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Document 62012CC0476

    Conclusioni dell'avvocato generale Sharpston del 13 febbraio 2014.
    Österreichischer Gewerkschaftsbund contro Verband Österreichischer Banken und Bankiers.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberster Gerichtshof - Austria.
    Rinvio pregiudiziale - Politica sociale - Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale - Principio di non discriminazione - Contratto collettivo che prevede un assegno per i figli a carico - Calcolo dell’assegno pagato ai lavoratori a tempo parziale secondo il principio "pro rata temporis".
    Causa C-476/12.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:89

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    ELEANOR SHARPSTON

    presentate il 13 febbraio 2014 ( 1 )

    Causa C‑476/12

    Österreichischer Gewerkschaftsbund

    contro

    Verband Österreichischer Banken und Bankiers

    [(Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Gerichtshof (Austria)]

    «Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale — Principio di non discriminazione — Contratto collettivo che preveda un assegno per i figli a carico — Pagamento proporzionale dell’assegno ai lavoratori a tempo parziale»

    1. 

    Un contratto collettivo fra un sindacato e un’organizzazione datoriale prevede che i contratti di lavoro subordinato relativi ad un particolare settore economico contengano disposizioni affinché il datore di lavoro corrisponda un «assegno per figli a carico» a parziale compensazione delle spese a carico del lavoratore per il mantenimento del proprio figlio. Può applicarsi a detto assegno il principio «pro rata temporis», contenuto nella clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale (in prosieguo: l’«accordo quadro») allegato alla direttiva 97/81 del Consiglio ( 2 )? In caso di risposta negativa, può lo svantaggio che deriva per i lavoratori a tempo parziale dalla riduzione proporzionale dell’assegno per figli a carico (riflesso dell’orario di lavoro più breve) essere oggettivamente giustificato ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro? Ed infine, qualora una corretta lettura dell’accordo quadro induca a ritenere illegittima tale riduzione proporzionale dell’assegno per figli a carico, può l’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (in prosieguo: la «Carta») rendere invalide alcune parti del contratto collettivo in questione?

    2. 

    Tali sono, in sostanza, le questioni sottoposte alla Corte dall’Oberster Gerichtshof (Corte Suprema, Austria), sorte dal contenzioso fra l’Österreichischer Gewerkschaftsbund (Confederazione sindacale austriaca; in prosieguo: l’«ÖGB») e il Verband Österreichischer Banken und Bankiers (Associazione delle banche e dei banchieri austriaci; in prosieguo: il «VÖBB»), avente ad oggetto la corretta interpretazione del contratto collettivo tra essi negoziato (in prosieguo: «il contratto collettivo del settore bancario»).

    Diritto dell’Unione

    La Carta

    3.

    Il diritto alla contrattazione collettiva ed all’azione collettiva è garantito dall’articolo 28 della Carta, il quale dispone quanto segue:

    «I lavoratori e i datori di lavoro, o le rispettive organizzazioni, hanno, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali, il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi, ai livelli appropriati, e di ricorrere, in caso di conflitti di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, compreso lo sciopero».

    Il TFUE

    4.

    L’articolo 157, paragrafo 2, TFUE contiene una definizione di «retribuzione» ai fini del principio di parità di retribuzione fra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Secondo tale definizione, «[p]er retribuzione si intende (...) il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo».

    La direttiva 97/81 e l’accordo quadro

    5.

    La direttiva 97/81 aveva lo scopo di attuare l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale allegato alla direttiva medesima ( 3 ).

    6.

    L’accordo quadro stesso era stato concluso allo scopo di enunciare i principi generali e le prescrizioni minime in materia di lavoro a tempo parziale, creare un quadro generale per l’eliminazione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e sviluppare le possibilità di lavoro a tempo parziale su basi accettabili sia per i datori di lavoro che per i lavoratori ( 4 ).

    7.

    La clausola 1 dell’accordo quadro così dispone:

    «Il presente accordo quadro ha per oggetto:

    a)

    di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale;

    b)

    di facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e di contribuire all’organizzazione flessibile dell’orario di lavoro in modo da tener conto dei bisogni degli imprenditori e dei lavoratori».

    8.

    La clausola 4 enuncia il principio di non discriminazione:

    «1.

    Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive.

    2.

    Dove opportuno, si applica il principio del “pro rata temporis”.

    (…)».

    Il diritto austriaco

    9.

    L’articolo 54, comma 2, dell’Arbeits- und Sozialgerichtsgesetz (Legge sui tribunali in materia sociale e del lavoro; in prosieguo: l’«ASGG») prevede uno speciale procedimento che può essere intrapreso per ottenere una pronuncia definitiva sul significato di una disposizione di diritto sostanziale la cui corretta interpretazione è rilevante per almeno tre lavoratori o datori di lavoro. La sentenza dichiarativa che lo definisce ha efficacia giuridicamente vincolante.

    10.

    L’articolo 19d dell’Arbeitszeitgesetz (legge austriaca sull’orario di lavoro; in prosieguo: l’«AZG») dispone:

    «1.   Il lavoro è a “tempo parziale” quando il numero convenuto di ore lavorative settimanali è, in media, inferiore al numero normale di ore di lavoro previsto dalla legge per ciascuna settimana o inferiore al numero normale di ore di lavoro per ciascuna settimana previsto dal contratto collettivo applicabile.

    (…)

    6.   I lavoratori a tempo parziale non possono subire svantaggi rispetto ai lavoratori a tempo pieno per il fatto di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni oggettive.

    (…)

    7.   In caso di contenzioso, il datore di lavoro deve fornire la prova che qualsiasi condizione meno favorevole non sia fondata sul fatto che l’attività lavorativa sia prestata a tempo parziale».

    11.

    Da quanto può evincersi dall’ordinanza di rinvio, non risulta che nel diritto nazionale sussistano obblighi di legge che prescrivano al datore di lavoro di inserire, in un contratto di lavoro subordinato, disposizioni riguardanti l’erogazione di un assegno per figli a carico. Qualunque obbligo in tal senso deriva dai contratti collettivi negoziati fra il sindacato (o i sindacati) ed un datore di lavoro (o un gruppo di datori di lavoro) relativamente ad un particolare settore economico; ovvero deriva dalla trattativa individuale fra il datore di lavoro ed il (potenziale) lavoratore.

    Il contratto collettivo del settore bancario

    12.

    Il capitolo III del contratto collettivo del settore bancario, intitolato «Prestazioni sociali», stabilisce che «gli assegni familiari e gli assegni per i figli sono attribuiti come prestazione sociale».

    13.

    L’articolo 22, paragrafo 1, di tale contratto dispone:

    «I lavoratori hanno diritto ad un assegno per figli a carico per ciascun figlio per il quale la legge conferisca loro il diritto a un assegno familiare e purché forniscano prova di averlo ricevuto. L’assegno per figli a carico è dovuto per la prima volta (o per l’ultima volta) per il mese del calendario in cui si verifica o viene meno la condizione per il pagamento».

    14.

    L’articolo 22, paragrafo 4, stabilisce che l’articolo 21, paragrafo 2, relativo al calcolo dell’assegno familiare, si applica per analogia all’assegno per figli a carico. L’articolo 21, paragrafo 2, dispone che per i lavoratori a tempo parziale l’assegno «si calcola dividendo la somma erogabile ai lavoratori a tempo pieno per il numero di ore lavorative settimanali del tempo pieno, come previsto dal contratto collettivo (cioè 38,5 ore), e moltiplicando il risultato per il numero di ore lavorative settimanali del lavoratore a tempo parziale interessato».

    Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

    15.

    L’ÖGB, agendo per conto dei lavoratori dipendenti a tempo parziale i cui contratti di lavoro subordinato sono regolati dal contratto collettivo del settore bancario, ha adito l’Oberster Gerichtshof ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 2, dell’ASGG, per ottenere una sentenza che dichiarasse il diritto dei predetti dipendenti a tempo parziale al pagamento per intero dell’assegno per figli a carico, invece che a un assegno per figli a carico proporzionalmente ridotto per rispecchiare le loro effettive ore di lavoro.

    16.

    L’Oberster Gerichtshof ha quindi sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se il principio “pro rata temporis” ai sensi della clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro (...) si applichi (...) a un assegno per figli a carico, disciplinato da un contratto collettivo, che costituisce una prestazione sociale del datore di lavoro a parziale compensazione degli oneri finanziari a carico dei genitori per il mantenimento del figlio per il quale viene percepito l’assegno, a motivo della natura di tale prestazione.

    2)

    In caso di risposta negativa alla prima questione:

    Se la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro (…) debba essere interpretata nel senso che una disparità di trattamento del lavoratore a tempo parziale dovuta alla diminuzione percentuale del diritto all’assegno per figli a carico in proporzione all’orario di lavoro – in considerazione dell’ampio margine discrezionale delle parti sociali nella definizione di un determinato scopo di politica sociale ed economica e delle misure atte a raggiungere tale scopo – sia oggettivamente giustificata, presumendo che un divieto di attribuzione proporzionale:

    a)

    renda più difficile o impossibile l’impiego a tempo parziale sotto forma di riduzione dell’orario dei genitori e/o i lavori di minima entità durante i periodi di congedo parentale, e/o

    b)

    provochi distorsioni della concorrenza dovute a maggiori oneri finanziari per i datori di lavoro con numerosi lavoratori a tempo parziale, oltre a comportare una minore disponibilità dei datori di lavoro ad assumere lavoratori a tempo parziale, e/o

    c)

    favorisca i lavoratori a tempo parziale che intrattengono più rapporti di lavoro a tempo parziale e godono di più diritti a una prestazione prevista da un contratto collettivo quale l’assegno per figli a carico, e/o

    d)

    favorisca i lavoratori a tempo parziale, in quanto essi dispongono di più tempo libero rispetto ai lavoratori a tempo pieno e quindi godono di migliori opportunità per la cura dei figli.

    3)

    In caso di risposta negativa alla prima e seconda questione: se l’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali debba essere interpretato nel senso che, in un regime giuslavoristico nel quale una parte preponderante degli standard minimi previsti dal diritto del lavoro è stabilita sulla base di valutazioni concordi in materia di politica sociale cui sono pervenute parti contraenti del contratto collettivo particolarmente selezionate e qualificate, in caso di nullità (secondo la prassi nazionale) unicamente di una norma di dettaglio (che viola un divieto di discriminazione imposto dal diritto dell’Unione) di un contratto collettivo (nella fattispecie attribuzione proporzionale dell’assegno per figli a carico in caso di lavoro a tempo parziale), l’intera disposizione del contratto collettivo relativa a questo settore normativo (nella fattispecie l’assegno per figli a carico) sia colpita dalla sanzione di nullità».

    17.

    L’ÖGB, il VÖBB e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte, sono comparsi in udienza ed hanno formulato argomentazioni orali.

    Valutazione

    Osservazioni preliminari

    18.

    Le questioni che seguono sembrano essere pacifiche fra le parti del procedimento principale (ogni necessaria verifica è, naturalmente, compito del giudice nazionale).

    19.

    In primo luogo, lo stesso giudice del rinvio qualifica l’assegno per figli a carico in esame come «prestazione contrattuale del datore di lavoro, intesa non solo a compensare i maggiori oneri finanziari per la cura dei figli dovuti all’impegno di lavoro, ma anche a controbilanciare in generale le spese di mantenimento a carico del genitore che lavora. L’assegno per figli a carico è pertanto un assegno del datore di lavoro integrativo dell’assegno familiare previsto dalla legge (statale) (…) L’assegno per i figli a carico, in quanto integrativo degli assegni familiari previsti dalla legge, persegue obbiettivi analoghi a quelli di questi ultimi». Il giudice del rinvio chiarisce, ad ogni modo, che l’assegno per figli a carico erogato ai sensi del contratto collettivo del settore bancario non è una prestazione di previdenza sociale ( 5 ).

    20.

    In secondo luogo, è pacifico ( 6 ) che l’assegno per figli a carico costituisca una «retribuzione» ai sensi dell’attuale articolo 157 TFUE.

    21.

    In terzo luogo, proprio perché l’assegno per figli a carico costituisce un pagamento in denaro, può essere utilizzato dal lavoratore per coprire non solo i costi per la cura dei figli, ma anche le altre spese che l’avere un figlio comporta (quali spese per il vitto, i vestiti e i giocattoli) o addirittura spese familiari in generale.

    22.

    In quarto luogo, dal 1979 il lavoratore deve fornire la prova di avere diritto all’assegno familiare previsto per legge al fine di ottenere l’assegno per figli a carico ai sensi del contratto collettivo del settore bancario. Nelle sue osservazioni scritte il VÖBB ha spiegato che, prima di quella data, si richiedeva ogni anno la produzione di molte più prove e che il collegamento con il diritto all’assegno familiare previsto dalla legge è stato istituito soprattutto al fine di semplificare gli oneri amministrativi per la prova del diritto all’assegno per figli a carico.

    La relazione fra la clausola 4, punti 1 e 2, dell’accordo quadro e la giurisprudenza della Corte sul principio «pro rata temporis»

    23.

    I lavoratori a tempo parziale, per definizione, lavorano meno ore rispetto ai loro omologhi a tempo pieno, ovvero il (reale od ipotetico) lavoratore «equivalente a tempo pieno» (spesso noto in gergo come «full-time equivalent, f.t.e.»). In genere, essi ricevono anche uno stipendio inferiore. Se la loro retribuzione oraria è inferiore a quella del f.t.e., ciò costituisce chiaramente un trattamento discriminatorio. Se ricevono esattamente la stessa retribuzione oraria ma – poiché lavorano (ad esempio) 20 ore a settimana invece di 40 – portano a casa una busta paga più leggera, tale riduzione «pro rata temporis» dello stipendio non suscita alcun commento negativo, in quanto è implicitamente considerata «oggettivamente giustificata».

    24.

    La clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro rispecchia questo generale convincimento quando sancisce, laconicamente, che, «[d]ove opportuno, si applica il principio “pro rata temporis”». Il redattore avrebbe ben potuto scrivere (in termini ancora più economici) «la retribuzione può essere ridotta proporzionalmente», ma non lo ha fatto. L’uso delle parole «dove opportuno» implica presumibilmente che il principio «pro rata temporis» possa essere applicato in maniera in qualche modo più flessibile. Si entrerà maggiormente nel dettaglio di tali parole poco oltre ( 7 ).

    25.

    Alcune delle «condizioni di impiego» ai sensi della clausola 4, punto 1, (l’espressione non è definita) non possono, a causa della loro natura, essere «opportunamente» oggetto di riduzione proporzionale. Un facile esempio è costituito dalla fornitura da parte del datore di lavoro dell’equipaggiamento di sicurezza, come il casco protettivo: non è possibile – od opportuno – fornire mezzo casco. In tali circostanze, se il datore di lavoro tratta in modo differente il lavoratore a tempo parziale e il f.t.e. a svantaggio del primo, entra in gioco la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro. Il datore di lavoro deve fornire la prova che qualsiasi trattamento meno favorevole sia giustificato da ragioni oggettive. Se non può farlo, la diversità di trattamento costituisce discriminazione, contraria alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro.

    26.

    Concettualmente, la domanda se la diversità di trattamento debba, in una fase separata, essere «giustificata» oggettivamente, non è presa in considerazione come tale dalla clausola 4, punto 2 (accettandosi implicitamente che il principio «pro rata temporis» sia intrinsecamente oggettivamente giustificato). Ad ogni modo, la Corte ha riscontrato la giustificazione oggettiva nel chiedere se sia «opportuno» applicare detto principio a qualcosa di diverso dalla retribuzione base.

    27.

    Fino ad ora, la Corte ha interpretato la clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro soltanto in relazione al diritto alle ferie annuali retribuite, che comprende sia una componente di «periodo di assenza dal lavoro», sia una componente di «remunerazione». Nella causa Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols ( 8 ), la Corte ha dichiarato che era «opportuno» applicare il principio «pro rata temporis» alle ferie annuali retribuite, in modo da ridurre le ferie relative ad un periodo di impiego a tempo parziale. Tale riduzione mediante comparazione con i lavoratori a tempo pieno era giustificata da ragioni oggettive. La predetta decisione è stato seguita nella causa Heimann ( 9 ), in cui la Corte ha ritenuto che l’applicazione del principio «pro rata temporis» fosse opportuna in relazione alle ferie annuali retribuite di un lavoratore ad orario di lavoro ridotto.

    28.

    In un certo numero di altre cause (che non riguardavano l’accordo quadro, bensì il principio di parità di trattamento fra uomo e donna), la Corte doveva giudicare se la discriminazione indiretta fosse oggettivamente giustificata nel caso in cui i lavoratori a tempo parziale fossero trattati diversamente in conseguenza dell’applicazione del principio «pro rata temporis». Così, la Corte ha dichiarato che era oggettivamente giustificato applicare detto principio a una pensione di invalidità permanente in modo da ridurre la somma erogata in considerazione del fatto che il lavoratore subordinato aveva usufruito di un periodo di congedo parentale nel quadro di un contratto di lavoro a tempo parziale, durante il quale aveva versato contributi ed aveva acquisito diritti pensionistici in proporzione al (minore) stipendio ricevuto ( 10 ). Ad un datore di lavoro è stato riconosciuto il diritto di ridurre la tredicesima «pro rata temporis» per rispecchiare i periodi di congedo parentale concessi ( 11 ). Similmente, era oggettivamente giustificata la riduzione proporzionale dei diritti pensionistici, in considerazione dei periodi di lavoro a tempo parziale e dei permessi non retribuiti, che rispecchiasse il numero di anni di servizio effettivo totalizzati da un dipendente pubblico rispetto ad un analogo dipendente che avesse lavorato a tempo pieno durante tutta la sua carriera ( 12 ).

    29.

    Quando la clausola 4, punto 2, dispone che il principio «pro rata temporis» deve essere applicato «dove opportuno», cosa intende dire?

    30.

    L’approccio della Corte ha fino ad ora equiparato la retribuzione ai sensi dell’accordo quadro con la retribuzione ai sensi del Trattato, per concludere che qualunque retribuzione può essere proporzionalmente ridotta: si vedano le decisioni relative sia all’accordo quadro sia alla discriminazione per motivi di sesso appena citate (Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols ( 13 ), Heimann ( 14 ), Gómez-Limón Sánchez-Camacho ( 15 ), Lewen ( 16 ) e Schönheit and Becker ( 17 )). In tutte queste cause, l’oggetto della riduzione pro rata ricadeva all’interno dell’(ampia) definizione di retribuzione ai sensi del Trattato, e la Corte ha accolto la tesi che detta riduzione fosse oggettivamente giustificata. Nelle due cause relative all’accordo quadro, cioè Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols e Heimann, la Corte ha specificamente dichiarato che era «opportuno» (ed anche oggettivamente giustificato) applicare il principio «pro rata temporis» alle ferie retribuite annuali.

    31.

    Da ciò sembra conseguire che, laddove un qualche vantaggio derivante dal rapporto di impiego ricada all’interno della definizione di retribuzione ai sensi del Trattato, ne è «opportuna» la riduzione «pro rata temporis» nei confronti di un lavoratore a tempo parziale.

    Sulla prima questione

    32.

    Con la prima questione, il giudice del rinvio domanda, essenzialmente, se la clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che è opportuno applicare il principio «pro rata temporis» all’erogazione di un assegno per figli a carico quale quello oggetto del procedimento principale.

    33.

    Si ritiene che la risposta debba essere positiva.

    34.

    È vero che – a differenza dei diritti pensionistici o del numero di giorni di ferie annuali retribuite – non sussiste alcun collegamento oggettivo fra l’importo dell’assegno per figli a carico, il «bisogno» del lavoratore alla cui soddisfazione l’assegno è destinato e le ore lavorate da quel lavoratore. Come sottolineato dall’ÖGB, l’esistenza di un figlio e la necessità di emanare disposizioni relative ai costi associati con la crescita dello stesso sono questioni indipendenti rispetto al fatto che il lavoratore lavori a tempo pieno o a tempo parziale.

    35.

    Ciò detto, si ritiene che, sulla base di quanto esposto dal giudice nazionale nell’ordinanza di rinvio, sebbene l’assegno per figli a carico sia erogato soltanto a chi dimostri di avere diritto all’assegno familiare previsto per legge, persegua uno scopo particolare e sia (naturalmente) una voce separata nella busta paga del lavoratore, esso ricada palesemente in ciò che è dovuto al lavoratore in virtù del suo contratto di lavoro.

    36.

    In tali circostanze, l’assegno per figli a carico costituisce chiaramente «retribuzione» nel senso dell’(attuale) articolo 157 TFUE, poiché è un vantaggio che il lavoratore riceve, in danaro, dal proprio datore di lavoro a fronte della sua attività ( 18 ). Sia la giurisprudenza della Corte sia la definizione di retribuzione come adesso risulta dal testo del Trattato evidenziano il fatto che il collegamento fra tali erogazioni in danaro e il rapporto di lavoro di cui è parte il lavoratore può essere diretto o indiretto.

    37.

    Nella sentenza Garland ( 19 ), la Corte ha sottolineato che, laddove un vantaggio attribuito ad un lavoratore subordinato derivi dal rapporto di lavoro, l’esatta qualificazione giuridica del vantaggio è irrilevante al fine di determinare se esso costituisca «retribuzione». Nella sentenza Barber ( 20 ), la Corte ha statuito che, «[b]enché numerosi tipi di vantaggi corrisposti da un datore di lavoro rispondano anche a considerazioni di politica sociale, la natura retributiva di una prestazione non può però essere messa in dubbio, [quando] il lavoratore ha diritto di ricevere dal suo datore di lavoro la prestazione di cui trattasi in forza dell’esistenza del rapporto di lavoro» (il corsivo è mio).

    38.

    Dato che l’assegno per figli a carico costituisce «retribuzione», ne consegue che è «opportuno» applicare il principio «pro rata temporis» a tale aspetto della retribuzione, proprio come la Corte ha già dichiarato in relazione ad altri aspetti della remunerazione. Che l’assegno per figli a carico sia destinato ad un obbiettivo sociale è un fatto lodevole, ma non ne modifica la qualificazione giuridica di retribuzione, la quale può essere proporzionalmente ridotta ( 21 ).

    39.

    Ci si può chiedere se il testo dell’accordo quadro lasci aperta la possibilità di considerare se vi sia una qualche «via di mezzo», consistente nelle «erogazioni del datore di lavoro a carattere sociale», le quali – nonostante siano «retribuzione» secondo la definizione classica datane dalla giurisprudenza della Corte –, se riferite a lavoratori a tempo parziale, non possono tuttavia essere ridotte proporzionalmente allo stesso modo della retribuzione.

    40.

    Non si ritiene che, a rigor di termini, sia necessario rispondere alla domanda in questa sede. Nonostante il fatto che l’assegno per figli a carico sia chiaramente destinato ad un’utile finalità sociale, il fatto che faccia parte del pacchetto remunerativo è il risultato delle trattative intercorse fra le due parti dell’industria. A costo di semplificare eccessivamente, può forse suggerirsi che, all’interno della «busta» costituita dalla somma totale che i datori di lavoro in questo settore sono disponibili a pagare come massa salariale, le parti della trattativa hanno convenuto di fornire un sussidio extra ai dipendenti con figli, mentre può pensarsi che altre componenti interne al calcolo complessivo siano state adeguate in modo da favorire quella preferenza ( 22 ). In fin dei conti, comunque, l’accordo fra le parti sociali ha ad oggetto la retribuzione, non l’assistenza sociale. Ne consegue che l’assegno per figli a carico che ne deriva, essendo parte integrante della retribuzione, finisce per essere trattato come tale. Il datore di lavoro è pertanto libero di applicare il principio «pro rata temporis» a detto assegno nel caso in cui il dipendente lavori a tempo parziale.

    41.

    Sottolineo che la mia conclusione è avallata dal fatto che sul datore di lavoro non grava alcuna obbligazione di fonte legale relativa al pagamento delle prestazioni sociali in questione. Se, ad esempio, il legislatore nazionale avesse deciso che l’onere di pagare l’assegno per figli a carico agli occupati incombe ai datori di lavoro (di modo che lo Stato assumerebbe la responsabilità di pagare tale assegno soltanto ai soggetti disoccupati), il datore di lavoro svolgerebbe in effetti il ruolo dello Stato e la conclusione potrebbe essere diversa ( 23 ). Si aggiunga anche che, mentre in questo caso il lavoratore a tempo parziale indubbiamente riceve dall’assegno per figli a carico meno soldi rispetto al f.t.e. e si trova pertanto in termini generali in una situazione economica meno agiata, egli (o ella) non è messo in una situazione di svantaggio specifico dovuta alla riduzione proporzionale dell’assegno per figli a carico. Si lascia volutamente aperta la questione relativa a quale sarebbe la risposta qualora fosse dimostrato che, in un altro caso, ne risultasse un qualche specifico svantaggio.

    42.

    Infine, anche se la clausola 4, punto 2, si esprime in termini imperativi – «Dove opportuno, si applica il principio “pro rata temporis”» (il corsivo è mio) –, ciò non dovrebbe essere interpretato, a parere di chi scrive, nel senso che, ogni volta che il principio è opportuno, deve essere applicato. Detto in altro modo, «si applica il principio» non significa «il datore di lavoro è obbligato ad applicare il principio, anche se vuole essere più generoso» (non può, ovviamente, pagare un lavoratore a tempo parziale meno di quanto risulti dall’applicazione del principio «pro rata temporis») ( 24 ). Le parole «si applica» significano soltanto che, laddove sia opportuno applicare il principio «pro rata temporis», quel principio si applicherà senza che sia necessaria alcuna ulteriore giustificazione oggettiva. È sufficiente il fatto che il lavoratore a tempo parziale lavori meno ore rispetto al lavoratore f.t.e.

    43.

    Conseguentemente, alla prima questione oggetto di rinvio dovrebbe rispondersi nel senso che è opportuno, ai sensi della clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro, applicare il principio «pro rata temporis» a un assegno per figli a carico previsto da un contratto collettivo, laddove la legge non obblighi le parti a prevedere un tale assegno.

    Sulla seconda questione

    44.

    Con la presente questione si domanda, essenzialmente, se, qualora l’assegno per figli a carico non possa essere proporzionalmente ridotto mediante applicazione della clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro, la disparità di trattamento nei confronti dei lavoratori a tempo parziale che deriva dal fatto di corrispondere loro un importo inferiore rispetto all’assegno per figli a carico pieno possa tuttavia essere considerata oggettivamente giustificata per altri motivi ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro. La questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio individua quattro possibili giustificazioni, le quali, si suppone, sono state sottoposte all’attenzione del giudice medesimo.

    45.

    Qualora la Corte convenga che alla prima questione debba rispondersi come qui si propone, allora diviene superfluo rispondere alla seconda questione. Per amore di completezza, ne riferirò comunque brevemente.

    46.

    In teoria, è il giudice del rinvio che deve valutare se qualcuna delle argomentazioni fornite equivalga alla giustificazione oggettiva della diversità di trattamento, avuto riguardo alla giurisprudenza della Corte. La Corte ha statuito che il giudice nazionale deve considerare se la misura prescelta risponda ad una reale necessità, se sia opportuna con riguardo al raggiungimento dell’obbiettivo perseguito, e se sia necessaria al predetto fine ( 25 ). Mere generalizzazioni non sarebbero sufficienti a giustificare una differenza di trattamento ( 26 ); né la finalità di evitare l’aumento dei costi è una ragione che possa giustificare oggettivamente la discriminazione indiretta ( 27 ).

    47.

    Ciò detto, ad ogni modo, pare allo scrivente che, laddove a un lavoratore a tempo parziale venga riservato un trattamento sfavorevole se paragonato al f.t.e. mediante l’uso delle sue ore di lavoro come base per la riduzione proporzionale del pagamento, ebbene, la riduzione proporzionale o è «opportuna» o non lo è. Laddove il fatto che il lavoratore a tempo parziale lavori meno ore fornisca una giustificazione su basi oggettive per la riduzione proporzionale, allora l’applicazione del principio «pro rata temporis» è «opportuna» ed è conforme alla clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro. Laddove non sia «opportuna», non è ulteriormente possibile esaminare se la riduzione proporzionale sia ciononostante oggettivamente giustificata per altre ragioni e, pertanto, non violi il divieto di discriminazione fissato dalla clausola 4, punto 1.

    48.

    Per tali ragioni, si ritiene che i quattro possibili motivi di giustificazione oggettiva esposti dinanzi al giudice nazionale non possano fungere da fondamento, ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, alla riduzione «pro rata temporis» della somma erogata ai lavoratori a tempo parziale mediante l’assegno per figli a carico.

    Sulla terza questione

    49.

    Con la terza questione, il giudice del rinvio vuole, in effetti, accertare se, nel caso in cui il pagamento ai dipendenti a tempo parziale di un assegno per figli a carico proporzionalmente ridotto sia illegittimo, l’articolo 28 della Carta possa precludere ogni pagamento di quell’assegno previsto dal contratto collettivo.

    50.

    Nuovamente, qualora la Corte convenga che alla prima questione debba rispondersi come qui si propone, diviene superfluo rispondere alla terza questione. Per considerazioni di chiarezza, ne riferirò comunque brevemente.

    51.

    L’articolo 28 della Carta stabilisce il diritto alla negoziazione collettiva. Detto diritto deve essere esercitato «conformemente al diritto dell’Unione». Se una norma di un contratto collettivo è vietata dal diritto dell’Unione, il giudice nazionale deve disapplicare quella specifica norma nella misura necessaria a rimediare all’illegittimità. Dunque, se la Corte dovesse ritenere che il diritto dell’UE vietasse l’applicazione del principio «pro rata temporis» all’assegno per figli a carico, si dovrebbe disapplicare la specifica norma che dispone la riduzione proporzionale dell’assegno in relazione ai lavoratori a tempo parziale (nel caso di specie, l’articolo 22, paragrafo 4, del contratto collettivo del settore bancario). Il risultato sarebbe il pagamento per intero dell’assegno per figli a carico ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, del predetto contratto.

    52.

    Dal punto di vista dello scrivente, il predetto rimedio, limitato e proporzionato, non renderebbe inefficace il contratto né lo altererebbe in misura tale da non rispecchiare più l’accordo delle parti. Non vi sarebbe quindi violazione del diritto alla negoziazione collettiva, sancito dall’articolo 28 della Carta.

    Conclusione

    53.

    Conseguentemente, per le ragioni esposte si suggerisce che la Corte risponda soltanto alla prima questione oggetto di rinvio da parte dell’Oberster Gerichtshof (Austria), nei termini seguenti:

    È opportuno, ai sensi della clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro allegato alla direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997 relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, applicare il principio «pro rata temporis» ad un assegno per figli a carico previsto da un contratto collettivo, laddove la legge non obblighi le parti a prevedere un tale assegno.


    ( 1 )   Lingua originale: l’inglese.

    ( 2 )   Direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1998, L 14, pag. 9).

    ( 3 )   V. articolo 1 della direttiva 97/81.

    ( 4 )   Considerando 11 del preambolo alla direttiva 97/81. V. anche punti 4, 5 e 7 delle «Considerazioni generali», che fungono da preambolo all’accordo quadro.

    ( 5 )   L’Oberster Gerichtshof ha applicato i principi fissati da questa Corte nella sentenza del 10 giugno 2010, Bruno e a. (C-395/08 e C-396/08, Racc. pag. I-5119, punti 41 e 42), e nella sentenza del 15 aprile 2008, Impact (C-268/06, Racc. pag. I-2483, punto 131).

    ( 6 )   L’ordinanza di rinvio, a pagina 15, punto 2.4, si esprime letteralmente così: «Unbestritten ist, dass es sich bei der zu beurteilenden Kinderzulage um Entgelt handelt» («È incontestato che l’assegno per figli a carico in esame costituisca una retribuzione»).

    ( 7 )   Vedi infra, paragrafi da 32 a 42.

    ( 8 )   Sentenza del 22 aprile 2010, Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols (C-486/08, Racc. pag. I-3527, punto 33).

    ( 9 )   Sentenza dell’8 novembre 2012, Heimann (C‑229/11 e C‑230/11, punti da 34 a 36).

    ( 10 )   Sentenza del 16 luglio 2009, Gómez-Limón Sánchez-Camacho (C-537/07, Racc. pag. I-6525, punti 62 e 63).

    ( 11 )   Sentenza del 21 ottobre 1999, Lewen (C‑333/97, Racc. pag-I‑7243, punto 50).

    ( 12 )   Sentenza del 23 ottobre 2003, Schönheit e Becker (C-4/02 e C-5/02, Racc. pag. I-12575, punti 90 e 91).

    ( 13 )   Cit. alla nota 8.

    ( 14 )   Cit. alla nota 9.

    ( 15 )   Cit. alla nota 10.

    ( 16 )   Cit. alla nota 11.

    ( 17 )   Cit. supra alla nota 12.

    ( 18 )   V. sentenze del 9 febbraio 1982, Garland (C-12/81, Racc. pag. 359, punto 5); del 17 maggio 1990, Barber (C-262/88, Racc. pag. I-1889, punto 12), e del 9 febbraio 1999, Seymour‑Smith e Perez (C-167/97, Racc. pag. I-623, punto 23).

    ( 19 )   Sentenza Garland, cit. alla nota 18, punto 5. V. anche sentenza del 9 settembre 1999, Krüger (C-281/97, Racc. pag. I-5127, punto 15).

    ( 20 )   Citata supra alla nota 18, punto 18.

    ( 21 )   V. supra, paragrafi 30 e 31.

    ( 22 )   Pertanto, il sindacato (l’ÖGB), se volesse assicurare ai lavoratori a tempo parziale un livello di tutela potenziato, sarebbe libero di negoziare che l’assegno per i figli sia un’erogazione fissa per tutti i dipendenti qualificati a goderne, a prescindere dalle ore lavorate, come parte della complessiva trattativa con l’organizzazione rappresentativa dei datori di lavoro (il VÖBB). Parimenti, le parti sociali sarebbero libere di decidere (ad esempio) se collegare l’assegno per figli a carico con il livello retributivo e, in questo caso, specificare in quale modo. Esisterebbe un valido argomento che depone contro la riduzione pro rata di alcuni aspetti dei vantaggi collegati al rapporto di lavoro subordinato laddove ciò potesse rafforzare l’uguaglianza sostanziale fra i sessi (v. le mie conclusioni del 4 dicembre 2008 nella causa Gómez-Limón Sánchez-Camacho, citata supra alla nota 10, paragrafi da 54 a 56); ma una lettura di tal genere non discende come conseguenza obbligata dallo stato attuale della giurisprudenza della Corte.

    ( 23 )   Può anche darsi che in tali circostanze il pagamento ricada al di fuori della definizione di retribuzione di cui all’articolo 157 TFUE: vedi la sentenza Impact, citata supra alla nota 5, punto 131.

    ( 24 )   A questo proposito, si veda l’impressionante esempio della non applicazione del principio «pro rata temporis» in Matteo, 20:1-16: Coloro che vennero assunti per primi, lavorarono a tempo pieno (tutto il giorno), ed ebbero la paga convenuta; coloro che lavorarono soltanto parte della giornata (quelli assunti a mezzogiorno, per mezza giornata, e quelli assunti per ultimi, solo per un’ora) ciononostante ebbero la stessa paga, perché il padrone di casa che li aveva assunti scelse di essere generoso [letteralmente, «ότι έγώ άγαθόs είμι» – «perché io sono buono» (v. 15)]. Il testo non dice se ciò fu dovuto anche al fatto che il padrone di casa aveva riconosciuto che le loro necessità (guadagnare soldi per dar da mangiare alle proprie famiglie) erano le stesse.

    ( 25 )   Sentenze del 28 febbraio 2013, Kenny e a. (C‑427/11, punto 37 e giurisprudenza ivi citata), e del 13 maggio 1986, Bilka‑Kaufhaus (C-170/84, Racc. pag. 1607, punto 36).

    ( 26 )   Sentenza del 13 luglio 1989, Rinner-Kühn (C-171/88, Racc. pag. 2743, punto 14).

    ( 27 )   Sentenza del 17 giugno 1998, Hill e Stapleton (C-243/95, Racc. pag. I-3739, punto 40).

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