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Document 62012TJ0327

Sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) dell’8 maggio 2014.
Simca Europe Ltd contro Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI).
Marchio comunitario – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio comunitario denominativo Simca – Malafede – Articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009.
Causa T‑327/12.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2014:240

Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nella causa T‑327/12,

Simca Europe Ltd, con sede in Birmingham (Regno Unito), rappresentata da N. Haberkamm, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) , rappresentato da A. Schifko, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

GIE PSA Peugeot Citroën, con sede in Parigi (Francia), rappresentata da P. Kotsch, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI del 12 aprile 2012 (procedimento R 645/2011‑1), relativa a un procedimento di dichiarazione di nullità tra la GIE PSA Peugeot Citroën e la Simca Europe Ltd,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da A. Dittrich, presidente, J. Schwarcz (relatore) e V. Tomljenović, giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 16 luglio 2012,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 novembre 2012,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 novembre 2012,

visto che le parti non hanno presentato domanda di fissazione dell’udienza nel termine di un mese dalla notifica della chiusura della fase scritta ed avendo quindi deciso, su relazione del giudice relatore e in applicazione dell’articolo 135 bis del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

Fatti

1. Il 5 dicembre 2007, il sig. Joachim Wöhler (in prosieguo: l’«ex titolare») presentava domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2. Il marchio del quale veniva chiesta la registrazione è il segno denominativo Simca.

3. I prodotti oggetto della richiesta di registrazione rientrano nella classe 12 ai sensi dell’accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, corrispondenti alla seguente descrizione: «Veicoli; apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici».

4. La domanda di marchio veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 16/2008, del 21 aprile 2008, e il segno denominativo Simca veniva registrato come marchio comunitario il 18 settembre 2008, con il numero 6489371, per tutti i prodotti menzionati al punto 3 supra.

5. Il 29 settembre 2008, l’interveniente, la GIE PSA Peugeot Citroën, presentava domanda di dichiarazione di nullità di detto marchio comunitario, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94 [divenuto l’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009], con riguardo a tutti i prodotti per i quali lo stesso era stato registrato. In sostanza, asseriva che l’ex titolare aveva agito in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato. Infatti, l’unico obiettivo da questi perseguito tramite tale domanda di registrazione sarebbe stato di impedire l’uso della denominazione «simca» al fine di commercializzare i prodotti contemplati dalla domanda di registrazione, e ciò sebbene essa fosse titolare, in relazione a tale denominazione, di diritti anteriori a tale domanda. A tal riguardo, l’interveniente richiamava, segnatamente, il fatto di essere titolare di un marchio internazionale SIMCA, registrato con il numero 218957 e protetto dal 1959, segnatamente in Germania, in Spagna, in Austria e nel Benelux, in particolare per «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici», rientranti nella classe 12 ai sensi dell’accordo di Nizza, e del marchio francese SIMCA, registrato con il numero 1606604, dal 1990, segnatamente per «autoveicoli», rientranti nella medesima classe. L’interveniente sosteneva che, sebbene tali marchi non fossero stati più usati nel corso degli ultimi anni, i suoi diritti di marchio erano stati mantenuti. Essa rammentava che il marchio «noto» di autoveicolo SIMCA era già stato creato nel 1934 da un costruttore di automobili francese. Il marchio francese anteriore era stato domandato per la prima volta nel 1935 ed era stato ripreso nel 1978 dalla Automobiles Peugeot, SA, che ne avrebbe fatto un uso intenso in tutto il mondo, Europa compresa. L’interveniente sosteneva, inoltre, che nel 2008 essa aveva, in due occasioni, invitato l’ex titolare a rinunciare al marchio contestato. In risposta, detto titolare avrebbe esercitato un «ricatto» nei suoi confronti, chiedendo una compensazione finanziaria. Secondo l’interveniente, la domanda di marchio era stata presentata dall’ex titolare per migliorare la sua situazione finanziaria mediante un’estorsione, senza che, da parte sua, vi fosse stata una volontà sincera di uso di suddetto marchio. Tenendo parimenti conto del fatto che il rapporto contrattuale fra le parti era terminato poco tempo prima del deposito della domanda di marchio comunitario di cui trattasi, l’interveniente riteneva che si fosse in presenza di un mero «marchio speculativo» ovvero di un marchio registrato per ostacolare il concorrente.

6. Con decisione del 25 gennaio 2011, la divisione di annullamento dell’UAMI respingeva in toto la domanda di dichiarazione di nullità.

7. Avverso la menzionata decisione l’interveniente presentava ricorso in data 24 marzo 2011.

8. Il 29 aprile 2011, la ricorrente, la Simca Europe Ltd, veniva iscritta nel registro dell’UAMI quale nuovo titolare del marchio contestato.

9. Con decisione del 12 aprile 2012 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’UAMI accoglieva il ricorso dell’interveniente, annullando la decisione della divisione di annullamento e, infine, dichiarando nullo il marchio contestato. La relativa motivazione si articola su tre capi, aventi ad oggetto, in primo luogo, talune osservazioni preliminari, in secondo luogo, dei fatti «pacifici» e, in terzo luogo, l’esistenza stessa della malafede dell’ex titolare al momento della domanda di registrazione.

10. Sotto un primo profilo, per quanto riguarda le osservazioni preliminari, da un lato, la commissione di ricorso ha ritenuto che, in quanto nuovo titolare del marchio contestato, alla ricorrente «doveva poter essere imputato direttamente il comportamento» dell’ex titolare in quanto richiedente iniziale di suddetto marchio.

11. Dall’altro, la commissione di ricorso ha ritenuto irrilevante un riferimento effettuato dalla ricorrente ad una sentenza del Bundesgerichtshof (Corte federale suprema, Germania), concernente il marchio tedesco SIMCA. La commissione di ricorso ha rammentato, al riguardo, che il regime comunitario dei marchi rappresentava un sistema autonomo, costituito da un insieme di obiettivi e regole ad esso proprie e la cui applicazione è indipendente da qualunque sistema nazionale. Inoltre, la commissione di ricorso ha affermato di non essere a conoscenza di prove depositate nel procedimento parallelo in corso in Germania, cosicché la summenzionata sentenza non poteva costituire un precedente.

12. Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda gli elementi «pacifici», i quali, secondo la commissione di ricorso, hanno un’importanza decisiva per la valutazione dei fatti di cui al caso di specie, essa ha sottolineato, in primo luogo, che autoveicoli contrassegnati dal marchio SIMCA sono stati venduti sin dagli anni 30, e che l’interveniente o un’impresa facente parte del suo gruppo avevano ripreso tale marchio nel 1978. Inoltre, la commissione di ricorso ha sottolineato il fatto che l’interveniente era titolare di due marchi figurativi, protetti l’uno in Francia, ossia il marchio nazionale registrato con il numero 121992, e l’altro nella Repubblica ceca, in Germania, in Spagna, in Italia, in Ungheria, a Malta, in Portogallo, in Romania e nel Benelux, nonché in taluni paesi non membri dell’Unione europea, ossia il marchio internazionale registrato con il numero 218957. Secondo la commissione di ricorso, tali marchi continuavano ad essere registrati, alla data dell’adozione della decisione impugnata, perlomeno per veicoli, rientranti nella classe 12, dell’Automobiles Peugeot, un’impresa facente parte del gruppo dell’interveniente.

13. In secondo luogo, secondo la commissione di ricorso, sebbene l’interveniente avesse cessato di commercializzare veicoli con il marchio SIMCA alla fine degli anni 70, tale marchio godeva di un grado di notorietà elevato, il quale, pur se diminuito nel corso degli anni, esisteva ancora alla data dell’adozione della decisione impugnata.

14. In terzo luogo, la commissione di ricorso ha sottolineato che l’ex titolare aveva lavorato per più di 18 mesi per l’interveniente a Colonia (Germania) e, in seguito, a Brema (Germania), in qualità di imprenditore indipendente nel settore dei software. Egli conosceva, secondo la commissione di ricorso, la storia del marchio SIMCA, come emergeva, segnatamente, da alcune delle lettere indirizzate da questi all’interveniente.

15. In quarto luogo, la commissione di ricorso ha rilevato che, prima della data in cui era stata domandata la registrazione del marchio contestato, l’ex titolare era già in contatto con un’impresa indiana al fine di studiare un progetto di sviluppo di un autoveicolo. Tuttavia, tale progetto non sarebbe stato attuato alla data dell’adozione della decisione impugnata. La commissione di ricorso ha sottolineato, al riguardo, che si evinceva dalle lettere dell’ex titolare che questi era alla ricerca di un marchio «che non era più oggetto di uso o che non era registrato».

16. In quinto luogo, la commissione di ricorso ha affermato che, nell’agosto 2008, l’ex titolare era parimenti titolare dell’indirizzo Internet www.simca.info e che, dal dicembre 2008, egli commercializzava biciclette elettriche tramite suddetto sito Internet.

17. In sesto luogo, la commissione di ricorso ha affermato che, sebbene l’ex titolare conoscesse i diritti dell’interveniente sul marchio contestato, egli riteneva che questi fossero suscettibili di essere annullati per mancanza di uso effettivo. Egli sarebbe tuttavia disposto a rinunciare al marchio contestato a fronte di un’«offerta di indennizzo».

18. Sotto un terzo profilo, quanto all’esistenza stessa di malafede dell’ex titolare, la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che l’onere della prova al riguardo incombesse all’interveniente in quanto richiedente la nullità. Occorreva, a suo avviso, ricorrere a più prove formanti una catena di indizi, così da potersi affermare, con una probabilità vicina alla certezza, che il richiedente il marchio comunitario avesse agito in malafede.

19. Secondo la commissione di ricorso, la nozione di «malafede» di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, non è definita, né delimitata, e neppure descritta in alcuna maniera nella legislazione. Sebbene la Corte abbia fissato un elenco di criteri concernenti l’interpretazione di suddetta nozione nella sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C‑529/07, Racc. pag. I‑4893), essi, secondo la commissione di ricorso, non sono esaustivi. Poiché i fatti alla base del procedimento sfociato nella questione pregiudiziale oggetto della summenzionata causa sono sostanzialmente diversi, secondo la commissione di ricorso, dai fatti alla base del presente procedimento, essa ritiene necessario fissare criteri supplementari.

20. Secondo la commissione di ricorso, il fatto che l’ex titolare fosse a conoscenza dell’esistenza di marchi anteriori e che, ciononostante, avesse depositato una domanda di marchio comunitario è un indizio della sua «intenzione di ostacolare» e della sua malafede. Il fatto che questi fosse partito dal presupposto che tali marchi potevano essere annullati è, a suo avviso, irrilevante, e costituisce un mero pretesto, considerato che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, suddetto titolare non aveva ancora presentato una domanda di decadenza né del marchio francese anteriore né del marchio internazionale anteriore.

21. La commissione di ricorso ha rilevato che l’ex titolare era parimenti ben consapevole del fatto che il marchio SIMCA godesse di notorietà per gli autoveicoli. Secondo la commissione di ricorso, emergeva dagli elementi di prova che egli era alla ricerca di un nome di marchio noto, in quanto il suo obiettivo era sfruttare «in maniera parassitaria» la notorietà dei marchi registrati dell’interveniente e trarre vantaggio dalla buona reputazione degli stessi tramite un uso deliberato illegittimo del marchio Simca. Orbene, un siffatto comportamento doveva essere, a suo avviso, ascritto a malafede.

22. Di conseguenza, la commissione di ricorso ha ritenuto irrilevante il fatto che l’ex titolare commercializzasse biciclette con il marchio Simca dal dicembre 2008, sulla base del rilievo che tale commercializzazione non costituiva una giustificazione per la registrazione del marchio contestato.

Conclusioni delle parti

23. La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

– annullare la decisione impugnata;

– condannare l’UAMI alle spese, incluse le «spese di rappresentanza».

24. L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

– respingere il ricorso;

– condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

Sui documenti presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale

25. Si evince dall’esame del fascicolo dell’UAMI che i documenti che figurano agli allegati K 8, K 9 e K 10 del ricorso non erano stati sottoposti all’Ufficio nel corso del procedimento amministrativo. Tali documenti consistono, anzitutto, per quanto riguarda l’allegato K 8, in una lettera datata 16 marzo 2012, indirizzata dalla ricorrente all’interveniente e con la quale quest’ultima veniva invitata a rinunciare all’uso del marchio denominativo tedesco SIMCA, registrato con il numero 302008037708 a nome dell’interveniente; quindi, per quanto riguarda l’allegato K 9, in una dichiarazione di rinuncia dell’interveniente, datata 23 marzo 2012 e concernente suddetto marchio, nonché in una lettera indirizzata dall’interveniente al Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio dei brevetti e dei marchi tedesco), che informava quest’ultimo della sua rinuncia, e infine, per quanto riguarda l’allegato K 10, in un estratto del registro dei marchi tedesco, datato 16 luglio 2012, dal quale si evince che il summenzionato marchio tedesco è stato annullato.

26. A tal riguardo, occorre ricordare che il ricorso proposto dinanzi al Tribunale è volto al sindacato di legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso, in forza dell’articolo 65 del regolamento n. 207/2009, e che, nelle controversie relative all’annullamento, la legittimità dell’atto impugnato deve essere valutata alla luce degli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data in cui l’atto è stato adottato. Pertanto, secondo giurisprudenza costante, la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove prodotte per la prima volta dinanzi ad esso. L’ammissione di tali documenti, infatti, sarebbe in contrasto con l’articolo 135, paragrafo 4, del regolamento di procedura del Tribunale, secondo cui le memorie delle parti non possono modificare l’oggetto della controversia dinanzi alla commissione di ricorso [v. sentenza del Tribunale del 21 marzo 2012, Feng Shen Technology/UAMI – Majtczak (FS), T‑227/09, punto 25, e la giurisprudenza citata].

27. Ne consegue che i documenti, presentati dalla ricorrente per la prima volta dinanzi al Tribunale, agli allegati K 8, K 9 e K 10 del ricorso, non possono essere presi in considerazione e devono, pertanto, essere respinti.

Sulla ricevibilità del rinvio complessivo della ricorrente agli argomenti dedotti dinanzi all’UAMI

28. Per quanto riguarda gli argomenti ai quali la ricorrente rinvia in maniera complessiva, al punto 67 del ricorso, e da essa presentati nell’ambito del procedimento dinanzi all’UAMI, occorre rammentare che, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 18 settembre 2012, Scandic Distilleries/UAMI – Bürgerbräu, Röhm & Söhne (BÜRGER), T‑460/11, punto 16, e la giurisprudenza citata].

29. Occorre rammentare che, pur se il contenuto del ricorso può essere suffragato e completato, su punti specifici, mediante il rinvio ad estratti della documentazione allegata, un rinvio complessivo ad altri documenti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi della summenzionata disposizione, devono figurare nel ricorso (v., in tal senso, sentenza BÜRGER, punto 28 supra, punto 17, e la giurisprudenza citata).

30. Nella specie, la ricorrente si è accontentata di indicare, al punto 67 del ricorso, che essa si riferiva al «complesso degli argomenti dedotti (…) dinanzi all’UAMI nella sua memoria del 2 agosto 2011 e ai documenti ad essa allegati» e che «i documenti interessati [erano] espressamente dichiarati parte integrante dell’oggetto del ricorso in quanto contenuto supplementare della (…) domanda».

31. Così facendo, la ricorrente non individua né i punti specifici del ricorso che essa intende integrare con tale rinvio, né gli allegati in cui sarebbero esposti tali eventuali argomenti.

32. Ciò premesso, il Tribunale non è tenuto a ricercare, in maniera globale, nella menzionata memoria presentata dinanzi all’UAMI, gli argomenti che la ricorrente possa richiamare, né ad esaminarli, essendo questi irricevibili. Per contro, il Tribunale esaminerà quegli elementi presentati nel corso del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI ai quali rimandano argomenti specifici e sufficientemente concreti dedotti nel ricorso.

Sulla domanda di annullamento della decisione impugnata

33. La ricorrente deduce un unico motivo a sostegno del proprio ricorso, attinente alla violazione dell’articolo 52 del regolamento n. 207/2009. Secondo la stessa, in sostanza, la commissione di ricorso è incorsa in un errore di diritto nell’affermare che l’ex titolare fosse in malafede al momento del deposito presso l’UAMI di una domanda mirante alla registrazione del marchio contestato come marchio comunitario.

34. L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

35. In limine, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, la nullità di un marchio comunitario deve essere dichiarata, su domanda presentata dinanzi all’UAMI o su domanda riconvenzionale nell’ambito di un’azione per contraffazione, qualora il richiedente fosse in malafede al momento del deposito della domanda di marchio. Spetta al richiedente la nullità che intende basarsi su questo motivo dimostrare le circostanze che consentono di dichiarare che il titolare di un marchio comunitario era in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione di quest’ultimo [sentenza del Tribunale del 14 febbraio 2012, Peeters Landbouwmachines/UAMI – Fors MW (BIGAB), T‑33/11, punto 17].

36. Come correttamente rilevato dalla commissione di ricorso ai punti 34 e seguenti della decisione impugnata, la Corte ha operato una serie di precisazioni sulle modalità di interpretazione della nozione di malafede di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 (sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra, punti 37 e seguenti). Essa ha in tal senso sottolineato che la malafede del richiedente, ai sensi di detta disposizione, doveva essere valutata nel suo insieme, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, e in particolare:

– del fatto che il richiedente sappia o debba sapere che un terzo utilizza, almeno in uno Stato membro, un segno identico o simile per un prodotto identico o simile e confondibile con il segno di cui viene chiesta la registrazione;

– dell’intenzione del richiedente di impedire a tale terzo di continuare ad utilizzare detto segno;

– del grado di tutela giuridica di cui godono il segno del terzo ed il segno di cui viene chiesta la registrazione.

37. La Corte ha parimenti affermato, ai punti 43 e 44 della sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra, che l’intenzione di impedire la commercializzazione di un prodotto può, in talune circostanze, caratterizzare la malafede del richiedente. Ciò si verifica, in particolare, qualora emerga successivamente che quest’ultimo ha fatto registrare come marchio comunitario un segno senza l’intenzione di utilizzarlo, unicamente al fine di impedire che un terzo entri nel mercato.

38. Ciò premesso, come giustamente sottolineato dalla commissione di ricorso al punto 35 della decisione impugnata, dalla formulazione adottata nella sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra, deriva che i tre fattori citati al punto 36 supra, sono soltanto degli esempi tra un insieme di elementi suscettibili di essere presi in considerazione al fine di decidere sull’eventuale malafede di un richiedente un marchio al momento del deposito della domanda (sentenza BIGAB, punto 35 supra, punto 20).

39. Occorre dunque ritenere che, nell’ambito dell’analisi complessiva effettuata ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, sia possibile altresì tenere conto dell’origine della parola o della sigla che compongono il marchio contestato e dell’uso anteriore del medesimo nel commercio come marchio, segnatamente da parte di imprese concorrenti, nonché della logica commerciale nella quale si inserisce il deposito della domanda di registrazione del marchio comunitario costituito da tale parola o da tale sigla.

40. Nella specie, ne consegue, in via preliminare, la necessità di respingere le affermazioni con le quali la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di avere tenuto conto di un «nuovo indizio di malafede», che non sarebbe stato previsto nell’ambito della giurisprudenza della Corte, segnatamente nella sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra, ovvero che sarebbe in contraddizione con i criteri menzionati in suddetta sentenza. Infatti, da un lato, al pari della commissione di ricorso, occorre sottolineare che suddetti criteri giurisprudenziali sono meramente illustrativi. Dall’altro, si deve rilevare che i criteri accolti dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata non contraddicono i criteri fissati nella summenzionata sentenza, bensì si aggiungono a questi ultimi secondo la logica ivi prevista, consistente nel valutare complessivamente l’insieme dei fattori pertinenti del caso di specie. In tal senso, la commissione di ricorso ha giustamente esaminato sia l’origine della sigla che compone il marchio contestato Simca sia l’uso anteriore di quest’ultimo nel commercio come marchio, segnatamente da parte di imprese concorrenti, e la logica commerciale nella quale si inserisce il deposito della domanda di registrazione del marchio contestato formato da tale sigla. Inoltre, in tale contesto, niente vietava alla commissione di ricorso di esaminare parimenti la conoscenza, alla data della domanda di registrazione, da parte del titolare del marchio del quale è stata domandata la nullità, dell’esistenza dei marchi anteriori contenenti suddetta sigla SIMCA e del loro grado di notorietà.

41. A tal riguardo, il Tribunale rileva, anzitutto, che è pacifico che la sigla SIMCA fosse già stata creata in Francia nel 1934 da un costruttore di automobili, e che dei veicoli designati da un marchio contenente tale sigla sono stati venduti a partire dagli anni 30. Tale marchio è stato ripreso in seguito, nel 1978, dalla Automobiles Peugeot, che l’ha usato in tutto il mondo, Europa compresa.

42. È parimenti pacifico che l’interveniente sia titolare di due marchi figurativi anteriori che includono la parola «simca», l’uno, francese, registrato con il numero 121992 e depositato il 5 marzo 1959 e l’altro, internazionale, registrato con il numero 218957, fondato su suddetto marchio francese e protetto in taluni Stati membri dell’Unione, come la Germania, la Spagna, l’Italia, l’Ungheria, la Romania, nonché nel Benelux. Sia il marchio francese anteriore che il marchio internazionale anteriore, benché non utilizzati negli ultimi decenni, come rilevato segnatamente al punto 24 della decisione impugnata, sono cionondimeno stati rinnovati e restano registrati a favore dell’interveniente alla data della domanda di registrazione del marchio contestato.

43. Inoltre, sebbene la commissione di ricorso abbia affermato, al punto 23 della decisione impugnata, in fine, in termini poco chiari, che i menzionati marchi restavano registrati «perlomeno per veicoli rientranti nella classe 12», da un lato, si deve rilevare che la ricorrente non ha effettuato, dinanzi al Tribunale, allegazioni specifiche attinenti alle eventuali conseguenze che tale affermazione potrebbe avere in ordine all’esistenza di una malafede dell’ex titolare con riferimento alla sua domanda di registrazione del marchio contestato per gli altri prodotti in questione, ossia gli «apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici». Infatti, la ricorrente contesta, piuttosto, la rilevanza della registrazione dei marchi anteriori in quanto tali in sede di valutazione della malafede dell’ex titolare e, di seguito, essa sottolinea, quale elemento che dimostra l’assenza di malafede, il fatto che l’ex titolare utilizzava effettivamente il marchio contestato successivamente alla sua registrazione e ciò, in un primo momento, per commercializzare biciclette elettriche, con l’intenzione, in seguito, di utilizzare suddetto marchio parimenti per veicoli «di nicchia» motorizzati.

44. Dall’altro, e in ogni caso, è giocoforza constatare che si evince dal fascicolo ammnistrativo dell’UAMI che la registrazione del marchio internazionale anteriore, di cui una copia è allegata alla domanda di dichiarazione di nullità dell’interveniente e che si basa sul marchio francese anteriore, elenca, fra i prodotti presi in considerazione, le due menzionate categorie facenti parti della classe 12. Inoltre, si deve rilevare, in mancanza di elementi in senso contrario, che le constatazioni della commissione di ricorso relative alla malafede dell’ex titolare riguardano sia la parte della sua domanda di registrazione del marchio contestato concernente i «veicoli» sia quella concernente gli «apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici».

45. Ancora, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 37 della decisione impugnata, in combinato con i suoi punti 1, 27 e 28, è pacifico che l’ex titolare ha domandato la registrazione del marchio contestato soltanto il 5 dicembre 2007, e che ha depositato tale domanda nonostante fosse a conoscenza dell’esistenza dei marchi anteriori SIMCA dell’interveniente, quantomeno quali marchi «storici». Inoltre, è altresì pacifico il fatto che l’ex titolare non ha domandato la decadenza dei marchi francese e internazionale anteriori, e che la ricorrente si limita a manifestare, dinanzi al Tribunale, l’intenzione di procedere essa stessa a tali domande in futuro. Per quanto riguarda taluni riferimenti effettuati dalla ricorrente a dei passi già intrapresi per far dichiarare la nullità in relazione a determinati marchi anteriori dell’interveniente, a parte il fatto che essi si fondano su documenti dedotti per la prima volta dinanzi al Tribunale e che sono pertanto irricevibili (v. punti da 25 a 27 supra), occorre rilevare che, in ogni caso, suddetti passi riguardano unicamente un marchio tedesco dell’interveniente, registrato con il numero 302008037708, e non i marchi francese o internazionale anteriori.

46. Occorre parimenti rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la commissione di ricorso ha giustamente affermato, al punto 38 della decisione impugnata, con riferimento agli elementi di prova presentati segnatamente dall’ex titolare stesso, che quest’ultimo era ben consapevole del fatto che il marchio SIMCA godesse di notorietà in relazione agli autoveicoli. Inoltre, come si evince dal punto 25 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che il grado di tale notorietà fosse stato elevato in passato, che potesse essere diminuito nel corso degli anni, ma che esistesse ancora alla data di adozione della decisione impugnata, e ciò «in particolare presso persone entrate in contatto con i veicoli commercializzati con il marchio “SIMCA”».

47. A tal riguardo, in via preliminare, quanto alla conoscenza e alla percezione del marchio Simca da parte dell’ex titolare, occorre rilevare che, come emerge dalla sua lettera del 15 giugno 2007, indirizzata all’impresa indiana W. (allegato XIV della risposta dell’ex titolare, datata 26 dicembre 2008, alla memoria dell’interveniente che espone i motivi della domanda di dichiarazione di nullità), questi era alla ricerca di un marchio «adeguato» che non era più utilizzato o che non era stato registrato, e che, pertanto, non era giuridicamente protetto. È soltanto a seguito delle summenzionate dichiarazioni che l’ex titolare ha domandato la registrazione del marchio contestato, riprendendo, tale e quale, l’elemento denominativo dei marchi figurativi anteriori. Analogamente, si evince da una lettera dell’ex titolare, datata 5 settembre 2007 e indirizzata a suddetta impresa indiana, che egli era a conoscenza di una registrazione anteriore del marchio SIMCA‑1100 City‑Laster in Germania, in vigore fino al 1983, nonché del successo delle vetture sportive del marchio SIMCA nei rally negli anni 70.

48. Inoltre, dalla lettera dell’ex titolare datata 17 marzo 2008, indirizzata al sig. S., direttore generale dell’interveniente, la quale, pur se redatta posteriormente alla domanda di registrazione del marchio contestato, apporta elementi rilevanti che consentono di desumere le ragioni che hanno condotto l’ex titolare a presentare suddetta domanda, si evince che quest’ultimo aveva intenzione di conservare il «meraviglioso» marchio SIMCA per i posteri. In questa stessa lettera, l’ex titolare ha esplicitamente fatto riferimento alla «straordinaria storia del marchio SIMCA». Tali dichiarazioni devono essere lette in combinato con la parte introduttiva della lettera medesima, nella quale l’ex titolare mette in evidenza le sue conoscenze del settore automobilistico e la sua particolare e costante affinità verso le vetture francesi, segnatamente delle marche Peugeot o Citroën. Nel medesimo contesto, l’ex titolare ha esplicitamente menzionato il fatto di avere effettuato ricerche sia su Internet che presso l’UAMI per accertare se il marchio SIMCA fosse ancora registrato.

49. Tenendo parimenti conto dell’affermazione dell’ex titolare, effettuata nella medesima lettera e secondo la quale questi aveva acquistato «nel gennaio 2008, in Francia, una vettura SIMCA Aronde 9 che si combinava in maniera ideale con il marchio [comunitario] del quale [egli] aveva chiesto la registrazione» un mese prima, occorre concludere che giustamente la commissione di ricorso ha ritenuto che suddetto titolare «fosse ben consapevole del fatto che il marchio SIMCA godeva di notorietà in relazione agli autoveicoli». Infatti, detti elementi consentono al Tribunale di rilevare che, agli occhi dell’ex titolare, il marchio in questione aveva quantomeno conservato una certa notorietà residua, il che spiega, peraltro, il suo interesse per tale marchio alla luce delle circostanze della specie, nonché la sua intenzione di salvaguardarlo per le generazioni future.

50. Tale constatazione risulta avvalorata dall’affermazione effettuata dalla ricorrente nel ricorso, secondo la quale era «comunemente noto il fatto che il marchio SIMCA non era più utilizzato dall’[interveniente] da più decenni». Infatti, un’affermazione del genere presuppone che l’esistenza stessa del marchio SIMCA quale marchio «storico» fosse un fatto notoriamente conosciuto, perlomeno da parte del pubblico interessato costituito da persone che hanno conosciuto veicoli commercializzati nel passato con questo marchio.

51. Tali considerazioni non possono essere inficiate dal riferimento effettuato dalla ricorrente al contenuto della sua lettera precontenziosa datata 2 agosto 2011 e indirizzata all’UAMI, nella quale si sostiene che persino il pubblico di intenditori non si ricorderebbe più del marchio SIMCA. A tal riguardo, occorre rilevare che gli elementi presentati al fine di supportare tale affermazione, in allegato a suddetta lettera, consistono, in particolare, in estratti di pagine Internet di taluni venditori di autoveicoli, segnatamente sul mercato dell’usato.

52. Orbene, nella misura in cui è possibile trarre determinate conclusioni dagli estratti delle summenzionate pagine Internet, questi ultimi dimostrano, tutt’al più, unicamente il fatto che taluni venditori non offrivano più in vendita sul mercato dell’usato veicoli del marchio SIMCA. Pertanto, in mancanza di altri elementi di prova concordanti, come sondaggi presso il pubblico rilevante, non si può escludere che, come sostenuto dalla commissione di ricorso al punto 25 della decisione impugnata quando richiama, al punto 5 della stessa, le prove relative alla «storia» del marchio SIMCA, sia potuta sussistere una notorietà residua, in particolare presso la parte di pubblico pertinente quale definita dalla commissione di ricorso (v. punti 46 e 50 supra).

53. Occorre aggiungere, peraltro, che, a parte l’articolo di una rivista tedesca, datato dicembre 1989 e avente ad oggetto la storia delle vetture prodotte con il marchio SIMCA 1000, documento richiamato dall’interveniente nel procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI, segnatamente nella sua lettera del 29 marzo 2010, e menzionato al punto 5 della decisione impugnata, la conclusione che esistesse, alla data rilevante del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, una certa notorietà residua dei marchi anteriori SIMCA dell’interveniente è corroborata dal riferimento dell’ex titolare, nella sua lettera precontenziosa datata 26 dicembre 2008 e indirizzata all’UAMI, all’estratto di una pagina Internet avente ad oggetto l’esposizione di veicoli francesi Francemobile. Infatti, poiché persino l’organizzatore di suddetta esposizione riprendeva, sul suo sito pubblicitario, fra i diversi loghi di produttori di veicoli esposti, quello del marchio SIMCA, tale estratto può essere considerato un indizio supplementare della notorietà di tale marchio, a prescindere dalla questione se tale logo corrispondesse esattamente a quello registrato per l’interveniente.

54. Inoltre, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la commissione di ricorso non è neanche incorsa in un errore di diritto per aver tenuto conto, nell’ambito della sua valutazione globale degli indizi della malafede dell’ex titolare, di elementi di fatto attinenti alle sue intenzioni e ai suoi obiettivi alla data del deposito della domanda di registrazione. Ad essa non può essere addebitato, a tal riguardo, di aver esaminato elementi «soggettivi della motivazione intrinseca» dell’azione dell’ex titolare, segnatamente alla luce delle lettere indirizzate da quest’ultimo ai partner commerciali e, successivamente al deposito della sua domanda di registrazione, anche all’interveniente, in risposta alle lettere di quest’ultima.

55. Infatti, è sufficiente rilevare che dalla sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra (punti da 38 a 42), si evince che, al fine di valutare l’esistenza della malafede del richiedente al momento del deposito della domanda di registrazione di un segno, occorreva, inoltre, tenere conto della sua «intenzione» di impedire ad un terzo di utilizzare siffatto segno; la Corte ha osservato, al riguardo, che suddetta intenzione era un elemento soggettivo che doveva essere determinato con riferimento alle circostanze oggettive del caso di specie.

56. Alla luce di tutti i suesposti rilievi, si deve ritenere che la commissione di ricorso potesse giustamente desumere dalle particolari circostanze del caso di specie che, con la sua domanda di registrazione di un marchio comunitario, l’ex titolare mirava, in realtà, a sfruttare in maniera parassitaria la notorietà dei marchi registrati dell’interveniente e a trarne vantaggio.

57. È vero che, come sostenuto dalla ricorrente e come inizialmente sottolineato dalla divisione di annullamento, si evince dal considerando 10 del regolamento n. 207/2009 che è giustificato tutelare i marchi comunitari, nonché, nei loro confronti, i marchi registrati che siano anteriori, soltanto nella misura in cui siano effettivamente utilizzati.

58. Analogamente, da un lato, la ricorrente richiama la prima direttiva n. 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), e in particolare il suo articolo 12, dedicato ai «motivi di decadenza», il quale si applica, in combinato con l’articolo 1 di suddetta direttiva «ai marchi di impresa (…) che hanno formato oggetto di una registrazione o di una domanda di registrazione in uno Stato membro o presso l’Ufficio Benelux per la proprietà intellettuale o che sono oggetto di una registrazione internazionale che produce effetti in uno Stato membro». Dall’altro, essa fa riferimento all’articolo L‑714.5 del code de la propriété intellectuelle (codice francese della proprietà intellettuale) e agli articoli 25 e 49 del Gesetz über den Schutz von Marken und sonstigen Kennzeichen (Markengesetz; legge tedesca sulla protezione dei marchi ed altri segni), del 25 ottobre 1994 (BGBl. 1994 I, pag. 3082, BGBl. 1995 I, pag. 156, e BGBl. 1996 I, pag. 682); anche tali disposizioni disciplinano in sostanza, a livello nazionale, le condizioni alle quali può essere rilevata la decadenza dei diritti sui marchi in assenza di uso effettivo, segnatamente a seguito di un’azione giudiziaria proposta da un soggetto interessato.

59. Orbene, nella specie, è giocoforza constatare che la commissione di ricorso, nel concludere nel senso dell’esistenza della malafede dell’ex titolare, non si è fondata unicamente sul fatto, richiamato al punto 37 della decisione impugnata, che questi aveva chiesto la registrazione del marchio contestato nonostante fosse a conoscenza dei marchi anteriori, e ciò senza avere prima presentato domanda di decadenza nei loro confronti.

60. Infatti, come emerge dal punto 38 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha tenuto conto, in particolare, dell’obiettivo specifico dell’ex titolare di «sfruttare in maniera parassitaria il valore dei marchi registrati noti [dell’interveniente] e di trarre vantaggio dalla [loro] buona reputazione (…) tramite un uso deliberato illegittimo del segno SIMCA». Tale approccio non costituisce un errore di diritto, in quanto, come si evince dalla sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra, l’esistenza della malafede del richiedente, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, dev’essere valutata globalmente, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. In primo luogo, come rammentato in precedenza (v. punto 39 supra), fanno parte di tali fattori l’origine della parola o della sigla che compongono il marchio contestato e l’uso anteriore del medesimo nel commercio come marchio, segnatamente da parte di imprese concorrenti, ossia, nella specie, le circostanze non contestate che attestano un uso effettivo, quantomeno «storico», dei marchi che contengono la sigla SIMCA da parte dell’interveniente o di un’impresa facente parte del suo gruppo, precedente all’uso di suddetta sigla da parte dell’ex titolare nell’ambito del marchio contestato.

61. In secondo luogo, la commissione di ricorso ha potuto fare riferimento, giustamente, alla logica commerciale nella quale si inserisce il deposito della domanda di registrazione della sigla quale marchio comunitario da parte dell’ex titolare, alla luce del fatto che questi ha esplicitamente richiamato, davanti ai suoi partner commerciali, una logica avente ad oggetto l’intenzione di utilizzare un marchio adeguato ai prodotti contemplati dalla registrazione, a prescindere se esso fosse un marchio non registrato o un marchio che, benché registrato, aveva perduto ogni protezione giuridica, segnatamente in considerazione della mancanza di uso effettivo da parte del suo titolare (v. punti 45 e seguenti supra). Peraltro, la ricorrente si richiama alla stessa motivazione al punto 41 del ricorso, sottolineando che era proprio il fatto che i marchi anteriori non fossero più utilizzati da molto tempo che poteva essere considerato «un motivo che ha indotto [l’ex titolare], informato in merito a tale circostanza, a presentare una domanda di marchio al fine di utilizzare quest’ultimo a suo vantaggio».

62. Ciò premesso, considerato che non risulta acclarato che l’ex titolare avesse commercializzato, già prima del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, dei prodotti sul mercato rilevante con il marchio suddetto, non è possibile ravvisare un’altra logica commerciale, distinta da quella che si avvale del riferimento all’interveniente o alle imprese del suo gruppo. In particolare, la ricorrente non può sostenere che l’ex titolare mirasse, con la domanda de qua, ad opporsi a che imprese terze facessero uso del suo marchio senza la sua autorizzazione, ingenerando nella clientela l’illusione di distribuire gli stessi prodotti di quelli dell’ex titolare, ovvero che egli intendesse semplicemente estendere la protezione del marchio contestato facendolo registrare.

63. Ciò detto, la ricorrente non può fondarsi sul mero fatto che i marchi anteriori non venivano più utilizzati per respingere la constatazione della malafede dell’ex titolare al momento della registrazione. Infatti, come già rilevato, gli elementi del caso di specie indicano che la registrazione del segno contestato è stata deliberatamente demandata al fine di generare un’associazione con i marchi anteriori e trarre vantaggio dalla loro notorietà sul mercato automobilistico ovvero persino concorrere con questi ultimi nel caso in cui essi venissero riutilizzati dall’interveniente in futuro. A tal riguardo, non spettava all’ex titolare valutare le intenzioni commerciali future dell’interveniente quale titolare dei marchi anteriori, regolarmente rinnovati, e neppure di concludere, in mancanza di una domanda di dichiarazione di nullità avente ad oggetto questi ultimi, nel senso che l’interveniente «non aveva la qualità di titolare meritevole di tutela». Del resto, anche senza che sia necessario valutare la correttezza dell’affermazione dell’UAMI effettuata dinanzi al Tribunale, secondo la quale era normale, sul mercato automobilistico, che marchi non utilizzati per un periodo di tempo piuttosto lungo lo siano nuovamente, in edizione limitata, per gli amanti delle auto, occorre rilevare che si evince dall’articolo pubblicato il 2 settembre 2008 su un quotidiano, ripreso dal sito Internet Autohaus online, e un estratto del quale è allegato alla lettera dell’ex titolare datata 26 dicembre 2008 e indirizzata all’UAMI, che questi era venuto a conoscenza, al più tardi a tale data e senza che ciò abbia comportato la sua rinuncia al marchio contestato, del fatto che l’interveniente progettava di riutilizzare dei marchi «come il marchio Talbot», segnatamente per veicoli a basso prezzo, seguendo in ciò, secondo l’articolo, l’impresa Renault, che ha fatto rivivere il suo marchio Dacia. In tali circostanze, non poteva essere esclusa un’intenzione futura dell’interveniente diretta a riutilizzare parimenti il suo marchio SIMCA.

64. Tali conclusioni non sono inficiate dalle diverse affermazioni della ricorrente, attinenti all’«usucapione nel diritto dei marchi».

65. Come si evince dalle affermazioni della ricorrente, quest’ultima contesta che possa esistere un principio giuridico secondo il quale un marchio, già registrato ma per il quale sia giunta «la fine del periodo di tutela», non può essere nuovamente registrato a favore di un terzo diverso dal titolare originario. La ricorrente richiama, a tal riguardo, l’articolo 19 e il considerando 11 del regolamento n. 207/2009.

66. Orbene, è giocoforza rilevare che la questione che si pone nella specie non è limitata alla summenzionata questione, bensì, come sottolineato in precedenza, la commissione di ricorso ha preso in considerazione, per concludere nel senso della malafede dell’ex titolare, anche elementi di fatto concernenti la notorietà residua dei marchi anteriori e la logica commerciale nella quale si inseriva il deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, in quanto l’ex titolare intendeva trarre vantaggio, in tal modo, di suddetti marchi. Pertanto, contrariamente alla tesi della ricorrente, la quale risulta da una lettura errata della decisione impugnata, la commissione di ricorso non ha proposto di adottare il principio esposto al punto precedente. Di conseguenza, i riferimenti al considerando 11 e all’articolo 19 del regolamento n. 207/2009 effettuati dalla ricorrente sono inoperanti, in quanto non presentano un collegamento concreto con l’elemento decisivo che ha portato la commissione di ricorso a concludere nel senso che l’ex titolare aveva agito in malafede, ossia con il fatto che egli mirava a trarre vantaggio dalla notorietà residua dei marchi anteriori.

67. Quanto alle diverse affermazioni della ricorrente, secondo le quali l’avvio di un’azione nei confronti di marchi anteriori opponibili, suscettibili di essere dichiarati nulli, non era una condizione per l’inversione della presunzione della malafede, è sufficiente rilevare che la commissione di ricorso non ha applicato tale condizione, bensì, come già rilevato, ha esaminato globalmente gli elementi pertinenti nel caso di specie (v., segnatamente, i punti da 37 a 39 della decisione impugnata, in combinato con il punto 25 della stessa).

68. Per quanto riguarda, poi, le affermazioni della ricorrente secondo le quali, anche se i marchi anteriori non potevano essere dichiarati nulli, essi si limitavano a proteggere «degli elementi figurativi o la combinazione di elementi figurativi e denominativi, mentre il marchio controverso [era] un marchio meramente denominativo il cui ambito di tutela [era] diverso», cosicché, a suo avviso, «gli ambiti di tutela» di tali marchi erano diversi, occorre rilevare che emerge dal ragionamento effettuato dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, segnatamente dai punti 25, 27 e 38 della stessa, che essa riteneva che la notorietà residua dei marchi anteriori riguardasse, in particolare, la parola «simca», unico elemento denominativo dei suddetti marchi figurativi ripreso, tale e quale, nel marchio contestato. Analogamente, emerge dal ragionamento della commissione di ricorso che essa ha ritenuto che il marchio comunitario dell’ex titolare si ispirasse a marchi anteriori, al fine di sfruttare in maniera parassitaria la loro notorietà e a trarre vantaggio dalla stessa mediante un uso illegittimo del segno Simca. Del resto, si evince da una costante giurisprudenza che nulla si oppone a che sia verificata l’esistenza di somiglianze tra un marchio denominativo e un marchio figurativo, dato che questi due tipi di marchio hanno una configurazione grafica che può dar luogo ad un’impressione visiva [v. sentenza del Tribunale del 23 aprile 2013, Apollo Tyres/UAMI – Endurance Technologies (ENDURACE), T‑109/11, punto 60, e la giurisprudenza citata].

69. Ciò premesso, e considerato che l’ex titolare non aveva dedotto dinanzi all’UAMI argomenti concreti a sostegno dell’affermazione secondo la quale i marchi in conflitto sarebbero talmente diversi da non essere confondibili, bensì si è limitato a rinviare, in termini generali, al fatto che i marchi anteriori erano figurativi, occorre concludere nel senso che la commissione di ricorso non era obbligata a specificare in dettaglio la valutazione da essa effettuata delle somiglianze fra tali marchi, posto che suddetta commissione aveva peraltro svolto in maniera sufficiente le sue summenzionate considerazioni, concernenti l’esistenza di una notorietà residua dell’elemento figurativo che tali marchi hanno in comune.

70. Per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente concernente il fatto che «l’offerta di indennizzo» fatta dall’ex titolare all’interveniente non può, secondo la giurisprudenza [sentenza del Tribunale del 1° febbraio 2012, Carrols/UAMI – Gambettola (Pollo Tropical CHICKEN ON THE GRILL), T‑291/09], essere considerata un indizio di malafede, nonché la sua affermazione secondo la quale né l’ex titolare né essa stessa si erano «rivolti al[l’interveniente] al fine di attirare la sua attenzione sul [marchio comunitario di cui trattasi] e per ottenere un vantaggio pecuniario», occorre sottolineare che, come rilevato dalla ricorrente stessa nel ricorso, anche se la commissione di ricorso ha richiamato, nella parte della decisione impugnata intitolata «fatti pacifici», taluni elementi giudicati «di importanza decisiva per la valutazione dei fatti», essa non li ha tuttavia ripresi integralmente nella parte attinente all’esistenza della malafede. In particolare, è giocoforza rilevare che la commissione di ricorso non ha tratto conseguenze specifiche a tal riguardo dalla sua constatazione effettuata al punto 31 della decisione impugnata e relativa all’«offerta di indennizzo», nell’ambito della quale l’ex titolare affermava la propria disponibilità, a certe condizioni, a rinunciare al marchio contestato.

71. Di conseguenza, la menzionata affermazione della ricorrente, secondo la quale l’offerta di una transazione avente ad oggetto la proposta di rinunciare ad un marchio dietro compensazione non costituisce un indizio sufficiente di malafede, è, nelle circostanze del caso di specie, inoperante, e non può esplicare effetti sulla legittimità della decisione impugnata.

72. Occorre aggiungere, ad abundantiam, che, mentre nell’ambito della causa sfociata nella sentenza Pollo Tropical CHICKEN ON THE GRILL, punto 70 supra (punti 61 e 62), il Tribunale aveva rilevato che la richiedente la nullità di un marchio comunitario non aveva fornito alcuna prova che consentiva di presumere che il suo titolare non poteva ignorare l’esistenza di marchi anteriori sui quali era stata fondata l’asserzione della sua malafede, nella specie è per contro pacifico che l’ex titolare fosse a conoscenza, già al momento del deposito del marchio contestato, dell’esistenza dei marchi anteriori SIMCA dell’interveniente e del loro precedente uso negli anni 70. In tali circostanze, la proposta di rinunciare al marchio comunitario dietro un indennizzo ha una portata diversa da quella effettuata nella causa sfociata nella sentenza Pollo Tropical CHICKEN ON THE GRILL, punto 70 supra, segnatamente in quanto l’ex titolare poteva, a partire dal deposito della sua domanda di registrazione, aspettarsi, in maniera non meramente ipotetica, di ricevere una proposta di compensazione finanziaria da parte dell’interveniente.

73. Infine, occorre respingere le altre affermazioni specifiche della ricorrente, in quanto nessuna di esse consente di inficiare tali conclusioni.

74. In primo luogo, il mero fatto che l’ex titolare abbia effettivamente commercializzato, con il marchio comunitario Simca, biciclette elettriche «almeno dal (…) 2008», anche ammesso che sia dimostrato, non può essere ritenuto rilevante, in quanto, come si evince dai punti da 37 a 40 della decisione impugnata, la conclusione della commissione di ricorso avente ad oggetto l’esistenza della malafede dell’ex titolare non si fondava sull’assenza di un interesse reale a commercializzare i prodotti contemplati da detto marchio, ma piuttosto sulle sue intenzioni di sfruttare in maniera parassitaria la notorietà di un marchio registrato a favore di altri e noto sul mercato rilevante.

75. In secondo luogo, per quanto riguarda i diversi riferimenti ai procedimenti amministrativi e giudiziari in Germania effettuati dalla ricorrente, occorre rilevare che correttamente la commissione di ricorso ha ritenuto, segnatamente ai punti 20 e 21 della decisione impugnata, che il regime comunitario dei marchi rappresentasse un sistema autonomo, costituito da un insieme di obiettivi e regole ad esso proprie e la cui applicazione è indipendente da qualunque sistema nazionale [v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’11 luglio 2007, Mülhens/UAMI – Minoronzoni (TOSCA BLU), T‑150/04, Racc. pag. II‑2353, punto 40, e la giurisprudenza citata]. Secondo tale sentenza, una decisione di un giudice nazionale non può vincolare né l’UAMI né il giudice dell’Unione.

76. Tuttavia, si evince parimenti dalla giurisprudenza che né alle parti né allo stesso Tribunale si può impedire di ispirarsi, nell’interpretazione del diritto dell’Unione, ad elementi derivati dalla giurisprudenza dell’Unione, nazionale o internazionale [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 luglio 2006, Vitakraft-Werke Wührmann/UAMI – Johnson’s Veterinary Products (VITACOAT), T‑277/04, Racc. pag. II‑2211, punti da 69 a 71].

77. Orbene, nella specie, a prescindere della rilevanza della dichiarazione della commissione di ricorso fatta al punto 21 della decisione impugnata, secondo la quale essa non sapeva quali prove fossero state depositate nel procedimento parallelo in Germania, cosicché la sentenza del Bundesgerichtshof non poteva costituire un precedente, occorre rilevare che i marchi anteriori, l’uno francese e l’altro internazionale, protetti, segnatamente, in vari Stati membri dell’Unione, possono esplicare effetti procedurali diversi, da un lato, nel procedimento parallelo relativo ad un marchio tedesco e, dall’altro, nel presente procedimento, avente ad oggetto la domanda di dichiarazione di nullità di un marchio comunitario per malafede, e nel quale viene in considerazione la questione della notorietà residua dei marchi anteriori.

78. In terzo luogo, la ricorrente fa valere che l’attività indipendente svolta dall’ex titolare per la Citroën AG a Colonia e, nel 2005, per una succursale della Peugeot a Brema, era slegata dalla sua domanda di marchio comunitario. In particolare, a suo avviso, se l’ex titolare avesse acquisito informazioni nell’ambito della sua attività temporanea in quanto fornitore di software, lo stesso non avrebbe avuto a maggior ragione bisogno di ricerche supplementari per procedere alla domanda di marchio «asseritamente parassitaria».

79. Orbene, a tal riguardo, è sufficiente rilevare, in maniera analoga a quanto dichiarato ai punti 70 e 71 supra, che emerge dalla struttura e dal contenuto della decisione impugnata che la commissione di ricorso, per constatare l’esistenza della malafede dell’ex titolare, non si è fondata su suddetto rapporto di cooperazione da questi intrattenuto nel passato con l’interveniente o con altre imprese facenti parte del suo gruppo.

80. Infine, per quanto riguarda le affermazioni della ricorrente attinenti alla «brevità sproporzionata» della decisione impugnata e all’asserita assenza «della minima argomentazione giuridica, nonché di qualsiasi valutazione dei principi del diritto dei marchi», esse devono essere respinte, a prescindere dalla questione se esse riguardino un errore di valutazione nel merito commesso dalla commissione di ricorso o un’insufficienza di motivazione.

81. A tal riguardo, in primo luogo, nella misura in cui la ricorrente fa in tal modo riferimento alla valutazione nel merito del caso di specie effettuata dalla commissione di ricorso, il Tribunale ha già accertato, nel complesso delle considerazioni svolte nella presente sentenza, la fondatezza della decisione impugnata. In tale ambito, il Tribunale ha tenuto conto sia delle osservazioni in diritto presentate dalla commissione di ricorso sia dei «principi del diritto dei marchi».

82. In secondo luogo, se si dovesse intendere le menzionate affermazioni della ricorrente nel senso dell’affermazione di un’asserita insufficienza di motivazione della decisione impugnata, è sufficiente rilevare che, come si evince dalle considerazioni esposte dalla commissione di ricorso, sintetizzate ai punti da 9 a 22 supra, quest’ultima ha fatto apparire, conformemente a costante giurisprudenza, in termini chiari ed inequivocabili, il suo ragionamento, così da consentire alla ricorrente di conoscere le ragioni alla base del provvedimento adottato e, quindi, di far valere i propri diritti, ed al giudice dell’Unione di esercitare il proprio sindacato sulla legittimità di suddetta decisione [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 15 ottobre 2013, Electric Bike World/UAMI – Brunswick (LIFECYCLE), T‑379/12, punto 30, e la giurisprudenza citata].

83. Da tutto quanto precede, il motivo unico della ricorrente, nonché il ricorso nel suo insieme devono essere respinti.

Sulle spese

84. Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

85. Poiché l’UAMI e l’interveniente ne hanno fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Dispositivo

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La Simca Europe Ltd è condannata alle spese.

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SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

8 maggio 2014 ( *1 )

«Marchio comunitario — Procedimento di dichiarazione di nullità — Marchio comunitario denominativo Simca — Malafede — Articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑327/12,

Simca Europe Ltd, con sede in Birmingham (Regno Unito), rappresentata da N. Haberkamm, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da A. Schifko, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

GIE PSA Peugeot Citroën, con sede in Parigi (Francia), rappresentata da P. Kotsch, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI del 12 aprile 2012 (procedimento R 645/2011‑1), relativa a un procedimento di dichiarazione di nullità tra la GIE PSA Peugeot Citroën e la Simca Europe Ltd,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da A. Dittrich, presidente, J. Schwarcz (relatore) e V. Tomljenović, giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 16 luglio 2012,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 novembre 2012,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 novembre 2012,

visto che le parti non hanno presentato domanda di fissazione dell’udienza nel termine di un mese dalla notifica della chiusura della fase scritta ed avendo quindi deciso, su relazione del giudice relatore e in applicazione dell’articolo 135 bis del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

Il 5 dicembre 2007, il sig. Joachim Wöhler (in prosieguo: l’«ex titolare») presentava domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2

Il marchio del quale veniva chiesta la registrazione è il segno denominativo Simca.

3

I prodotti oggetto della richiesta di registrazione rientrano nella classe 12 ai sensi dell’accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, corrispondenti alla seguente descrizione: «Veicoli; apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici».

4

La domanda di marchio veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 16/2008, del 21 aprile 2008, e il segno denominativo Simca veniva registrato come marchio comunitario il 18 settembre 2008, con il numero 6489371, per tutti i prodotti menzionati al punto 3 supra.

5

Il 29 settembre 2008, l’interveniente, la GIE PSA Peugeot Citroën, presentava domanda di dichiarazione di nullità di detto marchio comunitario, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94 [divenuto l’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009], con riguardo a tutti i prodotti per i quali lo stesso era stato registrato. In sostanza, asseriva che l’ex titolare aveva agito in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato. Infatti, l’unico obiettivo da questi perseguito tramite tale domanda di registrazione sarebbe stato di impedire l’uso della denominazione «simca» al fine di commercializzare i prodotti contemplati dalla domanda di registrazione, e ciò sebbene essa fosse titolare, in relazione a tale denominazione, di diritti anteriori a tale domanda. A tal riguardo, l’interveniente richiamava, segnatamente, il fatto di essere titolare di un marchio internazionale SIMCA, registrato con il numero 218957 e protetto dal 1959, segnatamente in Germania, in Spagna, in Austria e nel Benelux, in particolare per «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici», rientranti nella classe 12 ai sensi dell’accordo di Nizza, e del marchio francese SIMCA, registrato con il numero 1606604, dal 1990, segnatamente per «autoveicoli», rientranti nella medesima classe. L’interveniente sosteneva che, sebbene tali marchi non fossero stati più usati nel corso degli ultimi anni, i suoi diritti di marchio erano stati mantenuti. Essa rammentava che il marchio «noto» di autoveicolo SIMCA era già stato creato nel 1934 da un costruttore di automobili francese. Il marchio francese anteriore era stato domandato per la prima volta nel 1935 ed era stato ripreso nel 1978 dalla Automobiles Peugeot, SA, che ne avrebbe fatto un uso intenso in tutto il mondo, Europa compresa. L’interveniente sosteneva, inoltre, che nel 2008 essa aveva, in due occasioni, invitato l’ex titolare a rinunciare al marchio contestato. In risposta, detto titolare avrebbe esercitato un «ricatto» nei suoi confronti, chiedendo una compensazione finanziaria. Secondo l’interveniente, la domanda di marchio era stata presentata dall’ex titolare per migliorare la sua situazione finanziaria mediante un’estorsione, senza che, da parte sua, vi fosse stata una volontà sincera di uso di suddetto marchio. Tenendo parimenti conto del fatto che il rapporto contrattuale fra le parti era terminato poco tempo prima del deposito della domanda di marchio comunitario di cui trattasi, l’interveniente riteneva che si fosse in presenza di un mero «marchio speculativo» ovvero di un marchio registrato per ostacolare il concorrente.

6

Con decisione del 25 gennaio 2011, la divisione di annullamento dell’UAMI respingeva in toto la domanda di dichiarazione di nullità.

7

Avverso la menzionata decisione l’interveniente presentava ricorso in data 24 marzo 2011.

8

Il 29 aprile 2011, la ricorrente, la Simca Europe Ltd, veniva iscritta nel registro dell’UAMI quale nuovo titolare del marchio contestato.

9

Con decisione del 12 aprile 2012 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’UAMI accoglieva il ricorso dell’interveniente, annullando la decisione della divisione di annullamento e, infine, dichiarando nullo il marchio contestato. La relativa motivazione si articola su tre capi, aventi ad oggetto, in primo luogo, talune osservazioni preliminari, in secondo luogo, dei fatti «pacifici» e, in terzo luogo, l’esistenza stessa della malafede dell’ex titolare al momento della domanda di registrazione.

10

Sotto un primo profilo, per quanto riguarda le osservazioni preliminari, da un lato, la commissione di ricorso ha ritenuto che, in quanto nuovo titolare del marchio contestato, alla ricorrente «doveva poter essere imputato direttamente il comportamento» dell’ex titolare in quanto richiedente iniziale di suddetto marchio.

11

Dall’altro, la commissione di ricorso ha ritenuto irrilevante un riferimento effettuato dalla ricorrente ad una sentenza del Bundesgerichtshof (Corte federale suprema, Germania), concernente il marchio tedesco SIMCA. La commissione di ricorso ha rammentato, al riguardo, che il regime comunitario dei marchi rappresentava un sistema autonomo, costituito da un insieme di obiettivi e regole ad esso proprie e la cui applicazione è indipendente da qualunque sistema nazionale. Inoltre, la commissione di ricorso ha affermato di non essere a conoscenza di prove depositate nel procedimento parallelo in corso in Germania, cosicché la summenzionata sentenza non poteva costituire un precedente.

12

Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda gli elementi «pacifici», i quali, secondo la commissione di ricorso, hanno un’importanza decisiva per la valutazione dei fatti di cui al caso di specie, essa ha sottolineato, in primo luogo, che autoveicoli contrassegnati dal marchio SIMCA sono stati venduti sin dagli anni 30, e che l’interveniente o un’impresa facente parte del suo gruppo avevano ripreso tale marchio nel 1978. Inoltre, la commissione di ricorso ha sottolineato il fatto che l’interveniente era titolare di due marchi figurativi, protetti l’uno in Francia, ossia il marchio nazionale registrato con il numero 121992, e l’altro nella Repubblica ceca, in Germania, in Spagna, in Italia, in Ungheria, a Malta, in Portogallo, in Romania e nel Benelux, nonché in taluni paesi non membri dell’Unione europea, ossia il marchio internazionale registrato con il numero 218957. Secondo la commissione di ricorso, tali marchi continuavano ad essere registrati, alla data dell’adozione della decisione impugnata, perlomeno per veicoli, rientranti nella classe 12, dell’Automobiles Peugeot, un’impresa facente parte del gruppo dell’interveniente.

13

In secondo luogo, secondo la commissione di ricorso, sebbene l’interveniente avesse cessato di commercializzare veicoli con il marchio SIMCA alla fine degli anni 70, tale marchio godeva di un grado di notorietà elevato, il quale, pur se diminuito nel corso degli anni, esisteva ancora alla data dell’adozione della decisione impugnata.

14

In terzo luogo, la commissione di ricorso ha sottolineato che l’ex titolare aveva lavorato per più di 18 mesi per l’interveniente a Colonia (Germania) e, in seguito, a Brema (Germania), in qualità di imprenditore indipendente nel settore dei software. Egli conosceva, secondo la commissione di ricorso, la storia del marchio SIMCA, come emergeva, segnatamente, da alcune delle lettere indirizzate da questi all’interveniente.

15

In quarto luogo, la commissione di ricorso ha rilevato che, prima della data in cui era stata domandata la registrazione del marchio contestato, l’ex titolare era già in contatto con un’impresa indiana al fine di studiare un progetto di sviluppo di un autoveicolo. Tuttavia, tale progetto non sarebbe stato attuato alla data dell’adozione della decisione impugnata. La commissione di ricorso ha sottolineato, al riguardo, che si evinceva dalle lettere dell’ex titolare che questi era alla ricerca di un marchio «che non era più oggetto di uso o che non era registrato».

16

In quinto luogo, la commissione di ricorso ha affermato che, nell’agosto 2008, l’ex titolare era parimenti titolare dell’indirizzo Internet www.simca.info e che, dal dicembre 2008, egli commercializzava biciclette elettriche tramite suddetto sito Internet.

17

In sesto luogo, la commissione di ricorso ha affermato che, sebbene l’ex titolare conoscesse i diritti dell’interveniente sul marchio contestato, egli riteneva che questi fossero suscettibili di essere annullati per mancanza di uso effettivo. Egli sarebbe tuttavia disposto a rinunciare al marchio contestato a fronte di un’«offerta di indennizzo».

18

Sotto un terzo profilo, quanto all’esistenza stessa di malafede dell’ex titolare, la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che l’onere della prova al riguardo incombesse all’interveniente in quanto richiedente la nullità. Occorreva, a suo avviso, ricorrere a più prove formanti una catena di indizi, così da potersi affermare, con una probabilità vicina alla certezza, che il richiedente il marchio comunitario avesse agito in malafede.

19

Secondo la commissione di ricorso, la nozione di «malafede» di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, non è definita, né delimitata, e neppure descritta in alcuna maniera nella legislazione. Sebbene la Corte abbia fissato un elenco di criteri concernenti l’interpretazione di suddetta nozione nella sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C-529/07, Racc. pag. I-4893), essi, secondo la commissione di ricorso, non sono esaustivi. Poiché i fatti alla base del procedimento sfociato nella questione pregiudiziale oggetto della summenzionata causa sono sostanzialmente diversi, secondo la commissione di ricorso, dai fatti alla base del presente procedimento, essa ritiene necessario fissare criteri supplementari.

20

Secondo la commissione di ricorso, il fatto che l’ex titolare fosse a conoscenza dell’esistenza di marchi anteriori e che, ciononostante, avesse depositato una domanda di marchio comunitario è un indizio della sua «intenzione di ostacolare» e della sua malafede. Il fatto che questi fosse partito dal presupposto che tali marchi potevano essere annullati è, a suo avviso, irrilevante, e costituisce un mero pretesto, considerato che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, suddetto titolare non aveva ancora presentato una domanda di decadenza né del marchio francese anteriore né del marchio internazionale anteriore.

21

La commissione di ricorso ha rilevato che l’ex titolare era parimenti ben consapevole del fatto che il marchio SIMCA godesse di notorietà per gli autoveicoli. Secondo la commissione di ricorso, emergeva dagli elementi di prova che egli era alla ricerca di un nome di marchio noto, in quanto il suo obiettivo era sfruttare «in maniera parassitaria» la notorietà dei marchi registrati dell’interveniente e trarre vantaggio dalla buona reputazione degli stessi tramite un uso deliberato illegittimo del marchio Simca. Orbene, un siffatto comportamento doveva essere, a suo avviso, ascritto a malafede.

22

Di conseguenza, la commissione di ricorso ha ritenuto irrilevante il fatto che l’ex titolare commercializzasse biciclette con il marchio Simca dal dicembre 2008, sulla base del rilievo che tale commercializzazione non costituiva una giustificazione per la registrazione del marchio contestato.

Conclusioni delle parti

23

La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’UAMI alle spese, incluse le «spese di rappresentanza».

24

L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

Sui documenti presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale

25

Si evince dall’esame del fascicolo dell’UAMI che i documenti che figurano agli allegati K 8, K 9 e K 10 del ricorso non erano stati sottoposti all’Ufficio nel corso del procedimento amministrativo. Tali documenti consistono, anzitutto, per quanto riguarda l’allegato K 8, in una lettera datata 16 marzo 2012, indirizzata dalla ricorrente all’interveniente e con la quale quest’ultima veniva invitata a rinunciare all’uso del marchio denominativo tedesco SIMCA, registrato con il numero 302008037708 a nome dell’interveniente; quindi, per quanto riguarda l’allegato K 9, in una dichiarazione di rinuncia dell’interveniente, datata 23 marzo 2012 e concernente suddetto marchio, nonché in una lettera indirizzata dall’interveniente al Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio dei brevetti e dei marchi tedesco), che informava quest’ultimo della sua rinuncia, e infine, per quanto riguarda l’allegato K 10, in un estratto del registro dei marchi tedesco, datato 16 luglio 2012, dal quale si evince che il summenzionato marchio tedesco è stato annullato.

26

A tal riguardo, occorre ricordare che il ricorso proposto dinanzi al Tribunale è volto al sindacato di legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso, in forza dell’articolo 65 del regolamento n. 207/2009, e che, nelle controversie relative all’annullamento, la legittimità dell’atto impugnato deve essere valutata alla luce degli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data in cui l’atto è stato adottato. Pertanto, secondo giurisprudenza costante, la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove prodotte per la prima volta dinanzi ad esso. L’ammissione di tali documenti, infatti, sarebbe in contrasto con l’articolo 135, paragrafo 4, del regolamento di procedura del Tribunale, secondo cui le memorie delle parti non possono modificare l’oggetto della controversia dinanzi alla commissione di ricorso [v. sentenza del Tribunale del 21 marzo 2012, Feng Shen Technology/UAMI – Majtczak (FS), T‑227/09, punto 25, e la giurisprudenza citata].

27

Ne consegue che i documenti, presentati dalla ricorrente per la prima volta dinanzi al Tribunale, agli allegati K 8, K 9 e K 10 del ricorso, non possono essere presi in considerazione e devono, pertanto, essere respinti.

Sulla ricevibilità del rinvio complessivo della ricorrente agli argomenti dedotti dinanzi all’UAMI

28

Per quanto riguarda gli argomenti ai quali la ricorrente rinvia in maniera complessiva, al punto 67 del ricorso, e da essa presentati nell’ambito del procedimento dinanzi all’UAMI, occorre rammentare che, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 18 settembre 2012, Scandic Distilleries/UAMI – Bürgerbräu, Röhm & Söhne (BÜRGER), T‑460/11, punto 16, e la giurisprudenza citata].

29

Occorre rammentare che, pur se il contenuto del ricorso può essere suffragato e completato, su punti specifici, mediante il rinvio ad estratti della documentazione allegata, un rinvio complessivo ad altri documenti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi della summenzionata disposizione, devono figurare nel ricorso (v., in tal senso, sentenza BÜRGER, punto 28 supra, punto 17, e la giurisprudenza citata).

30

Nella specie, la ricorrente si è accontentata di indicare, al punto 67 del ricorso, che essa si riferiva al «complesso degli argomenti dedotti (…) dinanzi all’UAMI nella sua memoria del 2 agosto 2011 e ai documenti ad essa allegati» e che «i documenti interessati [erano] espressamente dichiarati parte integrante dell’oggetto del ricorso in quanto contenuto supplementare della (…) domanda».

31

Così facendo, la ricorrente non individua né i punti specifici del ricorso che essa intende integrare con tale rinvio, né gli allegati in cui sarebbero esposti tali eventuali argomenti.

32

Ciò premesso, il Tribunale non è tenuto a ricercare, in maniera globale, nella menzionata memoria presentata dinanzi all’UAMI, gli argomenti che la ricorrente possa richiamare, né ad esaminarli, essendo questi irricevibili. Per contro, il Tribunale esaminerà quegli elementi presentati nel corso del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI ai quali rimandano argomenti specifici e sufficientemente concreti dedotti nel ricorso.

Sulla domanda di annullamento della decisione impugnata

33

La ricorrente deduce un unico motivo a sostegno del proprio ricorso, attinente alla violazione dell’articolo 52 del regolamento n. 207/2009. Secondo la stessa, in sostanza, la commissione di ricorso è incorsa in un errore di diritto nell’affermare che l’ex titolare fosse in malafede al momento del deposito presso l’UAMI di una domanda mirante alla registrazione del marchio contestato come marchio comunitario.

34

L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

35

In limine, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, la nullità di un marchio comunitario deve essere dichiarata, su domanda presentata dinanzi all’UAMI o su domanda riconvenzionale nell’ambito di un’azione per contraffazione, qualora il richiedente fosse in malafede al momento del deposito della domanda di marchio. Spetta al richiedente la nullità che intende basarsi su questo motivo dimostrare le circostanze che consentono di dichiarare che il titolare di un marchio comunitario era in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione di quest’ultimo [sentenza del Tribunale del 14 febbraio 2012, Peeters Landbouwmachines/UAMI – Fors MW (BIGAB), T‑33/11, punto 17].

36

Come correttamente rilevato dalla commissione di ricorso ai punti 34 e seguenti della decisione impugnata, la Corte ha operato una serie di precisazioni sulle modalità di interpretazione della nozione di malafede di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 (sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra, punti 37 e seguenti). Essa ha in tal senso sottolineato che la malafede del richiedente, ai sensi di detta disposizione, doveva essere valutata nel suo insieme, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, e in particolare:

del fatto che il richiedente sappia o debba sapere che un terzo utilizza, almeno in uno Stato membro, un segno identico o simile per un prodotto identico o simile e confondibile con il segno di cui viene chiesta la registrazione;

dell’intenzione del richiedente di impedire a tale terzo di continuare ad utilizzare detto segno;

del grado di tutela giuridica di cui godono il segno del terzo ed il segno di cui viene chiesta la registrazione.

37

La Corte ha parimenti affermato, ai punti 43 e 44 della sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra, che l’intenzione di impedire la commercializzazione di un prodotto può, in talune circostanze, caratterizzare la malafede del richiedente. Ciò si verifica, in particolare, qualora emerga successivamente che quest’ultimo ha fatto registrare come marchio comunitario un segno senza l’intenzione di utilizzarlo, unicamente al fine di impedire che un terzo entri nel mercato.

38

Ciò premesso, come giustamente sottolineato dalla commissione di ricorso al punto 35 della decisione impugnata, dalla formulazione adottata nella sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra, deriva che i tre fattori citati al punto 36 supra, sono soltanto degli esempi tra un insieme di elementi suscettibili di essere presi in considerazione al fine di decidere sull’eventuale malafede di un richiedente un marchio al momento del deposito della domanda (sentenza BIGAB, punto 35 supra, punto 20).

39

Occorre dunque ritenere che, nell’ambito dell’analisi complessiva effettuata ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, sia possibile altresì tenere conto dell’origine della parola o della sigla che compongono il marchio contestato e dell’uso anteriore del medesimo nel commercio come marchio, segnatamente da parte di imprese concorrenti, nonché della logica commerciale nella quale si inserisce il deposito della domanda di registrazione del marchio comunitario costituito da tale parola o da tale sigla.

40

Nella specie, ne consegue, in via preliminare, la necessità di respingere le affermazioni con le quali la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di avere tenuto conto di un «nuovo indizio di malafede», che non sarebbe stato previsto nell’ambito della giurisprudenza della Corte, segnatamente nella sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra, ovvero che sarebbe in contraddizione con i criteri menzionati in suddetta sentenza. Infatti, da un lato, al pari della commissione di ricorso, occorre sottolineare che suddetti criteri giurisprudenziali sono meramente illustrativi. Dall’altro, si deve rilevare che i criteri accolti dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata non contraddicono i criteri fissati nella summenzionata sentenza, bensì si aggiungono a questi ultimi secondo la logica ivi prevista, consistente nel valutare complessivamente l’insieme dei fattori pertinenti del caso di specie. In tal senso, la commissione di ricorso ha giustamente esaminato sia l’origine della sigla che compone il marchio contestato Simca sia l’uso anteriore di quest’ultimo nel commercio come marchio, segnatamente da parte di imprese concorrenti, e la logica commerciale nella quale si inserisce il deposito della domanda di registrazione del marchio contestato formato da tale sigla. Inoltre, in tale contesto, niente vietava alla commissione di ricorso di esaminare parimenti la conoscenza, alla data della domanda di registrazione, da parte del titolare del marchio del quale è stata domandata la nullità, dell’esistenza dei marchi anteriori contenenti suddetta sigla SIMCA e del loro grado di notorietà.

41

A tal riguardo, il Tribunale rileva, anzitutto, che è pacifico che la sigla SIMCA fosse già stata creata in Francia nel 1934 da un costruttore di automobili, e che dei veicoli designati da un marchio contenente tale sigla sono stati venduti a partire dagli anni 30. Tale marchio è stato ripreso in seguito, nel 1978, dalla Automobiles Peugeot, che l’ha usato in tutto il mondo, Europa compresa.

42

È parimenti pacifico che l’interveniente sia titolare di due marchi figurativi anteriori che includono la parola «simca», l’uno, francese, registrato con il numero 121992 e depositato il 5 marzo 1959 e l’altro, internazionale, registrato con il numero 218957, fondato su suddetto marchio francese e protetto in taluni Stati membri dell’Unione, come la Germania, la Spagna, l’Italia, l’Ungheria, la Romania, nonché nel Benelux. Sia il marchio francese anteriore che il marchio internazionale anteriore, benché non utilizzati negli ultimi decenni, come rilevato segnatamente al punto 24 della decisione impugnata, sono cionondimeno stati rinnovati e restano registrati a favore dell’interveniente alla data della domanda di registrazione del marchio contestato.

43

Inoltre, sebbene la commissione di ricorso abbia affermato, al punto 23 della decisione impugnata, in fine, in termini poco chiari, che i menzionati marchi restavano registrati «perlomeno per veicoli rientranti nella classe 12», da un lato, si deve rilevare che la ricorrente non ha effettuato, dinanzi al Tribunale, allegazioni specifiche attinenti alle eventuali conseguenze che tale affermazione potrebbe avere in ordine all’esistenza di una malafede dell’ex titolare con riferimento alla sua domanda di registrazione del marchio contestato per gli altri prodotti in questione, ossia gli «apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici». Infatti, la ricorrente contesta, piuttosto, la rilevanza della registrazione dei marchi anteriori in quanto tali in sede di valutazione della malafede dell’ex titolare e, di seguito, essa sottolinea, quale elemento che dimostra l’assenza di malafede, il fatto che l’ex titolare utilizzava effettivamente il marchio contestato successivamente alla sua registrazione e ciò, in un primo momento, per commercializzare biciclette elettriche, con l’intenzione, in seguito, di utilizzare suddetto marchio parimenti per veicoli «di nicchia» motorizzati.

44

Dall’altro, e in ogni caso, è giocoforza constatare che si evince dal fascicolo ammnistrativo dell’UAMI che la registrazione del marchio internazionale anteriore, di cui una copia è allegata alla domanda di dichiarazione di nullità dell’interveniente e che si basa sul marchio francese anteriore, elenca, fra i prodotti presi in considerazione, le due menzionate categorie facenti parti della classe 12. Inoltre, si deve rilevare, in mancanza di elementi in senso contrario, che le constatazioni della commissione di ricorso relative alla malafede dell’ex titolare riguardano sia la parte della sua domanda di registrazione del marchio contestato concernente i «veicoli» sia quella concernente gli «apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici».

45

Ancora, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 37 della decisione impugnata, in combinato con i suoi punti 1, 27 e 28, è pacifico che l’ex titolare ha domandato la registrazione del marchio contestato soltanto il 5 dicembre 2007, e che ha depositato tale domanda nonostante fosse a conoscenza dell’esistenza dei marchi anteriori SIMCA dell’interveniente, quantomeno quali marchi «storici». Inoltre, è altresì pacifico il fatto che l’ex titolare non ha domandato la decadenza dei marchi francese e internazionale anteriori, e che la ricorrente si limita a manifestare, dinanzi al Tribunale, l’intenzione di procedere essa stessa a tali domande in futuro. Per quanto riguarda taluni riferimenti effettuati dalla ricorrente a dei passi già intrapresi per far dichiarare la nullità in relazione a determinati marchi anteriori dell’interveniente, a parte il fatto che essi si fondano su documenti dedotti per la prima volta dinanzi al Tribunale e che sono pertanto irricevibili (v. punti da 25 a 27 supra), occorre rilevare che, in ogni caso, suddetti passi riguardano unicamente un marchio tedesco dell’interveniente, registrato con il numero 302008037708, e non i marchi francese o internazionale anteriori.

46

Occorre parimenti rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la commissione di ricorso ha giustamente affermato, al punto 38 della decisione impugnata, con riferimento agli elementi di prova presentati segnatamente dall’ex titolare stesso, che quest’ultimo era ben consapevole del fatto che il marchio SIMCA godesse di notorietà in relazione agli autoveicoli. Inoltre, come si evince dal punto 25 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che il grado di tale notorietà fosse stato elevato in passato, che potesse essere diminuito nel corso degli anni, ma che esistesse ancora alla data di adozione della decisione impugnata, e ciò «in particolare presso persone entrate in contatto con i veicoli commercializzati con il marchio “SIMCA”».

47

A tal riguardo, in via preliminare, quanto alla conoscenza e alla percezione del marchio Simca da parte dell’ex titolare, occorre rilevare che, come emerge dalla sua lettera del 15 giugno 2007, indirizzata all’impresa indiana W. (allegato XIV della risposta dell’ex titolare, datata 26 dicembre 2008, alla memoria dell’interveniente che espone i motivi della domanda di dichiarazione di nullità), questi era alla ricerca di un marchio «adeguato» che non era più utilizzato o che non era stato registrato, e che, pertanto, non era giuridicamente protetto. È soltanto a seguito delle summenzionate dichiarazioni che l’ex titolare ha domandato la registrazione del marchio contestato, riprendendo, tale e quale, l’elemento denominativo dei marchi figurativi anteriori. Analogamente, si evince da una lettera dell’ex titolare, datata 5 settembre 2007 e indirizzata a suddetta impresa indiana, che egli era a conoscenza di una registrazione anteriore del marchio SIMCA‑1100 City‑Laster in Germania, in vigore fino al 1983, nonché del successo delle vetture sportive del marchio SIMCA nei rally negli anni 70.

48

Inoltre, dalla lettera dell’ex titolare datata 17 marzo 2008, indirizzata al sig. S., direttore generale dell’interveniente, la quale, pur se redatta posteriormente alla domanda di registrazione del marchio contestato, apporta elementi rilevanti che consentono di desumere le ragioni che hanno condotto l’ex titolare a presentare suddetta domanda, si evince che quest’ultimo aveva intenzione di conservare il «meraviglioso» marchio SIMCA per i posteri. In questa stessa lettera, l’ex titolare ha esplicitamente fatto riferimento alla «straordinaria storia del marchio SIMCA». Tali dichiarazioni devono essere lette in combinato con la parte introduttiva della lettera medesima, nella quale l’ex titolare mette in evidenza le sue conoscenze del settore automobilistico e la sua particolare e costante affinità verso le vetture francesi, segnatamente delle marche Peugeot o Citroën. Nel medesimo contesto, l’ex titolare ha esplicitamente menzionato il fatto di avere effettuato ricerche sia su Internet che presso l’UAMI per accertare se il marchio SIMCA fosse ancora registrato.

49

Tenendo parimenti conto dell’affermazione dell’ex titolare, effettuata nella medesima lettera e secondo la quale questi aveva acquistato «nel gennaio 2008, in Francia, una vettura SIMCA Aronde 9 che si combinava in maniera ideale con il marchio [comunitario] del quale [egli] aveva chiesto la registrazione» un mese prima, occorre concludere che giustamente la commissione di ricorso ha ritenuto che suddetto titolare «fosse ben consapevole del fatto che il marchio SIMCA godeva di notorietà in relazione agli autoveicoli». Infatti, detti elementi consentono al Tribunale di rilevare che, agli occhi dell’ex titolare, il marchio in questione aveva quantomeno conservato una certa notorietà residua, il che spiega, peraltro, il suo interesse per tale marchio alla luce delle circostanze della specie, nonché la sua intenzione di salvaguardarlo per le generazioni future.

50

Tale constatazione risulta avvalorata dall’affermazione effettuata dalla ricorrente nel ricorso, secondo la quale era «comunemente noto il fatto che il marchio SIMCA non era più utilizzato dall’[interveniente] da più decenni». Infatti, un’affermazione del genere presuppone che l’esistenza stessa del marchio SIMCA quale marchio «storico» fosse un fatto notoriamente conosciuto, perlomeno da parte del pubblico interessato costituito da persone che hanno conosciuto veicoli commercializzati nel passato con questo marchio.

51

Tali considerazioni non possono essere inficiate dal riferimento effettuato dalla ricorrente al contenuto della sua lettera precontenziosa datata 2 agosto 2011 e indirizzata all’UAMI, nella quale si sostiene che persino il pubblico di intenditori non si ricorderebbe più del marchio SIMCA. A tal riguardo, occorre rilevare che gli elementi presentati al fine di supportare tale affermazione, in allegato a suddetta lettera, consistono, in particolare, in estratti di pagine Internet di taluni venditori di autoveicoli, segnatamente sul mercato dell’usato.

52

Orbene, nella misura in cui è possibile trarre determinate conclusioni dagli estratti delle summenzionate pagine Internet, questi ultimi dimostrano, tutt’al più, unicamente il fatto che taluni venditori non offrivano più in vendita sul mercato dell’usato veicoli del marchio SIMCA. Pertanto, in mancanza di altri elementi di prova concordanti, come sondaggi presso il pubblico rilevante, non si può escludere che, come sostenuto dalla commissione di ricorso al punto 25 della decisione impugnata quando richiama, al punto 5 della stessa, le prove relative alla «storia» del marchio SIMCA, sia potuta sussistere una notorietà residua, in particolare presso la parte di pubblico pertinente quale definita dalla commissione di ricorso (v. punti 46 e 50 supra).

53

Occorre aggiungere, peraltro, che, a parte l’articolo di una rivista tedesca, datato dicembre 1989 e avente ad oggetto la storia delle vetture prodotte con il marchio SIMCA 1000, documento richiamato dall’interveniente nel procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI, segnatamente nella sua lettera del 29 marzo 2010, e menzionato al punto 5 della decisione impugnata, la conclusione che esistesse, alla data rilevante del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, una certa notorietà residua dei marchi anteriori SIMCA dell’interveniente è corroborata dal riferimento dell’ex titolare, nella sua lettera precontenziosa datata 26 dicembre 2008 e indirizzata all’UAMI, all’estratto di una pagina Internet avente ad oggetto l’esposizione di veicoli francesi Francemobile. Infatti, poiché persino l’organizzatore di suddetta esposizione riprendeva, sul suo sito pubblicitario, fra i diversi loghi di produttori di veicoli esposti, quello del marchio SIMCA, tale estratto può essere considerato un indizio supplementare della notorietà di tale marchio, a prescindere dalla questione se tale logo corrispondesse esattamente a quello registrato per l’interveniente.

54

Inoltre, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la commissione di ricorso non è neanche incorsa in un errore di diritto per aver tenuto conto, nell’ambito della sua valutazione globale degli indizi della malafede dell’ex titolare, di elementi di fatto attinenti alle sue intenzioni e ai suoi obiettivi alla data del deposito della domanda di registrazione. Ad essa non può essere addebitato, a tal riguardo, di aver esaminato elementi «soggettivi della motivazione intrinseca» dell’azione dell’ex titolare, segnatamente alla luce delle lettere indirizzate da quest’ultimo ai partner commerciali e, successivamente al deposito della sua domanda di registrazione, anche all’interveniente, in risposta alle lettere di quest’ultima.

55

Infatti, è sufficiente rilevare che dalla sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra (punti da 38 a 42), si evince che, al fine di valutare l’esistenza della malafede del richiedente al momento del deposito della domanda di registrazione di un segno, occorreva, inoltre, tenere conto della sua «intenzione» di impedire ad un terzo di utilizzare siffatto segno; la Corte ha osservato, al riguardo, che suddetta intenzione era un elemento soggettivo che doveva essere determinato con riferimento alle circostanze oggettive del caso di specie.

56

Alla luce di tutti i suesposti rilievi, si deve ritenere che la commissione di ricorso potesse giustamente desumere dalle particolari circostanze del caso di specie che, con la sua domanda di registrazione di un marchio comunitario, l’ex titolare mirava, in realtà, a sfruttare in maniera parassitaria la notorietà dei marchi registrati dell’interveniente e a trarne vantaggio.

57

È vero che, come sostenuto dalla ricorrente e come inizialmente sottolineato dalla divisione di annullamento, si evince dal considerando 10 del regolamento n. 207/2009 che è giustificato tutelare i marchi comunitari, nonché, nei loro confronti, i marchi registrati che siano anteriori, soltanto nella misura in cui siano effettivamente utilizzati.

58

Analogamente, da un lato, la ricorrente richiama la prima direttiva n. 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), e in particolare il suo articolo 12, dedicato ai «motivi di decadenza», il quale si applica, in combinato con l’articolo 1 di suddetta direttiva «ai marchi di impresa (…) che hanno formato oggetto di una registrazione o di una domanda di registrazione in uno Stato membro o presso l’Ufficio Benelux per la proprietà intellettuale o che sono oggetto di una registrazione internazionale che produce effetti in uno Stato membro». Dall’altro, essa fa riferimento all’articolo L‑714.5 del code de la propriété intellectuelle (codice francese della proprietà intellettuale) e agli articoli 25 e 49 del Gesetz über den Schutz von Marken und sonstigen Kennzeichen (Markengesetz; legge tedesca sulla protezione dei marchi ed altri segni), del 25 ottobre 1994 (BGBl. 1994 I, pag. 3082, BGBl. 1995 I, pag. 156, e BGBl. 1996 I, pag. 682); anche tali disposizioni disciplinano in sostanza, a livello nazionale, le condizioni alle quali può essere rilevata la decadenza dei diritti sui marchi in assenza di uso effettivo, segnatamente a seguito di un’azione giudiziaria proposta da un soggetto interessato.

59

Orbene, nella specie, è giocoforza constatare che la commissione di ricorso, nel concludere nel senso dell’esistenza della malafede dell’ex titolare, non si è fondata unicamente sul fatto, richiamato al punto 37 della decisione impugnata, che questi aveva chiesto la registrazione del marchio contestato nonostante fosse a conoscenza dei marchi anteriori, e ciò senza avere prima presentato domanda di decadenza nei loro confronti.

60

Infatti, come emerge dal punto 38 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha tenuto conto, in particolare, dell’obiettivo specifico dell’ex titolare di «sfruttare in maniera parassitaria il valore dei marchi registrati noti [dell’interveniente] e di trarre vantaggio dalla [loro] buona reputazione (…) tramite un uso deliberato illegittimo del segno SIMCA». Tale approccio non costituisce un errore di diritto, in quanto, come si evince dalla sentenza Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, punto 19 supra, l’esistenza della malafede del richiedente, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, dev’essere valutata globalmente, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. In primo luogo, come rammentato in precedenza (v. punto 39 supra), fanno parte di tali fattori l’origine della parola o della sigla che compongono il marchio contestato e l’uso anteriore del medesimo nel commercio come marchio, segnatamente da parte di imprese concorrenti, ossia, nella specie, le circostanze non contestate che attestano un uso effettivo, quantomeno «storico», dei marchi che contengono la sigla SIMCA da parte dell’interveniente o di un’impresa facente parte del suo gruppo, precedente all’uso di suddetta sigla da parte dell’ex titolare nell’ambito del marchio contestato.

61

In secondo luogo, la commissione di ricorso ha potuto fare riferimento, giustamente, alla logica commerciale nella quale si inserisce il deposito della domanda di registrazione della sigla quale marchio comunitario da parte dell’ex titolare, alla luce del fatto che questi ha esplicitamente richiamato, davanti ai suoi partner commerciali, una logica avente ad oggetto l’intenzione di utilizzare un marchio adeguato ai prodotti contemplati dalla registrazione, a prescindere se esso fosse un marchio non registrato o un marchio che, benché registrato, aveva perduto ogni protezione giuridica, segnatamente in considerazione della mancanza di uso effettivo da parte del suo titolare (v. punti 45 e seguenti supra). Peraltro, la ricorrente si richiama alla stessa motivazione al punto 41 del ricorso, sottolineando che era proprio il fatto che i marchi anteriori non fossero più utilizzati da molto tempo che poteva essere considerato «un motivo che ha indotto [l’ex titolare], informato in merito a tale circostanza, a presentare una domanda di marchio al fine di utilizzare quest’ultimo a suo vantaggio».

62

Ciò premesso, considerato che non risulta acclarato che l’ex titolare avesse commercializzato, già prima del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, dei prodotti sul mercato rilevante con il marchio suddetto, non è possibile ravvisare un’altra logica commerciale, distinta da quella che si avvale del riferimento all’interveniente o alle imprese del suo gruppo. In particolare, la ricorrente non può sostenere che l’ex titolare mirasse, con la domanda de qua, ad opporsi a che imprese terze facessero uso del suo marchio senza la sua autorizzazione, ingenerando nella clientela l’illusione di distribuire gli stessi prodotti di quelli dell’ex titolare, ovvero che egli intendesse semplicemente estendere la protezione del marchio contestato facendolo registrare.

63

Ciò detto, la ricorrente non può fondarsi sul mero fatto che i marchi anteriori non venivano più utilizzati per respingere la constatazione della malafede dell’ex titolare al momento della registrazione. Infatti, come già rilevato, gli elementi del caso di specie indicano che la registrazione del segno contestato è stata deliberatamente demandata al fine di generare un’associazione con i marchi anteriori e trarre vantaggio dalla loro notorietà sul mercato automobilistico ovvero persino concorrere con questi ultimi nel caso in cui essi venissero riutilizzati dall’interveniente in futuro. A tal riguardo, non spettava all’ex titolare valutare le intenzioni commerciali future dell’interveniente quale titolare dei marchi anteriori, regolarmente rinnovati, e neppure di concludere, in mancanza di una domanda di dichiarazione di nullità avente ad oggetto questi ultimi, nel senso che l’interveniente «non aveva la qualità di titolare meritevole di tutela». Del resto, anche senza che sia necessario valutare la correttezza dell’affermazione dell’UAMI effettuata dinanzi al Tribunale, secondo la quale era normale, sul mercato automobilistico, che marchi non utilizzati per un periodo di tempo piuttosto lungo lo siano nuovamente, in edizione limitata, per gli amanti delle auto, occorre rilevare che si evince dall’articolo pubblicato il 2 settembre 2008 su un quotidiano, ripreso dal sito Internet Autohaus online, e un estratto del quale è allegato alla lettera dell’ex titolare datata 26 dicembre 2008 e indirizzata all’UAMI, che questi era venuto a conoscenza, al più tardi a tale data e senza che ciò abbia comportato la sua rinuncia al marchio contestato, del fatto che l’interveniente progettava di riutilizzare dei marchi «come il marchio Talbot», segnatamente per veicoli a basso prezzo, seguendo in ciò, secondo l’articolo, l’impresa Renault, che ha fatto rivivere il suo marchio Dacia. In tali circostanze, non poteva essere esclusa un’intenzione futura dell’interveniente diretta a riutilizzare parimenti il suo marchio SIMCA.

64

Tali conclusioni non sono inficiate dalle diverse affermazioni della ricorrente, attinenti all’«usucapione nel diritto dei marchi».

65

Come si evince dalle affermazioni della ricorrente, quest’ultima contesta che possa esistere un principio giuridico secondo il quale un marchio, già registrato ma per il quale sia giunta «la fine del periodo di tutela», non può essere nuovamente registrato a favore di un terzo diverso dal titolare originario. La ricorrente richiama, a tal riguardo, l’articolo 19 e il considerando 11 del regolamento n. 207/2009.

66

Orbene, è giocoforza rilevare che la questione che si pone nella specie non è limitata alla summenzionata questione, bensì, come sottolineato in precedenza, la commissione di ricorso ha preso in considerazione, per concludere nel senso della malafede dell’ex titolare, anche elementi di fatto concernenti la notorietà residua dei marchi anteriori e la logica commerciale nella quale si inseriva il deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, in quanto l’ex titolare intendeva trarre vantaggio, in tal modo, di suddetti marchi. Pertanto, contrariamente alla tesi della ricorrente, la quale risulta da una lettura errata della decisione impugnata, la commissione di ricorso non ha proposto di adottare il principio esposto al punto precedente. Di conseguenza, i riferimenti al considerando 11 e all’articolo 19 del regolamento n. 207/2009 effettuati dalla ricorrente sono inoperanti, in quanto non presentano un collegamento concreto con l’elemento decisivo che ha portato la commissione di ricorso a concludere nel senso che l’ex titolare aveva agito in malafede, ossia con il fatto che egli mirava a trarre vantaggio dalla notorietà residua dei marchi anteriori.

67

Quanto alle diverse affermazioni della ricorrente, secondo le quali l’avvio di un’azione nei confronti di marchi anteriori opponibili, suscettibili di essere dichiarati nulli, non era una condizione per l’inversione della presunzione della malafede, è sufficiente rilevare che la commissione di ricorso non ha applicato tale condizione, bensì, come già rilevato, ha esaminato globalmente gli elementi pertinenti nel caso di specie (v., segnatamente, i punti da 37 a 39 della decisione impugnata, in combinato con il punto 25 della stessa).

68

Per quanto riguarda, poi, le affermazioni della ricorrente secondo le quali, anche se i marchi anteriori non potevano essere dichiarati nulli, essi si limitavano a proteggere «degli elementi figurativi o la combinazione di elementi figurativi e denominativi, mentre il marchio controverso [era] un marchio meramente denominativo il cui ambito di tutela [era] diverso», cosicché, a suo avviso, «gli ambiti di tutela» di tali marchi erano diversi, occorre rilevare che emerge dal ragionamento effettuato dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, segnatamente dai punti 25, 27 e 38 della stessa, che essa riteneva che la notorietà residua dei marchi anteriori riguardasse, in particolare, la parola«simca», unico elemento denominativo dei suddetti marchi figurativi ripreso, tale e quale, nel marchio contestato. Analogamente, emerge dal ragionamento della commissione di ricorso che essa ha ritenuto che il marchio comunitario dell’ex titolare si ispirasse a marchi anteriori, al fine di sfruttare in maniera parassitaria la loro notorietà e a trarre vantaggio dalla stessa mediante un uso illegittimo del segno Simca. Del resto, si evince da una costante giurisprudenza che nulla si oppone a che sia verificata l’esistenza di somiglianze tra un marchio denominativo e un marchio figurativo, dato che questi due tipi di marchio hanno una configurazione grafica che può dar luogo ad un’impressione visiva [v. sentenza del Tribunale del 23 aprile 2013, Apollo Tyres/UAMI – Endurance Technologies (ENDURACE), T‑109/11, punto 60, e la giurisprudenza citata].

69

Ciò premesso, e considerato che l’ex titolare non aveva dedotto dinanzi all’UAMI argomenti concreti a sostegno dell’affermazione secondo la quale i marchi in conflitto sarebbero talmente diversi da non essere confondibili, bensì si è limitato a rinviare, in termini generali, al fatto che i marchi anteriori erano figurativi, occorre concludere nel senso che la commissione di ricorso non era obbligata a specificare in dettaglio la valutazione da essa effettuata delle somiglianze fra tali marchi, posto che suddetta commissione aveva peraltro svolto in maniera sufficiente le sue summenzionate considerazioni, concernenti l’esistenza di una notorietà residua dell’elemento figurativo che tali marchi hanno in comune.

70

Per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente concernente il fatto che «l’offerta di indennizzo» fatta dall’ex titolare all’interveniente non può, secondo la giurisprudenza [sentenza del Tribunale del 1o febbraio 2012, Carrols/UAMI – Gambettola (Pollo Tropical CHICKEN ON THE GRILL), T‑291/09], essere considerata un indizio di malafede, nonché la sua affermazione secondo la quale né l’ex titolare né essa stessa si erano «rivolti al[l’interveniente] al fine di attirare la sua attenzione sul [marchio comunitario di cui trattasi] e per ottenere un vantaggio pecuniario», occorre sottolineare che, come rilevato dalla ricorrente stessa nel ricorso, anche se la commissione di ricorso ha richiamato, nella parte della decisione impugnata intitolata «fatti pacifici», taluni elementi giudicati «di importanza decisiva per la valutazione dei fatti», essa non li ha tuttavia ripresi integralmente nella parte attinente all’esistenza della malafede. In particolare, è giocoforza rilevare che la commissione di ricorso non ha tratto conseguenze specifiche a tal riguardo dalla sua constatazione effettuata al punto 31 della decisione impugnata e relativa all’«offerta di indennizzo», nell’ambito della quale l’ex titolare affermava la propria disponibilità, a certe condizioni, a rinunciare al marchio contestato.

71

Di conseguenza, la menzionata affermazione della ricorrente, secondo la quale l’offerta di una transazione avente ad oggetto la proposta di rinunciare ad un marchio dietro compensazione non costituisce un indizio sufficiente di malafede, è, nelle circostanze del caso di specie, inoperante, e non può esplicare effetti sulla legittimità della decisione impugnata.

72

Occorre aggiungere, ad abundantiam, che, mentre nell’ambito della causa sfociata nella sentenza Pollo Tropical CHICKEN ON THE GRILL, punto 70 supra (punti 61 e 62), il Tribunale aveva rilevato che la richiedente la nullità di un marchio comunitario non aveva fornito alcuna prova che consentiva di presumere che il suo titolare non poteva ignorare l’esistenza di marchi anteriori sui quali era stata fondata l’asserzione della sua malafede, nella specie è per contro pacifico che l’ex titolare fosse a conoscenza, già al momento del deposito del marchio contestato, dell’esistenza dei marchi anteriori SIMCA dell’interveniente e del loro precedente uso negli anni 70. In tali circostanze, la proposta di rinunciare al marchio comunitario dietro un indennizzo ha una portata diversa da quella effettuata nella causa sfociata nella sentenza Pollo Tropical CHICKEN ON THE GRILL, punto 70 supra, segnatamente in quanto l’ex titolare poteva, a partire dal deposito della sua domanda di registrazione, aspettarsi, in maniera non meramente ipotetica, di ricevere una proposta di compensazione finanziaria da parte dell’interveniente.

73

Infine, occorre respingere le altre affermazioni specifiche della ricorrente, in quanto nessuna di esse consente di inficiare tali conclusioni.

74

In primo luogo, il mero fatto che l’ex titolare abbia effettivamente commercializzato, con il marchio comunitario Simca, biciclette elettriche «almeno dal (…) 2008», anche ammesso che sia dimostrato, non può essere ritenuto rilevante, in quanto, come si evince dai punti da 37 a 40 della decisione impugnata, la conclusione della commissione di ricorso avente ad oggetto l’esistenza della malafede dell’ex titolare non si fondava sull’assenza di un interesse reale a commercializzare i prodotti contemplati da detto marchio, ma piuttosto sulle sue intenzioni di sfruttare in maniera parassitaria la notorietà di un marchio registrato a favore di altri e noto sul mercato rilevante.

75

In secondo luogo, per quanto riguarda i diversi riferimenti ai procedimenti amministrativi e giudiziari in Germania effettuati dalla ricorrente, occorre rilevare che correttamente la commissione di ricorso ha ritenuto, segnatamente ai punti 20 e 21 della decisione impugnata, che il regime comunitario dei marchi rappresentasse un sistema autonomo, costituito da un insieme di obiettivi e regole ad esso proprie e la cui applicazione è indipendente da qualunque sistema nazionale [v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’11 luglio 2007, Mülhens/UAMI – Minoronzoni (TOSCA BLU), T-150/04, Racc. pag. II-2353, punto 40, e la giurisprudenza citata]. Secondo tale sentenza, una decisione di un giudice nazionale non può vincolare né l’UAMI né il giudice dell’Unione.

76

Tuttavia, si evince parimenti dalla giurisprudenza che né alle parti né allo stesso Tribunale si può impedire di ispirarsi, nell’interpretazione del diritto dell’Unione, ad elementi derivati dalla giurisprudenza dell’Unione, nazionale o internazionale [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 luglio 2006, Vitakraft-Werke Wührmann/UAMI – Johnson’s Veterinary Products (VITACOAT), T-277/04, Racc. pag. II-2211, punti da 69 a 71].

77

Orbene, nella specie, a prescindere della rilevanza della dichiarazione della commissione di ricorso fatta al punto 21 della decisione impugnata, secondo la quale essa non sapeva quali prove fossero state depositate nel procedimento parallelo in Germania, cosicché la sentenza del Bundesgerichtshof non poteva costituire un precedente, occorre rilevare che i marchi anteriori, l’uno francese e l’altro internazionale, protetti, segnatamente, in vari Stati membri dell’Unione, possono esplicare effetti procedurali diversi, da un lato, nel procedimento parallelo relativo ad un marchio tedesco e, dall’altro, nel presente procedimento, avente ad oggetto la domanda di dichiarazione di nullità di un marchio comunitario per malafede, e nel quale viene in considerazione la questione della notorietà residua dei marchi anteriori.

78

In terzo luogo, la ricorrente fa valere che l’attività indipendente svolta dall’ex titolare per la Citroën AG a Colonia e, nel 2005, per una succursale della Peugeot a Brema, era slegata dalla sua domanda di marchio comunitario. In particolare, a suo avviso, se l’ex titolare avesse acquisito informazioni nell’ambito della sua attività temporanea in quanto fornitore di software, lo stesso non avrebbe avuto a maggior ragione bisogno di ricerche supplementari per procedere alla domanda di marchio «asseritamente parassitaria».

79

Orbene, a tal riguardo, è sufficiente rilevare, in maniera analoga a quanto dichiarato ai punti 70 e 71 supra, che emerge dalla struttura e dal contenuto della decisione impugnata che la commissione di ricorso, per constatare l’esistenza della malafede dell’ex titolare, non si è fondata su suddetto rapporto di cooperazione da questi intrattenuto nel passato con l’interveniente o con altre imprese facenti parte del suo gruppo.

80

Infine, per quanto riguarda le affermazioni della ricorrente attinenti alla «brevità sproporzionata» della decisione impugnata e all’asserita assenza «della minima argomentazione giuridica, nonché di qualsiasi valutazione dei principi del diritto dei marchi», esse devono essere respinte, a prescindere dalla questione se esse riguardino un errore di valutazione nel merito commesso dalla commissione di ricorso o un’insufficienza di motivazione.

81

A tal riguardo, in primo luogo, nella misura in cui la ricorrente fa in tal modo riferimento alla valutazione nel merito del caso di specie effettuata dalla commissione di ricorso, il Tribunale ha già accertato, nel complesso delle considerazioni svolte nella presente sentenza, la fondatezza della decisione impugnata. In tale ambito, il Tribunale ha tenuto conto sia delle osservazioni in diritto presentate dalla commissione di ricorso sia dei «principi del diritto dei marchi».

82

In secondo luogo, se si dovesse intendere le menzionate affermazioni della ricorrente nel senso dell’affermazione di un’asserita insufficienza di motivazione della decisione impugnata, è sufficiente rilevare che, come si evince dalle considerazioni esposte dalla commissione di ricorso, sintetizzate ai punti da 9 a 22 supra, quest’ultima ha fatto apparire, conformemente a costante giurisprudenza, in termini chiari ed inequivocabili, il suo ragionamento, così da consentire alla ricorrente di conoscere le ragioni alla base del provvedimento adottato e, quindi, di far valere i propri diritti, ed al giudice dell’Unione di esercitare il proprio sindacato sulla legittimità di suddetta decisione [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 15 ottobre 2013, Electric Bike World/UAMI – Brunswick (LIFECYCLE), T‑379/12, punto 30, e la giurisprudenza citata].

83

Da tutto quanto precede, il motivo unico della ricorrente, nonché il ricorso nel suo insieme devono essere respinti.

Sulle spese

84

Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

85

Poiché l’UAMI e l’interveniente ne hanno fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

La Simca Europe Ltd è condannata alle spese.

 

Dittrich

Schwarcz

Tomljenović

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 maggio 2014.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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