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Document 62010CJ0383

    Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 6 giugno 2013.
    Commissione europea contro Regno del Belgio.
    Inadempimento di uno Stato — Articoli 56 TFUE e 63 TFUE — Articoli 36 e 40 dell’accordo SEE — Normativa tributaria — Esenzione fiscale riservata agli interessi corrisposti dalle banche residenti con esclusione di quelli corrisposti da banche stabilite all’estero.
    Causa C‑383/10.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2013:364

    Parti
    Motivazione della sentenza
    Dispositivo

    Parti

    Nella causa C-383/10,

    avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 30 luglio 2010,

    Commissione europea , rappresentata da R. Lyal e F. Dintilhac, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    contro

    Regno del Belgio , rappresentato da J.-C. Halleux e M. Jacobs, in qualità di agenti,

    convenuto,

    LA CORTE (Quinta Sezione),

    composta da A. Borg Barthet, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, J.-J. Kasel e M. Berger (relatore), giudici,

    avvocato generale: P. Cruz Villalón

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza

    1. Con il proprio ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che, avendo istituito e mantenendo in essere un regime che prevede un’imposizione discriminatoria degli interessi corrisposti dalle banche non residenti, risultante dall’applicazione di un’esenzione fiscale riservata unicamente agli interessi corrisposti dalle banche belghe, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 56 TFUE e 63 TFUE nonché degli articoli 36 e 40 dell’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»).

    Contesto normativo nazionale

    2. L’articolo 21, 5° comma, del code belge des impôts sur les revenus (codice belga sulle imposte sui redditi) (in prosieguo: il «CIR 92»), nel testo applicabile all’esercizio di imposta 2010 (redditi percepiti nel 2009), così dispone:

    «I redditi da capitali e beni mobili non comprendono:

    (...)

    5° il primo scaglione pari a [EUR] 1 730 (importo di base [EUR] 1 250) annui relativi a depositi di risparmio percepiti, senza fissazione convenzionale di termini o preavviso, da parte di istituti di credito stabiliti in Belgio e disciplinati dalla legge 22 marzo 1993 relativa allo status e al controllo degli istituti di credito, fermo restando che:

    – tali depositi devono, inoltre, rispondere ai criteri definiti dal Re su parere della Commissione bancaria, finanziaria e assicurativa (...), quanto alla valuta in cui sono esposti, quanto alle condizioni e modalità di ritiro e prelievo e quanto alla struttura, al livello e alle modalità di calcolo della loro remunerazione;

    – ai fini dell’applicazione della presente disposizione, non sono considerati quali termini di preavviso i termini che costituiscano una semplice misura di salvaguardia che il depositario si riserva di invocare».

    3. L’articolo 313 del CIR 92 prevede il principio della trattenuta mobiliare liberatorio:

    «I contribuenti soggetti all’imposta sulle persone fisiche non sono tenuti ad indicare nella propria dichiarazione annuale ai fini dell’imposta medesima i redditi da capitali e beni mobili (...) per i quali sia stata assolta la trattenuta mobiliare (...)».

    4. Il regio decreto di esecuzione del CIR 92, come modificato dal regio decreto del 7 dicembre 2008 ( Moniteur belge del 22 dicembre 2008, pag. 67513), prevede i criteri ai quali i depositi di risparmio di cui all’articolo 21, 5° comma, del CIR 92 devono, inoltre, rispondere per poter beneficiare dell’applicazione dell’articolo medesimo.

    Il procedimento precontenzioso

    5. Con lettera del 19 ottobre 2006, la Commissione ricordava alle autorità belghe gli obblighi derivanti dagli articoli 49 CE e 56 CE nonché dagli articoli 36 e 40 dell’accordo SEE e la necessità di conformarvisi.

    6. Con lettera del 27 febbraio 2007, le autorità belghe rispondevano a detta lettera di diffida sostenendo che il ragionamento svolto dalla Commissione si basa, per quanto attiene all’articolo 63 TFUE su un’ipotesi infondata e, quanto all’articolo 56 TFUE, sulla mancata considerazione dell’obiettivo perseguito dalla misura controversa la quale, se estesa ai depositi di risparmio tenuti in banche straniere, produrrebbe discordanze di applicazione a seconda dello Stato membro o dello Stato aderente all’applicazione della direttiva 2003/48 in cui il deposito di risparmio sia tenuto, discordanze, inoltre, dannose per i contribuenti interessati.

    7. Nel parere motivato, indirizzato il 26 giugno 2009 alle autorità belghe, la Commissione contestava al Regno del Belgio che, avendo istituito e mantenendo in essere un regime che prevede un’imposizione discriminatoria degli interessi corrisposti dalle banche non residenti risultante dall’applicazione di un’esenzione fiscale riservata unicamente agli interessi corrisposti dalle banche belghe, lo Stato membro medesimo era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 49 CE e 56 CE (divenuti articoli 56 TFUE e 63 TFUE) nonché degli articoli 36 e 40 dell’accordo SEE. Nel parere veniva imposto un termine di due mesi per conformarsi alle disposizioni del Trattato e dell’accordo SEE.

    8. Con lettera del 28 settembre 2009, le autorità belghe rispondevano al parere motivato affermando, segnatamente, che la misura controversa è giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e dalla necessità di proteggere i piccoli risparmiatori.

    9. Non sodisfatta da tale risposta, la Commissione presentava, in data 26 luglio 2010, il presente ricorso per inadempimento.

    Sul ricorso

    Argomenti delle parti

    10. In limine, la Commissione sottolinea, nel proprio ricorso, che la materia delle imposte dirette non costituisce una competenza esclusiva degli Stati membri, ma che essa è implicitamente e necessariamente inclusa nella competenza relativa al mercato interno di cui all’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE e considerata quale competenza condivisa tra l’Unione europea e gli Stati membri. Tale interpretazione sarebbe avvalorata dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, dovendo questi ultimi tuttavia esercitarla nel rispetto del diritto dell’Unione. A sostegno di tale tesi, la Commissione si richiama alla sentenza del 24 maggio 2007, Holböck (C-157/05, Racc. pag. I-4051, punto 21).

    11. Per quanto attiene alla questione se le disposizioni nazionali in questione rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 56 TFUE o dell’articolo 63 TFUE, la Commissione, richiamandosi al punto 43 della sentenza del 3 ottobre 2006, Fidium Finanz (C-452/04, Racc. pag. I-9521), ritiene che, alla luce degli effetti delle disposizioni di cui trattasi, l’inadempimento contestato debba essere esaminato tanto riguardo alla libera prestazione dei servizi quanto alla libera circolazione dei capitali.

    12. Quanto alla libera circolazione dei servizi, la Commissione, rammentando l’obiettivo e l’ambito di applicazione ratione personae degli articoli 56 TFUE e segg., deduce che la normativa belga in esame si pone in contrasto con le menzionate disposizioni, in quanto produce l’effetto di dissuadere i residenti belgi dal ricorrere, per la gestione di conti di risparmio, ai servizi di banche stabilite in altri Stati membri dell’Unione e in altri Stati aderenti all’accordo SEE. La Commissione precisa che gli interessi corrisposti da questi ultimi non possono mai godere di esenzione per il solo motivo che la banca debitrice non è stabilita in Belgio, anche quando quest’ultima sia pronta a rispondere a tutti gli altri requisiti previsti dalla normativa belga in questione.

    13. Quanto all’argomento relativo all’assenza di qualsivoglia denuncia presentata al riguardo dal settore finanziario e, più in particolare, da istituti di credito stabiliti all’estero, la Commissione ritiene che tale argomento sia destituito di pertinenza, atteso che il ricorso di accertamento dell’inadempimento ha natura oggettiva e non è, quindi, subordinato a qualsivoglia denuncia. Inoltre, sottolineando che la libera prestazione dei servizi offre non solo il diritto di fornire servizi bensì anche il diritto di riceverne, l’istituzione deduce che la misura di cui trattasi dissuade non solo le banche stabilite all’estero ad offrire i propri servizi ai residenti belgi, ma anche i residenti belgi dal ricorrere ai servizi di tali banche e costituisce, conseguentemente, una restrizione a tale libertà fondamentale.

    14. La Commissione ritiene, inoltre, che tale restrizione non possa essere giustificata da alcuno degli argomenti dedotti dal Regno del Belgio e che, in ogni caso, essa si pone in contrasto con il principio di proporzionalità.

    15. Per quanto attiene alla giustificazione di tale restrizione per ragioni imperative di interesse generale costituito dalla necessità di assicurare l’efficacia dei controlli fiscali, la Commissione riconosce che un controllo può risultare, in talune ipotesi, molto difficile e che, in linea di principio, l’esigenza di prevenire l’evasione fiscale e gli abusi può giustificare restrizioni ad una libertà di circolazione. A tal riguardo, richiamandosi, da un lato, alla propria comunicazione [COM (2007) 785 def.], del 10 dicembre 2007, al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo sull’applicazione di misure antiabuso nel settore dell’imposizione diretta all’interno dell’Unione europea e nei confronti di paesi terzi (GU 2008, C 106, pag. 13), e, d’altro, alla sentenza del 12 dicembre 2002, Lankhorst-Hohorst (C-324/00, Racc. pag. I-11779, punto 37), l’istituzione rileva che, se è pur vero che negando l’esenzione degli interessi corrisposti dalle banche straniere la normativa belga previene la frode, essa ostacola tuttavia parimenti il legittimo esercizio della libera prestazione dei servizi. Tale misura andrebbe, quindi, manifestamente al di là della portata indispensabile per il raggiungimento del suo obiettivo. La Commissione sottolinea peraltro che il fatto che il Belgio partecipi oramai al sistema di scambio di informazioni della direttiva 2003/48/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157, pag. 38), consente appunto di ridurre considerevolmente i rischi di frode.

    16. Quanto alla giustificazione relativa alla natura socio-economica della misura di cui trattasi in quanto incoraggerebbe il risparmio previdenziale tra i «piccoli contribuenti», la Commissione ritiene che l’esenzione fiscale degli interessi corrisposti dalle banche non stabilite in Belgio non si pone in contrasto con tale obiettivo e che, al contrario, grazie a tale misura, i contribuenti possono scegliere tra una gamma più ampia di prodotti di risparmio, il che li incoraggerebbe ancor più al risparmio.

    17. La Commissione considera, inoltre, l’argomento dedotto dal Regno del Belgio – secondo cui sembra poco probabile che il gruppo dei contribuenti riguardati dalla misura nazionale di cui trattasi sia interessato dalla possibilità di collocare il proprio risparmio in banche straniere e che gli istituti di credito stranieri cerchino di attirare tale clientela – di natura puramente speculativa e, pertanto, quale argomento non valido per poter giustificare una restrizione di tal genere ad una libertà fondamentale.

    18. Quanto alla giustificazione relativa alla disparità dei livelli di tutela dei consumatori a fronte dell’insolvenza di una banca, illustrata dall’esempio della difficile situazione dei risparmiatori belgi clienti della filiale lussemburghese di una banca islandese, la Commissione deduce che, da un lato, le garanzie e la tutela dei risparmiatori in caso di insolvenza di una banca hanno costituito oggetto di armonizzazione nell’Unione, segnatamente, per mezzo della direttiva 94/19/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU L 135, pag. 5), direttiva successivamente modificata dalla direttiva 2009/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009 (GU L 68, pag. 3). Dall’altro lato, le autorità belghe non avrebbero specificato la natura e il contenuto dei livelli di tutela che costituirebbero oggetto delle pretese disparità. In ogni caso, a parere della Commissione, la normativa nazionale non deve influenzare i consumatori sfavorendo gli strumenti finanziari delle banche stabilite al di fuori del Belgio.

    19. Infine, per quanto attiene all’argomento secondo cui i risparmiatori belgi non verrebbero adeguatamente informati in considerazione del fatto che una banca stabilita al di fuori del territorio belga non farebbe necessariamente uso di una delle lingue parlate in Belgio, la Commissione deduce che compete unicamente al consumatore valutare in quale lingua egli è in grado di ricevere informazioni riguardanti l’apertura di un conto di risparmio. La Commissione sottolinea, in proposito, che il Belgio possiede tre lingue ufficiali parimenti utilizzate negli Stati membri limitrofi.

    20. Quanto alla libera circolazione dei capitali, la Commissione, rammentando che le operazioni di conto corrente o di deposito effettuate dai residenti presso istituti finanziari stranieri sono contenute nel punto VI.B della nomenclatura allegata alla direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato (GU L 178, pag. 5) e rientrano, quindi, nella nozione di movimenti di capitali, deduce che la normativa nazionale di cui trattasi produce l’effetto di rendere meno attraente il trasferimento transfrontaliero di capitali, dissuadendo i residenti belgi dall’apertura di depositi di risparmio presso banche non stabilite in Belgio ovvero di mantenere i propri risparmi in tali istituti di credito. La misura de qua costituirebbe, pertanto, una restrizione alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’articolo 63 TFUE.

    21. La Commissione ritiene, inoltre, non validi tutti i motivi di giustificazione invocati dal Regno del Belgio.

    22. Infatti, anzitutto, secondo la Commissione, tale restrizione non può essere giustificata in base ai motivi previsti dall’articolo 65 TFUE, atteso che la situazione dei residenti belgi che percepiscono e dichiarano gli interessi provenienti dai propri depositi di risparmio presso banche stabilite in Belgio o di banche non stabilite nello Stato membro medesimo sono obiettivamente analoghe. Pertanto, una differenza di trattamento costituirebbe una discriminazione arbitraria ai sensi di tale articolo.

    23. Inoltre, per quanto attiene all’argomento dedotto dal Regno del Belgio quanto al rischio che parte delle banche non stabilite in Belgio e aventi una clientela residente in tale Stato membro non sarebbe incline a proporre prodotti finanziari che rispondano ai requisiti fissati dalla normativa nazionale, il che produrrebbe la conseguenza di una discriminazione tra i residenti belgi aventi depositi al di fuori del Belgio a seconda che la rispettiva banca scelga di conformarsi o meno alla normativa belga, la Commissione ritiene che tale eventuale discriminazione costituirebbe un effetto non della normativa di cui trattasi, bensì della scelta degli operatori economici. Spetterebbe, quindi, ai residenti belgi scegliere o meno una banca che proponga loro prodotti finanziari che consentano di avvalersi del sistema di esenzione belga.

    24. Per quanto riguarda l’eventuale inadempimento di una banca stabilita al di fuori del Belgio, che non rispetti le condizioni fissate dalla normativa belga di cui trattasi per poter beneficiare dell’esenzione, la Commissione osserva che le autorità belghe potrebbero trarne le conseguenze escludendo, segnatamente, il beneficio di tale esenzione per la banca medesima.

    25. Infine, per quanto attiene all’argomento dedotto dal Regno del Belgio a termini del quale la normativa di cui trattasi ricade nella deroga dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE considerato che il regime belga di esenzione dei depositi di risparmio esisteva già alla data del 31 dicembre 1993, che è stato mantenuto nell’ordinamento giuridico belga senza soluzione di continuità e che da allora non ha subito alcuna modifica sostanziale, la Commissione deduce di aver contestato la normativa controversa non riguardo alle banche stabilite in un paese terzo, salvo quelle stabilite in uno dei paesi dello SEE aderenti all’Associazione europea di libero scambio (AELS), bensì per quelle che ricadono nell’articolo 40 dell’accordo SEE.

    26. Il Regno del Belgio si richiama ai principi risultanti dalla sentenza del 18 dicembre 2007, A, C-101/05 (Racc. pag. I-11531, punti 48 e 49) e sottolinea che l’applicabilità dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE consente di mantenere nei confronti dei paesi terzi le restrizioni ai movimenti dei capitali esistenti al 31 dicembre 1993. Orbene, il regime belga di esenzione dei depositi di risparmio, già esistenti a tale data, sarebbe stato, da allora, mantenuto nell’ordinamento giuridico nazionale senza soluzione di continuità e non avrebbe subito, successivamente a tale data, alcuna modifica sostanziale.

    27. Per quanto a ttiene alla libera circolazione dei capitali, il Regno del Belgio, invocando l’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, contesta che, per quanto attiene all’esenzione di cui trattasi, i contribuenti belgi che investano in un deposito di risparmio si trovino nella stessa situazione riguardo al luogo di investimento dei capitali, a seconda che il loro deposito si trovi o meno in Belgio.

    28. A tal proposito, lo Stato membro medesimo precisa che, per quanto attiene a coloro che dispongono di un deposito di risparmio in Belgio, l’esenzione dall’imposta nazionale ha luogo alla fonte e, quindi, a livello dell’amministrazione finanziaria belga. In tal senso, per quanto attiene all’esercizio di imposta 2010, il primo scaglione di redditi da deposito di risparmio, corrispondente all’importo di EUR 1 730, non è soggetto a trattenuta mobiliare. Tale primo scaglione non viene, infatti, considerato quale reddito da capitali o da beni mobili e non doveva quindi figurare nella dichiarazione dei redditi annuale. Per contro, la quota di reddito da deposito di risparmio eccedente tale importo era soggetta alla trattenuta mobiliare, senza peraltro dover essere menzionata nella dichiarazione medesima. È in tal senso che si tratterebbe di un sistema di trattenuta mobiliare detta «liberatoria». Conseguentemente, a parere del Regno del Belgio, l’amministrazione finanziaria nazionale non è, in linea di principio, a conoscenza dell’esistenza di depositi di risparmio in Belgio per quanto riguarda le persone fisiche residenti sul territorio nazionale.

    29. Per contro, per quanto attiene ai contribuenti che dispongono di depositi di risparmio in un altro Stato membro, il Regno del Belgio precisa che i redditi provenienti da tali depositi devono essere dichiarati dal contribuente e costituiscono ormai parimenti oggetto di scambio di informazioni nell’ambito della direttiva 2003/48. Qualora tali contribuenti dispongano, al tempo stesso, di depositi di risparmio in Belgio ed abbiano richiesto, nell’ambito della dichiarazione dei redditi annuale, il beneficio dell’esenzione di cui trattasi in ragione di EUR 1 730 sul reddito proveniente dai depositi di risparmio stranieri, l’amministrazione belga si trova, a parere dello Stato membro medesimo, nell’impossibilità di verificare se tali contribuenti non abbiano indebitamente beneficiato di una doppia esenzione fiscale: una prima volta, per i redditi provenienti dai depositi di risparmio in Belgio, per effetto del sistema di trattenuta mobiliare liberatoria e, quindi, in modo anonimo e, una seconda volta, per i redditi provenienti dai depositi di risparmio in un altro Stato membro, al momento della determinazione dell’imposta per le persone fisiche.

    30. Il Regno del Belgio deduce parimenti che, nell’ipotesi in cui decidesse di rimediare al preteso ostacolo eliminando l’esenzione di cui trattasi per i redditi da deposito di risparmio in Belgio, questi ultimi risulterebbero soggetti ad un trattamento meno favorevole rispetto ai redditi provenienti da depositi di risparmio costituiti all’estero. Infatti, in tal caso, per i primi l’imposta verrebbe percepita alla fonte dagli istituti finanziari belgi al momento dell’incasso, sotto forma di trattenuta mobiliare liberatoria, laddove, per i secondi, l’imposta belga verrebbe riscossa, per effetto della dichiarazione presentata l’anno seguente a quello di percepimento di redditi, sotto forma di iscrizione a ruolo effettuata, in media, due anni dopo l’incasso. Pertanto, i contribuenti belgi che percepiscano redditi da un deposito di risparmio straniero beneficerebbero di un vantaggio finanziario rispetto agli stessi contribuenti che dispongano di un deposito di risparmio in Belgio. Il governo belga ritiene, quindi, che il sistema istituito al fine di evitare una doppia esenzione dei redditi provenienti dai depositi di risparmio non costituisca né un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione occulta alla libera circolazione dei capitali e che non esistano sistemi più proporzionati rispetto a quello in vigore per conseguire l’obiettivo consistente nell’evitare una doppia indebita esenzione.

    31. Quanto alla libera prestazione dei servizi, il Regno del Belgio fa anzitutto valere che la verifica del rispetto dei requisiti previsti dalla normativa di cui trattasi, a prescindere dai vincoli imposti dall’amministrazione finanziaria belga agli istituti di credito stranieri, esige uno scambio di informazioni bancarie su richiesta ed effettivo. Se è pur vero che, secondo il Regno del Belgio, tale scambio di informazioni è notevolmente migliorato nel corso di questi ultimi anni, lo Stato membro medesimo ritiene, tuttavia, che la direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15; in prosieguo: la «direttiva 77/799»), e, segnatamente, l’articolo 8 della medesima, non costituisca lo strumento idoneo a tal fine. Tuttavia, il problema risiederebbe non solo in un’eventuale assenza di informazioni da parte degli altri Stati membri, bensì parimenti nell’impossibilità di porre a raffronto le informazioni relative ai depositi di risparmio belgi e stranieri ed evitando un’indebita doppia esenzione.

    32. Inoltre, il Regno del Belgio, richiamandosi segnatamente alla sentenza della Corte dell’11 giugno 2009, X e Passenheim-van Schoot (C-155/08 e C-157/08, Racc. pag. I-5093), ritiene che la misura controversa sia giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali.

    33. A tal riguardo, detto Stato membro deduce che, atteso che solamente gli istituti di credito belgi sono soggetti alla trattenuta mobiliare, il contribuente non può essere considerato responsabile di evasione a tal titolo. Nel caso in cui non sia stato rispettato uno dei requisiti dell’esenzione da parte di un istituto di credito belga, quest’ultimo sarebbe obbligato a versare all’erario belga la trattenuta mobiliare non riscossa alla fonte. Considerato che l’identità del beneficiario degli interessi non dev’essere menzionata sulla dichiarazione di trattenuta mobiliare da parte dell’istituto di credito belga, l’amministrazione finanziaria belga non potrebbe costringere l’istituto medesimo a rivelare l’identità del beneficiario de quo. Peraltro, l’istituto di credito belga interessato non potrebbe rivalersi sul proprio cliente per recuperare la trattenuta mobiliare, atteso che la riscossione di quest’ultima risulta da obblighi che la legge pone unicamente a carico degli istituti di credito belgi. Per contro, nell’ipotesi in cui l’esenzione venisse estesa ai redditi provenienti da conti di risparmio stranieri, il contribuente stesso risulterebbe soggetto ad imposizione e non potrebbe rivalersi nei confronti dell’istituto di credito straniero che non abbia rispettato uno dei requisiti dell’esenzione. Atteso che quest’ultimo non ha infatti alcun obbligo tributario nei confronti del fisco belga, sarebbe infatti poco probabile che l’istituto medesimo riconosca ai propri clienti una qualsivoglia forma di garanzia di buon fine dell’esenzione fiscale belga, ragion per cui dovrebbe chiaramente riconoscersi che il contribuente sarebbe così sfornito di qualsiasi strumento di ricorso civile nei confronti dell’istituto di credito straniero.

    34. Conseguentemente, a parere del governo belga, si può ritenere che una normativa fiscale che sia giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli tributari costituisca una restrizione proporzionata alla libertà di circolazione di capitali, ancorché tale normativa non sia focalizzata su costruzioni puramente artificiali.

    35. Infine, il Regno del Belgio rileva che, in ogni caso, la normativa fiscale belga di cui trattasi non vada al di là di quanto necessario ai fini del conseguimento del suo obiettivo, vale a dire evitare che l’esenzione medesima non venga concessa indebitamente.

    36. Nella propria replica la Commissione sottolinea, quanto alla libera circolazione dei capitali, di non aver censurato né la normativa belga per quanto attiene agli istituti di credito stabiliti in paesi terzi all’accordo SEE, ragion per cui i rilievi del Regno del Belgio in merito alla clausola prevista all’articolo 64, paragrafo 1, TFUE, sarebbero inoperanti, né il sistema belga di trattenuta liberatoria applicato ai redditi da capitali eccedenti l’importo esente.

    37. L’istituzione fa inoltre valere che l’argomento del Regno del Belgio riguardante il rischio di doppia esenzione non è pertinente, atteso che tale rischio esiste, con conseguenze ancor più gravi, parimenti nell’ambito puramente interno, essendo sufficiente, in considerazione dell’anonimato di cui beneficiano i risparmiatori, suddividere il risparmio tra due o più banche per poter godere di una doppia o multipla esenzione degli interessi. Il Regno del Belgio non può, quindi, giustificare una discriminazione sul piano transfrontaliero quando si astiene dal combattere, sul piano nazionale, lo stesso rischio di evasione.

    38. Quanto alla libera prestazione dei servizi e alla giustificazione relativa alla necessità di garantire l’efficacia dei controlli tributari, la Commissione contesta, da un lato, la pertinenza del richiamo alla citata sentenza X e Passenheim-van Schoot nell’ambito della presente causa. Dall’altro, l’istituzione ritiene che la direttiva 77/799 costituisca uno strumento sufficiente al fine di verificare il rispetto, da parte delle banche straniere, dei requisiti imposti dalla normativa belga ai fini della concessione dell’esenzione di cui trattasi. Pertanto, la Commissione insiste in toto sulla domanda formulata nel ricorso.

    Giudizio della Corte

    Sulla libera prestazione dei servizi

    39. Nell’ambito di tale addebito, la Commissione deduce, in primo luogo, che il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 56 TFUE.

    40. In limine, si deve rilevare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v. sentenza del 19 luglio 2012, A, C-48/11, punto 16 e la giurisprudenza citata).

    41. Si deve parimenti sottolineare che le prestazioni di servizi bancari costituiscono servizi ai sensi dell’articolo 57 TFUE e che l’articolo 56 TFUE osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale la quale, senza giustificazioni oggettive, ostacoli la possibilità per un prestatore di servizi di esercitare effettivamente tale libertà (v., in tal senso, sentenze del 30 gennaio 2007, Commissione/Danimarca, C-150/04, Racc. pag. I-1163, punto 37 e la giurisprudenza citata).

    42. Nell’ottica di un mercato unico e per consentire la realizzazione degli obiettivi del medesimo, l’articolo 56 TFUE osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che produca l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro (sentenza Commissione/Danimarca, cit., punto 38).

    43. Emerge inoltre da costante giurisprudenza della Corte che l’articolo 56 TFUE osta, in particolare, a ogni normativa nazionale tale da vietare o da ostacolare maggiormente le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisca legittimamente servizi analoghi (v. sentenza del 5 luglio 2007, Commissione/Belgio, C-522/04, Racc. pag. I-5701, punto 38).

    44. Nella specie, si deve rilevare che la normativa di cui trattasi nella specie prevede un regime fiscale differenziato degli interessi provenienti da un deposito di risparmio a seconda che siano corrisposti da banche stabilite o meno in Belgio. Tale differenza di trattamento trova spiegazione, secondo il governo belga, segnatamente nell’impossibilità di applicare lo stesso regime in entrambi i casi al fine di evitare una doppia esenzione qualora il contribuente disponga di depositi di risparmio al tempo stesso in Belgio ed in un altro Stato membro.

    45. Occorre quindi verificare se tale normativa crei ostacoli alla libera prestazione di servizi e se, eventualmente, tali ostacoli siano tali da trovare giustificazione nei motivi evocati dal governo belga.

    46. A tal riguardo, si deve rilevare che il governo belga non nega, nel proprio controricorso, l’esistenza di un ostacolo a tale libertà.

    47. Inoltre, si deve rilevare che la normativa belga controversa, da un lato, produce l’effetto di dissuadere i residenti belgi dal ricorrere ai servizi di banche stabilite in altri Stati membri e dall’aprire o mantenere conti di risparmio presso banche non stabilite in Belgio, atteso che gli interessi corrisposti da queste ultime non possono godere dell’esenzione fiscale di cui trattasi qualora le banche medesime non siano stabilite sul territorio belga. Dall’altro lato, detta normativa è tale da dissuadere i titolari di un conto di risparmio presso una banca stabilita sul territorio belga, che beneficino quindi di tale esenzione, dal trasferire il loro conto verso una banca stabilita in un altro Stato membro.

    48. Si deve pertanto affermare che la normativa di cui trattasi costituisce un ostacolo alla libera prestazione dei servizi, vietata, in linea di principio, dall’articolo 56, primo comma, TFUE.

    49. Da ben consolidata giurisprudenza risulta che i provvedimenti nazionali in grado di ostacolare o di rendere meno attraente l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato possono essere nondimeno giustificati qualora perseguano un obiettivo di interesse generale, siano adeguati a garantirne la realizzazione e non eccedano quanto è necessario per raggiungerlo (v., in particolare, sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C-269/09, punto 62 e la giurisprudenza citata).

    50. Occorre quindi esaminare se l’ostacolo accertato possa essere giustificato dal solo obiettivo di interesse generale espressamente invocato dal Regno del Belgio, vale a dire la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali.

    51. Riguardo a tale giustificazione, si deve rilevare, in limine, che la Corte ha già avuto modo di affermare che la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali può giustificare una restrizione alle libertà fondamentali (v. in tal senso, segnatamente, sentenza X e Passenheim-van Schoot, cit., punto 45).

    52. Per quanto attiene all’impossibilità di ricorrere agli strumenti esistenti a livello dell’Unione in materia di mutua assistenza garantita, in particolare, dalla direttiva 77/799, si deve necessariamente rilevare che i meccanismi di mutua assistenza esistenti tra le autorità degli Stati membri sono sufficienti per consentire a uno Stato membro di procedere al controllo della veridicità delle dichiarazioni dei contribuenti quanto ai redditi realizzati in un altro Stato membro (v., in tal senso, sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, Racc. pag. I-12273, punto 78, nonché Commissione/Spagna, cit., punto 68).

    53. Non è tuttavia escluso che il summenzionato strumento di cooperazione non operi sempre in modo soddisfacente e senza ostacoli nella pratica. Tuttavia, gli Stati membri non possono trarre da eventuali difficoltà riscontrate nel raccogliere le informazioni richieste o da carenze che possano prodursi nella cooperazione tra le rispettive amministrazioni finanziarie la giustificazione della restrizione delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (v., in tal senso, sentenze del 4 marzo 2004, Commissione/Francia, C-334/02, Racc. pag. I-2229, punto 33, nonché Commissione/Spagna, cit., punto 72).

    54. Infatti, nulla impedirebbe alle amministrazioni finanziarie interessate di esigere dal contribuente le prove che esse reputino necessarie per la corretta determinazione delle imposte di cui trattasi e, se del caso, di negare l’esenzione richiesta qualora tali prove non vengano fornite (v., segnatamente, sentenza dell’11 ottobre 2007, ELISA, C-451/05, Racc. pag. I-8251, punto 95 e la giurisprudenza citata).

    55. In tale contesto, il governo belga sostiene che la Corte ha riconosciuto, nella citata sentenza X e Passenheim-van Schoot, la giustificazione relativa all’insufficiente efficacia del menzionato strumento della cooperazione.

    56. A tal riguardo, si deve rilevare che la Corte ha avuto modo di affermare, in tale sentenza, che l’applicazione di un termine più esteso ai fini della rettifica fiscale in caso di sospetto di dissimulazione di patrimoni imponibili detenuti in un altro Stato membro è giustificata dall’obiettivo di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e di lottare contro l’evasione fiscale.

    57. Orbene, nella specie, per quanto attiene ai redditi dichiarati dai contribuenti, l’amministrazione finanziaria belga non dovrebbe incontrare difficoltà per ottenere le informazioni necessarie riguardo a tali redditi provenienti da un altro Stato membro.

    58. Inoltre, come rilevato dal Regno del Belgio nel proprio controricorso, i redditi provenienti da conti di risparmio stranieri che devono essere dichiarati dal contribuente costituiscono parimenti oggetto di scambio di informazioni nell’ambito della direttiva 2003/48.

    59. Pertanto, l’amministrazione finanziaria belga dispone di uno strumento legale, la cui efficacia non è messa in discussione, per ottenere informazioni concernenti l’esistenza di redditi mobiliari stranieri ed è, conseguentemente, in grado di assoggettarli a tassazione.

    60. Dalle suesposte considerazioni emerge che la giustificazione relativa all’insufficienza degli strumenti di cooperazione a livello dell’Unione non può trovare accoglimento.

    61. Quanto al rischio di doppia esenzione e quindi, implicitamente, alla giustificazione della normativa di cui trattasi in considerazione degli obiettivi volti alla lotta contro la frode e l’evasione fiscali, si deve ricordare che essi costituiscono obiettivi legittimi riconosciuti dalla Corte (v. in particolare, in tal senso, sentenza del 7 aprile 2011, Commissione/Portogallo, C-20/09, Racc. pag. I-2637, punto 60 e la giurisprudenza citata).

    62. A tal riguardo, si deve rilevare che, come correttamente rilevato dalla Commissione, tale rischio sussiste parimenti nell’ipotesi in cui un contribuente disponga di due o più conti di risparmio presso una banca stabilita in Belgio e, quindi, in un ambito puramente interno. Atteso che i contribuenti beneficiano dell’anonimato riguardo agli interessi provenienti da un conto di risparmio belga, sarebbe sufficiente, al fine di poter godere più volte dell’esenzione controversa, che il contribuente affidi i propri risparmi a più banche differenti. Ne consegue che il rischio di evasione o di abuso, invocato dal governo belga, è inerente al sistema di esenzione nazionale e non è conseguenza dell’esistenza di un elemento transfrontaliero.

    63. Inoltre, anche a voler ammettere che la normativa nazionale di cui trattasi sia idonea a realizzare l’obiettivo di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e, in particolare, la lotta contro l’evasione e la frode fiscali, si deve rilevare che tale normativa va al di là di quanto necessario per il conseguimento dell’obiettivo perseguito.

    64. Infatti, da ben consolidata giurisprudenza risulta che una giustificazione basata sulla lotta alla frode e all’evasione fiscali è ammissibile solamente qualora essa abbia ad oggetto costruzioni puramente artificiali, aventi lo scopo di aggirare la normativa tributaria, il che esclude qualsiasi presunzione generale di frode. Pertanto, una presunzione generale di evasione o di frode fiscale non può essere sufficiente per giustificare una misura tributaria che pregiudichi gli obiettivi del Trattato (v., in tal senso, sentenza del 28 ottobre 2010, Établissements Rimbaud, C-72/09, Racc. pag. I-10659, punto 34 e la giurisprudenza citata). Orbene, nella specie, la normativa nazionale controversa impedisce non solo l’evasione e la frode fiscale, ma parimenti il legittimo esercizio della libera prestazione di servizi qualora i contribuenti dimostrino di non perseguire obiettivi fraudolenti.

    65. Ne consegue che il governo belga avrebbe potuto adottare misure meno restrittive nel conseguire l’obiettivo consistente nella lotta contro l’evasione fiscale.

    66. Ciò premesso, la giustificazione della normativa in esame sulla base della necessità di evitare l’evasione e la frode fiscali nell’ambito della garanzia dell’efficacia dei controlli fiscali non può trovare accoglimento.

    67. Infine, per quanto attiene alla giusti ficazione relativa al fatto che, in caso di conti di risparmio presso banche stabilite al di fuori del Belgio, qualora un contribuente abbia, illecitamente, beneficiato di un’esenzione, spetta a quest’ultimo versare l’imposta alla fonte senza alcuna possibilità di ricorso civile contro la banca straniera, è sufficiente rilevare che il governo belga non ha dimostrato per quale ragione le sue preoccupazioni relative ad un’equa ripartizione delle responsabilità civili tra i contribuenti e le banche interessate possano giustificare l’applicazione di una misura come quella in esame, al fine di perseguire l’obiettivo di garantire l’efficacia dei controlli fiscali.

    68. Ciò premesso, tale giustificazione della normativa controversa non può essere accolta.

    69. Ne consegue che la restrizione alla libertà di prestazione dei servizi derivante dall’applicazione della normativa nazionale controversa, che riserva la concessione di un’esenzione fiscale unicamente agli interessi corrisposti dalle banche stabilite in Belgio, ad esclusione degli interessi corrisposti da istituti finanziari stabiliti in altri Stati membri, non può essere giustificata in base agli obiettivi invocati dal Regno del Belgio, né essa risponde all’esigenza di proporzionalità.

    70. La Commissione deduce, in secondo luogo, che, per effetto dell’esistenza della normativa belga controversa, il Regno del Belgio è venuto parimenti meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 36 dell’accordo SEE, relativi alla libera prestazione di servizi.

    71. A tal riguardo, si deve rilevare che tale disposizione dell’accordo SEE è analoga a quella contenuta nell’articolo 56 TFUE, ragion per cui le considerazioni esposte riguardo a tale articolo ai punti da 40 a 69 supra si applicano, in linea di principio, anche al corrispondente articolo dell’accordo SEE.

    72. Orbene, si deve necessariamente constatare che il governo belga deduce giustificazioni unicamente riguardo all’articolo 56 TFUE. Ne consegue che, considerato che nessuna specifica giustificazione è stata dedotta dal governo medesimo riguardo all’articolo 36 dell’accordo SEE, deve ritenersi che l’articolo 36 dell’accordo SEE osta parimenti alla normativa nazionale controversa.

    Sulla libera circolazione dei capitali

    73. La Commissione chiede inoltre alla Corte di dichiarare che il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti derivanti dagli articoli 63 TFUE e 40 dell’accordo SEE.

    74. Atteso che le disposizioni del Trattato e dell’Accordo SEE relative alla libera prestazione dei servizi ostano alla normativa controversa, non è necessario esaminare separatamente la normativa medesima alla luce degli articoli 63 TFUE e 40 dell’accordo SEE, riguardanti la libera circolazione dei capitali (v., per analogia, sentenza del 5 luglio 2007, Commissione/Belgio, cit., punto 79).

    75. Conseguentemente, si deve rilevare che il Regno del Belgio, istituendo e mantenendo in essere un regime che prevede un’imposizione discriminatoria degli interessi corrisposti dalle banche non residenti, risultante dall’applicazione di un’esenzione fiscale riservata unicamente agli interessi corrisposti dalle banche residenti, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 56 TFUE nonché dell’articolo 36 dell’accordo SEE.

    Sulle spese

    76. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Regno del Belgio, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese.

    Dispositivo

    Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

    1) Istituendo e mantenendo in essere un regime che prevede un’imposizione discriminatoria degli interessi corrisposti dalle banche non residenti, risultante dall’applicazione di un’esenzione fiscale riservata unicamente agli interessi corrisposti dalle banche residenti, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 56 TFUE nonché dell’articolo 36 dell’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992.

    2) Il Regno del Belgio è condannato alle spese.

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    SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

    6 giugno 2013 ( *1 )

    «Inadempimento di uno Stato — Articoli 56 TFUE e 63 TFUE — Articoli 36 e 40 dell’accordo SEE — Normativa tributaria — Esenzione fiscale riservata agli interessi corrisposti dalle banche residenti con esclusione di quelli corrisposti da banche stabilite all’estero»

    Nella causa C-383/10,

    avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 30 luglio 2010,

    Commissione europea, rappresentata da R. Lyal e F. Dintilhac, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    contro

    Regno del Belgio, rappresentato da J.-C. Halleux e M. Jacobs, in qualità di agenti,

    convenuto,

    LA CORTE (Quinta Sezione),

    composta da A. Borg Barthet, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, J.-J. Kasel e M. Berger (relatore), giudici,

    avvocato generale: P. Cruz Villalón

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con il proprio ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che, avendo istituito e mantenendo in essere un regime che prevede un’imposizione discriminatoria degli interessi corrisposti dalle banche non residenti, risultante dall’applicazione di un’esenzione fiscale riservata unicamente agli interessi corrisposti dalle banche belghe, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 56 TFUE e 63 TFUE nonché degli articoli 36 e 40 dell’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»).

    Contesto normativo nazionale

    2

    L’articolo 21, 5° comma, del code belge des impôts sur les revenus (codice belga sulle imposte sui redditi) (in prosieguo: il «CIR 92»), nel testo applicabile all’esercizio di imposta 2010 (redditi percepiti nel 2009), così dispone:

    «I redditi da capitali e beni mobili non comprendono:

    (...)

    il primo scaglione pari a [EUR] 1 730 (importo di base [EUR] 1 250) annui relativi a depositi di risparmio percepiti, senza fissazione convenzionale di termini o preavviso, da parte di istituti di credito stabiliti in Belgio e disciplinati dalla legge 22 marzo 1993 relativa allo status e al controllo degli istituti di credito, fermo restando che:

    tali depositi devono, inoltre, rispondere ai criteri definiti dal Re su parere della Commissione bancaria, finanziaria e assicurativa (...), quanto alla valuta in cui sono esposti, quanto alle condizioni e modalità di ritiro e prelievo e quanto alla struttura, al livello e alle modalità di calcolo della loro remunerazione;

    ai fini dell’applicazione della presente disposizione, non sono considerati quali termini di preavviso i termini che costituiscano una semplice misura di salvaguardia che il depositario si riserva di invocare».

    3

    L’articolo 313 del CIR 92 prevede il principio della trattenuta mobiliare liberatorio:

    «I contribuenti soggetti all’imposta sulle persone fisiche non sono tenuti ad indicare nella propria dichiarazione annuale ai fini dell’imposta medesima i redditi da capitali e beni mobili (...) per i quali sia stata assolta la trattenuta mobiliare (...)».

    4

    Il regio decreto di esecuzione del CIR 92, come modificato dal regio decreto del 7 dicembre 2008 (Moniteur belge del 22 dicembre 2008, pag. 67513), prevede i criteri ai quali i depositi di risparmio di cui all’articolo 21, 5° comma, del CIR 92 devono, inoltre, rispondere per poter beneficiare dell’applicazione dell’articolo medesimo.

    Il procedimento precontenzioso

    5

    Con lettera del 19 ottobre 2006, la Commissione ricordava alle autorità belghe gli obblighi derivanti dagli articoli 49 CE e 56 CE nonché dagli articoli 36 e 40 dell’accordo SEE e la necessità di conformarvisi.

    6

    Con lettera del 27 febbraio 2007, le autorità belghe rispondevano a detta lettera di diffida sostenendo che il ragionamento svolto dalla Commissione si basa, per quanto attiene all’articolo 63 TFUE su un’ipotesi infondata e, quanto all’articolo 56 TFUE, sulla mancata considerazione dell’obiettivo perseguito dalla misura controversa la quale, se estesa ai depositi di risparmio tenuti in banche straniere, produrrebbe discordanze di applicazione a seconda dello Stato membro o dello Stato aderente all’applicazione della direttiva 2003/48 in cui il deposito di risparmio sia tenuto, discordanze, inoltre, dannose per i contribuenti interessati.

    7

    Nel parere motivato, indirizzato il 26 giugno 2009 alle autorità belghe, la Commissione contestava al Regno del Belgio che, avendo istituito e mantenendo in essere un regime che prevede un’imposizione discriminatoria degli interessi corrisposti dalle banche non residenti risultante dall’applicazione di un’esenzione fiscale riservata unicamente agli interessi corrisposti dalle banche belghe, lo Stato membro medesimo era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 49 CE e 56 CE (divenuti articoli 56 TFUE e 63 TFUE) nonché degli articoli 36 e 40 dell’accordo SEE. Nel parere veniva imposto un termine di due mesi per conformarsi alle disposizioni del Trattato e dell’accordo SEE.

    8

    Con lettera del 28 settembre 2009, le autorità belghe rispondevano al parere motivato affermando, segnatamente, che la misura controversa è giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e dalla necessità di proteggere i piccoli risparmiatori.

    9

    Non sodisfatta da tale risposta, la Commissione presentava, in data 26 luglio 2010, il presente ricorso per inadempimento.

    Sul ricorso

    Argomenti delle parti

    10

    In limine, la Commissione sottolinea, nel proprio ricorso, che la materia delle imposte dirette non costituisce una competenza esclusiva degli Stati membri, ma che essa è implicitamente e necessariamente inclusa nella competenza relativa al mercato interno di cui all’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE e considerata quale competenza condivisa tra l’Unione europea e gli Stati membri. Tale interpretazione sarebbe avvalorata dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, dovendo questi ultimi tuttavia esercitarla nel rispetto del diritto dell’Unione. A sostegno di tale tesi, la Commissione si richiama alla sentenza del 24 maggio 2007, Holböck (C-157/05, Racc. pag. I-4051, punto 21).

    11

    Per quanto attiene alla questione se le disposizioni nazionali in questione rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 56 TFUE o dell’articolo 63 TFUE, la Commissione, richiamandosi al punto 43 della sentenza del 3 ottobre 2006, Fidium Finanz (C-452/04, Racc. pag. I-9521), ritiene che, alla luce degli effetti delle disposizioni di cui trattasi, l’inadempimento contestato debba essere esaminato tanto riguardo alla libera prestazione dei servizi quanto alla libera circolazione dei capitali.

    12

    Quanto alla libera circolazione dei servizi, la Commissione, rammentando l’obiettivo e l’ambito di applicazione ratione personae degli articoli 56 TFUE e segg., deduce che la normativa belga in esame si pone in contrasto con le menzionate disposizioni, in quanto produce l’effetto di dissuadere i residenti belgi dal ricorrere, per la gestione di conti di risparmio, ai servizi di banche stabilite in altri Stati membri dell’Unione e in altri Stati aderenti all’accordo SEE. La Commissione precisa che gli interessi corrisposti da questi ultimi non possono mai godere di esenzione per il solo motivo che la banca debitrice non è stabilita in Belgio, anche quando quest’ultima sia pronta a rispondere a tutti gli altri requisiti previsti dalla normativa belga in questione.

    13

    Quanto all’argomento relativo all’assenza di qualsivoglia denuncia presentata al riguardo dal settore finanziario e, più in particolare, da istituti di credito stabiliti all’estero, la Commissione ritiene che tale argomento sia destituito di pertinenza, atteso che il ricorso di accertamento dell’inadempimento ha natura oggettiva e non è, quindi, subordinato a qualsivoglia denuncia. Inoltre, sottolineando che la libera prestazione dei servizi offre non solo il diritto di fornire servizi bensì anche il diritto di riceverne, l’istituzione deduce che la misura di cui trattasi dissuade non solo le banche stabilite all’estero ad offrire i propri servizi ai residenti belgi, ma anche i residenti belgi dal ricorrere ai servizi di tali banche e costituisce, conseguentemente, una restrizione a tale libertà fondamentale.

    14

    La Commissione ritiene, inoltre, che tale restrizione non possa essere giustificata da alcuno degli argomenti dedotti dal Regno del Belgio e che, in ogni caso, essa si pone in contrasto con il principio di proporzionalità.

    15

    Per quanto attiene alla giustificazione di tale restrizione per ragioni imperative di interesse generale costituito dalla necessità di assicurare l’efficacia dei controlli fiscali, la Commissione riconosce che un controllo può risultare, in talune ipotesi, molto difficile e che, in linea di principio, l’esigenza di prevenire l’evasione fiscale e gli abusi può giustificare restrizioni ad una libertà di circolazione. A tal riguardo, richiamandosi, da un lato, alla propria comunicazione [COM (2007) 785 def.], del 10 dicembre 2007, al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo sull’applicazione di misure antiabuso nel settore dell’imposizione diretta all’interno dell’Unione europea e nei confronti di paesi terzi (GU 2008, C 106, pag. 13), e, d’altro, alla sentenza del 12 dicembre 2002, Lankhorst-Hohorst (C-324/00, Racc. pag. I-11779, punto 37), l’istituzione rileva che, se è pur vero che negando l’esenzione degli interessi corrisposti dalle banche straniere la normativa belga previene la frode, essa ostacola tuttavia parimenti il legittimo esercizio della libera prestazione dei servizi. Tale misura andrebbe, quindi, manifestamente al di là della portata indispensabile per il raggiungimento del suo obiettivo. La Commissione sottolinea peraltro che il fatto che il Belgio partecipi oramai al sistema di scambio di informazioni della direttiva 2003/48/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157, pag. 38), consente appunto di ridurre considerevolmente i rischi di frode.

    16

    Quanto alla giustificazione relativa alla natura socio-economica della misura di cui trattasi in quanto incoraggerebbe il risparmio previdenziale tra i «piccoli contribuenti», la Commissione ritiene che l’esenzione fiscale degli interessi corrisposti dalle banche non stabilite in Belgio non si pone in contrasto con tale obiettivo e che, al contrario, grazie a tale misura, i contribuenti possono scegliere tra una gamma più ampia di prodotti di risparmio, il che li incoraggerebbe ancor più al risparmio.

    17

    La Commissione considera, inoltre, l’argomento dedotto dal Regno del Belgio – secondo cui sembra poco probabile che il gruppo dei contribuenti riguardati dalla misura nazionale di cui trattasi sia interessato dalla possibilità di collocare il proprio risparmio in banche straniere e che gli istituti di credito stranieri cerchino di attirare tale clientela – di natura puramente speculativa e, pertanto, quale argomento non valido per poter giustificare una restrizione di tal genere ad una libertà fondamentale.

    18

    Quanto alla giustificazione relativa alla disparità dei livelli di tutela dei consumatori a fronte dell’insolvenza di una banca, illustrata dall’esempio della difficile situazione dei risparmiatori belgi clienti della filiale lussemburghese di una banca islandese, la Commissione deduce che, da un lato, le garanzie e la tutela dei risparmiatori in caso di insolvenza di una banca hanno costituito oggetto di armonizzazione nell’Unione, segnatamente, per mezzo della direttiva 94/19/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU L 135, pag. 5), direttiva successivamente modificata dalla direttiva 2009/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009 (GU L 68, pag. 3). Dall’altro lato, le autorità belghe non avrebbero specificato la natura e il contenuto dei livelli di tutela che costituirebbero oggetto delle pretese disparità. In ogni caso, a parere della Commissione, la normativa nazionale non deve influenzare i consumatori sfavorendo gli strumenti finanziari delle banche stabilite al di fuori del Belgio.

    19

    Infine, per quanto attiene all’argomento secondo cui i risparmiatori belgi non verrebbero adeguatamente informati in considerazione del fatto che una banca stabilita al di fuori del territorio belga non farebbe necessariamente uso di una delle lingue parlate in Belgio, la Commissione deduce che compete unicamente al consumatore valutare in quale lingua egli è in grado di ricevere informazioni riguardanti l’apertura di un conto di risparmio. La Commissione sottolinea, in proposito, che il Belgio possiede tre lingue ufficiali parimenti utilizzate negli Stati membri limitrofi.

    20

    Quanto alla libera circolazione dei capitali, la Commissione, rammentando che le operazioni di conto corrente o di deposito effettuate dai residenti presso istituti finanziari stranieri sono contenute nel punto VI.B della nomenclatura allegata alla direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato (GU L 178, pag. 5) e rientrano, quindi, nella nozione di movimenti di capitali, deduce che la normativa nazionale di cui trattasi produce l’effetto di rendere meno attraente il trasferimento transfrontaliero di capitali, dissuadendo i residenti belgi dall’apertura di depositi di risparmio presso banche non stabilite in Belgio ovvero di mantenere i propri risparmi in tali istituti di credito. La misura de qua costituirebbe, pertanto, una restrizione alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’articolo 63 TFUE.

    21

    La Commissione ritiene, inoltre, non validi tutti i motivi di giustificazione invocati dal Regno del Belgio.

    22

    Infatti, anzitutto, secondo la Commissione, tale restrizione non può essere giustificata in base ai motivi previsti dall’articolo 65 TFUE, atteso che la situazione dei residenti belgi che percepiscono e dichiarano gli interessi provenienti dai propri depositi di risparmio presso banche stabilite in Belgio o di banche non stabilite nello Stato membro medesimo sono obiettivamente analoghe. Pertanto, una differenza di trattamento costituirebbe una discriminazione arbitraria ai sensi di tale articolo.

    23

    Inoltre, per quanto attiene all’argomento dedotto dal Regno del Belgio quanto al rischio che parte delle banche non stabilite in Belgio e aventi una clientela residente in tale Stato membro non sarebbe incline a proporre prodotti finanziari che rispondano ai requisiti fissati dalla normativa nazionale, il che produrrebbe la conseguenza di una discriminazione tra i residenti belgi aventi depositi al di fuori del Belgio a seconda che la rispettiva banca scelga di conformarsi o meno alla normativa belga, la Commissione ritiene che tale eventuale discriminazione costituirebbe un effetto non della normativa di cui trattasi, bensì della scelta degli operatori economici. Spetterebbe, quindi, ai residenti belgi scegliere o meno una banca che proponga loro prodotti finanziari che consentano di avvalersi del sistema di esenzione belga.

    24

    Per quanto riguarda l’eventuale inadempimento di una banca stabilita al di fuori del Belgio, che non rispetti le condizioni fissate dalla normativa belga di cui trattasi per poter beneficiare dell’esenzione, la Commissione osserva che le autorità belghe potrebbero trarne le conseguenze escludendo, segnatamente, il beneficio di tale esenzione per la banca medesima.

    25

    Infine, per quanto attiene all’argomento dedotto dal Regno del Belgio a termini del quale la normativa di cui trattasi ricade nella deroga dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE considerato che il regime belga di esenzione dei depositi di risparmio esisteva già alla data del 31 dicembre 1993, che è stato mantenuto nell’ordinamento giuridico belga senza soluzione di continuità e che da allora non ha subito alcuna modifica sostanziale, la Commissione deduce di aver contestato la normativa controversa non riguardo alle banche stabilite in un paese terzo, salvo quelle stabilite in uno dei paesi dello SEE aderenti all’Associazione europea di libero scambio (AELS), bensì per quelle che ricadono nell’articolo 40 dell’accordo SEE.

    26

    Il Regno del Belgio si richiama ai principi risultanti dalla sentenza del 18 dicembre 2007, A, C-101/05 (Racc. pag. I-11531, punti 48 e 49) e sottolinea che l’applicabilità dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE consente di mantenere nei confronti dei paesi terzi le restrizioni ai movimenti dei capitali esistenti al31 dicembre 1993. Orbene, il regime belga di esenzione dei depositi di risparmio, già esistenti a tale data, sarebbe stato, da allora, mantenuto nell’ordinamento giuridico nazionale senza soluzione di continuità e non avrebbe subito, successivamente a tale data, alcuna modifica sostanziale.

    27

    Per quanto attiene alla libera circolazione dei capitali, il Regno del Belgio, invocando l’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, contesta che, per quanto attiene all’esenzione di cui trattasi, i contribuenti belgi che investano in un deposito di risparmio si trovino nella stessa situazione riguardo al luogo di investimento dei capitali, a seconda che il loro deposito si trovi o meno in Belgio.

    28

    A tal proposito, lo Stato membro medesimo precisa che, per quanto attiene a coloro che dispongono di un deposito di risparmio in Belgio, l’esenzione dall’imposta nazionale ha luogo alla fonte e, quindi, a livello dell’amministrazione finanziaria belga. In tal senso, per quanto attiene all’esercizio di imposta 2010, il primo scaglione di redditi da deposito di risparmio, corrispondente all’importo di EUR 1 730, non è soggetto a trattenuta mobiliare. Tale primo scaglione non viene, infatti, considerato quale reddito da capitali o da beni mobili e non doveva quindi figurare nella dichiarazione dei redditi annuale. Per contro, la quota di reddito da deposito di risparmio eccedente tale importo era soggetta alla trattenuta mobiliare, senza peraltro dover essere menzionata nella dichiarazione medesima. È in tal senso che si tratterebbe di un sistema di trattenuta mobiliare detta «liberatoria». Conseguentemente, a parere del Regno del Belgio, l’amministrazione finanziaria nazionale non è, in linea di principio, a conoscenza dell’esistenza di depositi di risparmio in Belgio per quanto riguarda le persone fisiche residenti sul territorio nazionale.

    29

    Per contro, per quanto attiene ai contribuenti che dispongono di depositi di risparmio in un altro Stato membro, il Regno del Belgio precisa che i redditi provenienti da tali depositi devono essere dichiarati dal contribuente e costituiscono ormai parimenti oggetto di scambio di informazioni nell’ambito della direttiva 2003/48. Qualora tali contribuenti dispongano, al tempo stesso, di depositi di risparmio in Belgio ed abbiano richiesto, nell’ambito della dichiarazione dei redditi annuale, il beneficio dell’esenzione di cui trattasi in ragione di EUR 1 730 sul reddito proveniente dai depositi di risparmio stranieri, l’amministrazione belga si trova, a parere dello Stato membro medesimo, nell’impossibilità di verificare se tali contribuenti non abbiano indebitamente beneficiato di una doppia esenzione fiscale: una prima volta, per i redditi provenienti dai depositi di risparmio in Belgio, per effetto del sistema di trattenuta mobiliare liberatoria e, quindi, in modo anonimo e, una seconda volta, per i redditi provenienti dai depositi di risparmio in un altro Stato membro, al momento della determinazione dell’imposta per le persone fisiche.

    30

    Il Regno del Belgio deduce parimenti che, nell’ipotesi in cui decidesse di rimediare al preteso ostacolo eliminando l’esenzione di cui trattasi per i redditi da deposito di risparmio in Belgio, questi ultimi risulterebbero soggetti ad un trattamento meno favorevole rispetto ai redditi provenienti da depositi di risparmio costituiti all’estero. Infatti, in tal caso, per i primi l’imposta verrebbe percepita alla fonte dagli istituti finanziari belgi al momento dell’incasso, sotto forma di trattenuta mobiliare liberatoria, laddove, per i secondi, l’imposta belga verrebbe riscossa, per effetto della dichiarazione presentata l’anno seguente a quello di percepimento di redditi, sotto forma di iscrizione a ruolo effettuata, in media, due anni dopo l’incasso. Pertanto, i contribuenti belgi che percepiscano redditi da un deposito di risparmio straniero beneficerebbero di un vantaggio finanziario rispetto agli stessi contribuenti che dispongano di un deposito di risparmio in Belgio. Il governo belga ritiene, quindi, che il sistema istituito al fine di evitare una doppia esenzione dei redditi provenienti dai depositi di risparmio non costituisca né un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione occulta alla libera circolazione dei capitali e che non esistano sistemi più proporzionati rispetto a quello in vigore per conseguire l’obiettivo consistente nell’evitare una doppia indebita esenzione.

    31

    Quanto alla libera prestazione dei servizi, il Regno del Belgio fa anzitutto valere che la verifica del rispetto dei requisiti previsti dalla normativa di cui trattasi, a prescindere dai vincoli imposti dall’amministrazione finanziaria belga agli istituti di credito stranieri, esige uno scambio di informazioni bancarie su richiesta ed effettivo. Se è pur vero che, secondo il Regno del Belgio, tale scambio di informazioni è notevolmente migliorato nel corso di questi ultimi anni, lo Stato membro medesimo ritiene, tuttavia, che la direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15; in prosieguo: la «direttiva 77/799»), e, segnatamente, l’articolo 8 della medesima, non costituisca lo strumento idoneo a tal fine. Tuttavia, il problema risiederebbe non solo in un’eventuale assenza di informazioni da parte degli altri Stati membri, bensì parimenti nell’impossibilità di porre a raffronto le informazioni relative ai depositi di risparmio belgi e stranieri ed evitando un’indebita doppia esenzione.

    32

    Inoltre, il Regno del Belgio, richiamandosi segnatamente alla sentenza della Corte dell’11 giugno 2009, X e Passenheim-van Schoot (C-155/08 e C-157/08, Racc. pag. I-5093), ritiene che la misura controversa sia giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali.

    33

    A tal riguardo, detto Stato membro deduce che, atteso che solamente gli istituti di credito belgi sono soggetti alla trattenuta mobiliare, il contribuente non può essere considerato responsabile di evasione a tal titolo. Nel caso in cui non sia stato rispettato uno dei requisiti dell’esenzione da parte di un istituto di credito belga, quest’ultimo sarebbe obbligato a versare all’erario belga la trattenuta mobiliare non riscossa alla fonte. Considerato che l’identità del beneficiario degli interessi non dev’essere menzionata sulla dichiarazione di trattenuta mobiliare da parte dell’istituto di credito belga, l’amministrazione finanziaria belga non potrebbe costringere l’istituto medesimo a rivelare l’identità del beneficiario de quo. Peraltro, l’istituto di credito belga interessato non potrebbe rivalersi sul proprio cliente per recuperare la trattenuta mobiliare, atteso che la riscossione di quest’ultima risulta da obblighi che la legge pone unicamente a carico degli istituti di credito belgi. Per contro, nell’ipotesi in cui l’esenzione venisse estesa ai redditi provenienti da conti di risparmio stranieri, il contribuente stesso risulterebbe soggetto ad imposizione e non potrebbe rivalersi nei confronti dell’istituto di credito straniero che non abbia rispettato uno dei requisiti dell’esenzione. Atteso che quest’ultimo non ha infatti alcun obbligo tributario nei confronti del fisco belga, sarebbe infatti poco probabile che l’istituto medesimo riconosca ai propri clienti una qualsivoglia forma di garanzia di buon fine dell’esenzione fiscale belga, ragion per cui dovrebbe chiaramente riconoscersi che il contribuente sarebbe così sfornito di qualsiasi strumento di ricorso civile nei confronti dell’istituto di credito straniero.

    34

    Conseguentemente, a parere del governo belga, si può ritenere che una normativa fiscale che sia giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli tributari costituisca una restrizione proporzionata alla libertà di circolazione di capitali, ancorché tale normativa non sia focalizzata su costruzioni puramente artificiali.

    35

    Infine, il Regno del Belgio rileva che, in ogni caso, la normativa fiscale belga di cui trattasi non vada al di là di quanto necessario ai fini del conseguimento del suo obiettivo, vale a dire evitare che l’esenzione medesima non venga concessa indebitamente.

    36

    Nella propria replica la Commissione sottolinea, quanto alla libera circolazione dei capitali, di non aver censurato né la normativa belga per quanto attiene agli istituti di credito stabiliti in paesi terzi all’accordo SEE, ragion per cui i rilievi del Regno del Belgio in merito alla clausola prevista all’articolo 64, paragrafo 1, TFUE, sarebbero inoperanti, né il sistema belga di trattenuta liberatoria applicato ai redditi da capitali eccedenti l’importo esente.

    37

    L’istituzione fa inoltre valere che l’argomento del Regno del Belgio riguardante il rischio di doppia esenzione non è pertinente, atteso che tale rischio esiste, con conseguenze ancor più gravi, parimenti nell’ambito puramente interno, essendo sufficiente, in considerazione dell’anonimato di cui beneficiano i risparmiatori, suddividere il risparmio tra due o più banche per poter godere di una doppia o multipla esenzione degli interessi. Il Regno del Belgio non può, quindi, giustificare una discriminazione sul piano transfrontaliero quando si astiene dal combattere, sul piano nazionale, lo stesso rischio di evasione.

    38

    Quanto alla libera prestazione dei servizi e alla giustificazione relativa alla necessità di garantire l’efficacia dei controlli tributari, la Commissione contesta, da un lato, la pertinenza del richiamo alla citata sentenza X e Passenheim-van Schoot nell’ambito della presente causa. Dall’altro, l’istituzione ritiene che la direttiva 77/799 costituisca uno strumento sufficiente al fine di verificare il rispetto, da parte delle banche straniere, dei requisiti imposti dalla normativa belga ai fini della concessione dell’esenzione di cui trattasi. Pertanto, la Commissione insiste in toto sulla domanda formulata nel ricorso.

    Giudizio della Corte

    Sulla libera prestazione dei servizi

    39

    Nell’ambito di tale addebito, la Commissione deduce, in primo luogo, che il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 56 TFUE.

    40

    In limine, si deve rilevare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v. sentenza del 19 luglio 2012, A, C-48/11, punto 16 e la giurisprudenza citata).

    41

    Si deve parimenti sottolineare che le prestazioni di servizi bancari costituiscono servizi ai sensi dell’articolo 57 TFUE e che l’articolo 56 TFUE osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale la quale, senza giustificazioni oggettive, ostacoli la possibilità per un prestatore di servizi di esercitare effettivamente tale libertà (v., in tal senso, sentenze del 30 gennaio 2007, Commissione/Danimarca, C-150/04, Racc. pag. I-1163, punto 37 e la giurisprudenza citata).

    42

    Nell’ottica di un mercato unico e per consentire la realizzazione degli obiettivi del medesimo, l’articolo 56 TFUE osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che produca l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro (sentenza Commissione/Danimarca, cit., punto 38).

    43

    Emerge inoltre da costante giurisprudenza della Corte che l’articolo 56 TFUE osta, in particolare, a ogni normativa nazionale tale da vietare o da ostacolare maggiormente le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisca legittimamente servizi analoghi (v. sentenza del 5 luglio 2007, Commissione/Belgio, C-522/04, Racc. pag. I-5701, punto 38).

    44

    Nella specie, si deve rilevare che la normativa di cui trattasi nella specie prevede un regime fiscale differenziato degli interessi provenienti da un deposito di risparmio a seconda che siano corrisposti da banche stabilite o meno in Belgio. Tale differenza di trattamento trova spiegazione, secondo il governo belga, segnatamente nell’impossibilità di applicare lo stesso regime in entrambi i casi al fine di evitare una doppia esenzione qualora il contribuente disponga di depositi di risparmio al tempo stesso in Belgio ed in un altro Stato membro.

    45

    Occorre quindi verificare se tale normativa crei ostacoli alla libera prestazione di servizi e se, eventualmente, tali ostacoli siano tali da trovare giustificazione nei motivi evocati dal governo belga.

    46

    A tal riguardo, si deve rilevare che il governo belga non nega, nel proprio controricorso, l’esistenza di un ostacolo a tale libertà.

    47

    Inoltre, si deve rilevare che la normativa belga controversa, da un lato, produce l’effetto di dissuadere i residenti belgi dal ricorrere ai servizi di banche stabilite in altri Stati membri e dall’aprire o mantenere conti di risparmio presso banche non stabilite in Belgio, atteso che gli interessi corrisposti da queste ultime non possono godere dell’esenzione fiscale di cui trattasi qualora le banche medesime non siano stabilite sul territorio belga. Dall’altro lato, detta normativa è tale da dissuadere i titolari di un conto di risparmio presso una banca stabilita sul territorio belga, che beneficino quindi di tale esenzione, dal trasferire il loro conto verso una banca stabilita in un altro Stato membro.

    48

    Si deve pertanto affermare che la normativa di cui trattasi costituisce un ostacolo alla libera prestazione dei servizi, vietata, in linea di principio, dall’articolo 56, primo comma, TFUE.

    49

    Da ben consolidata giurisprudenza risulta che i provvedimenti nazionali in grado di ostacolare o di rendere meno attraente l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato possono essere nondimeno giustificati qualora perseguano un obiettivo di interesse generale, siano adeguati a garantirne la realizzazione e non eccedano quanto è necessario per raggiungerlo (v., in particolare, sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C-269/09, punto 62 e la giurisprudenza citata).

    50

    Occorre quindi esaminare se l’ostacolo accertato possa essere giustificato dal solo obiettivo di interesse generale espressamente invocato dal Regno del Belgio, vale a dire la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali.

    51

    Riguardo a tale giustificazione, si deve rilevare, in limine, che la Corte ha già avuto modo di affermare che la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali può giustificare una restrizione alle libertà fondamentali (v. in tal senso, segnatamente, sentenza X e Passenheim-van Schoot, cit., punto 45).

    52

    Per quanto attiene all’impossibilità di ricorrere agli strumenti esistenti a livello dell’Unione in materia di mutua assistenza garantita, in particolare, dalla direttiva 77/799, si deve necessariamente rilevare che i meccanismi di mutua assistenza esistenti tra le autorità degli Stati membri sono sufficienti per consentire a uno Stato membro di procedere al controllo della veridicità delle dichiarazioni dei contribuenti quanto ai redditi realizzati in un altro Stato membro (v., in tal senso, sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, Racc. pag. I-12273, punto 78, nonché Commissione/Spagna, cit., punto 68).

    53

    Non è tuttavia escluso che il summenzionato strumento di cooperazione non operi sempre in modo soddisfacente e senza ostacoli nella pratica. Tuttavia, gli Stati membri non possono trarre da eventuali difficoltà riscontrate nel raccogliere le informazioni richieste o da carenze che possano prodursi nella cooperazione tra le rispettive amministrazioni finanziarie la giustificazione della restrizione delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (v., in tal senso, sentenze del 4 marzo 2004, Commissione/Francia, C-334/02, Racc. pag. I-2229, punto 33, nonché Commissione/Spagna, cit., punto 72).

    54

    Infatti, nulla impedirebbe alle amministrazioni finanziarie interessate di esigere dal contribuente le prove che esse reputino necessarie per la corretta determinazione delle imposte di cui trattasi e, se del caso, di negare l’esenzione richiesta qualora tali prove non vengano fornite (v., segnatamente, sentenza dell’11 ottobre 2007, ELISA, C-451/05, Racc. pag. I-8251, punto 95 e la giurisprudenza citata).

    55

    In tale contesto, il governo belga sostiene che la Corte ha riconosciuto, nella citata sentenza X e Passenheim-van Schoot, la giustificazione relativa all’insufficiente efficacia del menzionato strumento della cooperazione.

    56

    A tal riguardo, si deve rilevare che la Corte ha avuto modo di affermare, in tale sentenza, che l’applicazione di un termine più esteso ai fini della rettifica fiscale in caso di sospetto di dissimulazione di patrimoni imponibili detenuti in un altro Stato membro è giustificata dall’obiettivo di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e di lottare contro l’evasione fiscale.

    57

    Orbene, nella specie, per quanto attiene ai redditi dichiarati dai contribuenti, l’amministrazione finanziaria belga non dovrebbe incontrare difficoltà per ottenere le informazioni necessarie riguardo a tali redditi provenienti da un altro Stato membro.

    58

    Inoltre, come rilevato dal Regno del Belgio nel proprio controricorso, i redditi provenienti da conti di risparmio stranieri che devono essere dichiarati dal contribuente costituiscono parimenti oggetto di scambio di informazioni nell’ambito della direttiva 2003/48.

    59

    Pertanto, l’amministrazione finanziaria belga dispone di uno strumento legale, la cui efficacia non è messa in discussione, per ottenere informazioni concernenti l’esistenza di redditi mobiliari stranieri ed è, conseguentemente, in grado di assoggettarli a tassazione.

    60

    Dalle suesposte considerazioni emerge che la giustificazione relativa all’insufficienza degli strumenti di cooperazione a livello dell’Unione non può trovare accoglimento.

    61

    Quanto al rischio di doppia esenzione e quindi, implicitamente, alla giustificazione della normativa di cui trattasi in considerazione degli obiettivi volti alla lotta contro la frode e l’evasione fiscali, si deve ricordare che essi costituiscono obiettivi legittimi riconosciuti dalla Corte (v. in particolare, in tal senso, sentenza del 7 aprile 2011, Commissione/Portogallo, C-20/09, Racc. pag. I-2637, punto 60 e la giurisprudenza citata).

    62

    A tal riguardo, si deve rilevare che, come correttamente rilevato dalla Commissione, tale rischio sussiste parimenti nell’ipotesi in cui un contribuente disponga di due o più conti di risparmio presso una banca stabilita in Belgio e, quindi, in un ambito puramente interno. Atteso che i contribuenti beneficiano dell’anonimato riguardo agli interessi provenienti da un conto di risparmio belga, sarebbe sufficiente, al fine di poter godere più volte dell’esenzione controversa, che il contribuente affidi i propri risparmi a più banche differenti. Ne consegue che il rischio di evasione o di abuso, invocato dal governo belga, è inerente al sistema di esenzione nazionale e non è conseguenza dell’esistenza di un elemento transfrontaliero.

    63

    Inoltre, anche a voler ammettere che la normativa nazionale di cui trattasi sia idonea a realizzare l’obiettivo di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e, in particolare, la lotta contro l’evasione e la frode fiscali, si deve rilevare che tale normativa va al di là di quanto necessario per il conseguimento dell’obiettivo perseguito.

    64

    Infatti, da ben consolidata giurisprudenza risulta che una giustificazione basata sulla lotta alla frode e all’evasione fiscali è ammissibile solamente qualora essa abbia ad oggetto costruzioni puramente artificiali, aventi lo scopo di aggirare la normativa tributaria, il che esclude qualsiasi presunzione generale di frode. Pertanto, una presunzione generale di evasione o di frode fiscale non può essere sufficiente per giustificare una misura tributaria che pregiudichi gli obiettivi del Trattato (v., in tal senso, sentenza del 28 ottobre 2010, Établissements Rimbaud, C-72/09, Racc. pag. I-10659, punto 34 e la giurisprudenza citata). Orbene, nella specie, la normativa nazionale controversa impedisce non solo l’evasione e la frode fiscale, ma parimenti il legittimo esercizio della libera prestazione di servizi qualora i contribuenti dimostrino di non perseguire obiettivi fraudolenti.

    65

    Ne consegue che il governo belga avrebbe potuto adottare misure meno restrittive nel conseguire l’obiettivo consistente nella lotta contro l’evasione fiscale.

    66

    Ciò premesso, la giustificazione della normativa in esame sulla base della necessità di evitare l’evasione e la frode fiscali nell’ambito della garanzia dell’efficacia dei controlli fiscali non può trovare accoglimento.

    67

    Infine, per quanto attiene alla giustificazione relativa al fatto che, in caso di conti di risparmio presso banche stabilite al di fuori del Belgio, qualora un contribuente abbia, illecitamente, beneficiato di un’esenzione, spetta a quest’ultimo versare l’imposta alla fonte senza alcuna possibilità di ricorso civile contro la banca straniera, è sufficiente rilevare che il governo belga non ha dimostrato per quale ragione le sue preoccupazioni relative ad un’equa ripartizione delle responsabilità civili tra i contribuenti e le banche interessate possano giustificare l’applicazione di una misura come quella in esame, al fine di perseguire l’obiettivo di garantire l’efficacia dei controlli fiscali.

    68

    Ciò premesso, tale giustificazione della normativa controversa non può essere accolta.

    69

    Ne consegue che la restrizione alla libertà di prestazione dei servizi derivante dall’applicazione della normativa nazionale controversa, che riserva la concessione di un’esenzione fiscale unicamente agli interessi corrisposti dalle banche stabilite in Belgio, ad esclusione degli interessi corrisposti da istituti finanziari stabiliti in altri Stati membri, non può essere giustificata in base agli obiettivi invocati dal Regno del Belgio, né essa risponde all’esigenza di proporzionalità.

    70

    La Commissione deduce, in secondo luogo, che, per effetto dell’esistenza della normativa belga controversa, il Regno del Belgio è venuto parimenti meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 36 dell’accordo SEE, relativi alla libera prestazione di servizi.

    71

    A tal riguardo, si deve rilevare che tale disposizione dell’accordo SEE è analoga a quella contenuta nell’articolo 56 TFUE, ragion per cui le considerazioni esposte riguardo a tale articolo ai punti da 40 a 69 supra si applicano, in linea di principio, anche al corrispondente articolo dell’accordo SEE.

    72

    Orbene, si deve necessariamente constatare che il governo belga deduce giustificazioni unicamente riguardo all’articolo 56 TFUE. Ne consegue che, considerato che nessuna specifica giustificazione è stata dedotta dal governo medesimo riguardo all’articolo 36 dell’accordo SEE, deve ritenersi che l’articolo 36 dell’accordo SEE osta parimenti alla normativa nazionale controversa.

    Sulla libera circolazione dei capitali

    73

    La Commissione chiede inoltre alla Corte di dichiarare che il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti derivanti dagli articoli 63 TFUE e 40 dell’accordo SEE.

    74

    Atteso che le disposizioni del Trattato e dell’Accordo SEE relative alla libera prestazione dei servizi ostano alla normativa controversa, non è necessario esaminare separatamente la normativa medesima alla luce degli articoli 63 TFUE e 40 dell’accordo SEE, riguardanti la libera circolazione dei capitali (v., per analogia, sentenza del 5 luglio 2007, Commissione/Belgio, cit., punto 79).

    75

    Conseguentemente, si deve rilevare che il Regno del Belgio, istituendo e mantenendo in essere un regime che prevede un’imposizione discriminatoria degli interessi corrisposti dalle banche non residenti, risultante dall’applicazione di un’esenzione fiscale riservata unicamente agli interessi corrisposti dalle banche residenti, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 56 TFUE nonché dell’articolo 36 dell’accordo SEE.

    Sulle spese

    76

    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Regno del Belgio, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese.

     

    Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    Istituendo e mantenendo in essere un regime che prevede un’imposizione discriminatoria degli interessi corrisposti dalle banche non residenti, risultante dall’applicazione di un’esenzione fiscale riservata unicamente agli interessi corrisposti dalle banche residenti, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 56 TFUE nonché dell’articolo 36 dell’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992.

     

    2)

    Il Regno del Belgio è condannato alle spese.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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