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Document 62010TJ0240
Judgment of the General Court (First Chamber, extended composition) of 13 December 2013. # Hungary v European Commission. # Case T-240/10.
Sentenza del Tribunale (Prima Sezione ampliata) del 13 dicembre 2013.
Ungheria contro Commissione europea.
Causa T-240/10.
Sentenza del Tribunale (Prima Sezione ampliata) del 13 dicembre 2013.
Ungheria contro Commissione europea.
Causa T-240/10.
Court reports – general
ECLI identifier: ECLI:EU:T:2013:645
Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo
Nella causa T‑240/10,
Ungheria, rappresentata da M. Fehér e K. Szíjjártó, in qualità di agenti,
ricorrente,
sostenuta da
Repubblica francese, rappresentata da G. de Bergues e S. Menez, in qualità di agenti,
da
Granducato di Lussemburgo, rappresentato inizialmente da C. Schiltz, successivamente da P. Frantzen e infine da L. Delvaux e D. Holderer, in qualità di agenti,
da
Repubblica d’Austria, rappresentata da C. Pesendorfer e E. Riedl, in qualità di agenti,
e da
Repubblica di Polonia, rappresentata inizialmente da M. Szpunar, B. Majczyna e J. Sawicka, successivamente da B. Majczyna e J. Sawicka, in qualità di agenti,
intervenienti
contro
Commissione europea, rappresentata inizialmente da A. Sipos e L. Pignataro‑Nolin, successivamente da A. Sipos e D. Bianchi, in qualità di agenti,
convenuta,
avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione 2010/135/UE della Commissione, del 2 marzo 2010, relativa all’immissione in commercio, a norma della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, di una patata ( Solanum tuberosum L. linea EH92-527-1) geneticamente modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell’amido (GU L 53, pag. 11), e della decisione 2010/136/UE della Commissione, del 2 marzo 2010, che autorizza l’immissione in commercio di mangimi ottenuti dalla patata geneticamente modificata EH92-527-1 (BPS-25271-9) e la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di tale patata in prodotti alimentari e in altri mangimi conformemente al regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 53, pag. 15),
IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata),
composto da I. Labucka, facente funzione di presidente, S. Frimodt Nielsen e M. Kancheva (relatore), giudici,
cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 aprile 2013,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
Regime di autorizzazione di immissione in commercio di organismi geneticamente modificati
1. Il regime di autorizzazione di immissione in commercio (AIC) di organismi geneticamente modificati (OGM) nel diritto dell’Unione poggia sul principio di precauzione e, in particolare, sul principio secondo il quale tali organismi o i prodotti che li contengono possono essere emessi nell’ambiente o immessi in commercio solo se formano l’oggetto di un’autorizzazione, accordata al fine di usi specifici e soggetta a requisiti determinati, dopo una valutazione scientifica dei rischi caso per caso.
2. Tale regime consta di due atti legislativi principali, il primo relativo all’emissione deliberata nell’ambiente di OGM in generale, il secondo concernente in maniera specifica gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati.
3. Il primo atto legislativo è la direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU L 106, pag. 1).
4. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2001/18:
«Prima di presentare una notifica ai sensi della parte B [emissione deliberata di OGM per qualsiasi fine diverso dall’immissione in commercio] o della parte C [immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti], i notificanti effettuano una valutazione del rischio ambientale. Le informazioni necessarie all’esecuzione di tale valutazione figurano nell’allegato III. Gli Stati membri e la Commissione si assicurano che gli OGM che contengono geni che esprimono una resistenza agli antibiotici utilizzati per trattamenti medici o veterinari siano presi in particolare considerazione, al momento della valutazione del rischio ambientale per individuare ed eliminare gradualmente negli OGM i marcatori di resistenza agli antibiotici che possono avere effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente. Questa eliminazione graduale avverrà entro il 31 dicembre 2004 per gli OGM immessi in commercio ai sensi della parte C, ed entro il 31 dicembre 2008 per gli OGM autorizzati a norma della parte B».
5. L’allegato II della direttiva 2001/18, nella sua versione modificata, descrive a grandi linee l’obiettivo da raggiungere, gli elementi da considerare nonché i principi generali e la metodologia da seguire per effettuare la valutazione del rischio ambientale di cui all’articolo 4 della direttiva. Esso deve essere letto in combinato disposto con la decisione 2002/623/CE della Commissione, del 24 luglio 2002, recante note orientative ad integrazione dell’allegato II della direttiva 2001/18 (GU L 200, pag. 22).
6. La procedura armonizzata dalla direttiva 2001/18, e in particolare i suoi articoli da 13 a 19, è fondata sul principio secondo cui l’autorità competente di uno Stato membro, che ha ricevuto una notifica di un’impresa corredata di una valutazione dei rischi per l’ambiente, prende l’iniziativa di emettere un’autorizzazione in ordine alla quale le autorità competenti degli altri Stati membri, o la Commissione europea, possono far conoscere le proprie osservazioni o obiezioni.
7. L’articolo 18, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2001/18, intitolato «Procedura comunitaria per le obiezioni», dispone:
«Qualora un’autorità competente o la Commissione sollevi e mantenga obiezioni ai sensi degli articoli 15, 17 e 20 della presente direttiva, una decisione secondo la procedura di cui all’articolo 30, paragrafo 2 è adottata e pubblicata entro 120 giorni (…)».
8. L’articolo 30, paragrafo 2, della direttiva 2001/18, intitolato «Procedura di comitato», rimanda alla procedura prevista dall’articolo 5 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23), detta «decisione comitologia», come modificata dalla decisione 2006/512/CE del Consiglio, del 17 luglio 2006 (GU L 200, pag. 11).
9. Il secondo atto legislativo principale del regime dell’AIC di OGM nel diritto dell’Unione è il regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (GU L 268, pag. 1). Tale regolamento istituisce un regime unitario, speciale rispetto al regime generale armonizzato della direttiva 2001/18, in materia di autorizzazione degli alimenti geneticamente modificati (capo II) e dei mangimi geneticamente modificati (capo III). Sotto tale regime unitario, la domanda di autorizzazione viene direttamente esaminata a livello dell’Unione, con la consultazione degli Stati membri, e la decisione definitiva sull’autorizzazione incombe alla Commissione o, se del caso, al Consiglio dell’Unione europea.
10. La Commissione e il Consiglio fondano le loro decisioni sui pareri scientifici dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), soggetta al regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1). Tale regolamento fissa taluni principi generali per la valutazione dei rischi in tutti i campi che hanno un’incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, anche in materia di OGM. L’EFSA provvede parimenti alla valutazione dei rischi nell’ambito della procedura comunitaria in caso di obiezioni a norma della direttiva 2001/18.
11. Gli articoli 7, paragrafi 1 e 3, e 19, paragrafi 1 e 3, del regolamento n. 1829/2003, i cui testi sono identici e che figurano rispettivamente all’interno dei capi II e III del medesimo regolamento, stabiliscono:
«1. Entro 3 mesi dal ricevimento del parere dell’[EFSA], la Commissione sottopone al comitato di cui all’articolo 35 un progetto di decisione da prendere in merito alla domanda che tenga conto del parere dell’[EFSA], della pertinente normativa comunitaria e di altri fattori legittimi pertinenti alla questione in esame. Se la proposta di decisione non è conforme al parere dell’[EFSA], la Commissione ne spiega le ragioni.
(…)
3. Una decisione finale sulla domanda è adottata secondo la procedura di cui all’articolo 35, paragrafo 2».
12. L’articolo 35, paragrafo 2, del regolamento n. 1829/2003, rubricato «Procedura di comitato», rimanda, come la direttiva 2001/18 (v. supra, punto 8), alla procedura prevista dall’articolo 5 della decisione 1999/468.
Procedura di regolamentazione
13. L’articolo 5 della decisione 1999/468, rubricato «Procedura di regolamentazione», come modificato dalla decisione 2006/512, così recita:
«1. La Commissione è assistita da un comitato di regolamentazione composto dei rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.
2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall’articolo 205, paragrafi 2 e 4 del trattato per l’adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione definita nell’articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.
3. La Commissione adotta, fatto salvo l’articolo 8, le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.
4. Ove le misure prospettate non siano conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere e ne informa il Parlamento europeo.
5. Se il Parlamento europeo ritiene che una proposta presentata dalla Commissione in virtù di un atto di base adottato secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato eccede le competenze di esecuzione previste da tale atto di base, esso informa il Consiglio circa la sua posizione.
6. Il Consiglio può, se del caso alla luce di tale eventuale posizione, deliberare sulla proposta a maggioranza qualificata entro un termine che sarà fissato in ciascun atto di base ma che non può in nessun caso superare tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata presentata la proposta.
Se entro tale termine il Consiglio ha manifestato a maggioranza qualificata la sua opposizione alla proposta, la Commissione la riesamina. Essa può presentare al Consiglio una proposta modificata, ripresentare la proposta o presentare una proposta legislativa in base al trattato.
Se allo scadere del termine il Consiglio non ha adottato l’atto di esecuzione proposto ovvero non ha manifestato opposizione alla proposta di misure di esecuzione, la Commissione adotta l’atto di esecuzione proposto».
14. I comitati di regolamentazione competenti a partecipare all’esercizio, da parte della Commissione, delle competenze di esecuzione ad essa conferite dalla direttiva 2001/18 e dal regolamento n. 1829/2003, sono rispettivamente il comitato di regolamentazione sull’emissione nell’ambiente di organismi geneticamente modificati, istituito dall’articolo 30, paragrafo 1, di tale direttiva, e il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali di cui all’articolo 35, paragrafo 1, di suddetto regolamento, istituito conformemente all’articolo 58 del regolamento n. 178/2002.
Fatti
Prodotto preso in considerazione dall’autorizzazione
15. La patata geneticamente modificata denominata Amflora ( Solanum tuberosum L. linea EH92-527-1) è una patata la cui componente amilacea è stata modificata. Essa è caratterizzata da un accresciuto tenore di amilopectina, in maniera tale che il suo amido è composto pressoché unicamente da amilopectina. Essa si distingue pertanto da una patata non geneticamente modificata, il cui amido è composto per circa dal 15 al 20% di amilosio e per circa dall’80 all’85% di amilopectina. Essa consente un’estrazione ottimizzata dell’amilopectina in vista di applicazioni industriali, e segnatamente della fabbricazione di pasta da carta, di fibre o di colle.
16. La modificazione genetica implica l’introduzione, nel genoma della patata Amflora, di un gene denominato «nptII» (neomicina fosfotransferasi II) (in prosieguo: il «gene nptII»). Il gene nptII appartiene alla categoria dei geni marcatori di resistenza agli antibiotici (in prosieguo: i «geni MRA»). Nella modificazione genetica, il ruolo dei geni marcatori consiste nel marcare, in collegamento con il gene portatore della caratteristica auspicata, le cellule nelle quali l’operazione ha avuto esito positivo. I geni MRA esplicano la loro funzione mediante la resistenza all’antibiotico rilasciato. Il gene nptII, in particolare, esprime una resistenza agli antibiotici neomicina, kanamicina, e geneticina, i quali appartengono alla famiglia degli aminoglicosidi.
Richieste di autorizzazione
17. Il 5 agosto 1996, l’autorità svedese competente ha ricevuto una notifica, a norma della direttiva 90/220, da parte di una controllata della BASF Plant Science GmbH (in prosieguo: la «BASF»), denominata Amylogene HB, divenuta Plant Science Sweden AB. Tale notifica conteneva una richiesta di AIC della patata Amflora, al fine di coltivare la medesima a fini industriali (produzione di amido) ed ottenere prodotti derivati (pasta di patate), menzionando al contempo la produzione di mangimi e la presenza accidentale di tracce nei generi alimentari.
18. A seguito dell’entrata in vigore della direttiva 2001/18, il 17 aprile 2001, e del regolamento n. 1829/2003, il 7 novembre 2003, la BASF ha scisso in due parti la propria notifica all’autorità svedese competente: la prima riferita all’AIC della patata Amflora ai fini della sua coltivazione e del suo utilizzo a fini industriali, la seconda riferita all’AIC per la produzione di mangimi e alla presenza accidentale di tracce nei generi alimentari. Essa ha ritirato la seconda parte della sua notifica a suddetta autorità, al fine di assoggettare la richiesta di AIC alla procedura unitaria prevista dal regolamento n. 1829/2003, ma ha mantenuto la prima parte della sua notifica a tale autorità, in forza della direttiva 2001/18. Nel dicembre 2003, essa ha allegato a questa prima parte una valutazione dei rischi per l’ambiente, ai sensi delle disposizioni contenute all’allegato II della direttiva 2001/18.
19. L’8 aprile 2004, l’autorità svedese competente ha elaborato la sua relazione di valutazione e l’ha trasmessa alla Commissione. In tale relazione, essa indicava che un uso del prodotto a fini industriali era sicuro, ma che occorreva che il prodotto non entrasse nella catena alimentare, in quanto il suo uso ai fini alimentari non era stato oggetto di una valutazione completa. Essa concludeva nel senso che la patata Amflora poteva essere immessa in commercio alle condizioni stabilite e per gli usi previsti dal notificante.
20. La Commissione ha trasmesso la relazione di valutazione dell’autorità svedese competente alle autorità competenti degli altri Stati membri. Più Stati membri, fra cui l’Ungheria, hanno formulato delle osservazioni. Nelle sue osservazioni del 3 luglio 2004, l’Ungheria ha fatto valere che il notificante era tenuto, da un lato, ad attuare un metodo di rilevazione quantitativa prima della concessione dell’AIC, e, dall’altro, ad effettuare ricerche supplementari attinenti all’uso della patata Amflora nei mangimi e ai suoi eventuali effetti nocivi sulla salute umana, alla luce dei rischi di contaminazione della catena alimentare.
21. Il 9 febbraio 2005, la Commissione, in conformità dell’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2001/18 e degli articoli 22 e 29, paragrafo 1, del regolamento n. 178/2002, ha domandato una valutazione dei rischi all’EFSA.
22. Parallelamente, il 28 febbraio 2005, per quanto riguarda la produzione di mangimi e i generi alimentari, la BASF, in conformità degli articoli 5 e 17 del regolamento n. 1829/2003, ha notificato una richiesta di autorizzazione all’autorità competente del Regno Unito. Il 25 aprile 2005, tale richiesta è stata trasmessa alla Commissione a norma degli articoli 6, paragrafo 4, e 18, paragrafo 4, del medesimo regolamento.
Valutazioni dei rischi e procedure di comitologia
23. Il 2 aprile 2004, il gruppo scientifico dell’EFSA sugli OGM (in prosieguo: il «gruppo OGM») ha formulato, di propria iniziativa, un parere concernente l’uso di geni MRA nelle piante geneticamente modificate [domanda EFSA-Q-2003-109, The EFSA Journal (2004) 48, 1-18; in prosieguo: il «parere del 2004»]. In tale parere, l’EFSA ha proceduto ad una tipologia dei geni MRA in tre gruppi, in funzione di diversi criteri. In particolare, il gruppo I conteneva i geni MRA meno pericolosi, ossia quelli già ampiamente diffusi nel terreno e i batteri enterici, e che conferivano una resistenza ad antibiotici privi di valore terapeutico o unicamente con un valore terapeutico minore nella medicina umana e veterinaria. L’EFSA ha parimenti effettuato, secondo tale tipologia in tre gruppi, una classificazione dei geni MRA conosciuti, la quale comportava rilevanti conseguenze per l’autorizzazione di tali geni a fini sperimentali (raccomandata per i gruppi I e II, ad esclusione del gruppo III) o a fini di immissione in commercio (raccomandata soltanto per il gruppo I, ad esclusione dei gruppi II e III). Il gene nptII, il quale, fra i geni MRA, è il più utilizzato nella selezione delle piante geneticamente modificate, è stato classificato nel gruppo I.
24. Il 7 dicembre 2005, il gruppo OGM ha formulato due pareri dai contenuti molto simili. Nel primo parere, concernente l’immissione in commercio della patata Amflora a fini di coltivazione e di produzione di amido per uso industriale e pubblicato il 24 febbraio 2006 [domanda EFSA-Q-2005-023, The EFSA Journal (2006) 323, 1‑20; in prosieguo: il «parere del 2005»], l’EFSA ha concluso, sostanzialmente, che era improbabile che l’immissione in commercio di suddetta patata potesse avere effetti nocivi sulla salute umana e animale o sull’ambiente nel contesto degli usi proposti. Nel secondo parere, concernente l’immissione in commercio di tale patata per l’alimentazione umana e animale, e pubblicato il 10 novembre 2006 [domanda EFSA-Q-2005-070, The EFSA Journal (2006) 324, 1‑20], l’EFSA ha parimenti concluso nel senso dell’improbabilità di effetti nocivi nel contesto degli usi proposti.
25. Il 4 dicembre 2006, il comitato di regolamentazione sull’emissione nell’ambiente di organismi geneticamente modificati ha discusso, in conformità dell’articolo 5, paragrafo 2, della decisione 1999/468, un progetto, sottoposto dalla Commissione, di decisione relativa all’immissione in commercio, a norma della direttiva 2001/18, di una patata ( Solanum tuberosum L. linea EH92-527-1) geneticamente modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell’amido. Suddetto comitato non è riuscito ad esprimere una maggioranza qualificata a favore o contro tale progetto di misure sottoposto dalla Commissione. I voti erano ripartiti nel modo seguente: 134 voti a favore, 109 voti contrari, 78 astensioni.
26. Il 25 gennaio 2007, la Commissione ha domandato all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) di confermare se, a seguito della posizione dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), la quale qualificava gli aminoglicosidi (dei quali fanno parte la neomicina e la kanamicina) come antibiotici di importanza fondamentale o elevata, gli usi attuali o potenziali per il futuro di tali antibiotici fossero sempre conformi al parere dell’EFSA del 2004, che li aveva classificati fra quelli privi di valore terapeutico o con un valore terapeutico minore.
27. Il 22 febbraio 2007, l’EMA ha adottato una dichiarazione (in prosieguo: la «dichiarazione dell’EMA del 2007») nella quale ha concluso nel senso che la neomicina e la kanamicina erano importanti per il loro uso nella medicina umana e veterinaria, e che i loro usi attuali o potenziali per il futuro non potevano essere classificati fra quelle privi di valore terapeutico o con valore terapeutico minore.
28. Il 23 marzo 2007, il gruppo OGM, consultato dalla Commissione, ha adottato una dichiarazione (in prosieguo: la «dichiarazione dell’EFSA del 2007»), nella quale ha anzitutto concordato con l’EMA quanto all’importanza di preservare il potenziale terapeutico degli aminoglicosidi, fra i quali la neomicina e la kanamicina. Quindi, fondandosi segnatamente sulla probabilità estremamente scarsa di trasferimento orizzontale del gene nptII dalle piante ai batteri, esso ha ribadito la propria conclusione, secondo la quale l’uso del gene nptII negli OGM e nei loro prodotti derivati non comportava rischi né per la salute umana e animale né per l’ambiente.
29. Il 13 giugno 2007, in assenza di una maggioranza qualificata all’interno del comitato a favore o contro il progetto di misure sottoposto dalla Commissione (v. supra, punto 25), quest’ultima ha presentato al Consiglio una proposta di decisione del Consiglio relativa all’immissione in commercio, a norma della direttiva 2001/18, di una patata ( Solanum tuberosum L. linea EH92-527-1) geneticamente modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell’amido. Il 16 luglio 2007, in occasione della sessione del Consiglio, non ha potuto essere raggiunta la maggioranza qualificata necessaria per adottare o opporsi a tale proposta sottoposta dalla Commissione.
30. Il 10 ottobre 2007, il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali ha discusso, a norma dell’articolo 5, paragrafo 2, della decisione 1999/468, un progetto, sottoposto dalla Commissione, di decisione di AIC della patata Amflora ai fini dell’uso nell’alimentazione umana e animale, in applicazione del regolamento n. 1829/2003. Il comitato non è riuscito ad esprimere una maggioranza qualificata a favore o contro tale progetto di misure sottoposto dalla Commissione. I voti erano ripartiti nel modo seguente: 123 voti a favore, 133 voti contrari, 89 astensioni. Il 18 dicembre 2007, in assenza di una maggioranza qualificata all’interno del comitato, la Commissione ha sottoposto al Consiglio una proposta di decisione avente il medesimo contenuto.
31. Il 13 febbraio 2008, in vista della sessione del Consiglio, un’organizzazione non governativa (ONG) ha inviato al commissario per la salute e la sicurezza alimentare una lettera in cui venivano eccepite talune incoerenze che inficiavano la proposta della Commissione. Secondo tale ONG, la proposta ometteva di menzionare, da un lato, il fatto che l’EFSA, nel suo parere del 2004, aveva erroneamente classificato gli antibiotici colpiti dalla patata geneticamente modificata come privi di importanza per la medicina umana e veterinaria, mentre l’EMA e l’OMS ritenevano che essi avessero un’importanza fondamentale, e, dall’altro, che l’EFSA, nella sua dichiarazione del 2007, aveva riconosciuto il suo errore al riguardo, ma aveva omesso di trarne le conseguenze logiche e necessarie quanto all’esclusione del gene nptII dal gruppo I e al suo reinquadramento nel gruppo II o III, secondo la classificazione adottata nel parere dell’EFSA del 2004.
32. Il 18 febbraio 2008, in occasione della sessione del Consiglio, non è stata raggiunta la maggioranza qualificata necessaria per adottare o opporsi alla proposta sottoposta dalla Commissione.
33. Il 14 marzo 2008, i ministri danesi dell’Alimentazione, dell’Agricoltura e della Pesca, da un lato, e dell’Ambiente, dall’altro, hanno inviato ai commissari per la salute e per l’ambiente una lettera nella quale spiegavano, in sostanza, che gli esperti danesi, pur concordando con l’EFSA sull’assenza di rischi attinenti al gene nptII, avevano rilevato un’incoerenza fra il parere dell’EFSA del 2004 e la dichiarazione dell’EFSA del 2007 in relazione alla classificazione del gene nptII in forza dei criteri del parere del 2004, e chiedevano alla Commissione e all’EFSA di chiarire tale punto.
34. Il 14 maggio 2008, la Commissione, sul fondamento dell’articolo 29 del regolamento n. 178/2002, ha incaricato l’EFSA di «preparare un parere scientifico consolidato sull’uso di geni resistenti agli antibiotici in quanto geni marcatori nelle piante geneticamente modificate». Stando a tale incarico, la Commissione intendeva «evitare qualsiasi ambiguità» sulla questione dell’uso di geni MRA nelle piante geneticamente modificate, la quale formava allora l’oggetto di due valutazioni di sicurezza da parte dell’EFSA, ossia il parere del 2004 e la dichiarazione del marzo 2007, a seguito della dichiarazione dell’EMA del 2007. Secondo i termini di riferimento di suddetto incarico, la Commissione ha quindi chiesto all’EFSA, in primo luogo, di preparare un parere scientifico consolidato che tenesse conto dei pareri e delle dichiarazioni precedenti, spiegando il ragionamento sotteso alle sue conclusioni, e, in secondo luogo, di indicare le possibili conseguenze di tale nuovo parere sulle precedenti valutazioni dell’EFSA sulle piante geneticamente modificate contenenti geni MRA. La Commissione ha espressamente chiesto che l’EFSA lavorasse in stretta collaborazione con l’EMA e ha aggiunto, in allegato a questo nuovo incarico, le lettere di un’ONG e del governo danese.
35. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 luglio 2008, la BASF, la Plant Science Sweden AB, la Amylogene HB e la BASF Plant Science Holding GmbH hanno presentato un ricorso per carenza nei confronti della Commissione, inteso a far dichiarare che quest’ultima, omettendo di adottare una decisione in merito alla notifica relativa all’immissione in commercio della patata geneticamente modificata Amflora, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù dell’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2001/18 e dell’articolo 5 della decisione 1999/468.
36. Rispettivamente l’11 e il 26 marzo 2009, il gruppo OGM e il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sui pericoli biologici (in prosieguo: il «gruppo BIOHAZ») hanno adottato, in risposta alla prima domanda della Commissione, un parere congiunto intitolato «Uso di geni di resistenza agli antibiotici come geni marcatori nelle piante geneticamente modificate» [domande EFSA-Q-2008-411 e EFSA-Q-2008-706, The EFSA Journal (2009) 1034, 1-82; in prosieguo: il «parere congiunto del 2009»]. L’EFSA, pur riconoscendo che gli antibiotici kanamicina e neomicina rivestivano un’importanza terapeutica elevata ovvero fondamentale, si è segnatamente fondata sull’assenza di dimostrazione del trasferimento orizzontale di geni MRA dalle piante geneticamente modificate ai batteri nell’ambiente. Essa ha concluso nel senso che, nonostante le incertezze relative, segnatamente, al campionamento, al rilevamento, alle difficoltà nello stimare i livelli di esposizione, nonché all’incapacità di assegnare a una fonte definita i geni di resistenza trasferibili, in base alle informazioni allora disponibili era improbabile che il trasferimento del gene MRA nptII dalle piante geneticamente modificate ai batteri producesse effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente a seguito dell’uso di siffatte piante.
37. Tuttavia, due membri del gruppo BIOHAZ hanno espresso pareri minoritari, concernenti essenzialmente talune incertezze scientifiche connesse alla probabilità di trasferimento orizzontale del gene nptII ai batteri. Gli autori di tali pareri proponevano, in sostanza, di concludere nel senso che fosse imprudente considerare priva di importanza o di importanza trascurabile la resistenza ad un antibiotico, ovvero nel senso che, nel complesso, non fosse possibile valutare gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente di un eventuale trasferimento.
38. Il 25 marzo 2009, il gruppo OGM ha adottato, in risposta alla seconda domanda della Commissione, un parere intitolato «Conseguenze del parere concernente l’uso di geni di resistenza agli antibiotici come geni marcatori in talune piante geneticamente modificate sulle valutazioni precedenti effettuate dall’EFSA su singole piante [geneticamente modificate]» [domanda EFSA-Q-2008-04977, The EFSA Journal (2009) 1035, 1-9], il quale concludeva nel senso dell’assenza di nuove prove scientifiche che potevano indurlo a rivedere le sue precedenti valutazioni.
39. Il 28 aprile 2009, la direttrice dell’EFSA ha chiesto ai presidenti dei gruppi OGM e BIOHAZ, nonché al presidente del gruppo di lavoro congiunto, se i due pareri minoritari rendessero necessari lavori scientifici supplementari. Il 25 maggio 2009, i suddetti presidenti hanno risposto che, in occasione della preparazione del parere congiunto del 2009, il contenuto dei due pareri minoritari era stato preso in considerazione in maniera esauriente, cosicché, sotto il profilo scientifico, il parere congiunto del 2009 non esigeva ulteriori chiarimenti né lavori scientifici supplementari.
40. L’11 giugno 2009, l’EFSA ha adottato il parere scientifico consolidato contenente il parere congiunto del 2009, il parere del 25 marzo 2009, la lettera del 28 aprile 2009 e la lettera del 25 maggio 2009 [domande EFSA-Q-2009-00589 e EFSA-Q-2009-00593, The EFSA Journal (2009) 1108, 1-8; in prosieguo: il «parere consolidato del 2009»].
41. A seguito di tale parere scientifico consolidato, i comitati di regolamentazione competenti non sono stati investiti dalla Commissione di nuovi progetti di decisioni di autorizzazione.
Decisioni di autorizzazione
42. Il 2 marzo 2010, la Commissione ha adottato, sulla base dell’articolo 18, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2001/18, la decisione 2010/135/UE della Commissione, del 2 marzo 2010, relativa all’immissione in commercio, a norma della direttiva 2001/18, di una patata ( Solanum tuberosum L. linea EH92-527-1) geneticamente modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell’amido (GU L 53, pag. 11). Tale decisione autorizza, in sostanza, l’immissione in commercio della patata Amflora per la coltivazione e la produzione di amido per usi industriali.
43. I considerando 11 e 12 della decisione 2010/135 sono formulati come segue:
«(11) Il 14 maggio 2008 la Commissione ha incaricato l’EFSA: i) di preparare un parere scientifico consolidato tenendo conto del precedente parere e della dichiarazione relativa all’uso di geni MRA nelle piante geneticamente modificate destinate o già autorizzate all’immissione in commercio e ai loro possibili impieghi per l’importazione e la trasformazione nonché per la coltivazione; ii) di indicare le possibili conseguenze di tale parere consolidato sulla precedente valutazione dell’EFSA sui singoli OGM contenenti geni MRA. Nell’ambito del mandato sono state sottoposte all’attenzione dell’EFSA tra l’altro lettere della Commissione ricevute dalla Danimarca e da [una ONG].
(12) L’11 giugno 2009 l’EFSA ha pubblicato una dichiarazione sull’uso di geni MRA in piante geneticamente modificate. Essa giudica la precedente valutazione dell’EFSA relativa a Solanum tuberosum L. della linea EH92-527-1 coerente con la strategia di valutazione dei rischi descritta nella dichiarazione e conclude che non sono emersi nuovi elementi di prova tali da indurre l’EFSA a modificare il proprio parere precedente».
44. L’articolo 1 della decisione 2010/135, intitolato «Autorizzazione», prevede:
«Fatte salve altre normative [di diritto dell’Unione], in particolare il regolamento (…) n. 1829/2003, la competente autorità svedese rilascia l’autorizzazione scritta all’immissione in commercio, a norma della presente decisione, del prodotto di cui all’articolo 2, notificato dalla BASF Plant Science (riferimento C/SE/96/3501).
A norma dell’articolo 19, paragrafo 3, della direttiva 2001/18/CE, detta autorizzazione indica specificamente le condizioni cui essa è subordinata, esplicitate agli articoli 3 e 4».
45. L’articolo 2, paragrafo 1, della decisione 2001/135, intitolato «Prodotto», sancisce:
«L’[OGM] da immettere in commercio come tale o come ingrediente (di seguito “il prodotto”) è la patata Solanum tuberosum L. , modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell’amido e trasformata con Agrobacterium tumefaciens mediante il vettore pHoxwG, per dare origine alla linea EH92-527-1. Il prodotto contiene le seguenti sequenze di DNA in due cassette:
a) (…) gene di tipo nptII per la resistenza alla kanamicina, proveniente da Tn5 (…);
b) (…) un segmento del gene gbss della patata codificante per la proteina dell’amido sintasi legata ai granuli (…)».
46. L’articolo 3 della decisione 2010/135 indica segnatamente, fra le condizioni dell’autorizzazione, che il periodo di validità di quest’ultima è di 10 anni a decorrere dalla data di rilascio della medesima, e che il titolare dell’autorizzazione garantisce che i tuberi di patata Amflora siano fisicamente separati dalle patate destinate all’alimentazione umana e animale nelle fasi di impianto, coltivazione, raccolta, trasporto, magazzinaggio e manipolazione nell’ambiente, e siano consegnati esclusivamente a uno stabilimento designato per la produzione di amido, notificato alla competente autorità nazionale, ai fini della trasformazione in amido per uso industriale in un sistema chiuso.
47. L’articolo 4 della decisione 2010/135 prevede segnatamente che, per tutto il periodo di validità dell’autorizzazione, il suo titolare garantisce l’attuazione del piano di monitoraggio volto ad accertare eventuali effetti negativi sulla salute umana e animale o sull’ambiente derivanti dalla manipolazione o dall’uso del prodotto, e che comprende un monitoraggio specifico individuale, una sorveglianza di carattere generale e un sistema di conservazione dell’identità.
48. Ai sensi dell’articolo 5 della decisione 2010/135, il Regno di Svezia è destinatario della stessa.
49. Il 2 marzo 2010, la Commissione ha parimenti adottato, sulla base degli articoli 7, paragrafo 3, e 19, paragrafo 3, del regolamento n. 1829/2003, la decisione 2010/136/UE della Commissione, del 2 marzo 2010, che autorizza l’immissione in commercio di mangimi ottenuti dalla patata geneticamente modificata EH92-527-1 (BPS-25271-9) e la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di tale patata in prodotti alimentari e in altri mangimi conformemente al [regolamento n. 1829/2003] (GU L 53, pag. 15). Tale decisione autorizza, in sostanza, l’immissione in commercio di mangimi ottenuti dalla patata Amflora, nonché la presenza accidentale di tracce di quest’ultima nell’alimentazione animale o umana.
50. I considerando 7 e 8 della decisione 2010/136 sono redatti in termini identici ai considerando 11 e 12 della decisione 2010/135, cit. supra, punto 43.
51. L’articolo 2 della decisione 2010/136, intitolato «Autorizzazione», prevede:
«Ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, e dell’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento n. 1829/2003, sono autorizzati alle condizioni stabilite dalla presente decisione i seguenti prodotti:
a) mangimi ottenuti dalla patata [Amflora];
b) alimenti contenenti la patata [Amflora], o da essa costituiti o ottenuti, in conseguenza della presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di tale OGM in una percentuale non superiore allo 0,9% degli ingredienti degli alimenti considerati individualmente o degli alimenti costituiti da un unico ingrediente;
c) mangimi contenenti la patata [Amflora], o da essa costituiti, in conseguenza della presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di tale OGM in una percentuale non superiore allo 0,9% dei mangimi e di ciascun mangime di cui sono composti».
52. Ai sensi dell’articolo 6 della decisione 2010/136, il titolare dell’autorizzazione è la BASF Plant Science GmbH, Germania.
53. Alla luce dell’adozione delle decisioni 2010/135 e 2010/136 da parte della Commissione, il 9 giugno 2010, la Prima Sezione del Tribunale, in diversa composizione che nella presente causa, ha pronunciato un’ordinanza di non luogo a statuire sul ricorso per carenza proposto nei confronti della Commissione (ordinanza del Tribunale del 9 giugno 2010, BASF Plant Science e a./Commissione, T‑293/08, non pubblicata nella Raccolta).
Procedimento e conclusioni delle parti
54. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 maggio 2010, l’Ungheria ha proposto il presente ricorso.
55. Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 21, il 14, il 3 e il 21 settembre 2010, la Repubblica francese, il Granducato del Lussemburgo, la Repubblica d’Austria e la Repubblica di Polonia hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni dell’Ungheria.
56. Con ordinanza dell’8 novembre 2010, il presidente della Settima Sezione del Tribunale ha ammesso gli interventi della Repubblica francese, del Granducato del Lussemburgo, della Repubblica d’Austria e della Repubblica di Polonia.
57. Il 24 gennaio 2011, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica d’Austria e la Repubblica di Polonia hanno depositato le loro memorie di intervento.
58. Il 2 maggio 2011, la Commissione ha depositato le sue osservazioni sulle memorie d’intervento.
59. Il 24 maggio 2012, la cancelleria del Tribunale ha informato le parti della riattribuzione della presente causa alla Prima Sezione del Tribunale, a seguito di una modifica della composizione delle sezioni.
60. Il 7 dicembre 2012, la cancelleria del Tribunale ha informato le parti della decisione del Tribunale di attribuire la presente causa alla Prima Sezione ampliata del Tribunale. Lo stesso giorno, la cancelleria del Tribunale ha notificato alle parti, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, un elenco di domande di produzione di documenti e di quesiti scritti. Le parti hanno ottemperato a tali domande e hanno risposto ai quesiti entro i termini impartiti.
61. Il 4 marzo 2013, su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione ampliata), ha deciso di avviare la fase orale.
62. All’udienza del 18 aprile 2013, le parti sono state ascoltate nelle loro difese e nelle loro risposte ai quesiti orali posti dal Tribunale. In particolare, le parti sono state interrogate dal Tribunale sullo svolgimento della procedura sfociata nell’adozione delle decisioni 2010/135 e 2010/136 (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni impugnate») a seguito dell’adozione, da parte dell’EFSA, del parere consolidato del 2009, e sul rispetto, da parte della Commissione, delle forme sostanziali nel corso di siffatta procedura. In tale occasione, il Tribunale ha parimenti rivolto alla Commissione una domanda aggiuntiva di produzione di documenti relativa alle memorie sottoposte da questa al Tribunale nella causa sfociata nell’ordinanza BASF Plant Science e a./Commissione, cit. supra, punto 53. La Commissione ha successivamente ottemperato a tale domanda e le altre parti non hanno presentato osservazioni in relazione ai documenti prodotti.
63. In conformità dell’articolo 32 del regolamento di procedura, poiché il Presidente della Sezione era impedito a partecipare alla deliberazione, dopo la scadenza del suo mandato avvenuta in data 16 settembre 2013, il giudice di nomina più recente, ai sensi dell’articolo 6 di suddetto regolamento, si è conseguentemente astenuto dal partecipare alla medesima. Le deliberazioni del Tribunale sono state proseguite dai tre giudici firmatari della presente sentenza; il giudice più anziano ai sensi di tale articolo fa funzione di presidente.
64. L’Ungheria, sostenuta dal Granducato di Lussemburgo, dalla Repubblica d’Austria e dalla Repubblica di Polonia per quanto riguarda le conclusioni principali e in subordine, nonché dalla Repubblica francese per quanto riguarda le conclusioni in subordine, chiede che il Tribunale voglia:
– in via principale, annullare le decisioni impugnate;
– in subordine, nel caso di rigetto del capo delle conclusioni inteso all’annullamento della decisione 2010/136, annullare l’articolo 2, lettere b) e c), di suddetta decisione;
– condannare la Commissione alle spese.
65. La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare l’Ungheria alle spese.
In diritto
66. A sostegno del suo ricorso, l’Ungheria solleva due motivi.
67. Il primo motivo, sollevato in via principale, verte su un errore manifesto di valutazione e su una violazione del principio di precauzione, nonché su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, e dell’allegato II della direttiva 2001/18, in quanto le decisioni di AIC dell’OGM si fondano su una valutazione dei rischi carente, incoerente e incompleta.
68. Il secondo motivo, sollevato in subordine, verte su una violazione del regolamento n. 1829/2003, e in particolare dei requisiti previsti dagli articoli 4, paragrafo 2, e 16, paragrafo 2, di suddetto regolamento, da parte dell’articolo 2, lettere b) e c), della decisione 2010/136, in quanto tale articolo fissa un margine di tolleranza dello 0,9%, non previsto e neppure autorizzato da suddetto regolamento, per la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di tracce dell’OGM in alimenti o mangimi.
69. La Commissione contesta gli argomenti dell’Ungheria.
70. In limine, occorre tuttavia rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, la violazione delle forme sostanziali, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, costituisce un motivo «di ordine pubblico» che deve essere sollevato d’ufficio dal giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenze della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punto 67, nonché del 30 marzo 2000, VBA/Florimex e a., C‑265/97 P, Racc. pag. I‑2061, punto 114; v. sentenza del Tribunale del 6 marzo 2003, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen/Commissione, T‑228/99 e T‑233/99, Racc. pag. II‑435, punto 143, e la giurisprudenza ivi citata). Lo stesso dicasi per l’incompetenza, ai sensi di suddetto articolo (v., in tal senso, sentenze della Corte del 10 maggio 1960, Germania/Alta Autorità, 19/58, Racc. pag. 469, 488, nonché del 13 luglio 2000, Salzgitter/Commissione, C‑210/98 P, Racc. pag. I‑5843, punto 56; sentenza del Tribunale del 28 gennaio 2003, Laboratoires Servier/Commissione, T‑147/00, Racc. pag. II‑85, punto 45).
71. Peraltro, l’obbligo, incombente al giudice dell’Unione, di rilevare d’ufficio un motivo di ordine pubblico, deve essere adempiuto nel rispetto del principio del contraddittorio (v., in tal senso, sentenza della Corte del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C‑89/08 P, Racc. pag. I‑11245, punti 59 e 60).
72. Nella specie, le parti sono state invitate, sia durante la fase scritta del procedimento che durante la fase orale, a presentare le loro osservazioni sulla questione, da un lato, se la Commissione avesse rispettato le forme sostanziali della procedura applicabile all’adozione delle decisioni impugnate, e, dall’altro, se la Commissione fosse stata competente ad adottare le suddette decisioni. In particolare, il Tribunale ha rivolto alle parti, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, due quesiti scritti che così recitano:
– «La Commissione è invitata a precisare le ragioni per le quali essa non ha adottato, a norma dell’articolo 5, paragrafo 6, terzo comma, della decisione 1999/468/CE, le misure di esecuzione che aveva proposto al Consiglio, immediatamente dopo che quest’ultimo non era riuscito a decidere a maggioranza qualificata in relazione all’adozione delle due proposte da essa sottopostegli (v. il considerando 22 della decisione [2010/135] e il considerando 17 della decisione [2010/136]). La Commissione è invitata a precisare, al riguardo, le ragioni per le quali essa ha reputato opportuno consultare nuovamente l’EFSA dopo che non aveva potuto essere raggiunta una maggioranza qualificata nel Consiglio, il che equivale, in sostanza, alla questione discussa nell’ambito del ricorso per carenza BASF Plant Science GmbH e a./Commissione, T‑293/08».
– «Non si evince dal fascicolo se, a seguito del parere consolidato dell’EFSA dell’11 giugno 2009, menzionato al considerando 12 della decisione 2010/135/UE e al considerando 8 della decisione 2010/136/UE, la Commissione abbia a) consultato nuovamente, da un lato, il comitato istituito dall’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2001/18/CE e, dall’altro, il comitato istituito dall’articolo 58, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002 [e menzionato dall’articolo 35, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1829/2003], e b) sottoposto al Consiglio proposte modificate integranti il testo dei considerando 11 e 12 della decisione 2010/135/UE, da un lato, e dei considerando 7 e 8 della decisione 2010/136/UE, dall’altro. Se così effettivamente non fosse, le parti sono invitate ad indicare se 1) la mancata sottoposizione di una proposta modificata al comitato competente e al Consiglio integri la violazione di una forma sostanziale, e se 2) la Commissione, dopo aver ottenuto nuove conclusioni scientifiche da parte dell’EFSA, conclusioni che la stessa non aveva comunicato al Consiglio, fosse competente ad adottare le decisioni impugnate il 2 marzo 2010, avuto riguardo, in particolare, alle disposizioni dell’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE».
73. La Commissione ha ottemperato alla richiesta del Tribunale, rispondendo a questi due quesiti. L’Ungheria ha fatto lo stesso in relazione al secondo quesito, mentre gli intervenienti non si sono espressi sul punto.
Sul rispetto delle forme sostanziali della procedura di regolamentazione
74. La Commissione sostiene di non essere incorsa in alcuna violazione delle forme sostanziali nel corso delle procedure di elaborazione e di adozione delle decisioni impugnate. Essa fa valere di aver osservato la procedura di regolamentazione prevista dall’articolo 5 della decisione 1999/468 sia per la decisione 2010/135 sia per la decisione 2010/136, sottoponendo ai comitati e, in assenza di parere da parte di tali comitati, al Consiglio, i progetti iniziali delle decisioni di autorizzazione. Al riguardo, essa ritiene di non essere stata tenuta a sottoporre nuovamente a suddetti comitati i progetti modificati delle decisioni di autorizzazione, in quanto, in primo luogo, la parte normativa dei progetti iniziali e di quelli modificati era identica; in secondo luogo, i progetti modificati non contenevano modifiche sostanziali e, in terzo luogo, essa non ha tardato nell’adottare le due decisioni di autorizzazione dopo che il Consiglio non aveva preso posizione sulle misure proposte.
75. L’Ungheria contesta gli argomenti della Commissione.
Sui fatti
76. In primo luogo, occorre constatare che la Commissione, dopo aver ricevuto i pareri dell’EFSA del 2005 (v. supra, punto 24), ha sottoposto ai comitati di regolamentazione competenti i progetti iniziali delle decisioni di autorizzazione (v. supra, punti 25 e 30). In mancanza di parere di tali comitati, la Commissione ha sottoposto al Consiglio le proposte iniziali delle decisioni di autorizzazione (v. supra, punti 29 e 30).
77. In secondo luogo, occorre rilevare che, nonostante l’assenza di una maggioranza qualificata in seno al Consiglio, a favore o contro le misure proposte, la Commissione non ha adottato suddette misure. Infatti, avendo nel frattempo ricevuto delle lettere di un’ONG e del governo danese che lamentavano talune incoerenze fra i pareri scientifici dell’EFSA sui quali tali misure si fondavano (v. supra, punti 31 e 33), la Commissione ha preferito consultare nuovamente l’EFSA con incarico del 14 maggio 2008 (v. supra, punto 34). L’11 giugno 2009, l’EFSA ha emesso il proprio parere consolidato, contenente il parere congiunto dei gruppi OGM e BIOHAZ dell’11 e del 26 marzo 2009, incluse delle conclusioni relative all’improbabilità degli effetti nocivi del gene nptII, accompagnate da pareri minoritari provenienti da due membri del gruppo BIOHAZ (v. supra, punti da 36 a 40). È pacifico che tale parere consolidato non è stato trasmesso ai comitati di regolamentazione investiti in precedenza dei progetti iniziali, e che ai suddetti comitati non è stato sottoposto alcun progetto nuovo di decisione di AIC della patata Amflora.
78. In terzo luogo, si deve osservare che la Commissione, il 2 marzo 2010, ha adottato le decisioni impugnate (v. supra, punti 42 e 49). Al riguardo, è vero che occorre rilevare che i rispettivi dispositivi di suddette decisioni riprendono integralmente, e senza nulla aggiungere, gli articoli dei progetti e delle proposte di decisioni di autorizzazione inizialmente sottoposte ai comitati di regolamentazione e al Consiglio (in prosieguo: «i progetti e le proposte anteriori») e che le loro rispettive motivazioni riprendono in toto i considerando dei progetti e delle proposte anteriori. Tuttavia, occorre constatare che tali decisioni divergono dai progetti e dalle proposte anteriori, in quanto i loro preamboli contengono nuovi considerando, i quali fanno rispettivamente riferimento all’incarico conferito dalla Commissione all’EFSA il 14 maggio 2008 e alle conclusioni del parere consolidato dell’EFSA dell’11 giugno 2009. Si tratta dei considerando 11 e 12 della decisione 2010/135 e dei considerando 7 e 8 della decisione 2010/136, la cui formulazione è identica (v. supra, punti 43 e 50; in prosieguo: i «considerando supplementari»).
79. È alla luce di tali elementi che occorre verificare se la Commissione abbia rispettato le regole processuali che disciplinano l’adozione delle decisioni impugnate.
Sul rispetto dell’obbligo di sottoporre i progetti modificati delle decisioni impugnate ai comitati di regolamentazione competenti
80. È pacifico che le misure proposte dalla Commissione dovevano essere adottate in conformità della procedura di regolamentazione, come stabilita dall’articolo 5 della decisione 1999/468. Tale procedura prevede l’obbligo, per la Commissione, di sottoporre un progetto di misure al comitato di regolamentazione competente. In mancanza di parere del comitato, adottato a maggioranza qualificata, la Commissione deve sottoporre senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere.
81. Occorre parimenti osservare che la Commissione, prima di adottare le decisioni 2010/135 e 2010/136, non ha sottoposto ai comitati di regolamentazione competenti i progetti modificati di tali decisioni, accompagnati dal parere consolidato del 2009 e dai pareri minoritari.
82. Orbene, va osservato che anche se i dispositivi delle decisioni impugnate sono identici a quelli dei progetti di decisioni originariamente sottoposti ai comitati competenti e al Consiglio, lo stesso non vale per il fondamento scientifico accolto dalla Commissione per adottare tali decisioni, il quale fa parte della motivazione di queste ultime.
83. Occorre pertanto constatare che la Commissione, avendo deciso di richiedere un parere consolidato all’EFSA a seguito delle osservazioni di un’ONG e del governo danese, e fondando le decisioni impugnate segnatamente su tale parere, senza consentire ai comitati competenti di prendere posizione né sul parere né sui progetti di decisioni modificati per quanto riguarda le loro motivazioni, si è discostata dalla procedura di regolamentazione prescritta dall’articolo 5 della decisione 1999/468, e in particolare dal suo paragrafo 2.
84. Al riguardo occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, costituisce segnatamente una violazione delle forme sostanziali il mancato rispetto di una regola processuale se, in caso di rispetto di tale regola, il risultato della procedura o il contenuto dell’atto adottato avrebbe potuto essere sostanzialmente diverso (v., in tal senso, sentenze della Corte del 10 luglio 1980, Distillers Company/Commissione, 30/78, Racc. pag. 2229, punto 26; del 29 ottobre 1980, van Landewyck e a./Commissione, da 209/78 a 215/78 e 218/78, Racc. pag. 3125, punto 47, nonché del 23 aprile 1986, Bernardi/Parlamento, 150/84, Racc. pag. 1375, punto 28).
85. Orbene, nella specie, i voti sui progetti precedenti all’interno dei comitati erano stati estremamente divisi (v. supra, punti 25 e 30) e le conclusioni del parere consolidato dell’EFSA del 2009 esprimevano più incertezze rispetto ai pareri precedenti dell’EFSA, in particolare alla dichiarazione dell’EFSA del 2007, ed erano corredati di pareri minoritari (v. supra, punti 28, 36 e 37). Alla luce di tali elementi, non era pertanto escluso che i membri dei comitati potessero rivedere le loro posizioni e riunire una maggioranza qualificata a favore o contro i progetti di misure. Inoltre, in presenza di un parere sfavorevole o in assenza di parere, la Commissione, in forza dell’articolo 5, paragrafo 4, della decisione 1999/468, sarebbe stata tenuta a sottoporre senza indugio le misure proposte al Consiglio, il quale avrebbe potuto adottarle o opporvisi formalmente a maggioranza qualificata entro un termine di tre mesi. È solo al termine di tale procedura, in assenza di una maggioranza qualificata in seno al Consiglio, che la Commissione avrebbe potuto adottare le proposte di misure controverse. Di conseguenza, occorre considerare che il risultato della procedura o il contenuto delle decisioni impugnate avrebbe potuto essere sostanzialmente diverso se la procedura prevista dall’articolo 5 della decisione 1999/468 fosse stata rispettata dalla Commissione.
86. Peraltro, occorre rilevare che la procedura di regolamentazione disciplina una competenza di esecuzione conferita alla Commissione dal Consiglio nell’atto di base che esso stabilisce, in conformità dell’articolo 202, terzo trattino, CE. Essa rientra pertanto nell’equilibrio istituzionale dell’Unione, e in particolare fra le attribuzioni del Consiglio e del Parlamento, da un lato, e della Commissione, dall’altro. L’inosservanza di tale procedura da parte della Commissione è dunque idonea a pregiudicare l’equilibrio istituzionale dell’Unione.
87. Pertanto, è giocoforza rilevare che la Commissione, allorché ha adottato le decisioni impugnate omettendo di sottoporre ai comitati di regolamentazione competenti i progetti modificati di tali decisioni di autorizzazione, è incorsa nella violazione degli obblighi procedurali ad essa incombenti in forza dell’articolo 5 della decisione 1999/468, nonché delle disposizioni della direttiva 2001/18 e del regolamento n. 1829/2003 che vi rinviano, e, di conseguenza, è incorsa, in relazione a ciascuna di suddette decisioni, in una violazione delle forme sostanziali ai sensi dell’articolo 263, secondo comma, TFUE, la quale deve essere rilevata d’ufficio dal Tribunale. Queste decisioni sono pertanto integralmente nulle a norma dell’articolo 264, primo comma, TFUE.
Sull’identità o sull’assenza di modifiche sostanziali fra le decisioni impugnate e i progetti anteriori
88. Le osservazioni svolte sopra non possono essere smentite dagli argomenti della Commissione.
89. In primo luogo, la Commissione sostiene che le decisioni impugnate sono identiche ai progetti e alle proposte anteriori, avuto riguardo alle loro parti normative identiche. Per contro, i preamboli di suddette decisioni non farebbero parte delle «misure» da esse previste ai sensi dell’articolo 5 della decisione 1999/468.
90. Al riguardo, è sufficiente rilevare che tale affermazione della Commissione contrasta con la giurisprudenza costante secondo la quale il dispositivo di un atto deve essere letto alla luce dei motivi che hanno portato alla sua adozione, ed è pertanto indissociabile dai medesimi, formando un tutto inscindibile (v., in tal senso, sentenze della Corte del 26 aprile 1988, Asteris e a./Commissione, 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, Racc. pag. 2181, punto 27, e del 15 maggio 1997, TWD/Commissione, C‑355/95 P, Racc. pag. I‑2549, punto 21; v. sentenza del Tribunale del 7 ottobre 1999, Irish Sugar/Commissione, T‑228/97, Racc. pag. II‑2969, punto 17, e la giurisprudenza ivi citata).
91. Inoltre, contrariamente all’affermazione connessa della Commissione, secondo la quale i pareri scientifici dell’EFSA, e segnatamente quello dell’11 giugno 2009, non farebbero parte dei motivi delle decisioni impugnate, occorre considerare che la Commissione, basandosi, nelle sue decisioni, sui pareri di un’autorità scientifica, incorpora il tenore di tali pareri nella valutazione sottesa all’adozione delle sue decisioni e nella motivazione di queste ultime. Pertanto, poiché in suddette decisioni la Commissione dichiara di fondarsi sulla valutazione scientifica accolta nei pareri dell’EFSA del 2005 e del 2009 – omettendo al contempo di menzionare il parere dell’EFSA del 2004 –, e vi fa riferimento in taluni considerando, il contenuto di tali pareri costituisce parte integrante della motivazione di tali decisioni [v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale del 18 dicembre 2003, Fern Olivieri/Commissione e EMEA, T‑326/99, Racc. pag. II‑6053, punto 55].
92. Di conseguenza, occorre constatare che l’aggiunta, nei progetti delle decisioni impugnate, di considerando che richiamano un nuovo parere dell’EFSA quale fondamento scientifico, costituisce una modifica che confuta ogni asserzione di identità fra le suddette decisioni e i progetti e le proposte anteriori.
93. In secondo luogo, la Commissione sostiene che l’aggiunta dei considerando supplementari nei progetti modificati non costituiva una modifica sostanziale, ma era semplicemente intesa a consolidare, mediante il riferimento al parere consolidato dell’EFSA del 2009, la motivazione delle decisioni impugnate. Infatti, tale parere confermerebbe i pareri precedenti dell’EFSA, in quanto esso avrebbe parimenti concluso, in sostanza, nel senso dell’innocuità del gene nptII.
94. Al riguardo, si deve ricordare che, stando alle parole stesse della Commissione, il nuovo processo di consultazione con l’EFSA, avviato nel maggio del 2008, era «dovuto in parte ai dubbi espressi nella lettera [di un’ONG] del febbraio 2008 e alla lettera de[i] ministr[i] danesi del[l’alimentazione,] dell’agricoltura e dell’ambiente del marzo del 2008», nonché all’incertezza scientifica che ne derivava. Tali dubbi avevano ad oggetto talune incoerenze fra i pareri dell’EFSA relativi alla patata Amflora e il parere generale dell’EFSA del 2004 sui geni MRA, in combinato con la dichiarazione dell’EMA del 2007 sul valore terapeutico degli antibiotici ai quali il gene nptII è resistente.
95. Ne consegue che l’aggiunta dei considerando supplementari non mira semplicemente a consolidare la motivazione delle decisioni impugnate, ma anche, in conformità del nuovo incarico conferito dalla Commissione all’EFSA il 14 maggio 2008, a chiarire talune incoerenze fra i pareri precedenti e a ridurre l’attuale situazione di incertezza scientifica attraverso il tentativo di rispondere alle obiezioni sostanziali espresse nelle lettere di un’ONG e dei ministri danesi. Orbene, occorre ritenere che la risposta, fondata o meno, dell’EFSA a siffatte obiezioni sostanziali, costituisca un elemento essenziale della motivazione di suddette decisioni, il quale comporta una modifica della sostanza dell’atto e del suo contenuto decisionale.
96. Inoltre, relativamente all’affermazione della Commissione, secondo la quale il parere consolidato dell’EFSA dell’11 giugno 2009 non avrebbe fatto altro che confermare le valutazioni dei rischi provenienti dai pareri precedenti dell’EFSA (e menzionati nei progetti e nelle proposte anteriori di decisioni di autorizzazione della Commissione al momento della loro sottoposizione ai comitati e al Consiglio), concludendo parimenti nel senso dell’innocuità del gene nptII, si deve rilevare che suddetto parere costituisce una nuova valutazione sostanziale, e non una semplice conferma meramente formale, rispetto alle valutazioni dei rischi contenute nei pareri dell’EFSA del 2004 e del 2005, nonché nella dichiarazione dell’EFSA del 2007. Tale constatazione poggia tanto sul testo del nuovo incarico conferito all’EFSA quanto su differenze rilevanti fra il nuovo parere dell’EFSA e i pareri precedenti.
97. Da un lato, si evince dalla formulazione stessa dei termini di riferimento del nuovo incarico conferito dalla Commissione all’EFSA il 14 maggio 2008, menzionato al considerando 11 della decisione 2010/135 e al considerando 7 della decisione 2010/136, che il nuovo parere chiesto all’EFSA non poteva essere meramente confermativo. In primo luogo, incombeva all’EFSA, «tenendo conto» dei pareri e delle dichiarazioni precedenti, «illustrare le ragioni» e «delineare il ragionamento» che conduceva alle sue conclusioni. Tale formulazione conferma che la Commissione esigeva dall’EFSA la produzione di un nuovo ragionamento scientifico il quale, tenendo al contempo conto dei pareri e delle dichiarazioni anteriori, doveva chiarire e completare la loro motivazione, ovvero modificarne le conclusioni. La necessità, per l’EFSA, di rivedere le sue analisi scientifiche precedenti, era peraltro confortata dall’ulteriore proroga di sei mesi rispetto all’incarico iniziale, richiesta dall’EFSA e accettata dalla Commissione, della data di scadenza per il parere consolidato. In secondo luogo, spettava all’EFSA indicare le possibili conseguenze di questo nuovo parere sulle proprie valutazioni precedenti di singole piante geneticamente modificate contenenti geni MRA. Ciò dimostra parimenti che la Commissione si attendeva dall’EFSA, in stretta collaborazione con l’EMA, un’analisi scientifica rivista, suscettibile di comportare conseguenze nuove per la valutazione di altri OGM. In terzo luogo, la Commissione aveva allegato le lettere di un’ONG e del governo danese. Ciò fa pensare che incombesse all’EFSA dissipare le incoerenze sollevate in tali lettere.
98. Dall’altro lato, è opportuno rilevare tre differenze significative fra il parere consolidato dell’EFSA del 2009, menzionato al considerando 12 della decisione 2010/135 e al considerando 8 della decisione 2010/136, e i pareri precedenti dell’EFSA, senza che sia necessario pronunciarsi sulla fondatezza delle valutazioni dei rischi effettuate in ciascuno di tali pareri. Nella specie, tali differenze riguardano l’autore dei pareri scientifici sui quali si fondano rispettivamente i progetti modificati e anteriori delle decisioni di autorizzazione, il contenuto delle conclusioni di tali pareri e la presenza di pareri minoritari all’interno dei suddetti pareri. In primo luogo, il parere consolidato dell’EFSA del 2009 è opera di autori supplementari rispetto ai pareri e alle dichiarazioni del 2004, del 2005 e del 2007, formulati dal solo gruppo OGM, in quanto esso è stato emesso anche dal gruppo BIOHAZ, e, in conformità del nuovo incarico della Commissione, è stato redatto in collaborazione stretta con l’EMA. In secondo luogo, le conclusioni del parere consolidato dell’EFSA del 2009 sulle quali si basano le proposte modificate, mettono maggiormente in evidenza l’incertezza scientifica («non completamente compresa», «limiti», «incertezze», «improbabile») e i pericoli («fonte di preoccupazione mondiale») rispetto alle conclusioni del parere dell’EFSA del 2005 («alcuna ragione per ritenere», «non presenterebbe alcun rischio supplementare», «alcun rischio significativo», «non è stato osservato né sarebbe probabile alcun effetto nocivo per l’ambiente») e della dichiarazione dell’EFSA del 2007 («non verrà compromesso», «probabilità estremamente scarsa», «molto improbabile», «non presenta alcun rischio»), su cui si basano i progetti precedenti. In terzo luogo, il parere consolidato dell’EFSA del 2009 contiene taluni pareri minoritari emessi da due membri del gruppo BIOHAZ, i quali insistono sull’incertezza scientifica, mentre i pareri dell’EFSA del 2005 e la dichiarazione dell’EFSA del 2007 non contengono opinioni minoritarie.
99. Alla luce di tali elementi, si deve constatare che l’argomento della Commissione secondo il quale il parere consolidato dell’EFSA del 2009 sarebbe soltanto un parere confermativo dei precedenti pareri dell’EFSA, è infondato.
100. Del resto, si deve rilevare che tale argomento è in contraddizione con altri argomenti formulati dalla Commissione nelle sue memorie nel corso del presente procedimento, nonché in occasione del procedimento nella causa sfociata nell’ordinanza BASF Plant Science e a./Commissione, cit. supra, punto 53.
101. Da un lato, il suddetto argomento si pone in contraddizione con il punto 25 del controricorso, dal quale si evince che i pareri dell’EFSA anteriori a quello del 2009 non erano, per stessa ammissione della Commissione, del tutto chiari e privi di «ambiguità», ed erano minati da «contraddizioni». Orbene, in diversi punti del controricorso e della controreplica, la Commissione evidenzia il carattere «completo» del parere consolidato dell’EFSA del 2009 e la natura «esaustiva» dell’analisi dei rischi contenuta in suddetto parere. La Commissione suggerisce pertanto che, secondo la sua valutazione, il parere dell’EFSA del 2009 ha fatto molto più che confermare le precedenti valutazioni dei rischi, in quanto un siffatto parere è, ai suoi occhi, completo ed esaustivo, mentre i pareri precedenti erano inficiati da ambiguità e contraddizioni.
102. Dall’altro lato, il suddetto argomento della Commissione si pone in contraddizione con il suo controricorso nella causa sfociata nell’ordinanza BASF Plant Science e a./Commissione, T‑293/08 (cit. supra, punto 53), inserito nel fascicolo della presente controversia. La Commissione sottolineava ivi, anzitutto, l’«essenza stessa» di tale causa, ossia i suoi «obblighi in presenza di informazioni che indicano (…) incoerenze fra pareri scientifici». Essa rilevava quindi che «l’EFSA non [aveva] preso in considerazione, nella sua dichiarazione del 2007, il criterio del valore terapeutico, [non tenendo] conto né del parere dell’[EMA], né del parere dell’OMS», discostandosi in tal modo dai criteri accolti nel parere dell’EFSA del 2004. Essa riteneva pertanto che «l’intera questione [era] determinare se sussistesse una coerenza fra i ragionamenti e i motivi alla base delle conclusioni del parere del 2004, da un lato, e la dichiarazione del 2007, dall’altro». Infine, essa faceva valere il proprio «dovere, con riguardo al principio di precauzione, di chiarire tali incoerenze e, a tal fine, [aveva] pertanto consultato [l’EFSA]», cosicché non le si poteva imputare alcuna omissione.
103. Si evince da tali affermazioni che la Commissione, perlomeno dopo aver ricevuto le lettere di un’ONG e del governo danese, riteneva che la dichiarazione dell’EFSA del 2007, poiché presentava incoerenze con il parere dell’EFSA del 2004, in combinato con la dichiarazione dell’EMA del 2007, costituisse un fondamento scientifico troppo incerto per l’adozione delle proposte di decisioni già sottoposte ai comitati di regolamentazione e al Consiglio, e che, alla luce dello stato di incertezza scientifica vigente, essa era tenuta, in virtù del principio di precauzione, a consultare nuovamente l’EFSA al fine di ottenere chiarimenti sulla valutazione scientifica dei rischi connessi alla patata Amflora, e in particolare al gene nptII.
104. Di conseguenza, gli argomenti della Commissione relativi all’identità, o perlomeno all’assenza di modifiche sostanziali, fra le decisioni impugnate e i progetti e le proposte anteriori, devono essere respinti in quanto infondati.
105. Inoltre, si deve considerare che i fatti della causa che ha dato origine alla sentenza del Tribunale del 13 settembre 2006, Sinaga/Commissione (T‑217/99, T‑321/00 e T‑222/01, non pubblicata nella Raccolta, punti da 90 a 96), richiamata dalla Commissione per sostenere che la motivazione aggiunta nei considerando supplementari non comporterebbe «alcuna modifica della sostanza dell’atto» (sentenza Sinaga/Commissione, cit., punto 95), devono essere tenuti distinti da quelli della presente controversia. Anzitutto, la causa che aveva dato origine alla sentenza Sinaga/Commissione, cit., riguardava la procedura di gestione ai sensi dell’articolo 4 della decisione 1999/468, e non la procedura di regolamentazione ai sensi dell’articolo 5 della stessa decisione. Orbene, nell’ambito della procedura di gestione, la Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili, e, qualora queste ultime non siano conformi al parere del comitato, la stessa comunica le misure già adottate al Consiglio, il quale ha a disposizione tre mesi per adottare una decisione diversa. Diversamente avviene nel caso della procedura di regolamentazione, ove, qualora le misure prospettate non siano conformi al parere del comitato, oppure, come nella specie, in assenza di parere, la Commissione non adotta alcuna misura, bensì sottopone senza indugio al Consiglio una proposta. Quindi, nella causa che ha dato luogo alla sentenza Sinaga/Commissione, cit., era discussa la fase della procedura successiva alla consultazione del comitato (di gestione per lo zucchero) e non quella successiva alla sottoposizione della proposta al Consiglio, come nella specie. Infine, nella causa che ha dato luogo alla sentenza Sinaga/Commissione, cit., il comitato, prima dell’aggiunta della motivazione addizionale, la quale non comportava alcuna modifica della sostanza dell’atto, ha espresso un «parere positivo» e ha dunque «approvato» (sentenza Sinaga/Commissione, cit., punti da 91 a 95) le misure proposte dalla Commissione, diversamente che nella presente causa, in cui il comitato non ha potuto emettere un parere positivo.
106. In terzo luogo, la Commissione sostiene di non aver tardato nell’adottare le due decisioni di autorizzazione dopo che il Consiglio non ha preso posizione sulle misure proposte. Essa fa valere che disponeva pertanto di un termine per sollecitare un parere scientifico complementare e che l’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468, diversamente dall’articolo 5, paragrafo 4, della stessa decisione, non contiene l’espressione «senza indugio».
107. Al riguardo, si deve osservare, anzitutto, che il vizio che inficia la legittimità delle decisioni impugnate non è legato al termine assunto per adottare le suddette decisioni successivamente alla sottoposizione al Consiglio delle proposte iniziali nelle sessioni del 16 luglio 2007 e del 18 febbraio 2008, bensì alla mancata sottoposizione dei progetti modificati delle decisioni di autorizzazione ai comitati di regolamentazione competenti e, se del caso, al Consiglio.
108. Pertanto, l’argomento della Commissione concernente la tempestività dell’adozione delle decisioni impugnate deve essere respinto in quanto inconferente.
109. Inoltre, si deve considerare che il riferimento effettuato dalla Commissione alla sentenza della Corte del 18 novembre 1999, Pharos/Commissione (C‑151/98 P, Racc. pag. I‑8157), invocata a sostegno di tale argomento, è irrilevante nella specie. Infatti, la causa che aveva dato luogo alla sentenza Pharos/Commissione, cit., si riferiva alla fase processuale intercorrente fra la consultazione del comitato e la sottoposizione della proposta al Consiglio, nella quale, secondo la Corte, la Commissione disponeva di un certo termine per sollecitare un nuovo parere scientifico prima di sottoporre una proposta al Consiglio, al fine di trovare in anticipo una soluzione di compromesso, ed evitare pertanto un ulteriore rigetto della proposta da parte del Consiglio (sentenza Pharos/Commissione, cit., punti da 22 a 27). Per contro, le asserzioni della Commissione nella presente controversia attengono alla fase processuale successiva all’assenza di decisione del Consiglio, nella quale, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 6, terzo comma, della decisione 1999/468, spetta alla Commissione adottare, ma non più modificare, le misure nella versione proposta.
110. Infine, anche se è necessario, al pari della Commissione, sottolineare la «forte sensibilità politica» e la «complessità della materia» dell’AIC dell’OGM, resta il fatto che siffatti elementi depongono esattamente a favore dell’obbligo della Commissione di sottoporre i progetti modificati delle decisioni di autorizzazione della patata Amflora ai comitati di regolamentazione competenti, e, e se del caso, al Consiglio.
111. Si evince da tali considerazioni che gli argomenti della Commissione, in quanto infondati o inconferenti, non possono ovviare a che il Tribunale rilevi d’ufficio e constati la violazione delle forme sostanziali che inficia la legittimità delle decisioni impugnate. Peraltro, va osservato che, poiché, da un lato, la competenza della Commissione ad adottare le suddette decisioni era subordinata al rispetto, da parte della medesima, della procedura di regolamentazione, e, dall’altro, essa non ha sottoposto ai comitati di regolamentazione i progetti modificati di misure che avevano dato luogo a tali decisioni, queste ultime non sono state adottate in conformità dell’articolo 5, paragrafi 3 e 6, della decisione 1999/468. Pertanto, è dalla violazione stessa delle forme sostanziali accertata supra, al punto 87, che risulta l’incompetenza della Commissione ad adottare le decisioni di cui trattasi.
Sul ricorso di annullamento
112. Alla luce di tutto quanto precede, e senza che sia necessario esaminare la fondatezza dei motivi dedotti dall’Ungheria, il ricorso di annullamento nelle conclusioni formulate in via principale deve essere accolto.
113. Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 264, primo comma, TFUE, le decisioni impugnate devono essere dichiarate nulle e non avvenute.
Sulle spese
114. Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’Ungheria ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, va condannata alle spese.
115. In applicazione dell’articolo 87, paragrafo 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. La Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica d’Austria e la Repubblica di Polonia sopportano pertanto le rispettive spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)
dichiara e statuisce:
1) La decisione 2010/135/UE della Commissione, del 2 marzo 2010, relativa all’immissione in commercio, a norma della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, di una patata ( Solanum tuberosum L. linea EH92-527-1) geneticamente modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell’amido, e la decisione 2010/136/UE della Commissione, del 2 marzo 2010, che autorizza l’immissione in commercio di mangimi ottenuti dalla patata geneticamente modificata EH92-527-1 (BPS-25271-9) e la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di tale patata in prodotti alimentari e in altri mangimi conformemente al regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, sono annullate.
2) La Commissione europea è condannata a sopportare le proprie spese, nonché quelle sostenute dall’Ungheria.
3) La Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica d’Austria e la Repubblica di Polonia sopportano le proprie spese.
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)
13 dicembre 2013 ( *1 )
«Ravvicinamento delle legislazioni — Emissione deliberata di OGM nell’ambiente — Procedura di autorizzazione all’immissione in commercio — Parere scientifico dell’EFSA — Comitologia — Procedura di regolamentazione — Violazione delle forme sostanziali — Rilevabilità d’ufficio»
Nella causa T‑240/10,
Ungheria, rappresentata da M. Fehér e K. Szíjjártó, in qualità di agenti,
ricorrente,
sostenuta da
Repubblica francese, rappresentata da G. de Bergues e S. Menez, in qualità di agenti,
da
Granducato di Lussemburgo, rappresentato inizialmente da C. Schiltz, successivamente da P. Frantzen e infine da L. Delvaux e D. Holderer, in qualità di agenti,
da
Repubblica d’Austria, rappresentata da C. Pesendorfer e E. Riedl, in qualità di agenti,
e da
Repubblica di Polonia, rappresentata inizialmente da M. Szpunar, B. Majczyna e J. Sawicka, successivamente da B. Majczyna e J. Sawicka, in qualità di agenti,
intervenienti
contro
Commissione europea, rappresentata inizialmente da A. Sipos e L. Pignataro‑Nolin, successivamente da A. Sipos e D. Bianchi, in qualità di agenti,
convenuta,
avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione 2010/135/UE della Commissione, del 2 marzo 2010, relativa all’immissione in commercio, a norma della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, di una patata (Solanum tuberosum L. linea EH92-527-1) geneticamente modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell’amido (GU L 53, pag. 11), e della decisione 2010/136/UE della Commissione, del 2 marzo 2010, che autorizza l’immissione in commercio di mangimi ottenuti dalla patata geneticamente modificata EH92-527-1 (BPS-25271-9) e la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di tale patata in prodotti alimentari e in altri mangimi conformemente al regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 53, pag. 15),
IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata),
composto da I. Labucka, facente funzione di presidente, S. Frimodt Nielsen e M. Kancheva (relatore), giudici,
cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 aprile 2013,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
Regime di autorizzazione di immissione in commercio di organismi geneticamente modificati
1 |
Il regime di autorizzazione di immissione in commercio (AIC) di organismi geneticamente modificati (OGM) nel diritto dell’Unione poggia sul principio di precauzione e, in particolare, sul principio secondo il quale tali organismi o i prodotti che li contengono possono essere emessi nell’ambiente o immessi in commercio solo se formano l’oggetto di un’autorizzazione, accordata al fine di usi specifici e soggetta a requisiti determinati, dopo una valutazione scientifica dei rischi caso per caso. |
2 |
Tale regime consta di due atti legislativi principali, il primo relativo all’emissione deliberata nell’ambiente di OGM in generale, il secondo concernente in maniera specifica gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati. |
3 |
Il primo atto legislativo è la direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU L 106, pag. 1). |
4 |
Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2001/18: «Prima di presentare una notifica ai sensi della parte B [emissione deliberata di OGM per qualsiasi fine diverso dall’immissione in commercio] o della parte C [immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti], i notificanti effettuano una valutazione del rischio ambientale. Le informazioni necessarie all’esecuzione di tale valutazione figurano nell’allegato III. Gli Stati membri e la Commissione si assicurano che gli OGM che contengono geni che esprimono una resistenza agli antibiotici utilizzati per trattamenti medici o veterinari siano presi in particolare considerazione, al momento della valutazione del rischio ambientale per individuare ed eliminare gradualmente negli OGM i marcatori di resistenza agli antibiotici che possono avere effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente. Questa eliminazione graduale avverrà entro il 31 dicembre 2004 per gli OGM immessi in commercio ai sensi della parte C, ed entro il 31 dicembre 2008 per gli OGM autorizzati a norma della parte B». |
5 |
L’allegato II della direttiva 2001/18, nella sua versione modificata, descrive a grandi linee l’obiettivo da raggiungere, gli elementi da considerare nonché i principi generali e la metodologia da seguire per effettuare la valutazione del rischio ambientale di cui all’articolo 4 della direttiva. Esso deve essere letto in combinato disposto con la decisione 2002/623/CE della Commissione, del 24 luglio 2002, recante note orientative ad integrazione dell’allegato II della direttiva 2001/18 (GU L 200, pag. 22). |
6 |
La procedura armonizzata dalla direttiva 2001/18, e in particolare i suoi articoli da 13 a 19, è fondata sul principio secondo cui l’autorità competente di uno Stato membro, che ha ricevuto una notifica di un’impresa corredata di una valutazione dei rischi per l’ambiente, prende l’iniziativa di emettere un’autorizzazione in ordine alla quale le autorità competenti degli altri Stati membri, o la Commissione europea, possono far conoscere le proprie osservazioni o obiezioni. |
7 |
L’articolo 18, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2001/18, intitolato «Procedura comunitaria per le obiezioni», dispone: «Qualora un’autorità competente o la Commissione sollevi e mantenga obiezioni ai sensi degli articoli 15, 17 e 20 della presente direttiva, una decisione secondo la procedura di cui all’articolo 30, paragrafo 2 è adottata e pubblicata entro 120 giorni (…)». |
8 |
L’articolo 30, paragrafo 2, della direttiva 2001/18, intitolato «Procedura di comitato», rimanda alla procedura prevista dall’articolo 5 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23), detta «decisione comitologia», come modificata dalla decisione 2006/512/CE del Consiglio, del 17 luglio 2006 (GU L 200, pag. 11). |
9 |
Il secondo atto legislativo principale del regime dell’AIC di OGM nel diritto dell’Unione è il regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (GU L 268, pag. 1). Tale regolamento istituisce un regime unitario, speciale rispetto al regime generale armonizzato della direttiva 2001/18, in materia di autorizzazione degli alimenti geneticamente modificati (capo II) e dei mangimi geneticamente modificati (capo III). Sotto tale regime unitario, la domanda di autorizzazione viene direttamente esaminata a livello dell’Unione, con la consultazione degli Stati membri, e la decisione definitiva sull’autorizzazione incombe alla Commissione o, se del caso, al Consiglio dell’Unione europea. |
10 |
La Commissione e il Consiglio fondano le loro decisioni sui pareri scientifici dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), soggetta al regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1). Tale regolamento fissa taluni principi generali per la valutazione dei rischi in tutti i campi che hanno un’incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, anche in materia di OGM. L’EFSA provvede parimenti alla valutazione dei rischi nell’ambito della procedura comunitaria in caso di obiezioni a norma della direttiva 2001/18. |
11 |
Gli articoli 7, paragrafi 1 e 3, e 19, paragrafi 1 e 3, del regolamento n. 1829/2003, i cui testi sono identici e che figurano rispettivamente all’interno dei capi II e III del medesimo regolamento, stabiliscono: «1. Entro 3 mesi dal ricevimento del parere dell’[EFSA], la Commissione sottopone al comitato di cui all’articolo 35 un progetto di decisione da prendere in merito alla domanda che tenga conto del parere dell’[EFSA], della pertinente normativa comunitaria e di altri fattori legittimi pertinenti alla questione in esame. Se la proposta di decisione non è conforme al parere dell’[EFSA], la Commissione ne spiega le ragioni. (…) 3. Una decisione finale sulla domanda è adottata secondo la procedura di cui all’articolo 35, paragrafo 2». |
12 |
L’articolo 35, paragrafo 2, del regolamento n. 1829/2003, rubricato «Procedura di comitato», rimanda, come la direttiva 2001/18 (v. supra, punto 8), alla procedura prevista dall’articolo 5 della decisione 1999/468. |
Procedura di regolamentazione
13 |
L’articolo 5 della decisione 1999/468, rubricato «Procedura di regolamentazione», come modificato dalla decisione 2006/512, così recita: «1. La Commissione è assistita da un comitato di regolamentazione composto dei rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. 2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall’articolo 205, paragrafi 2 e 4 del trattato per l’adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione definita nell’articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 3. La Commissione adotta, fatto salvo l’articolo 8, le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. 4. Ove le misure prospettate non siano conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere e ne informa il Parlamento europeo. 5. Se il Parlamento europeo ritiene che una proposta presentata dalla Commissione in virtù di un atto di base adottato secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato eccede le competenze di esecuzione previste da tale atto di base, esso informa il Consiglio circa la sua posizione. 6. Il Consiglio può, se del caso alla luce di tale eventuale posizione, deliberare sulla proposta a maggioranza qualificata entro un termine che sarà fissato in ciascun atto di base ma che non può in nessun caso superare tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata presentata la proposta. Se entro tale termine il Consiglio ha manifestato a maggioranza qualificata la sua opposizione alla proposta, la Commissione la riesamina. Essa può presentare al Consiglio una proposta modificata, ripresentare la proposta o presentare una proposta legislativa in base al trattato. Se allo scadere del termine il Consiglio non ha adottato l’atto di esecuzione proposto ovvero non ha manifestato opposizione alla proposta di misure di esecuzione, la Commissione adotta l’atto di esecuzione proposto». |
14 |
I comitati di regolamentazione competenti a partecipare all’esercizio, da parte della Commissione, delle competenze di esecuzione ad essa conferite dalla direttiva 2001/18 e dal regolamento n. 1829/2003, sono rispettivamente il comitato di regolamentazione sull’emissione nell’ambiente di organismi geneticamente modificati, istituito dall’articolo 30, paragrafo 1, di tale direttiva, e il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali di cui all’articolo 35, paragrafo 1, di suddetto regolamento, istituito conformemente all’articolo 58 del regolamento n. 178/2002. |
Fatti
Prodotto preso in considerazione dall’autorizzazione
15 |
La patata geneticamente modificata denominata Amflora (Solanum tuberosum L. linea EH92-527-1) è una patata la cui componente amilacea è stata modificata. Essa è caratterizzata da un accresciuto tenore di amilopectina, in maniera tale che il suo amido è composto pressoché unicamente da amilopectina. Essa si distingue pertanto da una patata non geneticamente modificata, il cui amido è composto per circa dal 15 al 20% di amilosio e per circa dall’80 all’85% di amilopectina. Essa consente un’estrazione ottimizzata dell’amilopectina in vista di applicazioni industriali, e segnatamente della fabbricazione di pasta da carta, di fibre o di colle. |
16 |
La modificazione genetica implica l’introduzione, nel genoma della patata Amflora, di un gene denominato «nptII» (neomicina fosfotransferasi II) (in prosieguo: il «gene nptII»). Il gene nptII appartiene alla categoria dei geni marcatori di resistenza agli antibiotici (in prosieguo: i «geni MRA»). Nella modificazione genetica, il ruolo dei geni marcatori consiste nel marcare, in collegamento con il gene portatore della caratteristica auspicata, le cellule nelle quali l’operazione ha avuto esito positivo. I geni MRA esplicano la loro funzione mediante la resistenza all’antibiotico rilasciato. Il gene nptII, in particolare, esprime una resistenza agli antibiotici neomicina, kanamicina, e geneticina, i quali appartengono alla famiglia degli aminoglicosidi. |
Richieste di autorizzazione
17 |
Il 5 agosto 1996, l’autorità svedese competente ha ricevuto una notifica, a norma della direttiva 90/220, da parte di una controllata della BASF Plant Science GmbH (in prosieguo: la «BASF»), denominata Amylogene HB, divenuta Plant Science Sweden AB. Tale notifica conteneva una richiesta di AIC della patata Amflora, al fine di coltivare la medesima a fini industriali (produzione di amido) ed ottenere prodotti derivati (pasta di patate), menzionando al contempo la produzione di mangimi e la presenza accidentale di tracce nei generi alimentari. |
18 |
A seguito dell’entrata in vigore della direttiva 2001/18, il 17 aprile 2001, e del regolamento n. 1829/2003, il 7 novembre 2003, la BASF ha scisso in due parti la propria notifica all’autorità svedese competente: la prima riferita all’AIC della patata Amflora ai fini della sua coltivazione e del suo utilizzo a fini industriali, la seconda riferita all’AIC per la produzione di mangimi e alla presenza accidentale di tracce nei generi alimentari. Essa ha ritirato la seconda parte della sua notifica a suddetta autorità, al fine di assoggettare la richiesta di AIC alla procedura unitaria prevista dal regolamento n. 1829/2003, ma ha mantenuto la prima parte della sua notifica a tale autorità, in forza della direttiva 2001/18. Nel dicembre 2003, essa ha allegato a questa prima parte una valutazione dei rischi per l’ambiente, ai sensi delle disposizioni contenute all’allegato II della direttiva 2001/18. |
19 |
L’8 aprile 2004, l’autorità svedese competente ha elaborato la sua relazione di valutazione e l’ha trasmessa alla Commissione. In tale relazione, essa indicava che un uso del prodotto a fini industriali era sicuro, ma che occorreva che il prodotto non entrasse nella catena alimentare, in quanto il suo uso ai fini alimentari non era stato oggetto di una valutazione completa. Essa concludeva nel senso che la patata Amflora poteva essere immessa in commercio alle condizioni stabilite e per gli usi previsti dal notificante. |
20 |
La Commissione ha trasmesso la relazione di valutazione dell’autorità svedese competente alle autorità competenti degli altri Stati membri. Più Stati membri, fra cui l’Ungheria, hanno formulato delle osservazioni. Nelle sue osservazioni del 3 luglio 2004, l’Ungheria ha fatto valere che il notificante era tenuto, da un lato, ad attuare un metodo di rilevazione quantitativa prima della concessione dell’AIC, e, dall’altro, ad effettuare ricerche supplementari attinenti all’uso della patata Amflora nei mangimi e ai suoi eventuali effetti nocivi sulla salute umana, alla luce dei rischi di contaminazione della catena alimentare. |
21 |
Il 9 febbraio 2005, la Commissione, in conformità dell’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2001/18 e degli articoli 22 e 29, paragrafo 1, del regolamento n. 178/2002, ha domandato una valutazione dei rischi all’EFSA. |
22 |
Parallelamente, il 28 febbraio 2005, per quanto riguarda la produzione di mangimi e i generi alimentari, la BASF, in conformità degli articoli 5 e 17 del regolamento n. 1829/2003, ha notificato una richiesta di autorizzazione all’autorità competente del Regno Unito. Il 25 aprile 2005, tale richiesta è stata trasmessa alla Commissione a norma degli articoli 6, paragrafo 4, e 18, paragrafo 4, del medesimo regolamento. |
Valutazioni dei rischi e procedure di comitologia
23 |
Il 2 aprile 2004, il gruppo scientifico dell’EFSA sugli OGM (in prosieguo: il «gruppo OGM») ha formulato, di propria iniziativa, un parere concernente l’uso di geni MRA nelle piante geneticamente modificate [domanda EFSA-Q-2003-109, The EFSA Journal (2004) 48, 1-18; in prosieguo: il «parere del 2004»]. In tale parere, l’EFSA ha proceduto ad una tipologia dei geni MRA in tre gruppi, in funzione di diversi criteri. In particolare, il gruppo I conteneva i geni MRA meno pericolosi, ossia quelli già ampiamente diffusi nel terreno e i batteri enterici, e che conferivano una resistenza ad antibiotici privi di valore terapeutico o unicamente con un valore terapeutico minore nella medicina umana e veterinaria. L’EFSA ha parimenti effettuato, secondo tale tipologia in tre gruppi, una classificazione dei geni MRA conosciuti, la quale comportava rilevanti conseguenze per l’autorizzazione di tali geni a fini sperimentali (raccomandata per i gruppi I e II, ad esclusione del gruppo III) o a fini di immissione in commercio (raccomandata soltanto per il gruppo I, ad esclusione dei gruppi II e III). Il gene nptII, il quale, fra i geni MRA, è il più utilizzato nella selezione delle piante geneticamente modificate, è stato classificato nel gruppo I. |
24 |
Il 7 dicembre 2005, il gruppo OGM ha formulato due pareri dai contenuti molto simili. Nel primo parere, concernente l’immissione in commercio della patata Amflora a fini di coltivazione e di produzione di amido per uso industriale e pubblicato il 24 febbraio 2006 [domanda EFSA-Q-2005-023, The EFSA Journal (2006) 323, 1‑20; in prosieguo: il «parere del 2005»], l’EFSA ha concluso, sostanzialmente, che era improbabile che l’immissione in commercio di suddetta patata potesse avere effetti nocivi sulla salute umana e animale o sull’ambiente nel contesto degli usi proposti. Nel secondo parere, concernente l’immissione in commercio di tale patata per l’alimentazione umana e animale, e pubblicato il 10 novembre 2006 [domanda EFSA-Q-2005-070, The EFSA Journal (2006) 324, 1‑20], l’EFSA ha parimenti concluso nel senso dell’improbabilità di effetti nocivi nel contesto degli usi proposti. |
25 |
Il 4 dicembre 2006, il comitato di regolamentazione sull’emissione nell’ambiente di organismi geneticamente modificati ha discusso, in conformità dell’articolo 5, paragrafo 2, della decisione 1999/468, un progetto, sottoposto dalla Commissione, di decisione relativa all’immissione in commercio, a norma della direttiva 2001/18, di una patata (Solanum tuberosum L. linea EH92-527-1) geneticamente modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell’amido. Suddetto comitato non è riuscito ad esprimere una maggioranza qualificata a favore o contro tale progetto di misure sottoposto dalla Commissione. I voti erano ripartiti nel modo seguente: 134 voti a favore, 109 voti contrari, 78 astensioni. |
26 |
Il 25 gennaio 2007, la Commissione ha domandato all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) di confermare se, a seguito della posizione dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), la quale qualificava gli aminoglicosidi (dei quali fanno parte la neomicina e la kanamicina) come antibiotici di importanza fondamentale o elevata, gli usi attuali o potenziali per il futuro di tali antibiotici fossero sempre conformi al parere dell’EFSA del 2004, che li aveva classificati fra quelli privi di valore terapeutico o con un valore terapeutico minore. |
27 |
Il 22 febbraio 2007, l’EMA ha adottato una dichiarazione (in prosieguo: la «dichiarazione dell’EMA del 2007») nella quale ha concluso nel senso che la neomicina e la kanamicina erano importanti per il loro uso nella medicina umana e veterinaria, e che i loro usi attuali o potenziali per il futuro non potevano essere classificati fra quelle privi di valore terapeutico o con valore terapeutico minore. |
28 |
Il 23 marzo 2007, il gruppo OGM, consultato dalla Commissione, ha adottato una dichiarazione (in prosieguo: la «dichiarazione dell’EFSA del 2007»), nella quale ha anzitutto concordato con l’EMA quanto all’importanza di preservare il potenziale terapeutico degli aminoglicosidi, fra i quali la neomicina e la kanamicina. Quindi, fondandosi segnatamente sulla probabilità estremamente scarsa di trasferimento orizzontale del gene nptII dalle piante ai batteri, esso ha ribadito la propria conclusione, secondo la quale l’uso del gene nptII negli OGM e nei loro prodotti derivati non comportava rischi né per la salute umana e animale né per l’ambiente. |
29 |
Il 13 giugno 2007, in assenza di una maggioranza qualificata all’interno del comitato a favore o contro il progetto di misure sottoposto dalla Commissione (v. supra, punto 25), quest’ultima ha presentato al Consiglio una proposta di decisione del Consiglio relativa all’immissione in commercio, a norma della direttiva 2001/18, di una patata (Solanum tuberosum L. linea EH92-527-1) geneticamente modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell’amido. Il 16 luglio 2007, in occasione della sessione del Consiglio, non ha potuto essere raggiunta la maggioranza qualificata necessaria per adottare o opporsi a tale proposta sottoposta dalla Commissione. |
30 |
Il 10 ottobre 2007, il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali ha discusso, a norma dell’articolo 5, paragrafo 2, della decisione 1999/468, un progetto, sottoposto dalla Commissione, di decisione di AIC della patata Amflora ai fini dell’uso nell’alimentazione umana e animale, in applicazione del regolamento n. 1829/2003. Il comitato non è riuscito ad esprimere una maggioranza qualificata a favore o contro tale progetto di misure sottoposto dalla Commissione. I voti erano ripartiti nel modo seguente: 123 voti a favore, 133 voti contrari, 89 astensioni. Il 18 dicembre 2007, in assenza di una maggioranza qualificata all’interno del comitato, la Commissione ha sottoposto al Consiglio una proposta di decisione avente il medesimo contenuto. |
31 |
Il 13 febbraio 2008, in vista della sessione del Consiglio, un’organizzazione non governativa (ONG) ha inviato al commissario per la salute e la sicurezza alimentare una lettera in cui venivano eccepite talune incoerenze che inficiavano la proposta della Commissione. Secondo tale ONG, la proposta ometteva di menzionare, da un lato, il fatto che l’EFSA, nel suo parere del 2004, aveva erroneamente classificato gli antibiotici colpiti dalla patata geneticamente modificata come privi di importanza per la medicina umana e veterinaria, mentre l’EMA e l’OMS ritenevano che essi avessero un’importanza fondamentale, e, dall’altro, che l’EFSA, nella sua dichiarazione del 2007, aveva riconosciuto il suo errore al riguardo, ma aveva omesso di trarne le conseguenze logiche e necessarie quanto all’esclusione del gene nptII dal gruppo I e al suo reinquadramento nel gruppo II o III, secondo la classificazione adottata nel parere dell’EFSA del 2004. |
32 |
Il 18 febbraio 2008, in occasione della sessione del Consiglio, non è stata raggiunta la maggioranza qualificata necessaria per adottare o opporsi alla proposta sottoposta dalla Commissione. |
33 |
Il 14 marzo 2008, i ministri danesi dell’Alimentazione, dell’Agricoltura e della Pesca, da un lato, e dell’Ambiente, dall’altro, hanno inviato ai commissari per la salute e per l’ambiente una lettera nella quale spiegavano, in sostanza, che gli esperti danesi, pur concordando con l’EFSA sull’assenza di rischi attinenti al gene nptII, avevano rilevato un’incoerenza fra il parere dell’EFSA del 2004 e la dichiarazione dell’EFSA del 2007 in relazione alla classificazione del gene nptII in forza dei criteri del parere del 2004, e chiedevano alla Commissione e all’EFSA di chiarire tale punto. |
34 |
Il 14 maggio 2008, la Commissione, sul fondamento dell’articolo 29 del regolamento n. 178/2002, ha incaricato l’EFSA di «preparare un parere scientifico consolidato sull’uso di geni resistenti agli antibiotici in quanto geni marcatori nelle piante geneticamente modificate». Stando a tale incarico, la Commissione intendeva «evitare qualsiasi ambiguità» sulla questione dell’uso di geni MRA nelle piante geneticamente modificate, la quale formava allora l’oggetto di due valutazioni di sicurezza da parte dell’EFSA, ossia il parere del 2004 e la dichiarazione del marzo 2007, a seguito della dichiarazione dell’EMA del 2007. Secondo i termini di riferimento di suddetto incarico, la Commissione ha quindi chiesto all’EFSA, in primo luogo, di preparare un parere scientifico consolidato che tenesse conto dei pareri e delle dichiarazioni precedenti, spiegando il ragionamento sotteso alle sue conclusioni, e, in secondo luogo, di indicare le possibili conseguenze di tale nuovo parere sulle precedenti valutazioni dell’EFSA sulle piante geneticamente modificate contenenti geni MRA. La Commissione ha espressamente chiesto che l’EFSA lavorasse in stretta collaborazione con l’EMA e ha aggiunto, in allegato a questo nuovo incarico, le lettere di un’ONG e del governo danese. |
35 |
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 luglio 2008, la BASF, la Plant Science Sweden AB, la Amylogene HB e la BASF Plant Science Holding GmbH hanno presentato un ricorso per carenza nei confronti della Commissione, inteso a far dichiarare che quest’ultima, omettendo di adottare una decisione in merito alla notifica relativa all’immissione in commercio della patata geneticamente modificata Amflora, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù dell’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2001/18 e dell’articolo 5 della decisione 1999/468. |
36 |
Rispettivamente l’11 e il 26 marzo 2009, il gruppo OGM e il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sui pericoli biologici (in prosieguo: il «gruppo BIOHAZ») hanno adottato, in risposta alla prima domanda della Commissione, un parere congiunto intitolato «Uso di geni di resistenza agli antibiotici come geni marcatori nelle piante geneticamente modificate» [domande EFSA-Q-2008-411 e EFSA-Q-2008-706, The EFSA Journal (2009) 1034, 1-82; in prosieguo: il «parere congiunto del 2009»]. L’EFSA, pur riconoscendo che gli antibiotici kanamicina e neomicina rivestivano un’importanza terapeutica elevata ovvero fondamentale, si è segnatamente fondata sull’assenza di dimostrazione del trasferimento orizzontale di geni MRA dalle piante geneticamente modificate ai batteri nell’ambiente. Essa ha concluso nel senso che, nonostante le incertezze relative, segnatamente, al campionamento, al rilevamento, alle difficoltà nello stimare i livelli di esposizione, nonché all’incapacità di assegnare a una fonte definita i geni di resistenza trasferibili, in base alle informazioni allora disponibili era improbabile che il trasferimento del gene MRA nptII dalle piante geneticamente modificate ai batteri producesse effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente a seguito dell’uso di siffatte piante. |
37 |
Tuttavia, due membri del gruppo BIOHAZ hanno espresso pareri minoritari, concernenti essenzialmente talune incertezze scientifiche connesse alla probabilità di trasferimento orizzontale del gene nptII ai batteri. Gli autori di tali pareri proponevano, in sostanza, di concludere nel senso che fosse imprudente considerare priva di importanza o di importanza trascurabile la resistenza ad un antibiotico, ovvero nel senso che, nel complesso, non fosse possibile valutare gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente di un eventuale trasferimento. |
38 |
Il 25 marzo 2009, il gruppo OGM ha adottato, in risposta alla seconda domanda della Commissione, un parere intitolato «Conseguenze del parere concernente l’uso di geni di resistenza agli antibiotici come geni marcatori in talune piante geneticamente modificate sulle valutazioni precedenti effettuate dall’EFSA su singole piante [geneticamente modificate]» [domanda EFSA-Q-2008-04977, The EFSA Journal (2009) 1035, 1-9], il quale concludeva nel senso dell’assenza di nuove prove scientifiche che potevano indurlo a rivedere le sue precedenti valutazioni. |
39 |
Il 28 aprile 2009, la direttrice dell’EFSA ha chiesto ai presidenti dei gruppi OGM e BIOHAZ, nonché al presidente del gruppo di lavoro congiunto, se i due pareri minoritari rendessero necessari lavori scientifici supplementari. Il 25 maggio 2009, i suddetti presidenti hanno risposto che, in occasione della preparazione del parere congiunto del 2009, il contenuto dei due pareri minoritari era stato preso in considerazione in maniera esauriente, cosicché, sotto il profilo scientifico, il parere congiunto del 2009 non esigeva ulteriori chiarimenti né lavori scientifici supplementari. |
40 |
L’11 giugno 2009, l’EFSA ha adottato il parere scientifico consolidato contenente il parere congiunto del 2009, il parere del 25 marzo 2009, la lettera del 28 aprile 2009 e la lettera del 25 maggio 2009 [domande EFSA-Q-2009-00589 e EFSA-Q-2009-00593, The EFSA Journal (2009) 1108, 1-8; in prosieguo: il «parere consolidato del 2009»]. |
41 |
A seguito di tale parere scientifico consolidato, i comitati di regolamentazione competenti non sono stati investiti dalla Commissione di nuovi progetti di decisioni di autorizzazione. |
Decisioni di autorizzazione
42 |
Il 2 marzo 2010, la Commissione ha adottato, sulla base dell’articolo 18, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2001/18, la decisione 2010/135/UE della Commissione, del 2 marzo 2010, relativa all’immissione in commercio, a norma della direttiva 2001/18, di una patata (Solanum tuberosum L. linea EH92-527-1) geneticamente modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell’amido (GU L 53, pag. 11). Tale decisione autorizza, in sostanza, l’immissione in commercio della patata Amflora per la coltivazione e la produzione di amido per usi industriali. |
43 |
I considerando 11 e 12 della decisione 2010/135 sono formulati come segue:
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44 |
L’articolo 1 della decisione 2010/135, intitolato «Autorizzazione», prevede: «Fatte salve altre normative [di diritto dell’Unione], in particolare il regolamento (…) n. 1829/2003, la competente autorità svedese rilascia l’autorizzazione scritta all’immissione in commercio, a norma della presente decisione, del prodotto di cui all’articolo 2, notificato dalla BASF Plant Science (riferimento C/SE/96/3501). A norma dell’articolo 19, paragrafo 3, della direttiva 2001/18/CE, detta autorizzazione indica specificamente le condizioni cui essa è subordinata, esplicitate agli articoli 3 e 4». |
45 |
L’articolo 2, paragrafo 1, della decisione 2001/135, intitolato «Prodotto», sancisce: «L’[OGM] da immettere in commercio come tale o come ingrediente (di seguito “il prodotto”) è la patata Solanum tuberosum L., modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell’amido e trasformata con Agrobacterium tumefaciens mediante il vettore pHoxwG, per dare origine alla linea EH92-527-1. Il prodotto contiene le seguenti sequenze di DNA in due cassette:
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46 |
L’articolo 3 della decisione 2010/135 indica segnatamente, fra le condizioni dell’autorizzazione, che il periodo di validità di quest’ultima è di 10 anni a decorrere dalla data di rilascio della medesima, e che il titolare dell’autorizzazione garantisce che i tuberi di patata Amflora siano fisicamente separati dalle patate destinate all’alimentazione umana e animale nelle fasi di impianto, coltivazione, raccolta, trasporto, magazzinaggio e manipolazione nell’ambiente, e siano consegnati esclusivamente a uno stabilimento designato per la produzione di amido, notificato alla competente autorità nazionale, ai fini della trasformazione in amido per uso industriale in un sistema chiuso. |
47 |
L’articolo 4 della decisione 2010/135 prevede segnatamente che, per tutto il periodo di validità dell’autorizzazione, il suo titolare garantisce l’attuazione del piano di monitoraggio volto ad accertare eventuali effetti negativi sulla salute umana e animale o sull’ambiente derivanti dalla manipolazione o dall’uso del prodotto, e che comprende un monitoraggio specifico individuale, una sorveglianza di carattere generale e un sistema di conservazione dell’identità. |
48 |
Ai sensi dell’articolo 5 della decisione 2010/135, il Regno di Svezia è destinatario della stessa. |
49 |
Il 2 marzo 2010, la Commissione ha parimenti adottato, sulla base degli articoli 7, paragrafo 3, e 19, paragrafo 3, del regolamento n. 1829/2003, la decisione 2010/136/UE della Commissione, del 2 marzo 2010, che autorizza l’immissione in commercio di mangimi ottenuti dalla patata geneticamente modificata EH92-527-1 (BPS-25271-9) e la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di tale patata in prodotti alimentari e in altri mangimi conformemente al [regolamento n. 1829/2003] (GU L 53, pag. 15). Tale decisione autorizza, in sostanza, l’immissione in commercio di mangimi ottenuti dalla patata Amflora, nonché la presenza accidentale di tracce di quest’ultima nell’alimentazione animale o umana. |
50 |
I considerando 7 e 8 della decisione 2010/136 sono redatti in termini identici ai considerando 11 e 12 della decisione 2010/135, cit. supra, punto 43. |
51 |
L’articolo 2 della decisione 2010/136, intitolato «Autorizzazione», prevede: «Ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, e dell’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento n. 1829/2003, sono autorizzati alle condizioni stabilite dalla presente decisione i seguenti prodotti:
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52 |
Ai sensi dell’articolo 6 della decisione 2010/136, il titolare dell’autorizzazione è la BASF Plant Science GmbH, Germania. |
53 |
Alla luce dell’adozione delle decisioni 2010/135 e 2010/136 da parte della Commissione, il 9 giugno 2010, la Prima Sezione del Tribunale, in diversa composizione che nella presente causa, ha pronunciato un’ordinanza di non luogo a statuire sul ricorso per carenza proposto nei confronti della Commissione (ordinanza del Tribunale del 9 giugno 2010, BASF Plant Science e a./Commissione, T‑293/08, non pubblicata nella Raccolta). |
Procedimento e conclusioni delle parti
54 |
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 maggio 2010, l’Ungheria ha proposto il presente ricorso. |
55 |
Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 21, il 14, il 3 e il 21 settembre 2010, la Repubblica francese, il Granducato del Lussemburgo, la Repubblica d’Austria e la Repubblica di Polonia hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni dell’Ungheria. |
56 |
Con ordinanza dell’8 novembre 2010, il presidente della Settima Sezione del Tribunale ha ammesso gli interventi della Repubblica francese, del Granducato del Lussemburgo, della Repubblica d’Austria e della Repubblica di Polonia. |
57 |
Il 24 gennaio 2011, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica d’Austria e la Repubblica di Polonia hanno depositato le loro memorie di intervento. |
58 |
Il 2 maggio 2011, la Commissione ha depositato le sue osservazioni sulle memorie d’intervento. |
59 |
Il 24 maggio 2012, la cancelleria del Tribunale ha informato le parti della riattribuzione della presente causa alla Prima Sezione del Tribunale, a seguito di una modifica della composizione delle sezioni. |
60 |
Il 7 dicembre 2012, la cancelleria del Tribunale ha informato le parti della decisione del Tribunale di attribuire la presente causa alla Prima Sezione ampliata del Tribunale. Lo stesso giorno, la cancelleria del Tribunale ha notificato alle parti, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, un elenco di domande di produzione di documenti e di quesiti scritti. Le parti hanno ottemperato a tali domande e hanno risposto ai quesiti entro i termini impartiti. |
61 |
Il 4 marzo 2013, su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione ampliata), ha deciso di avviare la fase orale. |
62 |
All’udienza del 18 aprile 2013, le parti sono state ascoltate nelle loro difese e nelle loro risposte ai quesiti orali posti dal Tribunale. In particolare, le parti sono state interrogate dal Tribunale sullo svolgimento della procedura sfociata nell’adozione delle decisioni 2010/135 e 2010/136 (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni impugnate») a seguito dell’adozione, da parte dell’EFSA, del parere consolidato del 2009, e sul rispetto, da parte della Commissione, delle forme sostanziali nel corso di siffatta procedura. In tale occasione, il Tribunale ha parimenti rivolto alla Commissione una domanda aggiuntiva di produzione di documenti relativa alle memorie sottoposte da questa al Tribunale nella causa sfociata nell’ordinanza BASF Plant Science e a./Commissione, cit. supra, punto 53. La Commissione ha successivamente ottemperato a tale domanda e le altre parti non hanno presentato osservazioni in relazione ai documenti prodotti. |
63 |
In conformità dell’articolo 32 del regolamento di procedura, poiché il Presidente della Sezione era impedito a partecipare alla deliberazione, dopo la scadenza del suo mandato avvenuta in data 16 settembre 2013, il giudice di nomina più recente, ai sensi dell’articolo 6 di suddetto regolamento, si è conseguentemente astenuto dal partecipare alla medesima. Le deliberazioni del Tribunale sono state proseguite dai tre giudici firmatari della presente sentenza; il giudice più anziano ai sensi di tale articolo fa funzione di presidente. |
64 |
L’Ungheria, sostenuta dal Granducato di Lussemburgo, dalla Repubblica d’Austria e dalla Repubblica di Polonia per quanto riguarda le conclusioni principali e in subordine, nonché dalla Repubblica francese per quanto riguarda le conclusioni in subordine, chiede che il Tribunale voglia:
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65 |
La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
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In diritto
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A sostegno del suo ricorso, l’Ungheria solleva due motivi. |
67 |
Il primo motivo, sollevato in via principale, verte su un errore manifesto di valutazione e su una violazione del principio di precauzione, nonché su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, e dell’allegato II della direttiva 2001/18, in quanto le decisioni di AIC dell’OGM si fondano su una valutazione dei rischi carente, incoerente e incompleta. |
68 |
Il secondo motivo, sollevato in subordine, verte su una violazione del regolamento n. 1829/2003, e in particolare dei requisiti previsti dagli articoli 4, paragrafo 2, e 16, paragrafo 2, di suddetto regolamento, da parte dell’articolo 2, lettere b) e c), della decisione 2010/136, in quanto tale articolo fissa un margine di tolleranza dello 0,9%, non previsto e neppure autorizzato da suddetto regolamento, per la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di tracce dell’OGM in alimenti o mangimi. |
69 |
La Commissione contesta gli argomenti dell’Ungheria. |
70 |
In limine, occorre tuttavia rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, la violazione delle forme sostanziali, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, costituisce un motivo «di ordine pubblico» che deve essere sollevato d’ufficio dal giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenze della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C-367/95 P, Racc. pag. I-1719, punto 67, nonché del 30 marzo 2000, VBA/Florimex e a., C-265/97 P, Racc. pag. I-2061, punto 114; v. sentenza del Tribunale del 6 marzo 2003, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen/Commissione, T-228/99 e T-233/99, Racc. pag. II-435, punto 143, e la giurisprudenza ivi citata). Lo stesso dicasi per l’incompetenza, ai sensi di suddetto articolo (v., in tal senso, sentenze della Corte del 10 maggio 1960, Germania/Alta Autorità, 19/58, Racc. pag. 469, 488, nonché del 13 luglio 2000, Salzgitter/Commissione, C-210/98 P, Racc. pag. I-5843, punto 56; sentenza del Tribunale del 28 gennaio 2003, Laboratoires Servier/Commissione, T-147/00, Racc. pag. II-85, punto 45). |
71 |
Peraltro, l’obbligo, incombente al giudice dell’Unione, di rilevare d’ufficio un motivo di ordine pubblico, deve essere adempiuto nel rispetto del principio del contraddittorio (v., in tal senso, sentenza della Corte del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C-89/08 P, Racc. pag. I-11245, punti 59 e 60). |
72 |
Nella specie, le parti sono state invitate, sia durante la fase scritta del procedimento che durante la fase orale, a presentare le loro osservazioni sulla questione, da un lato, se la Commissione avesse rispettato le forme sostanziali della procedura applicabile all’adozione delle decisioni impugnate, e, dall’altro, se la Commissione fosse stata competente ad adottare le suddette decisioni. In particolare, il Tribunale ha rivolto alle parti, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, due quesiti scritti che così recitano:
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73 |
La Commissione ha ottemperato alla richiesta del Tribunale, rispondendo a questi due quesiti. L’Ungheria ha fatto lo stesso in relazione al secondo quesito, mentre gli intervenienti non si sono espressi sul punto. |
Sul rispetto delle forme sostanziali della procedura di regolamentazione
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La Commissione sostiene di non essere incorsa in alcuna violazione delle forme sostanziali nel corso delle procedure di elaborazione e di adozione delle decisioni impugnate. Essa fa valere di aver osservato la procedura di regolamentazione prevista dall’articolo 5 della decisione 1999/468 sia per la decisione 2010/135 sia per la decisione 2010/136, sottoponendo ai comitati e, in assenza di parere da parte di tali comitati, al Consiglio, i progetti iniziali delle decisioni di autorizzazione. Al riguardo, essa ritiene di non essere stata tenuta a sottoporre nuovamente a suddetti comitati i progetti modificati delle decisioni di autorizzazione, in quanto, in primo luogo, la parte normativa dei progetti iniziali e di quelli modificati era identica; in secondo luogo, i progetti modificati non contenevano modifiche sostanziali e, in terzo luogo, essa non ha tardato nell’adottare le due decisioni di autorizzazione dopo che il Consiglio non aveva preso posizione sulle misure proposte. |
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L’Ungheria contesta gli argomenti della Commissione. |
Sui fatti
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In primo luogo, occorre constatare che la Commissione, dopo aver ricevuto i pareri dell’EFSA del 2005 (v. supra, punto 24), ha sottoposto ai comitati di regolamentazione competenti i progetti iniziali delle decisioni di autorizzazione (v. supra, punti 25 e 30). In mancanza di parere di tali comitati, la Commissione ha sottoposto al Consiglio le proposte iniziali delle decisioni di autorizzazione (v. supra, punti 29 e 30). |
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In secondo luogo, occorre rilevare che, nonostante l’assenza di una maggioranza qualificata in seno al Consiglio, a favore o contro le misure proposte, la Commissione non ha adottato suddette misure. Infatti, avendo nel frattempo ricevuto delle lettere di un’ONG e del governo danese che lamentavano talune incoerenze fra i pareri scientifici dell’EFSA sui quali tali misure si fondavano (v. supra, punti 31 e 33), la Commissione ha preferito consultare nuovamente l’EFSA con incarico del 14 maggio 2008 (v. supra, punto 34). L’11 giugno 2009, l’EFSA ha emesso il proprio parere consolidato, contenente il parere congiunto dei gruppi OGM e BIOHAZ dell’11 e del 26 marzo 2009, incluse delle conclusioni relative all’improbabilità degli effetti nocivi del gene nptII, accompagnate da pareri minoritari provenienti da due membri del gruppo BIOHAZ (v. supra, punti da 36 a 40). È pacifico che tale parere consolidato non è stato trasmesso ai comitati di regolamentazione investiti in precedenza dei progetti iniziali, e che ai suddetti comitati non è stato sottoposto alcun progetto nuovo di decisione di AIC della patata Amflora. |
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In terzo luogo, si deve osservare che la Commissione, il 2 marzo 2010, ha adottato le decisioni impugnate (v. supra, punti 42 e 49). Al riguardo, è vero che occorre rilevare che i rispettivi dispositivi di suddette decisioni riprendono integralmente, e senza nulla aggiungere, gli articoli dei progetti e delle proposte di decisioni di autorizzazione inizialmente sottoposte ai comitati di regolamentazione e al Consiglio (in prosieguo: «i progetti e le proposte anteriori») e che le loro rispettive motivazioni riprendono in toto i considerando dei progetti e delle proposte anteriori. Tuttavia, occorre constatare che tali decisioni divergono dai progetti e dalle proposte anteriori, in quanto i loro preamboli contengono nuovi considerando, i quali fanno rispettivamente riferimento all’incarico conferito dalla Commissione all’EFSA il 14 maggio 2008 e alle conclusioni del parere consolidato dell’EFSA dell’11 giugno 2009. Si tratta dei considerando 11 e 12 della decisione 2010/135 e dei considerando 7 e 8 della decisione 2010/136, la cui formulazione è identica (v. supra, punti 43 e 50; in prosieguo: i «considerando supplementari»). |
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È alla luce di tali elementi che occorre verificare se la Commissione abbia rispettato le regole processuali che disciplinano l’adozione delle decisioni impugnate. |
Sul rispetto dell’obbligo di sottoporre i progetti modificati delle decisioni impugnate ai comitati di regolamentazione competenti
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È pacifico che le misure proposte dalla Commissione dovevano essere adottate in conformità della procedura di regolamentazione, come stabilita dall’articolo 5 della decisione 1999/468. Tale procedura prevede l’obbligo, per la Commissione, di sottoporre un progetto di misure al comitato di regolamentazione competente. In mancanza di parere del comitato, adottato a maggioranza qualificata, la Commissione deve sottoporre senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. |
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Occorre parimenti osservare che la Commissione, prima di adottare le decisioni 2010/135 e 2010/136, non ha sottoposto ai comitati di regolamentazione competenti i progetti modificati di tali decisioni, accompagnati dal parere consolidato del 2009 e dai pareri minoritari. |
82 |
Orbene, va osservato che anche se i dispositivi delle decisioni impugnate sono identici a quelli dei progetti di decisioni originariamente sottoposti ai comitati competenti e al Consiglio, lo stesso non vale per il fondamento scientifico accolto dalla Commissione per adottare tali decisioni, il quale fa parte della motivazione di queste ultime. |
83 |
Occorre pertanto constatare che la Commissione, avendo deciso di richiedere un parere consolidato all’EFSA a seguito delle osservazioni di un’ONG e del governo danese, e fondando le decisioni impugnate segnatamente su tale parere, senza consentire ai comitati competenti di prendere posizione né sul parere né sui progetti di decisioni modificati per quanto riguarda le loro motivazioni, si è discostata dalla procedura di regolamentazione prescritta dall’articolo 5 della decisione 1999/468, e in particolare dal suo paragrafo 2. |
84 |
Al riguardo occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, costituisce segnatamente una violazione delle forme sostanziali il mancato rispetto di una regola processuale se, in caso di rispetto di tale regola, il risultato della procedura o il contenuto dell’atto adottato avrebbe potuto essere sostanzialmente diverso (v., in tal senso, sentenze della Corte del 10 luglio 1980, Distillers Company/Commissione, 30/78, Racc. pag. 2229, punto 26; del 29 ottobre 1980, van Landewyck e a./Commissione, da 209/78 a 215/78 e 218/78, Racc. pag. 3125, punto 47, nonché del 23 aprile 1986, Bernardi/Parlamento, 150/84, Racc. pag. 1375, punto 28). |
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Orbene, nella specie, i voti sui progetti precedenti all’interno dei comitati erano stati estremamente divisi (v. supra, punti 25 e 30) e le conclusioni del parere consolidato dell’EFSA del 2009 esprimevano più incertezze rispetto ai pareri precedenti dell’EFSA, in particolare alla dichiarazione dell’EFSA del 2007, ed erano corredati di pareri minoritari (v. supra, punti 28, 36 e 37). Alla luce di tali elementi, non era pertanto escluso che i membri dei comitati potessero rivedere le loro posizioni e riunire una maggioranza qualificata a favore o contro i progetti di misure. Inoltre, in presenza di un parere sfavorevole o in assenza di parere, la Commissione, in forza dell’articolo 5, paragrafo 4, della decisione 1999/468, sarebbe stata tenuta a sottoporre senza indugio le misure proposte al Consiglio, il quale avrebbe potuto adottarle o opporvisi formalmente a maggioranza qualificata entro un termine di tre mesi. È solo al termine di tale procedura, in assenza di una maggioranza qualificata in seno al Consiglio, che la Commissione avrebbe potuto adottare le proposte di misure controverse. Di conseguenza, occorre considerare che il risultato della procedura o il contenuto delle decisioni impugnate avrebbe potuto essere sostanzialmente diverso se la procedura prevista dall’articolo 5 della decisione 1999/468 fosse stata rispettata dalla Commissione. |
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Peraltro, occorre rilevare che la procedura di regolamentazione disciplina una competenza di esecuzione conferita alla Commissione dal Consiglio nell’atto di base che esso stabilisce, in conformità dell’articolo 202, terzo trattino, CE. Essa rientra pertanto nell’equilibrio istituzionale dell’Unione, e in particolare fra le attribuzioni del Consiglio e del Parlamento, da un lato, e della Commissione, dall’altro. L’inosservanza di tale procedura da parte della Commissione è dunque idonea a pregiudicare l’equilibrio istituzionale dell’Unione. |
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Pertanto, è giocoforza rilevare che la Commissione, allorché ha adottato le decisioni impugnate omettendo di sottoporre ai comitati di regolamentazione competenti i progetti modificati di tali decisioni di autorizzazione, è incorsa nella violazione degli obblighi procedurali ad essa incombenti in forza dell’articolo 5 della decisione 1999/468, nonché delle disposizioni della direttiva 2001/18 e del regolamento n. 1829/2003 che vi rinviano, e, di conseguenza, è incorsa, in relazione a ciascuna di suddette decisioni, in una violazione delle forme sostanziali ai sensi dell’articolo 263, secondo comma, TFUE, la quale deve essere rilevata d’ufficio dal Tribunale. Queste decisioni sono pertanto integralmente nulle a norma dell’articolo 264, primo comma, TFUE. |
Sull’identità o sull’assenza di modifiche sostanziali fra le decisioni impugnate e i progetti anteriori
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Le osservazioni svolte sopra non possono essere smentite dagli argomenti della Commissione. |
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In primo luogo, la Commissione sostiene che le decisioni impugnate sono identiche ai progetti e alle proposte anteriori, avuto riguardo alle loro parti normative identiche. Per contro, i preamboli di suddette decisioni non farebbero parte delle «misure» da esse previste ai sensi dell’articolo 5 della decisione 1999/468. |
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Al riguardo, è sufficiente rilevare che tale affermazione della Commissione contrasta con la giurisprudenza costante secondo la quale il dispositivo di un atto deve essere letto alla luce dei motivi che hanno portato alla sua adozione, ed è pertanto indissociabile dai medesimi, formando un tutto inscindibile (v., in tal senso, sentenze della Corte del 26 aprile 1988, Asteris e a./Commissione, 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, Racc. pag. 2181, punto 27, e del 15 maggio 1997, TWD/Commissione, C-355/95 P, Racc. pag. I-2549, punto 21; v. sentenza del Tribunale del 7 ottobre 1999, Irish Sugar/Commissione, T-228/97, Racc. pag. II-2969, punto 17, e la giurisprudenza ivi citata). |
91 |
Inoltre, contrariamente all’affermazione connessa della Commissione, secondo la quale i pareri scientifici dell’EFSA, e segnatamente quello dell’11 giugno 2009, non farebbero parte dei motivi delle decisioni impugnate, occorre considerare che la Commissione, basandosi, nelle sue decisioni, sui pareri di un’autorità scientifica, incorpora il tenore di tali pareri nella valutazione sottesa all’adozione delle sue decisioni e nella motivazione di queste ultime. Pertanto, poiché in suddette decisioni la Commissione dichiara di fondarsi sulla valutazione scientifica accolta nei pareri dell’EFSA del 2005 e del 2009 – omettendo al contempo di menzionare il parere dell’EFSA del 2004 –, e vi fa riferimento in taluni considerando, il contenuto di tali pareri costituisce parte integrante della motivazione di tali decisioni [v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale del 18 dicembre 2003, Fern Olivieri/Commissione e EMEA, T-326/99, Racc. pag. II-6053, punto 55]. |
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Di conseguenza, occorre constatare che l’aggiunta, nei progetti delle decisioni impugnate, di considerando che richiamano un nuovo parere dell’EFSA quale fondamento scientifico, costituisce una modifica che confuta ogni asserzione di identità fra le suddette decisioni e i progetti e le proposte anteriori. |
93 |
In secondo luogo, la Commissione sostiene che l’aggiunta dei considerando supplementari nei progetti modificati non costituiva una modifica sostanziale, ma era semplicemente intesa a consolidare, mediante il riferimento al parere consolidato dell’EFSA del 2009, la motivazione delle decisioni impugnate. Infatti, tale parere confermerebbe i pareri precedenti dell’EFSA, in quanto esso avrebbe parimenti concluso, in sostanza, nel senso dell’innocuità del gene nptII. |
94 |
Al riguardo, si deve ricordare che, stando alle parole stesse della Commissione, il nuovo processo di consultazione con l’EFSA, avviato nel maggio del 2008, era «dovuto in parte ai dubbi espressi nella lettera [di un’ONG] del febbraio 2008 e alla lettera de[i] ministr[i] danesi del[l’alimentazione,] dell’agricoltura e dell’ambiente del marzo del 2008», nonché all’incertezza scientifica che ne derivava. Tali dubbi avevano ad oggetto talune incoerenze fra i pareri dell’EFSA relativi alla patata Amflora e il parere generale dell’EFSA del 2004 sui geni MRA, in combinato con la dichiarazione dell’EMA del 2007 sul valore terapeutico degli antibiotici ai quali il gene nptII è resistente. |
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Ne consegue che l’aggiunta dei considerando supplementari non mira semplicemente a consolidare la motivazione delle decisioni impugnate, ma anche, in conformità del nuovo incarico conferito dalla Commissione all’EFSA il 14 maggio 2008, a chiarire talune incoerenze fra i pareri precedenti e a ridurre l’attuale situazione di incertezza scientifica attraverso il tentativo di rispondere alle obiezioni sostanziali espresse nelle lettere di un’ONG e dei ministri danesi. Orbene, occorre ritenere che la risposta, fondata o meno, dell’EFSA a siffatte obiezioni sostanziali, costituisca un elemento essenziale della motivazione di suddette decisioni, il quale comporta una modifica della sostanza dell’atto e del suo contenuto decisionale. |
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Inoltre, relativamente all’affermazione della Commissione, secondo la quale il parere consolidato dell’EFSA dell’11 giugno 2009 non avrebbe fatto altro che confermare le valutazioni dei rischi provenienti dai pareri precedenti dell’EFSA (e menzionati nei progetti e nelle proposte anteriori di decisioni di autorizzazione della Commissione al momento della loro sottoposizione ai comitati e al Consiglio), concludendo parimenti nel senso dell’innocuità del gene nptII, si deve rilevare che suddetto parere costituisce una nuova valutazione sostanziale, e non una semplice conferma meramente formale, rispetto alle valutazioni dei rischi contenute nei pareri dell’EFSA del 2004 e del 2005, nonché nella dichiarazione dell’EFSA del 2007. Tale constatazione poggia tanto sul testo del nuovo incarico conferito all’EFSA quanto su differenze rilevanti fra il nuovo parere dell’EFSA e i pareri precedenti. |
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Da un lato, si evince dalla formulazione stessa dei termini di riferimento del nuovo incarico conferito dalla Commissione all’EFSA il 14 maggio 2008, menzionato al considerando 11 della decisione 2010/135 e al considerando 7 della decisione 2010/136, che il nuovo parere chiesto all’EFSA non poteva essere meramente confermativo. In primo luogo, incombeva all’EFSA, «tenendo conto» dei pareri e delle dichiarazioni precedenti, «illustrare le ragioni» e «delineare il ragionamento» che conduceva alle sue conclusioni. Tale formulazione conferma che la Commissione esigeva dall’EFSA la produzione di un nuovo ragionamento scientifico il quale, tenendo al contempo conto dei pareri e delle dichiarazioni anteriori, doveva chiarire e completare la loro motivazione, ovvero modificarne le conclusioni. La necessità, per l’EFSA, di rivedere le sue analisi scientifiche precedenti, era peraltro confortata dall’ulteriore proroga di sei mesi rispetto all’incarico iniziale, richiesta dall’EFSA e accettata dalla Commissione, della data di scadenza per il parere consolidato. In secondo luogo, spettava all’EFSA indicare le possibili conseguenze di questo nuovo parere sulle proprie valutazioni precedenti di singole piante geneticamente modificate contenenti geni MRA. Ciò dimostra parimenti che la Commissione si attendeva dall’EFSA, in stretta collaborazione con l’EMA, un’analisi scientifica rivista, suscettibile di comportare conseguenze nuove per la valutazione di altri OGM. In terzo luogo, la Commissione aveva allegato le lettere di un’ONG e del governo danese. Ciò fa pensare che incombesse all’EFSA dissipare le incoerenze sollevate in tali lettere. |
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Dall’altro lato, è opportuno rilevare tre differenze significative fra il parere consolidato dell’EFSA del 2009, menzionato al considerando 12 della decisione 2010/135 e al considerando 8 della decisione 2010/136, e i pareri precedenti dell’EFSA, senza che sia necessario pronunciarsi sulla fondatezza delle valutazioni dei rischi effettuate in ciascuno di tali pareri. Nella specie, tali differenze riguardano l’autore dei pareri scientifici sui quali si fondano rispettivamente i progetti modificati e anteriori delle decisioni di autorizzazione, il contenuto delle conclusioni di tali pareri e la presenza di pareri minoritari all’interno dei suddetti pareri. In primo luogo, il parere consolidato dell’EFSA del 2009 è opera di autori supplementari rispetto ai pareri e alle dichiarazioni del 2004, del 2005 e del 2007, formulati dal solo gruppo OGM, in quanto esso è stato emesso anche dal gruppo BIOHAZ, e, in conformità del nuovo incarico della Commissione, è stato redatto in collaborazione stretta con l’EMA. In secondo luogo, le conclusioni del parere consolidato dell’EFSA del 2009 sulle quali si basano le proposte modificate, mettono maggiormente in evidenza l’incertezza scientifica («non completamente compresa», «limiti», «incertezze», «improbabile») e i pericoli («fonte di preoccupazione mondiale») rispetto alle conclusioni del parere dell’EFSA del 2005 («alcuna ragione per ritenere», «non presenterebbe alcun rischio supplementare», «alcun rischio significativo», «non è stato osservato né sarebbe probabile alcun effetto nocivo per l’ambiente») e della dichiarazione dell’EFSA del 2007 («non verrà compromesso», «probabilità estremamente scarsa», «molto improbabile», «non presenta alcun rischio»), su cui si basano i progetti precedenti. In terzo luogo, il parere consolidato dell’EFSA del 2009 contiene taluni pareri minoritari emessi da due membri del gruppo BIOHAZ, i quali insistono sull’incertezza scientifica, mentre i pareri dell’EFSA del 2005 e la dichiarazione dell’EFSA del 2007 non contengono opinioni minoritarie. |
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Alla luce di tali elementi, si deve constatare che l’argomento della Commissione secondo il quale il parere consolidato dell’EFSA del 2009 sarebbe soltanto un parere confermativo dei precedenti pareri dell’EFSA, è infondato. |
100 |
Del resto, si deve rilevare che tale argomento è in contraddizione con altri argomenti formulati dalla Commissione nelle sue memorie nel corso del presente procedimento, nonché in occasione del procedimento nella causa sfociata nell’ordinanza BASF Plant Science e a./Commissione, cit. supra, punto 53. |
101 |
Da un lato, il suddetto argomento si pone in contraddizione con il punto 25 del controricorso, dal quale si evince che i pareri dell’EFSA anteriori a quello del 2009 non erano, per stessa ammissione della Commissione, del tutto chiari e privi di «ambiguità», ed erano minati da «contraddizioni». Orbene, in diversi punti del controricorso e della controreplica, la Commissione evidenzia il carattere «completo» del parere consolidato dell’EFSA del 2009 e la natura «esaustiva» dell’analisi dei rischi contenuta in suddetto parere. La Commissione suggerisce pertanto che, secondo la sua valutazione, il parere dell’EFSA del 2009 ha fatto molto più che confermare le precedenti valutazioni dei rischi, in quanto un siffatto parere è, ai suoi occhi, completo ed esaustivo, mentre i pareri precedenti erano inficiati da ambiguità e contraddizioni. |
102 |
Dall’altro lato, il suddetto argomento della Commissione si pone in contraddizione con il suo controricorso nella causa sfociata nell’ordinanza BASF Plant Science e a./Commissione, T‑293/08 (cit. supra, punto 53), inserito nel fascicolo della presente controversia. La Commissione sottolineava ivi, anzitutto, l’«essenza stessa» di tale causa, ossia i suoi «obblighi in presenza di informazioni che indicano (…) incoerenze fra pareri scientifici». Essa rilevava quindi che «l’EFSA non [aveva] preso in considerazione, nella sua dichiarazione del 2007, il criterio del valore terapeutico, [non tenendo] conto né del parere dell’[EMA], né del parere dell’OMS», discostandosi in tal modo dai criteri accolti nel parere dell’EFSA del 2004. Essa riteneva pertanto che «l’intera questione [era] determinare se sussistesse una coerenza fra i ragionamenti e i motivi alla base delle conclusioni del parere del 2004, da un lato, e la dichiarazione del 2007, dall’altro». Infine, essa faceva valere il proprio «dovere, con riguardo al principio di precauzione, di chiarire tali incoerenze e, a tal fine, [aveva] pertanto consultato [l’EFSA]», cosicché non le si poteva imputare alcuna omissione. |
103 |
Si evince da tali affermazioni che la Commissione, perlomeno dopo aver ricevuto le lettere di un’ONG e del governo danese, riteneva che la dichiarazione dell’EFSA del 2007, poiché presentava incoerenze con il parere dell’EFSA del 2004, in combinato con la dichiarazione dell’EMA del 2007, costituisse un fondamento scientifico troppo incerto per l’adozione delle proposte di decisioni già sottoposte ai comitati di regolamentazione e al Consiglio, e che, alla luce dello stato di incertezza scientifica vigente, essa era tenuta, in virtù del principio di precauzione, a consultare nuovamente l’EFSA al fine di ottenere chiarimenti sulla valutazione scientifica dei rischi connessi alla patata Amflora, e in particolare al gene nptII. |
104 |
Di conseguenza, gli argomenti della Commissione relativi all’identità, o perlomeno all’assenza di modifiche sostanziali, fra le decisioni impugnate e i progetti e le proposte anteriori, devono essere respinti in quanto infondati. |
105 |
Inoltre, si deve considerare che i fatti della causa che ha dato origine alla sentenza del Tribunale del 13 settembre 2006, Sinaga/Commissione (T‑217/99, T‑321/00 e T‑222/01, non pubblicata nella Raccolta, punti da 90 a 96), richiamata dalla Commissione per sostenere che la motivazione aggiunta nei considerando supplementari non comporterebbe «alcuna modifica della sostanza dell’atto» (sentenza Sinaga/Commissione, cit., punto 95), devono essere tenuti distinti da quelli della presente controversia. Anzitutto, la causa che aveva dato origine alla sentenza Sinaga/Commissione, cit., riguardava la procedura di gestione ai sensi dell’articolo 4 della decisione 1999/468, e non la procedura di regolamentazione ai sensi dell’articolo 5 della stessa decisione. Orbene, nell’ambito della procedura di gestione, la Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili, e, qualora queste ultime non siano conformi al parere del comitato, la stessa comunica le misure già adottate al Consiglio, il quale ha a disposizione tre mesi per adottare una decisione diversa. Diversamente avviene nel caso della procedura di regolamentazione, ove, qualora le misure prospettate non siano conformi al parere del comitato, oppure, come nella specie, in assenza di parere, la Commissione non adotta alcuna misura, bensì sottopone senza indugio al Consiglio una proposta. Quindi, nella causa che ha dato luogo alla sentenza Sinaga/Commissione, cit., era discussa la fase della procedura successiva alla consultazione del comitato (di gestione per lo zucchero) e non quella successiva alla sottoposizione della proposta al Consiglio, come nella specie. Infine, nella causa che ha dato luogo alla sentenza Sinaga/Commissione, cit., il comitato, prima dell’aggiunta della motivazione addizionale, la quale non comportava alcuna modifica della sostanza dell’atto, ha espresso un «parere positivo» e ha dunque «approvato» (sentenza Sinaga/Commissione, cit., punti da 91 a 95) le misure proposte dalla Commissione, diversamente che nella presente causa, in cui il comitato non ha potuto emettere un parere positivo. |
106 |
In terzo luogo, la Commissione sostiene di non aver tardato nell’adottare le due decisioni di autorizzazione dopo che il Consiglio non ha preso posizione sulle misure proposte. Essa fa valere che disponeva pertanto di un termine per sollecitare un parere scientifico complementare e che l’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468, diversamente dall’articolo 5, paragrafo 4, della stessa decisione, non contiene l’espressione «senza indugio». |
107 |
Al riguardo, si deve osservare, anzitutto, che il vizio che inficia la legittimità delle decisioni impugnate non è legato al termine assunto per adottare le suddette decisioni successivamente alla sottoposizione al Consiglio delle proposte iniziali nelle sessioni del 16 luglio 2007 e del 18 febbraio 2008, bensì alla mancata sottoposizione dei progetti modificati delle decisioni di autorizzazione ai comitati di regolamentazione competenti e, se del caso, al Consiglio. |
108 |
Pertanto, l’argomento della Commissione concernente la tempestività dell’adozione delle decisioni impugnate deve essere respinto in quanto inconferente. |
109 |
Inoltre, si deve considerare che il riferimento effettuato dalla Commissione alla sentenza della Corte del 18 novembre 1999, Pharos/Commissione (C-151/98 P, Racc. pag. I-8157), invocata a sostegno di tale argomento, è irrilevante nella specie. Infatti, la causa che aveva dato luogo alla sentenza Pharos/Commissione, cit., si riferiva alla fase processuale intercorrente fra la consultazione del comitato e la sottoposizione della proposta al Consiglio, nella quale, secondo la Corte, la Commissione disponeva di un certo termine per sollecitare un nuovo parere scientifico prima di sottoporre una proposta al Consiglio, al fine di trovare in anticipo una soluzione di compromesso, ed evitare pertanto un ulteriore rigetto della proposta da parte del Consiglio (sentenza Pharos/Commissione, cit., punti da 22 a 27). Per contro, le asserzioni della Commissione nella presente controversia attengono alla fase processuale successiva all’assenza di decisione del Consiglio, nella quale, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 6, terzo comma, della decisione 1999/468, spetta alla Commissione adottare, ma non più modificare, le misure nella versione proposta. |
110 |
Infine, anche se è necessario, al pari della Commissione, sottolineare la «forte sensibilità politica» e la «complessità della materia» dell’AIC dell’OGM, resta il fatto che siffatti elementi depongono esattamente a favore dell’obbligo della Commissione di sottoporre i progetti modificati delle decisioni di autorizzazione della patata Amflora ai comitati di regolamentazione competenti, e, e se del caso, al Consiglio. |
111 |
Si evince da tali considerazioni che gli argomenti della Commissione, in quanto infondati o inconferenti, non possono ovviare a che il Tribunale rilevi d’ufficio e constati la violazione delle forme sostanziali che inficia la legittimità delle decisioni impugnate. Peraltro, va osservato che, poiché, da un lato, la competenza della Commissione ad adottare le suddette decisioni era subordinata al rispetto, da parte della medesima, della procedura di regolamentazione, e, dall’altro, essa non ha sottoposto ai comitati di regolamentazione i progetti modificati di misure che avevano dato luogo a tali decisioni, queste ultime non sono state adottate in conformità dell’articolo 5, paragrafi 3 e 6, della decisione 1999/468. Pertanto, è dalla violazione stessa delle forme sostanziali accertata supra, al punto 87, che risulta l’incompetenza della Commissione ad adottare le decisioni di cui trattasi. |
Sul ricorso di annullamento
112 |
Alla luce di tutto quanto precede, e senza che sia necessario esaminare la fondatezza dei motivi dedotti dall’Ungheria, il ricorso di annullamento nelle conclusioni formulate in via principale deve essere accolto. |
113 |
Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 264, primo comma, TFUE, le decisioni impugnate devono essere dichiarate nulle e non avvenute. |
Sulle spese
114 |
Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’Ungheria ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, va condannata alle spese. |
115 |
In applicazione dell’articolo 87, paragrafo 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. La Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica d’Austria e la Repubblica di Polonia sopportano pertanto le rispettive spese. |
Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata) dichiara e statuisce: |
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Labucka Frimodt Nielsen Kancheva Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 dicembre 2013. Firme |
Indice
Contesto normativo |
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Regime di autorizzazione di immissione in commercio di organismi geneticamente modificati |
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Procedura di regolamentazione |
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Fatti |
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Prodotto preso in considerazione dall’autorizzazione |
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Richieste di autorizzazione |
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Valutazioni dei rischi e procedure di comitologia |
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Decisioni di autorizzazione |
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Procedimento e conclusioni delle parti |
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In diritto |
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Sul rispetto delle forme sostanziali della procedura di regolamentazione |
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Sui fatti |
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Sul rispetto dell’obbligo di sottoporre i progetti modificati delle decisioni impugnate ai comitati di regolamentazione competenti |
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Sull’identità o sull’assenza di modifiche sostanziali fra le decisioni impugnate e i progetti anteriori |
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Sul ricorso di annullamento |
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Sulle spese |
( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese.