenere che esso stesso nasconda un potenziale guasto non conforme alla legittima aspettativa di sicurezza dei pazienti.

    2)

    I pregiudizi connessi all’intervento chirurgico preventivo di espianto di un dispositivo medico difettoso e di impianto di un nuovo dispositivo integrano un danno causato da lesioni personali, ai sensi dell’articolo 9, prima frase, lettera a), della direttiva 85/374. Il produttore del prodotto difettoso è responsabile di tali pregiudizi qualora presentino un nesso causale con il difetto, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti, in particolare accertando se l’intervento chirurgico fosse necessario per prevenire la realizzazione del rischio di guasto derivante dal difetto del prodotto.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) GU L 210, pag. 29.

    ( 3 ) BGBl. 1989 I, pag. 2198.

    ( 4 ) In prosieguo: la «legge del 15 dicembre 1989».

    ( 5 ) In prosieguo: la «G. GmbH».

    ( 6 ) In prosieguo: la «BS. GmbH».

    ( 7 ) La nozione di «prodotto difettoso» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 85/374, non va confusa con quella di «prodotto pericoloso» ai sensi dell’articolo 2, lettere b) e c), della direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (GU 2002, L 11, pag. 4). A differenza della prima, la seconda è indipendente dalle aspettative del pubblico. Sulla complementarità di queste due direttive, v. Artigot i Golobardes, M., «A close look to European product regulation: an analysis of the interaction between European product safety regulation and product liability», Polish Yearbook of Law & Economics, vol. n. 3, Wydawnictwo C.H. Beck, Varsavia, 2013, pag. 193.

    ( 8 ) V., in tal senso, sentenza Aventis Pasteur (C‑358/08, EU:C:2009:744, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 9 ) Tale nozione trarrebbe verosimilmente ispirazione dal diritto americano che faceva delle «reasonable consumer expectations» il parametro relativo al difetto del prodotto. V., in tal senso, Borghetti, J-S., La responsabilité du fait des produits, étude de droit comparé, Bibliothèque de droit privé, Tomo 428, LGDJ, Parigi, 2004, n. 437, pag. 434.

    ( 10 ) V., in tal senso, Borghetti, J-S., op. cit., n. 451, pag. 447.

    ( 11 ) V. sentenza González Sánchez (C‑183/00, EU:C:2002:255, punto 31).

    ( 12 ) V., in tal senso, sentenza González Sánchez (EU:C:2002:255, punto 23).

    ( 13 ) Sulla funzione preventiva del regime della responsabilità per danno da prodotti difettosi previsto dalla direttiva 85/374, v., in particolare, Borghetti, J-S., op. cit., n. 645, pag. 613.

    ( 14 ) Conformemente all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 85/374, la responsabilità del fornitore può essere riconosciuta solo in via sussidiaria, quando il produttore non può essere individuato.

    ( 15 ) GU L 189, pag. 17.

    ( 16 ) GU L 169, pag. 1.

    ( 17 ) V. regola 8 di tale allegato.

    ( 18 ) Tali schede sono disponibili sul sito Internet della Società francese di cardiologia, al seguente indirizzo: www.sfcardio.fr.

    ( 19 ) Tuttavia, è interessante rilevare che la legge del 15 dicembre 1989, che traspone nel diritto tedesco la direttiva 85/374, non riprende tale formulazione poiché prevede l’obbligo per il produttore di risarcire il danno subito dalla persona che è stata uccisa o ferita o la cui salute è stata alterata.

    ( 20 ) V. sentenza Vnuk (C‑162/13, EU:C:2014:2146, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 21 ) V., in tal senso, sentenza Bark (C‑89/12, EU:C:2013:276, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 22 ) GU C 92, pag. 1.

    ( 23 ) V. punto 15, lettera a), punto ii), di tale allegato.

    ( 24 ) Proposta di direttiva del Consiglio relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (GU C 241, pag. 9). Per la motivazione, v. Bollettino delle Comunità europee, Supplemento 11/76, pag. 17, punto 17.

    ( 25 ) C‑203/99, EU:C:2001:258.

    ( 26 ) Punto 27.

    ( 27 ) Secondo la formula mutuata da Borghetti, J-S., op. cit., n. 504, pag. 485.

    ( 28 ) Ibidem.

    ( 29 ) L’assenza di certezza è poco rassicurante.

    ( 30 ) Cosiddetto scandalo «PIP», nato in seguito alla scoperta che un fabbricante francese di impianti mammari aveva utilizzato per vari anni silicone industriale al posto di silicone per uso medico. Secondo le stime disponibili, oltre 400000 donne nel mondo hanno ricevuto un impianto PIP, tra cui molte in Europa e in particolare nel Regno Unito (40000), in Francia (30000) e in Spagna (18500).

    ( 31 ) V. Commission staff working document, del 13 giugno 2014, Implementation of the Joint Plan for Immediate Actions under the existing Medical Devices legislation [SWD(2014) 195 final].

    Top