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Document 62011CJ0035
Judgment of the Court (Grand Chamber), 13 November 2012.#Test Claimants in the FII Group Litigation v Commissioners of Inland Revenue and The Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs.#Reference for a preliminary ruling from the High Court of Justice of England and Wales, Chancery Division.#Articles 49 TFEU and 63 TFEU — Payment of dividends — Corporation tax — Case C‑446/04 — Test Claimants in the FII Group Litigation — Interpretation of the judgment — Prevention of economic double taxation — Equivalence of the exemption and imputation methods — Meaning of ‘tax rates’ and ‘different levels of taxation’ — Dividends from third countries.#Case C‑35/11.
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 13 novembre 2012.
Test Claimants in the FII Group Litigation contro Commissioners of Inland Revenue e Commissioners for Her Majesty's Revenue & Customs.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da High Court of Justice (Chancery Division).
Causa C-35/11.
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 13 novembre 2012.
Test Claimants in the FII Group Litigation contro Commissioners of Inland Revenue e Commissioners for Her Majesty's Revenue & Customs.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da High Court of Justice (Chancery Division).
Causa C-35/11.
Court reports – general
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2012:707
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
13 novembre 2012 ( *1 )
«Articoli 49 TFUE e 63 TFUE — Distribuzione di dividendi — Imposta sulle società — Causa C-446/04 — Test Claimants in the FII Group Litigation — Interpretazione della sentenza — Prevenzione della doppia imposizione economica — Equivalenza dei metodi dell’esenzione e dell’imputazione — Nozioni di “aliquota d’imposta” e di “diversi livelli d’imposizione” — Dividendi provenienti da paesi terzi»
Nella causa C-35/11,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Regno Unito), con decisione del 20 dicembre 2010, pervenuta in cancelleria il 21 gennaio 2011, nel procedimento
Test Claimants in the FII Group Litigation
contro
Commissioners of Inland Revenue,
The Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dal sig. K. Lenaerts (relatore), vicepresidente, dai sigg. A. Tizzano, L. Bay Larsen, T. von Danwitz, A. Rosas, presidenti di sezione, nonché dai sigg. U. Lõhmus, E. Levits, A. Ó Caoimh, J.-C. Bonichot e A. Arabadjiev, giudici,
avvocato generale: sig. N. Jääskinen
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 febbraio 2012,
considerate le osservazioni presentate:
— |
per Test Claimants in the FII Group Litigation, da G. Aaronson, QC, e P. Farmer, barrister; |
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per il governo del Regno Unito, da S. Ossowski, in qualità di agente, assistito da K. Bacon, barrister; |
— |
per il governo tedesco, da T. Henze e K. Petersen, in qualità di agenti; |
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per l’Irlanda, da D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito da A. Collins, SC, e N. McNicholas, BL; |
— |
per il governo francese, da G. de Bergues e N. Rouam, in qualità di agenti; |
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per il governo dei Paesi Bassi, da C. Wissels e B. Koopman, in qualità di agenti; |
— |
per la Commissione europea, da R. Lyal e W. Mölls, in qualità di agenti, |
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 luglio 2012,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 TFUE e 63 TFUE. |
2 |
Tale domanda è stata proposta in sede di applicazione della sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, Racc. pag. I-11753), e mira ad ottenere dei chiarimenti in merito a vari punti di detta pronuncia. |
Contesto normativo del Regno Unito
3 |
In base alla legislazione fiscale in vigore nel Regno Unito, gli utili realizzati nel corso di un esercizio contabile dalle società residenti in tale Stato membro, nonché dalle società che non vi risiedono ma che vi esercitano un’attività commerciale attraverso una succursale o un’agenzia, sono assoggettati all’imposta sulle società in tale Stato. |
4 |
Dal 1973 il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord applica un sistema di imposizione cosiddetto di «imputazione parziale», secondo il quale, al fine di evitare la doppia imposizione economica, qualora una società residente distribuisca degli utili, una parte dell’imposta sulle società da essa pagata è imputata in capo ai suoi azionisti. Fino al 6 aprile 1999 questo sistema si basava, da un lato, sul pagamento anticipato dell’imposta sulle società da parte della società distributrice e, dall’altro, su un credito d’imposta concesso agli azionisti beneficiari di una distribuzione di dividendi, accompagnato, per quel che riguarda le società beneficiarie residenti nel Regno Unito, da un’esenzione dall’imposta sulle società per i dividendi ad esse versati da una società anch’essa residente in questo Stato membro. |
Il pagamento anticipato dell’imposta sulle società
5 |
Ai sensi dell’articolo 14 della legge del 1988 relativa alle imposte sul reddito e sulle società (Income and Corporation Taxes Act 1988; in prosieguo: l’«ICTA»), nel testo applicabile all’epoca dei fatti in esame nel procedimento principale, una società residente nel Regno Unito che distribuisce dividendi ai propri azionisti è tenuta a pagare l’imposta anticipata sulle società («advance corporation tax»; in prosieguo: l’«ACT»), calcolata sull’importo o sul valore della distribuzione effettuata. |
6 |
Una società ha il diritto di imputare l’ACT versata a titolo di una distribuzione di dividendi realizzata nel corso di un dato esercizio contabile detraendola dall’importo di cui essa è debitrice a titolo dell’imposta sulle società («mainstream corporation tax») per tale esercizio, entro un certo limite. Se il debito fiscale di una società a titolo dell’imposta sulle società è insufficiente a permettere l’imputazione integrale dell’ACT, l’eccedenza di ACT può essere trasferita su un esercizio precedente o successivo, oppure alle controllate di detta società, che possono imputarla in detrazione dall’importo di cui loro stesse sono debitrici a titolo dell’imposta sulle società. Le controllate cui l’ACT eccedentaria può essere trasferita possono essere soltanto controllate residenti nel Regno Unito. |
7 |
Un gruppo di società con sede sociale nel Regno Unito può anche optare per il regime dell’imposizione di gruppo, che permette alle società appartenenti a tale gruppo di rinviare il pagamento dell’ACT fino a che la società capogruppo non procede ad una distribuzione di dividendi. |
La situazione degli azionisti residenti che percepiscono dividendi da società residenti
8 |
In applicazione dell’articolo 208 dell’ICTA, se una società residente nel Regno Unito percepisce dividendi da una società anch’essa residente in tale Stato membro, non è assoggettata all’imposta sulle società per i dividendi in questione. |
9 |
Inoltre, in forza dell’articolo 231, paragrafo 1, dell’ICTA, ogni distribuzione di dividendi assoggettata all’ACT effettuata da una società residente a favore di un’altra società residente dà luogo, a vantaggio di quest’ultima società, ad un credito d’imposta corrispondente alla relativa parte dell’importo dell’ACT versato dalla prima società. |
10 |
Ai sensi dell’articolo 238, paragrafo 1, dell’ICTA, in capo alla società beneficiaria, il dividendo percepito e il credito d’imposta costituiscono complessivamente il «reddito d’investimento esente» («franked investment income» o «FII»). |
11 |
Una società residente nel Regno Unito che abbia ricevuto da un’altra società residente dividendi la cui distribuzione ha dato diritto al credito d’imposta può riprendere l’importo dell’ACT versato da quest’altra società e detrarlo dall’importo dell’ACT che essa stessa deve versare quando procede ad una distribuzione di dividendi ai propri azionisti, in modo che essa versa l’ACT soltanto per l’eccedenza. |
La situazione degli azionisti residenti che percepiscono dividendi da società non residenti
12 |
Quando una società residente nel Regno Unito percepisce dividendi da una società non residente, è assoggettata all’imposta sulle società su tali dividendi. |
13 |
In tal caso, la società beneficiaria di detti dividendi non ha diritto ad un credito d’imposta e i dividendi percepiti non sono qualificati come redditi d’investimento esenti. Tuttavia, ai sensi degli articoli 788 e 790 dell’ICTA, essa beneficia di uno sgravio in relazione all’imposta pagata dalla società distributrice nel proprio Stato di residenza, sgravio che viene concesso o in base alla normativa in vigore nel Regno Unito, o in virtù di una convenzione contro le doppie imposizioni conclusa da tale Stato membro con un altro Stato. |
14 |
Così, la normativa nazionale permette di portare in detrazione dall’imposta sulle società dovuta dalla società residente beneficiaria dei dividendi le ritenute alla fonte operate su tali dividendi distribuiti da una società non residente. Se detta società residente beneficiaria dei dividendi controlla direttamente o indirettamente, ovvero è una controllata di una società che controlla direttamente o indirettamente, il 10% o più dei diritti di voto della società distributrice, lo sgravio si estende alla sottostante imposta estera sulle società, pagata sugli utili in base ai quali i dividendi sono stati distribuiti. Tale imposta pagata all’estero può essere oggetto di sgravio soltanto fino a concorrenza dell’importo dovuto nel Regno Unito a titolo di imposta sulle società sul reddito in questione. |
15 |
Analoghe disposizioni si applicano in virtù delle convenzioni contro le doppie imposizioni concluse dal Regno Unito. |
16 |
Qualora una società residente proceda essa stessa ad una distribuzione di dividendi ai propri azionisti, è assoggettata all’ACT. |
17 |
Per quanto riguarda la possibilità di imputare l’ACT pagata a titolo di tale distribuzione di dividendi portandola in detrazione dall’importo dovuto da detta società residente a titolo di imposta sulle società, il fatto che tale società residente percepisca dividendi da una società non residente può condurre ad un’eccedenza di ACT, segnatamente a motivo del fatto che – come si è rilevato al punto 13 della presente sentenza – la distribuzione di dividendi da parte di una società non residente non conferisce alcun credito d’imposta che possa essere detratto dall’importo dell’ACT che la società residente deve versare allorché distribuisce dividendi ai propri azionisti. |
Il regime del dividendo da reddito estero
18 |
A partire dal 1o luglio 1994, una società residente che percepisce dividendi da una società non residente può decidere, in occasione della distribuzione di un dividendo ai propri azionisti, che quest’ultimo sia qualificato come dividendo da reddito estero («foreign income dividend»; in prosieguo: il «FID»), sul quale l’ACT è dovuta, ma che consente a questa società, se e in quanto il FID raggiunga il livello dei dividendi di origine estera percepiti, di chiedere un rimborso per l’ACT versata in eccedenza. |
19 |
Mentre l’ACT dev’essere versata entro quattordici giorni dopo il trimestre nel corso del quale il dividendo è stato versato, l’ACT in eccedenza diviene rimborsabile nel momento in cui in capo alla società residente sorge l’obbligo di pagare l’imposta sulle società, vale a dire nove mesi dopo la chiusura dell’esercizio contabile. |
20 |
Il sistema dell’ACT, compreso il sistema del FID, è stato soppresso per le distribuzioni di dividendi effettuate a partire dal 6 aprile 1999. |
Fatti all’origine della controversia e questioni pregiudiziali
21 |
La High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, desidera, in primo luogo, ottenere chiarimenti in merito al punto 56 e al punto 1 del dispositivo della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation. Detto giudice ricorda che la Corte ha statuito, ai punti 48-53, 57 e 60 di tale sentenza, che una normativa nazionale, la quale applichi ai dividendi di origine nazionale il metodo dell’esenzione e ai dividendi di origine estera il metodo dell’imputazione, non è contraria agli articoli 49 TFUE e 63 TFUE, a condizione che l’aliquota d’imposta sui dividendi di origine estera non sia superiore all’aliquota d’imposta applicata ai dividendi di origine nazionale e che il credito d’imposta sia almeno pari all’importo pagato nello Stato membro della società distributrice, sino a concorrenza dell’importo dell’imposta applicata nello Stato membro della società beneficiaria. |
22 |
Le ricorrenti nella causa principale avevano fatto osservare dinanzi alla Corte, come risulta dal punto 54 della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, che, «in base alla normativa vigente nel Regno Unito, nel caso di una distribuzione di dividendi di origine nazionale, questi ultimi sono esentati dall’imposta sulle società [in capo alla] società beneficiaria indipendentemente dall’imposta versata dalla società distributrice, vale a dire altresì quando, in ragione degli sgravi di cui essa beneficia, quest’ultima non sia debitrice di imposta o paghi un’imposta sulle società inferiore all’aliquota nominale applicabile nel Regno Unito». A questo proposito la Corte ha constatato, ai punti 55 e 56 di detta sentenza, quanto segue:
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23 |
A seguito della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, le ricorrenti nel procedimento principale hanno presentato dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, alcune perizie intese a dimostrare che il livello di imposizione effettivo sugli utili delle società residenti era inferiore all’aliquota d’imposta nominale nella maggior parte dei casi e che tale situazione non poteva dunque essere qualificata come eccezionale. |
24 |
Le parti convenute nel procedimento principale non hanno contestato gli elementi di prova delle ricorrenti riguardanti il livello di imposizione effettivo delle società residenti. Per contro, esse hanno ritenuto che la verifica da effettuarsi a cura del giudice nazionale in osservanza del punto 56 della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation non avesse alcun rapporto con i livelli di imposizione effettivi. Tenuto conto del fatto che, nelle proprie osservazioni scritte dinanzi alla Corte, il Regno Unito aveva menzionato lo sgravio previsto dalla normativa nazionale in favore delle piccole imprese, le parti convenute hanno sostenuto che il giudice del rinvio era tenuto unicamente ad esaminare se le differenze tra le aliquote d’imposta nominali applicabili alle società residenti distributrici di dividendi, da un lato, e alle società residenti beneficiarie di dividendi, dall’altro, sussistessero soltanto in circostanze eccezionali. |
25 |
Il giudice del rinvio reputa di esser tenuto a verificare il livello di imposizione effettivo applicabile agli utili distribuiti da società residenti, ma ritiene necessario interrogare la Corte in merito a tale questione. |
26 |
In secondo luogo, il giudice del rinvio mira ad ottenere chiarimenti riguardo ai punti 2 e 4 del dispositivo della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation. Esso chiede se tali punti trovino applicazione soltanto quando una società residente nel Regno Unito percepisce direttamente dei dividendi da una controllata non residente che ha pagato nel suo Stato di residenza l’imposta sulle società sugli utili sottostanti ai dividendi distribuiti, oppure se i suddetti punti del dispositivo valgano anche quando la controllata non residente non ha personalmente pagato alcuna imposta – o eventualmente un’imposta assai ridotta – e i dividendi sono stati distribuiti sulla base di utili risultanti da dividendi versati da una subcontrollata residente in uno Stato membro sulla base di utili per i quali l’imposta sulle società è stata pagata in tale Stato. |
27 |
A tal fine, il giudice del rinvio chiarisce che la controllata non residente molto spesso non paga nel proprio Stato di residenza alcuna imposta sugli utili che stanno alla base dei dividendi versati alla sua società madre residente. Ciò è principalmente dovuto all’utilizzazione generalizzata, da parte di gruppi internazionali, di società holding intermedie che pagano un’imposta assai bassa o inesistente sui propri utili. Gli Stati in cui tali holding sono domiciliate concedono spesso uno sgravio preventivo dalla doppia imposizione per l’imposta sostenuta sugli utili distribuiti. |
28 |
In terzo luogo, il giudice del rinvio desidera sapere se il punto 2 del dispositivo della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation sia limitato all’ipotesi in cui la società residente che riceve i dividendi da una società non residente paghi essa stessa l’ACT, oppure se il citato punto del dispositivo valga anche nell’ipotesi in cui la suddetta società residente avesse optato per il regime dell’imposizione di gruppo. Nell’ambito di tale regime, l’ACT viene versata da una società residente situata a monte nella struttura del gruppo. Il giudice del rinvio desidera altresì sapere se occorra constatare in quest’ultima ipotesi – che la Corte, al punto 10 della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, ha ritenuto non sussistente – una violazione del diritto dell’Unione, tale per cui, in forza dei principi enunciati dalla Corte nella sentenza del 9 novembre 1983, San Giorgio (199/82, Racc. pag. 3595), sussisterebbe un diritto al rimborso a favore della società a monte che ha effettivamente pagato l’ACT. |
29 |
Tuttavia, secondo le parti convenute nel procedimento principale, l’ACT pagata nella specie da tale società è stata correttamente richiesta, sicché le perdite subite da tale società possono unicamente costituire l’oggetto di un’azione per risarcimento danni, qualora sussistano le condizioni enunciate dalla Corte nella sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C-46/93 e C-48/93, Racc. pag. I-1029). |
30 |
In quarto luogo, il giudice del rinvio ricorda che la prima questione pregiudiziale oggetto della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation era limitata ai dividendi pagati da società residenti di altri Stati membri. Tuttavia, quando la causa è ritornata dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, le ricorrenti in quel giudizio hanno sostenuto che, alla luce dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte, il regime in vigore nel Regno Unito era contrario anche all’articolo 63 TFUE, nella misura in cui esso si applicava ai dividendi pagati da controllate residenti in Stati terzi. Secondo le ricorrenti, l’articolo 63 TFUE è applicabile in quanto la legislazione del Regno Unito si applica indipendentemente dall’entità della partecipazione detenuta dal soggetto interessato nella società distributrice residente in un paese terzo. |
31 |
Le parti convenute ritengono però che l’articolo 63 TFUE sia inapplicabile qualora la società residente di uno Stato membro eserciti una sicura influenza sulle decisioni di una società residente di un paese terzo e sia in grado di determinarne le attività. Secondo il giudice del rinvio, le sentenze del 24 maggio 2007, Holböck (C-157/05, Racc. pag. I-4051); del 18 dicembre 2007, A (C-101/05, Racc. pag. I-11531), e del 17 settembre 2009, Glaxo Wellcome (C-182/08, Racc. pag. I-8591), suffragano la tesi delle ricorrenti nel procedimento principale. |
32 |
In quinto luogo, il giudice del rinvio desidera ottenere chiarimenti in merito al punto 3 del dispositivo della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, che riguarda la legislazione relativa all’ACT, menzionata al punto 6 della presente sentenza, la quale consente a una società madre residente nel Regno Unito di trasferire l’eccedenza di ACT alle proprie controllate residenti in modo che l’ACT medesima possa essere portata in detrazione dall’importo dovuto da tali controllate a titolo dell’imposta sulle società. Le ricorrenti nel procedimento principale avevano sostenuto che tale legislazione era contraria all’articolo 49 TFUE nella misura in cui tale possibilità era riservata alle controllate residenti nel Regno Unito. Esse hanno affermato che, scegliendo di applicare tali norme, il Regno Unito aveva l’obbligo di prevedere un analogo sgravio, quale un rimborso dell’ACT che potesse essere oggetto di compensazione con l’imposta sulle società pagata dalle controllate stabilite nell’Unione europea. |
33 |
Al punto 115 della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, la Corte ha iniziato l’esame di tale questione rilevando che «(...) la discussione dinanzi alla Corte si è limitata all’impossibilità per una società residente di trasferire un’eccedenza di ACT a [controllate] non residenti affinché queste ultime possano compensarla con l’imposta sulle società da esse dovuta nel Regno Unito per le attività esercitate in quest’ultimo Stato membro». |
34 |
Pertanto, la risposta fornita al punto 139 e al punto 3 del dispositivo della citata sentenza non riguarda l’ipotesi in cui la società non residente fosse assoggettata all’imposta sulle società unicamente nel suo Stato membro di residenza. Il giudice del rinvio desidera dunque sapere se la risposta fornita nel punto 3 del dispositivo della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation sia differente nel caso in cui le controllate non residenti a favore delle quali non ha potuto essere effettuato alcun trasferimento di ACT eccedentaria non siano assoggettate ad imposizione nello Stato membro della società madre. |
35 |
In tale contesto, la High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
36 |
Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49 TFUE e 63 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa di uno Stato membro, la quale applichi il metodo dell’esenzione ai dividendi di origine nazionale e il metodo dell’imputazione ai dividendi di origine estera, nel caso in cui, nello Stato membro suddetto, il livello di imposizione effettivo sugli utili delle società sia generalmente inferiore all’aliquota d’imposta nominale. |
37 |
Occorre ricordare che, rispetto ad una disciplina tributaria quale quella in questione nel procedimento principale, volta a prevenire la doppia imposizione economica degli utili distribuiti, la situazione di una società azionista che percepisce dividendi di origine estera è paragonabile a quella di una società azionista che percepisce dividendi di origine nazionale, dal momento che, in entrambi i casi, gli utili realizzati possono, in linea di principio, essere oggetto di un’imposizione a catena (sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 62, e del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, Racc. pag. I-305, punto 59). |
38 |
Date tali premesse, gli articoli 49 TFUE e 63 TFUE impongono ad uno Stato membro, che applichi un sistema per prevenire la doppia imposizione economica nel caso di dividendi versati a soggetti residenti da società residenti, l’obbligo di concedere un trattamento equivalente ai dividendi versati a soggetti residenti da società non residenti (v. citate sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 72, e Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, punto 60). |
39 |
Occorre poi ricordare come la Corte abbia statuito che uno Stato membro è, in linea di principio, libero di evitare l’imposizione a catena dei dividendi percepiti da una società residente optando per il metodo dell’esenzione allorché i dividendi vengono pagati da una società residente e per il metodo dell’imputazione allorché essi sono versati da una società non residente. Questi due metodi sono infatti equivalenti, a condizione però che l’aliquota d’imposta sui dividendi di origine estera non sia superiore a quella applicata ai dividendi di origine nazionale e che il credito d’imposta sia perlomeno pari all’importo versato nello Stato della società distributrice, sino a concorrenza dell’importo dell’imposta applicata nello Stato membro della società beneficiaria (v. sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punti 48 e 57; Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 86, e del 15 settembre 2011, Accor, C-310/09, Racc. pag. I-8115, punto 88, nonché ordinanza del 23 aprile 2008, Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation, C-201/05, Racc. pag. I-2875, punto 39). |
40 |
Occorre sottolineare al riguardo che, poiché il diritto dell’Unione, al suo stato attuale, non stabilisce criteri generali per la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri per quanto riguarda l’eliminazione delle doppie imposizioni all’interno dell’Unione (sentenze del 14 novembre 2006, Kerckhaert e Morres, C-513/04, Racc. pag. I-10967, punto 22, e dell’8 dicembre 2011, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C-157/10, Racc. pag. I-13023, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata), ogni Stato membro resta libero di organizzare il proprio sistema di imposizione sugli utili distribuiti, a condizione però che il sistema in questione non comporti discriminazioni vietate dal Trattato FUE. Orbene, un obbligo imposto allo Stato membro in cui risiede la società beneficiaria dei dividendi di esonerare dall’imposta sulle società dividendi di origine estera pregiudicherebbe la competenza dello Stato membro di cui trattasi a tassare, nel rispetto del principio di non discriminazione, gli utili così distribuiti in base all’aliquota prevista dalla propria legislazione. |
41 |
Come risulta dal punto 54 della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, le ricorrenti nel procedimento principale hanno contestato l’equivalenza dei metodi dell’esenzione e dell’imputazione, facendo valere che, in base alla normativa vigente nel Regno Unito, nel caso di una distribuzione di dividendi di origine nazionale, questi ultimi sono esentati dall’imposta sulle società in capo alla società beneficiaria indipendentemente dall’imposta versata dalla società distributrice, vale a dire anche quando quest’ultima, in ragione di sgravi di cui beneficia, non sia debitrice di imposta o paghi un’imposta sulle società inferiore all’aliquota nominale applicabile nel Regno Unito. |
42 |
La Corte dunque, al punto 56 della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, ha invitato il giudice del rinvio a verificare se l’aliquota d’imposta sia davvero identica e se i livelli d’imposizione differenti sussistano soltanto in determinati casi a motivo di una modifica della base imponibile dovuta ad alcuni sgravi eccezionali. |
43 |
Si deve infatti ritenere che, nelle circostanze qui di seguito descritte, l’aliquota d’imposta sui dividendi di origine estera sarà superiore a quella applicata ai dividendi di origine nazionale ai sensi della giurisprudenza citata al punto 39 della presente sentenza e, pertanto, che l’equivalenza del metodo dell’esenzione e di quello dell’imputazione sarà compromessa. |
44 |
In primo luogo, se la società residente che distribuisce dividendi è assoggettata ad una aliquota d’imposta nominale inferiore all’aliquota d’imposta nominale cui è assoggettata la società residente che percepisce i suddetti dividendi, l’esenzione fiscale dei dividendi di origine nazionale in capo a quest’ultima società darà luogo ad una tassazione degli utili distribuiti inferiore a quella risultante dall’applicazione del metodo dell’imputazione ai dividendi di origine estera percepiti dalla medesima società residente, ma stavolta pagati da una società non residente anch’essa assoggettata ad una ridotta tassazione dei propri utili, segnatamente a motivo di una aliquota d’imposta nominale più bassa. |
45 |
Infatti, l’applicazione del metodo dell’esenzione darà luogo ad una tassazione degli utili di origine nazionale distribuiti in base all’aliquota d’imposta nominale inferiore applicabile alla società distributrice dei dividendi, mentre l’applicazione del metodo dell’imputazione ai dividendi di origine estera determinerà una tassazione degli utili distribuiti in base all’aliquota d’imposta nominale superiore applicabile alla società beneficiaria dei dividendi. |
46 |
In secondo luogo, l’equivalenza tra l’esenzione fiscale dei dividendi distribuiti da una società residente e l’applicazione di un metodo di imputazione ai dividendi distribuiti da una società non residente, il quale – al pari del metodo previsto dalla normativa controversa nel procedimento principale – tenga conto del livello di imposizione effettivo sugli utili nello Stato di origine, viene infranta anche nel caso in cui gli utili della società residente che distribuisce dividendi siano assoggettati nello Stato membro di residenza ad un livello di imposizione effettivo inferiore all’aliquota d’imposta nominale applicabile in tale Stato. |
47 |
Infatti, l’esenzione fiscale dei dividendi di origine nazionale non determina alcun onere fiscale in capo alla società residente che riceve i dividendi stessi indipendentemente dal livello di imposizione effettivo applicato agli utili sulla base dei quali sono stati pagati i dividendi. Per contro, l’applicazione del metodo dell’imputazione ai dividendi di origine estera porterà ad un onere fiscale supplementare in capo alla società beneficiaria residente qualora il livello di imposizione effettivo applicato agli utili della società distributrice di dividendi non raggiunga l’aliquota d’imposta nominale alla quale sono assoggettati gli utili della società residente beneficiaria dei dividendi. |
48 |
Pertanto, contrariamente al metodo dell’esenzione, il metodo dell’imputazione non consente di trasmettere alla società azionista il beneficio degli abbattimenti concessi a monte in materia di imposta sulle società alla società distributrice di dividendi. |
49 |
Date tali premesse, la verifica che la Corte, al punto 56 della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, ha demandato al giudice del rinvio si riferisce alle aliquote d’imposta nominali applicabili e, al tempo stesso, ai livelli effettivi di imposizione. Infatti, «l’aliquota d’imposta» cui fa riferimento il citato punto 56 corrisponde all’aliquota d’imposta nominale e «i diversi livelli di imposizione (...) a motivo di una modifica della base imponibile» si riferiscono ai livelli di imposizione effettivi. È in particolare a motivo degli sgravi determinanti una riduzione della base imponibile che il livello di imposizione effettivo può essere inferiore all’aliquota d’imposta nominale. |
50 |
Con riguardo ad un’eventuale differenza tra l’aliquota d’imposta nominale e il livello di imposizione effettivo al quale è assoggettata la società residente distributrice di dividendi, risulta indubbiamente dal punto 56 della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation che l’equivalenza del metodo dell’esenzione e di quello dell’imputazione non risulta senz’altro compromessa ove sussistano casi eccezionali nei quali determinati dividendi di origine nazionale vengono esentati malgrado che gli utili sulla base dei quali tali dividendi sono stati pagati non siano stati assoggettati nella loro interezza ad un livello di imposizione effettivo corrispondente all’aliquota d’imposta nominale. La Corte ha però precisato che spettava al giudice del rinvio stabilire il carattere eccezionale o meno della differenza tra il livello di imposizione effettivo e l’aliquota d’imposta nominale. |
51 |
Dalla decisione del giudice del rinvio risulta che quest’ultimo ha proceduto alla verifica cui era stato invitato al punto 56 della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation. Esso ha così constatato che, nel procedimento principale, la medesima aliquota d’imposta nominale si applica tanto agli utili della società residente distributrice di dividendi quanto agli utili della società residente beneficiaria. Per contro, risulta dalla decisione di rinvio che la circostanza evocata al punto 46 della presente sentenza si presenta, e non in modo eccezionale. Infatti, secondo il giudice del rinvio, nel Regno Unito il livello di imposizione effettivo sugli utili delle società residenti è inferiore all’aliquota d’imposta nominale nella maggior parte dei casi. |
52 |
Ne consegue che l’applicazione del metodo dell’imputazione ai dividendi di origine estera, quale prevista dalla normativa controversa nel giudizio principale, non garantisce un trattamento fiscale equivalente a quello risultante dall’applicazione del metodo dell’esenzione ai dividendi di origine nazionale. |
53 |
Poiché, rispetto ad una norma tributaria, quale quella oggetto del procedimento principale, volta a prevenire la doppia imposizione economica degli utili distribuiti, la situazione di una società azionista che percepisce dividendi di origine estera è comparabile a quella di una società azionista che percepisce dividendi di origine nazionale, dal momento che, in entrambi i casi, gli utili realizzati possono, in linea di principio, essere oggetto di un’imposizione a catena (v. citate sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 62, nonché Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, punto 59), la differenza di trattamento fiscale tra le due categorie di dividendi non è giustificata da una corrispondente diversità di situazioni. |
54 |
Ne consegue che una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale costituisce una restrizione della libertà di stabilimento e dei movimenti di capitali vietata, in linea di principio, dagli articoli 49 TFUE e 63 TFUE. |
55 |
Secondo una giurisprudenza costante, una siffatta restrizione può essere ammessa solo se è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale. Anche in tale ipotesi, però, è necessario che essa sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo in questione e che non vada oltre quanto è necessario per raggiungerlo (v. sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, Racc. pag. I-12273, punto 42, e del 1o dicembre 2011, Commissione/Belgio, C-250/08, Racc. pag. I-12341, punto 51). |
56 |
A questo proposito, il governo del Regno Unito ha sostenuto, nella causa decisa dalla citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, che la normativa contestata dinanzi al giudice nazionale era oggettivamente giustificata dalla necessità di assicurare la coerenza del regime fiscale nazionale. |
57 |
Occorre ricordare come la Corte abbia già riconosciuto che la necessità di preservare la coerenza di un regime fiscale può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato (sentenze del 28 gennaio 1992, Bachmann, C-204/90, Racc. pag. I-249, punto 21; del 7 settembre 2004, Manninen, C-319/02, Racc. pag. I-7477, punto 42; del 23 ottobre 2008, Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt, C-157/07, Racc. pag. I-8061, punto 43, e Commissione/Belgio, cit., punto 70). |
58 |
Tuttavia, secondo una giurisprudenza consolidata, è necessario che sia dimostrata l’esistenza di un nesso diretto tra il vantaggio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale vantaggio attraverso un determinato prelievo fiscale (sentenza Commissione/Belgio, cit., punto 71 e la giurisprudenza ivi citata), tenendo presente che il carattere diretto di tale nesso deve essere valutato alla luce dell’obiettivo perseguito dalla normativa in questione (sentenze del 27 novembre 2008, Papillon, C-418/07, Racc. pag. I-8947, punto 44, e del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha, C-303/07, Racc. pag. I-5145, punto 72). |
59 |
Tenuto conto dell’obiettivo perseguito dalla normativa in esame nel procedimento principale, sussiste un nesso diretto tra, da un lato, il vantaggio fiscale concesso – vale a dire il credito d’imposta nel caso dei dividendi di origine estera e l’esenzione fiscale per i dividendi di origine nazionale – e, dall’altro, l’imposta cui sono già stati assoggettati gli utili distribuiti. |
60 |
Quanto al carattere proporzionato della restrizione, si deve rilevare che, se l’applicazione del metodo dell’imputazione ai dividendi di origine estera e del metodo dell’esenzione ai dividendi di origine nazionale può essere giustificata per evitare una doppia imposizione economica degli utili distribuiti, non è però necessario, al fine di mantenere la coerenza del regime fiscale di cui trattasi, tener conto, da un lato, del livello di imposizione effettivo subìto dagli utili distribuiti ai fini del calcolo del vantaggio fiscale nell’ambito dell’applicazione del metodo dell’imputazione e, dall’altro, della sola aliquota d’imposta nominale applicata agli utili distribuiti nell’ambito del metodo dell’esenzione. |
61 |
Infatti, l’esenzione fiscale di cui beneficia una società residente che percepisce dividendi di origine nazionale viene concessa indipendentemente dal livello di imposizione effettivo applicato agli utili che stanno alla base dei dividendi distribuiti. Tale esenzione, mirando ad evitare una doppia imposizione economica degli utili distribuiti, è dunque fondata sull’ipotesi di una tassazione degli utili in questione in capo alla società distributrice dei dividendi secondo l’aliquota d’imposta nominale. Essa pertanto si avvicina alla concessione di un credito d’imposta calcolato mediante riferimento a tale aliquota d’imposta nominale. |
62 |
Al fine di assicurare la coerenza del regime fiscale di cui trattasi, una normativa nazionale che tenesse conto in particolare, anche nell’ambito del metodo dell’imputazione, dell’aliquota d’imposta nominale applicata agli utili sottostanti ai dividendi distribuiti sarebbe idonea a prevenire la doppia imposizione economica sugli utili distribuiti e a garantire la coerenza interna del regime fiscale, risultando al tempo stesso meno lesiva della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali. |
63 |
A questo proposito occorre rilevare che, al punto 99 della citata sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, la Corte, dopo aver ricordato che, in linea di principio, è consentito agli Stati membri prevenire l’imposizione a catena sui dividendi percepiti da una società residente applicando il metodo dell’esenzione ai dividendi di origine nazionale e il metodo dell’imputazione ai dividendi di origine estera, ha constatato che la normativa nazionale controversa in quel caso teneva conto, ai fini del calcolo dell’importo del credito d’imposta nell’ambito del metodo dell’imputazione, dell’aliquota d’imposta nominale applicabile nello Stato in cui la società distributrice dei dividendi era stabilita. |
64 |
Vero è che il calcolo, in sede di applicazione del metodo dell’imputazione, di un credito d’imposta sulla base dell’aliquota d’imposta nominale applicata agli utili sottostanti ai dividendi distribuiti può pur sempre portare ad un trattamento fiscale meno favorevole dei dividendi di origine estera, il quale deriva in particolare dall’esistenza negli Stati membri di regole differenti in materia di determinazione della base imponibile dell’imposta sulle società. Tuttavia, si deve ritenere che un simile trattamento sfavorevole, allorché si verifica, consegue dall’esercizio parallelo, da parte di Stati membri diversi, della loro competenza fiscale, il quale è compatibile con il Trattato (v., in tal senso, sentenze Kerckhaert e Morres, cit., punto 20, e del 15 aprile 2010, CIBA, C-96/08, Racc. pag. I-2911, punto 25). |
65 |
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 49 TFUE e 63 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro, la quale applichi il metodo dell’esenzione ai dividendi di origine nazionale e il metodo dell’imputazione ai dividendi di origine estera, qualora sia dimostrato, da un lato, che il credito d’imposta di cui gode la società beneficiaria dei dividendi nell’ambito del metodo dell’imputazione è equivalente all’importo dell’imposta effettivamente pagata sugli utili sottostanti ai dividendi distribuiti e, dall’altro, che il livello di imposizione effettivo sugli utili delle società nello Stato membro in questione è generalmente inferiore all’aliquota d’imposta nominale prevista. |
Sulla seconda questione
66 |
Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le risposte fornite dalla Corte al secondo e al quarto quesito pregiudiziale nella citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation valgano anche, da un lato, nel caso in cui l’imposta estera sulle società applicata agli utili sottostanti ai dividendi distribuiti non sia stata pagata, o non sia stata interamente pagata, dalla società non residente che versa tali dividendi alla società residente, bensì da una società residente in uno Stato membro, controllata diretta o indiretta della prima società, e, dall’altro lato, nel caso in cui l’ACT non sia stata pagata dalla società residente che percepisce i dividendi da una società non residente, bensì sia stata corrisposta dalla sua società madre residente nell’ambito del regime dell’imposizione di gruppo. |
67 |
Nella citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, la Corte ha risposto al secondo e al quarto quesito dichiarando che gli articoli 49 TFUE e 63 TFUE ostano:
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68 |
In primo luogo, occorre ricordare che, in base alla normativa controversa nel procedimento principale, qualora dei dividendi fossero distribuiti al di fuori del regime dell’imposizione di gruppo, la società residente distributrice degli stessi era tenuta a versare l’ACT, la quale costituiva una forma di pagamento anticipato dell’imposta sulle società. Successivamente, i dividendi distribuiti risalivano nella gerarchia del gruppo come reddito di investimento esente, nel senso che ai dividendi era collegato un credito d’imposta, di importo pari all’ACT pagata. Il credito d’imposta andava a compensare l’obbligo gravante sulle società a monte nella gerarchia del gruppo di pagare l’ACT in occasione della successiva distribuzione di dividendi alla loro società madre immediata o ad azionisti esterni. Pertanto, quando un dividendo veniva pagato al di fuori del regime dell’imposizione di gruppo, l’ACT era a carico del livello più basso delle società residenti nel Regno Unito. |
69 |
Il governo del Regno Unito ritiene che non sia contrario agli articoli 49 TFUE e 63 TFUE il fatto che l’imposta sulle società alla quale sono stati assoggettati gli utili sottostanti ai dividendi di origine estera non possa essere detratta dall’ACT dovuta dalla società madre residente nel Regno Unito nel caso in cui la controllata residente in un altro Stato membro, che ha versato i dividendi alla società madre residente nel Regno Unito, non abbia pagato – o interamente pagato – essa stessa l’imposta sulle società sugli utili distribuiti, bensì tale imposta sia stata pagata da una controllata diretta o indiretta della prima controllata, anch’essa residente in uno Stato membro. Secondo detto governo, se la società non residente che distribuisce dividendi alla propria società madre residente nel Regno Unito non ha personalmente pagato l’imposta sulle società per gli utili distribuiti, non sussiste un’imposizione a catena sui dividendi transfrontalieri la quale giustifichi uno sgravio fiscale. |
70 |
Una siffatta argomentazione non può essere accolta. |
71 |
Occorre ricordare, infatti, che una società residente che percepisce dividendi di origine estera si trova, rispetto all’obiettivo di prevenzione della doppia imposizione economica perseguito dalla normativa in esame nel procedimento principale, in una situazione comparabile a quella di una società residente che percepisce dividendi di origine nazionale. Con riguardo a detto obiettivo, risulta dalle risposte fornite al secondo e al quarto quesito pregiudiziale nella citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation che gli articoli 49 TFUE e 63 TFUE ostano ad una normativa di uno Stato membro che, soltanto per quanto riguarda i dividendi di origine estera, non tenga conto dell’imposta sulle società già pagata sugli utili distribuiti. |
72 |
Come risulta dal punto 62 della presente sentenza, l’obbligo imposto ad una società residente da una normativa nazionale, quale quella controversa nel procedimento principale, di pagare l’ACT al momento della distribuzione di utili provenienti da dividendi di origine estera è infatti giustificato soltanto nella misura in cui la suddetta imposta anticipata corrisponde all’importo inteso a compensare l’aliquota d’imposta nominale applicata agli utili sottostanti ai dividendi di origine estera inferiore rispetto all’aliquota d’imposta nominale applicabile agli utili della società residente. |
73 |
Orbene, a questo proposito poco importa che la società non residente che corrisponde dei dividendi alla propria società madre residente sia essa stessa assoggettata all’imposta sulle società, purché però gli utili distribuiti siano stati assoggettati all’imposta sulle società. |
74 |
Le risposte al secondo e al quarto quesito pregiudiziale sollevati nell’ambito della causa decisa dalla citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation non perdono dunque la propria validità per il fatto che si constati che l’imposta estera sulle società applicata agli utili sottostanti ai dividendi distribuiti non è stata pagata, ovvero non è stata interamente pagata, dalla società non residente che versa i suddetti dividendi alla società residente, bensì è stata corrisposta da una società residente in uno Stato membro, controllata diretta o indiretta della prima società. |
75 |
In secondo luogo, per quanto riguarda il regime dell’imposizione di gruppo, quale quello in questione nel procedimento principale, si deve ricordare che, quando dei dividendi venivano versati da una società residente nell’ambito di tale regime, essi non erano assoggettati ad un obbligo di pagamento dell’ACT e non erano considerati come un reddito di investimento esente in capo alla società residente che li percepiva. |
76 |
Ciò significava che, mentre i dividendi venivano traslati a monte nella gerarchia del gruppo senza alcun obbligo di versare l’ACT, quando l’ultima società madre residente arrivava a distribuire i dividendi agli azionisti esterni al gruppo, essa non disponeva di alcun credito d’imposta da compensare con il proprio obbligo di pagamento dell’ACT ed era di conseguenza tenuta ad assolvere tale obbligo su tali dividendi. Le disposizioni del sistema dell’ACT consentivano però all’ultima società madre di riportare qualsiasi propria eccedenza di ACT in capo alle proprie controllate residenti e di imputarla all’onere fiscale complessivo del gruppo (v. sentenza dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a., C-397/98 e C-410/98, Racc. pag. I-1727, punti 21-25). |
77 |
Secondo il governo del Regno Unito, la normativa nazionale relativa al regime dell’imposizione di gruppo è compatibile con gli articoli 49 TFUE e 63 TFUE, dal momento che la società residente che percepisce dividendi da una società non residente beneficia di un’esenzione dall’ACT. Poiché la suddetta società residente non è tenuta a pagare alcuna ACT, il sistema non comporterebbe alcuna doppia imposizione economica. |
78 |
A questo proposito, si deve constatare che il regime dell’imposizione di gruppo ha come effetto di trasferire il pagamento dell’ACT – ossia l’imposta anticipata sulle società – a monte nella gerarchia del gruppo. Nell’ambito di tale regime, è in particolare l’obbligo incombente alla società madre residente del gruppo di pagare l’ACT al momento della distribuzione di dividendi agli azionisti esterni al gruppo stesso che rischia di determinare, per la parte degli utili distribuiti corrispondente a dividendi di origine estera, una doppia imposizione economica. |
79 |
Infatti, il pagamento dell’ACT sugli utili corrispondenti a dividendi di origine estera da parte dell’ultima società madre residente del gruppo ha per effetto – come sottolineato dalle ricorrenti nel procedimento principale e dalla Commissione europea – che gli utili distribuiti vengono tassati una seconda volta a titolo dell’imposta sulle società. Tale imposizione non può essere portata in detrazione dall’obbligo fiscale della controllata non residente che distribuisce tali utili. Per contro, in un contesto puramente interno, l’eccedenza di ACT pagata dalla società madre residente può essere trasferita e imputata all’imposta sulle società dovuta dalle controllate residenti del gruppo. |
80 |
Alla luce dell’obiettivo di prevenzione della doppia imposizione economica perseguito dalla normativa controversa nel procedimento principale, si deve ritenere che gli articoli 49 TFUE e 63 TFUE ostino anche ad una normativa quale quella in questione nel procedimento principale, nella misura in cui essa, nell’ambito del regime dell’imposizione di gruppo, non tenga conto, per quanto riguarda i dividendi di origine estera, dell’imposta sulle società già pagata sugli utili distribuiti. |
81 |
Pertanto, le risposte al secondo e al quarto quesito pregiudiziale sollevati nell’ambito della causa decisa dalla citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation restano identiche nel caso in cui l’ACT non venga pagata dalla società residente che percepisce i dividendi da una società non residente, bensì venga corrisposta dalla sua società madre residente nell’ambito del regime dell’imposizione di gruppo. |
82 |
Date tali circostanze, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che le risposte fornite dalla Corte al secondo e al quarto quesito pregiudiziale sollevati nell’ambito della causa decisa dalla citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation valgono anche nel caso in cui:
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Sulla terza questione
83 |
Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che una società madre, la quale, nell’ambito del regime dell’imposizione di gruppo, sia stata costretta, in violazione delle norme del diritto dell’Unione, a pagare l’ACT sulla parte dei propri utili proveniente da dividendi di origine estera, può presentare un’azione volta ad ottenere il rimborso dell’imposta indebitamente riscossa, oppure se essa possa esperire soltanto un’azione di risarcimento del danno. |
84 |
Al riguardo si deve ricordare che il diritto di ottenere il rimborso di tributi riscossi da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione che vietano tali tributi. Lo Stato membro è quindi tenuto, in linea di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione (sentenza del 6 settembre 2011, Lady & Kid e a., C-398/09, Racc. pag. I-7375, punto 17 e la giurisprudenza ivi citata). |
85 |
Orbene, risulta dalla risposta alla seconda questione che una normativa nazionale, quale quella in esame nel procedimento principale, che miri a prevenire la doppia imposizione economica degli utili distribuiti, è incompatibile con il diritto dell’Unione nella misura in cui essa, nell’ambito del regime dell’imposizione di gruppo, non tenga conto, per quanto riguarda i dividendi provenienti da altri Stati, dell’imposta sulle società già pagata sugli utili sulla scorta dei quali tali dividendi sono stati versati. |
86 |
Come risulta dai punti 62 e 72 della presente sentenza, l’obbligo imposto ad una società residente di pagare l’ACT al momento della distribuzione di utili provenienti da dividendi di origine estera è giustificato soltanto nella misura in cui la suddetta imposta anticipata corrisponde all’importo inteso a compensare l’aliquota d’imposta nominale applicata agli utili sottostanti ai dividendi di origine estera inferiore rispetto all’aliquota d’imposta nominale applicabile agli utili della società madre residente. |
87 |
Occorre dunque rispondere alla terza questione dichiarando che il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che una società madre residente di uno Stato membro, la quale, nell’ambito del regime dell’imposizione di gruppo, quale quello oggetto del procedimento principale, sia stata costretta, in violazione delle norme del diritto dell’Unione, a pagare l’ACT sulla parte di utili proveniente da dividendi di origine estera, può presentare un’azione volta a ottenere il rimborso di tale imposta indebitamente riscossa nella misura in cui quest’ultima oltrepassa il surplus di imposta sulle società che lo Stato membro in questione era legittimato a prelevare al fine di compensare l’aliquota d’imposta nominale applicata agli utili sottostanti ai dividendi di origine estera inferiore rispetto all’aliquota d’imposta nominale applicabile agli utili della società madre residente. |
Sulla quarta questione
88 |
Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che una società residente di uno Stato membro, titolare di una partecipazione in una società residente di un paese terzo che le conferisce una sicura influenza sulle decisioni di quest’ultima società e le consente di determinarne le attività, può invocare l’articolo 63 TFUE per contestare la conformità al diritto dell’Unione di una normativa di detto Stato membro riguardante il trattamento fiscale di dividendi di origine estera, la quale non si applica esclusivamente alle situazioni in cui la società madre esercita un’influenza determinante sulla società che distribuisce i dividendi. |
89 |
A questo proposito, occorre ricordare che il trattamento fiscale dei dividendi può ricadere nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE, riguardante la libertà di stabilimento, e in quella dell’articolo 63 TFUE, relativo alla libera circolazione dei capitali (citate sentenze Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, punto 33, nonché Accor, punto 30). |
90 |
Quanto al punto se una legislazione nazionale ricada sotto l’una o l’altra libertà di circolazione, risulta da una giurisprudenza ben consolidata che occorre prendere in considerazione l’oggetto della legislazione di cui trattasi (sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C-196/04, Racc. pag. I-7995, punti 31-33; del 12 dicembre 2006, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, C-374/04, Racc. pag. I-11673, punti 37 e 38; del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, C-524/04, Racc. pag. I-2107, punti 26-34; Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 34, nonché Accor, cit., punto 31). |
91 |
Ricade nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE, relativo alla libertà di stabilimento, una normativa nazionale destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinare le attività di quest’ultima (v. sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 37; del 21 ottobre 2010, Idryma Typou, C-81/09, Racc. pag. I-10161, punto 47; Accor, cit., punto 32, e del 19 luglio 2012, Scheunemann, C-31/11, , punto 23). |
92 |
Per contro, eventuali disposizioni nazionali che siano applicabili a partecipazioni effettuate al solo scopo di realizzare un investimento finanziario, senza intenzione di influire sulla gestione e sul controllo dell’impresa, devono essere esaminate esclusivamente alla luce della libera circolazione dei capitali (citate sentenze Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, punto 35; Accor, punto 32, nonché Scheunemann, punto 23). |
93 |
La normativa nazionale controversa nel procedimento principale si applica non soltanto ai dividendi percepiti da una società residente sulla base di una partecipazione che conferisce una sicura influenza sulle decisioni della società distributrice di tali dividendi e che permette di determinare le attività di quest’ultima, ma anche ai dividendi percepiti sulla base di una partecipazione che non attribuisce un’influenza siffatta. Pertanto, nei limiti in cui la normativa nazionale si riferisce a dividendi che hanno origine in uno Stato membro, l’oggetto di tale normativa non consente di stabilire se quest’ultima ricada in maniera preponderante nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE oppure in quella dell’articolo 63 TFUE. |
94 |
In simili circostanze, la Corte tiene conto degli elementi di fatto del caso di specie al fine di stabilire se la situazione oggetto del procedimento principale ricada sotto l’una o l’altra delle suddette disposizioni (v., in tal senso, sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punti 37 e 38; del 26 giugno 2008, Burda, C-284/06, Racc. pag. I-4571, punti 71 e 72, nonché del 21 gennaio 2010, SGI, C-311/08, Racc. pag. I-487, punti 33-37). |
95 |
È così che, al punto 37 della citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, la Corte ha constatato che le controversie individuate come cause «pilota» nell’ambito della lite pendente dinanzi al giudice del rinvio si riferivano a società residenti nel Regno Unito che avevano percepito dividendi da società stabilite in altri Stati membri da esse controllate al 100%. Poiché si trattava di una partecipazione che conferiva alla controllante una sicura influenza sulle decisioni della società distributrice di dividendi e le permetteva di determinare le attività di quest’ultima, la Corte ha statuito che nelle suddette cause «pilota» trovavano applicazione le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento. |
96 |
Tuttavia, in un contesto quale quello in esame nel giudizio principale, relativo al trattamento fiscale di dividendi originari di un paese terzo, occorre ritenere che l’esame dell’oggetto di una normativa nazionale sia sufficiente per stabilire se il trattamento fiscale di dividendi originari di un paese terzo ricada sotto le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali. |
97 |
Infatti, poiché il capitolo del Trattato relativo alla libertà di stabilimento non contiene alcuna norma che estenda la sfera di applicazione delle proprie disposizioni alle situazioni concernenti lo stabilimento di una società di uno Stato membro in un paese terzo ovvero lo stabilimento di una società di un paese terzo in uno Stato membro (v. sentenze Holböck, cit., punto 28; del 3 ottobre 2006, Fidium Finanz, C-452/04, Racc. pag. I-9521, punto 25, e Scheunemann, cit., punto 33, nonché ordinanze del 10 maggio 2007, A e B, C-102/05, Racc. pag. I-3871, punto 29, e Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation, cit., punto 88), una normativa relativa al trattamento fiscale di dividendi originari di paesi terzi non è idonea a ricadere nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE. |
98 |
Qualora dall’oggetto di tale normativa nazionale risulti che quest’ultima è destinata ad applicarsi soltanto alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni della società interessata e di determinare le attività di quest’ultima, né l’articolo 49 TFUE né l’articolo 63 TFUE possono essere invocati (sentenza Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, cit., punti 33, 34, 101 e 102, nonché ordinanza del 10 maggio 2007, Lasertec, C-492/04, Racc. pag. I-3775, punti 22 e 27; v., del pari, ordinanza A e B, cit., punti 4 e 25-28). |
99 |
Per contro, una normativa nazionale relativa al trattamento fiscale di dividendi originari di un paese terzo, la quale non si applichi esclusivamente alle situazioni nelle quali la società madre esercita un’influenza determinante sulla società che distribuisce i dividendi, deve essere valutata alla luce dell’articolo 63 TFUE. Una società residente di uno Stato membro può dunque, indipendentemente dall’entità della partecipazione da essa detenuta nella società distributrice di dividendi stabilita in un paese terzo, invocare la suddetta disposizione al fine di contestare la legittimità di una normativa siffatta (v., in tal senso, sentenza A, cit., punti 11 e 27). |
100 |
Poiché il Trattato non estende la libertà di stabilimento ai paesi terzi, occorre evitare che l’interpretazione dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, per quanto riguarda i rapporti con i paesi terzi, consenta agli operatori economici che non ricadono all’interno della sfera di applicazione territoriale della libertà di stabilimento di giovarsi di quest’ultima. Un rischio siffatto non esiste in una situazione quale quella in esame nel procedimento principale. Infatti, la normativa dello Stato membro in questione non riguarda le condizioni di accesso al mercato di una società di detto Stato membro in un paese terzo o di una società di un paese terzo in tale Stato membro. Essa riguarda unicamente il trattamento fiscale di dividendi scaturenti da investimenti che il beneficiario dei dividendi stessi ha effettuato in una società stabilita in un paese terzo. |
101 |
Occorre aggiungere che l’argomentazione dei governi del Regno Unito, tedesco, francese e dei Paesi Bassi, secondo cui la libertà applicabile al trattamento fiscale di dividendi originari di paesi terzi dipende non soltanto dall’oggetto della normativa nazionale in esame nel procedimento principale, ma anche dalle particolari circostanze del caso di specie, produrrebbe effetti incompatibili con l’articolo 64, paragrafo 1, TFUE. |
102 |
Risulta infatti da tale disposizione che rientrano, in linea di principio, nell’ambito di applicazione dell’articolo 63 TFUE, relativo alla libera circolazione dei capitali, i movimenti di capitali implicanti uno stabilimento o investimenti diretti. Queste ultime nozioni si riferiscono ad una forma di partecipazione in un’impresa mediante la detenzione di azioni, la quale conferisca la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione e al controllo dell’impresa stessa (v. citate sentenze Glaxo Welcome, punto 40, e Idryma Typou, punto 48). |
103 |
Secondo la giurisprudenza, le restrizioni ai movimenti di capitali implicanti uno stabilimento o investimenti diretti ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE comprendono non soltanto le misure nazionali che, nella loro applicazione a movimenti di capitali diretti verso o provenienti da paesi terzi, limitano lo stabilimento o gli investimenti, ma anche quelle che limitano i pagamenti di dividendi che ne derivano (citate sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 183, e Holböck, punto 36). |
104 |
Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che una società residente di uno Stato membro, titolare di una partecipazione in una società residente di un paese terzo che le conferisce una sicura influenza sulle decisioni di quest’ultima società e le consente di determinarne le attività, può invocare l’articolo 63 TFUE per contestare la conformità a tale disposizione di una normativa del citato Stato membro relativa al trattamento fiscale di dividendi originari del suddetto paese terzo, la quale non si applichi esclusivamente alle situazioni in cui la società madre esercita un’influenza determinante sulla società che distribuisce i dividendi. |
Sulla quinta questione
105 |
Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio desidera sapere, in sostanza, se la risposta fornita dalla Corte al terzo quesito pregiudiziale sollevato nella causa decisa dalla citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation si applichi anche quando le controllate stabilite in altri Stati membri, a favore delle quali non ha potuto essere effettuato alcun trasferimento dell’ACT, non siano assoggettate ad imposizione nello Stato membro della società madre. |
106 |
Occorre ricordare che, nella citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, la Corte ha risposto al terzo quesito sollevato dal giudice del rinvio dichiarando che l’articolo 49 TFUE osta ad una normativa di uno Stato membro, la quale consenta ad una società residente di trasferire a società controllate residenti l’ammontare dell’ACT che non può essere portato in detrazione dall’imposta sulle società dovuta dalla prima società suddetta a titolo dell’esercizio contabile in questione o di esercizi contabili anteriori o successivi, affinché tali controllate possano compensarlo con l’imposta sulle società da esse dovuta, ma che non consenta a una società residente di trasferire un siffatto ammontare a società controllate non residenti nel caso in cui queste ultime siano assoggettate in questo Stato membro ad imposta sugli utili da esse ivi realizzati. |
107 |
Le ricorrenti nel procedimento principale sostengono che tale risposta della Corte vale anche nel caso in cui gli utili di controllate non residenti che non possono essere oggetto di un siffatto trasferimento dell’eccedenza di ACT non siano tassati nello Stato membro della società madre, bensì in altri Stati membri. A loro avviso, sarebbe contrario agli obiettivi perseguiti dalla normativa nazionale di cui trattasi limitare il meccanismo del trasferimento dell’eccedenza di ACT alle sole società controllate assoggettate ad imposizione nel Regno Unito. Il regime nazionale controverso nel procedimento principale avrebbe dovuto prevedere la possibilità di confrontare l’ACT pagata dalla società madre con l’imposta estera sulle società sopportata dalla controllata che distribuisce i dividendi, e avrebbe dovuto consentire il rimborso dell’eccedenza di ACT al fine di evitare un’imposizione a catena delle società del gruppo. |
108 |
A questo proposito, è necessario – come sottolineato dalla Commissione – operare una distinzione tra l’ACT prelevata illegittimamente dallo Stato membro in questione, in violazione delle libertà sancite dal Trattato, e l’ACT che, come risulta dai punti 62 e 72 della presente sentenza, poteva essere legittimamente prelevata in capo ad una società residente beneficiaria di dividendi di origine estera per il fatto che essa corrispondeva al surplus di imposta sulle società dovuto al fine di compensare l’aliquota d’imposta nominale applicata agli utili sottostanti ai dividendi di origine estera inferiore rispetto all’aliquota d’imposta nominale applicabile agli utili della società residente. |
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Risulta dalla risposta fornita alla terza questione della presente causa che l’ACT illegittimamente prelevata deve essere rimborsata. |
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Per quanto riguarda, invece, l’ACT che corrisponde al surplus di imposta sulle società che lo Stato membro interessato era legittimato a prelevare, occorre ricordare che l’ACT costituisce un pagamento anticipato dell’imposta sulle società nel Regno Unito. Il diritto di cedere l’eccedenza di ACT a delle società controllate garantisce che un gruppo di società assoggettate ad imposizione nel Regno Unito non versi – per il solo fatto che esiste l’ACT – imposte di ammontare superiore al debito fiscale complessivo sorto in tale Stato membro. L’estensione di tale diritto a società non residenti non assoggettate ad imposizione nel Regno Unito, che porterebbe al rimborso dell’eccedenza di ACT, priverebbe di fatto tale Stato del diritto di prelevare un surplus di imposta sui dividendi di origine estera pagati in base ad utili che sono stati assoggettati ad un’aliquota d’imposta nominale inferiore a quella applicabile nel Regno Unito e comprometterebbe così l’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, Racc. pag. I-5669, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata). |
111 |
Occorre dunque rispondere alla quinta questione dichiarando che la risposta fornita dalla Corte al terzo quesito pregiudiziale sollevato nella causa decisa dalla citata sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation non si applica nel caso in cui le società controllate stabilite in altri Stati membri, a favore delle quali non ha potuto essere effettuato alcun trasferimento dell’ACT, non siano assoggettate ad imposizione nello Stato membro della società madre. |
Sulle spese
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Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.