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Document 62012CC0398

Conclusioni dell’avvocato generale E. Sharpston, presentate il 6 febbraio 2014.
M.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Fermo.
Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen – Articolo 54 – Principio del ne bis in idem – Ambito di applicazione – Decisione di non luogo a procedere per insufficienza di elementi a carico pronunciata da un giudice di uno Stato contraente – Possibilità di riapertura dell’istruttoria in caso di sopravvenienza di nuovi elementi a carico – Nozione di persona che sia stata “giudicata con sentenza definitiva” – Procedimento penale in un altro Stato contraente contro la stessa persona e per i medesimi fatti – Estinzione dell’azione penale e applicazione del principio del ne bis in idem.
Causa C‑398/12.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:65

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 6 febbraio 2014 ( 1 )

Causa C‑398/12

Procura della Repubblica

contro

M

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Fermo (Italia)]

«Articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (CAAS) — Principio del ne bis in idem — Decisione predibattimentale di “non luogo a procedere” preclusiva di ulteriori azioni penali contro la stessa persona per i medesimi fatti — Decisione soggetta alla possibile scoperta di nuovi elementi di prova — Processo penale in un altro Stato membro per un reato basato sugli stessi fatti»

1. 

A seguito di un’indagine penale approfondita, l’autorità giudiziaria di uno Stato membro (Belgio) ha respinto una richiesta di rinvio a giudizio della persona indagata e ha pronunciato invece una decisione di «non luogo a procedere» ( 2 ). Tale decisione ha effettivamente posto fine alla (potenziale) azione penale prima del processo, ma è suscettibile, nel diritto nazionale, di essere revocata alla luce di nuovi fatti o nuove prove a carico dell’interessato. Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il Tribunale di Fermo (Italia) desidera sapere se, ai sensi dell’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen («CAAS») ( 3 ), il principio del ne bis in idem preclude l’esercizio dell’azione penale per un reato basato sugli stessi fatti davanti ai tribunali penali di un altro Stato membro.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione europea

2.

L’articolo 3, paragrafo 2, TUE dispone:

«L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima».

3.

L’articolo 67, paragrafo 1, TFUE recita:

«L’Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri».

4.

A termini del considerando 2 del protocollo (n. 19) del TFUE ( 4 ), le Parti contraenti mirano a preservare l’acquis di Schengen e a «sviluppare tale acquis per contribuire alla realizzazione dell’obiettivo di offrire ai cittadini dell’Unione uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, senza frontiere interne».

5.

Ai sensi dell’articolo 2 di tale protocollo, l’acquis di Schengen, che include la CAAS ( 5 ), si applica agli Stati membri elencati nell’articolo 1 del protocollo. Tra questi sono compresi il Regno del Belgio e la Repubblica italiana.

6.

Il capitolo 3 del titolo III della CAAS («Polizia e sicurezza») è intitolato «Applicazione del principio ne bis in idem» e comprende gli articoli da 54 a 58.

7.

L’articolo 54 dispone che:

«[u]na persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita».

8.

L’articolo 57 contiene disposizioni volte a garantire che le autorità competenti delle Parti contraenti cooperino al fine di scambiarsi informazioni per dare attuazione al principio ne bis in idem.

9.

L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») prevede che:

«[n]essuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge».

10.

Le Spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali ( 6 ) chiariscono, con riferimento all’articolo 50, che «la regola “ne bis in idem” non si applica solo all’interno della giurisdizione di uno stesso Stato, ma anche tra giurisdizioni di più Stati membri. Ciò corrisponde all’acquis del diritto dell’Unione; cfr. articoli da 54 a 58 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (...) Per quanto riguarda le situazioni contemplate dall’articolo 4 del protocollo 7 [alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la “CEDU”)], vale a dire l’applicazione del principio all’interno di uno Stato membro, il diritto garantito ha lo stesso significato e la stessa portata del corrispondente diritto sancito dalla CEDU».

Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

11.

L’articolo 4 del protocollo n. 7 alla CEDU dispone che:

«1.   Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato.

2.   Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo, conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta».

12.

La relazione esplicativa ( 7 ) al protocollo n. 7 alla CEDU recita, in relazione all’articolo 4:

«29.   Il principio stabilito in tale disposizione si applica solo dopo che la persona sia stata assolta o condannata a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato. Ciò significa che vi deve essere stata una decisione definitiva come definita al precedente paragrafo 22 [ ( 8 )].

30.   Tuttavia, un processo può essere riaperto conformemente alla legge dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta, sia a favore che a detrimento della persona interessata.

31.   L’espressione “fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni” include nuovi mezzi di prova relativi a fatti preesistenti. Inoltre, tale articolo non impedisce una riapertura del procedimento a favore della persona condannata, né alcun’altra modifica della sentenza a favore della persona condannata».

13.

Secondo la definizione contenuta nella relazione esplicativa alla convenzione europea sull’efficacia internazionale delle sentenze penali ( 9 ), una decisione è definitiva «se, secondo l’espressione tradizionale, la stessa ha acquisito la forza di res judicata. Ciò avviene quando essa è irrevocabile, vale a dire qualora non siano più esperibili mezzi di impugnazione ordinari oppure qualora le parti abbiano esaurito tali mezzi di impugnazione ovvero abbiano lasciato decorrere i relativi termini».

Diritto nazionale

Il diritto belga

14.

L’articolo 128 del code d’instruction criminelle belga (codice dell’istruttoria penale; in prosieguo: il «CIC») prevede che, quando è richiesto il rinvio a giudizio di una persona indagata, «se la camera di consiglio ritiene che il fatto non costituisca né un crimine, né un delitto, né una contravvenzione, o che non vi siano elementi di prova a carico dell’indagato, la stessa dichiara il non luogo a procedere».

Tale decisione è nota come non luogo a procedere.

15.

L’articolo 246 del CIC dispone che:

«Qualora la sezione di accusa abbia deciso di non rinviare a giudizio l’indagato, quest’ultimo non potrà più essere processato per gli stessi fatti, a meno che sopravvengano nuovi elementi di prova».

16.

L’articolo 247 del CIC prevede che:

«Si considerano nuovi elementi di prova le dichiarazioni testimoniali, i documenti e i verbali che non sia stato possibile sottoporre all’esame della sezione di accusa e che siano in grado di rafforzare le prove che la sezione di accusa aveva ritenuto troppo deboli o di presentare i fatti in modo nuovo e utile a stabilire la verità».

17.

La Cour de cassation (Corte di cassazione) belga ha ritenuto ( 10 ) che gli articoli 246 e 247 del CIC si applichino non solo alle decisioni di non luogo a procedere della sezione di accusa, ma anche in tutti i casi in cui i tribunali di istruzione, compresa la camera di consiglio menzionata nell’articolo 128 del CIC, abbiano chiuso un’istruttoria con una decisione di non luogo a procedere.

18.

Se emergono nuovi elementi di prova, l’articolo 248 del CIC prescrive che l’ufficiale di polizia giudiziaria o il giudice istruttore inviino immediatamente copie dei documenti e degli elementi di prova al procuratore generale della corte d’appello, che potrà chiedere al presidente della sezione di accusa di designare il giudice davanti al quale si procederà a una nuova istruttoria su richiesta del pubblico ministero ( 11 ).

Il diritto italiano

19.

L’articolo 604 del codice penale prevede che gli atti di violenza sessuale commessi da cittadini italiani sono punibili in Italia anche se siano stati commessi all’estero.

Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

20.

M., un cittadino italiano residente in Belgio, è stato indagato in Belgio per molteplici atti di violenza sessuale o, comunque, atti illeciti di natura sessuale, a seguito di una serie di denunce presentate all’inizio del 2004 dalla propria nuora, Q. Nelle denunce si asseriva che, tra maggio 2001 e febbraio 2004, M. avesse commesso tali atti in Belgio nei confronti della propria nipote N., minorenne (nata il 29 aprile 1999).

21.

La polizia belga condusse un’indagine approfondita, nel corso della quale raccolse una vasta quantità di documenti, interrogò un certo numero di persone, compresa N., e ottenne alcune perizie. Le questioni trattate dalle perizie comprendevano: se la minore N. recasse segni fisici e/o psicologici della violenza denunciata; se la denunciante, Q., fosse da considerare attendibile; e se M. fosse affetto da un disturbo della personalità relativo al sesso.

22.

A seguito di tale indagine, il 15 dicembre 2008 la camera di consiglio del tribunal de première instance (tribunale di prima istanza) di Mons ha emesso una decisione di «non luogo a procedere» conclusiva del procedimento penale, anziché rinviare la causa al giudice del dibattimento. Tale decisione è stata assunta sulla base del fatto che non vi fossero sufficienti elementi di prova per sostenere le accuse rivolte contro M.

23.

Il 21 aprile 2009, la sezione di accusa della cour d’appel (Corte d’appello) di Mons ha confermato la decisione di «non luogo a procedere». La sentenza della sezione di accusa è stata a sua volta confermata dalla Cour de cassation con sentenza del 2 dicembre 2009. Quest’ultima decisione ha definitivamente concluso il procedimento in Belgio, fatta salva soltanto la possibilità dell’emersione di nuovi elementi di prova (come previsto dagli articoli 246 e 247 del CIC).

24.

Nel frattempo, a seguito di una denuncia presentata da Q. alla polizia italiana il 23 novembre 2006, era stato avviato un procedimento penale in Italia presso il Tribunale di Fermo, sulla base degli stessi fatti che avevano dato luogo alle indagini in Belgio. Ne è seguita un’ampia istruttoria, che ha essenzialmente trattato le stesse questioni affrontate dall’istruttoria svolta contemporaneamente in Belgio. Il 19 dicembre 2008 (cioè quattro giorni dopo l’emissione della decisione di «non luogo a procedere» da parte della camera di consiglio del tribunal de première instance di Mons), il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Fermo ha rinviato a giudizio M. davanti a tale tribunale in composizione collegiale.

25.

All’udienza del 9 dicembre 2009 davanti al Tribunale di Fermo, M. ha sostenuto di poter beneficiare del principio del ne bis in idem in considerazione della sentenza emessa una settimana prima (il 2 dicembre 2009) dalla Cour de cassation belga, che aveva concluso il procedimento parallelo in Belgio.

26.

In questo contesto, il Tribunale di Fermo (Italia) ha sospeso il processo e ha sollevato la seguente questione pregiudiziale:

«Se una sentenza definitiva di non luogo a procedere che sia stata emessa da un paese dell’Unione europea che aderisce alla CAAS all’esito di un’ampia istruttoria svolta in sede di indagini nell’ambito di un procedimento che potrebbe essere riattivato in presenza di nuove prove abbia efficacia preclusiva all’apertura o alla celebrazione di un processo per i medesimi fatti e nei confronti della stessa persona in un altro Stato contraente».

27.

Sono state presentate osservazioni scritte da Q., dai governi austriaco, belga, tedesco, italiano, dei Paesi Bassi, polacco e svizzero, nonché dalla Commissione. All’udienza del 12 settembre 2013 erano rappresentati e hanno formulato osservazioni orali Q., i governi tedesco, dei Paesi Bassi e polacco, nonché la Commissione.

Analisi

28.

La risposta al quesito del giudice del rinvio dipende dall’interpretazione dell’espressione «giudicata con sentenza definitiva», contenuta nell’articolo 54 della CAAS. Una decisione di «non luogo a procedere», come quella emessa nel procedimento belga, è una sentenza definitiva che consente l’applicazione del principio del ne bis in idem sancito dal predetto articolo 54?

29.

La giurisprudenza esistente della Corte sull’articolo 54 della CAAS e sul principio del ne bis in idem ( 12 ), riguardo a decisioni conclusive del procedimento penale emesse sia prima che dopo il dibattimento, non fornisce una risposta inequivocabile a tale quesito.

30.

Quando la decisione è emessa a seguito di un processo, la giurisprudenza stabilisce che il principio del ne bis in idem si applica sia che l’imputato venga assolto, sia che venga condannato. Ciò vale per una sentenza di condanna emessa a seguito di un processo celebrato in absentia (nonostante l’obbligo, in base al diritto nazionale, di celebrare un nuovo processo se la persona sia successivamente arrestata) ( 13 ) nonché per un’assoluzione per insufficienza di prove a seguito di un processo completo ( 14 ). In quest’ultimo caso, la Corte ha espressamente declinato di pronunciarsi sulla questione generale se un’assoluzione che non sia basata sulla valutazione del merito della causa determini l’applicazione dell’articolo 54 della CAAS. Essa si è limitata a confermare che un’assoluzione per insufficienza di prove «si fonda su una siffatta valutazione» e comporta quindi l’applicazione del principio del ne bis in idem di cui all’articolo 54 della CAAS ( 15 ).

31.

Quando la decisione è emessa prima della conclusione del processo, la Corte ha adottato parimenti una posizione liberale. Il principio del ne bis in idem si applica quando – senza l’intervento di un giudice – il pubblico ministero pone termine al procedimento contro gli imputati che abbiano accettato di pagare delle multe in relazione alla propria condotta ( 16 ). La Corte ha chiarito in questo caso che l’obiettivo dell’articolo 54 della CAAS è quello «di evitare che una persona, per il fatto di esercitare il suo diritto alla libera circolazione, sia sottoposta a procedimento penale per i medesimi fatti sul territorio di più Stati membri» e ha proseguito dichiarando che, al fine di raggiungere pienamente tale obiettivo, l’articolo 54 deve applicarsi «a decisioni che chiudono definitivamente il procedimento penale in uno Stato membro, benché siano adottate senza l’intervento di un giudice e non assumano la forma di una sentenza» ( 17 ).

32.

Il principio del ne bis in idem si applica anche quando l’azione penale nel «primo» Stato membro è respinta in quanto prescritta ( 18 ), nonostante il fatto che le normative degli Stati membri sulla prescrizione non siano state armonizzate, da cui consegue che un’azione penale potrebbe non essere preclusa dalla prescrizione nel «secondo» Stato membro (la tesi della Commissione nella presente causa – secondo cui soltanto una decisione di assoluzione dell’imputato per insufficienza di prove emessa dopo un processo darebbe luogo all’applicazione dell’articolo 54 della CAAS – mi sembra infondata alla luce di tale sentenza) ( 19 ). Nella sentenza Gasparini e a., la Corte ha sottolineato che il principio del ne bis in idem implica necessariamente che gli Stati contraenti abbiano fiducia reciproca nei rispettivi sistemi di giustizia penale, cosicché ciascuno di essi riconosce il diritto penale vigente negli altri Stati contraenti anche quando l’esito della causa sarebbe stato diverso se fosse stato applicato il proprio diritto nazionale ( 20 ).

33.

Diversamente, nel caso Miraglia ( 21 ) il procedimento penale nei Paesi Bassi era stato sospeso a causa della pendenza in Italia di un altro procedimento contro lo stesso imputato per i medesimi fatti. La decisione di sospensione precludeva qualsiasi azione penale nei Paesi Bassi per gli stessi atti criminali e qualunque cooperazione giudiziaria con le autorità straniere, a meno che fossero prodotte nuove prove ( 22 ). La Corte ha ritenuto che una tale decisione giudiziaria, che era stata emessa senza alcuna valutazione sul merito della causa, non potesse costituire una sentenza definitiva con cui una persona è giudicata ai sensi dell’articolo 54 della CAAS, così da impedire la prosecuzione del procedimento in Italia ( 23 ). Se la decisione dei Paesi Bassi (emessa precisamente perché vi era in corso un procedimento in Italia) fosse ritenuta sufficiente ai fini dell’applicazione del ne bis in idem, ciò «sortirebbe l’effetto di rendere più difficile, o di ostacolare, ogni concreta possibilità di sanzionare negli Stati membri interessati il comportamento illecito addebitato all’imputato» ( 24 ). La Corte ha pertanto evidenziato l’importanza di garantire la libera circolazione delle persone mantenendo al contempo misure appropriate per la prevenzione e il contrasto della criminalità ( 25 ) (che, come enunciato dall’articolo 3, paragrafo 2, TUE, costituisce lo scopo delle disposizioni del Titolo V che istituisce uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia).

34.

Nel caso Turanský ( 26 ), era stata emessa una decisione di sospensione del procedimento penale prima dell’imputazione della persona sottoposta al procedimento. Secondo il diritto nazionale, tale decisione non precludeva l’avvio di un nuovo procedimento penale per gli stessi fatti. La Corte ha ritenuto che la decisione di sospensione non costituisse una «sentenza definitiva» ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem ( 27 ). La Corte ha enunciato in quell’occasione i «criteri Turanský» per determinare se una decisione costituisca una «sentenza definitiva». La decisione «deve porre fine ad un procedimento penale ed estinguere in via definitiva l’azione penale» ( 28 ); e «occorre verificare in via preliminare (...) che ai sensi del diritto nazionale dello Stato contraente cui appartengono le autorità che hanno adottato tale decisione essa sia considerata definitiva e obbligatoria ed assicurarsi che in tale Stato membro essa dia luogo alla tutela conferita dal principio ne bis in idem» ( 29 ). Tali criteri sono stati approvati e applicati nella sentenza Mantello (riguardante un mandato d’arresto europeo) ( 30 ).

35.

In termini generali, l’approccio della Corte fino ad ora non mi sembra dissimile da quello adottato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo rispetto all’articolo 4, paragrafo 1, del protocollo n. 7 alla CEDU. La garanzia prevista da tale articolo «diventa rilevante quando una precedente assoluzione o condanna ha già acquisito la forza di res judicata» ( 31 ). Come chiarisce ulteriormente la relazione esplicativa riguardante tale protocollo, «[c]iò avviene quando [la decisione] è irrevocabile, vale a dire qualora non siano più esperibili mezzi di impugnazione ordinari oppure qualora le parti abbiano esaurito tali mezzi di impugnazione ovvero abbiano lasciato decorrere i relativi termini» ( 32 ).

36.

La formulazione del principio del ne bis in idem contenuta nell’articolo 50 della Carta riflette quella dell’articolo 4 del protocollo n. 7. Le spiegazioni relative alla Carta chiariscono che l’articolo 50 «non si applica solo all’interno della giurisdizione di uno stesso Stato, ma anche tra giurisdizioni di più Stati membri», aggiungendo che «[p]er quanto riguarda le situazioni contemplate dall’articolo 4 del protocollo [n. ]7, vale a dire l’applicazione del principio all’interno di uno Stato membro, il diritto garantito ha lo stesso significato e la stessa portata del corrispondente diritto sancito dalla CEDU».

La decisione di «non luogo a procedere» emessa in Belgio nei confronti di M. è una sentenza definitiva?

37.

Di norma, i tribunali dello Stato membro in cui l’eccezione di ne bis in idem è stata sollevata (in questo caso, l’Italia) devono decidere tale questione sulla base delle informazioni e dell’assistenza fornite ai sensi dell’articolo 57 della CAAS dallo Stato membro in cui è stata emessa la decisione invocata ai fini dell’applicazione di tale principio (in questo caso, il Belgio) ( 33 ). I criteri da applicare sono quelli stabiliti da codesta Corte nella sentenza Turanský ( 34 ). Come nel caso in esame, il tribunale nazionale può, se necessario, rivolgersi a codesta Corte per ulteriore assistenza formulando una domanda di pronuncia pregiudiziale.

38.

Dalla decisione di rinvio, risulta che, in base al diritto belga, l’effetto della sentenza della Cour de cassation del 2 dicembre 2009 è quello di impedire la prosecuzione dell’azione penale contro l’imputato. L’azione penale non è stata informalmente «sospesa», ma ne è stata formalmente impedita la prosecuzione. È pur vero che, dopo una decisione di «non luogo a procedere», rimane possibile riaprire il procedimento qualora divengano disponibili nuovi elementi di prova, ma tale possibilità è circoscritta. I nuovi elementi di prova devono essere in grado di rafforzare le prove che la sezione di accusa (o, in questo caso, la camera di consiglio) aveva ritenuto troppo deboli o di presentare i fatti in modo nuovo e utile a stabilire la verità (articolo 247 del CIC). Il procedimento può essere riaperto soltanto su richiesta del pubblico ministero, che può decidere discrezionalmente se proporre o meno tale richiesta (articolo 248 del CIC) ( 35 ). Per quanto ho potuto accertare, una parte civile non può costringere il pubblico ministero a cercare di riaprire il procedimento penale, né intentare un’azione penale privata sulla base degli elementi di prova esaminati al momento della pronuncia della decisione di «non luogo a procedere». Nel caso in esame, i mezzi di impugnazione ordinari relativi a tale decisione sono stati esperiti e si sono esauriti a seguito della pronuncia della Corte di cassazione. La decisione della camera di consiglio del tribunal de première instance di Mons ha pertanto acquisito la forza di res iudicata, e M. è protetto da tale decisione rispetto ad azioni penali in Belgio. L’esito dei criteri Turanský è quindi positivo.

39.

Tuttavia, il governo belga ha sostenuto (nelle sue osservazioni scritte, poiché non ha partecipato all’udienza) che tale decisione non è definitiva poiché esiste la possibilità di riaprire il procedimento alla luce di nuovi elementi di prova, e che pertanto il principio del ne bis in idem di cui all’articolo 54 della CAAS non si applica. Mi sembra che vi siano due fondamenti di pensiero che possono motivare tale tesi. Il primo è che è soltanto per una sfortunata sequenza temporale che il processo penale italiano è iniziato solo una settimana dopo la decisione della Cour de cassation belga, e che quando le accuse contro un imputato sono (come in questo caso) gravi e spiacevoli, questi «dovrebbe», se possibile, essere processato. Il secondo è che il ne bis in idem non sia mai applicabile in un «secondo» Stato membro fino a quando vi è la possibilità, per quanto scarsa o remota, di riaprire o riavviare il procedimento penale nel «primo» Stato membro. Esaminerò, in ordine, ciascuno di tali aspetti.

Una questione di tempi?

40.

Uno degli aspetti più singolari della presente questione pregiudiziale è la cronologia degli eventi. Le due approfondite indagini penali, in Belgio e in Italia, hanno proceduto in parallelo. I tribunali dei due Stati membri sono stati quindi coinvolti secondo questa sequenza: a) decisione di «non luogo a procedere» della camera di consiglio del tribunal de première instance di Mons, Belgio (15 dicembre 2008); b) rinvio a giudizio di M. da parte del giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Fermo, Italia (19 dicembre 2008); c) decisione di «non luogo a procedere» confermata dalla sezione di accusa della cour d’appel di Mons, Belgio (21 aprile 2009); d) sentenza della cour d’appel di Mons confermata dalla Cour de cassation, Belgio (2 dicembre 2009); e, infine, e) udienza dibattimentale davanti al Tribunale di Fermo in composizione collegiale, Italia (9 dicembre 2009).

41.

Può essere utile esaminare vari istanti nell’ambito di tale sequenza, per vedere se l’imputato M. può invocare il principio del ne bis in idem di cui all’articolo 54 della CAAS e, in caso affermativo, in quale fase e perché potrebbe essere in grado di farlo.

42.

Nel giorno in cui il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Fermo ha rinviato a giudizio M. (19 dicembre 2008), la camera di consiglio del tribunal de première instance di Mons aveva appena emesso la propria decisione di «non luogo a procedere» (15 dicembre 2008). Tuttavia, tale decisione non era divenuta «definitiva» in base al diritto nazionale belga. Essa poteva essere (come è stata in realtà) appellata. In quel momento, quindi, M. non avrebbe potuto invocare il principio del ne bis in idem al fine di bloccare il procedimento in Italia.

43.

Se il processo a carico di M. in Italia si fosse concluso e fosse stata emessa una sentenza prima del 21 aprile 2009 (decisione della cour d’appel di Mons) o comunque prima del 2 dicembre 2009 (decisione della Cour de cassation belga), la valutazione sarebbe la stessa. In entrambi i casi vi sarebbe stata una precedente decisione relativa alla stessa persona e ai medesimi fatti in un altro Stato membro, ma tale decisione non sarebbe ancora stata «definitiva» secondo il diritto nazionale.

44.

La situazione cambia, tuttavia, il 2 dicembre 2009. A partire da tale data, M. – se si trovasse in Belgio – godrebbe della protezione dal processo garantita dalla decisione definitiva della Cour de cassation di conferma della decisione di «non luogo a procedere». È pur vero che, se venissero alla luce nuovi elementi di prova, l’articolo 248 CIC prescrive che, in tal caso, l’ufficiale di polizia giudiziaria o il giudice istruttore inviino immediatamente copie dei documenti e delle prove al procuratore generale della corte d’appello. Tale adempimento è obbligatorio. Dal canto suo, il procuratore generale sembra avere un potere discrezionale ( 36 ). Egli «può» (presumibilmente, se ritiene che i nuovi elementi di prova modifichino la situazione nella misura necessaria) chiedere al presidente della sezione di accusa di designare il giudice davanti al quale si procederà a una nuova istruttoria. Se egli ritiene che i nuovi elementi di prova non modifichino la situazione o siano insufficienti, presumibilmente non chiederà tale designazione. Tuttavia, in mancanza della scoperta di nuovi elementi di prova e dell’avvio di tale procedura, M. sarebbe al riparo dall’azione penale ( 37 ).

45.

Una persona non dovrebbe perdere la protezione di cui gode in base al diritto nazionale per il fatto di esercitare il proprio diritto alla libera circolazione. Per tale ragione, la decisione della Cour de cassation belga del 2 dicembre 2009 deve produrre l’effetto di impedire che M. sia sottoposto a processo in Italia dopo tale data.

46.

Per completezza, tratterò di seguito altri quattro punti.

47.

In primo luogo, ritengo che la data che rileva debba essere quella in cui una decisione giudiziaria è emessa da un tribunale, e non la data (successiva) in cui tale decisione giunge all’attenzione di un pubblico ministero o di un tribunale in un altro Stato membro. Tale conclusione è imposta dal requisito della certezza giuridica. La data della decisione è certa. La data della notifica è variabile e può essere influenzata da fattori esterni.

48.

In secondo luogo, una persona rinviata a giudizio è «a rischio di condanna» fino al momento in cui è emessa la decisione che determina l’esito del suo processo. Può passare del tempo (di solito, com’è auspicabile, non così tanto come nel caso in esame) tra la data in cui una persona è rinviata a giudizio e la data di inizio del suo processo; e lo stesso processo può richiedere del tempo per giungere a una conclusione. Lo scopo del principio del ne bis in idem è quello di impedire l’eventualità di una doppia condanna. Ne consegue, a mio avviso, che il principio del ne bis in idem non cessa di applicarsi quando una persona è rinviata a giudizio o nel giorno in cui ha inizio il suo processo. Piuttosto, tale principio può essere invocato fino a quando l’esito del processo non è determinato.

49.

In terzo luogo, una volta che una persona sia stata processata e condannata in un «secondo» Stato membro, è irrilevante il fatto che successivamente divenga definitiva, nel «primo» Stato membro, una decisione emessa nei confronti della stessa persona per i medesimi fatti. Ciò perché, quando tale persona è stata processata nel secondo Stato membro, non vi era (ancora) una decisione definitiva nel primo Stato membro. Naturalmente, la decisione emessa nel secondo Stato membro può essere impugnata, ai sensi del diritto nazionale, per qualsiasi motivo di appello ammesso dal diritto penale di tale Stato membro. Tuttavia, l’articolo 54 della CAAS non può essere invocato.

50.

In quarto luogo, è necessario rispondere alla seguente domanda: «non sarebbe uno spreco di tempo per la polizia e di denaro pubblico condurre indagini approfondite nel secondo Stato, se in tali circostanze si applicasse il principio del ne bis in idem e il processo a carico di una persona già rinviata a giudizio non potesse proseguire?».

51.

Vi è chiaramente una questione sottostante, degna di seria considerazione, riguardo alla «corsa al processo» e ai possibili conflitti di giurisdizione in materia penale. Attualmente, non vi sono norme comuni a livello europeo sull’attribuzione della giurisdizione penale ( 38 ). L’applicazione del principio del ne bis in idem risolve tale problema in modo limitato e talvolta arbitrario ( 39 ). Non è un sostituto soddisfacente di azioni che risolvano tali conflitti secondo un insieme di criteri concordati.

52.

Il diritto dell’Unione europea prevede adesso alcune disposizioni sullo scambio di informazioni tra le autorità investigative dei diversi Stati membri ( 40 ). La decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio ( 41 ), pubblicata ed entrata in vigore il 15 dicembre 2009 (e quindi appena successiva al procedimento italiano nella causa principale), impone all’autorità competente di uno Stato membro di contattare l’autorità competente di un altro Stato membro se ha fondati motivi per ritenere che in quest’ultimo sia in corso un procedimento parallelo, al fine di avviare consultazioni dirette. Tali consultazioni devono essere finalizzate ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli, e possono condurre, se del caso, alla concentrazione del procedimento penale in uno Stato membro.

53.

In parte, ciò risolve il problema sottostante alla causa in esame (e che è sorto in precedenza nella causa Miraglia). Tuttavia, la decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio non armonizza le leggi e le procedure nazionali in quest’area del diritto. In particolare, essa non obbliga uno Stato membro a cedere o ad esercitare la giurisdizione ( 42 ). Fino a quando la questione dei procedimenti paralleli non sarà stata risolta in modo più globale dagli organi legislativi, sarà necessario far ricorso al principio del ne bis in idem di cui all’articolo 54 della CAAS per colmare tale lacuna.

«Se il procedimento può (forse) essere riaperto, il ne bis in idem non si applica»

54.

Né l’articolo 54 della CAAS, né l’articolo 50 della Carta indicano espressamente cosa succede al principio del ne bis in idem se diventano disponibili nuovi elementi di prova. Le spiegazioni relative all’articolo 50 della Carta vengono in aiuto chiarendo che, qualora il diritto sancito dalla Carta si applichi nel contesto di un unico Stato membro, «il diritto garantito ha lo stesso significato e la stessa portata del corrispondente diritto sancito dalla CEDU».

55.

Tornando quindi alla CEDU, l’articolo 4, paragrafo 2, del protocollo n. 7 alla CEDU prevede che le disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 1 (che sanciscono il diritto a non essere processati o puniti due volte per lo stesso reato) non impediscono la riapertura del processo in caso di «fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni». La relazione esplicativa al protocollo n. 7 chiarisce ( 43 ) che l’espressione «fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni» include «nuovi mezzi di prova relativi a fatti preesistenti». Pertanto, la possibilità eccezionale, prevista dal diritto belga, di riaprire un procedimento penale successivamente a una decisione di «non luogo a procedere» rispecchia fedelmente quanto previsto dall’articolo 4, paragrafo 2, del protocollo n. 7.

56.

Nel protocollo n. 7 alla CEDU, l’articolo 4, paragrafo 1, stabilisce la tutela del ne bis in idem. L’articolo 4, paragrafo 2, prevede poi una deroga che consente la riapertura di un processo (conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato), fermo restando che in tutti gli altri casi si applica il principio del ne bis in idem. Ciò non vuol dire (e, aggiungo, di certo non può essere ragionevolmente interpretato in questo senso) che, fino a quando vi sia la possibilità teorica di scoprire «nuovi mezzi di prova relativi a fatti preesistenti», il ne bis in idem non si applica. In teoria, è sempre possibile che nuovi elementi di prova integrino quanto era precedentemente disponibile. L’interpretazione sostenuta dal governo belga priverebbe quindi di contenuto il principio del ne bis in idem. Nonostante una decisione di «non luogo a procedere» che è stata confermata dalla suprema corte e che ha acquisito la forza di res iudicata, un imputato sarebbe privato della stessa protezione che il diritto nazionale gli riconosce. Se un altro procedimento fosse stato avviato in Belgio (anziché in Italia) in assenza di nuovi elementi di prova, è chiaro che esso decadrebbe in virtù di tale decisione.

57.

Dovrebbe giungersi a una diversa conclusione se il secondo procedimento fosse celebrato in un altro, «secondo» Stato membro?

58.

Credo di no. Lo scopo dell’articolo 54 della CAAS è precisamente quello di evitare che una persona che esercita il proprio diritto alla libera circolazione perda la tutela del ne bis in idem di cui altrimenti godrebbe. È chiaro che il principio del ne bis in idem, reso applicabile in concreto da una decisione emessa in uno Stato membro (in questo caso, il Belgio), è idoneo a impedire l’esercizio dell’azione penale in un altro Stato membro (in questo caso, l’Italia) anche qualora i tribunali di quest’ultimo abbiano raggiunto una diversa conclusione sulla base, essenzialmente, degli stessi elementi di prova. La possibilità di esiti diversi è tuttavia una conseguenza del fatto che il principio del ne bis in idem opera nonostante l’assenza di armonizzazione, essendo basato su un elevato livello di fiducia reciproca ( 44 ).

59.

È ancora più importante, tuttavia, il fatto che il ne bis in idem non costituisce un impedimento alla riapertura del processo se emergono nuovi elementi di prova ( 45 ). Se, nel caso in esame, l’autorità procedente italiana mette a disposizione dei colleghi belgi tutto ciò di cui è in possesso, questi ultimi saranno in grado di valutare tali elementi di prova e di decidere se cercare di ottenere la riapertura del processo in Belgio ai sensi degli articoli 246, 247 e 248 del CIC. Tuttavia, sottolineo che (a mio avviso) qualsiasi ulteriore procedimento a carico di un imputato che benefici di una decisione definitiva di «non luogo a procedere» deve essere iniziato nello Stato membro in cui è stata emessa tale decisione (cioè, nel primo Stato membro). Non è consentito ai tribunali di un secondo Stato membro aggirare tale procedura (e le garanzie procedurali offerte all’imputato dal diritto nazionale del primo Stato membro) decidendo di utilizzare quelle che possono essere (o non essere) «nuovi» elementi di prova al fine di sottoporre a processo tale imputato.

Conclusione

60.

Alla luce di quanto precede, propongo di risolvere come segue la questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Fermo (Italia):

«L’articolo 54 della convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen deve essere interpretato nel senso che una decisione definitiva di «non luogo a procedere» conclusiva di un procedimento penale, che sia stata emessa a seguito di un’ampia istruttoria e che preclude l’ulteriore esercizio dell’azione penale nei confronti della stessa persona e per i medesimi fatti, ma che, ai sensi del diritto nazionale, può essere revocata se emergono nuovi elementi di prova, è una sentenza definitiva che dà luogo all’applicazione del principio del ne bis in idem sancito da tale articolo».


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Nota non rilevante per la versione italiana.

( 3 ) Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (GU 2000, L 239, pag. 19).

( 4 ) Protocollo (n. 19) sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea (GU 2012, C 326, pag. 290).

( 5 ) L’allegato del protocollo del trattato di Amsterdam sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea (GU 1997, C 340, pag. 93) elenca le materie che fanno parte dell’acquis di Schengen. Tra queste è inclusa, al paragrafo 2, la CAAS.

( 6 ) GU 2007, C 303, pag. 31.

( 7 ) ETS n. 117.

( 8 ) Il paragrafo 22 riporta la definizione contenuta nella relazione esplicativa alla convenzione europea sull’efficacia internazionale delle sentenze penali (v. infra, paragrafo 13).

( 9 ) ETS n. 070.

( 10 ) Cass. 7 settembre 1982, Pas. 1983, I, 27‑30.

( 11 ) Nota non rilevante per la versione italiana.

( 12 ) Sentenze dell’11 febbraio 2003, Gözütok e Brügge (C-187/01 e C-385/01, Racc. pag. I-1345); del 10 marzo 2005, Miraglia (C-469/03, Racc. pag. I-2009); del 28 settembre 2006, Gasparini e a. (C-467/04, Racc. pag. I-9199); del 28 settembre 2006, Van Straaten (C-150/05, Racc. pag. I-9327); dell’11 dicembre 2008, Bourquain (C-297/07, Racc. pag. I-9425), e del 22 dicembre 2008, Turanský (C-491/07, Racc. pag. I-11039).

( 13 ) Sentenza Bourquain, cit. alla nota 12, punti 39 e 40.

( 14 ) Sentenza Van Straaten, cit. alla nota 12, punto 58. L’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colmer ha rilevato che nessuno di coloro che avevano presentato osservazioni aveva contestato l’efficacia del principio del ne bis in idem in tale situazione nell’ambito dell’ordinamento nazionale (v. paragrafo 73 delle sue conclusioni).

( 15 ) Punto 60 della sentenza.

( 16 ) Sentenza Gözütok e Brügge, cit. alla nota 12, punto 48.

( 17 ) Punto 38 della sentenza.

( 18 ) Sentenza Gasparini e a., cit. alla nota 12, punto 33.

( 19 ) Nel pronunciare l’applicabilità del principio del ne bis in idem nel caso Gasparini, la Corte ha evidentemente ritenuto irrilevante il fatto che, a causa dell’intervenuta prescrizione, gli imputati non fossero mai stati realmente a rischio di condanna nel primo procedimento.

( 20 ) Sentenza Gasparini e a., cit. alla nota 12, punti 29 e 30.

( 21 ) Cit. alla nota 10.

( 22 ) V. punto 22 della sentenza.

( 23 ) Punto 35 della sentenza. A tal riguardo, si veda anche, nel contesto del diritto della concorrenza, la sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, da C-247/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, Racc. pag. I-8375, punto 62), in cui la Corte ha ritenuto che una decisione di annullamento che era stata emessa senza alcuna statuizione sulla sostanza dei fatti contestati non potesse essere considerata come un’assoluzione idonea ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem.

( 24 ) Sentenza Miraglia, cit. alla nota 12, punto 33.

( 25 ) Ibidem, punto 34.

( 26 ) Cit. alla nota 10.

( 27 ) Sentenza Turanský, cit. alla nota 12, punti 39 e 40.

( 28 ) Ibidem, punto 34.

( 29 ) Ibidem, punto 35.

( 30 ) Sentenza del 16 novembre 2010, Mantello (C-261/09, Racc. pag. I-11477, punto 46). L’articolo 3, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584//GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190, pag. 1) elenca il ne bis in idem tra i casi di non esecuzione obbligatoria di un mandato d’arresto europeo. Nella sentenza Mantello, la Corte (Grande Sezione) ha ritenuto (al punto 40) che, «[a]lla luce dell’obbiettivo comune degli artt. 54 della CAAS e 3, n. 2, della decisione quadro (...) si deve riconoscere che l’interpretazione di tale nozione fornita nell’ambito della CAAS si applica parimenti nel contesto della decisione quadro». La Grande Sezione ha proseguito (punti da 45 a 47) citando tale giurisprudenza e ha convalidato i criteri Turanský.

( 31 ) Corte eur. D.U., sentenza Zolotukhin c. Russia (Grande Camera) del 10 febbraio 2009, n. 14939/03, Recueil des arrêts et décisions, 2009‑I, pag. 291, § 83.

( 32 ) Cit. supra al paragrafo 13.

( 33 ) V., a tal riguardo, la sentenza Mantello, cit. alla nota 12, punti 48 e 49.

( 34 ) V. paragrafo 34 delle presenti conclusioni.

( 35 ) V. anche infra, paragrafo 44.

( 36 ) L’espressione francese «(…) sur la réquisition du procureur général (…)» («su domanda del procuratore generale») comporta infatti che quest’ultimo può decidere di presentare o meno tale domanda.

( 37 ) V. supra, paragrafo 38.

( 38 ) Per alcuni tentativi di risolvere il problema, si veda il Libro verde della Commissione [SEC(2005) 1767] sui conflitti di giurisdizione e il principio del ne bis in idem nei procedimenti penali, nonché il suo allegato, COM(2005) 696 def. del 23 dicembre 2005, e le risposte allo stesso. Si veda anche il commento di Fletcher, M., «The problem of multiple criminal prosecutions: building an effective EU response», in Yearbook of European Law, Vol 26 (2007), pagg. da 33 a 56. Per alcune cause in materia di ne bis in idem che – almeno in parte – possono essere sorte dall’insoddisfazione per il fatto che le autorità di un altro Stato membro abbiano iniziato per prime un processo, si vedano (ad esempio) le sentenze del 9 marzo 2006, Van Esbroeck (C-436/04, Racc. pag. I-2333), e del 18 luglio 2007, Kraaijenbrink (C-367/05, Racc. pag. I-6619).

( 39 ) Per una approfondita discussione su tale questione più ampia, si veda Fletcher, M., Lööf, R., e Gilmore, B., EU Criminal Law and Justice (Elgar European Law, 2008), pagg. da 131 a 138, in particolare pagg. da 132 a 133.

( 40 ) Per quanto concerne gli organi istituzionali, si veda la decisione 2002/187/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (GU L 63, pag. 1), e la convenzione basata sull’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea che istituisce un Ufficio europeo di polizia (convenzione Europol) (GU 1995, C 316, pag. 2).

( 41 ) Decisione quadro, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali (GU L 328, pag. 42).

( 42 ) Si veda il considerando 11 del preambolo della decisione quadro.

( 43 ) V. paragrafo 31, riportato supra al paragrafo 12.

( 44 ) Si vedano le conclusioni della Presidenza (N. 200/1/99) del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, nonché la sentenza Gasparini e a., cit. alla nota 12 e al paragrafo 32 delle presenti conclusioni, punto 30.

( 45 ) V. supra, paragrafi da 54 a 56.

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