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Document 62012CC0391

Conclusioni dell’avvocato generale M. Wathelet, presentate l’11 luglio 2013.
RLvS Verlagsgesellschaft mbH contro Stuttgarter Wochenblatt GmbH.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof.
Direttiva 2005/29/CE – Pratiche commerciali sleali – Ambito di applicazione ratione personae – Omissioni ingannevoli negli advertorial ovvero pubblicità redazionali – Normativa di uno Stato membro che vieta ogni pubblicazione a titolo oneroso priva della dicitura “annuncio” (“Anzeige”) – Armonizzazione completa – Misure più restrittive – Libertà di stampa.
Causa C‑391/12.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2013:468

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate l’11 luglio 2013 ( 1 )

Causa C‑391/12

RLvS Verlagsgesellschaft mbH

contro

Stuttgarter Wochenblatt GmbH

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Germania)]

«Tutela dei consumatori — Pratiche commerciali sleali — Omissioni ingannevoli negli advertorial ovvero pubblicità redazionali — Normativa di uno Stato membro che vieta ogni pubblicazione a titolo oneroso priva della dicitura “annuncio” (“Anzeige”)»

I – Introduzione

1.

Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il Bundesgerichtshof (Corte suprema federale) (Germania) chiede alla Corte di esprimersi sull’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva 2005/29/CE ( 2 ) e del punto 11 dell’allegato I della medesima.

2.

Tale domanda è stata presentata alla Corte il 22 agosto 2012 nell’ambito di una controversia che contrappone la RLvS Verlagsgesellschaft mbH (in prosieguo: la «RLvS») alla Stuttgarter Wochenblatt GmbH (in prosieguo: la «Stuttgarter Wochenblatt») in merito alla possibilità di vietare alla RLvS, sulla base dell’articolo 10 della legge regionale del Baden‑Württemberg sulla stampa (Landespressegesetz Baden‑Württemberg), del 14 gennaio 1964 (in prosieguo: la «legge regionale sulla stampa»), di inserire o di far inserire a pagamento, in un giornale, pubblicazioni non contraddistinte dall’uso del termine «annuncio» («Anzeige»).

3.

Con la questione in esame, la Corte è chiamata a esprimersi sulla portata dell’armonizzazione realizzata dalla direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali e sulla possibilità per gli Stati membri di adottare disposizioni più restrittive rispetto al diritto dell’Unione laddove intendano garantire una maggiore protezione ai consumatori o perseguire un altro obiettivo di interesse generale, quale, ad esempio, la tutela di un diritto fondamentale. Nel caso di specie si tratta, secondo il governo tedesco, di proteggere la libertà e il pluralismo dei media (sanciti dall’articolo 11, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea).

II – Quadro normativo

A – Diritto dell’Unione

4.

A norma dell’articolo 2, lettera d), della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, si intende per «pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori»«qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori».

5.

La direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1, «si applica alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori, come stabilite all’articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto». Tuttavia, a norma dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva medesima, «[p]er un periodo di sei anni a decorrere dal 12 giugno 2007 gli Stati membri possono continuare ad applicare disposizioni nazionali più dettagliate o vincolanti di quelle previste dalla presente direttiva nel settore da essa armonizzato, in attuazione di direttive contenenti clausole minime di armonizzazione. Tali misure devono essere essenziali al fine di assicurare un’adeguata protezione dei consumatori da pratiche commerciali sleali e devono essere proporzionate al raggiungimento di tale obiettivo. La revisione di cui all’articolo 18 può, se ritenuto opportuno, comprendere una proposta intesa a prorogare questa deroga per un ulteriore periodo limitato».

6.

L’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali prevede, dal canto suo, un’altra deroga precisando che l’applicazione della direttiva stessa «non pregiudica le eventuali condizioni relative allo stabilimento, o ai regimi di autorizzazione, o i codici deontologici di condotta o altre norme specifiche che disciplinano le professioni regolamentate, volti a mantenere livelli elevati di integrità dei professionisti, che gli Stati membri possono, conformemente alla normativa comunitaria, imporre a questi ultimi».

7.

Il successivo articolo 4 stabilisce, inoltre, che: «[g]li Stati membri non limitano la libertà di prestazione dei servizi né la libera circolazione delle merci per ragioni afferenti al settore armonizzato dalla presente direttiva».

8.

L’articolo 5 della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, intitolato «Divieto delle pratiche commerciali sleali», così recita:

«1.   Le pratiche commerciali sleali sono vietate.

2.   Una pratica commerciale è sleale se:

a)

è contraria alle norme di diligenza professionale,

e

b)

falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.

(...)

5.   L’allegato I riporta l’elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali. Detto elenco si applica in tutti gli Stati membri e può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva».

9.

L’articolo 7 della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, intitolato «Omissioni ingannevoli», dispone, ai paragrafi 1 e 2, quanto segue:

«1.   È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induca o sia idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

2.   Una pratica commerciale è altresì considerata un’omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al paragrafo 1, tenendo conto degli aspetti di cui a detto paragrafo, o non indica l’intento commerciale della pratica stessa, qualora non risultino già evidenti dal contesto e quando, in uno o nell’altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso».

10.

L’allegato I della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, intitolato «Pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali», menziona, al punto 11, tra le «Pratiche commerciali ingannevoli» il fatto di «[i]mpiegare contenuti redazionali nei media per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga chiaramente dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore (advertorial ovvero pubblicità redazionale). Tale disposizione è senza pregiudizio della direttiva 89/552/CEE ( 3 )».

B – Diritto tedesco

11.

L’articolo 10 della legge regionale sulla stampa dispone quanto segue:

«Indicazione delle pubblicazioni a titolo oneroso

Ogni editore di un periodico o il responsabile (ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, quarto periodo) che ha chiesto o ottenuto un corrispettivo per una pubblicazione, ovvero ne ha accettato la promessa, ha il dovere di contrassegnare chiaramente detta pubblicazione con il termine “annuncio”, a meno che essa non sia già in generale chiaramente individuabile in quanto tale per collocazione e struttura».

12.

L’articolo 3 della legge federale contro la concorrenza sleale (Gesetz gegen den unlauteren Wettbewerb) così recita:

«Articolo 3:

Divieto di pratiche commerciali sleali

(1)   Sono illecite le pratiche commerciali sleali quando risultano idonee a ledere in misura apprezzabile gli interessi dei concorrenti, dei consumatori o degli altri operatori del mercato.

(2)   Sono in ogni caso illecite le pratiche commerciali rivolte ai consumatori se contrarie agli obblighi di diligenza professionale dell’imprenditore e idonee ad alterare in misura apprezzabile la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole inducendolo, in tal modo, ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Occorre adottare come riferimento il consumatore medio o, quando una pratica commerciale è diretta specificamente a un determinato gruppo di consumatori, un membro medio di detto gruppo (...).

(3)   Le pratiche commerciali rivolte ai consumatori indicate nell’allegato della presente legge sono sempre illecite».

In applicazione dell’articolo 4, punti 3 e 11, della legge federale contro la concorrenza sleale, «[c]ompie atti sleali, in particolare, chi (...) dissimula il carattere pubblicitario di pratiche commerciali o (...) viola una disposizione di legge diretta a disciplinare il comportamento sul mercato nell’interesse degli operatori».

13.

Il punto 11 dell’allegato concernente l’articolo 3, paragrafo 3, della legge federale contro la concorrenza sleale stabilisce che è considerato illecito ai sensi di detto articolo «l’utilizzo, finanziato da un imprenditore, di un contenuto redazionale per promuovere un prodotto senza che detto collegamento emerga chiaramente dal contenuto o dalla presentazione delle immagini o dei suoni (advertorial ovvero pubblicità redazionale)».

III – Fatti e questione pregiudiziale

14.

La Stuttgarter Wochenblatt pubblica un settimanale omonimo, mentre la RLvS, con sede a Stoccarda (Germania), è l’editrice del giornale di annunci «GOOD NEWS». Nel suo numero del mese di giugno 2009 quest’ultima ha pubblicato due articoli per i quali aveva ottenuto un corrispettivo da parte di sponsor.

15.

Il primo di detti due articoli è stato pubblicato su una pagina della rubrica «GOOD NEWS Prominent», di cui occupa i tre quarti, con il titolo «VfB VIP‑Geflüster» (gossip sui VIP del VfB). Si tratta di un servizio fotografico redazionale concernente gli ospiti illustri che hanno partecipato alla chiusura della stagione calcistica della società VfB Stuttgart, militante nella Bundesliga (serie A nazionale). Nella sezione compresa tra il titolo, contenente anche una breve introduzione, e il servizio fotografico, contenente 19 fotografie, è indicato che l’articolo è stato finanziato da terzi. Tale informazione viene fornita attraverso l’evidenziazione grafica del nome della società «Scharr», preceduto dall’espressione «Sponsored by» («sponsorizzato da»). L’ultimo quarto della pagina, collocato sotto l’articolo stesso, è occupato da una pubblicità contrassegnata dal termine «Anzeige» («annuncio») e separata dal suddetto articolo da un filetto. Detta inserzione pubblicitaria comprende un resoconto sull’inizio dei lavori di ristrutturazione dello stadio Mercedes Benz Arena e contiene la promozione del prodotto «Scharr Bio Heizöl», venduto dallo sponsor dell’articolo de quo.

16.

L’altro articolo, pubblicato su una diversa pagina del giornale nella rubrica «GOOD NEWS Wunderschön» fa parte della serie intitolata «Wohin Stuttgarter verreisen» (mete di viaggio dei cittadini di Stoccarda) ed è intitolato «Heute: Leipzig» (oggi: Lipsia). In questo caso si tratta di un breve ritratto della città di Lipsia (Germania) che occupa uno spazio pari ai sette ottavi della pagina. Il titolo dell’articolo medesimo è accompagnato anche dalla dicitura «Sponsored by» seguita dal nome della società che ha finanziato l’articolo, nella specie la Germanwings, evidenziato graficamente. L’angolo inferiore destro, inoltre, è occupato da un’inserzione pubblicitaria relativa alla Germanwings, anch’essa separata dall’articolo redazionale da un filetto e contrassegnata dal termine «Anzeige». L’annuncio presenta un concorso che consente ai partecipanti di vincere due biglietti aerei per Lipsia rispondendo correttamente a una domanda sulla frequenza dei voli aerei effettuati dallo sponsor tra le città di Stoccarda e Lipsia.

17.

Dato che i due articoli sono stati finanziati da sponsor, la Stuttgarter Wochenblatt ritiene che si tratti di pubblicazioni a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 10 della legge regionale sulla stampa e che, pertanto, essi violino detta norma, non essendo chiaramente evidenziato il loro carattere pubblicitario.

18.

La Stuttgarter Wochenblatt adiva in primo grado il Landgericht il quale accoglieva la domanda, inibendo alla RLvS di pubblicare o di far pubblicare a titolo oneroso nella rivista GOOD NEWS pubblicazioni prive della menzione «annuncio», alla stregua dei due menzionati articoli del numero di giugno 2009, e il cui carattere pubblicitario non emerga in maniera generale dalla loro collocazione e struttura. L’appello proposto dalla RLvS avverso detta sentenza veniva respinto.

19.

Con ricorso per cassazione proposto dinanzi al giudice del rinvio, la RLvS insiste sulla propria richiesta di rigetto della domanda avversaria. A suo parere, l’articolo 10 della legge regionale sulla stampa viola il diritto dell’Unione e non può quindi trovare applicazione.

20.

Il Bundesgerichtshof si chiede se l’applicazione piena e integrale dell’articolo 10 della legge regionale sulla stampa, nel contesto dell’articolo 4, punto 11, della legge federale contro la concorrenza sleale, sia conforme al diritto dell’Unione, tenuto conto, in particolare, dell’armonizzazione completa, operata dalla direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, delle norme riguardanti le pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori.

21.

Dal momento che, nel procedimento principale, i due giudici di merito hanno accolto il ricorso della Stuttgarter Wochenblatt sulla base dell’articolo 4, punto 11, della legge federale contro la concorrenza sleale e dell’articolo 10 della legge regionale sulla stampa, il Bundesgerichtshof intende soprassedere la questione se le pubblicazioni controverse violino anche l’articolo 3, paragrafo 3, della legge federale contro la concorrenza sleale, letto in combinato disposto con il punto 11 dell’allegato vertente su detto articolo, e con l’articolo 4, punto 3, della legge federale contro la concorrenza sleale, disposizioni che corrispondono essenzialmente all’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, letto in combinato disposto con il punto 11 dell’allegato I, e l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva medesima.

22.

Il Bundesgerichtshof precisa i due obiettivi perseguiti dall’articolo 10 della legge regionale sulla stampa, che disciplina il comportamento degli operatori sul mercato ai sensi dell’articolo 4, punto 11, della legge federale contro la concorrenza sleale e che si ritrova con una formulazione pressoché identica in quasi tutte le leggi regionali tedesche in materia di stampa e media. Si tratta, da un lato, di evitare che il lettore di un giornale sia indotto in errore, considerato che spesso i consumatori mostrano un atteggiamento meno critico nei confronti degli interventi pubblicitari sotto forma di contenuti redazionali rispetto a una pubblicità commerciale riconoscibile in quanto tale. Dall’altro, l’obbligo di separare la pubblicità dai contenuti redazionali è volto a garantire l’obiettività e la neutralità della stampa, evitando il pericolo di un’influenza esterna sulla stampa, anche al di fuori dell’attività commerciale. L’obbligo di segnalare la pubblicità previsto dalla normativa sulla stampa e sui media svolge un ruolo fondamentale per la tutela dell’oggettività e della neutralità della stampa e dei mezzi radiotelevisivi, dal momento che tale funzione non potrebbe essere garantita con il semplice divieto di pubblicità redazionale nell’ambito della disciplina delle pratiche commerciali sleali.

23.

È in questo contesto che il Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 7, paragrafo 2, della [direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali] e il punto 11 dell’allegato I, della detta direttiva, in combinato disposto con gli articoli 4 e 3, paragrafo 5, della medesima direttiva, ostino all’applicazione di una norma nazionale [nella specie l’articolo 10 della legge regionale (…) sulla stampa] che, oltre a proteggere i consumatori da azioni ingannevoli, miri parimenti a tutelare la libertà di stampa e, in contrasto con quanto previsto dall’articolo 7, paragrafo 2, della [direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali] e dal punto 11 dell’allegato I della direttiva medesima, vieti qualsiasi pubblicazione a titolo oneroso, a prescindere dal fine ivi perseguito, qualora detta pubblicazione non sia contraddistinta dall’uso del termine “annuncio”, salvo che la collocazione e la struttura della pubblicazione non ne evidenzino già di per sé la natura pubblicitaria».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

24.

La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla Corte il 22 agosto 2012. Osservazioni scritte sono state depositate dalla Suttgarter Wochenblatt, dai governi tedesco, ceco e polacco, nonché dalla Commissione europea. L’udienza si è svolta il 12 giugno 2013 alla presenza dei rappresentanti della RLvS e della Stuttgarter Wochenblatt, del governo tedesco e della Commissione.

V – Analisi

A – Sfera di applicazione della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali

25.

Per rispondere alla questione sollevata, occorre anzitutto stabilire se le pratiche oggetto della disciplina controversa consistenti nell’effettuare pubblicazioni a titolo oneroso, costituiscano pratiche commerciali ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali e siano, quindi, soggette alle norme da quest’ultima stabilite.

26.

Detto articolo 2, lettera d), definisce le «pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori» come «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori».

27.

L’articolo 10 della legge regionale sulla stampa non contiene, dal canto suo, alcun riferimento a un qualsiasi comportamento economico o commerciale in capo al soggetto che provvede alla pubblicazione o in capo al consumatore. L’articolo 10 di detta legge si applica a ogni comunicazione, a prescindere dal suo carattere commerciale.

28.

Ciò detto, secondo giurisprudenza costante della Corte, la direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali è caratterizzata da un ambito di applicazione ratione materiae particolarmente esteso ( 4 ). Alla luce del tenore del considerando 6 e in linea con lo spirito del considerando 8 di detta direttiva, «[i]n tal modo, (…) sono escluse da detto ambito di applicazione soltanto le normative nazionali relative alle pratiche commerciali sleali che ledono “unicamente”[, vale a dire esclusivamente,] ( 5 ) gli interessi economici dei concorrenti o che sono connesse ad un’operazione tra professionisti» ( 6 ).

29.

In altre parole, per rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, la disposizione nazionale controversa deve essere rivolta alla tutela dei consumatori ( 7 ). Orbene, secondo il giudice del rinvio, «[l]’articolo 10 della legge regionale (…) sulla stampa, ricalcato in termini pressoché identici in quasi tutte le leggi dei Land tedeschi in materia di stampa o media, costituisce una norma riguardante la condotta sul mercato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 11, della legge federale (…) contro la concorrenza sleale. Tale disposizione persegue due obiettivi paralleli di pari importanza. Da un lato essa mira a evitare il compimento di un’azione ingannevole nei confronti dei lettori dovuta al fatto che spesso i consumatori mostrano un atteggiamento acritico nei confronti di interventi pubblicitari celati dietro l’immagine di contenuti redazionali, rispetto a una pubblicità commerciale riconoscibile in quanto tale (...). Dall’altro lato, l’obbligo di operare una distinzione tra la sezione pubblicitaria e quella redazionale favorisce il mantenimento dell’oggettività e della neutralità della stampa» ( 8 ).

30.

Secondo il giudice del rinvio, l’articolo 10 della legge regionale sulla stampa persegue quindi il duplice obiettivo di garantire l’obiettività e la neutralità della stampa e di proteggere i consumatori ( 9 ).

31.

Dal canto suo, il governo tedesco nega che l’articolo 10 e, più in generale, la legge regionale sulla stampa nel suo insieme, disciplini la tutela dei consumatori. Richiamando le espressioni utilizzate dal governo tedesco nelle sue osservazioni scritte e ribadite all’udienza del 12 giugno 2013, per quanto l’articolo 10 della legge regionale sulla stampa miri a proteggere i consumatori, è solo per un «effetto riflesso» che esso obbliga a distinguere il contenuto redazionale dal contenuto pubblicitario.

32.

Occorre, tuttavia, ricordare che non spetta alla Corte interpretare il diritto nazionale. Essa è infatti tenuta a ragionare sulla base del contesto fattuale e normativo nel quale si inserisce la questione pregiudiziale, come definito dal giudice del rinvio ( 10 ). Riguardo proprio alla direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, la Corte ha peraltro espressamente ricordato che spetta al giudice del rinvio e non alla Corte «stabilire se la disposizione nazionale di cui trattasi nella causa principale persegua effettivamente finalità dirette alla tutela dei consumatori al fine di verificare se una siffatta disposizione possa rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali» ( 11 ).

33.

Di conseguenza, dal momento che il Bundesgerichtshof ritiene che la disposizione controversa nel procedimento principale sia volta, almeno parzialmente, a proteggere gli interessi dei consumatori, ritengo che essa rientri nel campo di applicazione della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali.

34.

Tuttavia, come ho già avuto modo di osservare, l’articolo 10 della legge regionale sulla stampa non contiene alcun riferimento a un qualsiasi comportamento economico in capo al soggetto che provvede alla pubblicazione o in capo al consumatore. Dal momento che esso si applica a tutte le comunicazioni a prescindere dal loro carattere commerciale, ritengo che occorra operare una distinzione.

35.

Contrariamente all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, la legge regionale sulla stampa non presuppone infatti che la pubblicazione sia effettuata per un intento commerciale e neppure che essa sia idonea a indurre il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale ai sensi di detto articolo 7. Allo stesso modo, la pubblicazione non deve necessariamente promuovere un prodotto, contrariamente a quanto richiesto al punto 11 dell’allegato I della direttiva medesima in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 5, della stessa.

36.

A tal proposito, condivido il parere della Commissione laddove osserva che in forza del suo articolo 3, paragrafo 1, la direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali si applica soltanto alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori quali definite all’articolo 5. Questo significa che la pratica commerciale è sleale solo se falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta.

37.

Dal momento che l’articolo 10 della legge regionale sulla stampa non presuppone che la pubblicazione sia stata effettuata con un intento commerciale né che essa sia idonea a indurre il consumatore a prendere una decisione commerciale ai sensi dell’articolo 5 della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, esso si riferisce a fatti che non rientrano nel campo di applicazione ratione materiae della direttiva. È il caso, ad esempio, delle pubblicazioni finanziate da partiti politici, da associazioni di interesse generale e da altre organizzazioni analoghe che non hanno come oggetto attività commerciali. Detta direttiva non si applica a tali fattispecie e il legislatore nazionale conserva pertanto, riguardo a esse, la sua libertà d’azione.

B – Portata dell’armonizzazione operata dalla direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali

38.

Come correttamente osservato dal giudice del rinvio, la direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali ha operato un’armonizzazione completa delle regole relative alle pratiche commerciali. In forza dell’articolo 4 della direttiva medesima, gli Stati membri non possono adottare misure più restrittive di quelle definite dalla direttiva de qua, neppure al fine di assicurare un livello superiore di tutela dei consumatori ( 12 ).

39.

Riguardo alle pratiche indicate negli atti sottoposti alla Corte, il legislatore dell’Unione ha ritenuto che un advertorial, o pubblicità redazionale, non fosse qualificabile come pratica sleale ai sensi della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali qualora il finanziamento di detto particolare tipo di pubblicazione emergesse chiaramente dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore ( 13 ). L’articolo 10 della legge regionale sulla stampa impone, a sua volta, che ogni editore di un periodico che ha ottenuto o chiesto un corrispettivo (o ha accettato la promessa di un tale corrispettivo) per una pubblicazione sia tenuto a contrassegnare chiaramente detta pubblicazione con il termine «annuncio» (a meno che la collocazione e la struttura della pubblicazione di cui trattasi non permettano in sé, in generale, di riconoscerne la natura pubblicitaria).

40.

Dal confronto che precede emerge che, mentre il legislatore dell’Unione non impone menzioni specifiche, la norma regionale tedesca esige in linea di principio l’utilizzo del termine «annuncio». Il fatto che sia possibile in certi casi non tenerne conto – vale a dire quando la collocazione e la struttura della pubblicazione consentano, in generale, di riconoscerne la natura pubblicitaria – non incide sul fatto che detta disposizione disciplina l’azione dell’editore in modo più rigoroso, e quindi più restrittivo, rispetto alla direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali. In base al punto 11 dell’allegato I di detta direttiva, infatti, un advertorial, o pubblicità redazionale, integra una pratica commerciale sleale solo nel caso in cui il professionista che ha finanziato la pubblicazione non l’abbia indicato nei contenuti o in immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore. Detta limitazione mi sembra riferirsi alla stessa situazione considerata dall’articolo 10 della legge regionale sulla stampa.

41.

Il fatto che la misura oggetto del procedimento principale sia motivata anche dalla preoccupazione di garantire l’obiettività e la neutralità della stampa non può, a mio avviso, modificare il ragionamento e la sua conclusione.

42.

Certamente la Corte ha riconosciuto che il pluralismo della stampa può costituire un’esigenza imperativa ai sensi dell’articolo 36 TFUE idonea a giustificare una restrizione alla libera circolazione delle merci ( 14 ). Essa ha tuttavia anche precisato che «pur ammettendo che la disposizione nazionale in questione nella causa principale persegua essenzialmente la salvaguardia del pluralismo dei mezzi di informazione (...), si deve osservare che la facoltà degli Stati membri di mantenere o istituire sul territorio misure che siano finalizzate o abbiano l’effetto di qualificare pratiche commerciali come sleali per motivi diretti alla salvaguardia del pluralismo dei mezzi di informazione non rientra tra le deroghe all’ambito di applicazione della direttiva [relativa alle pratiche commerciali sleali] enunciate ai considerando [6 e 9] nonché all’articolo 3 della stessa» ( 15 ).

43.

Ritengo che occorra concludere in tal senso, tanto più che il legislatore nazionale, istituendo una dicitura obbligatoria non prevista al punto 11 dell’allegato I della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, ha modificato, in una certa misura, l’elenco delle pratiche che sono considerate sleali in ogni caso, il che gli è precluso. A norma dell’articolo 5, paragrafo 5, di detta direttiva, infatti, l’elenco delle pratiche commerciali riprese al detto allegato I può essere modificato solo mediante revisione della direttiva stessa. In altri termini, è la stessa direttiva a impedire espressamente agli Stati membri di estendere arbitrariamente l’elenco del suo allegato I ( 16 ).

44.

La direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali deve quindi essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, nella misura in cui essa si applica a pubblicazioni che integrano pratiche commerciali sleali ai sensi dell’articolo 5 della direttiva medesima.

C – Incidenza dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali

45.

Nella sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio richiama anche l’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali a termini del quale «[p]er un periodo di sei anni a decorrere dal 12 giugno 2007 gli Stati membri possono continuare ad applicare disposizioni nazionali più dettagliate o vincolanti di quelle previste dalla presente direttiva nel settore da essa armonizzato, in attuazione di direttive contenenti clausole minime di armonizzazione. Tali misure devono essere essenziali al fine di assicurare un’adeguata protezione dei consumatori da pratiche commerciali sleali e devono essere proporzionate al raggiungimento di tale obiettivo (...)».

46.

Ci si chiede se l’applicazione di detto articolo all’articolo 10 della legge regionale sulla stampa resti esclusa, quantomeno fino al 12 giugno 2013. Ritengo di no.

47.

Come sottolineato dall’avvocato generale Trstenjak nelle conclusioni relative alla menzionata causa Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, l’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali limita detta eccezione alle disposizioni nazionali «emanate in attuazione di direttive contenenti clausole minime di armonizzazione» ( 17 ).

48.

A tal proposito, tutte le parti hanno confermato in occasione dell’udienza che la legge regionale de qua non era volta ad attuare una qualsivoglia direttiva, il che esclude l’applicazione del menzionato articolo 3, paragrafo 5.

49.

Da parte mia, aggiungo che l’articolo 10 della legge regionale sulla stampa, benché non sia volto ad attuare una delle disposizioni della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, riguarda tuttavia un settore – vale a dire quello dell’advertorial ovvero pubblicità redazionale – che è disciplinato dal punto 11 dell’allegato I di detta direttiva. Detto settore mi sembra quindi soggetto all’armonizzazione completa effettuata dalla direttiva de qua, restando quindi escluso, per tale stessa ragione, dal campo di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva medesima.

D – Incidenza dell’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali

50.

Nelle sue osservazioni, il governo polacco evoca la possibilità di considerare le disposizioni della legge regionale sulla stampa come regole volte a mantenere livelli elevati di integrità dei professionisti, che gli Stati membri possono imporre a questi ultimi a norma dell’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali.

51.

Sentite all’udienza a questo proposito dal giudice relatore, le parti hanno concordemente ritenuto che l’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali non si applichi ai giornalisti. Ritengo che la norma controversa non possa neppure essere considerata come una norma specifica volta a disciplinare una professione regolamentata ai sensi dell’articolo 2, lettera l), della direttiva de qua.

VI – Conclusione

52.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione sollevata dal Bundesgerichtshof nei seguenti termini:

La direttiva 2005/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che, applicandosi a pubblicazioni costituenti pratiche commerciali sleali ai sensi dell’articolo 5 della direttiva medesima, imponga a ogni editore di periodici che abbia chiesto o ottenuto un corrispettivo per una pubblicazione commerciale, ovvero ne abbia ricevuto la promessa, di contrassegnare chiaramente la pubblicazione stessa con la dicitura «annuncio», salvo che la collocazione e la struttura della pubblicazione non consentano già, in generale, di riconoscerne la natura pubblicitaria, e che sia volta non soltanto alla tutela dei consumatori ma persegua parimenti altri obiettivi.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149, pag. 22, e rettifica in GU 2009, L 253, pag. 18).

( 3 ) Direttiva del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23).

( 4 ) V., in tal senso, sentenze del 14 gennaio 2010, Plus Warenhandelsgesellschaft (C-304/08, Racc. pag. I-217, punto 39), e del 9 novembre 2010, Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag (C-540/08, Racc. pag. I-10909, punto 21).

( 5 ) V., in tal senso, il paragrafo 47 delle conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa sfociata nella menzionata sentenza Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag.

( 6 ) Citate sentenze Plus Warenhandelsgesellschaft (punto 39), e Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag (punto 21).

( 7 ) V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, cit. (paragrafo 42).

( 8 ) Punto 10 della decisione di rinvio.

( 9 ) Ibidem (punto 14).

( 10 ) V. in tal senso, in particolare, sentenza del 17 luglio 2008, ASM Brescia (C-347/06, Racc. pag. I-5641, punto 28).

( 11 ) Ordinanza della Corte del 30 giugno 2011, Wamo (C-288/10, Racc. pag. I-5835, punto 28).

( 12 ) V., in tal senso, sentenze del 23 aprile 2009, VTB‑VAB e Galatea (C-261/07 e C-299/07, Racc. pag. I-2949, punto 52); Plus Warenhandelsgesellschaft, cit. (punto 41), e Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, cit. (punto 30).

( 13 ) Punto 11 dell’allegato I della direttiva de qua.

( 14 ) V., in tal senso, sentenza del 26 giugno 1997, Familiapress (C-368/95, Racc. pag. I-3689, punto 18).

( 15 ) V. sentenza Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, cit. (punto 26).

( 16 ) V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, cit. (paragrafo 115).

( 17 ) V., in tal senso, e per esempi di direttive che contengono clausole minime di armonizzazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, le conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, cit. (paragrafo 64 e nota a piè di pagina 44).

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