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Document 62010CP0491

Presa di posizione dell'avvocato generale Bot presentata il 7 dicembre 2010.
Joseba Andoni Aguirre Zarraga contro Simone Pelz.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberlandesgericht Celle - Germania.
Causa C-491/10 PPU.

Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-14247

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2010:749

PRESA DI POSIZIONE DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentata il 7 dicembre 2010 (1)

Causa C‑491/10 PPU

Joseba Andoni Aguirre Zarraga

contro

Simone Pelz

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht Celle (Germania)]

«Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Diritto di affidamento provvisorio – Sottrazione di minore – Decisione certificata che prescrive il ritorno di un minore in seguito ad una decisione contro il ritorno – Condizioni per il rilascio del certificato – Possibilità per il minore di essere sentito – Carta dei diritti fondamentali – Audizione del minore da parte dell’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con la decisione contro il ritorno – Competenza del giudice dello Stato membro dell’esecuzione ad opporsi all’esecuzione di una decisione che prescrive il ritorno del minore adottata in seguito ad una decisione contro il ritorno»





1.        I conflitti all’interno di una coppia in fase di divorzio relativi alla sorte dei figli comuni possono costituire per questi ultimi un’esperienza dolorosa, se non traumatizzante. Tale esperienza può risultare ancor peggiore qualora, nel caso di una coppia mista, uno dei genitori, non accettando i provvedimenti adottati in relazione ai figli dal giudice dello Stato membro in cui risiedeva la coppia, si trasferisca con i figli nel proprio Stato di origine e tenti di ottenere dai giudici di tale Stato una decisione contraria. Se vi riesce, la situazione dei figli risulta disciplinata da decisioni giurisdizionali contraddittorie, che comportano, nella maggior parte dei casi, l’interruzione più o meno prolungata di qualsiasi rapporto o di rapporti normali con l’altro genitore.

2.        La gravità del danno causato ai minori da tali comportamenti ha indotto gli Stati, anzitutto per via convenzionale, con la Convenzione dell’Aia 25 ottobre 1980 (2), e successivamente, nell’ambito dell’Unione europea, per via prima convenzionale e in seguito regolamentare, ad istituire sistemi di cooperazione tra i giudici di Stati diversi destinati, nei casi in cui un minore venga sottratto o trattenuto illecitamente da uno dei genitori, a garantirne il ritorno nel più breve tempo possibile nel luogo in cui risiedeva prima di essere sottratto.

3.        Il regolamento (CE) del Consiglio n. 2201/2003 (3), applicabile al caso di specie, prevede infatti un sistema in base al quale il giudice del luogo in cui risiede il minore, qualora il giudice dello Stato membro in cui il minore è stato condotto illecitamente emetta una decisione contro il suo ritorno, ha in qualche modo l’ultima parola e può prescrivere tale ritorno con una decisione esecutiva ipso iure e non contestabile negli altri Stati membri.

4.        Tale esecutività rafforzata è subordinata al rilascio da parte del giudice che ha adottato tale decisione di un certificato che attesti, in particolare, che il minore ha avuto la possibilità di essere sentito, salvo che la sua età o il suo grado di maturità non lo consentissero, e che detto giudice ha tenuto conto degli elementi in base ai quali il giudice del luogo in cui il minore è stato condotto illecitamente aveva adottato una decisione contro il ritorno.

5.        L’esecuzione di decisioni così certificate ha già dato luogo a varie difficoltà di interpretazione, che hanno consentito alla Corte di confermare e precisare la portata della loro specifica efficacia esecutiva (4). In tal senso, nella citata sentenza Povse, la Corte ha dichiarato che, in base alla ripartizione di competenze tra i giudici dello Stato membro d’origine e quelli dello Stato membro dell’esecuzione, quest’ultimo deve limitarsi a constatare l’efficacia esecutiva di una decisione certificata e le contestazioni relative al certificato possono essere sollevate soltanto nello Stato membro di origine (5).

6.        Nella presente causa l’Oberlandesgericht Celle (Germania) chiede se, malgrado l’efficacia esecutiva specifica di una decisione certificata, esso possa opporsi all’esecuzione della stessa in caso di violazione particolarmente grave di un diritto fondamentale del minore, qualora quest’ultimo non sia stato sentito, in violazione delle disposizioni del regolamento n. 2201/2003 interpretate conformemente alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta dei diritti fondamentali»). Detto giudice chiede, in subordine, se sia tenuto ad eseguire tale decisione nel caso in cui il certificato che lo accompagna contenga una dichiarazione manifestamente errata per quanto riguarda l’audizione del minore.

7.        Il giudice del rinvio ha precisato, inoltre, di non chiedere l’applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza in ragione del fatto che le sue due questioni erano fondamentali e che il loro esame doveva essere effettuato nell’ambito di un procedimento pregiudiziale approfondito.

8.        La Corte, conformemente al potere conferitole dall’art. 104 ter, n. 1, terzo e ultimo comma, del suo regolamento di procedura, ha ritenuto tuttavia che sussistessero le condizioni per l’applicazione del procedimento d’urgenza e ha deciso di esaminare la presente causa secondo detto procedimento.

9.        Nella presente presa di posizione, prima di procedere all’esame delle questioni pregiudiziali, proporrò alla Corte di pronunciarsi sulla fondatezza della premessa sulla quale tali questioni si fondano. Dette questioni si basano infatti sulla premessa che la minore non ha avuto la possibilità di essere sentita, contrariamente a quanto indicato nel certificato che accompagna la decisione che ne prescrive il ritorno e che, pertanto, le condizioni cui è subordinato il rilascio di tale certificato non sono state rispettate dal giudice dello Stato membro di origine.

10.      Dagli atti, tuttavia, sebbene risulti effettivamente che la minore non ha potuto essere sentita da detto giudice, emerge altresì che si era proceduto alla sua audizione su richiesta dell’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con la decisione contro il ritorno, e che il parere espresso dalla minore durante tale audizione è stato evocato nella controversa decisione certificata.

11.      Pertanto, nella presente presa di posizione proporrò alla Corte di esaminare, preliminarmente, la fondatezza della premessa del giudice del rinvio e di pronunciarsi quindi sulla questione se, in tali circostanze, ricorresse la condizione secondo cui una decisione che prescrive il ritorno del minore può essere certificata solo se quest’ultimo ha avuto la possibilità di essere ascoltato.

12.      Esporrò i motivi per i quali, a mio avviso, si deve ritenere che tale condizione sia stata effettivamente rispettata.

13.      Indicherò poi, in subordine, che, anche ammettendo che detta condizione non sia stata soddisfatta, un giudice dello Stato membro richiesto non può opporsi all’esecuzione di una decisione certificata. Ricorderò che, sulla base della rigorosa ripartizione di competenze tra i giudici degli Stati membri interessati, le contestazioni relative ad una decisione di questo tipo e ad un certificato rilasciato ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 rientrano nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato membro d’origine.

I –    Contesto normativo

14.      Le disposizioni pertinenti sono la Convenzione dell’Aia del 1980, il regolamento n. 2201/2003 e la Carta dei diritti fondamentali.

15.      La Convenzione dell’Aia del 1980, entrata in vigore il 1° dicembre 1983, è stata ratificata da tutti gli Stati membri. Essa continua ad applicarsi tra loro, ma le sue disposizioni sono integrate da quelle del regolamento n. 2201/2003. Le disposizioni di tale regolamento, nei rapporti tra gli Stati membri, prevalgono su quelle della Convenzione (6).

A –    La Convenzione dell’Aia del 1980

16.      La Convenzione dell’Aia del 1980 parte dal presupposto che qualsiasi trasferimento improvviso di un minore dal luogo della sua residenza abituale senza il consenso di chi ne ha l’affidamento lede gravemente gli interessi del minore e costituisce una via di fatto che occorre far cessare nel più breve tempo possibile, senza esame nel merito della controversia esistente tra i genitori.

17.      Secondo il suo art. 1, detta Convenzione ha quindi lo scopo di far rispettare effettivamente negli altri Stati membri contraenti i diritti di affidamento esistenti in uno Stato contraente e di assicurare l’immediato rientro in tale Stato di un minore illecitamente trasferito o trattenuto.

18.      Ai sensi dell’art. 3 della detta Convenzione, un trasferimento è ritenuto illecito quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona in base alla legislazione o ad una decisione giudiziaria dello Stato in cui il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento.

19.      Per qualsiasi questione relativa all’affidamento, deve prevalere «l’interesse del minore». Questi ha diritto alla stabilità e a rimanere nella sua residenza abituale, considerata uno dei fondamenti essenziali del suo equilibrio e del suo sviluppo. Il minore non è un oggetto che i genitori possano strumentalizzare in caso di conflitto tra loro.

20.      In tale contesto, qualora venga constatato un trasferimento illecito, viene ordinato il ritorno immediato del minore alla sua residenza abituale. La decisione che prescrive il ritorno è quindi disgiunta dall’attribuzione del diritto di affidamento, che può essere meglio valutato dal giudice della residenza abituale.

21.      L’art. 12 della Convenzione dell’Aia del 1980 dispone quindi quanto segue:

«Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore fino alla presentazione dell’istanza presso l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il minore, l’autorità adita ordina il suo ritorno immediato.

L’Autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo la scadenza del periodo di un anno di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente.

(…)».

22.      Gli autori di tale Convenzione, tuttavia, hanno voluto temperare il meccanismo semiautomatico del ritorno con eccezioni che consentono di tenere conto dell’interesse del minore e delle circostanze. L’art. 13 della detta Convenzione prevede quindi che l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno dimostri:

–        che la persona cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o aveva acconsentito, anche successivamente, al trasferimento, o

–        che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile, o

–        che il minore si oppone al ritorno e ha raggiunto un’età e un grado di maturità tali che risulta opportuno tener conto del suo parere.

23.      L’applicazione della Convenzione dell’Aia del 1980, conformemente al suo art. 4, cessa allorché il minore compie sedici anni. Inoltre, secondo l’art. 20 della medesima Convenzione, il ritorno del minore, in conformità con le disposizioni dell’art. 12 della stessa, può essere rifiutato nel caso non fosse consentito dai principi fondamentali dello Stato richiesto relativi alla protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

B –    Il regolamento n. 2201/2003

24.      Il regolamento n. 2201/2003, al pari della Convenzione dell’Aia del 1980, mira a dissuadere le sottrazioni di minori assicurando il rapido rientro del minore sottratto nello Stato membro d’origine. Detto regolamento rientra nello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia che, come ricordato al suo secondo ‘considerando’, si basa sul riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie.

25.      A tal fine, il legislatore comunitario ha inteso instaurare il seguente sistema:

–        rimangono competenti i giudici dello Stato membro d’origine. Il trasferimento illecito del minore non comporta di per sé il trasferimento di competenza;

–        i giudici dello Stato membro richiesto devono garantire il rapido ritorno del minore;

–        se il giudice dello Stato membro richiesto decide di non prescrivere il ritorno del minore, esso deve trasmettere la sua decisione e gli elementi di prova alla base di tale decisione al giudice competente dello Stato membro d’origine, e i due giudici devono collaborare;

–        se il giudice dello Stato membro d’origine prescrive il ritorno del minore, la sua decisione, qualora sia stata certificata dal medesimo giudice, è esecutiva ipso iure nello Stato membro richiesto e non può essere oggetto di contestazione in detto Stato.

26.      In tal senso, il diciassettesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 è così formulato:

«In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la convenzione dell’Aia del (…) 1980, quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l’articolo 11. I giudici dello Stato membro in cui il minore è stato trasferito o trattenuto illecitamente dovrebbero avere la possibilità di opporsi al suo rientro in casi precisi, debitamente motivati. Tuttavia, una simile decisione dovrebbe poter essere sostituita da una decisione successiva emessa dai giudici dello Stato membro di residenza abituale del minore prima del suo trasferimento illecito o mancato rientro. Se la decisione implica il rientro del minore, esso dovrebbe avvenire senza che sia necessario ricorrere a procedimenti per il riconoscimento e l’esecuzione della decisione nello Stato membro in cui il minore è trattenuto».

27.      Secondo il ventunesimo ‘considerando’ di tale regolamento, il «riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul principio della fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile».

28.      A termini del ventitreesimo ‘considerando’ di detto regolamento, le «decisioni in materia di diritto di visita o di ritorno, che siano state certificate nello Stato membro d’origine conformemente alle disposizioni del presente regolamento, dovrebbero essere riconosciute e avere efficacia esecutiva in tutti gli altri Stati membri senza che sia richiesto qualsiasi altro procedimento. Le modalità relative all’esecuzione di tali decisioni sono tuttora disciplinate dalla legge nazionale». Il ventiquattresimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 prosegue indicando che il «certificato rilasciato allo scopo di facilitare l’esecuzione della decisione non dovrebbe essere impugnabile. Non dovrebbe poter dare luogo a una domanda di rettifica se non in caso di errore materiale, ossia se il certificato non rispecchia correttamente il contenuto della decisione».

29.      Inoltre, tale regolamento riconosce l’importanza dell’audizione del minore. Infatti, secondo il suo diciannovesimo ‘considerando’, l’«audizione del minore è importante ai fini dell’applicazione del presente regolamento, senza che detto strumento miri a modificare le procedure nazionali applicabili in materia».

30.      Secondo il ventesimo ‘considerando’ di detto regolamento, l’«audizione del minore in un altro Stato membro può essere effettuata in base alle modalità previste dal regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale [(7)]».

31.      Infine, il trentatreesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 precisa che il «presente regolamento riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali (…). In particolare, mira a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino quali riconosciuti dall’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali (…)».

32.      Queste diverse intenzioni del legislatore sono state attuate come segue negli articoli del regolamento n. 2201/2003.

33.      Ai sensi dell’art. 2, punto 11, di detto regolamento, che riproduce sostanzialmente la stessa definizione contenuta nella Convenzione dell’Aia del 1980, sussiste «trasferimento illecito o mancato ritorno del minore» quando tale trasferimento o mancato ritorno avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e se il diritto di affidamento era effettivamente esercitato.

34.      L’art. 11 del suddetto regolamento, rubricato «Ritorno del minore», così dispone:

«1.      Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla convenzione dell’Aia del (…) 1980 per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

2.      Nell’applicare gli articoli 12 e 13 della convenzione dell’Aia del 1980, si assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità.

3.      Un’autorità giurisdizionale alla quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale.

Fatto salvo il primo comma l’autorità giurisdizionale, salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano, emana il provvedimento al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda.

4.      Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all’articolo 13, lettera b), della convenzione dell’Aia del 1980 qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno.

(…)

6.      Se un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno di un minore in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, l’autorità giurisdizionale deve immediatamente trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi al giudice, all’autorità giurisdizionale competente o all’autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, come stabilito dalla legislazione nazionale. L’autorità giurisdizionale riceve tutti i documenti indicati entro un mese dall’emanazione del provvedimento contro il ritorno.

7.      A meno che l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno non sia già stata adita da una delle parti, l’autorità giurisdizionale o l’autorità centrale che riceve le informazioni di cui al paragrafo 6 deve informarne le parti e invitarle a presentare all’autorità giurisdizionale le proprie conclusioni, conformemente alla legislazione nazionale, entro tre mesi dalla data della notifica, affinché quest’ultima esamini la questione dell’affidamento del minore.

Fatte salve le norme sulla competenza di cui al presente regolamento, in caso di mancato ricevimento delle conclusioni entro il termine stabilito, l’autorità giurisdizionale archivia il procedimento.

8.      Nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore emanata da un giudice competente ai sensi del presente regolamento è esecutiva conformemente alla sezione 4 del capo III, allo scopo di assicurare il ritorno del minore».

35.      L’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, che fa parte di detta sezione 4 del capo III, dispone quanto segue:

«1.      Il ritorno del minore di cui all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), ordinato con una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è riconosciuto ed è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento, se la decisione è stata certificata nello Stato membro d’origine conformemente al paragrafo 2.

Anche se la legislazione nazionale non prevede l’esecutività di diritto, nonostante eventuali impugnazioni, di una decisione che prescrive il ritorno del minore di cui all’articolo 11, paragrafo 8, l’autorità giurisdizionale può dichiarare che la decisione in questione è esecutiva.

2.      Il giudice di origine che ha emanato la decisione di cui all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), rilascia il certificato di cui al paragrafo 1 solo se:

a)      il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l’audizione sia stata ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità,

b)      le parti hanno avuto la possibilità di essere ascoltate; e

c)      l’autorità giurisdizionale ha tenuto conto, nel rendere la sua decisione, dei motivi e degli elementi di prova alla base del provvedimento emesso conformemente all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980.

Nel caso in cui l’autorità giurisdizionale o qualsiasi altra autorità adotti misure per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno nello Stato della residenza abituale, il certificato contiene i dettagli di tali misure.

Il giudice d’origine rilascia detto certificato di sua iniziativa utilizzando il modello standard di cui all’allegato IV (certificato sul ritorno del minore).

Il certificato è compilato nella lingua della decisione».

36.      Ai sensi dell’art. 47, n. 2, del regolamento n. 2201/2003, «[o]gni decisione pronunciata dall’autorità giurisdizionale di uno Stato membro e dichiarata esecutiva (…) o certificata conformemente (…) all’articolo 42, paragrafo 1, è eseguita nello Stato membro dell’esecuzione alle stesse condizioni che si applicherebbero se la decisione fosse stata pronunciata in tale Stato membro».

C –    La Carta dei diritti fondamentali

37.      La Carta dei diritti fondamentali, che, ai sensi dell’art. 6 TUE, ha lo stesso valore giuridico dei trattati, menziona, all’art. 24, i diritti del minore nei termini seguenti:

«1.      I minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione. Questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.

2.      In tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente.

3.      Il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse».

II – La controversia principale e le questioni pregiudiziali

38.      I fatti all’origine della controversia principale, quali descritti dal giudice del rinvio, possono essere riassunti come segue.

39.      Il sig. Aguirre Zarraga e la sig.ra Pelz si sono sposati il 25 settembre 1998 ad Erandio (Spagna). Dal matrimonio, in data 31 gennaio 2000, è nata la figlia Andrea. La residenza familiare comune dei genitori della minore si trovava a Sondika (Spagna).

40.      Alla fine del 2007 i genitori si separavano. Entrambi depositavano reciproche istanze di divorzio, chiedendo ciascuno l’affidamento esclusivo di Andrea.

41.      Con ordinanza 12 maggio 2008 il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao (Spagna) concedeva provvisoriamente al padre l’affidamento di Andrea. Conseguentemente, Andrea si trasferiva presso il domicilio del padre. Nel giugno 2008 la madre della minore si trasferiva in Germania. Dopo la visita presso la madre durante le ferie estive del 2008, quest’ultima tratteneva Andrea presso di sé. Dal 15 agosto 2008 Andrea vive quindi presso il domicilio della madre in Germania. Nella stessa data il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao pronunciava un’ordinanza recante il divieto per Andrea di espatrio dalla Spagna.

42.      Il padre di Andrea presentava quindi istanza per il ritorno della figlia in Spagna in base alla Convenzione dell’Aia del 1980. Tale istanza veniva respinta con decisione 1° luglio 2009, adottata sul fondamento dell’art. 13, secondo comma, della detta Convenzione. Dall’audizione di Andrea, tenutasi all’epoca, emergeva la netta opposizione di quest’ultima al ritorno in Spagna. Dalla consulenza tecnica disposta dal Tribunale in seguito a detta audizione risultava che, in considerazione dell’età e della maturità di Andrea, era necessario tenere conto della sua opinione.

43.      Il Ministero tedesco della Giustizia trasmetteva detta sentenza all’autorità centrale spagnola con lettera dell’8 luglio 2009.

44.      Lo stesso mese il procedimento per l’affidamento della minore proseguiva dinanzi al Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao. Detto giudice, ritenendo necessario ordinare una nuova consulenza tecnica e ascoltare personalmente Andrea, fissava le relative udienze a Bilbao. A tali udienze non comparivano né Andrea né la madre. Il giudice spagnolo non accoglieva l’istanza presentata in precedenza dalla madre della minore volta ad ottenere un salvacondotto per sé e per la figlia per poter lasciare liberamente la Spagna in seguito alla consulenza tecnica e all’audizione di Andrea. Detto giudice non accoglieva nemmeno l’espressa richiesta della madre di procedere all’audizione di Andrea tramite videoconferenza.

45.      Con sentenza 16 dicembre 2009 il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao assegnava al padre l’affidamento esclusivo della minore.

46.      La madre della minore interponeva appello avverso detta sentenza, invocando in particolare la necessità di un’audizione di Andrea. Con ordinanza 21 aprile 2010 l’Audiencia Provincial de Vizcaya (Corte d’appello di Biscaglia, Spagna) respingeva tale istanza per lo svolgimento di un’audizione della minore.

47.      Il 5 febbraio 2010 il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao certificava la sentenza 16 dicembre 2009 conformemente all’art. 42 del regolamento n. 2201/2003.

48.      La madre della minore chiedeva, per parte sua, che non si procedesse all’esecuzione forzata e che venisse negato il riconoscimento di detta sentenza.

49.      Con ordinanza 28 aprile 2010 l’Amtsgericht – Familiengericht – Celle (Sezione famiglia del Tribunale distrettuale di Celle, Germania) accoglieva tale domanda, in ragione del fatto che il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao non aveva ascoltato Andrea prima di emettere la sua decisione.

50.      Il 18 giugno 2010 il padre della minore proponeva appello contro tale ordinanza.

51.      L’Oberlandesgericht Celle, adito con tale ricorso, afferma di trovarsi di fronte alle due questioni seguenti.

52.      Sebbene la sentenza 16 dicembre 2009 sia un provvedimento che prescrive il ritorno della minore a seguito di una decisione contro il ritorno, in relazione al quale il giudice dello Stato membro dell’esecuzione, in linea di principio, non ha nessun potere di controllo, come risulta dalle citate sentenze Rinau e Povse, esso ritiene di dover disporre, in caso di violazione particolarmente grave di diritti fondamentali, di un proprio potere di controllo per potersi opporre all’esecuzione di una decisione del genere.

53.      L’Oberlandesgericht Celle ritiene infatti che, nella controversia principale, la mancata audizione di Andrea da parte del giudice dello Stato membro d’origine costituisca una violazione dell’art. 24, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali. Si tratterebbe di una violazione di gravità tale da giustificare il riconoscimento di una competenza di controllo del giudice dello Stato membro dell’esecuzione sulla base di un’interpretazione dell’art. 42, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 conforme alla Carta dei diritti fondamentali.

54.      Inoltre, l’Oberlandesgericht Celle si interroga sulla questione se, nel caso in cui, nonostante tale violazione dei diritti fondamentali, il giudice dello Stato membro dell’esecuzione fosse privo di qualsiasi potere di controllo, esso possa essere vincolato da un certificato, emesso in forza dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, il cui contenuto sia manifestamente erroneo. Tale ipotesi ricorrerebbe appunto nel caso di specie, in cui il certificato conterrebbe una dichiarazione manifestamente errata, vale a dire che la minore sarebbe stata sentita dal Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao.

55.      L’Oberlandesgericht ha pertanto deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, sulla base di un’interpretazione dell’art. 42 del regolamento [n. 2201/2003] conforme alla Carta dei diritti fondamentali, nel caso in cui si debba dare esecuzione alla decisione di uno Stato membro di origine viziata da gravi violazioni dei diritti fondamentali, il giudice dello Stato membro dell’esecuzione disponga eccezionalmente di propri poteri di esame.

2)      Se il giudice dello Stato membro dell’esecuzione sia obbligato a dare esecuzione ad un certificato rilasciato dal giudice dello Stato membro d’origine ai sensi dell’art. 42 regolamento [n. 2201/2003], benché tale certificato, sulla base degli atti di causa, risulti manifestamente inesatto».

III – Analisi

56.      Con le sue questioni il giudice del rinvio chiede, anzitutto, se il regolamento n. 2201/2003 debba essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro richiesto può opporsi all’esecuzione di un provvedimento che prescrive il ritorno di un minore emanato sul fondamento dell’art. 11, n. 8, di detto regolamento qualora risulti che il minore in questione non è stato sentito in violazione delle disposizioni dell’art. 42 del medesimo regolamento, interpretate conformemente al diritto fondamentale enunciato all’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali. Esso chiede poi se, in caso di soluzione in senso negativo della prima questione, detto giudice sia tenuto a procedere a tale esecuzione qualora risulti che il certificato che accompagna il provvedimento controverso sia manifestamente errato, in quanto indicherebbe erroneamente che il minore è stato sentito.

57.      Queste due questioni si fondano quindi sulla premessa che, nella causa principale, la minore non abbia avuto la possibilità di essere ascoltata, in violazione dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, letto alla luce dell’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali.

58.      Dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio e dagli atti risulta tuttavia che un’audizione della minore è stata effettuata dall’Amtsgericht – Familiengericht – Celle all’udienza del 20 marzo 2009, nell’ambito del procedimento conclusosi con la decisione contro il ritorno adottata da tale giudice il 1° luglio 2009.

59.      Risulta inoltre dall’esame della sentenza pronunciata dal Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao il 16 dicembre 2009, che prescrive il ritorno della minore in seguito a detta decisione contro il ritorno, che detto giudice ha preso in considerazione tale audizione e ha esposto i motivi per i quali, malgrado il rifiuto della minore di tornare a vivere in Spagna, riteneva che il ritorno di quest’ultima costituisse la soluzione più conforme ai suoi interessi.

60.      Secondo il giudice del rinvio, detta audizione e il riferimento alla stessa contenuto nella sentenza 16 dicembre 2009 non consentono di ritenere che sia stato rispettato il diritto fondamentale della minore, sancito dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003. Tale disposizione prevede, lo ricordo, che il giudice dello Stato membro d’origine che decide di prescrivere il ritorno del minore nonostante un provvedimento contro il ritorno può certificare la propria decisione e conferirle così un’efficacia esecutiva rafforzata solo se il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l’audizione sia stata ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità.

61.      La premessa del giudice del rinvio si fonda quindi su un’interpretazione dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 secondo cui il giudice dello Stato membro d’origine non può limitarsi a fare riferimento ad un’audizione del minore effettuata dall’autorità giudiziaria dello Stato richiesto, nell’ambito di un procedimento conclusosi con il provvedimento contro il ritorno, ma deve procedere esso stesso ad una nuova audizione del minore, salvo ledere gravemente il suo diritto fondamentale sancito dall’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali.

62.      È essenziale, a mio parere, che la Corte, prima di esaminare le questioni sottopostele dal giudice del rinvio, si pronunci sulla validità di tale premessa, dato che essa, da un lato, condiziona la pertinenza di tali questioni e, dall’altro, verte su un elemento importante del sistema e delle garanzie previste dal regolamento n. 2201/2003.

A –    La fondatezza della premessa sottesa alle questioni pregiudiziali

63.      Propongo alla Corte di pronunciarsi in via preliminare sulla seguente questione:

«Se l’audizione del minore effettuata dall’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con un provvedimento contro il ritorno e di cui il giudice dello Stato membro di origine ha tenuto conto nella sua decisione che prescrive il ritorno, adottata in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003, consenta di ritenere che sia stata soddisfatta la condizione di cui all’art. 42, n. 2, lett. a), di tale regolamento, secondo cui il minore deve avere avuto la possibilità di essere sentito».

64.      Per rispettare il principio del contraddittorio, le parti della causa principale e le altre parti autorizzate a presentare osservazioni dinanzi alla Corte, per iscritto o nel corso della fase orale, sono state invitate a pronunciarsi su tale questione.

65.      Il governo tedesco e la Commissione europea sostengono che occorre risolvere detta questione in senso negativo. Essi hanno fondato tale posizione su vari argomenti che possono essere riassunti nel modo seguente.

–        L’audizione dinanzi al giudice dello Stato membro dell’esecuzione e quella di cui all’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 hanno oggetti diversi, dato che la prima verte sul ritorno del minore, mentre la seconda è volta a permettere di statuire sul diritto di affidamento definitivo del minore e ha quindi una portata più ampia.

–        Ammettere che la condizione di cui all’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 risulti soddisfatta allorché il minore è stato sentito dal giudice dello Stato membro dell’esecuzione avrebbe la conseguenza di dispensare sistematicamente il giudice dello Stato membro di origine dall’obbligo di sentire il minore e consentirebbe quindi di eludere la suddetta disposizione. Ciò contrasterebbe inoltre con l’economia della medesima disposizione, la quale enuncia, alla lett. a), l’obbligo di sentire il minore, e non solo, alla lett. c), l’obbligo di tenere conto degli elementi alla base del provvedimento contro il ritorno.

–        Secondo la Commissione, nel caso in esame il tempo trascorso tra l’audizione della minore da parte del giudice dello Stato membro richiesto e l’adozione della decisione che ne prescriveva il ritorno, ossia circa nove mesi, non consentiva di considerare soddisfatta la condizione prevista dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003.

66.      Nel corso dell’udienza del 6 dicembre 2010 anche la sig.ra Pelz nonché i governi ellenico, francese e lettone hanno sostenuto tale posizione.

67.      A differenza delle menzionate parti intervenienti e del giudice del rinvio, sono del parere, sostenuto anche dal sig. Aguirre Zamaga e dal governo spagnolo, che occorra rispondere in senso affermativo alla questione in esame. La mia posizione si fonda, da un lato, sul contenuto del diritto fondamentale del minore di essere sentito, sancito dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003, e, dall’altro, sul sistema di cooperazione tra i giudici di Stati membri diversi previsto da detto regolamento.

1.      Il contenuto del diritto fondamentale del minore di essere sentito

68.      Sosterrò, per quanto riguarda il diritto fondamentale del minore di essere sentito, quale sancito dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003, in primo luogo, che esso deve formare oggetto di un’interpretazione autonoma, in secondo luogo, che esso è inteso a che il minore dotato di una capacità di discernimento sufficiente abbia la possibilità di esprimere la propria opinione in merito al suo ritorno e, in terzo luogo, che tale opinione non è vincolante per il giudice, ma costituisce un elemento che consente di valutare se l’interesse superiore del minore osti a tale ritorno.

a)      Un’interpretazione autonoma

69.      È pacifico che il regolamento n. 2201/2003, al pari di qualsiasi atto di diritto dell’Unione, deve essere applicato in conformità dei diritti fondamentali. Come enuncia il suo trentatreesimo ‘considerando’, tale regolamento osserva i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali e mira, in particolare, a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del minore quali riconosciuti dall’art. 24 di quest’ultima. Inoltre, come indicato dal suo diciannovesimo ‘considerando’, l’audizione del minore è importante ai fini dell’applicazione del regolamento.

70.      Il regolamento n. 2201/2003 contiene in tal senso quattro disposizioni secondo cui il minore deve aver avuto la possibilità di essere sentito, ossia gli artt. 11, n. 2, e 42, n. 2, lett. a), che riguardano il ritorno di un minore trasferito o trattenuto illecitamente, l’art. 23, lett. b), relativo ai motivi di non riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale, e l’art. 41, n. 2, lett. c), che riguarda il riconoscimento di una decisione sul diritto di visita.

71.      Certamente, le suddette disposizioni non prevedono le modalità procedurali dell’audizione. Tali modalità, come indicato nel diciannovesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003, sono tutt’ora stabilite da ciascuno Stato membro, conformemente al principio dell’autonomia procedurale. Tuttavia, ciò non significa, secondo me, che la questione relativa al rispetto dei diritti fondamentali del minore nell’attuazione della condizione richiesta dall’art. 42, n. 2, lett. a), di detto regolamento debba essere valutata rispetto all’ordine pubblico di ciascuno Stato membro.

72.      Infatti, se si esaminano i diversi articoli del regolamento n. 2201/2003 che prevedono tale audizione, si constata che solo l’art. 23 fa espressamente riferimento all’ordine pubblico dello Stato membro dell’esecuzione. Tale articolo dispone, infatti, che le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non sono riconosciute se, salvo i casi d’urgenza, la decisione è stata resa senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, «in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto».

73.      Tale riferimento non esiste invece nell’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003, né peraltro negli altri due articoli sopra menzionati. Tale differenza di redazione dimostra, a mio parere, che il rispetto della condizione prevista in tale disposizione, secondo cui il minore deve avere avuto la possibilità di essere sentito, non dipende dal rispetto dei diritti fondamentali del minore quali previsti nell’ordinamento giuridico dello Stato membro dell’esecuzione. Il rispetto della condizione espressa all’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamenton. 2201/2003 non è subordinato al fatto che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato conformemente alla legge fondamentale dello Stato membro in cui è stato trasferito o viene trattenuto illecitamente.

74.      Infatti, una disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve essere oggetto, secondo costante giurisprudenza, di un’interpretazione autonoma (8). La Corte ha già applicato tale giurisprudenza nell’ambito del regolamento n. 2201/2003 per quanto riguarda le nozioni di «materie civili», di cui all’art. 1, n. 1,dello stesso (9), e di «residenza abituale», di cui all’art. 8, n. 1, dello stesso (10).

75.      Inoltre, il carattere autonomo del contenuto della condizione enunciata all’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 è confermato, secondo me, anche dall’autonomia procedurale dell’efficacia esecutiva di una decisione che prescrive il ritorno di un minore successiva ad una decisione contro il ritorno (11). Infatti, per assicurare il ritorno effettivo e rapido del minore, tale decisione, ai sensi dell’art. 11, n. 8, di detto regolamento, è esecutiva conformemente al capo III, sezione 4, di detto regolamento, vale a dire che essa è riconosciuta e beneficia dell’esecutività nello Stato membro in cui il minore è stato illecitamente trasferito o trattenuto senza che sia necessaria alcuna dichiarazione che ne riconosca l’esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento (12).

76.      Il regolamento n. 2201/2003 si differenzia quindi dalla Convenzione dell’Aia del 1980, il cui art. 20 prevede che il ritorno del minore può essere rifiutato nel caso non sia consentito dai principi fondamentali dello Stato richiesto. Il «valore aggiunto» del regolamento n. 2201/2003 rispetto a tale Convenzione consiste quindi nel consentire di superare le situazioni di stallo che potrebbero derivare da divergenze di valutazione relative all’interesse superiore del minore nei casi in cui tale valutazione venga effettuata dal giudice di origine e dal giudice richiesto alla luce dei rispettivi diritti fondamentali.

77.      L’effetto utile di tale regolamento verrebbe infatti compromesso qualora il giudice dello Stato membro d’origine dovesse verificare il rispetto delle condizioni di rilascio del certificato che conferisce tale efficacia esecutiva specifica alla sua decisione con riferimento ai diritti fondamentali dello Stato membro in cui il minore è stato trasferito o viene trattenuto illecitamente.

78.      Ne consegue, secondo me, che il diritto fondamentale del minore di essere sentito, quale previsto dall’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, deve avere un contenuto autonomo. Ciò implica, nella specie, che la questione se l’art. 42, n. 2, lett. a), di detto regolamento sia stato rispettato deve essere valutata alla luce non delle esigenze della legge fondamentale tedesca, bensì del contenuto di tale condizione, quale dev’essere inteso uniformemente in tutti gli Stati membri, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte. Rilevo, a tale riguardo, che il governo tedesco condivide questa analisi.

b)      Il contenuto del diritto di essere sentito

79.      L’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 prevede che il giudice dello Stato membro d’origine può certificare la sua decisione che prescrive il ritorno del minore in seguito ad una decisione contro il ritorno solo se «il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l’audizione sia stata ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità».

80.      Dal testo di tale disposizione, letto alla luce dell’art. 24, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali, risulta che il minore oggetto di una decisione che prescrive il ritorno resa sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003 deve avere avuto la possibilità di esprimere liberamente la propria opinione in merito a tale ritorno. Detto articolo traduce, nel settore della sottrazione di minori, l’evoluzione contemporanea dei diritti internazionale ed europeo, in virtù della quale, attualmente, il parere di un minore capace di discernimento deve essere preso in considerazione nelle decisioni che lo riguardano (13).

81.      Vari insegnamenti un po’ più precisi possono essere tratti dalla formulazione di tale diritto fondamentale, quale attuato dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003. È importante sottolineare anzitutto che detto diritto fondamentale deve concorrere a tutelare l’interesse superiore del minore.

82.      Nell’ambito delle disposizioni del regolamento n. 2201/2003 applicabili in caso di trasferimento o trattenimento illecito di un minore, l’interesse superiore di quest’ultimo impone, in linea di principio, un rapido ritorno al luogo della sua residenza iniziale, in quanto la via di fatto di cui il minore è vittima ne lede il diritto fondamentale di intrattenere relazioni dirette e personali con entrambi i genitori (14). Di conseguenza, è possibile derogare a tale ritorno solo se esso risulta contrario, di per sé, all’interesse del minore.

83.      Il diritto conferito al minore dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 ha quindi lo scopo di consentirgli di partecipare al processo decisionale che deve concludersi con la decisione finale sul suo ritorno, ma tale partecipazione non dev’essere neppure a sua volta contraria al suo interesse. La tensione fra tali diritti e tali interessi consente, a mio parere, di trarre le seguenti indicazioni.

84.      Anzitutto, l’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 sancisce un diritto al quale si può derogare solo per il motivo enunciato in detta disposizione, vale a dire qualora l’audizione risulti «inopportuna» in ragione dell’età o del grado di maturità del minore. È interessante notare che la disposizione impiega il termine «inopportuna» e non fa riferimento ad uno stato di incapacità fisica oggettiva accertata da un medico. Tale inopportunità rinvia quindi ad una valutazione da parte del giudice dell’idoneità del minore ad esprimere un’opinione personale. Il principio che deve guidare tale valutazione è che ogni minore capace di discernimento deve essere stato messo in condizione di esprimere il proprio parere. Tuttavia, non sembra irragionevole presumere che, prima di una certa età, un minore non sia in grado di esprimere un parere personale che occorra prendere in considerazione (15).

85.      Nella specie non si ravvisano divergenze di valutazione tra il giudice dello Stato membro dell’esecuzione e quello dello Stato membro di origine per quanto riguarda l’idoneità di Andrea ad essere sentita, dato che il secondo l’aveva convocata per l’audizione.

86.      Inoltre, l’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 sancisce il diritto del minore di avere la possibilità di essere sentito. Esso non prevede che il minore debba essere stato sentito. Tale formulazione comporta, a mio avviso, due conseguenze. In primo luogo, il minore che abbia una capacità di discernimento sufficiente deve essere stato informato del fatto che ha il diritto di esprimere liberamente la sua opinione. Poiché, materialmente, l’audizione di un minore, in particolare quella di un minore in tenera età, dipende dal concorso del genitore che lo ha sottratto o che lo trattiene illecitamente, gli Stati membri devono fornire al giudice i mezzi necessari per superare, se del caso, gli ostacoli all’audizione del minore eventualmente opposti da tale genitore.

87.      In secondo luogo, detta formulazione implica che il minore abbia anche il diritto di non pronunciarsi. Il minore non deve essere costretto a scegliere tra il genitore che lo ha sottratto o lo trattiene illecitamente e l’altro genitore. Non deve neppure essere messo in una situazione nella quale possa avere l’impressione di essere l’unico responsabile della decisione relativa al proprio ritorno e, pertanto, della sofferenza che tale decisione potrebbe eventualmente causare ad uno dei genitori. Le condizioni in cui viene raccolto il parere del minore devono essere adeguate alle circostanze e alla sua età nonché alla sua maturità, in modo da non costituire per lo stesso un’esperienza traumatizzante (16). Il giudice nazionale, a mio parere, deve poter far ascoltare il minore da una persona competente in un contesto appropriato, qualora ritenga inopportuno procedere esso stesso a tale audizione. Inoltre, il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao poteva anche ritenere, a mio parere, che nel contesto della presente causa l’audizione mediante videoconferenza di un minore in tenera età, quale Andrea, fosse inopportuna.

88.      È alla luce di tali circostanze che il giudice dello Stato membro d’origine deve accertare, prima di certificare la propria decisione ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, se il minore abbia avuto la possibilità di essere sentito ai sensi del n. 2, lett. a), dello stesso articolo.

c)      L’opinione del minore non è vincolante per il giudice dello Stato membro d’origine

89.      Infine, il parere espresso dal minore nel corso della sua audizione non è vincolante per il giudice dello Stato membro d’origine competente ad adottare una decisione sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003. Nella Convenzione dell’Aia del 1980 l’opposizione del minore al suo ritorno viene espressamente menzionata, all’art. 13, tra i motivi che possono giustificare una decisione contro il ritorno (17), senza tuttavia che essa sia vincolante per il giudice dello Stato membro dell’esecuzione. Il regolamento n. 2201/2003 non riprende tale disposizione nelle norme che conferiscono al giudice dello Stato membro d’origine il potere di statuire in seguito a tale decisione.

90.      L’art. 42, n. 2, lett. c), del regolamento n. 2201/2003 prevede semplicemente che il giudice dello Stato membro d’origine che prescrive il ritorno del minore in un caso del genere debba certificare di avere adottato la propria decisione tenendo conto dei motivi e degli elementi di prova sulla base dei quali il giudice dello Stato membro dell’esecuzione aveva adottato una decisione contro il ritorno.

91.      Il testo del regolamento n. 2201/2003, ancor più di quello della Convenzione dell’Aia del 1980, dimostra quindi che l’opinione del minore costituisce un elemento di valutazione di cui il giudice deve tenere conto, ma che non è per esso vincolante.

92.      Qualora, come nel caso di specie, il minore abbia dichiarato di opporsi al proprio ritorno nel corso dell’audizione effettuata dal giudice dello Stato membro dell’esecuzione e quest’ultimo, nell’esercizio del suo libero apprezzamento, abbia ritenuto di dover adottare una decisione contro il ritorno, tale parere deve certamente essere preso in considerazione dal giudice dello Stato membro d’origine nella sua decisione finale, ma non è per esso vincolante.

93.      Detto parere non lo obbliga neppure a procedere esso stesso ad una nuova audizione del minore prima di adottare tale decisione finale, come esporrò nella seconda parte della mia analisi, dedicata al sistema del regolamento n. 2201/2003.

2.      Il sistema del regolamento n. 2201/2003

94.      In limine, si deve sottolineare che l’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 non prevede che il giudice dello Stato membro d’origine debba procedere esso stesso all’audizione del minore. Esso richiede semplicemente che il minore abbia avuto la possibilità di essere sentito. Tale condizione può quindi essere soddisfatta se il minore è stato sentito dall’autorità giudiziaria di un altro Stato membro, come conferma il ventesimo ‘considerando’ di detto regolamento, secondo cui l’audizione del minore in un altro Stato membro può essere effettuata in base alle modalità previste dal regolamento n. 1206/2001 relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale.

95.      Qualora il minore interessato sia stato sentito dai servizi giudiziari dello Stato membro dell’esecuzione non su richiesta del giudice dello Stato membro d’origine, ai sensi del regolamento n. 1206/2001, bensì nell’ambito del procedimento conclusosi con una decisione contro il ritorno, non ritengo, tenuto conto del sistema previsto dal regolamento n 2201/2003, che il giudice dello Stato membro d’origine sia tenuto, in forza dell’art. 42, n. 2, lett. a), del menzionato regolamento, a procedere obbligatoriamente ad una nuova audizione.

96.      La caratteristica principale del sistema previsto da detto regolamento in caso di sottrazione di minore consiste nel fatto che il procedimento dinanzi al giudice dello Stato membro dell’esecuzione conclusosi con una decisione contro il ritorno e quello dinanzi al giudice dello Stato membro d’origine chiamato ad adottare la decisione finale su tale ritorno non sono procedimenti separati e concorrenti l’uno rispetto all’altro. Essi costituiscono le componenti complementari di un unico procedimento, che riguarda la situazione di un minore di cui i genitori si contendono l’affidamento, e in cui due giudici di Stati membri diversi hanno l’obbligo imperativo, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, di collaborare per individuare la soluzione migliore ai fini della tutela dell’interesse del minore.

97.      In virtù di tale sistema, se il genitore di un minore sottratto o trattenuto illecitamente in un altro Stato membro ne ha chiesto il ritorno, il giudice dello Stato membro dell’esecuzione e quello dello Stato membro d’origine vengono investiti in ordine successivo della medesima questione. Si tratta di sapere se sussista un motivo legittimo ed imperativo che osti al ritorno del minore. Come la Corte ha dichiarato nella citata sentenza Povse, tale sistema comporta un duplice esame della questione del ritorno del minore, garantendo così una maggiore fondatezza della decisione e una tutela rafforzata degli interessi del minore (18).

98.      La fiducia e il riconoscimento reciproci che governano il regolamento n. 2201/2003 mirano quindi a creare, nello spazio giudiziario europeo, un sistema che si avvicini il più possibile alla situazione che si verifica all’interno di un solo Stato membro quando un genitore rifiuta di assoggettarsi a provvedimenti provvisori relativi all’affidamento di un figlio comune. In ambito puramente interno, il trattamento giudiziario di un simile rifiuto assume la forma di un incidente che si innesta sul procedimento principale di divorzio.

99.      Pertanto, secondo me, prevedendo sia all’art. 11, n. 2, del regolamento n. 2201/2003, sia nel successivo art. 42, n. 2, lett. a), del medesimo regolamento che il minore deve aver avuto la possibilità di essere sentito, il legislatore comunitario non ha inteso fare dell’audizione del minore un’esigenza formale che si impone obbligatoriamente in qualsiasi fase del procedimento relativo al ritorno del minore. Esso ha voluto che il minore oggetto di tale procedimento abbia effettivamente avuto la possibilità di esprimersi nell’ambito complessivo dello stesso, e ciò a partire dalla fase avviata nello Stato membro richiesto. Non ha prescritto che il minore venga sistematicamente sentito un’altra volta dal giudice dello Stato membro d’origine chiamato a prendere una decisione sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003.

100. Detto giudice deve potersi basare sull’audizione effettuata dal giudice dello Stato membro dell’esecuzione, qualora vi riscontri gli elementi necessari per adottare la propria decisione.

101. Fondo la mia analisi, da un lato, sull’art. 11, n. 6, del regolamento n. 2201/2003, secondo cui tutti gli elementi raccolti dal giudice dello Stato membro dell’esecuzione e sulla cui base detto giudice ha deciso di adottare una decisione contro il ritorno, in particolare le trascrizioni delle audizioni, devono essere trasmessi al giudice dello Stato membro d’origine competente ad adottare la decisione definitiva in merito a tale ritorno (19).

102. Dall’altro, la mia analisi si basa sul fatto che, ai sensi dell’art. 42, n. 2, lett. c), del regolamento n. 2201/2003, il giudice dello Stato membro d’origine deve tener conto dei motivi e degli elementi di prova sulla base dei quali il giudice dello Stato membro richiesto aveva reso la sua decisione contro il ritorno.

103. La trascrizione dell’audizione del minore, alla quale il giudice dello Stato membro dell’esecuzione era tenuto a procedere nell’ambito del procedimento conclusosi con una decisione contro il ritorno, è quindi parte integrante degli elementi che devono essere trasmessi al giudice dello Stato membro d’origine territorialmente competente e di cui quest’ultimo deve tenere conto.

104. Infine, mi sembra che la mia analisi sia confermata dall’imperativo di celerità che presiede a tale procedimento. Il ritorno di un minore sottratto o trattenuto illecitamente implica, in generale, che detto minore non abbia ancora avuto il tempo di integrarsi completamente nel suo nuovo ambiente. È per tale motivo che il regolamento n. 2201/2003 impone ai giudici aditi con una richiesta di ritorno di pronunciarsi celermente, utilizzando le procedure più rapide previste dal loro diritto nazionale e al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda (20). Tale imperativo di celerità, logicamente, si impone anche al giudice dello Stato membro d’origine chiamato ad adottare la decisione finale sul ritorno del minore.

105. Certamente, tale giudice può ritenere utile od opportuno sentire nuovamente il minore prima di adottare la propria decisione finale. Sottolineo che, nella specie, il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 de Bilbao, in seguito alla decisione contro il ritorno resa dall’Amtsgericht– Familiengericht –Celle, ha convocato la minore e sua madre per sentirle in Spagna.

106. Tuttavia, il fatto che, in seguito alla mancata comparizione di Andrea e della madre, esso abbia adottato la propria decisione finale che prescrive il ritorno della minore senza avere proceduto all’audizione di quest’ultima mediante videoconferenza, e senza avere tentato di organizzare un’audizione in Germania spostandosi esso stesso o delegando a tal fine i servizi giudiziari tedeschi, rientra nel suo potere sovrano di valutazione e non può essere considerato una violazione del diritto fondamentale del minore di avere la possibilità di essere sentito.

107. Ritengo che neppure il fatto che il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao, nella sua sentenza 16 dicembre 2009, abbia non solo ordinato il ritorno di Andrea, ma anche statuito sul suo affidamento, attribuendolo al padre, giustificherebbe una conclusione diversa.

108. Il regolamento n. 2201/2003, come dichiarato dalla Corte nella citata sentenza Povse, consente al giudice dello Stato membro d’origine di prescrivere il ritorno del minore in seguito ad una decisione contro il ritorno senza doversi previamente pronunciare sul suo affidamento definitivo (21). Tuttavia, esso gli consente altresì di collegare le due cose pronunciandosi sull’affidamento definitivo del minore, come risulta chiaramente dal suo art. 11, n. 7, e, in tal caso, la decisione relativa al ritorno del minore appare come la conseguenza di tale attribuzione.

109. Questo modus operandi presenta il vantaggio di evitare un andirivieni del minore tra gli Stati interessati nel caso in cui il giudice dello Stato membro d’origine dovesse ritenere che l’affidamento debba essere attribuito in definitiva al genitore che l’ha sottratto o lo trattiene illecitamente. Esso presuppone, tuttavia, che detto giudice disponga di elementi sufficienti per statuire su tale attribuzione, ivi compresa l’audizione del minore, se quest’ultimo dispone di una capacità di discernimento sufficiente.

110. A differenza del governo tedesco e della Commissione, non credo che, in tal caso, l’audizione del minore effettuata dal giudice dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con una decisione contro il ritorno sia necessariamente insufficiente per poter ritenere che sia stato rispettato il diritto del minore di essere sentito, in quanto detta audizione avrebbe un oggetto molto più limitato, circoscritto al ritorno.

111. La questione del ritorno e quella dell’affidamento definitivo non sono estranee l’una all’altra. Ciò vale a maggior ragione, nella specie, in quanto Andrea ha dichiarato di opporsi al proprio ritorno in Spagna, il che implica, a fortiori, la sua opposizione a che il suo affidamento venga attribuito al padre. La possibilità per il giudice dello Stato membro d’origine di considerare che la minore ha potuto essere sentita in merito all’attribuzione del suo affidamento dipende quindi dalle circostanze e dal contenuto dell’audizione di tale minore effettuata nello Stato membro dell’esecuzione. A mio avviso, a tal riguardo occorre lasciare al giudice nazionale la possibilità di valutare se in detta audizione si riscontrino elementi sufficienti per statuire sull’affidamento definitivo della minore nell’ambito della sua decisione adottata sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003.

112. Occorre inoltre aggiungere che, come indicato in udienza dal governo spagnolo, una decisione sull’affidamento di un minore come la sentenza 16 dicembre 2009 del Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao viene chiamata «definitiva» solo per distinguerla dai provvedimenti provvisori adottati nel corso della procedura di divorzio e che, in linea di principio, siffatta decisione può sempre essere rivista, sia in caso di accordo tra i genitori, sia qualora sopravvengano nuovi elementi.

113. Infine, la Commissione sostiene che, nella specie, il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao non poteva validamente ritenere che la condizione di cui all’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 fosse soddisfatta, dato il periodo trascorso dall’audizione della minore effettuata in Germania, ossia circa nove mesi.

114. Certamente, tale lasso di tempo può apparire lungo nell’ambito di un procedimento di ritorno, ma, ancora una volta, non vedo quali nuovi elementi avrebbe potuto apportare una nuova audizione della minore, dal momento che essa aveva dichiarato di opporsi al proprio ritorno in Spagna.

115. In base a tutte queste considerazioni, propongo quindi alla Corte di dichiarare che l’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che la condizione enunciata in detta disposizione risulta soddisfatta allorché il minore è stato sentito dall’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con una decisione contro il ritorno e il giudice dello Stato membro competente ha tenuto conto di tale audizione nella sua decisione che prescrive il ritorno, adottata in forza dell’art. 11, n. 8, del medesimo regolamento.

B –    L’esame delle questioni pregiudiziali

116. Tenuto conto della mia posizione in merito alla premessa su cui si fondano le questioni pregiudiziali sollevate dall’Oberlandesgericht Celle, esaminerò tali questioni solo in via subordinata.

117. Con dette questioni, che propongo di esaminare congiuntamente, detto giudice chiede, sostanzialmente, se il regolamento n. 2201/2003 debba essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro richiesto può opporsi all’esecuzione di una decisione certificata, che prescrive il ritorno del minore in seguito ad una decisione contro il ritorno, qualora risulti che il minore in questione, contrariamente a quanto indicato nel certificato emesso ai sensi dell’art. 42 di detto regolamento, non ha avuto la possibilità di essere sentito, in violazione delle disposizioni di detto articolo e del diritto fondamentale enunciato all’art. 24, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali.

118. Si deve quindi procedere all’analisi di tale questione dando per assodato che la minore oggetto della decisione adottata in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003 non abbia avuto la possibilità di essere sentita, contrariamente a quanto indicato nel certificato che accompagna tale decisione.

119. Sono del parere, al pari della Commissione e a differenza del governo tedesco, che nemmeno in questo caso il giudice dello Stato membro dell’esecuzione possa opporsi all’esecuzione della decisione controversa. Il mio punto di vista si fonda sul sistema previsto dal regolamento n. 2201/2003, quale interpretato dalla giurisprudenza.

120. Come si è visto, detto regolamento, al pari della Convenzione dell’Aia del 1980, parte dalla premessa che il trasferimento o il trattenimento illecito di un minore in violazione di una decisione giudiziaria leda gravemente i suoi interessi e che occorra quindi disporne il ritorno nel luogo della sua residenza iniziale nel più breve tempo possibile.

121. Si è visto inoltre che il valore aggiunto di detto regolamento rispetto alla menzionata Convenzione consiste nell’avere instaurato un sistema in virtù del quale, in caso di divergenza di valutazione tra il giudice della residenza abituale del minore e quello in cui quest’ultimo è stato condotto illecitamente, il primo rimane competente e ha, in qualche modo, l’ultima parola per decidere se il minore debba effettivamente ritornare o meno al suo luogo di residenza iniziale.

122. Tale competenza del giudice dello Stato membro d’origine si fonda sul presupposto che esso si trovi nella posizione migliore per adottare la decisione finale sul ritorno, in quanto può raccogliere presso l’ambiente del minore e l’insieme delle persone con le quali il minore era in contatto tutti gli elementi che consentono di valutare se sussista un motivo legittimo per opporsi al suo ritorno.

123. L’economia e la finalità di tale sistema sono state esplicitate molto chiaramente dalla Corte nella citata sentenza Povse, in risposta alla questione se una decisione che accordava un diritto di affidamento provvisorio, resa successivamente da un giudice dello Stato membro dell’esecuzione e considerata esecutiva secondo il diritto di tale Stato, si opponesse all’esecuzione di una decisione anteriore che prescriveva il ritorno del minore, adottata in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003 e certificata conformemente all’art. 42 del medesimo regolamento.

124. La Corte ha dichiarato quanto segue:

«73      Dalle disposizioni [degli artt. 42, n. 1, e 43, nn. 1 e 2, del regolamento n. 2201/2003], che delineano una netta ripartizione di competenze tra i giudici dello Stato membro d’origine e quelli dello Stato membro di esecuzione e che mirano a un rapido ritorno del minore, risulta che un certificato rilasciato in forza dell’art. 42 [di tale] regolamento, che conferisce alla decisione così certificata un’efficacia esecutiva specifica, non è in alcun modo impugnabile. Il giudice richiesto deve limitarsi a constatare l’efficacia esecutiva di tale decisione, e nei confronti del certificato può soltanto essere proposta domanda di rettifica, oppure possono essere sollevati dubbi in merito alla sua autenticità, conformemente alla legge nazionale dello Stato membro di origine (v., in tal senso, sentenza Rinau, cit., punti 85, 88 e 89). Le uniche norme dello Stato membro richiesto che possono trovare applicazione sono quelle che disciplinano le questioni procedurali.

74      Per contro, le questioni attinenti alla fondatezza della decisione in quanto tale, e segnatamente la questione se ricorrano i presupposti perché il giudice competente possa pronunciare tale decisione, ivi incluse le eventuali contestazioni in merito alla competenza, devono essere sollevate dinanzi ai giudici dello Stato membro di origine, in conformità delle norme del suo ordinamento giuridico. Del pari, la domanda di sospensione dell’esecuzione di una decisione certificata può essere presentata soltanto al giudice competente dello Stato membro di origine, in conformità delle norme del suo ordinamento giuridico.

75      Pertanto, contro l’esecuzione di siffatta decisione non vi è alcun mezzo d’impugnazione esperibile dinanzi ai giudici dello Stato membro del trasferimento, e le uniche norme giuridiche di tale Stato che siano applicabili sono quelle procedurali, ai sensi dell’art. 47, n. 1, [di detto] regolamento, vale a dire le modalità di esecuzione della decisione. Orbene, un procedimento come quello che costituisce oggetto della presente questione pregiudiziale non riguarda né requisiti di forma né questioni procedurali, bensì questioni di merito.

76      Di conseguenza, l’incompatibilità, ai sensi dell’art. 47, n. 2, secondo comma, del regolamento [n. 2201/2003], di una decisione certificata con una decisione esecutiva successiva dev’essere verificata soltanto rispetto alle eventuali decisioni pronunciate successivamente dai giudici competenti dello Stato membro di origine».

125. In sintesi, dunque, il giudice dello Stato membro dell’esecuzione non può opporsi all’esecuzione di una decisione certificata adottata sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003.

126. Sono del parere che tale interpretazione del menzionato regolamento debba valere anche nel caso in cui, eccezionalmente, il certificato sia stato redatto erroneamente, in quanto il minore non ha avuto la possibilità di essere sentito.

127. Infatti, in detto regolamento il legislatore comunitario ha tratto indicazioni dall’insufficienza del sistema della Convenzione dell’Aia del 1980, in cui le divergenze di valutazione tra i giudici degli Stati contraenti riguardo all’interesse superiore del minore, allorché tale interesse veniva valutato con riferimento all’ordine pubblico di ciascuno Stato membro, portavano a legalizzare la sottrazione del minore.

128. Il legislatore comunitario ha quindi previsto, da un lato, che, nell’ambito dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, tali diritti fondamentali dovevano avere un contenuto autonomo, uniforme in tutti gli Stati membri, vale a dire quello della Carta dei diritti fondamentali. Dall’altro, esso ha ritenuto che il livello di fiducia reciproca degli Stati membri nella capacità dei giudici degli altri Stati membri di assicurare una tutela effettiva di tali diritti consentisse di seguire questa logica fino in fondo e di conferire alla decisione finale adottata dal giudice territorialmente competente un’efficacia esecutiva specifica, non contestabile negli altri Stati membri.

129. A tale riguardo, è sufficiente confrontare il testo delle disposizioni della sezione 4 del capo III del regolamento n. 2201/2003, che prevedono tale efficacia esecutiva specifica, con quello degli articoli della decisione quadro del Consiglio 2002/584/GAI (22), relativa al mandato d’arresto europeo. Tale decisione quadro prevede esplicitamente che la consegna di una persona oggetto di un mandato di arresto europeo deve conseguire ad una decisione di un giudice dello Stato membro dell’esecuzione ed elenca i motivi per i quali detto giudice può o deve opporsi alla consegna (23). Nella decisione quadro il legislatore dell’Unione ha quindi voluto che il rispetto dei diritti fondamentali fosse oggetto di un duplice controllo, da parte dei giudici dello Stato membro richiedente e di quelli dello Stato membro richiesto.

130. Per contro, nel regolamento n. 2201/2003 il legislatore comunitario ha fatto un passo avanti verso il mutuo riconoscimento, poiché non ha previsto tale duplice controllo. Tuttavia, tale passo avanti non deve comportare una minore tutela dei diritti fondamentali del minore. Si è visto che, al trentatreesimo ‘considerando’ del menzionato regolamento, il legislatore comunitario ha rammentato l’importanza del rispetto dei suddetti diritti. Tuttavia ha ritenuto che essi potessero essere tutelati dai giudici dello Stato membro d’origine.

131. Spetta quindi al genitore secondo cui la decisione che prescrive il ritorno del minore sarebbe stata adottata senza che questi abbia avuto la possibilità di essere sentito, in violazione del suo diritto fondamentale, e secondo cui, pertanto, il certificato sarebbe erroneo contestare tale decisione dinanzi al giudice competente dello Stato membro d’origine; tuttavia, l’esercizio di tale mezzo di ricorso non può giustificare di per sé la sospensione dell’esecuzione di detta decisione nello Stato membro dell’esecuzione.

132. Il governo tedesco invita la Corte a estendere oltre il suo ragionamento prendendo in considerazione l’ipotesi in cui i giudici competenti dello Stato membro d’origine siano venuti meno ai loro obblighi e non abbiano riformato una decisione viziata da una manifesta violazione dei diritti fondamentali.

133. Detto governo sostiene infatti che il giudice dello Stato membro richiesto deve potersi opporre all’esecuzione di tale decisione qualora il ricorso dinanzi ai giudici dello Stato membro d’origine non sia stato accolto nonostante la manifesta violazione del diritto fondamentale del minore. Il suddetto governo afferma che, in tal caso, il regolamento n. 2201/2003 non può imporre l’esecuzione di una decisione palesemente lesiva dei diritti fondamentali. Esso fonda il suo argomento sul fatto che, nella specie, il ricorso proposto dalla madre di Andrea in Spagna contro la sentenza 16 dicembre 2009 non è stato accolto.

134. Sono del parere che il presente procedimento non si presti a una presa di posizione su un’ipotesi del genere. Infatti, da un lato, se la Corte accoglie la mia analisi relativa alla premessa sottesa alle questioni pregiudiziali, il diritto fondamentale della minore di essere sentita non è stato oggetto di una violazione manifesta. Tale diritto è stato rispettato. Dall’altro, il governo spagnolo in udienza ha contestato l’affermazione secondo la quale la madre della minore avrebbe esaurito tutti i mezzi di ricorso esperibili in Spagna. Inoltre, tale governo sostiene che, nel proprio ordinamento giuridico interno, esiste un mezzo di ricorso ad hoc allorché una parte allega una violazione dei suoi diritti fondamentali.

135. A tale proposito ritengo che l’esistenza nell’ordinamento giuridico dello Stato membro di origine di mezzi di ricorso (presenti nella fattispecie) volti a consentire alle parti di contestare la fondatezza di una decisione certificata ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 – e, pertanto, il rispetto dei diritti fondamentali da parte del giudice che ha emesso tale decisione – sia l’indispensabile contropartita dell’assenza di qualunque possibilità di contestazione di tale decisione nello Stato membro dell’esecuzione.

136. In ogni caso e in linea di principio, l’ipotesi prefigurata dal governo tedesco non dovrebbe neppure realizzarsi. I giudici nazionali devono applicare il diritto dell’Unione in conformità dei diritti fondamentali e, in caso di dubbio sulla portata degli stessi, sono tenuti ad adire la Corte con un rinvio pregiudiziale. Gli Stati membri devono inoltre prevedere, nel loro ordinamento giuridico, i mezzi di ricorso necessari ad assicurare che tali diritti vengano effettivamente rispettati. Infine, il rispetto di tali obblighi è soggetto al controllo della Commissione, la quale può, tra l’altro, avviare un procedimento per inadempimento contro uno Stato membro qualora i suoi giudici e, in particolare, la sua Corte suprema vengano meno a tali obblighi (24).

137. Il caso in esame non permette di dubitare dell’idoneità dell’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro ad assicurare un’applicazione del regolamento n. 2201/2003 rispettosa dei diritti fondamentali del minore.

138. Esso dimostra, al contrario, che il riconoscimento a favore dei giudici dello Stato membro dell’esecuzione di un diritto di opposizione sarebbe atto a ricreare eventuali situazioni di stallo o ritardi ingiustificati nell’esecuzione di decisioni che prescrivono il ritorno di un minore adottate sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003. Come si è già avuto modo di esporre, nel settore specifico e molto doloroso delle sottrazioni di minori, ogni mese di ritardo nell’esecuzione di una decisione che prescrive il ritorno rende quest’ultimo più difficile ed aggrava quindi la situazione. Pertanto, l’effetto utile del regolamento n. 2201/2003 risulterebbe seriamente compromesso qualora l’esecuzione di tale decisione potesse essere contestata in un modo o nell’altro dinanzi all’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione e dipendesse quindi dall’esito di un procedimento dinanzi a detti giudici.

139. In base a tali considerazioni, propongo alla Corte di completare la risposta precedente aggiungendo che, anche ammettendo che il minore non abbia avuto la possibilità di essere sentito, contrariamente a quanto indicato nel certificato emesso ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 e in violazione delle disposizioni di tale articolo, nonché del diritto fondamentale enunciato all’art. 24, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali, detto regolamento deve essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro richiesto non può opporsi all’esecuzione di una decisione certificata che prescrive il ritorno di un minore adottata sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del medesimo regolamento.

IV – Conclusione

140. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo di risolvere le questioni sottoposte dall’Oberlandesgericht Celle nel modo seguente:

«L’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, deve essere interpretato nel senso che la condizione enunciata in detta disposizione risulta soddisfatta allorché il minore è stato sentito dall’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con una decisione contro il ritorno e allorché il giudice dello Stato membro competente ha tenuto conto di tale audizione nella sua decisione che prescrive il ritorno adottata in forza dell’art. 11, n. 8, del medesimo regolamento.

Anche ammettendo che il minore non abbia avuto la possibilità di essere sentito, contrariamente a quanto indicato nel certificato emesso ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 e in violazione delle disposizioni di tale articolo, nonché del diritto fondamentale enunciato all’art. 24, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali, detto regolamento deve essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro richiesto non può opporsi all’esecuzione di una decisione certificata che prescrive il ritorno di un minore adottata sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del medesimo regolamento».


1  – Lingua originale: il francese.


2 – Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (in prosieguo: la «Convenzione dell’Aia del 1980»).


3 – Regolamento 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU L 338, pag. 1).


4 – V. sentenze 11 luglio 2008, causa C‑195/08 PPU, Rinau (Racc. pag. I‑5271), e 1° luglio 2010, causa C‑211/10 PPU, Povse.


5 – Sentenza Povse, cit. (punti 73‑75).


6 – Artt. 60 e 62 di detto regolamento.


7 – GU L 174, pag. 1.


8 – Sentenza 2 aprile 2009, causa C‑523/07, A (Racc. pag. I‑2805, punto 34).


9 – Sentenza 27 novembre 2007, causa C‑435/06, C (Racc. pag. I‑10141, punto 46).


10 –      Sentenza A, cit. (punti 35‑37).


11 –      Citate sentenze Rinau (punto 63) e Povse (punto 56).


12 – Sentenza Rinau, cit. (punto 68).


13 – In tal senso, l’art. 12 della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, prevede quanto segue:


      «1. Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa (…).


      2. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale».


      L’art. 3 della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori, del 25 gennaio 1996, e l’art. 6 della Convenzione europea sulle relazioni personali riguardanti i fanciulli, del 15 maggio 2003, prevedono il diritto del minore di essere informato, consultato e di esprimere la sua opinione sulle procedure. V., in particolare, A. Gouttenoire, «L’audition de l’enfant dans le règlement “Bruxelles II bis”», in Le nouveau droit communautaire du divorce et de la responsabilité parentale, Dalloz, 2005, pagg. 201 e segg.


14 – Sentenza 23 dicembre 2009, causa C‑403/09 PPU, Detiček (Racc. pag. I‑12193, punto 54). V. anche Corte eur. D. U., sentenza 29 aprile 2003, Iglesias Gil e A.U.I./Spagna, Recueil des arrêts et décisions 2003‑V.


15 – V. Corte eur. D. U., sentenza 22 giugno 2004, Pini, Bertani, Manera e Atripaldi/Romania, Recueil des arrêts et décisions 2004‑IV, in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che le autorità nazionali non avessero ecceduto il loro margine discrezionale nel fissare a dieci anni l’età a partire dalla quale si doveva tener conto del consenso del minore alla sua adozione.


16 –      V. Corte eur. D. U., sentenza 8 luglio 2003, Sahin/Germania, Recueil des arrêts et décisions 2003‑VIII, in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che, nell’ambito di un procedimento vertente sul diritto di visita di un genitore che non ha l’affidamento di un minore, il giudice non può essere tenuto a sentire sistematicamente il minore in udienza, ma deve disporre di un margine di discrezionalità per quanto riguarda le condizioni di tale audizione in funzione delle circostanze particolari del caso di specie, nonché dell’età e del grado di maturità del minore interessato (§ 73).


17 – L’art. 13, secondo comma, della Convenzione dell’Aia dispone quanto segue:


      «L’Autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere».


18 – Punto 60.


19 – Ricordo che l’art. 11, n. 6, del regolamento n. 2201/2003 dispone quanto segue:


      «Se un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno di un minore in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, l’autorità giurisdizionale deve immediatamente trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi al giudice [il corsivo è mio], all’autorità giurisdizionale competente o all’autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, come stabilito dalla legislazione nazionale. L’autorità giurisdizionale riceve tutti i documenti indicati entro un mese dall’emanazione del provvedimento contro il ritorno».


20 – V. art. 11, nn. 3 e 6, del regolamento n. 2201/2003.


21 – Il punto 54 di detta sentenza è così formulato:


      «Analogamente, gli artt. 40 e 42­47 del regolamento [n. 2201/2003] non subordinano affatto l’esecuzione di una decisione emessa ai sensi dell’art. 11, n. 8, e certificata ai sensi dell’art. 42, n. 1, del regolamento, alla previa adozione di una decisione in materia di affidamento».


22 – Decisione quadro 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190, pag. 1; in prosieguo: la «decisione quadro»).


23 – V. artt. 3 e 4 della decisione quadro.


24 – Sentenza 9 dicembre 2003, causa C‑129/00, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑14637, punto 32).

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PRESA DI POSIZIONE DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentata il 7 dicembre 2010 (1)

Causa C‑491/10 PPU

Joseba Andoni Aguirre Zarraga

contro

Simone Pelz

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht Celle (Germania)]

«Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Diritto di affidamento provvisorio – Sottrazione di minore – Decisione certificata che prescrive il ritorno di un minore in seguito ad una decisione contro il ritorno – Condizioni per il rilascio del certificato – Possibilità per il minore di essere sentito – Carta dei diritti fondamentali – Audizione del minore da parte dell’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con la decisione contro il ritorno – Competenza del giudice dello Stato membro dell’esecuzione ad opporsi all’esecuzione di una decisione che prescrive il ritorno del minore adottata in seguito ad una decisione contro il ritorno»





1.        I conflitti all’interno di una coppia in fase di divorzio relativi alla sorte dei figli comuni possono costituire per questi ultimi un’esperienza dolorosa, se non traumatizzante. Tale esperienza può risultare ancor peggiore qualora, nel caso di una coppia mista, uno dei genitori, non accettando i provvedimenti adottati in relazione ai figli dal giudice dello Stato membro in cui risiedeva la coppia, si trasferisca con i figli nel proprio Stato di origine e tenti di ottenere dai giudici di tale Stato una decisione contraria. Se vi riesce, la situazione dei figli risulta disciplinata da decisioni giurisdizionali contraddittorie, che comportano, nella maggior parte dei casi, l’interruzione più o meno prolungata di qualsiasi rapporto o di rapporti normali con l’altro genitore.

2.        La gravità del danno causato ai minori da tali comportamenti ha indotto gli Stati, anzitutto per via convenzionale, con la Convenzione dell’Aia 25 ottobre 1980 (2), e successivamente, nell’ambito dell’Unione europea, per via prima convenzionale e in seguito regolamentare, ad istituire sistemi di cooperazione tra i giudici di Stati diversi destinati, nei casi in cui un minore venga sottratto o trattenuto illecitamente da uno dei genitori, a garantirne il ritorno nel più breve tempo possibile nel luogo in cui risiedeva prima di essere sottratto.

3.        Il regolamento (CE) del Consiglio n. 2201/2003 (3), applicabile al caso di specie, prevede infatti un sistema in base al quale il giudice del luogo in cui risiede il minore, qualora il giudice dello Stato membro in cui il minore è stato condotto illecitamente emetta una decisione contro il suo ritorno, ha in qualche modo l’ultima parola e può prescrivere tale ritorno con una decisione esecutiva ipso iure e non contestabile negli altri Stati membri.

4.        Tale esecutività rafforzata è subordinata al rilascio da parte del giudice che ha adottato tale decisione di un certificato che attesti, in particolare, che il minore ha avuto la possibilità di essere sentito, salvo che la sua età o il suo grado di maturità non lo consentissero, e che detto giudice ha tenuto conto degli elementi in base ai quali il giudice del luogo in cui il minore è stato condotto illecitamente aveva adottato una decisione contro il ritorno.

5.        L’esecuzione di decisioni così certificate ha già dato luogo a varie difficoltà di interpretazione, che hanno consentito alla Corte di confermare e precisare la portata della loro specifica efficacia esecutiva (4). In tal senso, nella citata sentenza Povse, la Corte ha dichiarato che, in base alla ripartizione di competenze tra i giudici dello Stato membro d’origine e quelli dello Stato membro dell’esecuzione, quest’ultimo deve limitarsi a constatare l’efficacia esecutiva di una decisione certificata e le contestazioni relative al certificato possono essere sollevate soltanto nello Stato membro di origine (5).

6.        Nella presente causa l’Oberlandesgericht Celle (Germania) chiede se, malgrado l’efficacia esecutiva specifica di una decisione certificata, esso possa opporsi all’esecuzione della stessa in caso di violazione particolarmente grave di un diritto fondamentale del minore, qualora quest’ultimo non sia stato sentito, in violazione delle disposizioni del regolamento n. 2201/2003 interpretate conformemente alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta dei diritti fondamentali»). Detto giudice chiede, in subordine, se sia tenuto ad eseguire tale decisione nel caso in cui il certificato che lo accompagna contenga una dichiarazione manifestamente errata per quanto riguarda l’audizione del minore.

7.        Il giudice del rinvio ha precisato, inoltre, di non chiedere l’applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza in ragione del fatto che le sue due questioni erano fondamentali e che il loro esame doveva essere effettuato nell’ambito di un procedimento pregiudiziale approfondito.

8.        La Corte, conformemente al potere conferitole dall’art. 104 ter, n. 1, terzo e ultimo comma, del suo regolamento di procedura, ha ritenuto tuttavia che sussistessero le condizioni per l’applicazione del procedimento d’urgenza e ha deciso di esaminare la presente causa secondo detto procedimento.

9.        Nella presente presa di posizione, prima di procedere all’esame delle questioni pregiudiziali, proporrò alla Corte di pronunciarsi sulla fondatezza della premessa sulla quale tali questioni si fondano. Dette questioni si basano infatti sulla premessa che la minore non ha avuto la possibilità di essere sentita, contrariamente a quanto indicato nel certificato che accompagna la decisione che ne prescrive il ritorno e che, pertanto, le condizioni cui è subordinato il rilascio di tale certificato non sono state rispettate dal giudice dello Stato membro di origine.

10.      Dagli atti, tuttavia, sebbene risulti effettivamente che la minore non ha potuto essere sentita da detto giudice, emerge altresì che si era proceduto alla sua audizione su richiesta dell’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con la decisione contro il ritorno, e che il parere espresso dalla minore durante tale audizione è stato evocato nella controversa decisione certificata.

11.      Pertanto, nella presente presa di posizione proporrò alla Corte di esaminare, preliminarmente, la fondatezza della premessa del giudice del rinvio e di pronunciarsi quindi sulla questione se, in tali circostanze, ricorresse la condizione secondo cui una decisione che prescrive il ritorno del minore può essere certificata solo se quest’ultimo ha avuto la possibilità di essere ascoltato.

12.      Esporrò i motivi per i quali, a mio avviso, si deve ritenere che tale condizione sia stata effettivamente rispettata.

13.      Indicherò poi, in subordine, che, anche ammettendo che detta condizione non sia stata soddisfatta, un giudice dello Stato membro richiesto non può opporsi all’esecuzione di una decisione certificata. Ricorderò che, sulla base della rigorosa ripartizione di competenze tra i giudici degli Stati membri interessati, le contestazioni relative ad una decisione di questo tipo e ad un certificato rilasciato ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 rientrano nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato membro d’origine.

I –    Contesto normativo

14.      Le disposizioni pertinenti sono la Convenzione dell’Aia del 1980, il regolamento n. 2201/2003 e la Carta dei diritti fondamentali.

15.      La Convenzione dell’Aia del 1980, entrata in vigore il 1° dicembre 1983, è stata ratificata da tutti gli Stati membri. Essa continua ad applicarsi tra loro, ma le sue disposizioni sono integrate da quelle del regolamento n. 2201/2003. Le disposizioni di tale regolamento, nei rapporti tra gli Stati membri, prevalgono su quelle della Convenzione (6).

A –    La Convenzione dell’Aia del 1980

16.      La Convenzione dell’Aia del 1980 parte dal presupposto che qualsiasi trasferimento improvviso di un minore dal luogo della sua residenza abituale senza il consenso di chi ne ha l’affidamento lede gravemente gli interessi del minore e costituisce una via di fatto che occorre far cessare nel più breve tempo possibile, senza esame nel merito della controversia esistente tra i genitori.

17.      Secondo il suo art. 1, detta Convenzione ha quindi lo scopo di far rispettare effettivamente negli altri Stati membri contraenti i diritti di affidamento esistenti in uno Stato contraente e di assicurare l’immediato rientro in tale Stato di un minore illecitamente trasferito o trattenuto.

18.      Ai sensi dell’art. 3 della detta Convenzione, un trasferimento è ritenuto illecito quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona in base alla legislazione o ad una decisione giudiziaria dello Stato in cui il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento.

19.      Per qualsiasi questione relativa all’affidamento, deve prevalere «l’interesse del minore». Questi ha diritto alla stabilità e a rimanere nella sua residenza abituale, considerata uno dei fondamenti essenziali del suo equilibrio e del suo sviluppo. Il minore non è un oggetto che i genitori possano strumentalizzare in caso di conflitto tra loro.

20.      In tale contesto, qualora venga constatato un trasferimento illecito, viene ordinato il ritorno immediato del minore alla sua residenza abituale. La decisione che prescrive il ritorno è quindi disgiunta dall’attribuzione del diritto di affidamento, che può essere meglio valutato dal giudice della residenza abituale.

21.      L’art. 12 della Convenzione dell’Aia del 1980 dispone quindi quanto segue:

«Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore fino alla presentazione dell’istanza presso l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il minore, l’autorità adita ordina il suo ritorno immediato.

L’Autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo la scadenza del periodo di un anno di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente.

(…)».

22.      Gli autori di tale Convenzione, tuttavia, hanno voluto temperare il meccanismo semiautomatico del ritorno con eccezioni che consentono di tenere conto dell’interesse del minore e delle circostanze. L’art. 13 della detta Convenzione prevede quindi che l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno dimostri:

–        che la persona cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o aveva acconsentito, anche successivamente, al trasferimento, o

–        che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile, o

–        che il minore si oppone al ritorno e ha raggiunto un’età e un grado di maturità tali che risulta opportuno tener conto del suo parere.

23.      L’applicazione della Convenzione dell’Aia del 1980, conformemente al suo art. 4, cessa allorché il minore compie sedici anni. Inoltre, secondo l’art. 20 della medesima Convenzione, il ritorno del minore, in conformità con le disposizioni dell’art. 12 della stessa, può essere rifiutato nel caso non fosse consentito dai principi fondamentali dello Stato richiesto relativi alla protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

B –    Il regolamento n. 2201/2003

24.      Il regolamento n. 2201/2003, al pari della Convenzione dell’Aia del 1980, mira a dissuadere le sottrazioni di minori assicurando il rapido rientro del minore sottratto nello Stato membro d’origine. Detto regolamento rientra nello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia che, come ricordato al suo secondo ‘considerando’, si basa sul riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie.

25.      A tal fine, il legislatore comunitario ha inteso instaurare il seguente sistema:

–        rimangono competenti i giudici dello Stato membro d’origine. Il trasferimento illecito del minore non comporta di per sé il trasferimento di competenza;

–        i giudici dello Stato membro richiesto devono garantire il rapido ritorno del minore;

–        se il giudice dello Stato membro richiesto decide di non prescrivere il ritorno del minore, esso deve trasmettere la sua decisione e gli elementi di prova alla base di tale decisione al giudice competente dello Stato membro d’origine, e i due giudici devono collaborare;

–        se il giudice dello Stato membro d’origine prescrive il ritorno del minore, la sua decisione, qualora sia stata certificata dal medesimo giudice, è esecutiva ipso iure nello Stato membro richiesto e non può essere oggetto di contestazione in detto Stato.

26.      In tal senso, il diciassettesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 è così formulato:

«In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la convenzione dell’Aia del (…) 1980, quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l’articolo 11. I giudici dello Stato membro in cui il minore è stato trasferito o trattenuto illecitamente dovrebbero avere la possibilità di opporsi al suo rientro in casi precisi, debitamente motivati. Tuttavia, una simile decisione dovrebbe poter essere sostituita da una decisione successiva emessa dai giudici dello Stato membro di residenza abituale del minore prima del suo trasferimento illecito o mancato rientro. Se la decisione implica il rientro del minore, esso dovrebbe avvenire senza che sia necessario ricorrere a procedimenti per il riconoscimento e l’esecuzione della decisione nello Stato membro in cui il minore è trattenuto».

27.      Secondo il ventunesimo ‘considerando’ di tale regolamento, il «riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul principio della fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile».

28.      A termini del ventitreesimo ‘considerando’ di detto regolamento, le «decisioni in materia di diritto di visita o di ritorno, che siano state certificate nello Stato membro d’origine conformemente alle disposizioni del presente regolamento, dovrebbero essere riconosciute e avere efficacia esecutiva in tutti gli altri Stati membri senza che sia richiesto qualsiasi altro procedimento. Le modalità relative all’esecuzione di tali decisioni sono tuttora disciplinate dalla legge nazionale». Il ventiquattresimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 prosegue indicando che il «certificato rilasciato allo scopo di facilitare l’esecuzione della decisione non dovrebbe essere impugnabile. Non dovrebbe poter dare luogo a una domanda di rettifica se non in caso di errore materiale, ossia se il certificato non rispecchia correttamente il contenuto della decisione».

29.      Inoltre, tale regolamento riconosce l’importanza dell’audizione del minore. Infatti, secondo il suo diciannovesimo ‘considerando’, l’«audizione del minore è importante ai fini dell’applicazione del presente regolamento, senza che detto strumento miri a modificare le procedure nazionali applicabili in materia».

30.      Secondo il ventesimo ‘considerando’ di detto regolamento, l’«audizione del minore in un altro Stato membro può essere effettuata in base alle modalità previste dal regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale [(7)]».

31.      Infine, il trentatreesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 precisa che il «presente regolamento riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali (…). In particolare, mira a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino quali riconosciuti dall’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali (…)».

32.      Queste diverse intenzioni del legislatore sono state attuate come segue negli articoli del regolamento n. 2201/2003.

33.      Ai sensi dell’art. 2, punto 11, di detto regolamento, che riproduce sostanzialmente la stessa definizione contenuta nella Convenzione dell’Aia del 1980, sussiste «trasferimento illecito o mancato ritorno del minore» quando tale trasferimento o mancato ritorno avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e se il diritto di affidamento era effettivamente esercitato.

34.      L’art. 11 del suddetto regolamento, rubricato «Ritorno del minore», così dispone:

«1.      Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla convenzione dell’Aia del (…) 1980 per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

2.      Nell’applicare gli articoli 12 e 13 della convenzione dell’Aia del 1980, si assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità.

3.      Un’autorità giurisdizionale alla quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale.

Fatto salvo il primo comma l’autorità giurisdizionale, salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano, emana il provvedimento al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda.

4.      Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all’articolo 13, lettera b), della convenzione dell’Aia del 1980 qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno.

(…)

6.      Se un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno di un minore in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, l’autorità giurisdizionale deve immediatamente trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi al giudice, all’autorità giurisdizionale competente o all’autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, come stabilito dalla legislazione nazionale. L’autorità giurisdizionale riceve tutti i documenti indicati entro un mese dall’emanazione del provvedimento contro il ritorno.

7.      A meno che l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno non sia già stata adita da una delle parti, l’autorità giurisdizionale o l’autorità centrale che riceve le informazioni di cui al paragrafo 6 deve informarne le parti e invitarle a presentare all’autorità giurisdizionale le proprie conclusioni, conformemente alla legislazione nazionale, entro tre mesi dalla data della notifica, affinché quest’ultima esamini la questione dell’affidamento del minore.

Fatte salve le norme sulla competenza di cui al presente regolamento, in caso di mancato ricevimento delle conclusioni entro il termine stabilito, l’autorità giurisdizionale archivia il procedimento.

8.      Nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore emanata da un giudice competente ai sensi del presente regolamento è esecutiva conformemente alla sezione 4 del capo III, allo scopo di assicurare il ritorno del minore».

35.      L’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, che fa parte di detta sezione 4 del capo III, dispone quanto segue:

«1.      Il ritorno del minore di cui all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), ordinato con una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è riconosciuto ed è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento, se la decisione è stata certificata nello Stato membro d’origine conformemente al paragrafo 2.

Anche se la legislazione nazionale non prevede l’esecutività di diritto, nonostante eventuali impugnazioni, di una decisione che prescrive il ritorno del minore di cui all’articolo 11, paragrafo 8, l’autorità giurisdizionale può dichiarare che la decisione in questione è esecutiva.

2.      Il giudice di origine che ha emanato la decisione di cui all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), rilascia il certificato di cui al paragrafo 1 solo se:

a)      il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l’audizione sia stata ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità,

b)      le parti hanno avuto la possibilità di essere ascoltate; e

c)      l’autorità giurisdizionale ha tenuto conto, nel rendere la sua decisione, dei motivi e degli elementi di prova alla base del provvedimento emesso conformemente all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980.

Nel caso in cui l’autorità giurisdizionale o qualsiasi altra autorità adotti misure per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno nello Stato della residenza abituale, il certificato contiene i dettagli di tali misure.

Il giudice d’origine rilascia detto certificato di sua iniziativa utilizzando il modello standard di cui all’allegato IV (certificato sul ritorno del minore).

Il certificato è compilato nella lingua della decisione».

36.      Ai sensi dell’art. 47, n. 2, del regolamento n. 2201/2003, «[o]gni decisione pronunciata dall’autorità giurisdizionale di uno Stato membro e dichiarata esecutiva (…) o certificata conformemente (…) all’articolo 42, paragrafo 1, è eseguita nello Stato membro dell’esecuzione alle stesse condizioni che si applicherebbero se la decisione fosse stata pronunciata in tale Stato membro».

C –    La Carta dei diritti fondamentali

37.      La Carta dei diritti fondamentali, che, ai sensi dell’art. 6 TUE, ha lo stesso valore giuridico dei trattati, menziona, all’art. 24, i diritti del minore nei termini seguenti:

«1.      I minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione. Questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.

2.      In tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente.

3.      Il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse».

II – La controversia principale e le questioni pregiudiziali

38.      I fatti all’origine della controversia principale, quali descritti dal giudice del rinvio, possono essere riassunti come segue.

39.      Il sig. Aguirre Zarraga e la sig.ra Pelz si sono sposati il 25 settembre 1998 ad Erandio (Spagna). Dal matrimonio, in data 31 gennaio 2000, è nata la figlia Andrea. La residenza familiare comune dei genitori della minore si trovava a Sondka (Spagna).

40.      Alla fine del 2007 i genitori si separavano. Entrambi depositavano reciproche istanze di divorzio, chiedendo ciascuno l’affidamento esclusivo di Andrea.

41.      Con ordinanza 12 maggio 2008 il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao (Spagna) concedeva provvisoriamente al padre l’affidamento di Andrea. Conseguentemente, Andrea si trasferiva presso il domicilio del padre. Nel giugno 2008 la madre della minore si trasferiva in Germania. Dopo la visita presso la madre durante le ferie estive del 2008, quest’ultima tratteneva Andrea presso di sé. Dal 15 agosto 2008 Andrea vive quindi presso il domicilio della madre in Germania. Nella stessa data il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao pronunciava un’ordinanza recante il divieto per Andrea di espatrio dalla Spagna.

42.      Il padre di Andrea presentava quindi istanza per il ritorno della figlia in Spagna in base alla Convenzione dell’Aia del 1980. Tale istanza veniva respinta con decisione 1° luglio 2009, adottata sul fondamento dell’art. 13, secondo comma, della detta Convenzione. Dall’audizione di Andrea, tenutasi all’epoca, emergeva la netta opposizione di quest’ultima al ritorno in Spagna. Dalla consulenza tecnica disposta dal Tribunale in seguito a detta audizione risultava che, in considerazione dell’età e della maturità di Andrea, era necessario tenere conto della sua opinione.

43.      Il Ministero tedesco della Giustizia trasmetteva detta sentenza all’autorità centrale spagnola con lettera dell’8 luglio 2009.

44.      Lo stesso mese il procedimento per l’affidamento della minore proseguiva dinanzi al Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao. Detto giudice, ritenendo necessario ordinare una nuova consulenza tecnica e ascoltare personalmente Andrea, fissava le relative udienze a Bilbao. A tali udienze non comparivano né Andrea né la madre. Il giudice spagnolo non accoglieva l’istanza presentata in precedenza dalla madre della minore volta ad ottenere un salvacondotto per sé e per la figlia per poter lasciare liberamente la Spagna in seguito alla consulenza tecnica e all’audizione di Andrea. Detto giudice non accoglieva nemmeno l’espressa richiesta della madre di procedere all’audizione di Andrea tramite videoconferenza.

45.      Con sentenza 16 dicembre 2009 il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao assegnava al padre l’affidamento esclusivo della minore.

46.      La madre della minore interponeva appello avverso detta sentenza, invocando in particolare la necessità di un’audizione di Andrea. Con ordinanza 21 aprile 2010 l’Audiencia Provincial de Vizcaya (Corte d’appello di Biscaglia, Spagna) respingeva tale istanza per lo svolgimento di un’audizione della minore.

47.      Il 5 febbraio 2010 il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao certificava la sentenza 16 dicembre 2009 conformemente all’art. 42 del regolamento n. 2201/2003.

48.      La madre della minore chiedeva, per parte sua, che non si procedesse all’esecuzione forzata e che venisse negato il riconoscimento di detta sentenza.

49.      Con ordinanza 28 aprile 2010 l’Amtsgericht – Familiengericht – Celle (Sezione famiglia del Tribunale distrettuale di Celle, Germania) accoglieva tale domanda, in ragione del fatto che il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao non aveva ascoltato Andrea prima di emettere la sua decisione.

50.      Il 18 giugno 2010 il padre della minore proponeva appello contro tale ordinanza.

51.      L’Oberlandesgericht Celle, adito con tale ricorso, afferma di trovarsi di fronte alle due questioni seguenti.

52.      Sebbene la sentenza 16 dicembre 2009 sia un provvedimento che prescrive il ritorno della minore a seguito di una decisione contro il ritorno, in relazione al quale il giudice dello Stato membro dell’esecuzione, in linea di principio, non ha nessun potere di controllo, come risulta dalle citate sentenze Rinau e Povse, esso ritiene di dover disporre, in caso di violazione particolarmente grave di diritti fondamentali, di un proprio potere di controllo per potersi opporre all’esecuzione di una decisione del genere.

53.      L’Oberlandesgericht Celle ritiene infatti che, nella controversia principale, la mancata audizione di Andrea da parte del giudice dello Stato membro d’origine costituisca una violazione dell’art. 24, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali. Si tratterebbe di una violazione di gravità tale da giustificare il riconoscimento di una competenza di controllo del giudice dello Stato membro dell’esecuzione sulla base di un’interpretazione dell’art. 42, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 conforme alla Carta dei diritti fondamentali.

54.      Inoltre, l’Oberlandesgericht Celle si interroga sulla questione se, nel caso in cui, nonostante tale violazione dei diritti fondamentali, il giudice dello Stato membro dell’esecuzione fosse privo di qualsiasi potere di controllo, esso possa essere vincolato da un certificato, emesso in forza dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, il cui contenuto sia manifestamente erroneo. Tale ipotesi ricorrerebbe appunto nel caso di specie, in cui il certificato conterrebbe una dichiarazione manifestamente errata, vale a dire che la minore sarebbe stata sentita dal Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao.

55.      L’Oberlandesgericht ha pertanto deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, sulla base di un’interpretazione dell’art. 42 del regolamento [n. 2201/2003] conforme alla Carta dei diritti fondamentali, nel caso in cui si debba dare esecuzione alla decisione di uno Stato membro di origine viziata da gravi violazioni dei diritti fondamentali, il giudice dello Stato membro dell’esecuzione disponga eccezionalmente di propri poteri di esame.

2)      Se il giudice dello Stato membro dell’esecuzione sia obbligato a dare esecuzione ad un certificato rilasciato dal giudice dello Stato membro d’origine ai sensi dell’art. 42 regolamento [n. 2201/2003], benché tale certificato, sulla base degli atti di causa, risulti manifestamente inesatto».

III – Analisi

56.      Con le sue questioni il giudice del rinvio chiede, anzitutto, se il regolamento n. 2201/2003 debba essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro richiesto può opporsi all’esecuzione di un provvedimento che prescrive il ritorno di un minore emanato sul fondamento dell’art. 11, n. 8, di detto regolamento qualora risulti che il minore in questione non è stato sentito in violazione delle disposizioni dell’art. 42 del medesimo regolamento, interpretate conformemente al diritto fondamentale enunciato all’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali. Esso chiede poi se, in caso di soluzione in senso negativo della prima questione, detto giudice sia tenuto a procedere a tale esecuzione qualora risulti che il certificato che accompagna il provvedimento controverso sia manifestamente errato, in quanto indicherebbe erroneamente che il minore è stato sentito.

57.      Queste due questioni si fondano quindi sulla premessa che, nella causa principale, la minore non abbia avuto la possibilità di essere ascoltata, in violazione dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, letto alla luce dell’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali.

58.      Dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio e dagli atti risulta tuttavia che un’audizione della minore è stata effettuata dall’Amtsgericht – Familiengericht – Celle all’udienza del 20 marzo 2009, nell’ambito del procedimento conclusosi con la decisione contro il ritorno adottata da tale giudice il 1° luglio 2009.

59.      Risulta inoltre dall’esame della sentenza pronunciata dal Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao il 16 dicembre 2009, che prescrive il ritorno della minore in seguito a detta decisione contro il ritorno, che detto giudice ha preso in considerazione tale audizione e ha esposto i motivi per i quali, malgrado il rifiuto della minore di tornare a vivere in Spagna, riteneva che il ritorno di quest’ultima costituisse la soluzione più conforme ai suoi interessi.

60.      Secondo il giudice del rinvio, detta audizione e il riferimento alla stessa contenuto nella sentenza 16 dicembre 2009 non consentono di ritenere che sia stato rispettato il diritto fondamentale della minore, sancito dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003. Tale disposizione prevede, lo ricordo, che il giudice dello Stato membro d’origine che decide di prescrivere il ritorno del minore nonostante un provvedimento contro il ritorno può certificare la propria decisione e conferirle così un’efficacia esecutiva rafforzata solo se il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l’audizione sia stata ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità.

61.      La premessa del giudice del rinvio si fonda quindi su un’interpretazione dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 secondo cui il giudice dello Stato membro d’origine non può limitarsi a fare riferimento ad un’audizione del minore effettuata dall’autorità giudiziaria dello Stato richiesto, nell’ambito di un procedimento conclusosi con il provvedimento contro il ritorno, ma deve procedere esso stesso ad una nuova audizione del minore, salvo ledere gravemente il suo diritto fondamentale sancito dall’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali.

62.      È essenziale, a mio parere, che la Corte, prima di esaminare le questioni sottopostele dal giudice del rinvio, si pronunci sulla validità di tale premessa, dato che essa, da un lato, condiziona la pertinenza di tali questioni e, dall’altro, verte su un elemento importante del sistema e delle garanzie previste dal regolamento n. 2201/2003.

A –    La fondatezza della premessa sottesa alle questioni pregiudiziali

63.      Propongo alla Corte di pronunciarsi in via preliminare sulla seguente questione:

«Se l’audizione del minore effettuata dall’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con un provvedimento contro il ritorno e di cui il giudice dello Stato membro di origine ha tenuto conto nella sua decisione che prescrive il ritorno, adottata in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003, consenta di ritenere che sia stata soddisfatta la condizione di cui all’art. 42, n. 2, lett. a), di tale regolamento, secondo cui il minore deve avere avuto la possibilità di essere sentito».

64.      Per rispettare il principio del contraddittorio, le parti della causa principale e le altre parti autorizzate a presentare osservazioni dinanzi alla Corte, per iscritto o nel corso della fase orale, sono state invitate a pronunciarsi su tale questione.

65.      Il governo tedesco e la Commissione europea sostengono che occorre risolvere detta questione in senso negativo. Essi hanno fondato tale posizione su vari argomenti che possono essere riassunti nel modo seguente.

–        L’audizione dinanzi al giudice dello Stato membro dell’esecuzione e quella di cui all’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 hanno oggetti diversi, dato che la prima verte sul ritorno del minore, mentre la seconda è volta a permettere di statuire sul diritto di affidamento definitivo del minore e ha quindi una portata più ampia.

–        Ammettere che la condizione di cui all’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 risulti soddisfatta allorché il minore è stato sentito dal giudice dello Stato membro dell’esecuzione avrebbe la conseguenza di dispensare sistematicamente il giudice dello Stato membro di origine dall’obbligo di sentire il minore e consentirebbe quindi di eludere la suddetta disposizione. Ciò contrasterebbe inoltre con l’economia della medesima disposizione, la quale enuncia, alla lett. a), l’obbligo di sentire il minore, e non solo, alla lett. c), l’obbligo di tenere conto degli elementi alla base del provvedimento contro il ritorno.

–        Secondo la Commissione, nel caso in esame il tempo trascorso tra l’audizione della minore da parte del giudice dello Stato membro richiesto e l’adozione della decisione che ne prescriveva il ritorno, ossia circa nove mesi, non consentiva di considerare soddisfatta la condizione prevista dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003.

66.      Nel corso dell’udienza del 6 dicembre 2010 anche la sig.ra Pelz nonché i governi ellenico, francese e lettone hanno sostenuto tale posizione.

67.      A differenza delle menzionate parti intervenienti e del giudice del rinvio, sono del parere, sostenuto anche dal sig. Aguirre Zamaga e dal governo spagnolo, che occorra rispondere in senso affermativo alla questione in esame. La mia posizione si fonda, da un lato, sul contenuto del diritto fondamentale del minore di essere sentito, sancito dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003, e, dall’altro, sul sistema di cooperazione tra i giudici di Stati membri diversi previsto da detto regolamento.

1.      Il contenuto del diritto fondamentale del minore di essere sentito

68.      Sosterrò, per quanto riguarda il diritto fondamentale del minore di essere sentito, quale sancito dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003, in primo luogo, che esso deve formare oggetto di un’interpretazione autonoma, in secondo luogo, che esso è inteso a che il minore dotato di una capacità di discernimento sufficiente abbia la possibilità di esprimere la propria opinione in merito al suo ritorno e, in terzo luogo, che tale opinione non è vincolante per il giudice, ma costituisce un elemento che consente di valutare se l’interesse superiore del minore osti a tale ritorno.

a)      Un’interpretazione autonoma

69.      È pacifico che il regolamento n. 2201/2003, al pari di qualsiasi atto di diritto dell’Unione, deve essere applicato in conformità dei diritti fondamentali. Come enuncia il suo trentatreesimo ‘considerando’, tale regolamento osserva i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali e mira, in particolare, a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del minore quali riconosciuti dall’art. 24 di quest’ultima. Inoltre, come indicato dal suo diciannovesimo ‘considerando’, l’audizione del minore è importante ai fini dell’applicazione del regolamento.

70.      Il regolamento n. 2201/2003 contiene in tal senso quattro disposizioni secondo cui il minore deve aver avuto la possibilità di essere sentito, ossia gli artt. 11, n. 2, e 42, n. 2, lett. a), che riguardano il ritorno di un minore trasferito o trattenuto illecitamente, l’art. 23, lett. b), relativo ai motivi di non riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale, e l’art. 41, n. 2, lett. c), che riguarda il riconoscimento di una decisione sul diritto di visita.

71.      Certamente, le suddette disposizioni non prevedono le modalità procedurali dell’audizione. Tali modalità, come indicato nel diciannovesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003, sono tutt’ora stabilite da ciascuno Stato membro, conformemente al principio dell’autonomia procedurale. Tuttavia, ciò non significa, secondo me, che la questione relativa al rispetto dei diritti fondamentali del minore nell’attuazione della condizione richiesta dall’art. 42, n. 2, lett. a), di detto regolamento debba essere valutata rispetto all’ordine pubblico di ciascuno Stato membro.

72.      Infatti, se si esaminano i diversi articoli del regolamento n. 2201/2003 che prevedono tale audizione, si constata che solo l’art. 23 fa espressamente riferimento all’ordine pubblico dello Stato membro dell’esecuzione. Tale articolo dispone, infatti, che le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non sono riconosciute se, salvo i casi d’urgenza, la decisione è stata resa senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, «in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto».

73.      Tale riferimento non esiste invece nell’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003, né peraltro negli altri due articoli sopra menzionati. Tale differenza di redazione dimostra, a mio parere, che il rispetto della condizione prevista in tale disposizione, secondo cui il minore deve avere avuto la possibilità di essere sentito, non dipende dal rispetto dei diritti fondamentali del minore quali previsti nell’ordinamento giuridico dello Stato membro dell’esecuzione. Il rispetto della condizione espressa all’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamenton. 2201/2003 non è subordinato al fatto che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato conformemente alla legge fondamentale dello Stato membro in cui è stato trasferito o viene trattenuto illecitamente.

74.      Infatti, una disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve essere oggetto, secondo costante giurisprudenza, di un’interpretazione autonoma (8). La Corte ha già applicato tale giurisprudenza nell’ambito del regolamento n. 2201/2003 per quanto riguarda le nozioni di «materie civili», di cui all’art. 1, n. 1,dello stesso (9), e di «residenza abituale», di cui all’art. 8, n. 1, dello stesso (10).

75.      Inoltre, il carattere autonomo del contenuto della condizione enunciata all’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 è confermato, secondo me, anche dall’autonomia procedurale dell’efficacia esecutiva di una decisione che prescrive il ritorno di un minore successiva ad una decisione contro il ritorno (11). Infatti, per assicurare il ritorno effettivo e rapido del minore, tale decisione, ai sensi dell’art. 11, n. 8, di detto regolamento, è esecutiva conformemente al capo III, sezione 4, di detto regolamento, vale a dire che essa è riconosciuta e beneficia dell’esecutività nello Stato membro in cui il minore è stato illecitamente trasferito o trattenuto senza che sia necessaria alcuna dichiarazione che ne riconosca l’esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento (12).

76.      Il regolamento n. 2201/2003 si differenzia quindi dalla Convenzione dell’Aia del 1980, il cui art. 20 prevede che il ritorno del minore può essere rifiutato nel caso non sia consentito dai principi fondamentali dello Stato richiesto. Il «valore aggiunto» del regolamento n. 2201/2003 rispetto a tale Convenzione consiste quindi nel consentire di superare le situazioni di stallo che potrebbero derivare da divergenze di valutazione relative all’interesse superiore del minore nei casi in cui tale valutazione venga effettuata dal giudice di origine e dal giudice richiesto alla luce dei rispettivi diritti fondamentali.

77.      L’effetto utile di tale regolamento verrebbe infatti compromesso qualora il giudice dello Stato membro d’origine dovesse verificare il rispetto delle condizioni di rilascio del certificato che conferisce tale efficacia esecutiva specifica alla sua decisione con riferimento ai diritti fondamentali dello Stato membro in cui il minore è stato trasferito o viene trattenuto illecitamente.

78.      Ne consegue, secondo me, che il diritto fondamentale del minore di essere sentito, quale previsto dall’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, deve avere un contenuto autonomo. Ciò implica, nella specie, che la questione se l’art. 42, n. 2, lett. a), di detto regolamento sia stato rispettato deve essere valutata alla luce non delle esigenze della legge fondamentale tedesca, bensì del contenuto di tale condizione, quale dev’essere inteso uniformemente in tutti gli Stati membri, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte. Rilevo, a tale riguardo, che il governo tedesco condivide questa analisi.

b)      Il contenuto del diritto di essere sentito

79.      L’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 prevede che il giudice dello Stato membro d’origine può certificare la sua decisione che prescrive il ritorno del minore in seguito ad una decisione contro il ritorno solo se «il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l’audizione sia stata ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità».

80.      Dal testo di tale disposizione, letto alla luce dell’art. 24, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali, risulta che il minore oggetto di una decisione che prescrive il ritorno resa sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003 deve avere avuto la possibilità di esprimere liberamente la propria opinione in merito a tale ritorno. Detto articolo traduce, nel settore della sottrazione di minori, l’evoluzione contemporanea dei diritti internazionale ed europeo, in virtù della quale, attualmente, il parere di un minore capace di discernimento deve essere preso in considerazione nelle decisioni che lo riguardano (13).

81.      Vari insegnamenti un po’ più precisi possono essere tratti dalla formulazione di tale diritto fondamentale, quale attuato dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003. È importante sottolineare anzitutto che detto diritto fondamentale deve concorrere a tutelare l’interesse superiore del minore.

82.      Nell’ambito delle disposizioni del regolamento n. 2201/2003 applicabili in caso di trasferimento o trattenimento illecito di un minore, l’interesse superiore di quest’ultimo impone, in linea di principio, un rapido ritorno al luogo della sua residenza iniziale, in quanto la via di fatto di cui il minore è vittima ne lede il diritto fondamentale di intrattenere relazioni dirette e personali con entrambi i genitori (14). Di conseguenza, è possibile derogare a tale ritorno solo se esso risulta contrario, di per sé, all’interesse del minore.

83.      Il diritto conferito al minore dall’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 ha quindi lo scopo di consentirgli di partecipare al processo decisionale che deve concludersi con la decisione finale sul suo ritorno, ma tale partecipazione non dev’essere neppure a sua volta contraria al suo interesse. La tensione fra tali diritti e tali interessi consente, a mio parere, di trarre le seguenti indicazioni.

84.      Anzitutto, l’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 sancisce un diritto al quale si può derogare solo per il motivo enunciato in detta disposizione, vale a dire qualora l’audizione risulti «inopportuna» in ragione dell’età o del grado di maturità del minore. È interessante notare che la disposizione impiega il termine «inopportuna» e non fa riferimento ad uno stato di incapacità fisica oggettiva accertata da un medico. Tale inopportunità rinvia quindi ad una valutazione da parte del giudice dell’idoneità del minore ad esprimere un’opinione personale. Il principio che deve guidare tale valutazione è che ogni minore capace di discernimento deve essere stato messo in condizione di esprimere il proprio parere. Tuttavia, non sembra irragionevole presumere che, prima di una certa età, un minore non sia in grado di esprimere un parere personale che occorra prendere in considerazione (15).

85.      Nella specie non si ravvisano divergenze di valutazione tra il giudice dello Stato membro dell’esecuzione e quello dello Stato membro di origine per quanto riguarda l’idoneità di Andrea ad essere sentita, dato che il secondo l’aveva convocata per l’audizione.

86.      Inoltre, l’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 sancisce il diritto del minore di avere la possibilità di essere sentito. Esso non prevede che il minore debba essere stato sentito. Tale formulazione comporta, a mio avviso, due conseguenze. In primo luogo, il minore che abbia una capacità di discernimento sufficiente deve essere stato informato del fatto che ha il diritto di esprimere liberamente la sua opinione. Poiché, materialmente, l’audizione di un minore, in particolare quella di un minore in tenera età, dipende dal concorso del genitore che lo ha sottratto o che lo trattiene illecitamente, gli Stati membri devono fornire al giudice i mezzi necessari per superare, se del caso, gli ostacoli all’audizione del minore eventualmente opposti da tale genitore.

87.      In secondo luogo, detta formulazione implica che il minore abbia anche il diritto di non pronunciarsi. Il minore non deve essere costretto a scegliere tra il genitore che lo ha sottratto o lo trattiene illecitamente e l’altro genitore. Non deve neppure essere messo in una situazione nella quale possa avere l’impressione di essere l’unico responsabile della decisione relativa al proprio ritorno e, pertanto, della sofferenza che tale decisione potrebbe eventualmente causare ad uno dei genitori. Le condizioni in cui viene raccolto il parere del minore devono essere adeguate alle circostanze e alla sua età nonché alla sua maturità, in modo da non costituire per lo stesso un’esperienza traumatizzante (16). Il giudice nazionale, a mio parere, deve poter far ascoltare il minore da una persona competente in un contesto appropriato, qualora ritenga inopportuno procedere esso stesso a tale audizione. Inoltre, il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao poteva anche ritenere, a mio parere, che nel contesto della presente causa l’audizione mediante videoconferenza di un minore in tenera età, quale Andrea, fosse inopportuna.

88.      È alla luce di tali circostanze che il giudice dello Stato membro d’origine deve accertare, prima di certificare la propria decisione ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, se il minore abbia avuto la possibilità di essere sentito ai sensi del n. 2, lett. a), dello stesso articolo.

c)      L’opinione del minore non è vincolante per il giudice dello Stato membro d’origine

89.      Infine, il parere espresso dal minore nel corso della sua audizione non è vincolante per il giudice dello Stato membro d’origine competente ad adottare una decisione sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003. Nella Convenzione dell’Aia del 1980 l’opposizione del minore al suo ritorno viene espressamente menzionata, all’art. 13, tra i motivi che possono giustificare una decisione contro il ritorno (17), senza tuttavia che essa sia vincolante per il giudice dello Stato membro dell’esecuzione. Il regolamento n. 2201/2003 non riprende tale disposizione nelle norme che conferiscono al giudice dello Stato membro d’origine il potere di statuire in seguito a tale decisione.

90.      L’art. 42, n. 2, lett. c), del regolamento n. 2201/2003 prevede semplicemente che il giudice dello Stato membro d’origine che prescrive il ritorno del minore in un caso del genere debba certificare di avere adottato la propria decisione tenendo conto dei motivi e degli elementi di prova sulla base dei quali il giudice dello Stato membro dell’esecuzione aveva adottato una decisione contro il ritorno.

91.      Il testo del regolamento n. 2201/2003, ancor più di quello della Convenzione dell’Aia del 1980, dimostra quindi che l’opinione del minore costituisce un elemento di valutazione di cui il giudice deve tenere conto, ma che non è per esso vincolante.

92.      Qualora, come nel caso di specie, il minore abbia dichiarato di opporsi al proprio ritorno nel corso dell’audizione effettuata dal giudice dello Stato membro dell’esecuzione e quest’ultimo, nell’esercizio del suo libero apprezzamento, abbia ritenuto di dover adottare una decisione contro il ritorno, tale parere deve certamente essere preso in considerazione dal giudice dello Stato membro d’origine nella sua decisione finale, ma non è per esso vincolante.

93.      Detto parere non lo obbliga neppure a procedere esso stesso ad una nuova audizione del minore prima di adottare tale decisione finale, come esporrò nella seconda parte della mia analisi, dedicata al sistema del regolamento n. 2201/2003.

2.      Il sistema del regolamento n. 2201/2003

94.      In limine, si deve sottolineare che l’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 non prevede che il giudice dello Stato membro d’origine debba procedere esso stesso all’audizione del minore. Esso richiede semplicemente che il minore abbia avuto la possibilità di essere sentito. Tale condizione può quindi essere soddisfatta se il minore è stato sentito dall’autorità giudiziaria di un altro Stato membro, come conferma il ventesimo ‘considerando’ di detto regolamento, secondo cui l’audizione del minore in un altro Stato membro può essere effettuata in base alle modalità previste dal regolamento n. 1206/2001 relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale.

95.      Qualora il minore interessato sia stato sentito dai servizi giudiziari dello Stato membro dell’esecuzione non su richiesta del giudice dello Stato membro d’origine, ai sensi del regolamento n. 1206/2001, bensì nell’ambito del procedimento conclusosi con una decisione contro il ritorno, non ritengo, tenuto conto del sistema previsto dal regolamento n 2201/2003, che il giudice dello Stato membro d’origine sia tenuto, in forza dell’art. 42, n. 2, lett. a), del menzionato regolamento, a procedere obbligatoriamente ad una nuova audizione.

96.      La caratteristica principale del sistema previsto da detto regolamento in caso di sottrazione di minore consiste nel fatto che il procedimento dinanzi al giudice dello Stato membro dell’esecuzione conclusosi con una decisione contro il ritorno e quello dinanzi al giudice dello Stato membro d’origine chiamato ad adottare la decisione finale su tale ritorno non sono procedimenti separati e concorrenti l’uno rispetto all’altro. Essi costituiscono le componenti complementari di un unico procedimento, che riguarda la situazione di un minore di cui i genitori si contendono l’affidamento, e in cui due giudici di Stati membri diversi hanno l’obbligo imperativo, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, di collaborare per individuare la soluzione migliore ai fini della tutela dell’interesse del minore.

97.      In virtù di tale sistema, se il genitore di un minore sottratto o trattenuto illecitamente in un altro Stato membro ne ha chiesto il ritorno, il giudice dello Stato membro dell’esecuzione e quello dello Stato membro d’origine vengono investiti in ordine successivo della medesima questione. Si tratta di sapere se sussista un motivo legittimo ed imperativo che osti al ritorno del minore. Come la Corte ha dichiarato nella citata sentenza Povse, tale sistema comporta un duplice esame della questione del ritorno del minore, garantendo così una maggiore fondatezza della decisione e una tutela rafforzata degli interessi del minore (18).

98.      La fiducia e il riconoscimento reciproci che governano il regolamento n. 2201/2003 mirano quindi a creare, nello spazio giudiziario europeo, un sistema che si avvicini il più possibile alla situazione che si verifica all’interno di un solo Stato membro quando un genitore rifiuta di assoggettarsi a provvedimenti provvisori relativi all’affidamento di un figlio comune. In ambito puramente interno, il trattamento giudiziario di un simile rifiuto assume la forma di un incidente che si innesta sul procedimento principale di divorzio.

99.      Pertanto, secondo me, prevedendo sia all’art. 11, n. 2, del regolamento n. 2201/2003, sia nel successivo art. 42, n. 2, lett. a), del medesimo regolamento che il minore deve aver avuto la possibilità di essere sentito, il legislatore comunitario non ha inteso fare dell’audizione del minore un’esigenza formale che si impone obbligatoriamente in qualsiasi fase del procedimento relativo al ritorno del minore. Esso ha voluto che il minore oggetto di tale procedimento abbia effettivamente avuto la possibilità di esprimersi nell’ambito complessivo dello stesso, e ciò a partire dalla fase avviata nello Stato membro richiesto. Non ha prescritto che il minore venga sistematicamente sentito un’altra volta dal giudice dello Stato membro d’origine chiamato a prendere una decisione sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003.

100. Detto giudice deve potersi basare sull’audizione effettuata dal giudice dello Stato membro dell’esecuzione, qualora vi riscontri gli elementi necessari per adottare la propria decisione.

101. Fondo la mia analisi, da un lato, sull’art. 11, n. 6, del regolamento n. 2201/2003, secondo cui tutti gli elementi raccolti dal giudice dello Stato membro dell’esecuzione e sulla cui base detto giudice ha deciso di adottare una decisione contro il ritorno, in particolare le trascrizioni delle audizioni, devono essere trasmessi al giudice dello Stato membro d’origine competente ad adottare la decisione definitiva in merito a tale ritorno (19).

102. Dall’altro, la mia analisi si basa sul fatto che, ai sensi dell’art. 42, n. 2, lett. c), del regolamento n. 2201/2003, il giudice dello Stato membro d’origine deve tener conto dei motivi e degli elementi di prova sulla base dei quali il giudice dello Stato membro richiesto aveva reso la sua decisione contro il ritorno.

103. La trascrizione dell’audizione del minore, alla quale il giudice dello Stato membro dell’esecuzione era tenuto a procedere nell’ambito del procedimento conclusosi con una decisione contro il ritorno, è quindi parte integrante degli elementi che devono essere trasmessi al giudice dello Stato membro d’origine territorialmente competente e di cui quest’ultimo deve tenere conto.

104. Infine, mi sembra che la mia analisi sia confermata dall’imperativo di celerità che presiede a tale procedimento. Il ritorno di un minore sottratto o trattenuto illecitamente implica, in generale, che detto minore non abbia ancora avuto il tempo di integrarsi completamente nel suo nuovo ambiente. È per tale motivo che il regolamento n. 2201/2003 impone ai giudici aditi con una richiesta di ritorno di pronunciarsi celermente, utilizzando le procedure più rapide previste dal loro diritto nazionale e al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda (20). Tale imperativo di celerità, logicamente, si impone anche al giudice dello Stato membro d’origine chiamato ad adottare la decisione finale sul ritorno del minore.

105. Certamente, tale giudice può ritenere utile od opportuno sentire nuovamente il minore prima di adottare la propria decisione finale. Sottolineo che, nella specie, il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 de Bilbao, in seguito alla decisione contro il ritorno resa dall’Amtsgericht– Familiengericht –Celle, ha convocato la minore e sua madre per sentirle in Spagna.

106. Tuttavia, il fatto che, in seguito alla mancata comparizione di Andrea e della madre, esso abbia adottato la propria decisione finale che prescrive il ritorno della minore senza avere proceduto all’audizione di quest’ultima mediante videoconferenza, e senza avere tentato di organizzare un’audizione in Germania spostandosi esso stesso o delegando a tal fine i servizi giudiziari tedeschi, rientra nel suo potere sovrano di valutazione e non può essere considerato una violazione del diritto fondamentale del minore di avere la possibilità di essere sentito.

107. Ritengo che neppure il fatto che il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao, nella sua sentenza 16 dicembre 2009, abbia non solo ordinato il ritorno di Andrea, ma anche statuito sul suo affidamento, attribuendolo al padre, giustificherebbe una conclusione diversa.

108. Il regolamento n. 2201/2003, come dichiarato dalla Corte nella citata sentenza Povse, consente al giudice dello Stato membro d’origine di prescrivere il ritorno del minore in seguito ad una decisione contro il ritorno senza doversi previamente pronunciare sul suo affidamento definitivo (21). Tuttavia, esso gli consente altresì di collegare le due cose pronunciandosi sull’affidamento definitivo del minore, come risulta chiaramente dal suo art. 11, n. 7, e, in tal caso, la decisione relativa al ritorno del minore appare come la conseguenza di tale attribuzione.

109. Questo modus operandi presenta il vantaggio di evitare un andirivieni del minore tra gli Stati interessati nel caso in cui il giudice dello Stato membro d’origine dovesse ritenere che l’affidamento debba essere attribuito in definitiva al genitore che l’ha sottratto o lo trattiene illecitamente. Esso presuppone, tuttavia, che detto giudice disponga di elementi sufficienti per statuire su tale attribuzione, ivi compresa l’audizione del minore, se quest’ultimo dispone di una capacità di discernimento sufficiente.

110. A differenza del governo tedesco e della Commissione, non credo che, in tal caso, l’audizione del minore effettuata dal giudice dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con una decisione contro il ritorno sia necessariamente insufficiente per poter ritenere che sia stato rispettato il diritto del minore di essere sentito, in quanto detta audizione avrebbe un oggetto molto più limitato, circoscritto al ritorno.

111. La questione del ritorno e quella dell’affidamento definitivo non sono estranee l’una all’altra. Ciò vale a maggior ragione, nella specie, in quanto Andrea ha dichiarato di opporsi al proprio ritorno in Spagna, il che implica, a fortiori, la sua opposizione a che il suo affidamento venga attribuito al padre. La possibilità per il giudice dello Stato membro d’origine di considerare che la minore ha potuto essere sentita in merito all’attribuzione del suo affidamento dipende quindi dalle circostanze e dal contenuto dell’audizione di tale minore effettuata nello Stato membro dell’esecuzione. A mio avviso, a tal riguardo occorre lasciare al giudice nazionale la possibilità di valutare se in detta audizione si riscontrino elementi sufficienti per statuire sull’affidamento definitivo della minore nell’ambito della sua decisione adottata sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003.

112. Occorre inoltre aggiungere che, come indicato in udienza dal governo spagnolo, una decisione sull’affidamento di un minore come la sentenza 16 dicembre 2009 del Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao viene chiamata «definitiva» solo per distinguerla dai provvedimenti provvisori adottati nel corso della procedura di divorzio e che, in linea di principio, siffatta decisione può sempre essere rivista, sia in caso di accordo tra i genitori, sia qualora sopravvengano nuovi elementi.

113. Infine, la Commissione sostiene che, nella specie, il Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 di Bilbao non poteva validamente ritenere che la condizione di cui all’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 fosse soddisfatta, dato il periodo trascorso dall’audizione della minore effettuata in Germania, ossia circa nove mesi.

114. Certamente, tale lasso di tempo può apparire lungo nell’ambito di un procedimento di ritorno, ma, ancora una volta, non vedo quali nuovi elementi avrebbe potuto apportare una nuova audizione della minore, dal momento che essa aveva dichiarato di opporsi al proprio ritorno in Spagna.

115. In base a tutte queste considerazioni, propongo quindi alla Corte di dichiarare che l’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che la condizione enunciata in detta disposizione risulta soddisfatta allorché il minore è stato sentito dall’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con una decisione contro il ritorno e il giudice dello Stato membro competente ha tenuto conto di tale audizione nella sua decisione che prescrive il ritorno, adottata in forza dell’art. 11, n. 8, del medesimo regolamento.

B –    L’esame delle questioni pregiudiziali

116. Tenuto conto della mia posizione in merito alla premessa su cui si fondano le questioni pregiudiziali sollevate dall’Oberlandesgericht Celle, esaminerò tali questioni solo in via subordinata.

117. Con dette questioni, che propongo di esaminare congiuntamente, detto giudice chiede, sostanzialmente, se il regolamento n. 2201/2003 debba essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro richiesto può opporsi all’esecuzione di una decisione certificata, che prescrive il ritorno del minore in seguito ad una decisione contro il ritorno, qualora risulti che il minore in questione, contrariamente a quanto indicato nel certificato emesso ai sensi dell’art. 42 di detto regolamento, non ha avuto la possibilità di essere sentito, in violazione delle disposizioni di detto articolo e del diritto fondamentale enunciato all’art. 24, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali.

118. Si deve quindi procedere all’analisi di tale questione dando per assodato che la minore oggetto della decisione adottata in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003 non abbia avuto la possibilità di essere sentita, contrariamente a quanto indicato nel certificato che accompagna tale decisione.

119. Sono del parere, al pari della Commissione e a differenza del governo tedesco, che nemmeno in questo caso il giudice dello Stato membro dell’esecuzione possa opporsi all’esecuzione della decisione controversa. Il mio punto di vista si fonda sul sistema previsto dal regolamento n. 2201/2003, quale interpretato dalla giurisprudenza.

120. Come si è visto, detto regolamento, al pari della Convenzione dell’Aia del 1980, parte dalla premessa che il trasferimento o il trattenimento illecito di un minore in violazione di una decisione giudiziaria leda gravemente i suoi interessi e che occorra quindi disporne il ritorno nel luogo della sua residenza iniziale nel più breve tempo possibile.

121. Si è visto inoltre che il valore aggiunto di detto regolamento rispetto alla menzionata Convenzione consiste nell’avere instaurato un sistema in virtù del quale, in caso di divergenza di valutazione tra il giudice della residenza abituale del minore e quello in cui quest’ultimo è stato condotto illecitamente, il primo rimane competente e ha, in qualche modo, l’ultima parola per decidere se il minore debba effettivamente ritornare o meno al suo luogo di residenza iniziale.

122. Tale competenza del giudice dello Stato membro d’origine si fonda sul presupposto che esso si trovi nella posizione migliore per adottare la decisione finale sul ritorno, in quanto può raccogliere presso l’ambiente del minore e l’insieme delle persone con le quali il minore era in contatto tutti gli elementi che consentono di valutare se sussista un motivo legittimo per opporsi al suo ritorno.

123. L’economia e la finalità di tale sistema sono state esplicitate molto chiaramente dalla Corte nella citata sentenza Povse, in risposta alla questione se una decisione che accordava un diritto di affidamento provvisorio, resa successivamente da un giudice dello Stato membro dell’esecuzione e considerata esecutiva secondo il diritto di tale Stato, si opponesse all’esecuzione di una decisione anteriore che prescriveva il ritorno del minore, adottata in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003 e certificata conformemente all’art. 42 del medesimo regolamento.

124. La Corte ha dichiarato quanto segue:

«73      Dalle disposizioni [degli artt. 42, n. 1, e 43, nn. 1 e 2, del regolamento n. 2201/2003], che delineano una netta ripartizione di competenze tra i giudici dello Stato membro d’origine e quelli dello Stato membro di esecuzione e che mirano a un rapido ritorno del minore, risulta che un certificato rilasciato in forza dell’art. 42 [di tale] regolamento, che conferisce alla decisione così certificata un’efficacia esecutiva specifica, non è in alcun modo impugnabile. Il giudice richiesto deve limitarsi a constatare l’efficacia esecutiva di tale decisione, e nei confronti del certificato può soltanto essere proposta domanda di rettifica, oppure possono essere sollevati dubbi in merito alla sua autenticità, conformemente alla legge nazionale dello Stato membro di origine (v., in tal senso, sentenza Rinau, cit., punti 85, 88 e 89). Le uniche norme dello Stato membro richiesto che possono trovare applicazione sono quelle che disciplinano le questioni procedurali.

74      Per contro, le questioni attinenti alla fondatezza della decisione in quanto tale, e segnatamente la questione se ricorrano i presupposti perché il giudice competente possa pronunciare tale decisione, ivi incluse le eventuali contestazioni in merito alla competenza, devono essere sollevate dinanzi ai giudici dello Stato membro di origine, in conformità delle norme del suo ordinamento giuridico. Del pari, la domanda di sospensione dell’esecuzione di una decisione certificata può essere presentata soltanto al giudice competente dello Stato membro di origine, in conformità delle norme del suo ordinamento giuridico.

75      Pertanto, contro l’esecuzione di siffatta decisione non vi è alcun mezzo d’impugnazione esperibile dinanzi ai giudici dello Stato membro del trasferimento, e le uniche norme giuridiche di tale Stato che siano applicabili sono quelle procedurali, ai sensi dell’art. 47, n. 1, [di detto] regolamento, vale a dire le modalità di esecuzione della decisione. Orbene, un procedimento come quello che costituisce oggetto della presente questione pregiudiziale non riguarda né requisiti di forma né questioni procedurali, bensì questioni di merito.

76      Di conseguenza, l’incompatibilità, ai sensi dell’art. 47, n. 2, secondo comma, del regolamento [n. 2201/2003], di una decisione certificata con una decisione esecutiva successiva dev’essere verificata soltanto rispetto alle eventuali decisioni pronunciate successivamente dai giudici competenti dello Stato membro di origine».

125. In sintesi, dunque, il giudice dello Stato membro dell’esecuzione non può opporsi all’esecuzione di una decisione certificata adottata sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003.

126. Sono del parere che tale interpretazione del menzionato regolamento debba valere anche nel caso in cui, eccezionalmente, il certificato sia stato redatto erroneamente, in quanto il minore non ha avuto la possibilità di essere sentito.

127. Infatti, in detto regolamento il legislatore comunitario ha tratto indicazioni dall’insufficienza del sistema della Convenzione dell’Aia del 1980, in cui le divergenze di valutazione tra i giudici degli Stati contraenti riguardo all’interesse superiore del minore, allorché tale interesse veniva valutato con riferimento all’ordine pubblico di ciascuno Stato membro, portavano a legalizzare la sottrazione del minore.

128. Il legislatore comunitario ha quindi previsto, da un lato, che, nell’ambito dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, tali diritti fondamentali dovevano avere un contenuto autonomo, uniforme in tutti gli Stati membri, vale a dire quello della Carta dei diritti fondamentali. Dall’altro, esso ha ritenuto che il livello di fiducia reciproca degli Stati membri nella capacità dei giudici degli altri Stati membri di assicurare una tutela effettiva di tali diritti consentisse di seguire questa logica fino in fondo e di conferire alla decisione finale adottata dal giudice territorialmente competente un’efficacia esecutiva specifica, non contestabile negli altri Stati membri.

129. A tale riguardo, è sufficiente confrontare il testo delle disposizioni della sezione 4 del capo III del regolamento n. 2201/2003, che prevedono tale efficacia esecutiva specifica, con quello degli articoli della decisione quadro del Consiglio 2002/584/GAI (22), relativa al mandato d’arresto europeo. Tale decisione quadro prevede esplicitamente che la consegna di una persona oggetto di un mandato di arresto europeo deve conseguire ad una decisione di un giudice dello Stato membro dell’esecuzione ed elenca i motivi per i quali detto giudice può o deve opporsi alla consegna (23). Nella decisione quadro il legislatore dell’Unione ha quindi voluto che il rispetto dei diritti fondamentali fosse oggetto di un duplice controllo, da parte dei giudici dello Stato membro richiedente e di quelli dello Stato membro richiesto.

130. Per contro, nel regolamento n. 2201/2003 il legislatore comunitario ha fatto un passo avanti verso il mutuo riconoscimento, poiché non ha previsto tale duplice controllo. Tuttavia, tale passo avanti non deve comportare una minore tutela dei diritti fondamentali del minore. Si è visto che, al trentatreesimo ‘considerando’ del menzionato regolamento, il legislatore comunitario ha rammentato l’importanza del rispetto dei suddetti diritti. Tuttavia ha ritenuto che essi potessero essere tutelati dai giudici dello Stato membro d’origine.

131. Spetta quindi al genitore secondo cui la decisione che prescrive il ritorno del minore sarebbe stata adottata senza che questi abbia avuto la possibilità di essere sentito, in violazione del suo diritto fondamentale, e secondo cui, pertanto, il certificato sarebbe erroneo contestare tale decisione dinanzi al giudice competente dello Stato membro d’origine; tuttavia, l’esercizio di tale mezzo di ricorso non può giustificare di per sé la sospensione dell’esecuzione di detta decisione nello Stato membro dell’esecuzione.

132. Il governo tedesco invita la Corte a estendere oltre il suo ragionamento prendendo in considerazione l’ipotesi in cui i giudici competenti dello Stato membro d’origine siano venuti meno ai loro obblighi e non abbiano riformato una decisione viziata da una manifesta violazione dei diritti fondamentali.

133. Detto governo sostiene infatti che il giudice dello Stato membro richiesto deve potersi opporre all’esecuzione di tale decisione qualora il ricorso dinanzi ai giudici dello Stato membro d’origine non sia stato accolto nonostante la manifesta violazione del diritto fondamentale del minore. Il suddetto governo afferma che, in tal caso, il regolamento n. 2201/2003 non può imporre l’esecuzione di una decisione palesemente lesiva dei diritti fondamentali. Esso fonda il suo argomento sul fatto che, nella specie, il ricorso proposto dalla madre di Andrea in Spagna contro la sentenza 16 dicembre 2009 non è stato accolto.

134. Sono del parere che il presente procedimento non si presti a una presa di posizione su un’ipotesi del genere. Infatti, da un lato, se la Corte accoglie la mia analisi relativa alla premessa sottesa alle questioni pregiudiziali, il diritto fondamentale della minore di essere sentita non è stato oggetto di una violazione manifesta. Tale diritto è stato rispettato. Dall’altro, il governo spagnolo in udienza ha contestato l’affermazione secondo la quale la madre della minore avrebbe esaurito tutti i mezzi di ricorso esperibili in Spagna. Inoltre, tale governo sostiene che, nel proprio ordinamento giuridico interno, esiste un mezzo di ricorso ad hoc allorché una parte allega una violazione dei suoi diritti fondamentali.

135. A tale proposito ritengo che l’esistenza nell’ordinamento giuridico dello Stato membro di origine di mezzi di ricorso (presenti nella fattispecie) volti a consentire alle parti di contestare la fondatezza di una decisione certificata ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 – e, pertanto, il rispetto dei diritti fondamentali da parte del giudice che ha emesso tale decisione – sia l’indispensabile contropartita dell’assenza di qualunque possibilità di contestazione di tale decisione nello Stato membro dell’esecuzione.

136. In ogni caso e in linea di principio, l’ipotesi prefigurata dal governo tedesco non dovrebbe neppure realizzarsi. I giudici nazionali devono applicare il diritto dell’Unione in conformità dei diritti fondamentali e, in caso di dubbio sulla portata degli stessi, sono tenuti ad adire la Corte con un rinvio pregiudiziale. Gli Stati membri devono inoltre prevedere, nel loro ordinamento giuridico, i mezzi di ricorso necessari ad assicurare che tali diritti vengano effettivamente rispettati. Infine, il rispetto di tali obblighi è soggetto al controllo della Commissione, la quale può, tra l’altro, avviare un procedimento per inadempimento contro uno Stato membro qualora i suoi giudici e, in particolare, la sua Corte suprema vengano meno a tali obblighi (24).

137. Il caso in esame non permette di dubitare dell’idoneità dell’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro ad assicurare un’applicazione del regolamento n. 2201/2003 rispettosa dei diritti fondamentali del minore.

138. Esso dimostra, al contrario, che il riconoscimento a favore dei giudici dello Stato membro dell’esecuzione di un diritto di opposizione sarebbe atto a ricreare eventuali situazioni di stallo o ritardi ingiustificati nell’esecuzione di decisioni che prescrivono il ritorno di un minore adottate sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003. Come si è già avuto modo di esporre, nel settore specifico e molto doloroso delle sottrazioni di minori, ogni mese di ritardo nell’esecuzione di una decisione che prescrive il ritorno rende quest’ultimo più difficile ed aggrava quindi la situazione. Pertanto, l’effetto utile del regolamento n. 2201/2003 risulterebbe seriamente compromesso qualora l’esecuzione di tale decisione potesse essere contestata in un modo o nell’altro dinanzi all’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione e dipendesse quindi dall’esito di un procedimento dinanzi a detti giudici.

139. In base a tali considerazioni, propongo alla Corte di completare la risposta precedente aggiungendo che, anche ammettendo che il minore non abbia avuto la possibilità di essere sentito, contrariamente a quanto indicato nel certificato emesso ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 e in violazione delle disposizioni di tale articolo, nonché del diritto fondamentale enunciato all’art. 24, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali, detto regolamento deve essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro richiesto non può opporsi all’esecuzione di una decisione certificata che prescrive il ritorno di un minore adottata sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del medesimo regolamento.

IV – Conclusione

140. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo di risolvere le questioni sottoposte dall’Oberlandesgericht Celle nel modo seguente:

«L’art. 42, n. 2, lett. a), del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, deve essere interpretato nel senso che la condizione enunciata in detta disposizione risulta soddisfatta allorché il minore è stato sentito dall’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione nell’ambito del procedimento conclusosi con una decisione contro il ritorno e allorché il giudice dello Stato membro competente ha tenuto conto di tale audizione nella sua decisione che prescrive il ritorno adottata in forza dell’art. 11, n. 8, del medesimo regolamento.

Anche ammettendo che il minore non abbia avuto la possibilità di essere sentito, contrariamente a quanto indicato nel certificato emesso ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 e in violazione delle disposizioni di tale articolo, nonché del diritto fondamentale enunciato all’art. 24, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali, detto regolamento deve essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro richiesto non può opporsi all’esecuzione di una decisione certificata che prescrive il ritorno di un minore adottata sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del medesimo regolamento».


1  – Lingua originale: il francese.


2 – Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (in prosieguo: la «Convenzione dell’Aia del 1980»).


3 – Regolamento 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU L 338, pag. 1).


4 – V. sentenze 11 luglio 2008, causa C‑195/08 PPU, Rinau (Racc. pag. I‑5271), e 1° luglio 2010, causa C‑211/10 PPU, Povse (non ancora pubblicata nella Raccolta).


5 – Sentenza Povse, cit. (punti 73‑75).


6 – Artt. 60 e 62 di detto regolamento.


7 – GU L 174, pag. 1.


8 – Sentenza 2 aprile 2009, causa C‑523/07, A (Racc. pag. I‑2805, punto 34).


9 – Sentenza 27 novembre 2007, causa C‑435/06, C (Racc. pag. I‑10141, punto 46).


10 – Sentenza A, cit. (punti 35‑37).


11 – Citate sentenze Rinau (punto 63) e Povse (punto 56).


12 – Sentenza Rinau, cit. (punto 68).


13 – In tal senso, l’art. 12 della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, prevede quanto segue:


«1. Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa (…).


2. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale».


L’art. 3 della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori, del 25 gennaio 1996, e l’art. 6 della Convenzione europea sulle relazioni personali riguardanti i fanciulli, del 15 maggio 2003, prevedono il diritto del minore di essere informato, consultato e di esprimere la sua opinione sulle procedure. V., in particolare, A. Gouttenoire, «L’audition de l’enfant dans le règlement “Bruxelles II bis”», in Le nouveau droit communautaire du divorce et de la responsabilité parentale, Dalloz, 2005, pagg. 201 e segg.


14 – Sentenza 23 dicembre 2009, causa C‑403/09 PPU, Detiček (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 54). V. anche Corte eur. D. U., sentenza 29 aprile 2003, Iglesias Gil e A.U.I./Spagna, Recueil des arrêts et décisions 2003‑V.


15 – V. Corte eur. D. U., sentenza 22 giugno 2004, Pini, Bertani, Manera e Atripaldi/Romania, Recueil des arrêts et décisions 2004‑IV, in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che le autorità nazionali non avessero ecceduto il loro margine discrezionale nel fissare a dieci anni l’età a partire dalla quale si doveva tener conto del consenso del minore alla sua adozione.


16 – V. Corte eur. D. U., sentenza 8 luglio 2003, Sahin/Germania, Recueil des arrêts et décisions 2003‑VIII, in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che, nell’ambito di un procedimento vertente sul diritto di visita di un genitore che non ha l’affidamento di un minore, il giudice non può essere tenuto a sentire sistematicamente il minore in udienza, ma deve disporre di un margine di discrezionalità per quanto riguarda le condizioni di tale audizione in funzione delle circostanze particolari del caso di specie, nonché dell’età e del grado di maturità del minore interessato (§ 73).


17 – L’art. 13, secondo comma, della Convenzione dell’Aia dispone quanto segue:


«L’Autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere».


18 – Punto 60.


19 – Ricordo che l’art. 11, n. 6, del regolamento n. 2201/2003 dispone quanto segue:


«Se un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno di un minore in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, l’autorità giurisdizionale deve immediatamente trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi al giudice [il corsivo è mio], all’autorità giurisdizionale competente o all’autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, come stabilito dalla legislazione nazionale. L’autorità giurisdizionale riceve tutti i documenti indicati entro un mese dall’emanazione del provvedimento contro il ritorno».


20 – V. art. 11, nn. 3 e 6, del regolamento n. 2201/2003.


21 – Il punto 54 di detta sentenza è così formulato:


«Analogamente, gli artt. 40 e 42­47 del regolamento [n. 2201/2003] non subordinano affatto l’esecuzione di una decisione emessa ai sensi dell’art. 11, n. 8, e certificata ai sensi dell’art. 42, n. 1, del regolamento, alla previa adozione di una decisione in materia di affidamento».


22 – Decisione quadro 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190, pag. 1; in prosieguo: la «decisione quadro»).


23 – V. artt. 3 e 4 della decisione quadro.


24 – Sentenza 9 dicembre 2003, causa C‑129/00, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑14637, punto 32).

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