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Document 62011CC0561

Conclusioni dell'avvocato generale Mengozzi del 15 novembre 2012.
Fédération Cynologique Internationale contro Federación Canina Internacional de Perros de Pura Raza.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Juzgado de lo Mercantil nº 1 de Alicante y nº 1 de Marca Comunitaria - Spagna.
Marchi comunitari - Regolamento (CE) n. 207/2009 - Articolo 9, paragrafo 1 - Nozione di "terzo" - Titolare di un marchio comunitario posteriore.
Causa C-561/11.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2012:722

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 15 novembre 2012 ( 1 )

Causa C-561/11

Fédération Cynologique Internationale

contro

Federación Canina Internacional de Perros de Pura Raza

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Juzgado de lo Mercantil n. 1 de Alicante y n. 1 de Marca Comunitaria (Spagna)]

«Marchio comunitario — Contraffazione — Nozione di “terzi”»

1. 

Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, il Juzgado de lo Mercantil n. 1 de Alicante pone alla Corte un quesito vertente sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario ( 2 ) (in prosieguo: il «regolamento n. 207/2009»).

2. 

La questione che la Corte è chiamata a risolvere concerne la definizione della nozione di «terzi» contro cui, ai sensi della normativa vigente, il titolare di un marchio comunitario può intentare un’azione in contraffazione. Si dovrà, in particolare, chiarire se tale nozione, prevista all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, includa anche il titolare di un marchio comunitario registrato posteriormente e se, in tal caso, il titolare di un marchio comunitario anteriore, per poter agire in contraffazione contro il titolare del marchio comunitario posteriore, debba chiedere previamente all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) di dichiarare la nullità del marchio comunitario posteriore.

3. 

Occorre sin da subito rilevare che il problema soggiacente alla questione sollevata nella presente causa, il quale come si vedrà meglio nel prosieguo forma anche oggetto di vivo dibattito dottrinale e giurisprudenziale in Spagna, non è del tutto nuovo. Infatti, la Corte si è recentemente pronunciata su una domanda di rinvio pregiudiziale, proposta dallo stesso giudice del rinvio della presente causa, riguardante una questione del tutto analoga sull’interpretazione del regolamento n. 6/2002 sui disegni e modelli comunitari ( 3 ). Nelle mie conclusioni relative a tale causa ( 4 ) ho già evidenziato che, alla luce delle importanti differenze esistenti tra le procedure di registrazione dei disegni e modelli comunitari e dei marchi comunitari, le considerazioni svolte relativamente ad un settore non possono essere applicate automaticamente anche all’altro settore. Nell’analisi del quesito sollevato dal giudice del rinvio nella presente causa ritengo opportuno che si tenga conto dell’approccio adottato dalla Corte nella sentenza Celaya senza trascurare le importanti differenze procedurali esistenti tra il settore dei marchi e quello dei disegni e modelli.

I – Contesto normativo

4.

Ai termini del settimo considerando del regolamento n. 207/2009, la registrazione del marchio comunitario è rifiutata segnatamente qualora diritti preesistenti si contrappongano a esso. Ai termini dell’ottavo considerando, la tutela conferita dal marchio comunitario, che mira in particolare a garantire la funzione d’origine del marchio di impresa, dovrebbe essere assoluta in caso di identità tra il marchio di impresa e il segno nonché tra i prodotti o i servizi, e tale tutela dovrebbe applicarsi anche in caso di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno nonché tra i prodotti o i servizi. Inoltre, ai termini di tale considerando, è opportuno interpretare il concetto di somiglianza in relazione al rischio di confusione.

5.

L’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 indica quali sono i diritti conferiti dal marchio comunitario al suo titolare:

«Il marchio comunitario conferisce al suo titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a)

un segno identico al marchio comunitario per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b)

un segno che a motivo della sua identità o somiglianza col marchio comunitario e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio comunitario e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra segno e marchio;

c)

un segno identico o simile al marchio comunitario per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali questo è stato registrato, se il marchio comunitario gode di notorietà nella Comunità e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio comunitario o reca pregiudizio agli stessi».

6.

L’articolo 54 del regolamento n. 207/2009, intitolato «Preclusione per tolleranza», prevede che il titolare di un marchio comunitario che, per cinque anni consecutivi, abbia tollerato l’uso di un marchio comunitario posteriore nell’Unione, essendo al corrente di tale uso, non può più domandare la nullità del marchio posteriore né opporsi all’uso di quest’ultimo sul fondamento del marchio anteriore.

II – Fatti, procedimento principale e questione pregiudiziale

7.

La Fédération Cynologique Internazionale, attrice nella causa principale (in prosieguo: «FCI»), associazione internazionale creata nel 1911 per sostenere la cinofilia, è titolare del marchio comunitario misto n. 4438751, richiesto il 28 giugno 2005 e registrato il 5 luglio 2006 per alcuni servizi compresi nelle classi 35, 41, 42 e 44 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato. Tale marchio è riprodotto, a titolo informativo, qui di seguito:

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8.

La Federación Canina Internacional de Perros de Pura Raza, convenuta nella causa principale (in prosieguo: «FCIPPR»), associazione privata costituita nel 2004, è titolare di tre marchi nazionali spagnoli registrati per taluni prodotti e servizi inclusi nella classe 16:

il marchio verbale n. 2614806, «FEDERACIÓN CANINA INTERNACIONAL DE PERROS DE PURA RAZA – F.C.I.», richiesto il 23 settembre 2004 e registrato il 20 giugno 2005;

il marchio misto n. 2786697, «FEDERACIÓN CANINA INTERNACIONAL DE PERROS DE PURA RAZA», richiesto il 9 agosto 2007 e registrato il 12 marzo 2008;

il marchio misto n. 2818217, «FEDERACIÓN CINOLOGICA INTERNACIONAL + FCI», richiesto l’11 febbraio 2008 e registrato il 26 agosto 2008.

9.

Il 12 febbraio 2009 FCIPPR ha chiesto all’UAMI la registrazione del segno riprodotto qui di seguito come marchio comunitario per alcuni prodotti compresi nella classe 16:

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10.

Il 5 febbraio 2010 FCI ha proposto opposizione alla registrazione di tale segno come marchio comunitario. Tuttavia, a causa di un’irregolarità formale relativa al mancato pagamento della tassa di opposizione, l’opposizione è stata respinta e pertanto, in data 3 settembre 2010, il segno riprodotto al paragrafo precedente è stato registrato come marchio comunitario con il n. 7597529.

11.

Il 18 giugno 2010 FCI ha avviato dinanzi al giudice del rinvio un’azione di nullità dei marchi nazionali menzionati al paragrafo 8 in ragione dell’esistenza di un rischio di confusione con il suo marchio comunitario n. 4438751, riprodotto al paragrafo 7, nonché un’azione in contraffazione di tale marchio. Nell’ambito di tale procedura FCIPPR ha contestato l’esistenza di un rischio di confusione tra i suoi marchi nazionali e il marchio comunitario n. 4438751 e ha proposto domanda riconvenzionale chiedendo l’annullamento di tale marchio comunitario sostenendo che esso sarebbe stato registrato in malafede e creerebbe un rischio di confusione con il suo marchio nazionale anteriore n. 2614806.

12.

In seguito, il 18 novembre 2010, FCI ha chiesto all’UAMI l’annullamento del marchio comunitario n. 7597529 registrato da FCIPPR. Tuttavia, il 20 settembre 2011, l’UAMI, in considerazione della pendenza del procedimento che ha occasionato la presente procedura pregiudiziale, su richiesta di FCIPPR, ha sospeso il procedimento dinanzi ad esso.

13.

Il giudice del rinvio ritiene che nel procedimento davanti ad esso pendente occorra chiarire se il diritto esclusivo che l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 conferisce al titolare di un marchio comunitario, nella fattispecie FCI, possa essere opposto a un terzo, anch’esso titolare di un marchio comunitario registrato successivamente, nella fattispecie FCIPPR, fintantoché tale ultimo marchio non sia stato annullato.

14.

In tale contesto, il giudice del rinvio ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, nell’ambito di una controversia avente ad oggetto una violazione del diritto esclusivo conferito da un marchio comunitario, il diritto di vietarne ai terzi l’uso nel commercio, previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, [del regolamento n. 207/2009], si estenda a qualsiasi terzo che utilizzi un segno che comporta un rischio di confusione (in quanto è simile al marchio comunitario e designa servizi o prodotti simili), o se, al contrario, sia escluso da detta nozione il terzo che usi tale segno confondibile, registrato a suo favore come marchio comunitario, fintantoché non venga annullata la registrazione del marchio posteriore».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

15.

L’ordinanza di rinvio è pervenuta in cancelleria in data 8 novembre 2011. Hanno depositato osservazioni scritte FCI, FCIPPR, i governi ellenico e italiano e la Commissione. All’udienza, che ha avuto luogo il 3 ottobre 2012, sono intervenuti FCI, il governo ellenico e la Commissione.

IV – Analisi giuridica

A – Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

16.

Occorre preliminarmente analizzare gli argomenti sollevati da FCI nelle sue osservazioni scritte e diretti a eccepire l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. FCI sostiene, anzitutto, che la questione posta dal giudice del rinvio non sarebbe necessaria per risolvere la controversia nel procedimento principale. L’azione in contraffazione e l’azione di nullità introdotte da FCI in tale procedimento sarebbero dirette unicamente contro i marchi nazionali di cui è titolare FCIPPR e non contro il marchio comunitario posteriore n. 7597529, la cui registrazione sarebbe avvenuta dopo l’introduzione del ricorso nel procedimento principale. Inoltre, tale questione sarebbe stata sollevata d’ufficio dal giudice del rinvio senza che le parti abbiano avuto modo di esprimersi debitamente su di essa.

17.

In merito, in primo luogo, alla rilevanza della questione posta dal giudice del rinvio nel procedimento principale, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di pronunciarsi su una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto del procedimento principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte ( 5 ).

18.

Nella presente causa nessun elemento permette di ritenere che il giudice nazionale abbia formulato una questione ipotetica o che non abbia alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto del procedimento principale. Risulta, al contrario, dall’ordinanza di rinvio che nel procedimento principale FCI, da un lato, ha denunciato l’uso illegittimo del marchio comunitario posteriore in scritti depositati successivamente alla registrazione di questo e, dall’altro, ha chiesto la cessazione dell’uso di qualunque segno confondibile con il marchio comunitario anteriore, domanda che include quindi anche il marchio comunitario posteriore.

19.

In merito, in secondo luogo, alla circostanza che il giudice del rinvio abbia sollevato d’ufficio la questione pregiudiziale, è sufficiente ricordare che risulta da giurisprudenza costante che il fatto che le parti nel procedimento principale non abbiano sollevato, dinanzi al giudice del rinvio, un problema di diritto dell’Unione non osta a che la Corte possa essere adita da tale giudice. Prevedendo il rinvio pregiudiziale alla Corte quando «una questione è sollevata davanti a un organo giurisdizionale nazionale», l’articolo 267, secondo e terzo comma, TFUE non intende limitare tale rinvio ai soli casi in cui l’una o l’altra parte nel procedimento principale abbia preso l’iniziativa di sollevare una questione d’interpretazione o di validità del diritto dell’Unione, ma si riferisce anche a casi in cui una questione del genere sia sollevata dallo stesso giudice nazionale, il quale ritenga la decisione della Corte su tale punto «necessaria per emanare la sua sentenza» ( 6 ).

20.

Risulta dalle considerazioni che precedono che, la questione pregiudiziale deve essere, a mio avviso, considerata ricevibile.

B – Sulla questione pregiudiziale

1. Osservazioni introduttive

21.

Come accennato più sopra, e come già evidenziato nelle mie conclusioni relative alla causa Celaya ( 7 ), la questione sollevata dal giudice del rinvio relativa alla definizione della nozione del soggetto (il «terzo») contro cui il titolare di un marchio può intentare un’azione in contraffazione e quella connessa concernente l’eventuale esistenza di un rapporto di pregiudizialità tra l’azione di nullità e quella di contraffazione in caso di conflitto tra titolari di marchi registrati sono oggetto attualmente di vivo dibattito dottrinale e giurisprudenziale in Spagna, benché occorra precisare che tali questioni non sono affatto inedite nel panorama giuridico europeo ( 8 ).

22.

Come indicato dal Juzgado de lo Mercantil n. 1 de Alicante nella sua ordinanza di rinvio, esiste, infatti, attualmente in Spagna un orientamento giurisprudenziale del Tribunal Supremo che, in materia di marchi, in applicazione di una dottrina detta della «inmunidad registral», considera l’esistenza della registrazione di un marchio come protettiva nei confronti di un’azione in contraffazione e subordina pertanto l’esercizio di tale azione all’ottenimento della dichiarazione di nullità di detto marchio anche se esso è registrato posteriormente al marchio su cui si fonda l’azione in contraffazione. In sostanza, secondo tale tesi, non si è in presenza di un atto illegittimo fino a quando il presunto contraffattore utilizza un proprio marchio registrato, di modo che è possibile agire in contraffazione soltanto dopo aver ottenuto la dichiarazione di nullità del marchio registrato posteriormente.

23.

Nella citata sentenza Celaya ( 9 ), la Corte, chiamata a pronunciarsi su una questione analoga a quella sollevata nella presente causa nel settore dei disegni e modelli comunitari, ha optato, in tale settore, per un approccio differente rispetto a quello corrispondente alla dottrina della «inmunidad registral» e ha dichiarato che il diritto di vietare a terzi di utilizzare un disegno o modello comunitario conferito dal regolamento n. 6/2002 ( 10 ) si estende a qualsiasi terzo che utilizzi un disegno o modello non diverso, ivi compreso il terzo titolare di un disegno o modello comunitario registrato posteriormente. La Corte ha ritenuto quindi che la circostanza che un disegno o modello fosse registrato non conferisse al suo titolare un’«immunità» da un’azione in contraffazione fino all’annullamento del suo titolo, e ha dunque, nella sostanza, negato l’esistenza di una relazione di pregiudizialità tra l’azione di nullità e quella in contraffazione in caso di conflitto tra disegni o modelli registrati.

24.

Ho già peraltro evidenziato come nel settore dei disegni e modelli e in quello dei marchi esistano differenze importanti concernenti, in particolare, le modalità e le procedure di registrazione del relativo titolo di proprietà intellettuale, nonché come tali differenze impediscano l’applicazione automatica di considerazioni e orientamenti giurisprudenziali concernenti un settore all’altro settore ( 11 ). Occorre pertanto, a mio avviso, partire dall’analisi delle differenze procedurali esistenti nei due settori per, poi, valutare se queste giustifichino effettivamente l’adozione di un approccio nel settore dei marchi diverso da quello adottato dalla Corte nel settore dei disegni e modelli.

2. Sulle differenze concernenti le procedure di registrazione dei disegni e modelli e dei marchi

25.

Nelle mie succitate conclusioni relative alla causa Celaya ho rilevato come la differenza fondamentale riguardo alle modalità di registrazione dei disegni e modelli, da un lato, e dei marchi, dall’altro, consista nel fatto che, per questi ultimi ‐ e non per i disegni e modelli ‐ la normativa pertinente prevede un procedimento di registrazione notevolmente più complesso che include un esame preliminare da parte dell’UAMI, che potremmo definire «di merito», in cui i terzi possono presentare osservazioni o anche proporre opposizione alla registrazione del marchio.

26.

Più specificamente, la registrazione di un disegno o modello avviene in modo pressoché automatico mediante un procedimento semplificato, comportante un mero controllo formale della domanda di registrazione da parte dell’UAMI ( 12 ). Il regolamento n. 6/2002 non prevede né un esame approfondito preliminare alla registrazione volto a stabilire la sussistenza dei requisiti di protezione ( 13 ), né alcuna forma di intervento o di possibile opposizione da parte dei terzi nel corso del procedimento di registrazione. La previsione di un procedimento semplificato di tal genere per la registrazione di un disegno o modello comunitario è finalizzata a ridurre al minimo le formalità e gli altri adempimenti procedurali e amministrativi, nonché i costi per i richiedenti, rendendo in tal modo la registrazione più facilmente accessibile alle imprese di piccole e medie dimensioni e ai singoli disegnatori ( 14 ).

27.

Nel settore dei marchi, invece, il regolamento n. 207/2009 prevede una forma di controllo «ex ante», preliminare alla registrazione del marchio comunitario, in cui l’UAMI effettua un’analisi della domanda di registrazione che non si limita a un mero controllo formale, ma entra nel merito di tale domanda esaminando l’eventuale esistenza di impedimenti assoluti o relativi alla registrazione ( 15 ). Nel corso di tale procedimento, da un lato, i terzi dispongono della possibilità, dopo la pubblicazione della domanda di marchio comunitario, di indirizzare all’UAMI osservazioni scritte, specificando i motivi per i quali il marchio dovrebbe essere escluso d’ufficio dalla registrazione, in particolare in ragione dell’esistenza di impedimenti assoluti alla registrazione ( 16 ). Dall’altro, i titolari di diritti anteriori dispongono della facoltà di proporre opposizione alla registrazione del marchio in questione facendo valere l’esistenza di impedimenti relativi alla registrazione ( 17 ).

28.

Nel settore dei marchi, la posizione dei terzi e, in particolare, dei detentori di diritti anteriori è pertanto maggiormente tutelata, e ciò fin da uno stadio iniziale del procedimento. Infatti, il sistema offre a tali soggetti facoltà procedurali di cui questi non dispongono in materia di disegni e modelli. Più specificamente, il regolamento n. 207/2009 offre al titolare di un marchio anteriore la possibilità di opporsi preventivamente alla registrazione di un marchio posteriore che egli ritiene essere lesivo di un proprio marchio registrato, possibilità che invece, per le esigenze di celerità esposte al paragrafo 26, non è offerta al titolare del disegno o modello.

29.

Le differenze appena menzionate concernenti il procedimento di registrazione implicano che la registrazione di un marchio, avvenuta a seguito di un procedimento complesso, debba essere considerata con maggiore «riguardo» rispetto a quella di un disegno o modello ( 18 ). La previsione di un sistema di tutela ex ante come quello delineato dal regolamento n. 207/2009 comporta quindi che sia decisamente minore il rischio di registrazioni abusive di marchi, o comunque di registrazioni che siano lesive di diritti anteriori, rispetto al rischio esistente nel settore dei disegni e modelli ( 19 ). La registrazione di un segno come marchio comunitario a seguito di un procedimento di tal genere attribuisce pertanto un grado maggiore di sicurezza giuridica al titolare riguardo al fatto che il suo marchio comunitario non lede diritti anteriori.

30.

Tali considerazioni non significano, tuttavia, che, nel settore dei marchi, il rischio di registrazioni lesive di diritti anteriori sia totalmente escluso e che non si possano verificare anche in tale settore situazioni in cui viene registrato un marchio comunitario, benché questo sia in grado di pregiudicare il diritto esclusivo conferito al titolare di un altro marchio registrato anteriormente. Situazioni di tal genere possono verificarsi, per esempio, nel caso in cui il titolare del marchio anteriore non abbia proposto opposizione alla registrazione del marchio posteriore, o, come nel caso oggetto del procedimento principale, nel caso in cui l’opposizione non sia andata a buon fine per ragioni indipendenti dall’analisi sostanziale, quali, ad esempio, ragioni di natura procedurale ( 20 ).

31.

Pertanto, benché siano molto meno probabili, anche nel settore dei marchi possono esistere casi in cui, analogamente a quanto può avvenire nel settore dei modelli o disegni, viene registrato un marchio comunitario che sia atto a pregiudicare la funzione di origine di un altro marchio registrato anteriormente. Ed è anche per questa ragione che nel settore dei marchi, analogamente del resto a quanto disposto nel settore dei disegni e modelli, il regolamento n. 207/2009 prevede forme di tutela che potremmo definire «ex post», appunto l’azione di nullità e l’azione in contraffazione, che sono volte rispettivamente a espungere dal sistema marchi che non avrebbero dovuto essere registrati o a inibire gli effetti di segni lesivi di un marchio anteriore. Definisco tali forme di tutela come «ex post» in quanto, in caso di conflitto tra marchi registrati, esse sono azionabili dal titolare del marchio anteriore successivamente alla registrazione del marchio posteriore contraffatto o lesivo al fine di tutelare il proprio marchio, e ciò indipendentemente dalla proposizione o dal risultato di un’eventuale opposizione alla registrazione del marchio posteriore oggetto dell’azione.

32.

In realtà mi sembra risieda proprio qui il cuore del problema che si pone nella presente causa: il fatto che nel settore dei marchi esista una forma di tutela «ex ante» ‐ consistente nella possibilità per il titolare di un marchio anteriore di proporre opposizione alla registrazione di un marchio ‐ che si affianca alle forme di tutela «ex post», comuni tanto al settore dei disegni e modelli quanto a quello dei marchi, è di natura tale da giustificare un approccio diverso rispetto a quello adottato dalla Corte nella succitata sentenza Celaya escludendo dalla nozione di terzi di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 il titolare di un marchio posteriore regolarmente registrato fintantoché tale marchio non sia stato annullato? Come spiegherò nel dettaglio qui di seguito la risposta a tale quesito è, a mio avviso, negativa.

3. Sulla questione pregiudiziale

33.

Con il quesito proposto, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare la nozione di «terzi» di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, chiarendo se, in virtù di tale disposizione, il titolare di un marchio comunitario registrato possa agire direttamente per contraffazione contro il titolare di un marchio comunitario registrato successivamente o se, invece, possa farlo soltanto dopo aver ottenuto la dichiarazione di nullità del marchio comunitario posteriore.

34.

Il giudice del rinvio, nella sua ordinanza, mette in evidenza come ragioni di ordine letterale, sistematico, logico e funzionale depongano a favore di un’interpretazione della disposizione in causa conforme a quella seguita dalla Corte per i disegni e modelli nella citata sentenza Celaya, ai termini della quale il titolare di un marchio comunitario registrato può vietare a qualsiasi terzo l’utilizzo di un segno compreso nelle categorie indicate alle lettere a), b) e c) del paragrafo 1 dell’articolo 9 del regolamento n. 207/2009, indipendentemente dalla circostanza che tale segno sia posteriormente stato registrato o meno dal terzo come marchio comunitario. Nel senso di tale approccio si sono espressi FCI, la Commissione, nonché i governi ellenico e italiano.

35.

Tuttavia, il giudice del rinvio evidenzia che l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 potrebbe anche essere interpretato, conformemente all’orientamento seguito dalla giurisprudenza spagnola in applicazione della citata dottrina della «inmunidad registral» ( 21 ), nel senso che esso impedisce al titolare di un marchio comunitario anteriore di vietare l’uso di un marchio registrato posteriormente fintantoché questo non sia stato dichiarato nullo. Tale seconda possibile interpretazione si fonderebbe sul principio «qui iure suo utitur, neminem laedit», secondo cui chi esercita un proprio diritto, nel caso di specie il diritto di uso derivante dalla registrazione del marchio comunitario posteriore, non arreca pregiudizio a nessuno. Soltanto FCIPPR ha sostenuto questa posizione mettendo in evidenza, in particolare, la necessità di tutelare il diritto esclusivo conferito dalla registrazione del marchio, in applicazione del principio della certezza del diritto.

36.

Orbene, proprio come nella causa Celaya, ci troviamo di fronte a una situazione in cui, qualunque sia la soluzione scelta, un titolo di proprietà intellettuale, nel presente caso un marchio registrato, finisce per non dare tutela integrale e assoluta al suo titolare ( 22 ).

37.

Infatti, ove ci si ponga dal punto di vista del marchio anteriore, nel caso in cui si dovesse ritenere che il suo titolare possa agire in contraffazione nei confronti del titolare di un marchio registrato posteriormente, tale soluzione comporterebbe un indebolimento del grado di protezione garantito al titolare del marchio posteriore, il quale potrebbe vedersene vietare l’uso, benché esso sia stato regolarmente registrato. Viceversa, nel caso in cui ci si dovesse porre dal punto di vista del marchio posteriore, e si dovesse ritenere che la previa dichiarazione di nullità di tale marchio sia pregiudiziale all’azione in contraffazione per la tutela del marchio anteriore, la protezione assicurata da quest’ultimo verrebbe indebolita, in quanto la registrazione di tale marchio non garantirebbe al suo titolare il diritto esclusivo di usarlo, conferitogli dall’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, almeno fino a quando il marchio posteriore, identico o simile, non sia stato annullato.

38.

Nel primo caso si farebbe prevalere lo ius excludendi del titolare del marchio anteriore, ossia il diritto di vietare ai terzi senza il suo consenso l’uso del segno che costituisce tale marchio, sullo ius utendi del titolare del marchio posteriore, ossia il diritto all’uso del segno che costituisce tale marchio ( 23 ). Nel secondo caso il bilanciamento fra i due diritti sarebbe esattamente l’opposto. Come nel caso dei disegni e modelli, la scelta dell’una o dell’altra interpretazione verte quindi tra due diritti in linea di principio equivalenti.

39.

Orbene, nella scelta tra quale deve prevalere tra i diritti conferiti dai due marchi in conflitto, quello anteriore e quello posteriore, non si può, a mio avviso, non tenere conto di un principio fondamentale che informa il sistema di protezione instaurato in materia di marchi e che costituisce un principio fondamentale universalmente riconosciuto dei diritti di proprietà intellettuale in generale, ossia il principio di priorità in forza del quale il diritto esclusivo anteriore, nella fattispecie un marchio comunitario registrato anteriormente, prevale sui diritti sorti successivamente, nella fattispecie su marchi comunitari registrati posteriormente ( 24 ). In effetti, come ha rilevato giustamente la Commissione europea nelle sue osservazioni, e in analogia a quanto stabilito dalla Corte in materia di disegni e modelli nella sentenza Celaya ( 25 ), le disposizioni del regolamento n. 207/2009 non possono non essere interpretate che alla luce di tale principio fondamentale in materia di marchi, il quale trova espressione in puntuali disposizioni del regolamento n. 207/2009 stesso ( 26 ) nonché in disposizioni di altre normative, sia dell’Unione ( 27 ) sia internazionali ( 28 ), in materia di marchi.

40.

Risulta, in particolare, dal regolamento n. 207/2009, da un lato, che solo i segni riproducibili graficamente che siano atti a svolgere la funzione essenziale del marchio, ossia quella di distinguere i prodotti e i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese, possono costituire marchi comunitari e godere quindi della relativa protezione la quale si acquisisce attraverso la registrazione e, dall’altro, che la tutela conferita dal marchio comunitario deve essere assoluta in relazione a segni identici o simili comportanti rischio di confusione ( 29 ). Tale tutela assoluta attribuita al marchio è indipendente dalla circostanza che i segni implicanti rischio di confusione siano o meno registrati come marchi comunitari.

41.

Orbene, in caso di conflitto tra due marchi comunitari registrati, l’applicazione del principio di priorità porta, a mio avviso, da un lato, a presumere che il marchio registrato per primo riunisca le condizioni richieste per ottenere la protezione comunitaria prima di quello registrato successivamente e, dall’altro, a vincolare l’ambito di tutela garantito al marchio comunitario posteriore all’assenza di diritti anteriori confliggenti con esso. Pertanto, in caso di conflitto tra marchi comunitari registrati, la protezione che il regolamento n. 207/2009 attribuisce al marchio comunitario posteriore sarà giustificata solo se il suo titolare è in grado di provare che il marchio comunitario anteriore non soddisfa una condizione necessaria per la sua protezione ( 30 ) o che non vi è conflitto tra i marchi ( 31 ).

42.

Tali considerazioni sono indipendenti dalla circostanza che il procedimento di registrazione di un marchio comunitario preveda, contrariamente a quello relativo ai disegni e modelli comunitari, la possibilità per i terzi di proporre opposizione alla registrazione del marchio posteriore. Infatti, come si è messo in evidenza ai paragrafi 30 e 31, benché la previsione di un controllo «ex ante» di tal genere attribuisca al titolare del marchio registrato successivamente un maggior grado di certezza giuridica e riduca, rispetto al settore dei disegni e modelli, il rischio che vengano registrati marchi lesivi di diritti anteriori, il fatto che un segno venga registrato come marchio comunitario non costituisce una garanzia assoluta che tale segno non sia lesivo del diritto esclusivo conferito da un marchio registrato anteriormente. Le differenze procedurali esistenti tra il settore dei disegni e dei modelli e quello dei marchi, pur essendo rilevanti, non sono pertanto tali, a mio avviso, da giustificare un’interpretazione della norma in questione non conforme al principio di priorità ( 32 ).

43.

Inoltre, nel caso in cui il titolare del marchio anteriore agisca per proteggere il proprio titolo nei confronti di un segno lesivo dei suoi diritti, sebbene tale segno sia un marchio regolarmente registrato successivamente, è necessario che il sistema di protezione creato dal regolamento n. 207/2009 gli garantisca la possibilità di ottenere l’interdizione dell’uso di tale marchio lesivo il più rapidamente possibile, in quanto la presenza nel mercato di un marchio di tal genere è atta a pregiudicare la funzione essenziale del marchio anteriore ( 33 ). Risulta del resto evidente che più lunga sarà la coesistenza nel mercato dei due marchi in conflitto, più grave sarà il pregiudizio potenziale o reale per il marchio anteriore.

44.

A tale riguardo è importante rilevare che la Corte ha già avuto occasione di chiarire a più riprese che la tutela assoluta attribuita a un marchio dal diritto esclusivo conferito dalla normativa pertinente al suo titolare mira proprio a consentire a questi di tutelare i propri interessi specifici quale titolare del marchio, ossia proprio a garantire che il marchio possa adempiere le proprie funzioni ( 34 ). L’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 non può, a mio avviso, essere interpretato che nella prospettiva indicata da tale giurisprudenza costante.

45.

D’altronde, come rilevato giustamente dalla Commissione, subordinare l’esercizio dell’azione in contraffazione alla dichiarazione di nullità del marchio posteriore equivarrebbe ad assoggettare la procedura in contraffazione al rischio di subire ritardi sproporzionati in quanto, oltre ad attendere la decisione dell’UAMI in tal senso, la quale interverrà già a seguito di due gradi di controllo amministrativo interno, il titolare del marchio comunitario anteriore rischierebbe di dover attendere il risultato di eventuali ricorsi giurisdizionali dinanzi al Tribunale e, eventualmente, dinanzi alla Corte di giustizia ( 35 ). La coesistenza sul mercato del marchio anteriore e del marchio lesivo potrebbe quindi durare diversi anni, con potenziale grave pregiudizio per il titolare del marchio anteriore.

46.

Inoltre, la posizione del titolare del marchio posteriore mi sembra comunque essere tutelata da eventuali esercizi abusivi dell’azione in contraffazione da parte del titolare di un marchio anteriore in quanto egli dispone della possibilità di difendersi dinanzi al tribunale dei marchi comunitari, ove egli può far valere un eventuale rigetto nel merito dell’opposizione da parte dell’UAMI ( 36 ), nonché della possibilità di proporre domanda riconvenzionale di decadenza o nullità del marchio anteriore su cui si fonda l’azione in contraffazione ( 37 ). Del resto, come rilevato ai paragrafi 40 e 41, l’ambito di tutela del suo titolo è vincolato sin dall’inizio all’inesistenza di diritti anteriori configgenti con esso.

47.

Risulta, a mio parere, dalle considerazioni che precedono che solo un’interpretazione della nozione di «terzi» di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 conforme al principio di priorità e tale da includere qualsiasi terzo, e pertanto anche il terzo titolare di un marchio comunitario posteriore, è idonea a garantire l’obiettivo di tutela assoluta dei marchi comunitari registrati perseguito dal regolamento n. 207/2009.

48.

Del resto, oltre alle considerazioni suesposte, esistono altre considerazioni di carattere letterale e sistematico che, a mio avviso, militano a favore dell’interpretazione appena proposta dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009.

49.

In effetti, da un punto di vista letterale, occorre rilevare che, sebbene il regolamento n. 207/2009 non contenga nessuna previsione espressa quanto alla possibilità per il titolare di un marchio comunitario registrato anteriormente di proporre un’azione per contraffazione contro il titolare di un altro marchio comunitario registrato successivamente, il testo dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 conferisce al titolare di un marchio comunitario registrato il diritto esclusivo di utilizzare tale marchio e di vietare «ai terzi», senza distinguere a seconda che il terzo sia o meno titolare di un marchio comunitario registrato posteriormente, l’utilizzazione senza il suo consenso di un segno lesivo del suo marchio ( 38 ). Mi sembra del resto verosimile che, se il legislatore avesse voluto introdurre un principio di tutela per i titolari di marchi registrati successivamente, lo avrebbe esplicitato nella norma.

50.

Sul piano dell’interpretazione sistematica occorre, poi, rilevare che nessuna disposizione del regolamento n. 207/2009 prevede un’eventuale immunità a favore di un terzo titolare di un marchio posteriore dal divieto previsto all’articolo 9, paragrafo 1, dello stesso regolamento ( 39 ), benché tale regolamento preveda, invece, alcune restrizioni al diritto esclusivo conferito al titolare di un marchio registrato ( 40 ). Particolare rilievo assume al riguardo l’articolo 54 del regolamento n. 207/2009. Risulta, infatti, da tale disposizione che, solo se sussistono i requisiti previsti da tale norma (la tolleranza dell’uso per cinque anni consecutivi), le azioni di nullità e di contraffazione sono precluse al titolare del marchio comunitario anteriore nei confronti del titolare di un altro marchio comunitario posteriore. Se ne può dunque desumere, a contrario, che, se tali requisiti non sussistono, il titolare del marchio anteriore può ben agire in contraffazione nei confronti del titolare del marchio comunitario registrato posteriormente.

51.

L’articolo 54 del Regolamento n. 207/2009 è rilevante al riguardo, inoltre, dal punto di vista dell’interpretazione sistematica di tale regolamento. Si può dedurre, infatti, dalla distinzione effettuata in tale articolo tra la domanda di nullità del marchio posteriore e l’opposizione all’uso di questo, che il regolamento n. 207/2009 considera l’azione di nullità e quella in contraffazione come due azioni distinte, non prevedendo alcuna relazione di pregiudizialità tra di esse ( 41 ).

52.

In effetti, proprio come in materia di disegni e modelli comunitari, anche nel settore dei marchi il regolamento n. 207/2009 distingue chiaramente tra le due tipologie di azioni, le quali hanno oggetto, effetti e finalità diversi. Infatti, da un lato, l’articolo 96 del regolamento n. 207/2009 ha attribuito ai tribunali nazionali dei marchi comunitari la competenza esclusiva a dirimere le controversie in materia di contraffazione. Dall’altro, per quanto riguarda le domande di nullità dei marchi, il regolamento n. 207/2009 ha invece optato per il loro trattamento centralizzato presso l’UAMI, anche se tale principio, proprio come in materia di disegni e modelli, è temperato dalla possibilità, per i tribunali dei marchi, di esaminare le domande riconvenzionali di nullità di un marchio comunitario registrato, presentate nel contesto di un’azione per contraffazione. Nessun elemento permette di ritenere che il legislatore abbia inteso subordinare l’esercizio di un’azione al preventivo o simultaneo esercizio dell’altra ( 42 ).

53.

Inoltre, ritengo che l’interpretazione proposta della nozione di «terzi» di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 non ponga particolari problemi nella ripartizione delle competenze tra i tribunali dei marchi comunitari e dell’UAMI. Infatti, se è vero che, come avevo evidenziato già per il settore dei disegni e dei modelli ( 43 ), esiste anche nel settore dei marchi la possibilità che la situazione giuridica del marchio posteriore resti indeterminata nel caso in cui il titolare del marchio comunitario anteriore che ha avuto successo nella sua azione in contraffazione contro il titolare del marchio comunitario posteriore non agisca per far dichiarare la nullità di tale marchio, mi sembra tuttavia che le ragioni che mi avevano portato a ritenere che tale incertezza giuridica non potesse essere decisiva per l’interpretazione della nozione di «terzo» contro cui il titolare del disegno o modello ( 44 ) possa agire in contraffazione, siano applicabili mutatis mutandis nel settore dei marchi ( 45 ). Ritengo anzi che l’interpretazione alternativa, nella misura in cui, come rilevato ai paragrafi 43 e 45, metterebbe in pericolo l’efficacia dell’azione in contraffazione, rischierebbe di portare pregiudizio al sistema di tutela previsto dal regolamento n. 207/2009.

54.

Alla luce di quanto precede, la questione posta dal giudice del rinvio deve essere risolta, a mio avviso, dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 deve essere interpretato nel senso che, in una controversia riguardante la violazione del diritto esclusivo conferito da un marchio comunitario, il diritto di vietare a terzi di utilizzare tale marchio si estende a qualsiasi terzo, ivi compreso il terzo titolare di un marchio comunitario registrato posteriormente.

55.

Al fine di fornire al giudice del rinvio un quadro il più completo possibile, ritengo opportuno rilevare che, qualora la Corte dovesse accogliere l’interpretazione della nozione di «terzi» di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 che ho proposto al paragrafo precedente, tale interpretazione dovrebbe necessariamente estendersi al terzo titolare di un marchio posteriore registrato in uno Stato membro e ciò indipendentemente dal tenore delle disposizioni nazionali pertinenti.

56.

Un’interpretazione diversa, oltre a non essere logica e coerente con quella appena fornita, metterebbe, infatti, in pericolo l’effetto utile del paragrafo 1, dell’articolo 9, del regolamento n. 207/2009 in quanto permetterebbe, attraverso una registrazione di un segno a livello nazionale, di limitare la tutela conferita al titolare del marchio comunitario anteriore dalle disposizioni del regolamento n. 207/2009. Inoltre, un’interpretazione diversa sarebbe, a mio avviso, contraria al principio del carattere unitario del marchio ( 46 ) in quanto il titolare del marchio comunitario anteriore sarebbe protetto in maniera differente nei diversi Stati membri a seconda che il diritto nazionale gli conferisca o meno la possibilità di agire contro il contraffattore senza attendere l’annullamento del marchio nazionale posteriore lesivo dei suoi diritti.

57.

Nello stesso senso, ritengo infine opportuno osservare che, conformemente alle esigenze di interpretazione uniforme del diritto dell’Unione riconosciute iterativamente dalla Corte ( 47 ), l’interpretazione della nozione di «terzi» di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 non potrà non estendersi alla correlativa nozione prevista all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2008/95, redatto in termini corrispondenti ( 48 ).

V – Conclusione

58.

Sulla base delle considerazioni svolte, propongo alla Corte di risolvere come segue la questione pregiudiziale posta dal Juzgado de lo Mercantil n. 1 de Alicante:

«L’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario, deve essere interpretato nel senso che, in una controversia riguardante una violazione del diritto esclusivo conferito da un marchio comunitario, il diritto di vietare a terzi di utilizzare tale marchio si estende a qualsiasi terzo che utilizzi un segno che comporta un rischio di confusione, ivi compreso il terzo titolare di un marchio comunitario registrato posteriormente».


( 1 ) Lingua originale: l’italiano.

( 2 ) GU L 78, pag 1.

( 3 ) V. sentenza del 16 febbraio 2012, Celaya Emparanza y Galdos Internacional (C-488/10), in cui la Corte si è pronunciata su una questione pregiudiziale proposta dal Juzgado de lo Mercantil n. 1 de Alicante e vertente sull’interpretazione della nozione di «terzi» di cui all’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari (GU L 3, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 6/2002»).

( 4 ) V. le mie conclusioni relative alla causa C-488/10, citata alla nota precedente, presentate l’8 novembre 2011, in particolare paragrafi 20-23

( 5 ) Nell’abbondante giurisprudenza in tal senso, si vedano, da ultimo, sentenze del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C-41/11, punto 35), e del 29 marzo 2012, SAG ELV Slovensko e a. (C-599/10, punto 15 e giurisprudenza ivi citata).

( 6 ) Sentenze del 16 giugno 1981, Salonia (126/80, Racc. pag. 1563, punto 7), e dell’8 marzo 2012, Huet (C-251/11, punto 23).

( 7 ) V. supra, paragrafo 3, nonché le mie conclusioni relative alla causa Celaya (cit. alla nota 4, paragrafo 19).

( 8 ) È interessante notare che un problema analogo a quello oggetto della presente causa si era posto in Germania già agli inizi del secolo scorso, ove aveva fatto oggetto di un intenso dibattito ai massimi livelli giurisdizionali dell’epoca. Più precisamente, in un primo suo orientamento giurisprudenziale il Reichsgericht aveva ritenuto che l’utilizzo di un marchio registrato non potesse essere considerato illegittimo fintantoché tale marchio non fosse stato cancellato dal registro dei marchi (si veda, a tal proposito, la sentenza del Reichsgericht del 13 novembre 1906, II 155/06, RGZ 64, pagg. 273 e ss., in particolare pag. 275). Tuttavia, lo stesso Reichsgericht aveva successivamente «sconfessato» tale orientamento in una sentenza del 1927 in cui tale organo giurisdizionale aveva considerato che l’illegittimità oggettiva dell’utilizzo di un marchio registrato posteriormente risultasse direttamente dal diritto prioritario del titolare del segno anteriore (v. Reichsgericht, sentenza del 20 settembre 1927, II 409/26, RGZ 118, pagg. 76 e ss., in particolare pagg. 78 e79).

( 9 ) Cit. alla nota 3.

( 10 ) Cit. alla nota 3.

( 11 ) V. supra, paragrafo 3, nonché le mie conclusioni relative alla causa Celaya (cit. alla nota 4, pararafo 20-22.

( 12 ) Il procedimento di registrazione dei disegni e dei modelli è disciplinato nel titolo V (articoli 45-50) del regolamento n. 6/2002 (cit. alla nota 3).

( 13 ) V. il diciottesimo considerando del regolamento n. 6/2002 (cit. alla nota 3). Occorre peraltro osservare che l’articolo 47 di tale regolamento prevede un’analisi, seppur relativamente limitata, di taluni «impedimenti alla registrazione».

( 14 ) V. i considerando diciottesimo e ventiquattresimo del regolamento n. 6/2002 (cit. alla nota 3).

( 15 ) Gli impedimenti assoluti alla registrazione sono previsti all’articolo 7 del regolamento n. 207/2009 (v. anche l’articolo 37 del regolamento); gli impedimenti relativi alla registrazione sono previsti all’articolo 8 del regolamento n. 207/2009 (v. anche gli articoli 40-42 di tale regolamento).

( 16 ) V. l’articolo 40 del regolamento n. 207/2009.

( 17 ) V. gli articoli 41 e 42 del regolamento n. 207/2009. A tale riguardo si veda anche la disposizione dell’articolo 38 del regolamento n. 207/2009, che prevede un procedimento di ricerca dei marchi anteriori potenzialmente confliggenti con il marchio richiesto.

( 18 ) V. le mie conclusioni relative alla causa Celaya (cit. alla nota 4), paragrafo 23.

( 19 ) V. le mie conclusioni relative alla causa Celaya (cit. alla nota 4), paragrafo 23. La previsione di un tale sistema comporta, di conseguenza, che al settore dei marchi non siano applicabili le considerazioni svolte in tali mie conclusioni riguardo alla teorica possibilità per un contraffattore in malafede, in caso di riconoscimento della pregiudizialità dell’azione di nullità rispetto a quella di contraffazione, di utilizzare tecniche dilatorie attraverso la reiterazione della registrazione di disegni o modelli leggermente diversi, teoricamente anche dopo l’annullamento del disegno o modello posteriore contestato, al fine di continuare a commercializzare un prodotto sostanzialmente identico, con conseguente seria compromissione del sistema e dell’effetto utile della normativa dell’Unione in materia di disegni e modelli (v. i paragrafo 31-33 delle mie conclusioni relative alla causa Celaya). Situazioni di questo tipo, infatti, non possono prodursi nel settore dei marchi, in quanto, in casi del genere, il titolare del marchio comunitario anteriore dispone sempre della possibilità di bloccare preventivamente la registrazione del marchio posteriore richiesta in malafede opponendosi alla sua registrazione ai termini dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009.

( 20 ) La circostanza che situazioni di tal genere possano verificarsi si desume del resto dalla lettura degli articoli 53, paragrafo 1, e 57, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

( 21 ) V. supra, paragrafo 22.

( 22 ) V. le mie conclusioni relative alla causa Celaya (cit. alla nota 4), paragrafo 30.

( 23 ) Il regolamento n. 207/2009, nel paragrafo 1 del suo articolo 9, come del resto l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 299, pag. 25), contrariamente a taluni diritti nazionali, quale quello spagnolo, e contrariamente anche al regolamento n. 6/2002, si limita a prevedere che il marchio comunitario conferisca al suo titolare un «diritto esclusivo» specificando solamente tale diritto esclusivo nella facoltà di vietare ai terzi l’uso nel commercio dei segni menzionati alle sue lettere a), b) e c). In dottrina si è tuttavia evidenziato come tale «diritto esclusivo» contempli non solo la facoltà negativa esplicitata nella norma ‐ lo ius excludendi ‐ consistente nel diritto di vietare ai terzi di usare un segno identico o simile, ma anche facoltà positive, ossia il diritto ad usare tale segno, appunto lo ius utendi, che può essere esercitato eventualmente anche attribuendo il marchio in licenza. L’esistenza di tale diritto di carattere positivo è del resto inerente alla titolarità del marchio. In effetti, come rilevato dall’avvocato generale Jacobs ai paragrafi 33 e 34 delle sue conclusioni relative alla causa decisa con sentenza del 14 maggio 2002, Hölterhoff (C-2/00, Racc. pag. I-4187), presentate il 20 settembre 2001, un operatore registra un marchio innanzitutto non per impedirne l’uso ai terzi, ma per usarlo egli stesso. Inoltre, il diritto all’uso è un elemento centrale ed essenziale del diritto di proprietà e, pertanto, anche di un diritto di proprietà intellettuale.

( 24 ) In linea di principio, la priorità di un marchio è determinata dalla data di deposito della domanda di registrazione del marchio (al riguardo, v. articoli 8, paragrafo 2, e 27 del regolamento n. 207/2009). Definizioni più specifiche del principio di priorità si trovano anche al paragrafo 57 delle conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak relative alla causa decisa con sentenza del 22 settembre 2011, Budějovický Budvar (C-482/09, Racc. pag. I-8701), nonché al paragrafo 54 delle conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen relative alla causa decisa con sentenza del 22 marzo 2012, Génesis (C-190/10).

( 25 ) V. i punti 39 e 40 di tale sentenza (cit. alla nota 3).

( 26 ) Si vedano, ad esempio, il settimo considerando, nonché l’articolo 8, le sezioni 2, 3 e 4 del titolo III (articoli 29-35), nonché gli articoli 41, 42, 53 e 54 del regolamento.

( 27 ) Si vedano, ad esempio, l’articolo 4, paragrafi 1, 2, 3 e 4, gli articoli 5, 6, paragrafo 2, 9, 11, paragrafo 4, e 14 della direttiva 2008/95/CE (cit. alla nota 23).

( 28 ) Si veda, ad esempio, l’articolo 4, A.1 e B, della Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, sottoscritta a Parigi il 20 marzo 1883, riveduta da ultimo a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificata il 28 settembre 1979 (Raccolta dei Trattati delle Nazioni Unite, vol. 828, n. 11851, pag. 305). La versione francese di tale Convenzione è consultabile sul seguente sito: www.wipo.int/treaties/fr/ip/paris/trtdocs_wo020.html.

( 29 ) V. il settimo e l’ottavo considerando, nonché gli articoli 4 e 6 del regolamento n. 207/2009.

( 30 ) Ciò che il titolare del marchio posteriore potrà fare con domanda di nullità del marchio anteriore introdotta dinanzi all’UAMI o eventualmente con domanda riconvenzionale dinanzi al tribunale dei marchi dinanzi a cui è stato convenuto per contraffazione.

( 31 ) Ciò che il titolare del marchio posteriore potrà fare dinanzi al tribunale dei marchi dinanzi a cui è stato convenuto per contraffazione.

( 32 ) Certo, sarebbe eventualmente possibile obiettare che, tanto la mancata opposizione quanto il rigetto dell’opposizione per problemi di natura procedurale quale quello proprio alla causa dinanzi al giudice del rinvio (il mancato pagamento della tassa d’opposizione) sono dovuti ad una sorta di «negligenza» del titolare del marchio anteriore, il quale non ha esercitato, o ha esercitato male, la facoltà di proporre opposizione attribuitagli dal regolamento n. 207/2009. Pertanto, diversamente da ciò che avviene nel settore dei disegni e modelli, nel settore dei marchi il titolare del marchio anteriore potrebbe essere considerato almeno parzialmente responsabile dell’avvenuta registrazione del marchio posteriore e quindi della situazione di incertezza giuridica creatasi. Tale corresponsabilità potrebbe quindi essere «sanzionata» con l’obbligo di attendere la dichiarazione di nullità del marchio posteriore prima di poter agire in contraffazione per la tutela del marchio anteriore. A tale possibile obiezione rispondo tuttavia, in primo luogo, che non è detto che la mancata proposizione di un’opposizione sia dovuta necessariamente a negligenza del titolare del marchio anteriore. Potrebbero esistere, ad esempio, casi in cui il rischio di confusione tra due marchi diventa evidente solo a seguito dell’uso in concreto del segno posteriore e quindi solo nel momento in cui i due segni in conflitto coesistono nel mercato. In secondo luogo, e in ogni caso, ritengo che il mancato o l’erroneo esercizio della facoltà di proporre opposizione non sia in grado di rimettere in questione l’applicazione di un principio fondamentale in materia di marchi quale quello di priorità ai termini del quale il diritto anteriore prevale su quello posteriore.

( 33 ) Ossia, come indicato supra al par. 40, quella di garantire al consumatore o all’utente finale l’identità di origine del prodotto o del servizio contrassegnato dal marchio, consentendogli di distinguere senza confusione possibile tale prodotto o tale servizio da quelli di provenienza diversa. A tale riguardo, nell’abbondante giurisprudenza in tal senso, si veda da ultimo la sentenza del 15 marzo 2012, Strigl e Securvita (C-90/11 e C-91/11, punto 30).

( 34 ) V., per analogia, riguardo all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 89/104/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1, abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/95 CE, cit. alla nota 23), sentenze del 18 giugno 2009, L’Oréal (C-487/07, Racc. pag. I-5185, punto 58), e del 19 luglio 2012, Pie Optiek e a. (C-376/11, punto 46 e giurisprudenza ivi citata). Occorre altresì osservare che, secondo la citata giurisprudenza, fra tali funzioni è da annoverare non solo la funzione essenziale citata supra al paragrafo 40 e alla nota precedente, ma anche le altre funzioni del marchio, segnatamente quella di garantire la qualità del prodotto o del servizio di cui si tratti, o quelle di comunicazione, investimento o pubblicità.

( 35 ) A tale riguardo si veda il titolo VII del regolamento n. 207/2009, in particolare gli articoli 58, 64 paragrafo 3, e 65.

( 36 ) Certo, la decisione di rigetto nel merito dell’opposizione dell’UAMI non sarà vincolante per il giudice nazionale. Essa non potrà tuttavia non costituire, secondo le differenti regole procedurali nazionali, un «elemento di prova significativo» dell’assenza di contraffazione. Del resto, il giudizio di contraffazione che è chiamato a effettuare il giudice nazionale, pur utilizzando gli stessi criteri di quello svolto dall’UAMI in sede di opposizione, vista la corrispondenza tra le fattispecie di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettere a) e b), e paragrafo 5, da un lato, e quelle di cui alle lettere a), b) e c) del paragrafo 1 dell’articolo 9 del regolamento n. 207/2009, non è esattamente identico ad esso. Tale giudizio, infatti, si differenzia per il fatto che, nel giudizio di contraffazione, il confronto tra i segni in causa e i relativi prodotti per cui essi sono utilizzati avviene in concreto con un’analisi «ex post» relativa alla situazione reale del loro uso sul mercato e non, come nel procedimento di opposizione, con un’analisi «ex ante» di tipo previsionale e astratto, fondata principalmente sulle risultanze delle domande di registrazione.

( 37 ) V. articoli 96, lettera d), e 100 del regolamento n. 207/2009.

( 38 ) A tale riguardo rilevo che, se la versione italiana e quella tedesca del regolamento n. 207/2009 si riferiscono in generale a «terzi» e a «Dritten», la versione francese, quella inglese e quella spagnola sono ancora più esplicite nel riferire il divieto a qualsiasi terzo nella misura in cui esse si riferiscono rispettivamente a «tout tiers», «all third parties» e a «cualquier tercero».

( 39 ) Un’eventuale immunità di tal genere non si può desumere, a mio avviso, come lo sostiene nelle sue osservazioni FCIPPR, dalla disposizione di cui all’articolo 6 del regolamento n. 207/2009, la quale prevede che il marchio comunitario si acquisisca con la registrazione. In effetti, anche tale disposizione deve essere interpretata, come tutte le altre disposizioni del regolamento n. 207/2009, alla luce del principio di priorità (v. supra, paragrafo 39).

( 40 ) In particolare, oltre all’articolo 54 del regolamento n. 207/2009 analizzato nel prosieguo del testo, si possono citare l’articolo 12 dello stesso regolamento, il quale prevede talune limitazioni alla facoltà per il titolare di impedire ai terzi l’uso nel commercio del marchio comunitario, nonché l’articolo 13 del regolamento n. 207/2009, il quale dispone che il diritto conferito dal marchio comunitario non permette al titolare di impedirne l’uso per prodotti immessi in commercio nell’Unione con tale marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

( 41 ) Come ha rilevato, a giusto titolo, la Commissione, altre disposizioni del regolamento n. 207/2009, quali l’articolo 1, paragrafo 2, o l’articolo 110, stabiliscono espressamente una distinzione tra le due azioni.

( 42 ) Occorre osservare, a tale riguardo, che il paragrafo 7 dell’articolo 100 del regolamento n. 207/2009 stabilisce che il tribunale dei marchi comunitari adito con una domanda riconvenzionale di decadenza o di nullità può sospendere il procedimento, su richiesta del titolare del marchio comunitario, e, sentite le altre parti, invitare il convenuto a presentare una domanda di decadenza o di nullità dinanzi all’UAMI. Tale norma, tuttavia, in primo luogo, attribuisce una mera facoltà al tribunale di sospendere il procedimento, in secondo luogo, è finalizzata ad evitare contrasti di decisioni sulla nullità del marchio anteriore e, in terzo luogo e in ogni caso, riguarda esclusivamente l’eventuale nullità del marchio anteriore su cui si fonda l’azione in contraffazione e non l’eventuale legittimità della registrazione posteriore del segno contro cui si agisce in contraffazione.

( 43 ) V. le mie conclusioni relative alla causa Celaya (cit. alla nota 4), paragrafi dal 39-44.

( 44 ) Nelle mie conclusioni relative alla causa Celaya (cit. alla nota 4), ai paragrafi dal 39-44, avevo evidenziato, da un lato, come fosse remota l’eventualità che il titolare del titolo posteriore lo utilizzi dopo essere risultato soccombente in un’azione di contraffazione e, dall’altro, come anche nel caso di utilizzo di tale titolo, ancora formalmente valido non essendone stata dichiarata la nullità, in contraffazione nei confronti di un terzo, quest’ultimo disponesse della possibilità di farlo dichiarare nullo in via riconvenzionale.

( 45 ) Certo, nell’ipotesi di successo di un’azione in contraffazione contro un marchio comunitario posteriore registrato a seguito del rigetto di un’opposizione nel merito fondata sullo stesso marchio comunitario anteriore su cui si fonda l’azione in contraffazione, esisterebbe un potenziale contrasto tra la decisione adottata dall’UAMI nel procedimento di opposizione e la sentenza del tribunale dei marchi. Tuttavia, tale ipotesi mi sembra piuttosto remota, vista la natura di «elemento di prova significativo» dell’assenza di contraffazione, menzionata alla nota 36, che la decisione dell’UAMI dovrebbe giocare nel procedimento nazionale. Inoltre, un tale contrasto potrebbe eventualmente giustificarsi alla luce delle differenti prospettive del procedimento di opposizione e del giudizio di contraffazione menzionate nella stessa nota 36.

( 46 ) Si vedano il terzo considerando e l’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.

( 47 ) V., inter alia, sentenze del 16 luglio 2009, Hadadi (C-168/08, Racc. pag. I-6871, punto 38); del 21 ottobre 2010, Padawan (C-467/08, Racc., pag. I-10055, punto 32), e del 16 giugno 2011 (Omejc, C-536/09, Racc. pag. I-5367, punto 19).

( 48 ) La Corte ha del resto interpretato a più riprese parallelamente l’articolo 9 del regolamento n. 207/2009 e la corrispondente disposizione della direttiva 2008/95 o, prima, della direttiva 89/104. V. sentenza del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit (C-323/09, Racc. pag. I-8625, punto 38 e giurisprudenza citata).

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