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Document 62012CJ0348

    Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 28 novembre 2013.
    Consiglio dell'Unione europea contro Manufacturing Support & Procurement Kala Naft Co., Tehran.
    Impugnazione - Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran al fine di impedire la proliferazione nucleare - Misure rivolte contro l’industria del petrolio e del gas iraniano - Congelamento di fondi - Obbligo di motivazione - Obbligo di giustificare la fondatezza della misura.
    Causa C-348/12 P.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2013:776

    SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

    28 novembre 2013 ( *1 )

    «Impugnazione — Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran al fine di impedire la proliferazione nucleare — Misure rivolte contro l’industria del petrolio e del gas iraniano — Congelamento di fondi — Obbligo di motivazione — Obbligo di giustificare la fondatezza della misura»

    Nella causa C‑348/12 P,

    avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 6 luglio 2012,

    Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bishop e da R. Liudvinaviciute-Cordeiro, in qualità di agenti,

    ricorrente,

    procedimento in cui le altre parti sono:

    Manufacturing Support & Procurement Kala Naft Co., Tehran, con sede in Teheran (Iran), rappresentata da F. Esclatine e S. Perrotet, avocats,

    ricorrente in primo grado,

    Commissione europea, rappresentata da M. Konstantinidis e E. Cujo, in qualità di agenti,

    interveniente in primo grado,

    LA CORTE (Quinta Sezione),

    composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, E. Juhász, A. Rosas (relatore), D. Šváby e C. Vajda, giudici,

    avvocato generale: Y. Bot

    cancelliere: V. Tourrès, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 aprile 2013,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 luglio 2013,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con la propria impugnazione, il Consiglio dell’Unione europea chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 25 aprile 2012, Manufacturing Support & Procurement Kala Naft/Consiglio (T‑509/10, in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui il Tribunale medesimo ha annullato, nella parte riguardante la Manufacturing Support & Procurement Kala Naft Co., Tehran (in prosieguo: la «Kala Naft»):

    la decisione 2010/413/PESC del Consiglio, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU L 195, pag. 39) e rettifica (GU L 197, pag. 19);

    il regolamento di esecuzione (UE) n. 668/2010 del Consiglio, del 26 luglio 2010, che attua l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 423/2007 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 195, pag. 25);

    la decisione 2010/644/PESC del Consiglio, del 25 ottobre 2010, recante modifica della decisione 2010/413 (GU L 281, pag. 81);

    il regolamento (UE) n. 961/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento n. 423/2007 (GU L 281, pag. 1, in prosieguo, congiuntamente, gli «atti controversi»),

    conservando gli effetti della decisione 2010/413, come modificata dalla decisione 2010/644, sino al momento in cui diverrà efficace l’annullamento del regolamento n. 961/2010.

    Contesto normativo e fatti

    2

    Il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari è stato aperto alla firma il 1o luglio 1968 a Londra, a Mosca e a Washington. I 28 Stati membri dell’Unione europea ne sono «Parti», al pari della Repubblica islamica dell’Iran.

    3

    L’articolo II di tale Trattato prevede, segnatamente, che «[c]iascuno degli Stati militarmente non nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a […] non produrre né altrimenti procurarsi armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi (…)».

    4

    Il successivo articolo III prevede, al comma 1, che «ciascuno degli Stati militarmente non nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna ad accettare le garanzie fissate in un accordo da negoziare e concludere con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica [(in prosieguo: l’«AIEA»)], conformemente allo Statuto [dell’AIEA] ed al suo sistema di garanzie, al solo scopo di accertare l’adempimento degli impegni assunti sulla base del presente Trattato per impedire la diversione dell’energia nucleare dall’impiego pacifico alla produzione di armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi (…)».

    5

    A termini dell’articolo III lettera B 4 del proprio Statuto, l’AIEA invia rapporti annuali in merito ai suoi lavori all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e, laddove necessario, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza»).

    6

    Preoccupato dai vari rapporti del direttore generale dell’AIEA e dalle risoluzioni del Consiglio dei governatori dell’AIEA relativi al programma nucleare della Repubblica islamica dell’Iran, il Consiglio di sicurezza adottava, in data 23 dicembre 2006, la risoluzione 1737 (2006), il cui punto 12, nel combinato disposto con l’allegato, elenca una serie di soggetti ed entità che parteciperebbero alla proliferazione nucleare ed i cui fondi e risorse economiche dovrebbero essere congelati.

    7

    Ai fini dell’attuazione della risoluzione 1737 (2006) nell’Unione, il Consiglio adottava, in data 27 febbraio 2007, la posizione comune 2007/140/PESC, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 61, pag. 49).

    8

    L’articolo 5, paragrafo 1, della posizione comune 2007/140 prevedeva il congelamento di tutti i fondi e di tutte le risorse economiche di talune categorie di soggetti ed entità elencati ai punti a) e b) di detta disposizione. In tal senso, il punto a) del paragrafo 1 del menzionato articolo 5, riguardava i soggetti e le entità indicate nell’allegato della risoluzione 1737 (2006) nonché le altre persone e le altre entità indicate dal Consiglio di sicurezza o dal Comitato del Consiglio di sicurezza istituito ai sensi dell’articolo 18 della risoluzione 1737 (2006). L’elenco di tali persone e di tali entità figurava nell’allegato I della posizione comune 2007/140. La lettera b) del paragrafo 1 del menzionato articolo 5 riguardava le persone e le entità non indicate nell’allegato I che, segnatamente, partecipano, sono direttamente associati o forniscono sostegno alle attività nucleari dell’Iran determinando un rischio di proliferazione. L’elenco di tali persone ed entità figurava nell’allegato II di detta posizione comune.

    9

    La risoluzione 1737 (2006) è stata attuata, nella parte riguardante le competenze della Comunità europea, per mezzo del regolamento (CE) n. 423/2007, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 103, pag. 1), adottato sulla base degli articoli 60 CE e 301 CE, riguardante la posizione comune 2007/140 ed il cui contenuto è sostanzialmente analogo a quello di quest’ultima, ove gli stessi nominativi di entità e persone fisiche figurano agli allegati IV (persone, entità ed organismi designati dal Consiglio di sicurezza) e V (persone, entità ed organismi diversi da quelli indicati nell’allegato IV) del regolamento medesimo.

    10

    L’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 423/2007 così disponeva:

    «Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone, entità o organismi di cui all’allegato V. Figurano nell’allegato V le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi non menzionati nell’allegato IV che, a norma dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della posizione comune 2007/140 (...), sono stati riconosciuti:

    a)

    partecipare, essere direttamente associati o dare il loro sostegno ad attività nucleari dell’Iran sensibili in termini di proliferazione».

    11

    A fronte della constatazione che la Repubblica islamica dell’Iran non rispettava le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, che essa aveva realizzato una centrale a Qom in violazione del proprio obbligo di sospendere tutte le attività connesse all’arricchimento nucleare rivelandolo solamente nel mese di settembre 2009, senza darne informazione all’AIEA e rifiutandosi di cooperare con detta agenzia, il Consiglio di sicurezza adottava, con risoluzione 1929 (2010) del 9 giugno 2010, misure più severe nei confronti, segnatamente, delle compagnie marittime iraniane, del settore dei missili balistici idonei ad essere equipaggiati di armi nucleari nonché del Corpo della guardia della rivoluzione islamica.

    12

    Se è pur vero che il Consiglio di sicurezza non ha adottato decisioni per quanto attiene al settore dell’energia, il diciassettesimo considerando della risoluzione così recita:

    «Riconoscendo che l’accesso a fonti di energia multiple ed affidabili è indispensabile per una crescita ed uno sviluppo durevoli, rilevando al tempo stesso il nesso potenziale tra il gettito che l’Iran trae dal proprio settore energetico ed il finanziamento delle proprie attività nucleari che creano un rischio di proliferazione e rilevando altresì che il materiale e le materie utilizzate per i procedimenti chimici dell’industria petrolchimica sono del tutto simili a quelli utilizzati in talune attività sensibili del ciclo del combustibile nucleare».

    13

    In una dichiarazione allegata alle proprie conclusioni del 17 giugno 2010, il Consiglio europeo ha sottolineato di essere vieppiù preoccupato dal programma nucleare iraniano, felicitandosi per l’adozione, da parte del Consiglio di sicurezza, della risoluzione 1929 (2010) e prendendo atto dell’ultimo rapporto dell’AIEA, datato 31 maggio 2010.

    14

    Al punto 4 di tale dichiarazione, il Consiglio europeo ha rilevato che l’istituzione di nuove misure restrittive era divenuta inevitabile. Alla luce dei lavori effettuati dal Consiglio per gli affari esteri, quest’ultimo è stato invitato ad adottare, in occasione della sua prossima sessione, le misure di attuazione dei provvedimenti previsti dalla risoluzione 1929 (2010) del Consiglio di sicurezza nonché misure di accompagnamento, al fine di contribuire a rispondere, mediante trattative, a tutte le preoccupazioni che lo sviluppo da parte della Repubblica islamica dell’Iran, di tecnologie sensibili a sostegno dei propri programmi nucleari e balistici continua a suscitare. Tali misure dovevano essere incentrate sui settori seguenti:

    «sul settore commerciale, in particolare sui beni a duplice uso ed altre restrizioni alle assicurazioni sulle transazioni commerciali; sul settore finanziario, compreso il congelamento di attivi di ulteriori banche iraniane e restrizioni su attività bancarie e assicurative; sul settore dei trasporti iraniano, in particolare la Compagnia di trasporto marittimo della Repubblica islamica dell’Iran (IRISL) e le sue filiali e il settore dei trasporti aerei di merci; sui settori chiave dell’industria del gas naturale e del petrolio, con il divieto di nuovi investimenti, di assistenza tecnica e di trasferimento di tecnologie, attrezzature e servizi connessi a tali settori, in particolare in relazione alla raffinazione, liquefazione e tecnologia GNL; nonché su nuovi divieti di visto e congelamento di beni, in particolare nei confronti del Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica (IRGC)».

    15

    Con la decisione 2010/413, il Consiglio ha dato attuazione a tale dichiarazione, abrogando la posizione comune 2007/140 ed adottando misure restrittive supplementari rispetto a quest’ultima.

    16

    I considerando 22, 23 e 27 della decisione 2010/413 così recitano:

    «(22)

    La [risoluzione del Consiglio di sicurezza] 1929 (2010) rileva il potenziale collegamento tra le entrate dell’Iran risultanti dal suo settore dell’energia e il finanziamento di attività nucleari dell’Iran sensibili in termini di proliferazione e rileva inoltre che le apparecchiature e i materiali per processi chimici necessari all’industria petrolchimica hanno molti elementi in comune con quelli necessari per attività sensibili del ciclo del combustibile nucleare.

    (23)

    In conformità della dichiarazione del Consiglio europeo, gli Stati membri dovrebbero vietare la vendita, la fornitura o il trasferimento all’Iran di attrezzature e tecnologie, nonché la relativa assistenza tecnica e finanziaria, che potrebbero essere utilizzate in settori chiave dell’industria del petrolio e del gas naturale. Gli Stati membri dovrebbero inoltre vietare nuovi investimenti in detti settori in Iran.

    (…)

    (27)

    È necessaria un’ulteriore azione dell’Unione per attuare determinate misure».

    17

    L’articolo 4 della decisione 2010/413 dispone quanto segue:

    «1.   Sono vietati la vendita, la fornitura o il trasferimento da parte di cittadini degli Stati membri, o in provenienza dal territorio degli Stati membri ovvero mediante navi o aeromobili sotto la giurisdizione degli stessi, di attrezzature e tecnologie chiave per i seguenti settori chiave dell’industria del petrolio e del gas naturale in Iran, o ad imprese iraniane o di proprietà iraniana operanti in tali settori al di fuori dell’Iran, siano esse originarie o meno di detto territorio:

    a)

    raffinazione;

    b)

    gas naturale liquefatto;

    c)

    esplorazione;

    d)

    produzione.

    L’Unione adotta le misure necessarie per determinare i pertinenti prodotti che devono essere coperti dalla presente disposizione.

    2.   È vietato fornire le seguenti prestazioni ad imprese in Iran operanti nei settori chiave dell’industria del petrolio e del gas naturale in Iran di cui al paragrafo 1, ovvero ad imprese iraniane o di proprietà iraniana operanti in tali settori al di fuori dell’Iran:

    a)

    assistenza tecnica o formazione e altri servizi correlati alle attrezzature e tecnologie chiave determinate conformemente al paragrafo 1;

    b)

    finanziamento o assistenza finanziaria per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di attrezzature e tecnologie chiave determinate conformemente al paragrafo 1, o per la prestazione di assistenza tecnica o di formazione correlate.

    3.   È vietato partecipare, consapevolmente o deliberatamente, ad attività aventi l’obiettivo o l’effetto di eludere i divieti di cui ai paragrafi 1 e 2».

    18

    L’articolo 20, paragrafo 1, della decisione 2010/413 prevede il congelamento dei fondi di varie categorie di persone e di entità. L’articolo 20, paragrafo 1, lettera a), riguarda le persone e le entità indicate dal Consiglio di sicurezza, elencate all’allegato I della decisione. La successiva lettera b) riguarda, segnatamente, le «persone e entità non menzionate dall’allegato I che partecipano, sono direttamente associate o danno il loro sostegno ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari dell’Iran, anche attraverso un coinvolgimento nell’approvvigionamento di prodotti, beni, attrezzature, materiali e tecnologie vietati, o [le] persone o entità che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione, o [le] entità da essi possedute o controllate, anche attraverso mezzi illeciti, (…) di cui all’elenco nell’allegato II».

    19

    La Kala Naft è una società iraniana controllata dalla National Iranian Oil Company (in prosieguo: la «NIOC») creata per agire quale centrale di acquisti per le attività petrolifere, del gas e petrolchimiche del gruppo di quest’ultima. Essa figura al punto 24 della parte I, lettera B), dell’allegato II della decisione 2010/413, con la seguente motivazione:

    «Commercia in apparecchiature per il settore petrolifero e gasiero che possono essere utilizzate nel programma nucleare iraniano. Ha tentato di procurarsi materiali (saracinesche in lega estremamente resistente) il cui impiego è limitato esclusivamente al settore nucleare. È collegata ad imprese che collaborano al programma nucleare iraniano».

    20

    Con il regolamento di esecuzione n. 668/2010, adottato in esecuzione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007, il nominativo della Kala Naft, indicato al punto 22 della parte I, lettera B), dell’allegato del regolamento di esecuzione n. 668/2010, è stato aggiunto nell’elenco delle persone giuridiche, entità ed organismi di cui alla tavola I dell’allegato V del regolamento n. 423/2007.

    21

    La motivazione è praticamente identica a quella contenuta nella decisione 2010/413.

    22

    L’allegato II della decisione 2010/413 è stato rivisto e riscritto dalla decisione 2010/644.

    23

    I considerando da 2 a 5 della decisione 2010/644 così recitano:

    «(2)

    Il Consiglio ha proceduto ad un riesame integrale dell’elenco delle persone e delle entità riportato nell’allegato II della decisione 2010/413/PESC, a cui si applicano l’articolo 19, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della medesima decisione. A tale riguardo, il Consiglio ha tenuto conto delle osservazioni presentate dagli interessati.

    (3)

    Il Consiglio è giunto alla conclusione che, con l’eccezione di due entità, alle persone e alle entità elencate nell’allegato II della decisione 2010/413/PESC dovrebbero continuare ad applicarsi le misure restrittive specifiche ivi previste.

    (4)

    Il Consiglio ha inoltre concluso che è opportuno modificare le voci riguardanti talune entità in elenco.

    (5)

    È opportuno aggiornare di conseguenza l’elenco delle persone e delle entità di cui all’articolo 19, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413/PESC».

    24

    Il nominativo della Kala Naft è stato ripreso al punto 24 dell’elenco delle entità figuranti nella tavola I dell’allegato II della decisione 2010/413 quale risultante dalla decisione 2010/644. La relativa motivazione è identica a quella contenuta nella decisione 2010/413.

    25

    Il regolamento n. 423/2007 è stato abrogato per effetto del regolamento n. 961/2010, adottato sulla base dell’articolo 215 TFUE.

    26

    I considerando da 1 a 3 nonché 7 del regolamento n. 961/2010 così recitano:

    «(1)

    Il 26 luglio 2010 il Consiglio ha approvato la decisione [2010]/413/PESC che conferma le misure restrittive adottate dal 2007 e dispone sia misure restrittive aggiuntive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran (…), in osservanza della risoluzione 1929 (2010) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sia misure di accompagnamento, come richiesto dal Consiglio europeo nella dichiarazione del 17 giugno 2010.

    (2)

    Tali misure restrittive comprendono, in particolare, (…) restrizioni al commercio di attrezzature chiave dei settori del petrolio e del gas naturale e agli investimenti in tali settori, (…).

    (3)

    La decisione 2010/413/PESC ha inoltre disposto l’assoggettamento di categorie aggiuntive di persone al congelamento dei fondi e delle risorse economiche, così come altre modifiche tecniche delle misure esistenti.

    (…)

    (7)

    Al fine di assicurare l’attuazione efficace del divieto di vendita, fornitura, trasferimento o esportazione all’Iran di talune attrezzature o tecnologie chiave che potrebbero essere utilizzate nei settori chiave delle industrie del petrolio e del gas naturale, si dovrebbe fornire un elenco di tali attrezzature e tecnologie chiave».

    27

    L’articolo 8, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 961/2010 così dispone:

    «1.   È vietato vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, attrezzature e tecnologie chiave elencate nell’allegato VI a qualsiasi persona, entità o organismo iraniani, o per un uso in Iran.

    2.   L’allegato VI comprende le attrezzature e tecnologie chiave per i seguenti settori chiave dell’industria del petrolio e del gas in Iran:

    a)

    esplorazione di greggio e gas naturale;

    b)

    produzione di greggio e gas naturale;

    c)

    raffinazione;

    d)

    liquefazione di gas naturale».

    28

    Il successivo articolo 16 prevede, in particolare, il congelamento dei fondi e delle risorse economiche appartenenti o controllate da talune persone, entità o taluni organismi. Il paragrafo 1 della disposizione medesima riguarda le persone, entità o organismi indicati dal Consiglio di sicurezza e elencati all’allegato VII del regolamento stesso.

    29

    Ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento n. 961/2010:

    «2.   Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone, entità o organismi di cui all’allegato VIII. Figurano nell’allegato VIII le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi (…) che, a norma dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione [2010/413] sono stati riconosciuti come:

    a)

    partecipanti, direttamente associati o fonte di sostegno ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari da parte dell’Iran, anche mediante la partecipazione all’acquisto di beni e tecnologie vietati, o posseduti o controllati da tale persona, entità o organismo, anche con mezzi illeciti, o operanti per loro conto o sotto la loro direzione;

    (…)».

    30

    Il nominativo della Kala Naft è stato inserito dal Consiglio al punto 29 dell’elenco delle persone giuridiche, entità e organismi indicati nell’allegato VIII, lettera B), del regolamento n. 961/2010. La motivazione di tale inserimento è identica a quella contenuta nella decisione 2010/413.

    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    31

    Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 20 ottobre 2010, la Kala Naft proponeva ricorso di annullamento contro la decisione 2010/413 ed il regolamento di esecuzione n. 668/2010.

    32

    Nelle proprie osservazioni del 6 dicembre 2011, presentate in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la Kala Naft ha ampliato i capi della domanda, chiedendo parimenti l’annullamento della decisione 2010/644 e del regolamento n. 961/2010 nella parte in cui detti atti la riguardano.

    33

    La Kala Naft deduceva nove motivi. Il primo motivo atteneva l’illegalità dell’articolo 4 della decisione 2010/413 nonché del successivo articolo 28, relativo alla data di entrata in vigore della decisione medesima. Il secondo motivo riguardava la violazione dell’obbligo di motivazione. Con il terzo motivo veniva dedotta la violazione del diritto di difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. Il quarto motivo verteva sulla violazione del principio di proporzionalità. Il quinto sull’incompetenza del Consiglio ad adottare gli atti impugnati. Il sesto motivo atteneva ad uno sviamento di potere. Con il settimo veniva dedotta la sussistenza di un errore di diritto nella nozione di coinvolgimento nella proliferazione nucleare. L’ottavo motivo riguardava un errore di valutazione dei fatti riguardo alle attività della ricorrente. Il nono motivo, dedotto in via di subordine, atteneva ad un manifesto errore di valutazione ed alla violazione del principio di proporzionalità.

    34

    All’udienza dinanzi al Tribunale il Consiglio e la Commissione europea hanno eccepito l’irricevibilità del ricorso proposto dalla Kala Naft, nella parte in cui era fondato sulla pretesa violazione dei diritti fondamentali della società medesima.

    35

    Al punto 39 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato di non essere competente, ai sensi dell’articolo 275, primo comma, TFUE, «a pronunciarsi su un ricorso diretto a valutare la legittimità dell’articolo 4 della decisione 2010/413 e, pertanto, a statuire sul secondo capo del primo motivo».

    36

    Il Tribunale ha peraltro dichiarato irricevibile l’argomento sollevato dal Consiglio e dalla Commissione, attinente al merito della controversia, relativo all’impossibilità, per la Kala Naft, di fondare il proprio ricorso sulla violazione di diritti fondamentali.

    37

    Il Tribunale ha quindi respinto il quinto motivo, attinente all’incompetenza del Consiglio ad adottare gli atti controversi, nonché il sesto motivo, relativo ad uno sviamento di potere. Ha invece accolto il primo capo del primo motivo, con cui era stata contestata l’entrata in vigore retroattiva della decisione 2010/413, nella parte volta all’annullamento dell’articolo 28 della decisione 2010/413, respingendo, quanto al resto, il capo medesimo perché inoperante.

    38

    Per quanto attiene alla motivazione degli atti controversi, il Tribunale ha respinto, al punto 80 della sentenza impugnata, il secondo motivo in quanto infondato, nella parte riguardante la prima e la seconda motivazione dell’inserimento della Kala Naft negli elenchi degli atti controversi fornita dal Consiglio. Il Tribunale ha invece accolto il secondo motivo annullando, conseguentemente, gli atti controversi, nella parte relativa alla terza motivazione dell’inserimento.

    39

    Al punto 97 della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato che il Consiglio non aveva violato i diritti della difesa della Kala Naft con riguardo alla comunicazione iniziale degli elementi a carico. Al successivo punto 101 ha ritenuto che il Consiglio avesse tuttavia violato i diritti medesimi non rispondendo alla richiesta di accesso agli atti tempestivamente formulata dalla Naft. Al successivo punto 105 ha dichiarato che il diritto della Kala Naft di fare utilmente valere il proprio punto di vista sugli elementi assunti a suo carico era stato rispettato. Tenendo tuttavia presente, al successivo punto 107, il fatto che il Consiglio non aveva risposto alla richiesta della Kala Naft volta ad ottenere l’accesso agli atti, formulata prima della scadenza dei termini di ricorso, il Tribunale ha ritenuto che tale circostanza costituisse violazione del diritto della Kala Naft ad una tutela giurisdizionale effettiva. Conseguentemente, il Tribunale ha accolto il terzo motivo, annullando gli atti controversi. nella parte riguardante la Kala Naft.

    40

    Avendo il Consiglio confermato che nei propri atti non vi erano prove o elementi informativi diversi da quelli riportati nella motivazione degli atti controversi, il Tribunale ha ritenuto utile, ai fini dell’economia del procedimento e nell’interesse di una corretta amministrazione della giustizia, di esaminare il settimo e l’ottavo motivo, attinenti, rispettivamente, ad un errore di diritto per quanto riguarda la nozione di coinvolgimento nella proliferazione nucleare e ad un errore di valutazione dei fatti con riguardo alle attività della Kala Naft. Il Tribunale ha accolto il settimo motivo annullando, conseguentemente, gli atti controversi, nella parte riguardante la prima motivazione dell’inserimento della società medesima sugli elenchi contenuti negli atti de quibus. Il Tribunale ha peraltro dichiarato che il Consiglio non aveva fornito la prova delle tesi dedotte nell’ambito della seconda motivazione dell’inserimento accogliendo, conseguentemente, l’ottavo motivo e annullando gli atti controversi, nella parte riguardante la prima motivazione.

    41

    Il Tribunale non ha esaminato il quarto ed il nono motivo.

    42

    A tutela della certezza del diritto, il Tribunale ha mantenuto gli effetti della decisione 2010/413, come modificata dalla decisione 2010/644, sino all’emananda pronuncia della Corte sull’impugnazione. Ai sensi dell’articolo 60, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione ha effetti sospensivi sulla decisione del Tribunale di annullamento di un regolamento, nella specie del regolamento n. 961/2010 sino alla decisione con cui la Corte si pronuncia sull’impugnazione.

    Conclusioni delle parti

    43

    Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata;

    pronunciarsi definitivamente sulla controversia e respingere in quanto irricevibile il ricorso della Kala Naft contro gli atti controversi ovvero, in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

    condannare la Kala Naft alle spese sostenute dal Consiglio in primo grado e nell’ambito dell’impugnazione.

    44

    La Kala Naft chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione proposta da Consiglio;

    condannare il Consiglio alle spese.

    45

    La Commissione chiede che la Corte voglia:

    accogliere l’impugnazione del Consiglio in quanto fondata;

    condannare la Kala Naft alle spese.

    Sull’impugnazione

    Sul primo motivo, attinente ad un errore di diritto per quanto attiene alla ricevibilità del ricorso di taluni motivi dedotti dalla Kala Naft

    46

    Il primo motivo attiene alla ricevibilità di taluni motivi dedotti dalla Kala Naft. Esso riguarda i punti da 43 a 46 della sentenza impugnata, nei quali si legge quanto segue:

    «43

    All’udienza il Consiglio e la Commissione hanno sostenuto che la [Kala Naft] doveva essere considerata come un’organizzazione governativa e, pertanto, come un’emanazione dello Stato iraniano che non poteva invocare le tutele e le garanzie connesse ai diritti fondamentali. Di conseguenza, a loro avviso, i motivi del ricorso attinenti ad una presunta violazione dei suddetti diritti debbono essere dichiarati irricevibili.

    44

    A questo proposito, in primo luogo, occorre osservare che il Consiglio e la Commissione non contestano il diritto stesso della [Kala Naft] a chiedere l’annullamento degli atti [controversi]. Essi si limitano a negare che la ricorrente sia titolare di alcuni diritti da essa invocati al fine di ottenere tale annullamento.

    45

    Orbene, in secondo luogo, la questione se la ricorrente sia o meno titolare del diritto invocato a sostegno di un motivo di annullamento non riguarda la ricevibilità di tale motivo, ma il suo fondamento. Pertanto, l’argomento del Consiglio e della Commissione, attinente al fatto che la [Kala Naft] sarebbe un’organizzazione governativa, va respinto nella parte in cui è diretto all’accertamento della irricevibilità parziale del ricorso.

    46

    In terzo luogo, il suddetto argomento è stato presentato per la prima volta in udienza, senza che il Consiglio o la Commissione abbiano invocato il fatto che esso era basato su elementi di diritto o di fatto che erano emersi nel corso del procedimento. Nella misura in cui riguarda il merito del ricorso, esso costituisce dunque un motivo nuovo ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 2, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale e di conseguenza dev’essere dichiarato irricevibile».

    Argomenti delle parti

    47

    Il Consiglio ritiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto laddove ha ritenuto che la questione se la Kala Naft potesse invocare un motivo attinente alla violazione di diritti fondamentali riguardasse non la ricevibilità del motivo medesimo, bensì unicamente la sua fondatezza. A parere del Consiglio, se un’entità che costituisce un’organizzazione governativa ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950, non può beneficiare del diritto fondamentale alla tutela della proprietà né di altri diritti fondamentali, essa difetta dello status (locus standi) per invocare la pretesa violazione di tali diritti dinanzi al Tribunale.

    48

    Il Consiglio riconosce che le istituzioni non hanno sollevato tale obiezione se non nella fase orale del procedimento, ma deduce che i requisiti di ricevibilità di un ricorso ricadono nelle eccezioni di ammissibilità di ordine pubblico.

    49

    La Commissione sostiene la tesi del Consiglio e deduce che gli Stati non possono beneficiare dei diritti fondamentali, pur riconoscendo che possono far valere diritti procedurali o diritti derivanti dal diritto internazionale.

    Giudizio della Corte

    50

    Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle conclusioni, il ricorso della Kala Naft si collocava nell’ambito dell’articolo 275, secondo comma, TFUE. Detta società possedeva lo status per poter contestare, dinanzi al giudice dell’Unione, il suo inserimento nell’elenco contenuto negli atti controversi, considerato che tale inserimento la riguarda direttamente e individualmente ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Il suo interesse ad agire non poteva essere, pertanto, contestato.

    51

    Correttamente il Tribunale ha quindi ritenuto, al punto 45 della sentenza impugnata, che l’argomento relativo alla facoltà, per la Kala Naft, di invocare la tutela e le garanzie connesse ai diritti fondamentali non riguardasse la ricevibilità del ricorso né di un motivo, bensì attenesse al merito della controversia.

    52

    Atteso che tale argomento è stato dedotto, per la prima volta, all’udienza, senza che il Consiglio o la Commissione abbiano invocato la circostanza che l’argomento stesso fosse fondato su elementi di diritto o di fatto emersi nel corso del procedimento, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto laddove ha affermato, al punto 46 della sentenza impugnata, che detto argomento costituiva un motivo nuovo, ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 2, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, con sua conseguente irricevibilità.

    53

    Il primo motivo di impugnazione deve essere pertanto respinto.

    Sul secondo motivo, relativo ad un errore di diritto attinente alla violazione dell’obbligo di motivazione degli atti controversi e alla fondatezza dei provvedimenti

    54

    In ognuno degli atti controversi l’imposizione delle misure restrittive nei confronti della Kala Naft si fondava su una triplice motivazione.

    55

    Al punto 79 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto la terza di tali ragioni per difetto di motivazione:

    «Per contro, [la terza motivazione], ai sensi [della] quale la [Kala Naft] è collegata ad imprese che collaborano al programma nucleare iraniano, mostra un carattere insufficiente, in quanto non le permette di capire che tipo di relazioni con quali entità le vengono effettivamente contestate, e di conseguenza non le consentono di verificare la fondatezza di tale affermazione e di contestarla con il minimo grado di precisione».

    56

    Ai punti da 113 a 119 della sentenza medesima, il Tribunale ha rilevato che la prima motivazione, attinente alla commercializzazione di apparecchiature per il settore petrolifero e del gas naturale utilizzabili ai fini del programma nucleare iraniano, era viziata da un errore di diritto con riguardo alla nozione di coinvolgimento nella proliferazione nucleare:

    «113

    Come risulta dal punto 77 della presente sentenza, la prima motivazione fornita dal Consiglio non è fondata su un comportamento concreto della [Kala Naft] che coinvolge quest’ultima nella proliferazione nucleare. Infatti, essa si basa sulla constatazione secondo la quale la [Kala Naft] presenta un rischio particolare di esservi coinvolta, a causa della sua posizione quale centrale d’acquisto del gruppo della National Iranian Oil Company.

    114

    Orbene, l’articolo 20, paragrafo 1, della decisione 2010/413 prevede il congelamento dei fondi delle “persone e entità (…) che (…) danno il loro sostegno” alla proliferazione nucleare. Del pari, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007 e l’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 961/2010 riguardano in particolare le entità “che sostengono” la proliferazione nucleare.

    115

    La formula utilizzata dal legislatore implica che l’adozione di misure restrittive nei confronti di un’entità, a causa del sostegno che essa avrebbe dato alla proliferazione nucleare, presuppone che quest’ultima abbia precedentemente adottato un comportamento corrispondente al suddetto criterio. Per contro, in assenza di un simile comportamento effettivo, il semplice rischio che l’entità interessata fornisca un tale sostegno alla proliferazione nucleare nel futuro non è sufficiente.

    116

    Occorre pertanto constatare che, avendo adottato l’interpretazione opposta dell’articolo 20, paragrafo 1, della decisione 2010/413, dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007 e dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 961/2010, il Consiglio è incorso in un errore di diritto».

    57

    Ai successivi punti da 120 a 125 il Tribunale ha rilevato che, per quanto atteneva alla seconda motivazione dell’inserimento della Kala Naft, il Consiglio era incorso in un errore di valutazione dei fatti con riguardo alle attività di tale società:

    «120

    (…) l’esame del presente motivo è limitato alla seconda motivazione fornita dal Consiglio, attinente al fatto che la [Kala Naft] avrebbe tentato di acquistare saracinesche in lega estremamente resistente il cui impiego è limitato esclusivamente al settore nucleare.

    121

    Su questo punto la [Kala Naft] sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dal Consiglio nella motivazione degli atti [controversi], le saracinesche da essa acquistate non sono utilizzate esclusivamente dal settore nucleare ma anche nei settori del gas, del petrolio e petrolchimico.

    122

    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta la fondatezza della tesi della [Kala Naft]. Esso sostiene che quest’ultima non ha dimostrato di non aver mai tentato di acquistare saracinesche utilizzate esclusivamente dal settore nucleare.

    123

    Secondo la giurisprudenza, il controllo giurisdizionale della legittimità di un atto con cui sono state adottate misure restrittive nei confronti di un’entità si estende alla valutazione dei fatti e delle circostanze addotti per giustificarlo, nonché alla verifica degli elementi di prova e di informazione su cui è fondata tale valutazione. In caso di contestazione, spetta al Consiglio presentare detti elementi ai fini della loro verifica da parte del giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza [del Tribunale] 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio [T-390/08, Racc. pag. II-3967], punti 37 e 107).

    124

    Nel caso di specie, il Consiglio non ha prodotto alcun elemento di informazione o di prova riguardo alla seconda motivazione che andasse oltre la motivazione degli atti [controversi]. Come esso stesso ammette, in sostanza, il Consiglio si è basato su semplici affermazioni non suffragate da alcun elemento di prova, secondo le quali la [Kala Naft] aveva tentato di acquistare saracinesche in lega estremamente resistenti il cui impiego è limitato esclusivamente al settore nucleare».

    Argomenti delle parti

    58

    Il Consiglio sostiene, in primo luogo, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto laddove ha esaminato, in termini separati e distinti, le tre motivazioni contenute negli atti controversi. Esso ritiene, segnatamente, che la prima motivazione, relativa alla commercializzazione di apparecchiature per i settori del petrolio e del gas naturale, sia pertinente nel collegamento con la terza, relativa ai rapporti intrattenuti con società coinvolte nel programma nucleare iraniano.

    59

    Il Consiglio sostiene, in secondo luogo, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto laddove non ha tenuto debitamente conto, nell’ambito del proprio esame della seconda e della terza motivazione dell’inserimento della Kala Naft, della circostanza che tali motivazioni si basavano su informazioni provenienti da fonti confidenziali.

    60

    La Kala Naft deduce, in primo luogo, che è il Consiglio stesso che ha ritenuto i singoli elementi della motivazione contenuti negli atti controversi sufficienti, di per sé, a giustificare le sue decisioni. A parere della Kala Naft, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto laddove ha respinto la terza motivazione e, inoltre, il motivo del Consiglio dev’essere ritenuto nuovo e, pertanto, irricevibile.

    61

    Riprendendo, per proprio conto, il ragionamento svolto dal Tribunale ai punti 114 e 115 della sentenza impugnata, la Kala Naft sostiene, in secondo luogo, che la prima motivazione, intrinsecamente viziata, non poteva produrre l’effetto di rendere valida la terza.

    62

    In terzo luogo, la Kala Naft sostiene che, anche leggendo congiuntamente le due motivazioni, la terza resta oscura, risultando impossibile comprendere a quali società e a quali legami il Consiglio faccia riferimento.

    63

    Quanto agli elementi di prova, la Kala Naft deduce che il Consiglio ha invocato la confidenzialità delle prove unicamente all’udienza. Si tratterebbe, quindi, di esaminare un motivo nuovo, che l’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale vieterebbe di esaminare.

    Giudizio della Corte

    64

    Con tale motivo il Consiglio deduce, sostanzialmente, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, da un lato, ritenendo insufficienti le motivazioni contenute negli atti controversi e, dall’altro, affermando che l’adozione da parte del Consiglio, degli atti controversi, nella parte riguardante la Kala Naft, non era fondata, considerato che nessuna delle tre motivazioni previste negli atti medesimi poteva giustificare l’adozione del provvedimento di cui trattasi nei confronti di detta società.

    65

    Si deve ricordare che i giudici dell’Unione, in conformità alle competenze di cui sono investiti in forza del Trattato, devono garantire un controllo, in linea di principio completo, della legittimità di tutti gli atti dell’Unione con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione. Tale condizione è espressamente sancita dall’articolo 275, secondo comma, TFUE (v. sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, in prosieguo: la «sentenza Kadi II», punto 97).

    66

    Nel novero di tali diritti fondamentali figurano, in particolare, il rispetto dei diritti della difesa e il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva (v. sentenza Kadi II, punto 98).

    67

    Il primo di tali diritti, proclamato all’articolo 41, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), comporta il diritto di essere sentiti e il diritto di accedere agli atti di causa nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza (v. sentenza Kadi II, punto 99).

    68

    Il secondo di detti diritti fondamentali, sancito all’articolo 47 della Carta, postula che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua istanza, fermo restando il potere del giudice competente di richiedere all’autorità di cui trattasi la comunicazione della motivazione medesima, affinché l’interessato possa difendere i propri diritti nelle migliori condizioni possibili e decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, e affinché quest’ultimo possa pienamente esercitare il controllo della legittimità della decisione in questione (v. sentenze del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, punto 53 e giurisprudenza ivi citata, nonché Kadi II, punto 100).

    69

    L’articolo 52, paragrafo 1, della Carta ammette, tuttavia, limitazioni all’esercizio dei diritti ivi proclamati, purché la limitazione rispetti il contenuto essenziale del diritto fondamentale di cui trattasi e, in ossequio al principio di proporzionalità, sia necessaria e corrisponda effettivamente ad obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione (v. sentenze citate ZZ, punto 51, nonché Kadi II, punto 101).

    70

    Inoltre, l’esistenza di una violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva deve essere valutata in funzione delle circostanze specifiche di ciascuna fattispecie (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione, C-110/10 P, Racc. pag. I-10439, punto 63), segnatamente della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (v. sentenza Kadi II, punto 102; v. parimenti, in tal senso, per quanto attiene al rispetto dell’obbligo di motivazione, sentenze del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, punti 139 e 140, nonché Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, punto 53).

    71

    In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consenta di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenza Consiglio/Bamba, cit., punto 54).

    72

    Per quanto attiene al sindacato di legittimità di una decisione recante misure restrittive, la Corte ha già avuto modo di affermare che, in considerazione della loro natura preventiva, qualora il giudice dell’Unione concluda che almeno uno degli elementi della motivazione sia sufficientemente preciso e concreto, risultando dimostrato e costituendo di per sé un fondamento adeguato della decisione medesima, la circostanza che altri elementi della motivazione non lo siano non è sufficiente per giustificare l’annullamento di detta decisione (v. sentenza Kadi II, punto 130).

    73

    Peraltro, l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta postula parimenti che il giudice dell’Unione si assicuri che la decisione, che rivesta portata individuale per la persona o l’entità interessata, sia fondata su una base di fatto sufficientemente solida. Ciò implica una verifica dei fatti addotti nell’esposizione della motivazione sottesa a tale decisione, cosicché il controllo giurisdizionale non si limita alla valutazione dell’astratta verosimiglianza della motivazione dedotta, ma consiste invece nell’accertamento se la motivazione, o per lo meno uno dei suoi elementi, considerato di per sé sufficiente a suffragare la decisione medesima, siano fondati (v. sentenza Kadi II, punto 119).

    74

    Nella specie, al fine di valutare la regolarità del sindacato sulla motivazione e sulla fondatezza degli atti controversi effettuato dal Tribunale, occorre anzitutto esaminare le modalità con cui il Tribunale ha individuato e interpretato le regole generali contenute nella normativa applicabile, prima di esaminare, più in particolare, il modo con cui ha verificato la motivazione e la fondatezza degli atti controversi.

    75

    A tal riguardo, non emerge da alcun elemento della sentenza impugnata che il Tribunale abbia tenuto conto dell’evoluzione della normativa dell’Unione successivamente alla risoluzione 1929 (2010) del Consiglio di sicurezza.

    76

    La sua interpretazione di tale normativa l’ha quindi condotta, come emerge dai punti 113 e 114 infra, a ricercare un nesso diretto tra la Kala Naft e la proliferazione nucleare, laddove dalla decisione 2010/413 e dal regolamento n. 961/2010 emerge espressamente che l’industria iraniana del petrolio e del gas naturale può costituire oggetto di misure restrittive, segnatamente laddove concorra all’acquisto di beni e tecnologie vietati, ove il legame tra tali beni e tali tecnologie e la proliferazione nucleare è stato accertata dal legislatore dell’Unione nelle regole generali contenute nella normativa applicabile.

    77

    Infatti, l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 961/2010 detta il divieto di vendere, di fornire, trasferire o esportare attrezzature o tecnologie chiave elencate nell’allegato VI, direttamente o indirettamente, a qualsiasi persona, entità o organismo iraniani, ovvero ai fini di un’utilizzazione in Iran. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento medesimo, l’allegato VI comprende le attrezzature e tecnologie chiave destinate ai settori essenziali dell’industria del petrolio e del gas naturale in Iran. Da tali disposizioni risulta che la nozione di «acquisto di beni e tecnologie vietati», ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento stesso, ricomprende l’acquisto di attrezzature e tecnologie chiave destinati ai settori essenziali dell’industria del petrolio e del gas naturale in Iran.

    78

    Risulta d’altronde che la citazione di detto articolo 16, paragrafo 2, contenuta al punto 11 della sentenza impugnata, al pari del riferimento all’articolo medesimo contenuto nel punto 114 della sentenza impugnata, non menzionano il passo della disposizione stessa a termini del quale le misure restrittive riguardano coloro che partecipino, siano direttamente associati o siano fonte di sostegno alle attività nucleari della Repubblica islamica dell’Iran, «anche mediante la partecipazione all’acquisto di beni e tecnologie vietati».

    79

    Per quanto attiene al regolamento di esecuzione n. 668/2010, si deve rilevare che esso dava attuazione all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007 il quale, a differenza dell’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento n. 961/2010, non riguardava espressamente l’acquisto di beni e tecnologie vietati.

    80

    Tuttavia, l’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 423/2007 riguarda la partecipazione, l’associazione diretta o il sostegno delle attività nucleari dell’Iran che costituiscano un rischio di proliferazione. Orbene, si deve rilevare che la nozione di «sostegno» implica un grado di collegamento alle attività nucleari dell’Iran minore rispetto alle nozioni di «partecipazione» e di «associazione diretta», e che essa può ricomprendere l’acquisto o la commercializzazione di beni e di tecnologie connessi all’industria del gas e del petrolio.

    81

    Tale interpretazione risulta avvalorata dall’adozione, successiva a quella del regolamento n. 423/2007, della risoluzione 1929 (2010) del Consiglio di sicurezza, della dichiarazione del Consiglio europeo del 17 giugno 2010 e della decisione 2010/413, che menzionano i proventi del settore energetico e i rischi connessi ai materiali destinati all’industria del petrolio e del gas.

    82

    Infatti, la risoluzione del Consiglio di sicurezza 1929 (2010), cui fa riferimento il considerando 22 della decisione 2010/413, rileva il nesso potenziale tra i ricavi provenienti alla Repubblica islamica dell’Iran dal proprio settore energetico ed il finanziamento delle proprie attività nucleari che costituiscono un rischio di proliferazione, e menziona che i materiali e le materie utilizzate nei procedimenti chimici dell’industria petrolchimica sono del tutto analoghi a quelli impiegati in talune attività sensibili del ciclo del combustibile nucleare. Peraltro, nella propria dichiarazione del 17 giugno 2010, il Consiglio europeo ritiene che le nuove emanande misure debbano vertere, segnatamente, sui grandi settori dell’industria del gas e del petrolio, con divieto di nuovi investimenti, di assistenza tecnica e di trasferimento di tecnologia, di attrezzature e di servizi connessi a tali settori.

    83

    Alla luce di tale risoluzione del Consiglio di sicurezza (sentenza del 16 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio, C-548/09 P, Racc. pag. I-11381, punto 104 e giurisprudenza ivi citata), di detta dichiarazione del Consiglio europeo e della decisione 2010/413 che menzionano i ricavi del settore energetico e i rischi connessi ai materiali destinati all’industria del petrolio e del gas, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007 doveva essere interpretato, ai fini della valutazione della legittimità della misura restrittiva adottata dal regolamento di esecuzione n. 668/2010, nel senso che la commercializzazione di attrezzature e di tecnologie essenziali destinate all’industria del gas e del petrolio poteva essere considerata quale sostegno alle attività nucleari della Repubblica islamica dell’Iran.

    84

    Il Tribunale è incorso in un errore di diritto laddove ha affermato, ai punti da 113 a 115 della sentenza impugnata, che l’adozione di misure restrittive nei confronti di un’entità presuppone che quest’ultima abbia precedentemente adottato un comportamento effettivamente reprensibile, non essendo sufficiente il mero rischio che l’entità interessata adotti un siffatto comportamento in futuro.

    85

    Infatti, le varie disposizioni degli atti controversi che prevedono il congelamento dei fondi sono redatti in termini generali («partecipanti, direttamente associati o fonte di sostegno […]»), senza far riferimento a comportamenti precedenti la decisione di congelamento dei fondi. Ne consegue che, anche laddove esse riguardino un’entità determinata, il riferimento ad una finalità generale quale risultante dallo statuto dell’entità medesima può essere sufficiente per giustificare l’adozione di misure restrittive.

    86

    Occorre poi esaminare il carattere sufficientemente preciso e concreto delle motivazioni indicate negli atti controversi, nonché, eventualmente, se i fatti materiali corrispondenti alla relativa motivazione risultino comprovati alla luce degli elementi comunicati (v. sentenza Kadi II, punto 136).

    87

    Per quanto attiene alla prima motivazione contenuta negli atti controversi, secondo cui la Kala Naft commercializzerebbe attrezzature per i settori del petrolio e del gas idonee ad essere utilizzate ai fini del programma nucleare iraniano, correttamente il Tribunale ha ritenuto che ciò fosse sufficientemente preciso e concreto per consentire alla Kala Naft di verificare la fondatezza degli atti controversi, di difendersi dinanzi al Tribunale e a quest’ultimo di esercitare il proprio sindacato.

    88

    Per quanto attiene alla fondatezza del provvedimento e, più in particolare, all’effettività dei fatti indicati nell’ambito della prima motivazione, si deve rilevare che, a termini dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 423/2007, dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413, e dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 961/2010, interpretati alla luce della risoluzione 1929 (2010) del Consiglio di sicurezza e della dichiarazione del Consiglio europeo del 17 giugno 2010, il Consiglio poteva legittimamente ritenere che nei confronti della Kala Naft potessero essere adottate misure, considerato che essa commercializzava attrezzature per i settori petroliferi e del gas idonee ad essere utilizzate per il programma nucleare iraniano.

    89

    È sufficiente ricordare che la Kala Naft è la centrale di acquisti del gruppo della compagnia petrolifera nazionale iraniana (in prosieguo: la «NIOC»). Ciò si legge nello statuto della società e non è da essa contestato. La Kala Naft stessa sostiene, al punto 27 del proprio ricorso dinanzi al Tribunale, che dai propri metodi di lavoro emerge chiaramente la sua natura di industria esclusivamente petrolifera, petrolchimica e del gas naturale.

    90

    Inoltre, nell’ambito delle censure relative alla seconda motivazione degli atti controversi, la Kala Naft dichiara, ai punti 63, 64 e 118 del proprio ricorso dinanzi al Tribunale, di partecipare, abitualmente, all’acquisizione di saracinesche in lega per la NIOC o per le sue controllate. In ogni caso, in considerazione di tale ruolo nell’ambito del gruppo della NIOC, che implica necessariamente l’acquisto di grandi quantitativi di beni utilizzate dalle imprese della stessa NIOC, il Consiglio poteva ritenere che, nell’ambito della propria attività, la Kala Naft partecipasse all’acquisto di beni e di tecnologie vietati, ai sensi degli articoli 4 e 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 nonché degli articoli 8, paragrafi 1 e 2, e 16, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 961/2010 e, segnatamente, di attrezzature dei settori del petrolio e del gas idonee ad essere utilizzate per il programma nucleare iraniano nonché indicate nella motivazione degli atti controversi.

    91

    Ciò premesso, si deve rilevare che i fatti indicati nella prima motivazione risultano sufficientemente comprovati sotto il profilo giuridico e che la prima motivazione giustificava di per sé gli inserimenti negli elenchi degli atti controversi. Alla luce di quanto rammentato supra al punto 72, non occorre verificare se la seconda e terza motivazione degli atti controversi presenti carattere sufficientemente preciso e concreto né verificare se dette motivazioni fossero fondate e potessero di per sé costituire una base sufficiente per sorreggere gli atti controversi.

    92

    Quand’anche gli elementi di giustificazione della fondatezza della prima motivazione degli inserimenti in questione emergessero dalle memorie scambiate nell’ambito del procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione e non da una motivazione completa ed esplicita sorretta da elementi informativi pertinenti, ciò non inciderebbe sulla legittimità degli atti di cui trattasi, atteso che la motivazione poteva essere compresa dalla Kala Naft e che gli elementi informativi pertinenti, quali lo statuto della società stessa, le erano ben noti.

    93

    Alla luce degli errori di diritto in cui il Tribunale è incorso, la sentenza impugnata deve essere annullata.

    Sul ricorso dinanzi al Tribunale

    94

    Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte, quando la Corte annulla la decisione del Tribunale, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

    95

    Per effetto dell’annullamento della sentenza impugnata spetta al giudice adito pronunciarsi nuovamente sul ricorso di annullamento proposto dalla Kala Naft.

    96

    Nella specie, sussistono le condizioni affinché la Corte stessa possa decidere la controversia. Infatti, gli argomenti svolti dalle parti dinanzi al Tribunale sono contenuti nelle memorie scambiate nell’ambito del procedimento scritto dinanzi a questo giudice. Peraltro, nella parte delle rispettive memorie relativa all’ipotesi di accoglimento dell’impugnazione, le parti hanno avuto occasione di prendere nuovamente posizione dinanzi alla Corte, in merito a tali argomenti e, all’occorrenza, sulla risposta data dal Tribunale.

    Sul primo motivo

    97

    La Kala Naft sostiene che la decisione 2010/413 è illegittima in quanto all’articolo 28 della medesima è previsto che essa sarebbe entrata in vigore il giorno della sua adozione, precedente al giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Essa deduce, in particolare, che l’articolo 4 della decisione 2010/413 prevede misure di divieto la cui portata non è determinata con sufficiente precisione. Nel combinato disposto degli articoli 4 e 28, la decisione 2010/413 detterebbe un divieto, penalmente sanzionato dalla legge degli Stati membri, e non consentirebbe ai suoi destinatari di misurare la portata del divieto.

    98

    Nessuna delle parti ha preso posizione, dinanzi alla Corte, su tale motivo.

    99

    Per gli stessi motivi svolti ai punti da 36 a 38 della sentenza del Tribunale, si deve concludere che, ai sensi dell’articolo 275, primo comma, TFUE, la Corte non è competente a conoscere di un ricorso volto all’esame della legittimità dell’articolo 4 della decisione 2010/413.

    100

    La contestazione della legittimità dell’articolo 28 è connessa a quella dell’articolo 4, ragion per cui non occorre pronunciarsi sul motivo della Kala Naft.

    Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

    101

    La Kala Naft sostiene che gli atti controversi non sono stati motivati dal Consiglio in termini giuridicamente sufficienti, ragion per cui essa non sarebbe in grado di individuare i fatti contestatile e di verificare o di confutare la fondatezza dei motivi accolti nei suoi confronti.

    102

    Per le stesse ragioni esposte supra ai punti 72 e 87, tale motivo deve essere respinto.

    Sul terzo motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa della Kala Naft e del suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

    103

    Con il terzo motivo la Kala Naft deduce che il Consiglio, adottando la decisione 2010/413 ed il regolamento di esecuzione n. 668/2010, ha violato i suoi diritti della difesa, il che implica parimenti una violazione del suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

    104

    Per le stesse ragioni esposte ai punti da 94 a 104 della sentenza del Tribunale, si deve ritenere che il diritto della Kala Naft a far utilmente valere le proprie tesi è stato rispettato.

    105

    Per quanto attiene agli elementi a comprova dell’effettività delle motivazioni addotte contro la Kala Naft, è sufficiente rilevare che la funzione di centrale di acquisto del gruppo della NIOC, che detta società esercita, risulta tanto dal suo statuto quanto dal materiale illustrativo che essa pubblica. Il Consiglio non era quindi tenuto a fornire la prova dell’attività della Kala Naft sulla base di altri elementi.

    106

    Per quanto attiene alla prova del tentato acquisto di materiale utilizzato esclusivamente dall’industria nucleare, si deve rilevare che un’eventuale violazione dei diritti della difesa della Kala Naft resterebbe irrilevante ai fini della soluzione della controversia, atteso che la prima motivazione alla base dell’inserimento della Kala Naft sugli elenchi degli atti controversi giustificava di per sé, come rilevato supra al punto 91, l’inserimento della società medesima in tali elenchi.

    Sul quinto motivo, relativo all’incompetenza del Consiglio ai fini dell’adozione degli atti controversi

    107

    A parere della Kala Naft, il Consiglio non era competente ad adottare gli atti controversi. Essa deduce che il fondamento normativo di questi ultimi è costituito dalla dichiarazione del Consiglio europeo del 17 giugno 2010, ma che questa si limita a prevedere l’attuazione, da parte del Consiglio della risoluzione 1929 (2010) del Consiglio di sicurezza e l’adozione di misure di accompagnamento e non prevede l’adozione di autonome misure di congelamento di fondi. Inoltre, la risoluzione 1929 (2010) non conterrebbe misure riguardanti l’industria petrolifera e del gas iraniana o la Kala Naft. Essa ne deduce che il Consiglio non era competente ad adottare misure restrittive nei suoi confronti sulla base della dichiarazione del Consiglio europeo del 17 giugno 2010.

    108

    A tal riguardo, si deve rilevare che, laddove debbano essere prese in considerazione ai fini dell’interpretazione degli atti controversi, né la risoluzione 1929 (2010) del Consiglio di sicurezza né la dichiarazione del Consiglio europeo del 17 giugno 2010 possono costituirne il fondamento normativo.

    109

    Si deve rilevare che le decisioni 2010/413 e 2010/644 sono fondate sull’articolo 29 TUE, che il regolamento di esecuzione n. 668/2010 è fondato sull’articolo 291, paragrafo 2, TFUE e sul regolamento n. 423/2007, e che il regolamento n. 961/2010 è fondato sull’articolo 215 TFUE. Tali disposizioni dei Trattati attribuiscono al Consiglio la competenza ad adottare gli atti controversi, contenenti misure restrittive autonome distinte dalle misure specificamente raccomandate dal Consiglio di sicurezza.

    110

    Ne consegue che il motivo non è fondato.

    Sul sesto motivo, relativo ad uno sviamento di potere

    111

    A parere della Kala Naft, il Consiglio ha commesso uno sviamento di potere. Essa deduce che il Consiglio ha adottato misure restrittive nei suoi confronti senza disporre di prove quanto al suo coinvolgimento nella proliferazione nucleare e senza rispettare i suoi diritti processuali. Tali circostanze implicano, a parere di detta società, che il Consiglio ha effettivamente cercato di sviare il regime delle misure restrittive connesse alla proliferazione nucleare al fine di colpire l’industria petrolifera, petrolchimica e del gas iraniana.

    112

    A tal riguardo è sufficiente rilevare che, come rammentato supra ai punti da 76 a 83, gli atti controversi riguardano l’industria petrolifera, petrolchimica e del gas iraniana in considerazione del rischio che tale industria presentava per la proliferazione nucleare, tenuto conto tanto dei ricavi che essa genera tanto dell’utilizzazione di materiali e materie analoghi a quelli utilizzati in talune attività sensibili del ciclo del combustibile nucleare.

    113

    Conseguentemente, il motivo non è fondato.

    Sul settimo motivo, relativo ad un errore di diritto con riguardo alla nozione di coinvolgimento nella proliferazione nucleare

    114

    La Kala Naft deduce che, basandosi sulla prima motivazione del suo inserimento sull’elenco degli atti controversi, attinenti al fatto che essa commercializza attrezzature per i settori petroliferi e del gas idonee ad essere utilizzate per il programma nucleare iraniano, il Consiglio è incorso in un errore di diritto. Infatti, tale circostanza non giustificherebbe, di per sé, l’adozione di misure restrittive.

    115

    Come emerge ai punti da 87 a 90 supra, l’attività della Kala Naft nei settori del petrolio e del gas, confermata dallo statuto stesso della società, era sufficiente per giustificare l’adozione di misure restrittive.

    116

    Il settimo motivo non è, pertanto, fondato.

    Sull’ottavo motivo, relativo ad un errore nella valutazione dei fatti riguardo alle attività della Kala Naft

    117

    La Kala Naft contesta di esercitare un’attività di commercializzazione di attrezzature collegate con il programma nucleare. Essa deduce che il suo ruolo di centrale di acquisto della NIOC non costituisce un’attività di commercializzazione.

    118

    Si deve rilevare che il termine «commercializzazione» descrive in termini giuridicamente sufficienti l’attività della Kala Naft che ne giustifica l’inserimento nell’elenco e consente a tale società di comprenderne le ragioni.

    Sul quarto e sul nono motivo, relativi alla violazione del principio di proporzionalità

    119

    La Kala Naft contesta l’obiettivo di interesse generale atto a giustificare le restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà e al diritto di libero esercizio di un’attività economica, atteso che né il Consiglio di sicurezza né il Consiglio europeo hanno previsto l’adozione di misure rivolte al settore del petrolio e del gas. Peraltro, quand’anche tale obiettivo sussistesse, non sarebbe stato rispettato il ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e il fine perseguito.

    120

    Laddove la Kala Naft contesta la proporzionalità delle regole generali sulla base delle quali è stato deciso il suo inserimento negli elenchi di cui trattasi, si deve rammentare che, per quanto attiene al controllo giurisdizionale del rispetto del principio di proporzionalità, la Corte ha già avuto modo di affermare che al legislatore dell’Unione deve essere riconosciuto un ampio potere discrezionale nei settori che implicano, da parte del medesimo, scelte di natura politica, economica e sociale, in cui deve effettuare valutazioni complesse. Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento (v. sentenza del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C-266/05 P, Racc. pag. I-1233, punto 33).

    121

    Si deve parimenti rammentare che i diritti fondamentali menzionati dalla Kala Naft non costituiscono prerogative assolute e che il loro esercizio può costituire oggetto di restrizioni giustificate da obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione (v. sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, cit., punto 113).

    122

    Ciò vale, infatti, per il diritto di proprietà e per la libertà di esercizio di un’attività economica. Ne consegue che possono essere apportate restrizioni al diritto di libero esercizio di un’attività professionale, così come all’esercizio del diritto di proprietà, a condizione che tali restrizioni siano effettivamente consone ad obiettivi di interesse generali perseguiti e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v. sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, cit., punto 114).

    123

    Per quanto attiene più in particolare, alla libertà di esercizio di un’attività economica, la Corte ha affermato, segnatamente, che, alla luce del tenore dell’articolo 16 della Carta, che si distingue da quello relativo alle altre libertà fondamentali sancite nel titolo II della medesima, pur essendo simile a quello di talune disposizioni del successivo titolo IV, tale libertà può essere soggetta ad un ampio ventaglio di interventi dei poteri pubblici suscettibili di stabilire, nell’interesse generale, limiti all’esercizio dell’attività economica (v. sentenza del 22 gennaio 2013, Sky Österreich, C‑283/11, punto 46).

    124

    A tal riguardo, si deve rilevare che i vari atti controversi sono volti ad impedire la proliferazione nucleare e ad esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività in questione. Tale obiettivo si colloca nel contesto più ampio degli sforzi volti al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale ed è, conseguentemente, legittima (v., in tal senso, sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, cit., punto 115).

    125

    Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dalla Kala Naft, il Consiglio di sicurezza aveva invocato i rischi connessi all’industria petrolchimica nel considerando 17 della risoluzione 1929 (2010) e il Consiglio europeo, nella propria dichiarazione del 17 giugno 2010, aveva invitato il Consiglio degli affari esteri ad adottare misure nei settori dell’industria del gas e petrolifera.

    126

    Per quanto attiene alla proporzionalità dei provvedimenti, devono essere ricordati i vari rapporti dell’AIEA, l’elevato numero di risoluzioni del Consiglio di sicurezza, nonché le varie misure dell’Unione. Le misure restrittive adottate tanto dal Consiglio di sicurezza quanto dall’Unione sono progressive e giustificate dall’insuccesso delle misure adottate in precedenza. Ne consegue che tale passo, basato sulla progressività della compressione dei diritti, risulta fondato in considerazione dell’effettività delle misure e della loro proporzionalità.

    127

    Ne consegue che i motivi non sono fondati.

    128

    Considerato che tutti i motivi sono stati respinti, il ricorso deve essere rigettato.

    Sulle spese

    129

    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta o quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte statuisce sulle spese. L’articolo 138 del regolamento medesimo, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto del successivo articolo 184, paragrafo 1, dispone, al paragrafo 1, che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, anch’esso applicabile al procedimento di impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo, stabilisce che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico.

    130

    Essendo stata accolta l’impugnazione del Consiglio e respinto il ricorso della Kala Naft contro gli atti controversi, la Kala Naft deve essere condannata a sopportare, conformemente alla richiesta del Consiglio, oltre alle proprie spese quelle sostenute dal Consiglio nei due gradi di giudizio.

    131

    La Commissione, interveniente, sopporterà le proprie spese.

     

    Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 25 aprile 2012, Manufacturing Support & Procurement Kala Naft/Consiglio (T‑509/10), è annullata.

     

    2)

    Il ricorso di annullamento della Manufacturing Support & Procurement Kala Naft Co., Tehran, è respinto.

     

    3)

    La Manufacturing Support & Procurement Kala Naft Co., Tehran, è condannata a sopportare le spese sostenute dal Consiglio dell’Unione europea relative sia al procedimento di primo grado sia a quello di impugnazione.

     

    4)

    La Commissione europea sopporterà le proprie spese tanto nell’ambito del procedimento di primo grado quanto in quello di impugnazione.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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