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Document 62011CC0476

    Conclusioni dell'avvocato generale Kokott del 7 febbraio 2013.
    HK Danmark contro Experian A/S.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Vestre Landsret - Danimarca.
    Principio di non discriminazione in ragione dell’età - Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea - Articolo 21, paragrafo 1 - Direttiva 2000/78/CE - Articolo 6, paragrafi 1 e 2 - Regime professionale di sicurezza sociale - Progressività dell’importo contributivo in funzione dell’età.
    Causa C-476/11.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2013:65

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    JULIANE KOKOTT

    presentate il 7 febbraio 2013 ( 1 )

    Causa C‑476/11

    HK Danmark, per conto di Glennie Kristensen

    contro

    Experian A/S

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vestre Landsret (Danimarca)]

    «Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro — Direttiva 2000/78/CE — Divieto di discriminazione basata sull’età — Regimi professionali di previdenza sociale — Contributi del datore di lavoro nell’ambito della previdenza complementare aziendale — Regime a contributo fisso — Graduazione dell’importo contributivo in funzione dell’età — Articolo 6, paragrafo 2, della direttiva — Portata della deroga»

    I – Introduzione

    1.

    Se un’impresa possa graduare l’importo dei contributi a carico del datore di lavoro nell’ambito di un regime pensionistico professionale basandosi sull’età dei propri dipendenti, oppure se ciò integri una discriminazione illecita fondata sull’età, questo è l’oggetto della questione su cui verte la domanda di pronuncia pregiudiziale del Vestre Landsret, che consente alla Corte di precisare ulteriormente la propria giurisprudenza in materia di discriminazione legata all’età ( 2 ).

    2.

    In concreto, il Vestre Landsret chiede se l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78/CE sulla parità di trattamento contempli un regime pensionistico professionale che prevede una graduazione in ragione dell’età dell’importo contributivo da versare ( 3 ). La Corte è chiamata per la prima volta a interpretare tale disposizione ( 4 ).

    II – Contesto normativo

    A – Diritto dell’Unione

    3.

    Il contesto normativo in cui si colloca il caso di specie è rappresentato, sotto il profilo del diritto dell’Unione, dalla direttiva 2000/78. Tale direttiva, ai sensi del suo articolo 1, mira a

    «stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».

    4.

    L’articolo 2 della direttiva 2000/78, rubricato «Nozione di discriminazione», dispone quanto segue:

    «1.   Ai fini della presente direttiva, per “principio di parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

    2.   Ai fini del paragrafo 1:

    a)

    sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

    (…)».

    5.

    Il campo d’applicazione della direttiva 2000/78 viene stabilito nel suo articolo 3:

    «1.   Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

    (…)

    c)

    all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;

    (…)

    3.   La presente direttiva non si applica ai pagamenti di qualsiasi genere, effettuati dai regimi statali o da regimi assimilabili, ivi inclusi i regimi statali di previdenza sociale o di protezione sociale.

    (…)».

    6.

    L’articolo 6 della direttiva 2000/78, che disciplina la «[g]iustificazione delle disparità di trattamento collegate all’età», così recita:

    «1.   Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

    Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:

    a)

    la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi;

    b)

    la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l’accesso all’occupazione o a taluni vantaggi connessi all’occupazione;

    (…)

    2.   Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che la fissazione per i regimi professionali di previdenza sociale di un’età per poter accedere o aver titolo alle prestazioni pensionistiche o all’invalidità, compresa la fissazione per tali regimi di età diverse per lavoratori o gruppi o categorie di lavoratori e l’utilizzazione, nell’ambito di detti regimi, di criteri di età nei calcoli attuariali non costituisca una discriminazione fondata sull’età purché ciò non dia luogo a discriminazioni fondate sul sesso».

    B – Diritto nazionale

    7.

    In Danimarca la direttiva 2000/78 è stata recepita attraverso il Lov om forbud mod forskelsbehandling på arbejdsmarkedet m.v. (Forskelsbehandlingslov; in prosieguo: la «legge sulla parità di trattamento) ( 5 ).

    8.

    L’articolo 1 della legge sulla parità di trattamento contiene una definizione della nozione di discriminazione che corrisponde a quella di cui all’articolo 2 della direttiva. L’articolo 2, paragrafo 1, disciplina il divieto di discriminazione dei lavoratori, in particolare per quanto concerne l’assunzione, il licenziamento e la retribuzione. Relativamente al caso di discriminazione basata sulla retribuzione, il paragrafo 3 prevede un fondamento giuridico per il versamento di un importo compensativo.

    9.

    L’articolo 6a della legge sulla parità di trattamento attua l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78. Ai sensi di tale disposizione:

    «Fatti salvi gli articoli 2-5, la presente legge non osta alla previsione di limiti di età per l’accesso a regimi professionali di previdenza sociale o all’utilizzo di criteri di età nei calcoli attuariali nell’ambito di tali regimi, purché l’applicazione di tali criteri non dia luogo a discriminazioni fondate sul sesso».

    III – Fatti e questioni pregiudiziali

    10.

    Da novembre 2007 a ottobre 2008 la sig.ra Kristensen è stata assunta come dipendente del servizio clienti presso la società Experian A/S (in prosieguo: la «Experian»).

    11.

    La Experian dispone di un regime pensionistico professionale. In capo ad essa non sussiste alcun obbligo, giuridico o contrattuale, di fornire una previdenza complementare aziendale. Il regime si basa al contrario esclusivamente sul contratto di lavoro stipulato tra la società Experian e i suoi dipendenti L’adesione al regime pensionistico professionale è obbligatoria per tutti i dipendenti della Experian e inizia automaticamente dopo un’anzianità di servizio di nove mesi. Il sistema prevede che Experian versi i due terzi dei contributi e il lavoratore interessato il restante terzo. L’importo dei contributi, determinato attraverso una percentuale dello stipendio di base, viene graduato come segue:

    dipendenti di età inferiore a 35 anni: quota a carico del dipendente 3%;quota a carico di Experian 6%;

    dipendenti di età compresa tra 35 e 45 anni: quota a carico del dipendente 4%; quota a carico di Experian 8%;

    dipendenti di età superiore a 45 anni: quota a carico del dipendente 5%; quota a carico di Experian 10%.

    12.

    Alla data di inizio del suo rapporto di lavoro, la sig.ra Kristensen aveva 29 anni. Pertanto, secondo quanto previsto dal contratto di lavoro, la Experian ha versato il 6% della sua retribuzione di base al regime pensionistico professionale. La retribuzione mensile della sig.ra Kristensen consisteva, dunque, nella retribuzione di base concordata, pari a DKK 21 500, più il contributo previdenziale del 6% a carico del datore di lavoro, cosicché l’importo complessivo della sua retribuzione ammontava a DKK 22 790 al mese. Se avesse avuto un’età compresa tra 35 e 45 anni, ella avrebbe invece ricevuto, in virtù del contributo del datore di lavoro, in questo caso maggiore, un corrispettivo di DKK 23 220 mensili, mentre con oltre 45 anni avrebbe ricevuto un importo pari a DKK 23 650 al mese.

    13.

    L’attore della causa principale, l’Handels- og Kontorfunktionærernes Forbund Danmark (in prosieguo: l’«HK») ( 6 ), che agisce per conto della sig.ra Kristensen, ravvisando in tali condizioni una violazione del divieto di discriminazione fondata sull’età, di cui all’articolo 2 della legge sulla parità di trattamento, chiede un risarcimento, nonché il pagamento dei contributi previdenziali arretrati.

    14.

    Il giudice del rinvio ritiene che si ponga la questione se l’interpretazione suggerita dalla Experian, secondo cui i contributi previdenziali graduati in base all’età risultano ammissibili in forza dell’articolo 6a della legge sulla parità di trattamento, sia compatibile con l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva.

    15.

    Pertanto, con ordinanza del 14 settembre 2011, pervenuta presso la cancelleria della Corte in data 19 settembre 2011, il Vestre Landsret ha sospeso il procedimento, sottoponendo alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se la deroga di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva [2000/78] relativa alla fissazione di limiti di età per poter accedere ai regimi professionali di sicurezza sociale o aver titolo alle prestazioni pensionistiche o di invalidità, debba essere interpretata quale autorizzazione agli Stati membri a esentare in generale i regimi professionali di previdenza sociale dal divieto, contenuto nell’articolo 2 di [tale] direttiva, di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sull’età, purché ciò non dia luogo a discriminazioni fondate sul sesso.

    2)

    Se la deroga di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva [2000/78] relativa alla fissazione di limiti di età per poter accedere ai regimi professionali di sicurezza sociale o aver titolo alle prestazioni pensionistiche o di invalidità, debba essere interpretata nel senso che non impedisce ad uno Stato membro di mantenere in vigore un regime giuridico in cui un datore di lavoro può versare, come parte della retribuzione, contributi previdenziali progressivi in base all’età, il che implica ad esempio che il datore di lavoro versi un contributo previdenziale del 6% per i dipendenti di età inferiore a 35 anni, dell’8% per i dipendenti di età compresa tra 35 e 44 anni e del 10% per i lavoratori di età superiore a 45 anni, purché ciò non dia luogo a discriminazioni fondate sul sesso».

    IV – Procedimento dinanzi alla Corte

    16.

    Nel procedimento dinanzi alla Corte, oltre all’HK e alla Experian hanno presentato osservazioni scritte e orali il governo danese e la Commissione europea. Alla fase scritta del procedimento hanno inoltre preso parte i governi belga, tedesco, olandese e spagnolo.

    V – Analisi giuridica

    Sulla prima questione pregiudiziale

    17.

    In relazione alla prima questione pregiudiziale posta dal Vestre Landsret, analogamente alla Commissione, nutro alcuni dubbi sulla sua rilevanza ai fini della soluzione della controversia. La questione se lo specifico regime pensionistico sia contemplato dalla direttiva emerge già infatti dalla risposta della Corte alla seconda questione pregiudiziale, cosicché un’interpretazione aggiuntiva dell’articolo 6, paragrafo 2, non risulta necessaria ai fini della decisione nella causa principale. Pertanto, in merito alla prima questione, non fornisco alcuna risposta.

    Sulla seconda questione pregiudiziale

    18.

    Con la seconda questione pregiudiziale il Vestre Landsret desidera sapere se la direttiva consente ad uno Stato membro di mantenere una situazione di diritto secondo cui, nel quadro della previdenza complementare aziendale, un datore di lavoro può prevedere una graduazione dell’importo contributivo a seconda dell’età.

    19.

    La direttiva 2000/78 vieta, in linea di principio, le discriminazioni in materia di occupazione e condizioni di lavoro, benché all’articolo 6 consenta agli Stati membri di considerare, in taluni casi, che determinate misure non costituiscono una discriminazione fondata sull’età. In ogni caso, la Danimarca si è avvalsa di tale autorizzazione con riguardo all’articolo 6, paragrafo 2, trasponendo la norma nel diritto nazionale attraverso l’articolo 6a della legge sulla parità di trattamento. Come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, il Ministero del Lavoro danese interpreta l’articolo 6a della legge in parola in modo tale che un regime pensionistico professionale, come quello adottato dalla Experian, rientri nel suo campo d’applicazione risultando, così, ammissibile.

    20.

    Si pone perciò la questione se tale interpretazione sia compatibile con l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva. In sostanza, occorre dunque esaminare se un regime pensionistico quale quello attuato dalla Experian possa essere ricondotto all’articolo 6, paragrafo 2.

    1. Applicabilità della direttiva

    21.

    In primo luogo occorre esaminare l’applicabilità della direttiva. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), la direttiva si applica «nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità (…) a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione».

    22.

    Tuttavia, alla luce dell’articolo 3, paragrafo 3, in combinato disposto con il considerando 13, il suo campo d’applicazione deve intendersi nel senso che non si estende ai regimi di previdenza sociale e di protezione sociale le cui prestazioni non sono assimilate ad una retribuzione ai sensi dell’articolo 157 TFUE, e nemmeno ai pagamenti di qualsiasi genere effettuati dallo Stato allo scopo di dare accesso al lavoro o di salvaguardare posti di lavoro ( 7 ).

    23.

    Come affermato anche dalla Commissione e dal governo belga, ai fini dell’applicabilità della direttiva nel caso concreto risulta pertanto fondamentale chiarire se i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro possano essere equiparati a una retribuzione a norma dell’articolo 157, paragrafo 2, TFUE ( 8 ). A mio avviso, occorre rispondere in senso affermativo.

    24.

    Secondo una giurisprudenza costante della Corte, per «retribuzione» si intende, a norma dell’articolo 157, paragrafo 2, TFUE, «tutti i vantaggi, in contanti o in natura, attuali o futuri, purché siano pagati, sia pure indirettamente, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo» ( 9 ). Come da ultimo ha rilevato l’avvocato generale Jääskinen nelle sue conclusioni sulla causa Römer ( 10 ), la Corte propende dunque per un’interpretazione estensiva della nozione di retribuzione che include, segnatamente, le pensioni di qualsiasi tipo.

    25.

    Per quanto concerne i versamenti pensionistici del regime professionale, la Corte dunque ha già statuito la necessità di considerarli alla stregua di una retribuzione ( 11 ). Invero, diversamente dalla causa Barber ( 12 )e dalle altre cause menzionate supra ( 13 ), il caso in esame non verte sui versamenti pensionistici a favore di un lavoratore in pensione, bensì sugli attuali contributi versati dal datore di lavoro al regime pensionistico. Per quanto riguarda i versamenti effettuati da Experian, non si tratta quindi di prestazioni definite a favore di un lavoratore dipendente (i cosiddetti regimi a prestazioni definite), ma di contributi fissi nel quadro del regime pensionistico (i cosiddetti regimi a contributi fissi). Tuttavia, anche tali versamenti contributivi sono da considerarsi come retribuzione.

    26.

    Da un lato, per quanto attiene ai contributi, si tratta di una retribuzione corrente attuale, dal momento che, per ciascun dipendente di Experian, il loro versamento avviene con cadenza mensile a decorrere da un’anzianità di servizio di nove mesi. Dall’altro, l’obbligo contributivo emerge solo dal contratto di lavoro e il versamento si verifica esclusivamente per i dipendenti della Experian ( 14 ). La sua concessione, dunque, avviene direttamente in ragione del rapporto di lavoro e sotto forma di corrispettivo per l’attività svolta presso la Experian. In realtà il versamento non si rivolge direttamente al lavoratore stesso, ma viene effettuato sul suo conto pensionistico. Su richiesta della Corte, la Experian ha tuttavia affermato in sede di udienza che ciascun dipendente dispone di un proprio conto pensionistico e, insieme al proprio consulente, decide da sé come investire gli importi accumulati per ottenere successivamente la pensione. Di conseguenza, il versamento contributivo è una retribuzione ai sensi dell’articolo 157, paragrafo 2, TFUE ( 15 ).

    2. Disparità di trattamento a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva

    27.

    Come risulta dall’articolo 1, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva, essa vieta la discriminazione sia diretta che indiretta basata sull’età per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro, intendendosi per discriminazione qualsiasi disparità di trattamento ingiustificata ( 16 ).

    28.

    Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 1 della direttiva, sussiste discriminazione diretta in ragione dell’età quando, sulla base dell’età, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra persona in una situazione analoga; la disparità di trattamento su cui essa si fonda è dunque direttamente collegata all’età.

    29.

    Come rilevato dal giudice del rinvio, la retribuzione dei dipendenti della Experian consta della retribuzione di base corrispondente, identica per tutti i dipendenti, e del contributo pensionistico graduato in base all’età. Poiché la sig.ra Kristensen aveva meno di 35 anni nel periodo della sua attività lavorativa presso la Experian, il contributo pensionistico a carico del datore di lavoro, versato per lei al regime pensionistico da parte della Experian, ammontava al 6%della sua retribuzione di base. La sua retribuzione mensile complessiva (retribuzione di base + il 6% del contributo pensionistico del datore di lavoro) risultava così inferiore rispetto a quella che avrebbe percepito un dipendente più anziano (retribuzione di base + l’8% del contributo del datore di lavoro per dipendenti di età superiore a 35 anni e retribuzione di base + il 10% del contributo del datore di lavoro per dipendenti di oltre 45 anni). L’importo retributivo di minore entità e il relativo trattamento meno favorevole si ricollegano direttamente all’età. Il regime pensionistico professionale della Experian comporta dunque una disparità di trattamento diretta fondata sull’età ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 1 della direttiva 2000/78.

    3. Giustificazione della disparità di trattamento

    30.

    Tuttavia, qualora la disparità di trattamento sia giustificata, la graduazione dei contributi previdenziali non costituisce alcuna discriminazione illecita basata sull’età.

    a) Giustificazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva

    31.

    La Experian ritiene che il regime pensionistico rientri nel campo d’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva e che sia dunque giustificato. L’HK sostiene la tesi opposta, facendo altresì valere la totale inapplicabilità dell’articolo 6, paragrafo 2, alla presente fattispecie.

    i) Sull’applicabilità dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva

    32.

    L’articolo 6, paragrafo 2, contiene una norma per la disparità di trattamento in ragione dell’età nel quadro di regimi professionali di previdenza sociale. L’HK ne contesta l’applicabilità al caso di specie, adducendo che non si tratta di una discriminazione nell’ambito di un siffatto regime, bensì di una discriminazione verificatasi in precedenza, ossia alla data del versamento della retribuzione. Pertanto, la Experian non potrebbe appellarsi all’articolo 6, paragrafo 2. Tale tesi, tuttavia, non è a mio avviso convincente.

    33.

    Il pagamento effettuato dalla Experian si configura quale contributo nell’ambito della previdenza complementare aziendale versato sul conto pensionistico del lavoratore interessato. Senza dubbio, dunque, si tratta di una prestazione nel quadro del regime pensionistico professionale. Come già illustrato in precedenza ( 17 ), tale versamento è da intendersi come retribuzione ai sensi dell’articolo 157, paragrafo 2, TFUE, il che costituisce un presupposto di applicabilità della direttiva.

    34.

    Tuttavia, se si seguisse la tesi dell’HK, secondo cui l’articolo 6, paragrafo 2, non può mai essere applicato per le prestazioni che rientrano in un regime professionale di previdenza sociale che costituiscono una retribuzione, detta disposizione sarebbe del tutto priva di senso. L’affermazione dell’applicabilità della direttiva ai regimi professionali di previdenza sociale porterebbe infatti sempre ad escludere automaticamente l’applicabilità dell’articolo 6, paragrafo 2. Il fatto che la direttiva, ai fini della sua applicazione a siffatti regimi, esiga che la prestazione specifica del datore di lavoro venga assimilata a una retribuzione e, nel contempo, contenga una disposizione derogatoria per i regimi professionali di previdenza sociale, dimostra l’inconsistenza della tesi dedotta dall’HK e l’impossibilità che il carattere retributivo di un versamento escluda automaticamente l’applicabilità dell’articolo 6, paragrafo 2.

    35.

    Pertanto, circa i contributi del datore di lavoro, trattasi di una prestazione nell’ambito dei regimi professionali di previdenza sociale, cosicché l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva risulta applicabile.

    ii) Presupposti dell’articolo 6, paragrafo 2

    36.

    Sorge così la questione se lo specifico regime pensionistico professionale sia contemplato da tale disposizione. L’articolo 6, paragrafo 2, prevede tre casi ( 18 ) nel cui ambito è ammessa l’applicazione di criteri relativi all’età, ossia in primo luogo, la fissazione di limiti di età per poter accedere a un regime professionale di previdenza sociale ( 19 ), in secondo luogo la fissazione di limiti di età per avere titolo alle prestazioni pensionistiche o a prestazioni per invalidità e, in terzo luogo, l’applicazione di criteri di età nei calcoli attuariali.

    – Limiti di età come presupposto per l’adesione

    37.

    Il primo caso dell’articolo 6, paragrafo 2, consente la fissazione di criteri di età quale presupposto per l’adesione a regimi professionali di previdenza sociale. La disparità di trattamento relativa all’importo contributivo dovuta all’età del lavoratore sarebbe dunque giustificata se la graduazione basata sull’età costituisce un presupposto per l’accesso al regime pensionistico di Experian.

    38.

    Nell’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 2, occorre tener conto del fatto che la direttiva 2000/78 non sancisce essa stessa il principio della parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro, principio che trova la sua fonte in vari trattati internazionali e nelle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, ma ha il solo obiettivo di stabilire, in dette materie, un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate su diversi motivi, tra i quali rientra l’età ( 20 ). La Corte ha riconosciuto il principio di non discriminazione in ragione dell’età quale espressione di questo principio generale del diritto dell’Unione ( 21 ). La direttiva 2000/78 dà solo espressione concreta a tale principio ( 22 ). Inoltre, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, TUE, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ha lo stesso valore giuridico dei trattati. L’articolo 21, paragrafo 1, della Carta vieta «qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, (...) sull’età». Per tale ragione, in linea di massima, le deroghe al principio di divieto di discriminazione devono essere interpretate restrittivamente ( 23 ).

    39.

    L’HK e il governo spagnolo sostengono dunque che il regime pensionistico adottato dalla Experian non sia contemplato dall’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva. A loro avviso, la graduazione per età non riguarda il «presupposto» per l’adesione. Poiché ciascun dipendente partecipa automaticamente alla previdenza complementare aziendale dopo aver maturato un’anzianità di servizio di nove mesi, la «questione» inerente all’adesione sarebbe disciplinata a prescindere dall’età. Per quanto riguarda la graduazione in base all’età, si tratterebbe piuttosto di una disparità di trattamento con riferimento alla configurazione dell’adesione, ossia alle sua «modalità» di attuazione, aspetto ignorato dall’articolo 6, paragrafo 2.

    40.

    Tuttavia, come la Experian, i governi tedesco, belga e olandese, nonché la Commissione, ritengo l’articolo 6, paragrafo 2, applicabile nel caso di specie. Senza dubbio, come correttamente sostenuto dall’HK e dalla Spagna, le deroghe al principio di non discriminazione devono essere interpretate in modo restrittivo ( 24 ). Ciononostante, l’obbligo di interpretazione restrittiva non contrasta con misure che risultino più lievi rispetto a quelle che sarebbero ammissibili anche con una siffatta interpretazione. Orbene, è questo ciò che si verifica nel caso di specie.

    41.

    Come si evince dal suo chiaro tenore letterale, l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva consente la fissazione di limiti quale presupposto per l’adesione al regime. La Experian, dunque, potrebbe prevedere un regime in cui, ad esempio, i dipendenti di età inferiore a 35 anni siano categoricamente esclusi dalla previdenza complementare aziendale. Per un dipendente, la completa esclusione dall’adesione al regime comporterebbe indubbiamente conseguenze maggiori rispetto a un’adesione con versamento contributivo inferiore.

    42.

    Tuttavia, se anche l’adesione di per sé può essere subordinata a determinati limiti di età, dovrebbe allo stesso modo essere ammesso un regime in cui tutti i lavoratori possano partecipare alla previdenza complementare aziendale indipendentemente dalla loro età e la differenziazione per età riguardi solo l’importo contributivo concreto. Diversamente, la direttiva porterebbe alla conseguenza contraddittoria che una disparità di trattamento più lieve sia inammissibile, contrariamente a una disparità di trattamento di maggiore entità.

    43.

    La graduazione degli importi in ragione dell’età, come previsto dalla Experian, allevia con un «meno» la fissazione di limiti di età secondo cui la partecipazione è categoricamente esclusa. Pertanto, esso rientra nel primo caso di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva.

    – Necessità di un ulteriore esame della proporzionalità

    44.

    La questione se, nell’ambito dell’articolo 6, paragrafo 2, sia necessario procedere a un esame della proporzionalità ha costituito oggetto di controversia tra alcune parti del procedimento. L’HK afferma tale necessità, adducendo che l’articolo 6, paragrafo 2, prevede una deroga al divieto di discriminazione, che dovrebbe sempre mostrare carattere di proporzionalità. La Experian e il governo danese sono di parere contrario. Essi sostengono che l’articolo 6, paragrafo 2, contiene una deroga «generale» al divieto di discriminazione fondata sull’età, cosicché un esame della proporzionalità non sarebbe necessario. Personalmente, condivido questa tesi.

    45.

    In primis, il tenore della disposizione, rispetto all’articolo 6, paragrafo 1, fornisce indizi a favore di tale interpretazione. Mentre al paragrafo 1 il suddetto articolo richiede un esame della proporzionalità, al paragrafo 2 esso è privo di una disposizione corrispondente. Se il legislatore avesse previsto un ulteriore esame della proporzionalità l’avrebbe indicato espressamente. Pertanto, con ragionamento a contrario, può desumersi che, nell’ambito dell’articolo 6, paragrafo 2, tale esame non è necessario.

    46.

    Questa differenza tra i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 6 emerge già dalla genesi legislativa della norma. L’originario progetto di direttiva prevedeva inizialmente solo alcune disposizioni sulla pensione di vecchiaia come ulteriore capoverso dell’articolo 5 ( 25 ) (divenuto successivamente l’attuale articolo 6, paragrafo 1). L’articolo 5, sanciva espressamente che le difformità di trattamento [potevano essere] «giustificate da una finalità legittima e (…) appropriate e necessarie per il conseguimento di tale finalità». Anche nelle versioni successive dei progetti di direttiva le disposizioni sulla previdenza complementare aziendale erano ancora contenute nell’attuale articolo 6, paragrafo 1 ( 26 ), con riserva di un esame della proporzionalità.

    47.

    Come risulta dal documento del Consiglio dell’Unione europea del 20 ottobre 2000 (n. 12494/00, pag. 15), le disposizioni sui regimi professionali di previdenza sociale sono state introdotte solo in seguito nel paragrafo 1. Successivamente, esse sono state poi formulate ex novo in un apposito paragrafo (v. la proposta relativa all’articolo 6, paragrafo 3, di cui al suddetto documento, che corrisponde all’attuale articolo 6, paragrafo 2). La formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, sull’esame della proporzionalità non vi è stata accolta. In tale contesto è stato aggiunto anche il venticinquesimo considerando della direttiva ( 27 ), secondo cui le disparità di trattamento in funzione dell’età richiedono disposizioni specifiche che possono variare secondo la situazione degli Stati membri. Il fatto che il legislatore, con riferimento ai regimi professionali di previdenza sociale, abbia formulato un nuovo paragrafo dal diverso tenore letterale, rivela l’assoggettamento di tali regimi, per quanto concerne il divieto di discriminazione, a presupposti diversi rispetto alle misure di cui all’articolo 6, paragrafo 1. In caso contrario si sarebbe potuto lasciare la disposizione come ulteriore capoverso del paragrafo 1, o richiedere espressamente un esame della proporzionalità.

    48.

    Anche la successiva struttura della direttiva corrobora questa interpretazione. Come asserito dal governo danese, anche altri punti della direttiva contengono disposizioni che presuppongono in maniera esplicita un esame della proporzionalità e altre norme in cui detto esame non è affatto contemplato. Così, ad esempio, l’articolo 3, paragrafo 4, relativo alle forze armate, prevede una deroga al principio di non discriminazione basata sull’età senza richiedere espressamente un esame della proporzionalità. Per contro, l’articolo 4, paragrafo 1, sancisce che le disparità di trattamento nella vita professionale non costituiscono discriminazione «purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato». Il legislatore dunque ha operato una netta distinzione tra situazioni esenti, in linea di principio, dal divieto di discriminazione e situazioni che, in aggiunta, sono soggette a un esame della proporzionalità.

    49.

    Detta interpretazione corrisponde anche allo scopo dell’articolo 6, paragrafo 2, che consiste nel reprimere gli ostacoli a un ampliamento della previdenza complementare aziendale e nel tutelare la funzionalità della stessa. Poiché le disposizioni in vigore nei diversi Stati membri sono, da un lato, molto diverse e, dall’altro, estremamente complesse, gli Stati membri dovrebbero disporre di un ampio margine di valutazione a tale riguardo ( 28 ).

    50.

    Di conseguenza, in contrasto con la tesi dell’HK, non risulta necessario un ulteriore esame della proporzionalità. In tale contesto sarebbe certamente lecito chiedersi se l’articolo 6, paragrafo 2, prevedendo una deroga complessiva al divieto di discriminazione senza un esame della proporzionalità, possa violare i principi sanciti dalla Carta. Tuttavia, la validità della norma non costituisce oggetto del presente rinvio pregiudiziale.

    – Conclusione intermedia

    51.

    In sintesi è possibile affermare che un regime pensionistico, come quello attuato dalla Experian, rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva.

    b) Giustificazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva

    52.

    Qualora la Corte non condivida tale opinione, sorge la questione circa la giustificazione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva, invocata in subordine dalla Experian. In realtà il giudice del rinvio non ha chiesto un’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva; ciononostante, per poterle fornire una risposta utile, di seguito prenderò in esame tale punto in subordine.

    53.

    L’articolo 6, paragrafo 1, stabilisce che una disparità di trattamento in ragione dell’età non costituisce discriminazione laddove essa sia oggettivamente e ragionevolmente giustificata, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, del mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari ( 29 ). In definitiva, risulta pertanto essenziale che la relativa misura si fondi su una finalità legittima e superi l’esame della proporzionalità ( 30 ).

    54.

    Il giudice nazionale è il solo competente a valutare i fatti della controversia di cui è investito e ad interpretare la normativa nazionale applicabile. È suo compito determinare se e in che misura finalità «legittime» di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 giustifichino una determinata disposizione. Tuttavia, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, la Corte può guidare il giudice nazionale nell’interpretazione ( 31 ).

    i) Finalità legittima

    55.

    Per quanto concerne l’obiettivo di una misura, la Corte ha già statuito che gli Stati membri così come, eventualmente, le parti sociali a livello nazionale dispongono di un ampio margine di valutazione discrezionale nella scelta di perseguire uno scopo determinato tra altri in materia di politica sociale e di occupazione ( 32 ). In ogni caso deve trattarsi di obiettivi di politica sociale, come quelli connessi alla politica del lavoro, del mercato del lavoro o della formazione professionale ( 33 ).

    56.

    La Experian fa valere che la graduazione dei contributi in base all’età deve consentire ai lavoratori più anziani di risparmiare un importo sufficiente nell’ambito del regime complementare aziendale anche nel caso in cui la loro attività presso la Experian abbia avuto inizio solo in un momento successivo della propria carriera.

    57.

    D’altro canto, i lavoratori più giovani devono essere inseriti tempestivamente nel regime pensionistico. Nel contempo, però, questi sono in genere più interessati a disporre liberamente di una quota maggiore della propria retribuzione piuttosto che a investirla nell’ambito della previdenza complementare. Pertanto, la graduazione dei contributi a seconda dell’età (e quindi anche dei contributi del lavoratore) deve anche favorire uno sgravio dei lavoratori più giovani.

    58.

    Prefiggendosi l’obiettivo di consentire ai lavoratori più anziani di risparmiare un capitale sufficiente anche in un periodo di versamento più breve per percepire una pensione utile e di introdurre tempestivamente i lavoratori più giovani nel regime pensionistico, senza però, al contempo, gravare eccessivamente su di loro, sotto il profilo finanziario, attraverso contributi riguardanti un obiettivo ancora lontano, il regime pensionistico della Experian persegue finalità legittime di politica sociale nei settori della politica dell’occupazione e del mercato del lavoro. Fondata su tali finalità, una disparità di trattamento basata sull’età è, in linea di principio, giustificabile alla luce dei vantaggi connessi all’occupazione [v. articolo 6, paragrafo 1, primo comma, in combinato disposto con il secondo comma, lettera b), della direttiva 2000/78].

    59.

    Resta tuttavia da verificare se, per il conseguimento di tali finalità legittime, sia proporzionato aumentare i contributi del datore di lavoro con l’innalzamento di età dei lavoratori. Come emerge dal tenore dell’articolo 6, paragrafo 1, la graduazione fondata sull’età risulta proporzionale se è «appropriata e necessaria» e se comporta il raggiungimento degli scopi perseguiti senza arrecare eccessivo pregiudizio ai lavoratori più giovani.

    ii) Carattere non manifestamente inidoneo della misura

    60.

    La graduazione connessa all’età risulta «appropriata» se è idonea al conseguimento della finalità legittima perseguita, consistente nel consentire ai lavoratori più anziani il risparmio di un capitale sufficientemente elevato sul proprio conto pensionistico, nonché nel permettere ai lavoratori più giovani di aderire tempestivamente al regime, senza gravarli però eccessivamente sotto il profilo finanziario.

    61.

    Alla luce della prerogativa di valutazione derivante dall’ampio margine discrezionale degli Stati membri sulla scelta delle misure atte a realizzare i loro obiettivi in materia di politica sociale e di occupazione ( 34 ), il ruolo della Corte si limita a garantire che le misure adottate non appaiano irragionevoli ( 35 ), oppure – in altri termini – che le misure adottate non siano manifestamente inidonee al raggiungimento dello scopo perseguito ( 36 ).

    62.

    Il fatto che la graduazione dei contributi in ragione dell’età sia manifestamente inidonea al raggiungimento degli scopi perseguiti non è evidente. Al contrario, ci si rende ben conto che per i lavoratori più anziani i quali, avendo iniziato tardi la propria attività presso la Experian, effettuano versamenti sul proprio conto pensionistico per un periodo più breve, è necessario un versamento contributivo di maggiore entità affinché, al termine della loro carriera, possano disporre di un capitale sufficiente. Attraverso il regime attuato dalla Experian si può ottenere anche la partecipazione di lavoratori più giovani.

    iii) Necessità

    63.

    Nondimeno, la graduazione dei contributi in funzione dell’età dovrebbe essere anche necessaria. Una misura è «necessaria» solo se la finalità perseguita non avrebbe potuto essere realizzata mediante uno strumento ugualmente idoneo, ma meno gravoso.

    64.

    Una possibile alternativa meno gravosa che permetta ai lavoratori più anziani di risparmiare un capitale sufficiente sul proprio conto pensionistico consisterebbe in primis nel riservare a tutti i lavoratori un trattamento analogo per quanto attiene ai versamenti contributivi (conformemente alle percentuali attualmente applicate ai lavoratori di oltre 45 anni). Tuttavia, non potrebbe affatto essere raggiunto lo scopo di non gravare eccessivamente i lavoratori più giovani, dal momento che, in questo caso, anche il contributo a carico del lavoratore sarebbe di conseguenza più elevato.

    65.

    Potrebbe essere altresì problematico il fatto che la Experian preveda contributi complessivi più elevati per tutti i lavoratori più anziani, senza considerare se, effettivamente, questi abbiano un’esigenza maggiore. Difatti, l’incremento dei contributi reca vantaggi a ogni lavoratore più anziano, a prescindere dal fatto che si tratti di un dipendente con molti anni di servizio, che ha già avuto la possibilità di risparmiare contributi per un periodo di tempo più lungo trascorso presso la Experian (e, quindi, non nutre alcuna esigenza maggiore in termini di versamenti contributivi), o di un nuovo dipendente (che, probabilmente, finora è riuscito a risparmiare solo importi esigui). Inoltre, anche per quanto concerne i nuovi dipendenti non viene operata alcuna distinzione in base alla circostanza secondo cui, già da un rapporto di lavoro precedente, dispongano o meno di una forma sufficiente di previdenza complementare aziendale.

    66.

    Occorre pertanto chiedersi se una graduazione degli importi contributivi connessa all’esigenza o, probabilmente, all’anzianità di servizio (in teoria ancora possibile) venga presa in esame come misura meno gravosa, ma ugualmente efficace per il conseguimento delle finalità perseguite.

    67.

    A tale riguardo, però, occorre nuovamente considerare il margine di valutazione discrezionale di cui gli Stati membri dispongono in materia di politica sociale ( 37 ). Tuttavia, tale margine non può avere l’effetto di svuotare della sua sostanza l’attuazione del principio di non discriminazione in funzione dell’età ( 38 ). In linea di principio, esiste però la possibilità di prendere le distanze, per motivi di praticità, dall’esame dei singoli casi e di qualificare invece i lavoratori mediante un approccio di suddivisione in tipologie, ordinandoli in diverse categorie secondo criteri generali ( 39 ). Pertanto, è possibile prevedere solo le misure (meno gravose) che, nel quadro di un regime funzionale, si rivelino attuabili ed economicamente realizzabili.

    68.

    Occorre inoltre considerare che il compito di mettere a disposizione una previdenza complementare aziendale basata sui bisogni individuali dei singoli lavoratori non spetta all’impresa. La garanzia di una previdenza di base sufficiente inerente alla pensione rientra piuttosto nella sfera di competenza del regime pubblico, al quale la direttiva 2000/78 non trova applicazione. Di conseguenza, può rivelarsi determinante solo il fatto che il regime pensionistico professionale in questione sia di per sé disciplinato in modo coerente. La Experian desidera offrire ai propri dipendenti una previdenza complementare aziendale funzionante, a prescindere dalla data di inizio della loro attività e dai loro rapporti di lavoro precedenti. Essa ha altresì asserito l’impossibilità tecnica di esaminare le esigenze individuali del lavoratore. Per questo motivo, esclude anche l’ipotesi di una graduazione dei contributi subordinata ai bisogni dei lavoratori.

    69.

    Un ulteriore problema è costituito dal fatto che l’importo del contributo complessivo al regime pensionistico è variabile. Circa l’inclusione dei lavoratori più giovani, ai quali inizialmente deve essere chiesto un contributo inferiore, ci si domanda se essa non possa avvenire anche attraverso una struttura variabile solo per quanto concerne la quota dei lavoratori, con una situazione invariata per i contributi del datore di lavoro. Il contributo del datore di lavoro non determina infatti effetti concreti sulla retribuzione netta di cui, effettivamente, i lavoratori più giovani dispongono ogni mese. Un lavoratore più giovane non «avverte» dunque se il contributo del datore di lavoro è maggiore o inferiore; solamente il suo contributo provoca effetti diretti sulla remunerazione mensile effettivamente a disposizione. Alla luce delle informazioni disponibili non è possibile valutare se, al riguardo, si tratti di un’alternativa (economicamente) sostenibile. Spetta quindi al giudice a quo chiarire tale questione.

    iv) Assenza di un pregiudizio eccessivo

    70.

    Benché la graduazione in funzione dell’età rappresenti lo strumento meno gravoso per conseguire le finalità legittime perseguite, resta ancora da verificare se la disposizione non comporti un pregiudizio eccessivo per i lavoratori più giovani. In effetti, dal principio di proporzionalità, si evince che le misure lesive nei confronti di un diritto garantito dall’Unione – nella presente fattispecie, il divieto di discriminazione in ragione dell’età – non devono causare inconvenienti sproporzionati rispetto alle finalità perseguite ( 40 ).

    71.

    In questo contesto occorre tener presente, da una parte, l’obbligatorietà del regime per tutti i lavoratori che, di conseguenza, non possono scegliere di rinunciare al contributo previdenziale integrativo e ricevere invece gli importi corrispondenti. Neanche la tesi della Experian, secondo cui i lavoratori più giovani che aspirano a una retribuzione complessiva più elevata potrebbero negoziare individualmente al riguardo, risulta convincente. Un singolo lavoratore non può impedire o mitigare un trattamento più sfavorevole basato sull’età, ravvisabile all’interno di un regime, tramite accordi a titolo individuale. Questo vale segnatamente a causa della posizione contrattuale più debole in cui, solitamente, il lavoratore viene a trovarsi rispetto al datore di lavoro.

    72.

    Tuttavia, nella fattispecie, non si può escludere che gli svantaggi legati alla disparità di trattamento siano compensati dai relativi vantaggi. Certamente si configura una disparità di trattamento, per un importo massimo pari al 4% della retribuzione di base e quindi, nel caso della sig.ra Kristensen, a DKK 860 ( 41 ) in meno al mese. Senza dubbio, si tratta di un importo considerevole. Ciononostante, occorre tener presente che, da un lato, la sig.ra Kristensen trae vantaggi dal regime pensionistico professionale della Experian, con un versamento mensile a suo nome nella previdenza complementare. Dall’altro lato, a contributi di minore entità per il datore di lavoro corrisponde un contributo inferiore del lavoratore, cosicché la stessa sig.ra Kristensen ha dovuto versare solo il 3% della propria retribuzione di base sul conto pensionistico. Se avesse avuto un’età superiore a 45 anni, la sua quota avrebbe raggiunto la percentuale del 5%. Da ultimo, comunque, la valutazione di tali circostanze spetta al giudice nazionale competente.

    v) Conclusione intermedia

    73.

    In sintesi si deve affermare che una misura come quella controversa nel caso in esame può essere giustificata a patto che la graduazione dei contributi prevista, fondata sull’età, consenta ai lavoratori più anziani di risparmiare un capitale pensionistico sufficiente anche nell’ipotesi in cui questi inizino la loro attività presso l’impresa interessata solo in un momento successivo, nel corso della loro carriera; nel contempo, con la graduazione basata sull’età, i lavoratori più giovani devono essere inseriti tempestivamente nell’ambito della previdenza complementare aziendale, senza essere eccessivamente gravati di contributi previdenziali già nei primi anni. Questo vale sempreché, a un costo economicamente sostenibile, non si possano adottare altre misure possibili, ugualmente idonee, per realizzare le finalità perseguite, che si rivelino meno svantaggiose per i lavoratori più giovani, e che inoltre gli svantaggi derivanti da una disparità di trattamento non risultino sproporzionati rispetto ai vantaggi del regime.

    vi) Incentivazione della fedeltà all’impresa

    74.

    Il governo belga sottolinea inoltre che lo scopo della misura potrebbe essere anche quello di vincolare più a lungo i lavoratori all’impresa. Nel procedimento dinanzi alla Corte, la Experian non ha dichiarato se con la graduazione fondata sull’età sia stato raggiunto anche tale scopo. Spetta quindi al giudice del rinvio verificare se ciò avvenga e se la graduazione dell’importo contributivo integri una sorta di premio per fedeltà all’impresa.

    75.

    Se così fosse, si tratterebbe sostanzialmente di una finalità legittima. In linea di principio, la graduazione basata sull’età sembra anche idonea, almeno per quanto concerne i lavoratori più giovani, a vincolare più a lungo i lavoratori all’impresa. Tuttavia va osservato che la graduazione dei contributi non è affatto connessa all’anzianità di servizio, ma viene accordata a prescindere da questa; i vantaggi ad essa associati riguardano anche i lavoratori che iniziano la loro attività presso la Experian solo molto tardi nel corso della loro carriera. Pertanto, detta graduazione non risulta necessaria. Uno strumento meno gravoso e più efficace consisterebbe piuttosto nel ricollegare l’importo contributivo all’anzianità di servizio anziché all’età del lavoratore. Nel valutare l’obiettivo in oggetto è necessario che il giudice del rinvio prenda in considerazione tale aspetto.

    VI – Conclusioni

    76.

    Propongo quindi alla Corte di rispondere nel seguente modo alle questioni pregiudiziali proposte:

    1)

    L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78 consente a uno Stato membro di mantenere una situazione di diritto secondo cui un datore di lavoro può versare, come quota retributiva, contributi graduati in funzione dell’età a un regime pensionistico professionale versando, ad esempio, un contributo previdenziale del 6% per i dipendenti di età inferiore a 35 anni, dell’8% per i dipendenti di età compresa tra 35 e 44 anni e del 10% per i lavoratori di età superiore a 45 anni.

    2)

    Un siffatto regime pensionistico può essere giustificato anche ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, purché la graduazione dei contributi prevista, fondata sull’età, consenta ai lavoratori più anziani di risparmiare un capitale pensionistico sufficiente anche nell’ipotesi in cui questi inizino la loro attività presso l’impresa interessata solo in un momento successivo, nel corso della loro carriera; nel contempo, con la graduazione per età, i lavoratori più giovani devono essere inseriti tempestivamente nell’ambito della previdenza complementare aziendale, godendo però dello sgravio sotto il profilo finanziario. Questo vale sempreché, a un costo economicamente sostenibile, non sia possibile adottare altre misure, ugualmente idonee, per realizzare le finalità perseguite, che si rivelino meno svantaggiose per i lavoratori più giovani, e che inoltre gli svantaggi legati a una disparità di trattamento non risultino sproporzionati rispetto ai vantaggi offerti dal regime.


    ( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

    ( 2 ) V., fondamentale per questo punto, sentenza del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa (C-411/05, Racc. pag. I-8531), nonché sentenze del 12 ottobre 2010, Ingeniørforeningen i Danmark («Andersen») (C-499/08, Racc. pag. I-9343), e del 6 dicembre 2012, Odar (C‑152/11).

    ( 3 ) Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16).

    ( 4 ) Un ulteriore aspetto dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78 costituisce oggetto della causa Toftgaard, C‑546/11. A tale riguardo, v. le conclusioni da me presentate in data odierna nella medesima causa.

    ( 5 ) Legge del 12 giugno 1996, n. 459, sul divieto di discriminazione nel mercato del lavoro ecc. Con la legge di modifica del 22 dicembre 2004, n. 1417, sono stati inseriti nella legge sulla parità di trattamento i criteri di età e di handicap. La legge di modifica è entrata in vigore il 28 dicembre 2004.

    ( 6 ) Sindacato dei lavoratori del settore commerciale e impiegatizio – Danimarca.

    ( 7 ) V. sentenze del 10 maggio 2011, Römer (C-147/08, Racc. pag. I-3591, punto 32), e del 1o aprile 2008, Maruko (C-267/06, Racc. pag. I-1757, punto 41).

    ( 8 ) Trattandosi, nella fattispecie, solo di un regime pensionistico professionale e non di una prestazione nell’ambito di un regime statale o di prestazione assimilata, il caso di esclusione di cui all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva è manifestamente inapplicabile. In particolare, le prestazioni non sono direttamente disciplinate dalla legge, ma solo dal contratto di lavoro e si applicano unicamente a una categoria specifica di lavoratori, vale a dire ai dipendenti della Experian; v. sentenza del 17 maggio 1990, Barber (C-262/88, Racc. pag. I-1889, punto 22).

    ( 9 ) V. sentenze del 25 maggio 1971, Defrenne (80/70, Racc. pag. 445, punto 6), del 9 febbraio 1982, Garland (12/81, Racc. pag. 359, punto 5), Barber (cit. alla nota 8, punto 12) e Römer (cit. alla nota 7, punto 32).

    ( 10 ) Conclusioni del 15 luglio 2010 nella causa Römer (C-147/08, Racc. pag. I-3591, paragrafo 54).

    ( 11 ) V. sentenze del 13 maggio 1986, Bilka (170/84, Racc. pag. 1607, punto 22), Barber (cit. alla nota 8, punto 28), e del 10 febbraio 2000, Schröder (C-50/96, Racc. pag. I-743, punto 27). V. anche il considerando 13 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204, pag. 23) che così recita: «Con la sentenza del 17 maggio 1990, nella causa C‑262/88, la Corte di giustizia ha stabilito che tutte le forme di pensioni professionali costituiscono un elemento di retribuzione a norma dell’articolo 141 del trattato».

    ( 12 ) V. sentenza Barber (cit. alla nota 8).

    ( 13 ) V. nota 11.

    ( 14 ) Sentenza Barber (cit. alla nota 8, punto 25).

    ( 15 ) Questa conclusione trova inoltre conferma nella sentenza della Corte del 22 dicembre 1993 relativa alla causa Neath (C-152/91, Racc. pag. I-6935, punto 29), in cui la Corte, in riferimento alla questione della qualifica di una prestazione come retribuzione, si è basata sul concreto obbligo contrattuale del datore di lavoro. Nel caso di Experian, stando al contratto di lavoro, è dovuto solo il versamento contributivo, e non, al contrario, il successivo pagamento di una pensione.

    ( 16 ) V. al riguardo le mie conclusioni del 6 maggio 2010 nella causa Andersen (cit. alla nota 2, paragrafo 28) e i rimandi ivi indicati, nonché l’ultima frase del considerando 25 della direttiva 2000/78: «È quindi essenziale distinguere tra le disparità di trattamento che sono giustificate (…), e le discriminazioni che devono essere vietate».

    ( 17 ) V. paragrafo 22 delle presenti conclusioni.

    ( 18 ) Ciò vale, per lo meno, per le versioni della direttiva in lingua tedesca, francese, inglese, spagnola e italiana. La versione in lingua danese contiene, secondo la sua formulazione, unicamente due varianti, cioè l’accesso ai regimi professionali di previdenza sociale («adgang til») e l’applicazione di criteri di età nei calcoli attuariali («anvendelse af alderskriteriet til aktuarberegninger inden for rammerne af disse ordninger»). Tuttavia, a mio giudizio, nella fattispecie in esame tale distinzione non è rilevante, poiché anche nella versione danese della direttiva sono menzionati i criteri di età come presupposto dell’accesso e il regime di assicurazione vecchiaia della Experian è già giustificato in base alla prima variante.

    ( 19 ) Tuttavia, non è inclusa l’adesione a tutti i regimi professionali di previdenza sociale, ma solo quella ai regimi concernenti l’età o l’invalidità; v., sul punto, le mie conclusioni nella causa Toftgaard, C‑546/11, presentate in data odierna.

    ( 20 ) Sentenze del 22 novembre 2005, Mangold (C-144/04, Racc. pag. I-9981, punto 74), e del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci (C-555/07, Racc. pag. I-365, punto 20).

    ( 21 ) V. sentenza Mangold (cit. alla nota 20, punto 75).

    ( 22 ) V. sentenza Kücükdeveci (cit. alla nota 20, punto 21).

    ( 23 ) V. sentenza del 12 gennaio 2010, Petersen (C-341/08, Racc. pag. I-47, punto 60).

    ( 24 ) V. anche, in proposito, il paragrafo 38 delle presenti conclusioni.

    ( 25 ) V. articolo 5, lettere b) e c), della proposta di direttiva del Consiglio, del 25 novembre 1999, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, COM(1999) 565 def., pag. 23.

    ( 26 ) V. la versione dell’articolo 6, paragrafo 1, nel documento del Consiglio dell’Unione europea dell’11 ottobre 2000 (n. 12269/00, pag. 15), in cui già compare la nozione di «regimi professionali di previdenza sociale». Tali regimi sono stati menzionati per la prima volta nel documento del Consiglio dell’Unione europea del 1o marzo 2000 [n. 6434/00, pag. 4, lettera g), nonché articolo 5, lettera b)].

    ( 27 ) V. il documento del Consiglio dell’Unione europea del 12 ottobre 2000 (n. 12270/00 ADD 1, pag. 5).

    ( 28 ) V., in proposito, il documento del Consiglio dell’Unione europea dell’11 ottobre 2000 (n. 12270/00, pag. 3), in cui il Regno Unito richiama l’attenzione su tale margine di valutazione.

    ( 29 ) V. sentenza Odar (cit. alla nota 2, punto 37).

    ( 30 ) V. sul punto già le mie conclusioni del 6 maggio 2010 nella causa Andersen (cit. alla nota 2, paragrafi da 42 a 47).

    ( 31 ) Sentenze del 5 marzo 2009, Age Concern England (C-388/07, Racc. pag. I-1569, punti 47 e 48), e del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax e Administración del Estado (C-238/05, Racc. pag. I-11125, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 32 ) V. sentenze Mangold (cit. alla nota 20, punto 63), e Palacios de la Villa (cit. alla nota 2, punto 68).

    ( 33 ) Sentenze Age Concern England (cit. alla nota 31, punti 47 e 48); del 18 giugno 2009, Hütter (C-88/08, Racc. pag. I-5325, punto 41), e del 13 settembre 2011, Prigge e a. (C-447/09, Racc. pag. I-8003, punto 80).

    ( 34 ) Sentenze Palacios de la Villa (cit. alla nota 2, punto 68); Mangold (cit. alla nota 20, punto 63); Age Concern England (cit. alla nota 30, punto 51), e Kücükdeveci (cit. alla nota 20, punto 38); nello stesso senso v. anche il considerando 25 della direttiva 2000/78, secondo cui le disparità di trattamento in ragione dell’età «[richiedono] disposizioni specifiche che possono variare secondo la situazione degli Stati membri» (menzionato nella sentenza Palacios de la Villa, cit. alla nota 2, punto 69).

    ( 35 ) Sentenze Palacios de la Villa (cit. alla nota 2, punto 72), e Petersen (cit. alla nota 23, punto 70).

    ( 36 ) V. le mie conclusioni presentate nella causa Andersen (cit. alla nota 2, paragrafo 54).

    ( 37 ) V. già paragrafo 55 delle presenti conclusioni.

    ( 38 ) Sentenza Age Concern England (cit. alla nota 31, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). V. anche le mie conclusioni nella causa Andersen (cit. alla nota 2, paragrafo 63) e del 1o aprile 2004 nella causa Hlozek (C-19/02, Racc. pag. I-11491, paragrafo 59).

    ( 39 ) V. altresì le mie conclusioni nelle cause Andersen (cit. alla nota 2, paragrafo 62), e Hlozek (cit. alla nota 38, paragrafi 57 e 58).

    ( 40 ) V. già le mie conclusioni nella causa Andersen (cit. alla nota 2, paragrafi 67 e 68), nonché sentenze dell’11 luglio 1989, Schräder (265/87, Racc. pag. 2237, punto 21); del 10 marzo 2005, Tempelman e van Schaijk (C-96/03 e C-97/03, Racc. pag. I-1895, punto 47); del 9 marzo 2010, ERG e a. (C-397/08 e C-380/08, Racc. pag. I-2007, punto 68), e Andersen (cit. alla nota 2, punto 47).

    ( 41 ) Stando al cambio applicabile al momento della presentazione della domanda dinanzi al giudice nazionale, 860 corone danesi equivalgono a circa EUR 115,50.

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