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Document 62012CC0479

Conclusioni dell’avvocato generale M. Wathelet, presentate il 5 settembre 2013.
H. Gautzsch Großhandel GmbH & Co. KG contro Münchener Boulevard Möbel Joseph Duna GmbH.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof.
Rinvio pregiudiziale – Proprietà intellettuale – Disegni e modelli comunitari – Regolamento (CE) n. 6/2002 – Articoli 7, paragrafo 1, 11, paragrafo 2, 19, paragrafo 2, 88 e 89, paragrafo 1, lettere a) e d) – Modello comunitario non registrato – Protezione – Divulgazione al pubblico – Novità – Azione per contraffazione – Onere della prova – Prescrizione – Decadenza – Diritto applicabile.
Causa C‑479/12.

Raccolta della Giurisprudenza 2014 -00000

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2013:537

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 5 settembre 2013 ( 1 )

Causa C‑479/12

H. Gautzsch Großhandel GmbH & Co. KG

contro

Münchener Boulevard Möbel Joseph Duna GmbH

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Germania)]

«Proprietà intellettuale e industriale — Disegno o modello — Nozione di “divulgazione al pubblico” — Nozione di “ambienti specializzati” — Onere della prova dell’imitazione del disegno non registrato — Norme di procedura — Diritto applicabile»

1. 

Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il Bundesgerichtshof (Germania) chiede alla Corte di pronunciarsi sull’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 1, dell’articolo 11, paragrafo 2, e dell’articolo 89, paragrafo 1, lettere a) e d), del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari ( 2 ) (in prosieguo: il «regolamento»).

2. 

La Corte è chiamata per la prima volta a pronunciarsi sulla nozione di «ambienti specializzati del settore interessato, operanti nella Comunità» impiegata all’articolo 7, paragrafo 1, e all’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento, nonché sull’espressione «non potessero (…) essere conosciuti nel corso della normale attività commerciale negli ambienti specializzati del settore interessato, operanti nella Comunità», impiegata all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (prima e seconda questione). La Corte è stata altresì interpellata su varie questioni in materia procedurale (onere della prova, prescrizione e decadenza) e sul diritto applicabile (questioni dalla terza alla sesta).

I – Contesto normativo

3.

I considerando 21 e 22 del regolamento sono così formulati:

«(21)

La natura di diritto esclusivo conferita dal disegno o modello comunitario registrato è coerente con la maggiore certezza del diritto che ne deriva. La protezione del disegno o modello comunitario non registrato dovrebbe tuttavia concretarsi unicamente nel diritto di vietare la riproduzione del disegno o modello. Pertanto la protezione non può estendersi a prodotti a cui sono applicati disegni o modelli che sono il risultato di un disegno o modello concepito in modo indipendente da un secondo disegnatore. Questo diritto dovrebbe estendersi anche al commercio dei prodotti a cui sono applicati disegni o modelli contraffatti.

(22)

Compete alla legge nazionale garantire l’esercizio di questi diritti ed occorre dunque disporre alcuni meccanismi sanzionatori uniformi in tutti gli Stati membri. Tali sanzioni dovrebbero permettere d’inibire dovunque gli atti di contraffazione, indipendentemente dall’organo giurisdizionale adito».

4.

Conformemente all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, lettera a), del regolamento, un disegno o modello che soddisfa le condizioni contemplate dal regolamento è protetto come «disegno o modello comunitario non registrato» se è stato divulgato al pubblico secondo le modalità contemplate dallo stesso regolamento.

5.

L’articolo 4 del regolamento, intitolato «Requisiti per la protezione», al paragrafo 1 dispone che un disegno o modello è protetto come disegno o modello comunitario se ed in quanto è nuovo e possiede un carattere individuale.

6.

Ai termini dell’articolo 5 del regolamento, intitolato «Novità»:

«1.

Un disegno o modello si considera nuovo quando nessun disegno o modello identico sia stato divulgato al pubblico:

a)

per i disegni o modelli comunitari non registrati, anteriormente alla data alla quale il disegno o modello per cui è rivendicata la protezione è stato divulgato al pubblico per la prima volta;

(...)».

7.

L’articolo 6, del regolamento, intitolato «Carattere individuale», al paragrafo 1, lettera a), prevede quanto segue:

«Si considera che un disegno o modello presenti un carattere individuale se l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato differisce in modo significativo dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato al pubblico:

a)

per i disegni o modelli comunitari non registrati, anteriormente alla data alla quale il disegno o modello per cui è rivendicata la protezione è stato divulgato al pubblico per la prima volta».

8.

L’articolo 7 del regolamento, intitolato «Divulgazione», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione degli articoli 5 e 6, un disegno o modello si considera divulgato al pubblico se è stato pubblicato a seguito di registrazione o in altro modo ovvero esposto, usato in commercio o altrimenti reso pubblico anteriormente alla data di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), ed all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), (…), salvo il caso in cui tali fatti non potessero ragionevolmente essere conosciuti nel corso della normale attività commerciale negli ambienti specializzati del settore interessato, operanti nella Comunità. Il disegno o modello non si considera tuttavia divulgato al pubblico per il solo fatto di essere stato rivelato ad un terzo sotto vincolo esplicito o implicito di riservatezza».

9.

L’articolo 11 del regolamento, intitolato «Durata della protezione di disegni o modelli comunitari non registrati», ai paragrafi 1 e 2 così dispone:

«1.   Il disegno o modello che possieda i requisiti di cui alla sezione 1 è protetto come disegno o modello comunitario non registrato per un periodo di tre anni decorrente dalla data in cui il disegno o modello è stato divulgato al pubblico per la prima volta nella Comunità.

2.   Ai fini del paragrafo 1, si ritiene che un disegno o modello sia stato divulgato al pubblico nella Comunità se è stato pubblicato, esposto, usato in commercio o altrimenti reso pubblico in modo tale che, nel corso della normale attività commerciale, tali fatti potevano ragionevolmente essere conosciuti dagli ambienti specializzati del settore interessato operanti nella Comunità. Il disegno o modello non si considera tuttavia divulgato al pubblico per il solo fatto di essere stato rivelato ad un terzo sotto vincolo esplicito o implicito di riservatezza».

10.

L’articolo 19 del regolamento, intitolato «Diritti conferiti dal disegno o modello comunitario», al paragrafo 2 prevede quanto segue:

«Il disegno o modello comunitario non registrato tuttavia conferisce al titolare il diritto di vietare gli atti di cui al paragrafo 1 soltanto se l’utilizzazione contestata deriva dalla copiatura di un disegno o modello protetto.

L’utilizzazione contestata non è considerata derivante dalla copiatura di un disegno o modello protetto se risulta da un’opera di creazione indipendente realizzata da un autore del quale si può ragionevolmente pensare che non conoscesse il disegno o modello divulgato dal titolare».

11.

L’articolo 85, paragrafo 2, del regolamento, intitolato «Presunzione di validità – Difesa nel merito» è formulato come segue:

«Nei procedimenti relativi alle azioni per contraffazione o relative alla minaccia di contraffazione di un disegno o modello comunitario non registrato, il tribunale dei disegni e modelli comunitari considera valido il disegno o modello comunitario se il titolare del disegno o modello fornisce la prova che sussistono tutte le condizioni di cui all’articolo 11 e se indica in che cosa il suo disegno o modello comunitario presenta il requisito dell’individualità. Il convenuto può tuttavia contestarne la validità mediante eccezione o domanda riconvenzionale di nullità».

12.

Ai termini dell’articolo 88 del regolamento, intitolato «Diritto applicabile»:

«1.   I tribunali dei disegni e modelli comunitari applicano le disposizioni del presente regolamento.

2.   Per tutte le questioni che non rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento, il tribunale dei disegni e modelli comunitari applica la propria legge nazionale, compreso il proprio diritto internazionale privato.

3.   Fatte salve eventuali disposizioni contrarie del presente regolamento, il tribunale dei disegni e modelli comunitari applica le norme di procedura che disciplinano i procedimenti dello stesso tipo pertinenti ai disegni o modelli nazionali nello Stato membro in cui il tribunale stesso è situato».

13.

L’articolo 89 del regolamento, intitolato «Sanzioni nei procedimenti relativi a contraffazioni del disegno o modello», è così formulato:

«1.   Se nell’ambito di un’azione per contraffazione o relativa a una minaccia di contraffazione un tribunale dei disegni e modelli comunitari accerta che il convenuto ha contraffatto o minacciato di contraffare il disegno o modello comunitario, emette nei suoi confronti, a meno che non vi si oppongano motivi particolari, le seguenti ordinanze:

a)

un’ordinanza con cui gli si vieta di continuare gli atti di contraffazione o di minaccia di contraffazione;

(...)

d)

qualsiasi ordinanza che imponga altre sanzioni commisurate alle circostanze, disposte dalla legge dello Stato membro in cui sono stati compiuti gli atti di contraffazione o di minaccia di contraffazione, compreso il suo diritto internazionale privato.

(...)».

II – Fatti del procedimento principale

14.

La Münchener Boulevard Möbel Joseph Duna GmbH (in prosieguo: la «MBM Joseph Duna») distribuisce in Germania un gazebo il cui modello è stato ideato dall’amministratore di quest’ultima nell’autunno 2004. Nel corso del 2006, la H. Gautzsch Großhandel GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Gautzsch Großhandel») iniziava invece a vendere un gazebo denominato «Athen», fabbricato dall’impresa cinese Zhengte.

15.

Ritenendo che il gazebo «Athen» fosse una copia del proprio modello e rivendicando per quest’ultimo la protezione dei disegni e modelli comunitari non registrati, la MBM Joseph Duna avviava nei confronti della Gautzsch Großhandel, dinanzi al Landgericht Düsseldorf, un’azione per contraffazione diretta, da un lato, a far cessare la vendita del gazebo «Athen» da parte della Gautzsch Großhandel, nonché a farsi consegnare, ai fini della loro distruzione, i prodotti contraffatti in suo possesso o di sua proprietà e a ottenere informazioni sulle sue attività e, dall’altro, a far dichiarare l’obbligo di risarcimento danni a carico di quest’ultima.

16.

A sostegno della sua richiesta, la MBM Joseph Duna faceva valere, in particolare, che nei mesi di aprile e di maggio 2005 il suo modello compariva sulla pubblicazione «Novità – MBM» spedita ai principali commercianti di arredamento e mobili da giardino del settore e ad associazioni tedesche di acquisto di mobili.

17.

La Gautzsch Großhandel deduceva a sua difesa che il suo gazebo «Athen» era stato sviluppato autonomamente dal produttore cinese Zhengte all’inizio del 2005, senza conoscere il disegno o modello della MBM Joseph Duna, ed era stato presentato a clienti europei nel mese di marzo del 2005 presso i locali espositivi della Zhengte in Cina. Nell’affermare che un campione di tale gazebo era stato spedito nel mese di giugno del 2005 a una società con sede in Belgio, che la MBM Joseph Duna conosceva l’esistenza di tale campione dal mese di settembre 2005 ed era al corrente della commercializzazione dello stesso dal mese di agosto 2006, essa faceva valere che i diritti della ricorrente si erano estinti per prescrizione e che il relativo esercizio era pertanto precluso per decadenza.

18.

Il giudice di primo grado constatava il non luogo a procedere per quanto riguarda il primo e il secondo capo delle conclusioni, tenuto conto della scadenza della durata della protezione triennale. Egli condannava inoltre la Gautzsch Großhandel a fornire informazioni sugli atti compiuti, accertando un obbligo di risarcimento a carico di quest’ultima.

19.

L’appello proposto dalla Gautzsch Großhandel avverso tale sentenza veniva respinto. I giudici dell’appello hanno ritenuto che, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, e dell’articolo 89, paragrafo 1, lettere a) e d), del regolamento, nonché della legge tedesca sulla protezione giuridica dei disegni e modelli, i primi capi delle conclusioni fossero originariamente fondati e che la MBM Joseph Duna avesse effettivamente diritto a ottenere informazioni e un risarcimento.

20.

Nell’ambito del ricorso per cassazione proposto dalla Gautzsch Großhandel dinanzi al Bundesgerichtshof, quest’ultimo osserva, in primo luogo, che il giudice d’appello ha ritenuto che il modello della MBM Joseph Duna fosse stato divulgato per la prima volta al pubblico allorché quest’ultima ha distribuito per la prima volta la pubblicazione intitolata «Novità – MBM», con le illustrazioni del modello controverso, nei mesi di aprile e di maggio 2005, e in una quantità compresa tra 300 e 500 copie a commercianti e a intermediari, nonché a due associazioni tedesche per l’acquisto di mobili.

21.

Il giudice del rinvio si chiede se la distribuzione di illustrazioni di detto modello in tale quantità a commercianti sia sufficiente affinché quest’ultimo, nel corso della normale attività commerciale, abbia potuto essere conosciuto dagli ambienti specializzati del settore economico interessato ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento. Il giudice a quo si domanda, al riguardo, se negli ambienti specializzati rientrino soltanto le persone che, all’interno del settore interessato, esercitino un’influenza concettuale sul design del prodotto.

22.

In secondo luogo, il giudice del rinvio chiarisce che il giudice d’appello è partito dal presupposto che il modello della MBM Joseph Duna fosse nuovo, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), del regolamento, osservando che la divulgazione anteriore del modello «Athen» non ostava al riconoscimento di tale carattere di novità.

23.

Ad avviso del giudice d’appello, sebbene il modello «Athen» fosse stato presentato presso i locali espositivi della società Zhengte, in Cina, nel marzo 2005 e presso la società Kosmos, in Belgio, gli ambienti specializzati del settore interessato non avrebbero potuto conoscere in tale maniera questo modello nel corso della normale attività commerciale.

24.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il giudice a quo chiede in quali circostanze un disegno o modello, benché trasmesso a terzi in assenza di un vincolo esplicito o implicito di riservatezza, possa non essere conosciuto dagli ambienti specializzati del settore interessato in seno all’Unione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento.

25.

In terzo luogo, il giudice a quo osserva che il giudice d’appello ha ritenuto che il modello contestato non fosse un progetto autonomo ma una copia del modello della MBM Joseph Duna, ammettendo che quest’ultima godrebbe di un’agevolazione nella produzione delle prove al riguardo, stante la sostanziale obiettiva analogia accertata fra i due modelli controversi. Detto giudice chiede a chi incomba l’onere di provare, in applicazione dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento, che l’utilizzazione del modello comunitario non registrato derivi da una copiatura del modello protetto.

26.

In quarto luogo, il Bundesgerichtshof osserva che il giudice d’appello ha ritenuto che il diritto di vietare determinati atti, di cui agli articoli 19, paragrafo 2, e 89, paragrafo 1, lettera a), del regolamento, non fosse prescritto alla data della presentazione del ricorso. Il giudice a quo chiede, al riguardo, se il diritto di far cessare la violazione per contraffazione di un disegno o modello comunitario non registrato sia soggetto a prescrizione e, in caso affermativo, da quale disposizione sia disciplinata la prescrizione, posto che il regolamento non contempla disposizioni specifiche al riguardo.

27.

In quinto luogo, giacché il giudice d’appello ha altresì respinto il motivo relativo alla decadenza dall’esercizio del diritto di vietare determinati atti addotto dalla Gautzsch Großhandel, il giudice a quo ritiene che sorga la questione se, ed eventualmente a quali condizioni, sia soggetto a decadenza l’esercizio del diritto di far cessare la violazione di un modello comunitario non registrato, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, e dell’articolo 89, paragrafo 1, lettera a), del regolamento.

28.

In sesto e ultimo luogo, il giudice a quo chiede se al diritto di esigere la distruzione, a quello di domandare informazioni e a quello di risarcimento dei danni che riguardano l’intera Unione si applichi il diritto nazionale dello Stato membro in cui tali diritti sono invocati. Al riguardo, detto giudice osserva che un collegamento soltanto al diritto di tale Stato membro sarebbe giustificabile, segnatamente, sotto il profilo dell’applicazione effettiva del diritto, ma che l’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento potrebbe ostare a tale soluzione, al pari dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali («Roma II») ( 3 ), che depone anch’esso a favore dell’applicazione del diritto dello Stato membro nel quale sono stati compiuti gli atti di contraffazione.

III – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

29.

Con decisione pervenuta presso la cancelleria della Corte il 25 ottobre 2012, il Bundesgerichtshof ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, ai sensi dell’articolo 267 TFUE:

«1)

Se l’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento [n. 6/2002] debba essere interpretato nel senso che un disegno o modello poteva ragionevolmente essere conosciuto, nel corso della normale attività commerciale, dagli ambienti specializzati del settore interessato operanti nell’Unione, qualora fossero state distribuite a commercianti illustrazioni di tale disegno o modello.

2)

Se l’articolo 7, paragrafo 1, prima frase, del regolamento [n. 6/2002] debba essere interpretato nel senso che un disegno o modello, seppure sia stato rivelato a terzi senza vincolo esplicito o implicito di riservatezza, non poteva ragionevolmente essere conosciuto, nel corso della normale attività commerciale, dagli ambienti specializzati del settore interessato operanti nell’Unione, qualora:

a)

sia stato divulgato a un’unica impresa del settore oppure

b)

sia stato esposto in un locale espositivo di un’impresa in Cina, al di fuori del consueto ambito di osservazione dei mercati.

3)

a)

Se l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento [n. 6/2002] debba essere interpretato nel senso che al titolare di un disegno o modello comunitario non registrato incombe l’onere di provare che l’utilizzazione contestata deriva dalla copiatura di un disegno o modello protetto.

b)

In caso di risposta affermativa alla terza questione, sub a):

Se l’onere della prova si inverta o se il titolare del disegno o modello comunitario non registrato goda di agevolazioni nella produzione delle prove, qualora tra il disegno o modello in questione e l’utilizzazione contestata si riscontrino sostanziali analogie.

4)

a)

Se il diritto di far cessare la violazione per contraffazione di un disegno o modello comunitario non registrato, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, e dell’articolo 89, paragrafo 1, lettera a), del regolamento [n. 6/2002], sia soggetto a prescrizione.

b)

In caso di risposta affermativa alla quarta questione, sub a):

Se la prescrizione si fondi sul diritto dell’Unione ed eventualmente su quale disposizione.

5)

a)

Se l’esercizio del diritto di far cessare la violazione ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, e dell’articolo 89, paragrafo 1, lettera a), del regolamento [n. 6/2002] per contraffazione di un disegno o modello comunitario non registrato sia soggetto a decadenza.

b)

In caso di risposta affermativa alla quinta questione, sub a):

Se la decadenza si fondi sul diritto dell’Unione, ed eventualmente su quale disposizione.

6)

Se l’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento [n. 6/2002] debba essere interpretato nel senso che le istanze di distruzione, le richieste di informazioni e le domande di risarcimento danni presentate in tutta l’Unione per contraffazione di un disegno o modello comunitario non registrato sono disciplinate dal diritto degli Stati membri nei quali sono stati compiuti gli atti di contraffazione».

30.

Osservazioni scritte sono state depositate dalla Gautzsch Großhandel e dalla Commissione europea, rispettivamente il 4 e il 15 febbraio 2013. Conformemente all’articolo 76, paragrafi 1 e 2, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, non è stata organizzata alcuna udienza di discussione, giacché questa ha ritenuto di essere sufficientemente edotta e le parti non hanno formulato alcuna istanza in tal senso.

IV – Analisi

31.

Le prime due questioni riguardano la nozione di divulgazione di cui agli articoli 7, paragrafo 1, e 11, paragrafo 2, del regolamento. Si tratta, più precisamente, di interpretare l’espressione «ambienti specializzati del settore interessato, operanti nella Comunità» impiegata per definire la divulgazione. Le altre quattro questioni sono invece dirette a determinare il diritto applicabile a diversi problemi procedurali e riguardanti il merito.

A – Sulla prima questione pregiudiziale

32.

Con la prima questione il giudice del rinvio interroga la Corte sulla nozione di «ambienti specializzati» contemplata nell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento, chiedendo se la diffusione di illustrazioni di un modello a commercianti sia sufficiente per ritenere che tale modello fosse ragionevolmente conosciuto negli ambienti specializzati del settore interessato, operanti nell’Unione.

33.

Si tratterebbe dunque di scegliere fra un’interpretazione restrittiva, in virtù della quale negli ambienti specializzati rientrerebbero soltanto le persone che, all’interno del settore interessato, si occupano dell’ideazione, dello sviluppo o della costruzione dei prodotti conformemente a tali modelli, e un’interpretazione più ampia secondo la quale la nozione di «ambienti specializzati del settore interessato» comprenderebbe i rivenditori e i commercianti.

34.

Il giudice del rinvio sembra propendere per la seconda interpretazione, che io condivido.

35.

Da un punto di vista letterale, il primo periodo dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento è formato da due parti. Esso inizia subito elencando i casi in cui si può ritenere che un disegno o un modello sia stato divulgato al pubblico nell’Unione. Il che si verifica «se è stato pubblicato, esposto, usato in commercio o altrimenti reso pubblico». Il suddetto periodo prosegue enunciando la circostanza particolare che consente di trasformare tali diffusioni in «divulgazione» (ove le due parti sono collegate dall’espressione «in modo tale che»). È quanto accade se, «nel corso della normale attività commerciale, tali fatti potevano ragionevolmente essere conosciuti dagli ambienti specializzati del settore interessato operanti nella Comunità».

36.

All’interno di quest’unico periodo, l’uso della congiunzione «in modo tale che», seguita dall’espressione dimostrativa «tali fatti», induce necessariamente a includere nella nozione di ambienti specializzati tutti i casi e gli operatori contemplati nella prima parte del periodo, compreso il settore commerciale. L’espressione «nel corso della normale attività commerciale», presente nella seconda parte del periodo, depone ugualmente a favore dell’inclusione dei rivenditori e dei commercianti negli «ambienti specializzati del settore interessato».

37.

Lo scopo perseguito e il quadro generale in cui si inserisce il regolamento non rimettono in discussione siffatta interpretazione.

38.

Come espresso sinteticamente dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Patents Court) (Regno Unito), si pone la questione «who is in the circle?» ( 4 ). Condivido, inoltre, la risposta di detto giudice, secondo cui, in linea di principio, la nozione comprende tutti coloro che partecipano al commercio legato ai prodotti del settore interessato. Pertanto, in essa rientrano i disegnatori e i fabbricanti, ma anche coloro che ne fanno la pubblicità, li commercializzano, li distribuiscono e li vendono nel commercio dell’Unione ( 5 ).

39.

Mi sembra, quindi, che la risposta alla prima questione pregiudiziale debba essere affermativa: l’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento dev’essere interpretato nel senso che un disegno o modello poteva ragionevolmente essere conosciuto, nel corso della normale attività commerciale, dagli ambienti specializzati del settore interessato operanti nell’Unione, qualora illustrazioni di tale disegno o modello fossero state previamente distribuite a commercianti operanti nel settore interessato.

B – Sulla seconda questione pregiudiziale

40.

La seconda questione pregiudiziale non verte sull’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento, bensì sull’articolo 7, paragrafo 1, del medesimo. Tuttavia, si tratta sempre di definire la nozione di «ambienti specializzati». Invero, se la prima questione rispecchiava piuttosto l’interrogativo, per il titolare del modello, se il modello di cui egli chiede la protezione sia stato divulgato in maniera sufficiente per usufruire della protezione offerta dal regolamento, la seconda questione è invece quella che si pone il presunto contraffattore, se il titolare avrebbe potuto conoscere il modello del «terzo» (nella fattispecie quello del presunto contraffattore) prima di divulgare il proprio perdendo, pertanto, il suo asserito diritto alla protezione.

41.

In realtà, il giudice del rinvio si chiede se, in caso di divulgazione del disegno o del modello a un’unica impresa del settore [seconda questione, sub a)] ovvero dell’esposizione di tale disegno o modello in un locale espositivo di un’impresa in Cina, ossia al di fuori del consueto ambito di osservazione dei mercati [seconda questione, sub b)], tale disegno o modello possa essere considerato «ragionevolmente conosciuto dagli ambienti specializzati del settore economico interessato, operanti nell’Unione».

42.

Ricordo che l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento prevede che un disegno o modello si considera divulgato al pubblico se è stato pubblicato a seguito di registrazione o in altro modo ovvero esposto, usato in commercio o altrimenti reso pubblico anteriormente alla data di cui, a seconda delle circostanze, all’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), e all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), oppure all’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), ed all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), del regolamento.

43.

Il medesimo paragrafo prevede due eccezioni. Da un lato, non sussiste divulgazione al pubblico se il disegno o modello è stato rivelato a un terzo sotto vincolo esplicito o implicito di riservatezza (ipotesi esclusa nella questione dal giudice a quo). Dall’altro, la regola generale non vale nemmeno se i fatti, in linea di principio costitutivi di divulgazione, «non pote[vano] ragionevolmente essere conosciuti nel corso della normale attività commerciale negli ambienti specializzati del settore interessato, operanti nella Comunità».

1. Divulgazione nei confronti di un’unica impresa

44.

Ritengo che la risposta alla prima parte della seconda questione derivi dal dettato stesso dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento.

45.

Poiché il legislatore ha scelto di usare la forma plurale nel testo della prima eccezione («salvo il caso in cui tali fatti non potessero ragionevolmente essere conosciuti nel corso della normale attività commerciale negli ambienti specializzati del settore interessato, operanti nella Comunità» ( 6 )), da questa formulazione non si può desumere che la divulgazione nei confronti di un’unica impresa sarebbe sufficiente per soddisfare il requisito di detto articolo 7, quand’anche tale impresa rientrasse negli «ambienti specializzati» interessati.

2. Divulgazione e territorialità

46.

La seconda parte della seconda questione, relativa alla rilevanza dell’esposizione di un modello presso i locali di un’impresa situata in Cina, è più delicata.

47.

Come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni, l’articolo 7, paragrafo 1, primo periodo, e l’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento presentano una differenza sostanziale nel senso che tale articolo 11, paragrafo 2, si riferisce espressamente a una divulgazione «nella Comunità», mentre detto articolo 7, paragrafo 1, primo periodo, non contiene alcun riferimento di questo tipo al territorio dell’Unione.

48.

Ne deriva pertanto logicamente che, per valutare se sussista divulgazione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento, occorre in linea di principio fondarsi sulla diffusione, a prescindere dal luogo. I giudici nazionali e la dottrina sembrano peraltro condividere siffatta interpretazione del testo ( 7 ).

49.

Tuttavia, occorre osservare che l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento precisa, al pari del suo articolo 11, paragrafo 2, che i destinatari potenziali di tale divulgazione sono le imprese che, operando nell’Unione, vanno considerate appartenenti agli «ambienti specializzati del settore interessato».

50.

Tale precisazione è importante. Essa emerge da una proposta di emendamento formulata dal Comitato economico e sociale ( 8 ) allo scopo precipuo di limitare la portata della proposta della Commissione secondo la quale, inizialmente, la novità doveva essere accertata a livello mondiale, senza altra indicazione ( 9 ). Per limitare l’influenza di una pratica secondo cui venditori di prodotti contraffatti (essenzialmente nell’industria tessile) riescono a procurarsi certificati che attestano falsamente che il disegno o modello contestato era già stato creato in precedenza da terzi, il Comitato economico e sociale proponeva che la definizione della divulgazione inserita all’articolo 5, paragrafo 2, della proposta (articolo 7, paragrafo 1, del regolamento) venisse completata come segue: «[u]n disegno o modello si considera messo a disposizione del pubblico se è stato pubblicato in seguito a registrazione o altrimenti presentato ad esposizioni, usato in commercio o comunque divulgato, salvo il caso in cui gli ambienti specializzati appartenenti al settore specifico ed operanti nella Comunità non siano ragionevolmente potuti venire a conoscenza di tali fatti prima della data di riferimento» ( 10 ).

51.

Il riferimento alla conoscenza degli ambienti specializzati operanti nell’Unione non è pertanto casuale. Al contrario, si tratta del risultato della presa in considerazione di un interesse specifico. Come sostenuto da taluni autori, esisterebbero due elementi: l’uno, assoluto, ossia la divulgazione in qualsiasi parte del mondo e l’altro, relativo, vale a dire la conoscenza da parte degli ambienti specializzati del settore interessato all’interno dell’Unione ( 11 ).

52.

L’utilizzo dei termini «normal» e «razonablemente» nella versione spagnola, «normal» e «reasonably» in quella inglese, «normale» e «raisonnablement» nella versione francese o, ancora, «normale» e «redelijkerwijs» in quella neerlandese, influenza altresì l’esame cui deve procedere il giudice chiamato a valutare l’importanza di un’asserita divulgazione. Il primo di questi termini può essere definito come «corriente o habitual», «conforming to a standard; usual, typical, or expected», «privo di eccezionalità; conforme alla tipologia più frequente», «overeenkomstig de regel, niets bijzonders of verontrustends; als norm dienend». Il secondo rinvia a ciò che si richiede «de manera razonable», vale a dire «proporcionada o equilibrada» «to a moderate or acceptable degree», «senza eccessive pretese, in maniera accettabile», «met billijkheid» oppure «met verstand redenerend» ( 12 ).

53.

Non si può dunque chiedere agli operatori interessati di intraprendere iniziative particolari e approfondite per venire a conoscenza di un modello o un disegno anteriore. Come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, sebbene sia più probabile che i fatti non siano stati conosciuti, e non il contrario, non si può ritenere che essi potessero essere conosciuti nel corso della normale attività commerciale. In altre parole, occorre in qualche modo riferirsi al quod plerumque fit ( 13 ).

54.

Per rispondere alla questione posta dal giudice del rinvio, è dunque necessario mettersi al posto dei professionisti che operano nel territorio dell’Unione e chiedersi se essi abbiano potuto in tal modo prendere conoscenza, in maniera ragionevole e nel corso della normale attività commerciale, del disegno o modello.

55.

Questi diversi parametri di interpretazione mi inducono a ritenere che la presentazione di un modello nei locali espositivi di un’unica impresa che, inoltre, è situata in Cina, non sia sufficiente per comportare, nel corso della normale attività commerciale, una conoscenza del modello da parte degli ambienti specializzati operanti nell’Unione. La situazione sarebbe in compenso diversa se il modello fosse stato presentato in Cina ma, per esempio, in occasione di una nota fiera internazionale cui avessero partecipato i principali operatori europei del settore interessato o la maggior parte di essi ( 14 ).

C – Sulla terza questione pregiudiziale

56.

Con la sua terza questione, ma anche con la quarta e la quinta, il Bundesgerichtshof chiede alla Corte di pronunciarsi sulle norme di procedura applicabili all’azione di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento (divieto per contraffazione). Tale terza questione riguarda più specificatamente l’onere della prova rispetto al fatto che l’utilizzazione contestata derivi dalla copiatura del disegno o modello protetto.

1. L’ambito generale

57.

Il titolo II del regolamento è rubricato «Diritto dei disegni e modelli». L’articolo 19 del regolamento, intitolato «Diritti conferiti dal disegno o modello comunitario», è il primo articolo della sezione 4, rubricata «Effetti del disegno o modello comunitario». Il paragrafo 1 di tale articolo stabilisce che «[i]l disegno o modello comunitario registrato conferisce al titolare il diritto esclusivo di utilizzare il disegno o il modello e di vietarne l’utilizzo a terzi senza il suo consenso». Il paragrafo 2 dello stesso articolo prevede, invece, che «[i]l disegno o modello comunitario non registrato tuttavia conferisce al titolare il diritto di vietare gli atti di cui al paragrafo 1 soltanto se l’utilizzazione contestata deriva dalla copiatura di un disegno o modello protetto».

58.

Secondo il considerando 22 del regolamento, «[c]ompete alla legge nazionale garantire l’esercizio di questi diritti», mentre il regolamento si limita a disporre «alcuni meccanismi sanzionatori uniformi in tutti gli Stati membri».

59.

L’articolo 88 del regolamento conferma peraltro espressamente tale considerando stabilendo ai suoi paragrafi 2 e 3 che, «[p]er tutte le questioni che non rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento, il tribunale dei disegni e modelli comunitari applica la propria legge nazionale, compreso il proprio diritto internazionale privato» e che, salva eventuale disposizione contraria del regolamento, «il tribunale dei disegni e modelli comunitari applica le norme di procedura che disciplinano i procedimenti dello stesso tipo pertinenti ai disegni o modelli nazionali nello Stato membro in cui il tribunale stesso è situato».

60.

L’articolo 85, paragrafo 2, del regolamento dispone tuttavia che, «[n]ei procedimenti relativi alle azioni per contraffazione o relative alla minaccia di contraffazione di un disegno o modello comunitario non registrato, il tribunale dei disegni e modelli comunitari considera valido il disegno o modello comunitario se il titolare del disegno o modello fornisce la prova che sussistono tutte le condizioni di cui all’articolo 11 e se indica in che cosa il suo disegno o modello comunitario presenta il requisito dell’individualità».

61.

Questi due ultimi articoli fanno parte del titolo IX del regolamento, intitolato «Competenza e procedura nelle azioni giudiziarie relative a disegni e modelli comunitari».

2. Analisi degli articoli pertinenti del regolamento

62.

Dalla struttura del regolamento sinteticamente esposta supra emerge con chiarezza che dall’articolo 19, paragrafo 2, del medesimo non è deducibile alcuna norma di procedura.

63.

Tale articolo sancisce invece il contenuto del diritto del titolare di un disegno o un modello comunitario, al di fuori di qualunque considerazione procedurale: il titolare di un disegno o modello comunitario non registrato vanta il diritto di vietare diversi atti soltanto se l’utilizzazione contestata deriva dalla copiatura del disegno o modello.

64.

Inoltre, dal considerando 22 e dall’articolo 88 del regolamento emerge che la determinazione delle norme di procedura – tra cui figura l’onere della prova – compete ai legislatori nazionali ( 15 ). Condivido, peraltro, il parere della Commissione formulato nelle sue osservazioni scritte, secondo cui l’articolo 85, paragrafo 2, del regolamento non è applicabile per analogia. Invero, sono anch’io del parere che tale disposizione riguardi soltanto l’onere della prova delle condizioni previste dall’articolo 11 del regolamento per usufruire della protezione del disegno o modello comunitario non registrato e non la prova dell’utilizzo di una copia di tale disegno o modello.

65.

Occorrerebbe dunque, a questo punto, rispondere al giudice del rinvio che l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento non può essere interpretato nel senso che spetta al titolare del disegno o modello non registrato dimostrare che l’utilizzazione contestata derivi dalla copiatura di detto disegno o modello, posto che tale questione compete al legislatore nazionale. In tal caso, sarebbe pertanto inutile rispondere alla terza questione sub b), che interroga la Corte sull’eventuale inversione dell’onere della prova o su possibili agevolazioni di quest’ultima.

66.

Tuttavia, l’obiettivo generale perseguito da questo regolamento e la risposta fornita dalla Corte a una questione analoga in materia di marchi mi inducono a proseguire la mia riflessione.

3. Le riflessioni tratte dal diritto dei marchi

67.

Nella causa Class International ( 16 ), la Corte è stata interrogata in merito all’onere della prova nei giudizi che vertono sulla violazione dei marchi comunitari. Nel preambolo alla sua risposta, la Corte osserva che «la questione dell’onere della prova si pone nel momento in cui sorge una controversia, vale a dire quando il titolare del marchio deduce la violazione del diritto esclusivo conferito al medesimo dagli artt. 5, n. 1, della [prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa ( 17 )] e 9, n. 1, del regolamento [(CE n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario ( 18 )]».

68.

La situazione appena descritta si avvicina considerevolmente a quella del caso di specie. Da un lato, il diritto in parola – quello di vietare determinati usi di segni identici o simili – è identico, mutatis mutandis, a quello previsto all’articolo 19 del regolamento su disegni e modelli. Dall’altro, i metodi di soluzione delle controversie instaurati dai due citati regolamenti sono simili ( 19 ).

69.

Nella causa sfociata nella citata sentenza Class International, l’avvocato generale Jacobs è giunto a una soluzione simile a quella che ho appena proposto. A suo avviso, dai considerando del regolamento sul marchio comunitario emerge che l’onere della prova rientra nelle norme di procedura nazionali e che, in «una situazione in cui il titolare di un marchio vuole impedire ad un operatore di usare il suo marchio nel commercio», non esistevano «motivi cogenti [per derogare al fatto] che devono applicarsi le norme nazionali relative all’onere della prova» ( 20 ).

70.

Tuttavia, la Corte non ha seguito l’avvocato generale e ha invece deciso che, in una situazione come quella su cui era stata chiamata a pronunciarsi (e che ritengo comparabile alla presente fattispecie), «l’onere della prova della violazione [del diritto esclusivo] deve gravare sul titolare del marchio che la deduce [e, s]e tale prova viene prodotta, spetta allora all’operatore perseguito dimostrare l’esistenza del consenso del titolare del marchio all’immissione in commercio dei prodotti nella Comunità» ( 21 ).

71.

Considerata l’analogia strutturale e sostanziale dei regolamenti n. 40/94 e n. 6/2002 nonché dei meccanismi di protezione da essi attuati e considerata, altresì, l’analogia degli obiettivi perseguiti da queste due norme, sono pertanto propenso a ritenere che la soluzione fornita dalla Corte nella causa sfociata nella citata sentenza Class International debba essere applicata al diritto dei disegni e modelli.

72.

Infatti, analogamente a quanto osservato dall’avvocato generale Mengozzi, al paragrafo 6 delle sue conclusioni nella causa sfociata nella sentenza FEIA, «[c]ome emerge dai ‘considerando’ del regolamento, l’istituzione di un disegno o modello comunitario soggetto a una disciplina uniforme in tutto il territorio della Comunità mira a (…) evitare che, date le notevoli divergenze ancora riscontrabili tra le legislazioni degli Stati membri, disegni e modelli identici siano, nei differenti ordinamenti nazionali, protetti secondo modalità diverse e nell’interesse di titolari diversi» ( 22 ).

73.

Certamente, come ha affermato la Corte, con riguardo ai marchi, nella citata sentenza Class International, «se [la questione dell’onere della prova della violazione del diritto di divieto] dipendesse dall’ordinamento nazionale degli Stati membri, potrebbe derivarne, per i titolari di marchi, una tutela variabile in funzione della legge di volta in volta applicabile. L’obiettivo di una “medesima tutela”“negli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri”, fissato nel nono considerando della direttiva e giudicato “fondamentale” da quest’ultimo, non sarebbe raggiunto» ( 23 ).

74.

Nella fattispecie, poiché il considerando 1 del regolamento n. 6/2002 riguarda una «protezione uniforme [che] abbia efficacia uniforme in tutto il territorio» dell’Unione, ritengo che il medesimo ragionamento sia perfettamente trasponibile al diritto dei disegni o modelli.

4. Conclusione sulla terza questione pregiudiziale

75.

Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alla terza questione, sub a) e b), sottoposta dal giudice del rinvio: l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento non contempla alcuna norma relativa all’onere della prova. Tuttavia, in una situazione come quella in parola nel procedimento principale, è al titolare del disegno o modello non registrato che incombe l’onere di provare le circostanze che consentono l’esercizio del diritto di vietare taluni atti previsto in detto articolo, dimostrando che l’utilizzazione contestata deriva dalla copiatura del disegno o modello protetto.

76.

Conformemente al considerando 22, nonché all’articolo 88, paragrafi 2 e 3, del regolamento, le modalità precise relative all’onere della prova vanno invece delineate dal legislatore nazionale. Il giudice nazionale assicurerà, dal canto suo, il rispetto del principio di effettività. Risulta infatti «dalla giurisprudenza che gli Stati membri devono accertarsi che le modalità di prova e, segnatamente, le norme sulla ripartizione dell’onere della prova applicabili ai ricorsi su controversie relative a una violazione del diritto comunitario non siano, in primo luogo, meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna né, in secondo luogo, rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario» ( 24 ).

77.

Conseguentemente, come correttamente rammentato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, il giudice nazionale, se constata che il fatto di porre a carico del titolare del disegno o modello protetto l’onere della prova può rendere impossibile o eccessivamente difficile la produzione di tale prova (in particolare perché quest’ultima si fonda su informazioni di cui il titolare del diritto non può disporre), è tenuto a ricorrere a tutti i mezzi processuali messi a sua disposizione dal diritto nazionale per rimediare a tale difficoltà. Il giudice potrà, ad esempio, ricorrere al meccanismo della presunzione o a vari mezzi istruttori, quali la produzione di un atto o di un documento ad opera di una delle parti o di un terzo ( 25 ), o ancora disporre che, alla luce degli elementi di prova forniti dal titolare del disegno o modello, spetti al convenuto opporvisi in maniera sostanziale e dettagliata.

D – Sulla quarta e sulla quinta questione pregiudiziale

78.

La quarta e la quinta questione pregiudiziale sollevate dal giudice del rinvio riguardano le norme sulla prescrizione e/o sulla decadenza che regolano il diritto di vietare per contraffazione l’utilizzo di un disegno o modello comunitario non registrato, previsto dall’articolo 19, paragrafo 2, e dall’articolo 89, paragrafo 1, lettera a), del regolamento. Ritengo pertanto che esse possano essere trattate congiuntamente.

1. I «motivi particolari» dell’articolo 89, paragrafo 1, del regolamento

79.

Come ho già avuto occasione di rilevare esaminando la terza questione, i diritti conferiti dal disegno o modello comunitario figurano all’articolo 19 del regolamento.

80.

L’articolo 89 del suddetto regolamento è contenuto, invece, nel titolo IX, «Competenza e procedura nelle azioni giudiziarie relative a disegni e modelli comunitari». Si tratta dell’articolo che precisa le sanzioni che i tribunali dei disegni e modelli comunitari possono pronunciare. Fra esse figurano, in particolare, il divieto di continuare gli atti di contraffazione impugnati.

81.

Ai sensi del paragrafo 1 del suddetto articolo, il tribunale dei disegni e modelli comunitari dispone una sanzione se accerta che il convenuto ha contraffatto o minacciato di contraffare il disegno o modello comunitario «a meno che non vi si oppongano motivi particolari».

82.

Nella sua ordinanza di rinvio, il giudice a quo sembra includere la prescrizione in tali «motivi particolari» ( 26 ). Riguardo alla decadenza, chiede espressamente «se i fatti da valutare, dai quali la resistente fa discendere la decadenza, integrino la fattispecie dei motivi particolari ai sensi dell’articolo 89, paragrafo 1, lettera a), del regolamento» ( 27 ).

83.

Non ritengo tuttavia che sia possibile operare tale ravvicinamento.

84.

Ove si faccia riferimento ai chiarimenti forniti dalla Commissione nella proposta di regolamento sui disegni o modelli comunitari ( 28 ), i «motivi particolari» che consentono di derogare all’ordinanza di sanzioni possono essere, ad esempio, il fatto che «se, date le circostanze, [il sequestro] si rivelasse un provvedimento del tutto inutile o eccessivamente gravoso; nel caso dell’ingiunzione di fornire informazioni può darsi, invece, che il provvedimento sia del tutto superfluo come quando, per esempio, il contraffattore e il fabbricante dei prodotti contraffatti sono la medesima persona».

85.

Si tratta pertanto di situazioni fattuali e non di norme procedurali. Tale interpretazione è confermata dalla giurisprudenza della Corte in merito alla disposizione parallela del diritto dei marchi. Ad avviso della Corte, «la nozione di “motivi particolari” si riferisce a circostanze di fatto specifiche di una determinata fattispecie» ( 29 ).

2. Determinazione della prescrizione e della decadenza: autonomia procedurale

86.

Come ho già avuto modo di spiegare in occasione dell’analisi della terza questione, dal considerando 22 e dall’articolo 88 del regolamento emerge chiaramente che la determinazione delle norme di procedura incombe ai legislatori nazionali.

87.

Sebbene l’articolo 15, paragrafo 3, del regolamento parli di prescrizione, esso riguarda tuttavia soltanto le azioni regolate dai primi due paragrafi di tale articolo, vale a dire le azioni di rivendicazione ( 30 ). Constato, altresì, che il regolamento tace – diversamente dal regolamento sul marchio comunitario ( 31 ) – sulla questione della decadenza. Tuttavia, non mi sembra che da tale silenzio si possa dedurre il divieto di tale tipo di norma.

88.

Pertanto, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, conformemente al principio dell’autonomia procedurale tali questioni ricadono nel diritto nazionale applicabile in virtù dell’articolo 88, paragrafi 2 e 3, del regolamento.

89.

In altri termini, la questione se il diritto di vietare l’utilizzo del disegno o modello, di cui all’articolo 19, paragrafo 2, e all’articolo 89, paragrafo 1, lettera a), del regolamento, si prescriva e/o si possa decadere dal relativo esercizio ed eventualmente quali debbano essere le modalità di tale prescrizione e/o decadenza, ricade nel diritto nazionale applicabile in virtù dell’articolo 88, paragrafi 2 e 3, del regolamento.

3. Precisazioni in merito ai principi di equivalenza e di effettività

90.

La giurisprudenza della Corte relativa ai termini di prescrizione e decadenza è copiosa. Sono del parere che sia utile rammentare le seguenti tre regole:

innanzi tutto, sebbene il principio dell’equivalenza non possa essere interpretato nel senso che esso obbliga uno Stato membro a estendere il suo regime nazionale più favorevole a tutte le azioni proposte nell’ambito di un determinato settore del diritto, spetta al giudice del rinvio accertare «se le modalità procedurali volte a garantire, nel diritto interno, la tutela dei diritti derivanti ai singoli dal diritto dell’Unione siano conformi a detto principio [di equivalenza] ed esaminare tanto l’oggetto quanto gli elementi essenziali dei pretesi analoghi ricorsi di natura interna. Il giudice nazionale deve, a tale titolo, verificare le analogie tra i ricorsi di cui trattasi dal punto di vista del loro oggetto, della loro causa e dei loro elementi essenziali» ( 32 ). L’articolo 88, paragrafo 3, del regolamento, precisa anch’esso che «il tribunale dei disegni e modelli comunitari applica le norme di procedura che disciplinano i procedimenti dello stesso tipo pertinenti ai disegni o modelli nazionali nello Stato membro in cui il tribunale stesso è situato».

Il principio di effettività, inoltre, impone che un termine di prescrizione previsto dal diritto nazionale inizi a decorrere soltanto dalla data in cui il titolare del diritto è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto venire a conoscenza della pretesa violazione ( 33 ).

Infine, per quanto riguarda un procedimento diretto a vietare il proseguimento di una violazione continuata o ripetuta, la norma nazionale di prescrizione o di decadenza non può essere concepita in maniera che un termine di prescrizione si estingua addirittura prima che sia cessata l’infrazione ( 34 ).

91.

Il giudice nazionale dovrà applicare il diritto nazionale che stabilisce il termine di prescrizione e/o di decadenza applicabile al procedimento derivante dall’articolo 19, paragrafo 2, e dall’articolo 89, paragrafo 1, lettera c), del regolamento tenendo presenti queste tre regole.

E – Sulla sesta questione pregiudiziale

92.

Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio domanda alla Corte quale sia il diritto applicabile alle sanzioni di cui all’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento, come quelle relative, nella fattispecie, alle istanze di distruzione, alle richieste di informazioni e alle domande di risarcimento, e se tali sanzioni, non precisate dal regolamento, siano disciplinate dal diritto degli Stati membri in cui sono stati compiuti gli atti di contraffazione o dal diritto dello Stato membro del tribunale adito.

93.

Secondo l’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento, se nell’ambito di un’azione per contraffazione (o relativa a una minaccia di contraffazione) il tribunale dei disegni o modelli comunitari accerta che il convenuto ha contraffatto (o minacciato di contraffare) il disegno o modello comunitario, esso può emettere «qualsiasi ordinanza che imponga altre sanzioni [diverse rispetto a quelle di cui alle lettere a), b) e c)] commisurate alle circostanze, disposte dalla legge dello Stato membro in cui sono stati compiuti gli atti di contraffazione o di minaccia di contraffazione, compreso il suo diritto internazionale privato».

1. Portata dell’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento

94.

Prima di determinare il diritto applicabile alle «altre sanzioni» contemplate dall’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento, occorre determinare se tutte le misure indicate dal giudice del rinvio – istanze di distruzione, richieste di informazioni e domande di risarcimento – ricadano proprio in tale disposizione.

95.

Secondo la Commissione, soltanto l’istanza di distruzione potrebbe essere compresa nella nozione di «sanzioni» di cui all’articolo 89 del regolamento. Fondandosi sul considerando 22 di tale regolamento, essa ritiene che le uniche misure in grado di porre fine al comportamento controverso sarebbero contemplate da tale articolo.

96.

Non condivido tale interpretazione. Al contrario, dalla formulazione di detto considerando 22 risulta che la precisazione relativa alla finalità delle sanzioni si riferisce unicamente ai «meccanismi sanzionatori uniformi» reputati necessari dal legislatore dell’Unione: «[o]ccorre dunque disporre alcuni meccanismi sanzionatori uniformi in tutti gli Stati membri. Tali sanzioni dovrebbero permettere d’inibire dovunque gli atti di contraffazione, indipendentemente dall’organo giurisdizionale adito» ( 35 ). Il considerando 31 del regolamento aggiunge che quest’ultimo non esclude che possano applicarsi altre norme nazionali pertinenti, come quelle sulla responsabilità civile.

97.

Mi sembra che il testo dell’articolo 89, paragrafo 1, del regolamento rispecchi i diversi intenti espressi nei citati considerando. Da un lato, il legislatore dell’Unione ha previsto meccanismi sanzionatori uniformi tali da inibire gli atti di contraffazione. Si tratta delle disposizioni di divieto e di sequestro precisate al menzionato articolo 89, paragrafo 1, lettere a), b) e c). Dall’altro, i legislatori nazionali possono adottare altre misure sanzionatorie, come il risarcimento del danno. Si tratta della possibilità sancita dall’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento.

98.

La disposizione corrispondente del regolamento n. 207/2009 sul marchio comunitario, ossia l’articolo 102, è anch’essa formulata in tal senso ( 36 ). Benché lo sia in maniera decisamente meno specifica, in tale articolo è presente la medesima struttura dell’articolo 89 del regolamento sui disegni o modelli comunitari. Infatti, da un lato, il paragrafo 1 di tale articolo riguarda la misura di divieto e quelle che, «in conformità della legge nazionale, [sono] dirette a garantire l’osservanza del divieto». Dall’altro, ai sensi del paragrafo 2 dello stesso articolo «il tribunale dei marchi comunitari applica la legge dello Stato membro in cui sono stati commessi gli atti di contraffazione o che costituiscono minaccia di contraffazione, compreso il suo diritto internazionale privato». Come ha chiarito l’avvocato generale Cruz Villalón nella causa DHL Express France, tale paragrafo «[contempla] misure diverse dalle misure di garanzia» ( 37 ).

2. Determinazione del diritto applicabile alle «altre sanzioni»

99.

Il testo dell’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento appare privo di ambiguità. Esso autorizza i tribunali dei disegni o modelli comunitari a infliggere altre sanzioni «disposte dalla legge dello Stato membro in cui sono stati compiuti gli atti di contraffazione o di minaccia di contraffazione, compreso il suo diritto internazionale privato». Si tratta dunque, appunto, di pronunciare, per ogni infrazione commessa, la sanzione prevista dal diritto nazionale applicabile in tale territorio.

100.

Dalla formulazione stessa di tale disposizione emerge che il legislatore dell’Unione non ha lasciato la scelta del diritto applicabile al tribunale validamente adito. Al contrario, si tratta sempre del diritto (o dei diritti) dello Stato membro (o degli Stati membri) in cui (o nei quali) è stato compiuto (sono stati compiuti) l’atto (o gli atti) di contraffazione. Pertanto, in nessun caso si applica il diritto dello Stato membro adito a motivo della sola competenza territoriale.

101.

La disposizione corrispondente del regolamento sul marchio comunitario è stata altresì interpretata in tal senso dalla Corte. Nella citata sentenza DHL Express France, essa ha infatti seguito la proposta dell’avvocato generale Cruz Villalón, secondo cui [se] «il legislatore dell’Unione av[esse] inteso che la legge applicabile alle misure poste a garanzia dell’osservanza del divieto fosse la stessa legge prevista per le restanti misure da adottare, l’art. 98, n. 2 [divenuto articolo 102], risulterebbe superfluo, poiché è precisamente questa la sua funzione, che si giustifica solo se in precedenza fosse stato disposto qualcosa di diverso. Il citato numero specifica molto chiaramente che la legge applicabile, oltre alle misure diverse dalle misure di garanzia, è “la legge dello Stato membro in cui sono stati commessi gli atti di contraffazione o che costituiscono minaccia di contraffazione, compreso il suo diritto internazionale privato”. Il breve riferimento alla “legge nazionale”, contenuto nel n. 1, contrasta vistosamente con il riferimento alla lex loci delicti commissi, contenuto nel n. 2, ragione per cui dovremmo dedurre che i detti paragrafi si riferiscono a norme di conflitto diverse» ( 38 ).

102.

Aggiungerò, infine, per concludere, che tale interpretazione non solo è condivisa dalla dottrina ( 39 ), ma che si tratta altresì di quella data dall’articolo 14 del citato regolamento n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali.

V – Conclusione

103.

Alla luce delle precedenti considerazioni, invito la Corte a rispondere alle questioni poste dal Bundesgerichtshof nel seguente modo:

1)

L’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari dev’essere interpretato nel senso che un disegno o modello può ragionevolmente essere conosciuto, nel corso della normale attività commerciale, dagli ambienti specializzati del settore economico interessato operanti nell’Unione europea, in quanto siano state distribuite a commercianti operanti nel settore interessato illustrazioni di tale disegno o modello.

2)

L’articolo 7, paragrafo 1, primo periodo, del regolamento n. 6/2002 dev’essere interpretato nel senso che un disegno o modello, ancorché rivelato a terzi senza vincolo esplicito o implicito di riservatezza, non può ragionevolmente essere conosciuto, nel corso della normale attività commerciale, dagli ambienti specializzati del settore economico interessato, operanti nell’Unione europea, qualora sia stato divulgato soltanto a un’unica impresa appartenente a detti ambienti specializzati oppure sia stato esposto unicamente in un locale espositivo di un’impresa situata al di fuori del territorio dell’Unione europea e dall’ambito della consueta osservazione dei mercati.

3)

L’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 6/2002 dev’essere interpretato nel senso che non contempla alcuna norma relativa all’onere della prova. Tuttavia, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, al titolare di un disegno o modello comunitario non registrato incombe l’onere di provare le circostanze che consentono l’esercizio del diritto di vietare determinati atti previsto in tale articolo, dimostrando che l’utilizzazione contestata deriva dalla copiatura di un disegno o modello protetto.

4)

In mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro determinare se il diritto di vietare determinati atti per contraffazione di un disegno o modello non registrato, di cui all’articolo 19, paragrafo 2, e all’articolo 89, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 6/2002, si prescriva ed eventualmente quali debbano essere le modalità di tale prescrizione, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

5)

In mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro determinare se il diritto di divieto per contraffazione di un disegno o modello non registrato, di cui all’articolo 19, paragrafo 2, e all’articolo 89, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 6/2002, sia soggetto a preclusione e, se del caso, quali debbano essere le modalità di tale preclusione, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

6)

L’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 6/2002 dev’essere interpretato nel senso che le istanze di distruzione, le richieste di informazioni e le domande di risarcimento danni sono disciplinate dal diritto degli Stati membri in cui sono stati compiuti gli atti di contraffazione o di minaccia di contraffazione con i beni in parola, compreso il diritto internazionale privato.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2002, L 3, pag. 1.

( 3 ) GU L 199, pag. 40.

( 4 ) Sentenza della High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Patents Court) del 19 luglio 2007, Green Lane Products Ltd v PMS International Group Ltd & Ors [2007] EWHC 1712 (Pat). Tale sentenza è stata confermata in appello ([2008] EWCA Civ 358). La controversia non verteva sull’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento, bensì sul suo articolo 7. Tuttavia, i termini in parola sono identici in entrambi i casi, posto che detto articolo 7 richiama anch’esso «la normale attività commerciale» («the normal course of business») negli «ambienti specializzati del settore interessato» («to the circles specialised in the sector concerned»).

( 5 ) Tale ampia interpretazione è altresì accolta favorevolmente dalla dottrina. Si veda, in tal senso, Tritton, G., Intellectual Property in Europe, 3a ed.Sweet & Maxwell, Londra 2008, nn. 5‑032, in particolare pag. 570; Smith, H., «Disagreement over “relevant sector” when determining prior art under Community design right», Journal of Intellectual Property Law & Practice, 2007, vol. 2, n. 12, pagg. 795 e 796; Casado Cerviño, A. e Blanco Jiménez, A., El Diseño Comunitario: una Aproximación al Régimen Legal de los Dibujos y Modelos en Europa, 2a ed., Thomson – Aranzadi, 2005, pag. 44, nonché Fernández‑Nóvoa, C., «El diseño no registrado», Actas de derecho industrial y derecho de autor, tome 24, 2003, pagg. 81‑90, in particolare pag. 86: «In secondo luogo, occorrerà determinare il livello medio di informazione di cui dispongono coloro che costituiscono il settore interessato: i designers e i commercianti specializzati che operano nell’Unione europea» (il corsivo è mio, traduzione libera dal seguente testo: «En segundo lugar, habrá que establecer cuál es el nivel medio de información de que disponen quienes component et pertinente sector: los diseñadores profesionales y los comerciantes especializados que operan en la Unión Europea»).

( 6 ) Il corsivo è mio.

( 7 ) V, in tal senso, Tritton, G. op. cit., in particolar modo pag. 571; Fernández-Nóvoa, C., op. cit., pagg. 81‑90, in particolar modo pag. 86. V., per un’applicazione nella giurisprudenza nazionale, Hanseatisches Oberlandesgericht, 5 U 96/05, 7 giugno 2006. Una sintesi di tale decisione è stata pubblicata con il titolo «Chinese pre‑publication precludes European Community unregistered design right» in Journal of Intellectual Property Law & Practice, 2007, vol. 2, n. 7, pagg. 441‑443.

( 8 ) Parere del Comitato economico e sociale del 6 luglio 1994 in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e alla proposta del Consiglio sui disegni e modelli comunitari e alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela giuridica dei disegni e modelli (GU C 388, pagg. 9‑13).

( 9 ) V. articolo 5 della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui disegni o modelli comunitari presentata dalla Commissione [COM(93) 342 def.].

( 10 ) V. punto 3.1.4. del parere del Comitato economico e sociale, cit.

( 11 ) Saez, V. M., «The unregistered Community design», European Intellectual Property Review, 2002, vol. 24, n. 12, pagg. 585‑590, in particolare pag. 587. Sulla distinzione tra divulgazione e percezione di quest’ultima, v. altresì Massa, Ch.‑H. e Strowel, A., «Community design: Cinderella revamped», European Intellectual Property Review, 2003, vol. 25, n. 2, pagg. 68‑78, in particolare pag. 73.

( 12 ) Per le definizioni in lingua spagnola, v. Diccionario del Español actual (Manuel Seco, Olimpia Andres y Gabino Ramos), 1999; per le definizioni in lingua inglese, v. Oxford dictionary of English, 2a ed., 2005; per le definizioni in lingua francese, v. Le Petit Robert, dictionnaire de la langue française, 2003 e, per le definizioni in lingua neerlandese, v. van Dale, Groot Woordenboek der Nederlandse Taal, 1992.

( 13 ) Vero è che l’avverbio «ragionevolmente» non figura nelle versioni tedesca, lettone, rumena e slovacca dell’articolo 7 del regolamento. Tuttavia, ritengo che il fatto che essa compaia in 18 delle 22 versioni linguistiche sia sufficientemente significativo per confermare l’interpretazione che deriva, tra l’altro, dall’economia generale e dalla finalità del regolamento e non porsi in contrasto con la giurisprudenza consolidata secondo la quale la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di questa disposizione né si può attribuire ad essa, al riguardo, carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Tale modo di procedere sarebbe in contrasto con la necessità di applicare in modo uniforme il diritto dell’Unione. In caso di divergenza fra le versioni linguistiche la disposizione di cui trattasi dev’essere interpretata in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui essa fa parte (v., tra le altre, sentenze del 12 novembre 1998, Institute of the Motor Industry, C-149/97, Racc. pag. I-7053, punto 16, e del 25 marzo 2010, Helmut Müller, C-451/08, Racc. pag. I-2673, punto 38).

( 14 ) Esempio fornito da Casado Cerviño A. e Blanco Jiménez A., op. cit. pag. 44).

( 15 ) V., in tal senso, per uno studio approfondito della questione, Mouncif‑Moungache M., Les dessins et modèles en droit de l’Union européenne, Bruylant, Bruxelles, 2012 (v., in particolare, parte II, titolo I, capitolo 2). V., altresì, Llobregat Hurtado, M.‑L., «Régimen jurídico de los dibujos y modelos registrados y no registrados en el Reglamento 6/2002 del Consejo, del 12 de diciembre de 2001, sobre dibujos y modelos comunitarios», in La marca comunitaria, modelos y dibujos comunitarios. Análisis de la implantación del Tribunal de marcas de Alicante, Estudios de Derecho Judicial, n. 68, Madrid 2005, pagg. 119‑198, in particolare pag. 129.

( 16 ) Sentenza del 18 ottobre 2005 (C-405/03, Racc. pag. I-8735, punto 70).

( 17 ) GU 1989, L 40, pag. 1.

( 18 ) GU 1994, L 11, pag. 1. A seguito di diverse modifiche, il regolamento n. 40/94 è stato codificato dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1).

( 19 ) Il parallelismo fra i due summenzionati regolamenti è espressamente rivendicato sin dall’origine. Nella presentazione del suo progetto di regolamento sui disegni o modelli comunitari, a proposito degli articoli 83‑98, relativi ai metodi di soluzione delle controversie in materia di disegni o modelli comunitari (divenuti articoli 79‑94 del regolamento), la Commissione ha chiarito che essi «corrispondono in larga misura alle disposizioni corrispondenti del progetto di regolamento del marchio comunitario», [COM(93) 342 def., pag. 46].

( 20 ) Paragrafi 81 e 82 delle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa da cui è scaturita la citata sentenza Class International.

( 21 ) Sentenza Class International, cit. (punto 74).

( 22 ) Sentenza del 2 luglio 2009 (C-32/08, Racc. pag. I-5611).

( 23 ) Sentenza Class International, cit. (punto 73).

( 24 ) Sentenza del 24 aprile 2008, Arcor (C-55/06, Racc. pag. I-2931, punto 191).

( 25 ) V., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2006, Laboratoires Boiron (C-526/04, Racc. pag. I-7529, punto 55).

( 26 ) «Il regolamento non contiene norme specifiche sulla prescrizione del diritto di far cessare la violazione ai sensi dell’articolo 89, paragrafo 1, lettera a), del regolamento. Comunque, il tribunale dei disegni e modelli comunitari dispone un divieto ai sensi dell’articolo 89, paragrafo 1, lettera a), del regolamento in caso di contraffazione o minaccia di contraffazione solo se non vi si oppongono motivi particolari» (punto 40 della decisione di rinvio; il corsivo è mio).

( 27 ) Punto 44 della decisione di rinvio.

( 28 ) Proposta di regolamento citata [COM(93) 342 def., pag. 51].

( 29 ) Sentenza del 14 dicembre 2006, Nokia (C-316/05, Racc. pag. I-12083, punto 38).

( 30 ) L’articolo 15 del regolamento è così formulato:

«1.   Quando il disegno o modello comunitario non registrato viene divulgato o rivendicato da chi non sia legittimato a norma dell’articolo 14 o quando il disegno o modello comunitario registrato sia stato depositato o registrato a nome di chi non vi abbia diritto a norma dello stesso articolo, l’avente diritto in forza del medesimo articolo 14 può chiedere, fatta salva la facoltà di esperire altri mezzi di ricorso, di esser riconosciuto come il legittimo titolare del disegno o modello comunitario.

2.   La persona che ha diritto al disegno o modello comunitario congiuntamente ad altre persone può chiedere, a norma di quanto disposto dal paragrafo 1, di esserne riconosciuta contitolare.

3.   Le azioni di cui al paragrafo 1 o 2 si prescrivono dopo tre anni dalla data di pubblicazione per il disegno o modello comunitario registrato o dalla data di divulgazione per il disegno o modello comunitario non registrato. La presente disposizione non si applica se la persona che non ha diritto al disegno o modello comunitario era in mala fede al momento in cui il disegno o modello in questione è stato depositato o divulgato o gli è stato trasferito.

(...)».

( 31 ) V. articolo 54 del regolamento n. 207/2009.

( 32 ) Sentenza del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail e a. (C‑591/10, punto 31).

( 33 ) V., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2010, Uniplex (UK) (C-406/08, Racc. pag. I-817, punto 32).

( 34 ) V., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2006, Manfredi e a. (da C-295/04 a C-298/04, Racc. pag. I-6619, punti 78‑80).

( 35 ) Il corsivo è mio.

( 36 ) Detto articolo riproduce l’articolo 98 del regolamento n. 40/94.

( 37 ) Paragrafo 58 delle sue conclusioni presentate il 7 ottobre 2010 nella causa da cui è scaturita la sentenza del 12 aprile 2011, DHL Express France (C-235/09, Racc. pag. I-2801).

( 38 ) Ibidem, paragrafo 58.

( 39 ) Secondo Mouncif-Moungache, M., op. cit. Pag. 333, «[s]embra che il tribunale applichi il regolamento per tutte le ordinanze da esso emesse. L’esecuzione di tali sanzioni è invece garantita dalla legge di ciascuno Stato membro. Ciò significa che, nell’ipotesi in cui la contraffazione abbia luogo in più territori, il tribunale dei disegni o modelli comunitari adito sarà tenuto ad applicare i diversi diritti in materia di calcolo del risarcimento, di confisca o ancora di pubblicazioni giudiziarie» (Les dessins ou modèles en droit de l’Union européenne, Bruylant, Bruxelles, 2012, pag. 333; traduzione libera). V. altresì, in tal senso, Massa, Ch.‑H e Strowel, A., op. cit, pagg. 68–78, in particolare pag. 70: «Potranno essere irrogate altre adeguate misure previste dal diritto nazionale del luogo in cui è stato commesso l’atto di contraffazione, ivi compreso il risarcimento danni o una astreinte (sanzione per il mancato rispetto di una decisione). Ne consegue che il tribunale dei disegni e modelli comunitari potrà sanzionare diversamente atti di contraffazione commessi in diversi Stati membri» [traduzione libera, dal seguente testo: «Any other appropriate remedy under the national law of the place of infringement, including damages or an astreinte (penalty for non-compliance), may also be granted. Thus, a CDC may sanction differently infringing acts committed in several Member States»].

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