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Document 62012CC0417

Conclusioni dell'avvocato generale Jääskinen del 30 aprile 2014.
Regno di Danimarca contro Commissione europea.
Impugnazione - FEAOG - Messa a riposo delle superfici - Controlli mediante telerilevamento - Copertura vegetale delle parcelle ritirate dalla produzione - Rettifiche finanziarie.
Causa C-417/12 P.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:286

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 30 aprile 2014 ( 1 )

Causa C‑417/12 P

Regno di Danimarca

contro

Commissione

«Impugnazione — Irricevibilità — FEAOG — “Sezione Garanzia” — Esclusione dal finanziamento comunitario di talune spese effettuate dal Regno di Danimarca a titolo di messa a riposo delle superfici — Controlli mediante telerilevamento — Articoli 15, 22 e 23 del regolamento (CE) n. 2419/2001 — Articolo 19 del regolamento (CE) n. 2316/1999 — Copertura vegetale sulle parcelle ritirate dalla produzione — Onere e grado della prova — Condizioni per l’applicazione di una correzione forfettaria»

I – Introduzione

1.

Secondo una giurisprudenza consolidata, gli Stati membri sono tenuti a organizzare un complesso di controlli amministrativi e di controlli in loco che consentano di garantire che le condizioni materiali e formali per la concessione delle somme stanziate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) siano correttamente osservate. Se la Commissione individua delle inadempienze e se sono constatate delle perdite per il FEAOG, la Commissione può escludere dal finanziamento le spese inammissibili. Lo stesso accade qualora esista un dubbio serio e ragionevole a tal proposito, senza che lo Stato membro in questione sia riuscito a fornire elementi che possano sostenere i suoi argomenti volti a eliminare detto dubbio. Tale principio regola sia la determinazione dell’onere della prova che l’applicazione delle correzioni forfettarie nei casi in cui esistano irregolarità relative alle somme concesse dal FEAOG.

2.

Con la sua impugnazione, il Regno di Danimarca chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 3 luglio 2012 ( 2 ) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), che ha respinto il suo ricorso volto a ottenere, in via principale, il parziale annullamento della decisione 2009/253/CE della Commissione, del 19 marzo 2009 (in prosieguo: la «decisione controversa») ( 3 ), nella parte in cui esclude dal finanziamento comunitario talune spese effettuate dal Regno di Danimarca a titolo di messa a riposo delle superfici.

3.

Con la decisione controversa, la Commissione europea ha proposto di applicare correzioni finanziarie forfettarie, per quanto concerne il Regno di Danimarca, in relazione agli esercizi finanziari 2003, 2004 e 2005, aventi a oggetto rispettivamente le campagne 2002, 2003 e 2004. Le correzioni ammontavano, a seconda dei casi, al 2 %, al 5 % o al 10 %, per carenze accertate nell’ambito dei controlli mediante telerilevamento e dei controlli sul rispetto dei requisiti normativi per le superfici ritirate dalla produzione (in prosieguo: i «controlli sulle superfici ritirate dalla produzione»).

II – Fatti, procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

4.

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 giugno 2009, il Regno di Danimarca ha proposto un ricorso volto a ottenere, in via principale, il parziale annullamento della decisione controversa. Il ricorso, registrato presso la cancelleria del Tribunale con il numero T‑212/09, era fondato su quattro motivi, basati, in primo luogo, su errori di diritto e di valutazione delle norme relative ai controlli mediante telerilevamento, in secondo luogo, su errori di diritto e di valutazione delle norme relative ai controlli sulle superfici ritirate dalla produzione, in terzo luogo, sulla violazione delle forme sostanziali e, in quarto luogo, su errori di diritto e di valutazione delle norme relative alle correzioni finanziarie.

5.

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha integralmente respinto il ricorso e ha condannato ciascuna parte a sopportare le proprie spese.

6.

Per la descrizione dettagliata dei fatti e del procedimento all’origine della controversia, si rinvia alla presentazione che compare nella sentenza impugnata.

III – Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

7.

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 13 settembre 2012, il Regno di Danimarca ha proposto un’impugnazione avverso la sentenza contestata. Esso conclude nel senso che la Corte voglia annullare in tutto o in parte la sentenza del Tribunale, accogliere le domande formulate dinanzi al Tribunale e, in via sussidiaria, rinviare la causa dinanzi al Tribunale ai fini del riesame e della decisione.

8.

A sostegno della sua impugnazione, il Regno di Danimarca deduce cinque motivi. Il primo motivo è basato su un errore di diritto relativo all’interpretazione dell’articolo 15 del regolamento n. 2419/2001, in combinato disposto con l’articolo 23 dello stesso regolamento, riguardo all’inadeguatezza delle misure di controllo mediante telerilevamento ( 4 ). Il secondo motivo è basato su due errori di diritto, uno relativo alla scorretta interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2316/1999 e l’altro relativo a un obbligo ingiustificato e indefinito di falciatura dell’eventuale copertura vegetale ( 5 ). Il terzo motivo si basa sullo snaturamento dell’onere della prova. Il quarto motivo è basato sulla scorretta applicazione delle condizioni per una correzione forfettaria mentre, secondo il quinto motivo, non ricorrevano le condizioni per l’applicazione di correzioni forfettarie rispettivamente del 5 % e del 10 %.

9.

La Commissione conclude nel senso che la Corte voglia respingere l’impugnazione e, in subordine, confermare la sentenza impugnata nonché condannare il Regno di Danimarca alle spese.

10.

La Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia sono stati ammessi a intervenire a sostegno del Regno di Danimarca. Detti Stati membri hanno depositato memorie d’intervento.

11.

In occasione dell’udienza del 12 dicembre 2013, sono stati ascoltati i rappresentanti del Regno di Danimarca e della Commissione nonché il rappresentante del Regno di Svezia.

IV – Analisi giuridica

A – Sulla ricevibilità dell’impugnazione

12.

La Commissione conclude, in primo luogo, nel senso del «rigetto» dell’impugnazione, conclusione che, in realtà, interpreto come una richiesta rivolta alla Corte di dichiarare l’impugnazione irricevibile. Infatti, la Commissione sostiene che la presente impugnazione si limita a ripetere o a riprodurre testualmente i motivi e gli argomenti che sono stati presentati dinanzi al Tribunale, ivi compresi quelli basati su fatti espressamente negati da tale giudice. Essa aggiunge che un’impugnazione di tal genere costituisce piuttosto una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame del ricorso presentato dinanzi al Tribunale, il che esula dalla competenza della Corte ( 6 ). Secondo la Commissione, l’azione intentata dal Regno di Danimarca concerne unicamente – o almeno in larghissima misura – la valutazione dei fatti da parte del Tribunale.

13.

Personalmente, rilevo che l’impugnazione contiene innegabilmente taluni degli elementi contestati dalla Commissione. Nondimeno, le censure del Regno di Danimarca si basano chiaramente su asseriti errori di diritto commessi dal Tribunale. Infatti, in sostanza, l’impugnazione è volta a rimettere in discussione la posizione del Tribunale su varie questioni di diritto sottopostegli in primo grado, compresa la qualificazione giuridica degli elementi di fatto da parte del Tribunale. Quindi, in conformità alla giurisprudenza della Corte, detta impugnazione, considerato che contiene precise indicazioni sui punti contestati della sentenza impugnata nonché sui motivi e sugli argomenti sui quali quest’ultima si fonda, non può essere dichiarata irricevibile in toto ( 7 ).

B – Sul primo motivo, basato su un errore di interpretazione del regolamento n. 2419/2001 e su un’omissione parziale di pronuncia

1. Argomenti delle parti

14.

Riguardo all’interpretazione degli articoli 15 e 23 del regolamento n. 2419/2001, il Regno di Danimarca, sostenuto a tal proposito dalla Repubblica francese, afferma che il Tribunale adotta un’interpretazione errata quando, ai punti 51 e 52 della sentenza impugnata, conclude che la Commissione, al fine di valutare l’efficacia dei controlli mediante telerilevamento degli Stati membri, può utilizzare qualsiasi mezzo adeguato, comprese misurazioni a terra con l’ausilio di un dispositivo di posizionamento globale (in prosieguo: il «GPS»), al fine di effettuare dei raffronti. Il Regno di Danimarca afferma che una differenza tra una misurazione mediante telerilevamento e una misurazione mediante GPS non potrà servire a stabilire se il telerilevamento sia stato sufficientemente efficace ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 2419/2001.

15.

Esso sostiene altresì che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha omesso di pronunciarsi su taluni degli altri motivi attraverso i quali il Regno di Danimarca contesta la validità delle conclusioni della Commissione riguardo all’efficacia delle misure danesi di controllo mediante telerilevamento, con la motivazione che tali conclusioni si baserebbero su un certo numero di errori fondamentali. Il Regno di Danimarca ritiene che, in tale contesto, il Tribunale non abbia esposto i fatti fedelmente, quando, al punto 50 della sentenza impugnata, ha affermato che la Commissione aveva precedentemente messo in dubbio la qualità dei controlli eseguiti mediante telerilevamento. Inoltre, il Tribunale avrebbe trascurato di tener conto delle azioni correttive attuate dal Regno di Danimarca riguardo all’uso delle cosiddette immagini «HR» (immagini ad alta risoluzione) ( 8 ).

16.

La Commissione sostiene che, ai punti 48 e 49 della sentenza impugnata, il Tribunale ha legittimamente concluso che il controllo effettuato dalle autorità danesi era risultato insufficiente e, ai punti 51 e 52 della sentenza impugnata, ha ritenuto che la censura riproposta dal Regno di Danimarca nel suo ricorso fosse infondata.

2. Valutazione

17.

A mio avviso, è essenziale il fatto che il Tribunale abbia legittimamente considerato che l’interrogativo che si poneva nel caso di specie non era se l’uso di immagini ad alta risoluzione fosse autorizzato, ma in che modo dette immagini avrebbero dovuto essere utilizzate ( 9 ). Infatti, dalle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione – ossia, in particolare, dall’articolo 15 del regolamento n. 2419/2001 e dall’articolo 22, paragrafo 1 ( 10 ), del regolamento n. 2419/2001 – risulta che spetta agli Stati membri adottare le misure che reputano atte a garantire l’efficacia dei controlli e, pertanto, la precisione delle misure effettuate ricorrendo al telerilevamento ( 11 ).

18.

Orbene, il Regno di Danimarca afferma erroneamente che il Tribunale avrebbe interpretato gli articoli 15 e 23 del regolamento n. 2419/2001 in modo scorretto per quanto concerne l’uso di una misurazione mediante GPS al fine di stabilire se il telerilevamento sia stato sufficientemente efficace ai sensi del regolamento n. 2419/2001.

19.

A mio avviso, il Tribunale ha riconosciuto correttamente non soltanto la responsabilità degli Stati membri rispetto alla qualità del controllo, ma altresì il diritto della Commissione di effettuare, all’occorrenza, verifiche supplementari per poter valutare l’affidabilità dei controlli attuati dagli Stati membri. Non è possibile contestare al Tribunale di aver privilegiato uno specifico metodo di misurazione o di trarre conclusioni inadeguate in caso di utilizzazione di metodi differenti. Né il testo né la ratio degli articoli 15, 22 e 23 del regolamento n. 2419/2001 richiedono che la Commissione privilegi un certo metodo allorché verifica l’affidabilità dei risultati dei controlli nazionali.

20.

Di conseguenza, il Tribunale ha potuto concludere che le irregolarità rilevate dalla Commissione nel corso dell’indagine fanno emergere l’inadeguatezza dei controlli in loco effettuati dal Regno di Danimarca al fine di verificare la misurazione della superficie delle parcelle inizialmente realizzata utilizzando immagini ad alta risoluzione ( 12 ).

21.

Pertanto, secondo il Tribunale, il Regno di Danimarca aveva erroneamente contestato alla Commissione di aver utilizzato, in occasione dell’indagine realizzata nel 2002, nel 2003 e nel 2004, un metodo differente da quello adottato dallo Stato membro interessato, vale a dire la misurazione mediante GPS ( 13 ). Infatti, se la normativa applicabile non impone il ricorso a uno specifico metodo di misurazione, dalle disposizioni dell’articolo 22, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 2419/2001 risulta che, sebbene gli Stati membri siano liberi di scegliere i mezzi di determinazione della superficie delle parcelle agricole, detti mezzi devono soddisfare un requisito di precisione. Pertanto, al fine di valutare se gli Stati membri abbiano soddisfatto detto requisito, la stessa Commissione deve poter utilizzare qualsiasi mezzo adeguato che le consenta di determinare con la maggiore precisione possibile la superficie delle parcelle che sottopone a controllo ( 14 ). Condivido interamente tale analisi del Tribunale.

22.

Peraltro, a mio avviso, l’interpretazione proposta dal Regno di Danimarca non sarebbe coerente con i due livelli di controllo su cui si basa la liquidazione dei conti del FEAOG. Infatti, da un lato, a livello nazionale, gli enti erogatori trattano le richieste di finanziamento e si assicurano in loco che sussistano le condizioni per la corresponsione degli aiuti. Dall’altro, a livello dell’Unione, la stessa Commissione effettua controlli a campione in loco, sulla base delle relazioni nazionali degli enti eroganti, al fine di sincerarsi dell’affidabilità dei sistemi nazionali di controllo. La perfetta concordanza tra questi due livelli per quanto concerne i metodi utilizzati avrebbe come effetto il deterioramento di tale sistema.

23.

Per quanto attiene all’asserita omissione di pronuncia da parte del Tribunale su taluni degli altri motivi attraverso i quali il Regno di Danimarca aveva contestato la decisione controversa, ossia quelli concernenti l’efficacia delle misure danesi di controllo mediante telerilevamento, il Regno di Danimarca si fonda su affermazioni basate in ampia misura su riferimenti ai documenti processuali depositati presso il Tribunale, senza illustrare il loro contenuto e senza precisare perché il Tribunale avrebbe dovuto prenderli in considerazione.

24.

A tal proposito è sufficiente ricordare che da una costante giurisprudenza risulta che la Corte non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi ed al giudice competente di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo ( 15 ).

25.

Per quanto concerne l’affermazione secondo cui il Tribunale avrebbe trascurato di tener conto delle azioni correttive attuate dal Regno di Danimarca riguardo all’uso delle immagini ad alta risoluzione, occorre ricordare che la Corte ha evidenziato che la valutazione dei fatti, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte ( 16 ). Uno snaturamento deve risultare manifestamente alla luce dei documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove ( 17 ).

26.

Orbene, a mio avviso, le valutazioni effettuate dal Tribunale riguardo all’efficacia delle misure danesi di controllo mediante telerilevamento non fanno emergere alcuno snaturamento di fatti o di elementi di prova.

27.

Per quanto concerne la censura secondo cui il punto 50 della sentenza impugnata non offrirebbe una rappresentazione fedele dei fatti, va ricordato che non rientra manifestamente nella competenza della Corte procedere a un simile riesame dei fatti nell’ambito di un’impugnazione ( 18 ).

28.

Pertanto, il primo motivo deve essere respinto in quanto in parte irricevibile e in parte infondato.

C – Sul secondo motivo, basato su una scorretta interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2316/1999

1. Argomenti delle parti

29.

Il Regno di Danimarca, sostenuto dalla Repubblica francese e dalla Repubblica di Finlandia, contesta l’interpretazione del Tribunale secondo cui all’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2316/1999 sarebbe contemplata la nozione di «preservazione delle condizioni agronomiche». Il Regno di Danimarca contesta al Tribunale di aver concluso che detto paragrafo indica che un’eventuale copertura vegetale deve essere mantenuta in modo da garantire la preservazione delle condizioni agronomiche. Secondo detto Stato membro, il Tribunale non preciserebbe la portata dell’espressione «preservazione delle condizioni agronomiche» e, in particolare, se essa possa comprendere un obbligo di falciatura della copertura vegetale. Pertanto, il Regno di Danimarca contesta l’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2316/1999 adottata dal Tribunale, per la parte in cui quest’ultimo sembra scorgervi un obbligo implicito di falciatura della copertura vegetale.

30.

Inoltre, secondo il Regno di Danimarca, il Tribunale non effettua alcuna valutazione sulla validità delle conclusioni della decisione controversa riguardo all’obbligo di manutenzione, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga con riferimento all’interpretazione delle norme su cui la Commissione si è basata o al criterio, non meglio definito, che il Tribunale sembra aver derivato dalla sua interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2316/1999.

31.

Inoltre, il Tribunale non si sarebbe neppure pronunciato sui documenti – dettagliati e assolutamente cruciali, secondo il Regno di Danimarca – che sono stati prodotti, i quali dimostravano in particolare che le superfici ritirate dalla produzione avrebbero continuato a essere terreni agricoli coltivabili che potevano venire immediatamente reintegrati nella produzione, né sulla questione della caccia al premio e delle superfici asseritamente troppo umide.

32.

Di conseguenza, il Regno di Danimarca afferma che l’errore di interpretazione commesso dalla Commissione era talmente significativo che la decisione controversa avrebbe dovuto essere annullata. Essa non può essere confermata sulla base di due minime irregolarità, ossia la presenza di fasci di fieno e di rifiuti edilizi sulle parcelle ritirate dalla produzione.

33.

Per contro, la Commissione osserva che il Tribunale ha constatato che gli Stati membri sono tenuti a vigilare affinché sia mantenuta una superficie con copertura vegetale conformemente ai requisiti applicabili alle superfici ritirate dalla produzione, previsti dalla politica agricola comune, e ha poi evidenziato che ne derivava altresì il dovere per lo Stato membro responsabile di controllare l’effettivo rispetto dell’obbligo di manutenzione ( 19 ). Infatti, la responsabilità di vigilare affinché i fondi del FEAOG siano erogati solo in conformità agli orientamenti adottati e agli obblighi derivanti dal Trattato graverebbe appunto sugli Stati membri.

34.

Secondo la Commissione, dai fatti della causa risulta che il Regno di Danimarca ha trasgredito il proprio obbligo di garantire un adeguato controllo. Inoltre, il Tribunale avrebbe confermato che le irregolarità accertate dalla Commissione dimostravano gravi carenze nel controllo effettuato dal Regno di Danimarca e che tale circostanza bastava di per sé a giustificare l’esclusione dal finanziamento comunitario.

2. Valutazione

35.

Per quanto concerne l’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2316/1999, mi sembra che il Regno di Danimarca non abbia letto correttamente la sentenza impugnata. Infatti, il Tribunale non ha affermato né esplicitamente né implicitamente che da detto articolo 19, paragrafo 4, deriverebbe l’obbligo di falciatura della copertura vegetale.

36.

In realtà, in tale parte della sentenza impugnata, il Tribunale ha stabilito che occorreva interpretare le disposizioni di cui all’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2316/1999 nel modo seguente. Da un lato, gli Stati membri sono tenuti ad applicare misure adeguate che consentano loro di raggiungere i due obiettivi perseguiti in materia di messa a riposo dei terreni, ossia la manutenzione delle superfici ritirate dalla produzione e la tutela dell’ambiente. Dall’altro, il mantenimento di una copertura vegetale sulle parcelle ritirate dalla produzione costituisce, tra le altre, una misura adeguata, ai sensi di detto articolo ( 20 ). Secondo il Tribunale, la Commissione aveva erroneamente interpretato dette disposizioni nel senso che il mantenimento di una copertura vegetale sui terreni ritirati dalla produzione costituisse un’eccezione rispetto alle misure adeguate che devono consentire di soddisfare l’obiettivo della manutenzione delle parcelle perseguito dall’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2316/1999 ( 21 ).

37.

Tuttavia, il Tribunale ha concluso che «dal complesso delle considerazioni esposte in relazione all’esame della prima censura risulta che la Commissione ha erroneamente ritenuto che, per quanto concerneva le superfici ritirate dalla produzione, il mantenimento di una copertura vegetale costituisse un’eccezione rispetto alle misure adeguate applicate dagli Stati membri, in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2316/1999. Per contro, essa ha correttamente ritenuto che la copertura vegetale mantenuta su parcelle ritirate dalla produzione dovesse essere oggetto di una manutenzione, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2316/1999» ( 22 ).

38.

Di conseguenza, sebbene il Regno di Danimarca abbia affermato la «gravità» dell’errore commesso dalla Commissione e constatato dal Tribunale, ritengo che dalla sentenza impugnata non emerga né espressamente né implicitamente un asserito obbligo di falciatura della copertura vegetale.

39.

Il Tribunale ha poi proceduto all’esame delle conseguenze che possono derivare da tale errore di diritto commesso dalla Commissione sulla legittimità della decisione controversa ( 23 ). Esso ha correttamente rilevato che – come emerge dalla motivazione esposta nella relazione di sintesi riguardo alle carenze dei controlli effettuati dal Regno di Danimarca sulle superfici ritirate dalla produzione – la Commissione, in detta relazione, ha accertato vari tipi di irregolarità relative alle parcelle ritirate dalla produzione le quali, a suo dire, sono atte a fondare la sua decisione di dichiarare spese inammissibili nell’ambito del FEAOG. Orbene, secondo il Tribunale, talune delle irregolarità in parola non erano in relazione con l’interrogativo se su dette parcelle fosse mantenuta una copertura vegetale ( 24 ).

40.

Di conseguenza, secondo il Tribunale, l’errore di diritto commesso dalla Commissione riguardo all’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2316/1999 non poteva produrre effetti giuridici sulla valutazione della fondatezza dell’accertamento da parte della Commissione di quest’ultime irregolarità ( 25 ).

41.

A tal proposito occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza ben consolidata, una motivazione errata non può giustificare l’annullamento dell’atto che ne è viziato se essa è ivi inserita ad abundantiam e se esistono altre motivazioni sufficienti per fondarlo ( 26 ). Mi sembra quindi che il Tribunale non abbia ritenuto necessario un chiarimento aggiuntivo sull’interpretazione della nozione di «preservazione delle condizioni agronomiche» per poter valutare le irregolarità allegate.

42.

Il Regno di Danimarca non ha potuto dimostrare che sarebbe stata giuridicamente necessaria una presa di posizione più dettagliata da parte del Tribunale a tal proposito, per consentire a quest’ultimo di pronunciarsi sulla restante parte del secondo motivo dedotto da tale Stato membro in quanto quest’ultimo riguardava l’applicazione delle norme relative ai controlli sulle superfici ritirate dalla produzione. In realtà, a mio avviso, il Tribunale ha legittimamente qualificato gli altri aspetti evocati dal Regno di Danimarca come questioni di valutazione ( 27 ).

43.

Per tali ragioni, occorre respingere il secondo motivo dedotto dal Regno di Danimarca in quando infondato.

D – Sul terzo motivo, basato sullo snaturamento dell’onere della prova

1. Argomenti delle parti

44.

Il Regno di Danimarca e i quattro Stati membri intervenienti non contestano l’esattezza della descrizione generale fatta dal Tribunale dei requisiti relativi all’onere della prova gravante sulla Commissione, come elaborati nella giurisprudenza sulla liquidazione dei conti del FEAOG, i quali, per ragioni pratiche, sono contraddistinti da un considerevole alleggerimento di detto onere nei confronti della Commissione. Più precisamente, il Tribunale ha affermato che la Commissione ha fondato le proprie constatazioni su un dubbio serio e ragionevole in merito all’adeguatezza dei controlli effettuati ( 28 ) e che spettava allo Stato membro fornire elementi atti a sostenere i suoi argomenti volti a eliminare detti dubbi ( 29 ).

45.

Tuttavia, secondo il Regno di Danimarca, non è possibile dedurre da tale giurisprudenza che la Commissione potrebbe soddisfare l’onere della prova basandosi soltanto su fatti constatati con l’ausilio di controlli a campione effettuati molto tempo dopo il termine del periodo di messa a riposo dei terreni. Occorrerebbe almeno che i fatti in questione siano tali da costituire indizi concreti i quali attestino che tali fatti si sono parimenti verificati nel corso di detto periodo.

46.

Il Regno di Danimarca sostiene poi che il Tribunale ha affermato erroneamente, al punto 123 della sentenza impugnata, che il Regno di Danimarca non ha presentato nessun elemento atto a giustificare la conclusione secondo cui la Commissione non ha soddisfatto l’onere della prova gravante su di essa. Inoltre, il Regno di Danimarca non sarebbe tenuto a provare che la Commissione non ha soddisfatto tale onere, ma, al contrario, sarebbe tenuto a confutare eventuali affermazioni presentate da quest’ultima.

47.

Secondo il Regno di Danimarca, sostenuto a tal proposito dal Regno dei Paesi Bassi, la sentenza impugnata si basa su un’errata concezione dell’onere e del grado della prova a carico della Commissione. Inoltre, la concezione della prova imposta dal Tribunale agli Stati membri travalicherebbe quanto raccomandato dalla costante giurisprudenza in tale ambito e, in pratica, sarebbe impossibile conformarvisi. Oltre a ciò, il Tribunale avrebbe manifestamente travisato, sotto vari punti di vista, i motivi dedotti dal Regno di Danimarca e le circostanze di fatto. Anche per tale ragione, dunque, occorrerebbe annullare la sentenza impugnata.

48.

La Commissione replica di essere tenuta non già a dimostrare in modo esauriente l’inadeguatezza dei controlli effettuati dalle autorità nazionali, ma, al contrario, a presentare elementi di prova del proprio serio e ragionevole dubbio in ordine a tali controlli o delle cifre.

49.

Questo temperamento dell’onere della prova, di cui gode la Commissione, sarebbe dovuto al fatto che è lo Stato membro interessato che dispone delle migliori possibilità per raccogliere e verificare i dati necessari ai fini della liquidazione dei conti del FEAOG, ed è quindi tale Stato che deve fornire la prova più circostanziata ed esauriente della veridicità dei propri controlli o dei propri dati nonché, eventualmente, dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione ( 30 ). A meno che esso non riesca a dimostrare che le constatazioni della Commissione sono inesatte, queste ultime costituirebbero elementi che possono far sorgere fondati dubbi sull’istituzione di un sistema adeguato ed efficace di misure di sorveglianza e di controllo ( 31 ).

50.

La Commissione ritiene che tale osservazione relativa alle possibilità di effettuare il controllo di cui dispongono gli Stati membri non comporti, in concreto, l’obbligo per ciascuno Stato membro di effettuare un simile controllo esauriente e approfondito sul complesso delle parcelle che beneficiano di un aiuto. Spetterebbe allo Stato membro fornire la prova che una carenza nel controllo, concretamente dimostrata dalla Commissione, non sia la manifestazione di una carenza generale, ma, al contrario, rappresenti un caso unico e del tutto isolato.

51.

Infine, per quanto concerne il momento del controllo, la Commissione ricorda che, nella maggioranza dei casi, le circostanze in base alle quali talune superfici ritirate dalla produzione riconosciute come ammissibili a un aiuto dalle autorità danesi non potevano essere considerate ammissibili avevano potuto prodursi, data la loro natura, soltanto in un lungo arco di tempo. Sarebbe dunque impossibile che siano emerse immediatamente dopo il termine del periodo di messa a riposo. Pertanto, nella maggior parte dei casi, il momento delle visite di audit era privo di pertinenza.

52.

La Commissione rileva parallelamente che spetta agli Stati membri vigilare affinché il controllo sulle superfici ritirate dalla produzione sia effettuato prima della scadenza del periodo di messa a riposo e che qualsiasi omissione non può avere come conseguenza un aggravio dell’onere della prova a carico della Commissione.

2. Valutazione

53.

Ricordo che la norma relativa alla ripartizione dell’onere della prova applicata dal Tribunale non è contestata né dagli Stati membri né dalla Commissione. Nel caso di specie, è la sua applicazione ad essere messa in discussione.

54.

Dal momento che il Regno di Danimarca afferma di aver soddisfatto l’onere probatorio a suo carico, fornendo sufficienti elementi di fatto che possono fondare i suoi argomenti volti a eliminare i dubbi sollevati, è inevitabile constatare che la sua argomentazione tende a indurre la Corte a procedere a una nuova valutazione dei fatti.

55.

Per contro, per quanto concerne il grado della prova richiesto dallo Stato membro interessato ( 32 ), inteso come il livello di rigore applicato dal giudice allorché esamina gli elementi di prova sottopostigli, si pone il quesito giuridico se il Tribunale abbia stabilito un grado della prova impossibile da raggiungere per gli Stati membri.

56.

Rilevo che il Tribunale ha constatato che, «per evidenti ragioni pratiche, la Commissione si trova nell’impossibilità di procedere a un controllo esauriente e approfondito sul complesso delle parcelle interessate all’interno di ciascuno Stato membro. Per contro, (…) gli Stati membri si trovano nella posizione migliore per effettuare un siffatto controllo» e che «il Regno di Danimarca si è limitato a presentare elementi di prova concernenti i puntuali accertamenti effettuati dalla Commissione (…) a partire dal campione delle parcelle considerate. Esso non ha mai presentato elementi di prova concernenti il complesso delle parcelle ritirate dalla produzione. Pertanto, detti elementi non sono abbastanza dettagliati e completi da dimostrare la veridicità dei suoi controlli o dei suoi dati e, dunque, non soddisfano l’onere della prova gravante sugli Stati membri in relazione alla liquidazione dei conti del FEAOG» ( 33 ).

57.

Malgrado la scelta terminologica un poco discutibile nei due punti citati, non ritengo che il Tribunale abbia preteso dallo Stato membro che fornisse prove relative a tutte le parcelle ritirate dalla produzione per poter soddisfare il grado della prova richiesto in una situazione in cui sussisteva un dubbio serio e ragionevole in ordine all’adeguatezza dei controlli effettuati. Come la Commissione, ritengo che una lettura di tali punti alla luce dei punti 57 e 58 della sentenza impugnata giustifichi l’interpretazione secondo cui il Tribunale intende evidenziare che, nei casi in cui i controlli a campione rivelano irregolarità, spetta allo Stato membro dimostrare che si trattava di casi isolati, i quali non consentono di concludere che il sistema nazionale di controllo complessivamente considerato fosse inadeguato o poco affidabile. Tale interpretazione è avvalorata dal punto 167 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale conclude che «il Regno di Danimarca non ha fornito la prova più circostanziata ed esauriente della veridicità dei propri controlli o dei propri dati e, eventualmente, dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione».

58.

Per quanto concerne il momento del controllo, osservo che il Tribunale ha constatato che, se il Regno di Danimarca avesse attuato – come era tenuto a fare – azioni correttive prima del termine del periodo di messa a riposo, in particolare mediante la realizzazione di controlli in loco più intensi, avrebbe potuto verificare, con un maggior grado di certezza, la presenza o l’assenza di fasci di fieno o di rifiuti edilizi su talune parcelle ( 34 ), soprattutto, a mio avviso, durante il periodo di messa a riposo.

59.

Infatti, le ispezioni condotte dalla Commissione dopo il periodo di messa a riposo hanno potuto fondare un dubbio serio e ragionevole in ordine all’adeguatezza dei controlli effettuati dal Regno di Danimarca. Dal momento che sussiste un simile dubbio al riguardo, spetta allo Stato membro interessato fornire elementi atti a sostenere i suoi argomenti volti a eliminare detti dubbi. Tuttavia, nel caso di specie, il Tribunale ha correttamente concluso che il Regno di Danimarca non aveva presentato nessun elemento atto a sostenere i suoi argomenti volti a eliminare detti dubbi ( 35 ).

60.

Occorre aggiungere che il Tribunale ha criticato il metodo utilizzato dalle autorità danesi, consistente, in caso di accertamento di irregolarità – quali, per esempio, lo stoccaggio di fasci di fieno su una parcella –, nel far profittare del dubbio il richiedente l’aiuto, ritenendo che tali fasci non fossero stoccati sulla parcella in questione nel corso del periodo di messa a riposo. Secondo il Tribunale, siffatto metodo non è conforme alle norme sul controllo che devono essere attuate dagli Stati membri al fine di garantire il corretto uso dei fondi dell’Unione, ai sensi delle disposizioni del diritto dell’Unione applicabili in relazione alla liquidazione dei conti del FEAOG. Infatti, esso accresce i rischi di distrazione di detti fondi poiché, in caso di rilevamento di una possibile irregolarità durante controlli tardivi, i suddetti servizi danesi presumevano che quest’ultima non sarebbe stata constatata nel corso del periodo di messa a riposo delle parcelle in questione ( 36 ).

61.

Per quanto attiene all’asserito travisamento dei motivi dedotti dal Regno di Danimarca e delle circostanze di fatto, riaffermo il punto di vista espresso ai precedenti punti [24] e da [25] a [27].

62.

Per tali ragioni, ritengo che il Tribunale non abbia commesso errori di diritto in sede di applicazione delle norme e dei principi relativi all’onere e al grado della prova. Di conseguenza, suggerisco alla Corte di respingere il terzo motivo di impugnazione in quanto infondato.

E – Sul quarto e sul quinto motivo, concernenti le condizioni per l’applicazione delle correzioni forfettarie e le condizioni per l’applicazione di correzioni finanziarie forfettarie rispettivamente del 5% e del 10%

1. Argomenti delle parti

63.

Per quanto concerne il quarto motivo, il Regno di Danimarca osserva innanzitutto che, al punto 155 della sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente affermato che il Regno di Danimarca non aveva espresso dubbi riguardo alla fondatezza della scelta di una correzione forfettaria.

64.

Riguardo, poi, alla questione se il FEAOG sia stato esposto a un rischio reale di perdite o di irregolarità, il Regno di Danimarca afferma un principio fondamentale a tal proposito, ossia che il tasso di correzione deve essere chiaramente in relazione con la probabile perdita. Poiché il Tribunale si è pronunciato soltanto sulle supposte irregolarità relative allo stoccaggio di fasci di fieno e di rifiuti edili, non sarebbe possibile ritenere che gli asseriti fatti contestati dalla Commissione ( 37 ) abbiano integrato irregolarità, né tantomeno che avrebbero esposto il FEAOG a un rischio reale di perdite. Le due anomalie invocate dal Tribunale per giustificare la propria decisione di ritenere fondata la decisione controversa sarebbero lontane dal poter essere qualificate come un rischio reale di perdite. Pertanto, in realtà il Tribunale avrebbe completamente travisato il contesto originale e il fondamento di detta decisione e avrebbe così sostituito alle basi adottate dalla Commissione le proprie. Tale circostanza giustificherebbe di per sé l’annullamento della sentenza impugnata.

65.

Col quinto motivo, relativo alle condizioni per l’applicazione di correzioni finanziarie forfettarie rispettivamente del 5 % e del 10 %, il Regno di Danimarca sostiene che non ricorrono le condizioni per l’applicazione di tali correzioni forfettarie e di aver provato che non vi è stato un rischio reale di perdite per il FEAOG. Inoltre, al punto 158 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe fornito una rappresentazione inesatta delle affermazioni del Regno di Danimarca e delle circostanze di fatto della causa.

66.

Secondo il Regno di Danimarca, l’approccio del Tribunale – consistente nel fondare interamente il rigetto della posizione del Regno di Danimarca sulle insignificanti irregolarità in questione e nel non prendere posizione sugli aspetti essenziali posti dalla Commissione a fondamento dell’adozione della sua decisione – comporta l’impossibilità di considerare come accertata la sussistenza delle condizioni per l’applicazione di correzioni forfettarie rispettivamente del 5 % e del 10 %.

67.

La Repubblica francese, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia contestano il diritto di applicare correzioni finanziarie forfettarie nel caso di specie, in quanto non ricorrerebbero le condizioni generali per la loro applicazione. Detti Stati membri intervenienti sostengono, inoltre, che l’applicazione effettiva delle correzioni finanziarie forfettarie è sproporzionata.

68.

Secondo la Commissione, il sistema danese non rispettava il complesso dei requisiti previsti all’articolo 19 del regolamento n. 2316/1999, dal momento che non offriva nessuna garanzia rispetto al mantenimento continuativo. Era dunque necessario – nell’interesse comune e al fine di tutelare le risorse della Comunità – applicare una correzione finanziaria forfettaria.

69.

Perciò sarebbe stata applicata una correzione finanziaria al tasso forfettario rispettivamente del 5 % e del 10 % per gli anni 2003, nel 2004 e nel 2005, in considerazione di carenze nel controllo sul rispetto dei requisiti relativi alle parcelle ritirate dalla produzione.

70.

Nel caso di specie, sono state applicate correzioni finanziarie forfettarie rispettivamente del 2 %, del 5 % e del 10 %, calcolate su una piccolissima parte dei capitali del FEAOG distribuiti ad agricoltori danesi dalle autorità danesi nel 2003, nel 2004 e nel 2005. La Commissione conferma che tale applicazione di correzioni finanziarie forfettarie è allo stesso tempo legittima e proporzionata.

2. Valutazione

71.

Occorre subito ricordare che il Tribunale non ha accertato un obbligo di falciatura, ma ha fondato la propria sentenza sulla conclusione che la Commissione aveva validamente fondato le proprie constatazioni su un dubbio serio e ragionevole riguardo all’adeguatezza dei controlli effettuati, senza che lo Stato membro abbia potuto fornire elementi atti a sostenere i suoi argomenti volti a eliminare detto dubbio. Tale ragionamento si fonda sull’accertamento di irregolarità non rivelate dalle ispezioni nazionali, in particolare la presenza di fasci di fieno o di rifiuti edilizi su talune parcelle, nonché sull’applicazione di un metodo inadeguato da parte delle autorità danesi.

72.

Il Tribunale ha adottato tale ragionamento anche per quanto concerne l’applicazione delle correzioni forfettarie e la determinazione del loro livello. Al punto 168 della sentenza impugnata, esso ha quindi concluso che «dal complesso delle precedenti considerazioni risulta che, da un lato, la Commissione ha provato adeguatamente un elemento di natura tale da giustificare il suo dubbio serio e ragionevole in merito ai controlli essenziali sulle parcelle ritirate dalla produzione realizzati dal Regno di Danimarca e, dall’altro, essa ha potuto ragionevolmente concludere che il rischio di perdite per il FEAOG era significativo e, pertanto, ha potuto imporre una correzione forfettaria dell’importo del 5 % o del 10 % senza violare il principio di proporzionalità».

73.

Come ho già constatato, secondo una costante giurisprudenza della Corte, se è vero che spetta alla Commissione dimostrare l’esistenza di una violazione delle norme comunitarie, nondimeno, una volta che tale violazione sia provata, incombe allo Stato membro dimostrare, se del caso, che la Commissione ha commesso un errore circa le conseguenze finanziarie da trarne ( 38 ). Come opportunamente ricordato dalla Commissione, in conformità al documento n. VI/5330/97, del 23 dicembre 1997 ( 39 ), laddove non sia possibile valutare precisamente le perdite subite dalla Comunità, può essere disposta una correzione forfettaria ( 40 ).

74.

A tal proposito rilevo che, nei casi in cui la Commissione, invece di negare il riconoscimento di tutte le spese viziate da irregolarità, si sia adoperata per stabilire regole dirette a trattare in modo differenziato i singoli casi di irregolarità, a seconda della gravità delle carenze nei controlli e dei rischi per il FEAOG, spetta allo Stato membro dimostrare che tali criteri siano arbitrari e iniqui in conformità alla giurisprudenza della Corte ( 41 ).

75.

È inevitabile constatare che, nel caso di specie, il Regno di Danimarca non ha dimostrato che la perdita massima a cui era esposto il FEAOG sarebbe stata inferiore all’importo prodotto dalla correzione finanziaria forfettaria, ma afferma in modo ripetitivo che l’applicazione delle correzioni forfettarie si basava soltanto su irregolarità di lieve entità e isolate. A mio avviso, in realtà tale argomentazione tende a mettere in discussione il metodo dei controlli a campione nell’ambito della liquidazione dei conti del FEAOG. Tuttavia, in assenza di una prova della veridicità dei controlli effettuati dallo Stato membro o dei dati dallo stesso presentati e, eventualmente, dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione o, in difetto, di un qualsiasi tentativo di fornire una siffatta prova, le correzioni finanziarie applicate devono essere ritenute un mezzo adeguato e proporzionato per compensare la perdita subita dal FEAOG a causa delle carenze del sistema di controllo danese.

76.

Sebbene il principio di proporzionalità sia stato menzionato in quanto tale dal Regno di Danimarca soltanto in occasione dell’udienza, tale principio deve naturalmente essere osservato al momento dell’applicazione delle correzioni finanziarie, affinché queste ultime si limitino a quanto è effettivamente necessario, tenuto conto della gravità delle inadempienze accertate ( 42 ).

77.

Secondo una costante giurisprudenza, per quanto riguarda l’importo della correzione finanziaria, la Commissione può rifiutare la presa in carico da parte del FEAOG di tutte le spese sostenute, se constata che non esistono meccanismi di controllo sufficienti ( 43 ). A fortiori, non è possibile affermare che le correzioni forfettarie imposte dalla Commissione a causa di gravi difetti dei meccanismi di controllo siano sproporzionate. In realtà, la Commissione è vincolata dalle linee guida da essa adottate che, nel caso di specie, ha correttamente seguito, come rilevato dal Tribunale nella sentenza impugnata ( 44 ).

78.

Nel caso di specie, l’importanza secondaria dei campioni – ossia le parcelle nelle quali sono state constatate irregolarità e in base alle quali sono state formulate conclusioni sulla qualità dei sistemi di controllo e sulla portata delle irregolarità – non può incidere sulla rilevanza dell’inadempimento. Il metodo di controllo a campione segue il cosiddetto principio «pars pro toto», secondo cui dalle qualità di parti considerate rappresentative si trae una conclusione sull’insieme. Nondimeno, la valutazione della portata quantitativa delle irregolarità relative a tale insieme deve naturalmente fondarsi su un’estrapolazione derivata da tali campioni e non su un’addizione tra questi ultimi.

79.

Di conseguenza, propongo alla Corte di respingere il quarto e il quinto motivo.

V – Conclusione

80.

In conclusione, suggerisco alla Corte:

di respingere l’impugnazione e condannare il Regno di Danimarca alle spese;

di condannare gli Stati membri intervenienti a sopportare le proprie spese.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Sentenza Danimarca/Commissione (T‑212/09, EU:T:2012:335).

( 3 ) Decisione che esclude dal finanziamento comunitario alcune spese effettuate dagli Stati membri a titolo del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione garanzia, e del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) (GU L 75, pag. 15).

( 4 ) Ai sensi dell’articolo 15 del regolamento (CE) n. 2419/2001 della Commissione, dell’11 dicembre 2001, che fissa le modalità di applicazione del sistema integrato di gestione e di controllo relativo a taluni regimi di aiuti comunitari istituito dal regolamento (CEE) n. 3508/92 del Consiglio (GU L 327, pag. 11), i controlli amministrativi e in loco sono effettuati in modo da consentire l’efficace verifica del rispetto delle condizioni di concessione degli aiuti. L’articolo 23, paragrafo 1, di detto regolamento stabilisce tra l’altro che, se lo Stato membro ricorre al telerilevamento per tutto o parte del campione che deve essere controllato, le zone da controllare per telerilevamento sono scelte, per quanto possibile, tenendo conto di pertinenti fattori di rischio che devono essere determinati dallo Stato membro. Ai sensi del paragrafo 2 di detto articolo, lo Stato membro procede alla fotointerpretazione di immagini satellitari o fotografie aeree, onde riconoscere le coperture vegetali e misurare le superfici di tutte le parcelle agricole soggette a controllo, nonché al controllo in loco di tutte le domande per le quali la fotointerpretazione non consente di concludere che la dichiarazione è esatta, con soddisfazione dell’autorità competente. Il paragrafo 3 di detto articolo stabilisce che, se uno Stato membro fa ricorso al telerilevamento, i controlli supplementari di cui all’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento sono effettuati secondo le modalità dei controlli tradizionali in loco qualora per l’anno in corso non sia più possibile procedere con il sistema del telerilevamento.

( 5 ) L’articolo 19, paragrafi 3 e 4, del regolamento (CE) n. 2316/1999 della Commissione, del 22 ottobre 1999, recante modalità di applicazione del regolamento n. 1251/1999 del Consiglio, che istituisce un regime di sostegno a favore dei coltivatori di taluni seminativi (GU L 280, pag. 43), stabilisce che «[l]e superfici ritirate dalla produzione non possono essere utilizzate per produzioni agricole non contemplate dall’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1251/1999, né essere destinate ad un uso lucrativo che sarebbe incompatibile con la coltivazione di seminativi», e che «[g]li Stati membri applicano le misure adeguate alla particolare situazione delle superfici ritirate dalla produzione, in modo da garantire la manutenzione delle stesse e la tutela dell’ambiente. Tali misure possono anche riguardare una copertura vegetale; in tal caso, esse prevedono che tale copertura vegetale non possa essere destinata alla produzione di sementi e che in nessun caso possa essere utilizzata per fini agricoli prima del 31 agosto né dar luogo, sino al 15 gennaio successivo, ad una produzione vegetale destinata ad essere commercializzata».

( 6 ) Sentenza Reynolds Tobacco e a./Commissione (C‑131/03 P, EU:C:2006:541, punti 49 e 50).

( 7 ) Sentenza Polonia/Commissione (C‑335/09 P, EU:C:2012:385, punto 28).

( 8 ) Rilevo che tale nozione non è definita dalle parti.

( 9 ) Punto 44 della sentenza impugnata.

( 10 ) L’articolo 22, paragrafo 1, così recita: «La determinazione della superficie delle parcelle agricole si effettua con qualsiasi mezzo appropriato, definito dalla competente autorità e atto a garantire una precisione almeno equivalente a quella richiesta dalle disposizioni nazionali per le misurazioni ufficiali. L’autorità competente determina un margine di tolleranza, tenuto conto, in particolare, della tecnica di misurazione utilizzata, dell’esattezza dei documenti ufficiali disponibili, della configurazione locale (ad esempio la pendenza o la forma delle parcelle) e delle disposizioni del paragrafo 2».

( 11 ) Punto 41 della sentenza impugnata.

( 12 ) Punto 49 della sentenza impugnata.

( 13 ) Punto 51 della sentenza impugnata.

( 14 ) Punto 52 della sentenza impugnata.

( 15 ) Sentenze Komninou e a./Commissione (C‑167/06 P, EU:C:2007:633, punto 22 e giurisprudenza ivi citata) e FIAMM e a./Consiglio e Commissione (C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

( 16 ) Sentenza Italia/Commissione (C‑587/12 P, EU:C:2013:721, punto 31).

( 17 ) Sentenze Trubowest Handel e Makarov/Consiglio e Commissione (C‑419/08 P, EU:C:2010:147, punto 32) e Grecia/Commissione (C‑547/12 P, EU:C:2013:713, punto 12). V., altresì, le mie conclusioni nella causa Francia/Commissione (C‑559/12 P, EU:C:2013:766, paragrafo 78).

( 18 ) Al punto 50 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, fin dal mese di febbraio del 2002, la Commissione aveva informato il Regno di Danimarca dei suoi dubbi riguardo alla qualità dei controlli mediante telerilevamento eseguiti a partire dalla campagna 2000.

( 19 ) Punti da 91 a 93 della sentenza impugnata.

( 20 ) Punto 85 della sentenza impugnata.

( 21 ) Punto 86 della sentenza impugnata.

( 22 ) Punto 94 della sentenza impugnata.

( 23 ) Punto 103 della sentenza impugnata.

( 24 ) Punto 104 della sentenza impugnata.

( 25 ) Punto 104 della sentenza impugnata.

( 26 ) Sentenza Grecia/Commissione (C‑321/09 P, EU:C:2011:218, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

( 27 ) Punto 107 della sentenza impugnata.

( 28 ) Punti 57, 105 e 106 della sentenza impugnata.

( 29 ) Punto 123 della sentenza impugnata.

( 30 ) Sentenze Germania/Commissione (C‑344/01, EU:C:2004:121, punto 58 e giurisprudenza ivi citata) e Grecia/Commissione (C‑300/02, EU:C:2005:103, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

( 31 ) Sentenza Grecia/Commissione (EU:C:2005:103, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

( 32 ) Al paragrafo 74 e nella nota 64 delle sue conclusioni nella causa Akzo Nobel e a./Commissione (C‑97/08 P, EU:C:2009:262), l’avvocato generale Kokott ha spiegato la necessità di distinguere tra l’onere della prova e la misura dell’onere probatorio. V., altresì, le mie conclusioni nella causa Francia/Commissione (EU:C:2013:766, paragrafo 34).

( 33 ) Punti 161 e 162 della sentenza impugnata (il corsivo è mio).

( 34 ) Punto 120 della sentenza impugnata.

( 35 ) Punto 123 della sentenza impugnata.

( 36 ) Punti 121 e 122 della sentenza impugnata.

( 37 ) Per quanto concerne la copertura vegetale, l’obbligo di manutenzione, la caccia al premio, i terreni umidi, ecc.

( 38 ) Sentenze Grecia/Commissione (C‑5/03, EU:C:2005:426, punto 38 e giurisprudenza ivi citata) e Belgio/Commissione (C‑418/06 P, EU:C:2008:247, punto 135).

( 39 ) Documento della Commissione intitolato «Linee guida per il calcolo delle conseguenze finanziarie nell’ambito della preparazione della decisione sulla liquidazione dei conti della sezione garanzia del FEAOG», citato al punto 151 della sentenza impugnata.

( 40 ) Sentenze Regno Unito/Commissione (C‑346/00, EU:C:2003:474, punto 53) e Belgio/Commissione (EU:C:2008:247, punto 136).

( 41 ) Sentenze Paesi Bassi/Commissione (C‑28/94, EU:C:1999:191, punto 56); Spagna/Commissione (C‑130/99, EU:C:2002:192, punto 44); Italia/Commissione (C‑242/96, EU:C:1998:452, punto 75) e Belgio/Commissione (EU:C:2008:247, punto 138).

( 42 ) V., a tal proposito, punto 148 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ricorda che «secondo una costante giurisprudenza, il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non vadano oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefisso». Sentenze Denkavit Nederland (15/83, EU:C:1984:183, punto 25) e Air Inter/Commissione, (T‑260/94, EU:T:1997:89, punto 144).

( 43 ) Sentenza Spagna/Commissione (C‑349/97, EU:C:2003:251, punto 273).

( 44 ) Punti da 152 a 158 della sentenza impugnata.

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