Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62010CC0109

    Conclusioni dell'avvocato generale Kokott del 14 aprile 2011.
    Solvay SA contro Commissione europea.
    Impugnazione - Concorrenza - Mercato della soda nella Comunità - Abuso di posizione dominante - Violazione dei diritti della difesa - Accesso agli atti - Audizione dell’impresa.
    Causa C-109/10 P.

    Raccolta della Giurisprudenza 2011 I-10329

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2011:256

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    JULIANE KOKOTT

    presentate il 14 aprile 2011 (1)

    Causa C‑109/10 P

    Solvay SA

    contro

    Commissione europea

    «Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Concorrenza – Abuso di posizione dominante (art. 82 CE) – Sconti di fedeltà – Discriminazione delle controparti commerciali – Diritti della difesa – Accesso al fascicolo – Smarrimento del fascicolo del procedimento amministrativo – Contradditorio – Divieto di utilizzazione delle prove (art. 20, n. 1, del regolamento n. 17) – Diritto di ottenere una decisione entro un termine ragionevole – Durata eccessiva del procedimento – Mercato europeo del carbonato di sodio»






    Indice


    I – Introduzione

    II – Antefatti della causa

    III – Procedimento dinanzi alla Corte

    IV – Sulla richiesta di annullamento della sentenza impugnata

    A – Su alcune questioni di diritto concernenti l’applicazione dell’art. 82 CE (sesto, settimo, ottavo e nono motivo di ricorso)

    1. Osservazioni preliminari

    2. Sulla delimitazione del mercato geografico rilevante (sesto motivo di ricorso)

    a) Prima parte del sesto motivo di ricorso

    b) Seconda parte del sesto motivo di ricorso

    c) Su alcuni ulteriori argomenti svolti nell’ambito del sesto motivo di ricorso

    d) Conclusione

    3. Sulla posizione dominante della Solvay (settimo motivo di ricorso)

    a) Sui rinvii della Solvay al suo sesto motivo di ricorso

    b) Sulla posizione dominante sui mercati nazionali (seconda parte del settimo motivo di ricorso)

    i) Sull’asserita limitazione dell’analisi del Tribunale alle sole quote di mercato

    ii) Sull’asserita omessa considerazione di vari argomenti della Solvay

    iii) Sull’asserita insufficienza della prova delle quote di mercato

    c) Sulle asserite circostanze eccezionali (terza parte del settimo motivo di ricorso)

    i) Sui requisiti della motivazione della sentenza impugnata

    ii) Sui requisiti della motivazione della decisione controversa

    iii) Sulla denunciata violazione dell’art. 102 TFUE (art. 82 CE)

    d) Conclusione

    4. Sull’abuso della posizione dominante della Solvay (ottavo e nono motivo di ricorso)

    a) Sullo sconto «gruppo» a favore della Saint‑Gobain (ottavo motivo di ricorso)

    i) Sull’argomento dell’assenza del legame di esclusiva

    ii) Sull’argomento del modesto importo dello sconto «gruppo»

    iii) Sull’argomento dell’assenza di effetti sulla concorrenza

    iv) Conclusione

    b) Sul carattere discriminatorio delle pratiche commerciali della Solvay (nono motivo di ricorso)

    i) Prima parte del nono motivo di ricorso

    – Sul denunciato snaturamento degli atti prodotti dalla Solvay

    – Sull’errore di diritto sostanziale

    ii) Seconda parte del nono motivo di ricorso

    – Sul denunciato snaturamento degli atti prodotti dalla Solvay

    – Sul difetto di motivazione

    iii) Conclusione

    B – Sul divieto di utilizzazione delle prove raccolte in occasione dell’accertamento dell’aprile 1989 (secondo motivo di ricorso)

    1. Ricevibilità del secondo motivo di ricorso

    2. Sul merito del secondo motivo di ricorso

    a) Sulla prima e sulla seconda parte del secondo motivo di ricorso (violazione degli artt. 14, n. 3, e 20, n. 1, del regolamento n. 17)

    b) Sulla terza parte del secondo motivo di ricorso (censura di snaturamento di fatti)

    c) Conclusione

    C – Sui diritti della difesa (terzo, quarto e quinto motivo di ricorso)

    1. Sul diritto di accesso al fascicolo (terzo e quarto motivo di ricorso)

    a) Ricevibilità del terzo e del quarto motivo di ricorso

    b) Sulle parti del fascicolo del procedimento consultabili solo dinanzi al Tribunale (quarto motivo di ricorso)

    i) Prima parte del quarto motivo di ricorso

    ii) Seconda parte del quarto motivo di ricorso

    iii) Conclusione

    c) Sullo smarrimento di parti del fascicolo del procedimento (terzo motivo di ricorso)

    2. Sul diritto al contraddittorio (quinto motivo di ricorso)

    a) Prima parte del quinto motivo di ricorso

    b) Seconda parte del quinto motivo di ricorso

    c) Conclusione

    D – Sul diritto ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole (primo motivo di ricorso)

    1. Parametri per la valutazione della durata del procedimento (prima e seconda parte del primo motivo di ricorso)

    a) Sulla questione preliminare dell’asserita inoperatività delle censure della Solvay

    b) Sulla necessità di una valutazione complessiva della durata del procedimento (prima parte del primo motivo di ricorso)

    c) Sul denunciato difetto di motivazione (seconda parte del primo motivo di ricorso)

    2. Conseguenze giuridiche di un’eccesiva durata del procedimento (terza, quarta e quinta parte del primo motivo di ricorso)

    a) Necessità di un pregiudizio dei diritti della difesa (terza parte del primo motivo di ricorso)

    b) Effetti della durata del procedimento sulle possibilità di difesa della Solvay nel presente caso (quarta parte del primo motivo di ricorso)

    i) Sul denunciato difetto di motivazione

    ii) Sul denunciato errore di diritto sostanziale

    iii) Su alcune ulteriori censure

    iv) Conclusione

    c) Presunta rinuncia della Solvay ad una riduzione dell’ammenda (quinta parte del primo motivo di ricorso)

    3. Conclusione

    E – Annullamento della sentenza impugnata

    F – Decisione sul ricorso di primo grado

    1. Sul diritto di accesso al fascicolo

    2. Sul diritto al contraddittorio

    3. Sul diritto ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole

    4. Conclusione

    V – Sulla richiesta di riduzione dell’ammenda

    A – Considerazione preliminare

    B – Riduzione dell’ammenda

    1. Sull’eccessiva durata del procedimento amministrativo e giudiziario

    2. Sulla misura della riduzione dell’ammenda da praticare

    VI – Sulle spese

    VII – Conclusione

    I –    Introduzione

    1.        Davvero il tempo guarisce ogni ferita, come afferma un vecchio proverbio? Alla luce della presente causa è lecito dubitarne seriamente. Già da più di vent’anni questo caso tiene impegnati l’amministrazione e i tribunali a livello europeo. Generazioni di giuristi se ne sono occupati. Sono scomparsi fascicoli, e i procedimenti giudiziari si sono protratti per anni.

    2.        Le origini della presente causa risalgono agli anni Ottanta del secolo scorso. La Commissione europea contesta all’impresa belga Solvay di avere, tra l’altro, sfruttato abusivamente dal 1983 al 1990 la sua posizione dominante sul mercato del carbonato di sodio (2). Per tale motivo la Commissione ha cercato per due volte di infliggere alla Solvay un’ammenda (nel 1990 e nel 2000), contro cui la Solvay si sta a tutt’oggi difendendo in sede giudiziaria.

    3.        La Corte si occupa ora di questo caso per la seconda volta quale giudice dell’impugnazione. Nell’attuale fase le parti del procedimento controvertono ancora – oltre che su numerosi altri punti – sostanzialmente su due questioni di diritto di fondamentale importanza, di cui l’una riguarda il diritto d’accesso al fascicolo, e l’altra il principio della ragionevole durata del procedimento.

    4.        La Solvay lamenta, per un verso, che non le è stato concesso un regolare accesso al fascicolo con conseguente pregiudizio dei suoi diritti della difesa. A tal proposito la Corte deve tra l’altro affrontare la questione di come valutare il fatto che la Commissione non è più in grado di ritrovare una parte del suo fascicolo del procedimento amministrativo.

    5.        La Solvay rileva, per altro verso, che la durata del procedimento amministrativo e di quello giudiziario è stata in questo caso eccessivamente lunga. Ciò comporta, a suo avviso, una violazione del diritto fondamentale ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole, che deve essere efficacemente sanzionata.

    6.        Peraltro, la contestazione dell’eccessiva durata del procedimento è sollevata dalla Solvay, parallelamente al presente procedimento di impugnazione, anche in un ricorso, basato sull’asserita violazione dell’art. 6, n. 1, della CEDU (3), presentato dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte eur. D.U.) contro tutti i ventisette Stati membri dell’Unione europea (4).

    II – Antefatti della causa

    7.        Come accertato dal Tribunale (5), nell’aprile 1989 la Commissione europea condusse, senza preavviso, indagini («accertamenti») ai sensi dell’art. 14 del regolamento n. 17 (6) presso i locali aziendali di numerose imprese operanti sul mercato del carbonato di sodio, tra cui l’impresa belga Solvay (7). Successivamente raccolse dalle imprese interessate ulteriori informazioni.

    8.        Dopo la conclusione delle sue indagini, la Commissione contestò alla Solvay, da un lato, la partecipazione a intese e, dall’altro, lo sfruttamento abusivo di posizione dominante sul mercato del carbonato di sodio.

    9.        Il presente procedimento riguarda esclusivamente l’abuso di posizione dominante, accertato dalla Commissione (8). Per tale abuso la Commissione, nel 1990, con una prima decisione (decisione 91/299/CEE (9)) inflisse alla Solvay, ai sensi dell’art. 86 del Trattato CEE in combinato disposto con il regolamento n. 17, un’ammenda – elevata, se si considerano i parametri dell’epoca – per un valore pari a EUR 20 milioni (10). Poiché, tuttavia, questa prima decisione era viziata da un difetto di forma concernente la sua autenticazione, essa fu annullata dal Tribunale (11). A seguito di ciò la Commissione nel 2000 emanò, senza riaprire il procedimento (12) – in particolare, senza una nuova audizione della Solvay – una seconda decisione, fondata questa volta sull’art. 82 CE in combinato disposto con il regolamento n. 17, con cui infliggeva di nuovo alla Solvay un’ammenda di importo invariato (decisione 2003/6/CE) (13). Questa seconda decisione costituisce il punto di partenza del presente procedimento giudiziario.

    10.      In primo grado la Solvay ha ottenuto un successo solo marginale con il suo ricorso di annullamento presentato contro la decisione 2003/6: con sentenza 17 dicembre 2009 il Tribunale ha sì ridotto l’importo dell’ammenda del 5%, fissandolo a EUR 19 milioni, ma quanto al resto ha respinto il ricorso della Solvay ritenendolo infondato (14). Contro questa sentenza di primo grado, prima della cui emanazione sono trascorsi non meno di otto anni e nove mesi, la Solvay (15) si difende ora con la presente impugnazione.

    11.      Le principali tappe finora percorse dalla presente causa possono essere riassunte secondo il seguente ordine cronologico:

    –        Fase amministrativa del procedimento fino all’emanazione della prima decisione di inflizione dell’ammenda

    Aprile 1989:          indagini della Commissione

    Marzo 1990:          comunicazione degli addebiti

    Dicembre 1990: decisione della Commissione di inflizione dell’ammenda 91/299

    –        Fase giudiziaria del procedimento fino all’annullamento della prima decisione di inflizione dell’ammenda

    Maggio 1991:          ricorso di annullamento della Solvay dinanzi al Tribunale (causa T‑32/91)

    Giugno 1995:          annullamento della decisione 91/299

    Agosto 1995:          impugnazione della Commissione (causa C‑288/95 P)

    Aprile 2000:          rigetto dell’impugnazione

    –        Fase amministrativa del procedimento fino all’emanazione della seconda decisione di inflizione dell’ammenda

    Dicembre 2000: decisione della Commissione di inflizione dell’ammenda 2003/6

    –        Fase giudiziaria del procedimento successiva all’emanazione della seconda decisione di inflizione dell’ammenda

    Marzo 2001:          ricorso di annullamento della Solvay dinanzi al Tribunale (causa T‑57/01)

    Dicembre 2009:  sentenza impugnata del Tribunale (causa T‑57/01)

    Marzo 2010:           attuale impugnazione della Solvay (causa C‑109/10 P)

    III – Procedimento dinanzi alla Corte

    12.      Nel presente procedimento di impugnazione la Solvay chiede che la Corte voglia:

    –        annullare la sentenza impugnata del 17 dicembre 2009;

    –        riesaminare il ricorso nei punti annullati, e annullare la decisione della Commissione del 13 dicembre 2000, totalmente o in parte, secondo la portata dei motivi di ricorso;

    –        annullare l’ammenda di EUR 19 milioni ovvero, in subordine, ridurla notevolmente a titolo di risarcimento del grave pregiudizio subito dalla ricorrente per la straordinaria durata del procedimento;

    –        condannare la Commissione alle spese dell’impugnazione e a quelle del procedimento dinanzi al Tribunale.

    13.      La Commissione, da parte sua, chiede che la Corte voglia:

    –        respingere l’impugnazione;

    –        condannare la ricorrente alle spese.

    14.      Dinanzi alla Corte l’impugnazione è stata trattata prima per iscritto e, successivamente, il 18 gennaio 2011, in udienza. L’udienza si è svolta congiuntamente per le cause C‑109/10 P e C‑110/10 P.

    IV – Sulla richiesta di annullamento della sentenza impugnata

    15.      In via principale la Solvay chiede, sulla scorta in tutto di nove motivi di ricorso, l’annullamento della sentenza impugnata. Io esaminerò questi motivi in un ordine diverso: le questioni di diritto relative all’applicazione dell’art. 82 CE sono trattate all’inizio (v. infra, sezione A), successivamente vengono affrontati i problemi procedurali (v. infra, sezioni B e C), mentre i motivi di ricorso concernenti il diritto ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole sono collocati nella parte finale della valutazione giuridica (v. infra, sezione D).

    16.      Benché al presente caso si applicasse ancora il vecchio regolamento sui procedimenti in materia di intese nella versione del regolamento n. 17, le questioni di diritto sollevate non hanno perso affatto rilevanza anche per l’epoca successiva alla modernizzazione del diritto sui procedimenti in materia di intese, realizzata dal regolamento (CE) n. 1/2003 (16).

    A –    Su alcune questioni di diritto concernenti l’applicazione dell’art. 82 CE (sesto, settimo, ottavo e nono motivo di ricorso)

    17.      Con il sesto, settimo, ottavo e nono motivo di ricorso la Solvay solleva varie questioni concernenti l’applicazione dell’art. 82 CE al presente caso.

    1.      Osservazioni preliminari

    18.      Prima di passare all’esame vero e proprio delle censure sollevate dalla Solvay, risultano opportune due brevi osservazioni, che riguardano l’una le disposizioni di diritto sostanziale applicabili, e l’altra la possibilità di prendere in considerazione determinate dichiarazioni della Commissione sulla politica in materia di concorrenza.

    19.      Per quanto riguarda, in primo luogo, le disposizioni di diritto sostanziale applicabili, la Solvay richiama costantemente l’art. 102 TFUE. Poiché, tuttavia, determinante è la situazione normativa vigente all’epoca dell’adozione della decisione controversa, ritengo preferibile fare riferimento all’art. 82 CE (17). Nondimeno, ai fini della valutazione giuridica del ricorso ciò non comporta alcuna differenza giacché le due disposizioni, per la parte qui rilevante, hanno identico contenuto.

    20.      Per quanto riguarda, in secondo luogo, le dichiarazioni della Commissione sulla politica in materia di concorrenza, la Solvay richiama più volte, nel suo atto di ricorso, una comunicazione del 2009, contenente «Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti» (18).

    21.      Tale comunicazione non può essere presa in considerazione ai fini della valutazione del presente ricorso. È irrilevante il modo in cui la Commissione concepisce per l’avvenire la sua politica in materia di concorrenza con riferimento all’art. 102 TFUE (già art. 82 CE). Infatti, in primo luogo, eventuali nuove sfumature relative all’applicazione di tale disposizione possono avere importanza soltanto per future decisioni della Commissione, ma non per la valutazione giuridica di una decisione già emessa. In secondo luogo, la Commissione, anche nel caso di un mutamento della sua prassi amministrativa, dovrebbe continuare a muoversi nell’ambito che i Trattati le prospettano, secondo l’interpretazione della Corte (19).

    2.      Sulla delimitazione del mercato geografico rilevante (sesto motivo di ricorso)

    22.      Il sesto motivo di ricorso, che si rivolge contro i punti 252‑259 della sentenza impugnata, contesta le statuizioni del Tribunale concernenti la delimitazione del mercato geografico rilevante.

    23.      La Solvay contesta sostanzialmente al Tribunale un difetto di motivazione della sentenza impugnata: da un lato, la motivazione della sentenza sarebbe oscura e contraddittoria (prima parte del sesto motivo di ricorso), dall’altra sarebbe lacunosa, trascurando essa numerosi argomenti presentati dalla ricorrente in primo grado (seconda parte del sesto motivo di ricorso). Pertanto, l’elemento centrale di questo motivo di ricorso è costituito dall’obbligo del Tribunale di motivare correttamente le proprie sentenze (art. 36 in combinato disposto con l’art. 53, primo comma, dello Statuto della Corte).

    a)      Prima parte del sesto motivo di ricorso

    24.      La prima parte del sesto motivo di ricorso trae origine da una certa confusione concettuale presente nella decisione controversa. Ivi la Commissione, pur definendo il mercato geografico rilevante come «mercato della Comunità (ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda)» (20), tuttavia in alcuni punti utilizza anche formule del tipo «la Comunità», l’«Europa dell’Ovest» e l’«Europa occidentale» (21). Se nella decisione controversa la Commissione avesse utilizzato una terminologia chiara ed uniforme, i giudici dell’Unione avrebbero ben potuto risparmiarsi di dover affrontare la controversia a tal proposito insorta.

    25.      Secondo la Solvay dalla sentenza impugnata non si capisce se il Tribunale per «Comunità», «Comunità ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda», «Europa dell’Ovest» e «Europa occidentale» intenda la stessa cosa, o scorga contraddizioni tra tali espressioni.

    26.      Questo argomento non resiste ad un vaglio più approfondito.

    27.      In base ad una giurisprudenza consolidata, la motivazione di una sentenza deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata e alla Corte di esercitare la sua funzione di controllo (22).

    28.      Se si leggono congiuntamente i punti 251‑254 della sentenza impugnata, risulta in forma chiara e inequivocabile che il Tribunale non ravvisa alcuna differenza contenutistica tra le predette espressioni.

    29.      Il Tribunale ha posto come punto di partenza per le proprie considerazioni la definizione di mercato geografico rilevante fornita dalla Commissione quale «mercato della Comunità ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda» (23). Inoltre, nel corso del procedimento giudiziario di primo grado ha chiesto alla Commissione di confermare che i riferimenti all’«Europa occidentale», all’«Europa dell’Ovest», o alla «Comunità», contenuti in alcuni passaggi della decisione controversa, si riferiscono al medesimo mercato geografico, vale a dire al «mercato della Comunità ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda» (24). Oltre a ciò, il Tribunale ha sottolineato che la definizione di mercato geografico rilevante quale «mercato della Comunità ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda», contenuta al punto 136 della decisione controversa, «non è in contraddizione con altri punti» della decisione (25).

    30.      Pertanto, la sentenza impugnata è chiara e priva di contraddizioni nel punto contestato dalla Solvay. Può essere che la Solvay non ritenga corretto il contenuto delle statuizioni del Tribunale concernenti il mercato geografico rilevante. Tuttavia, la mera circostanza che il Tribunale sia pervenuto, nel merito, ad una conclusione diversa dalla ricorrente, non può di per sé comportare che la sentenza impugnata sia viziata da un difetto di motivazione (26). L’argomento del difetto di motivazione non può quindi essere accolto.

    b)      Seconda parte del sesto motivo di ricorso

    31.      Nella seconda parte del sesto motivo di ricorso la Solvay contesta al Tribunale di non aver illustrato dettagliatamente perché esso consideri rilevanti i mercati nazionali ai fini della valutazione della legittimità della decisione controversa. Il Tribunale avrebbe inoltre trascurato numerosi argomenti dedotti sul punto dalla Solvay nel procedimento di primo grado.

    32.      Questa parte del sesto motivo di ricorso non può essere accolta per due ragioni.

    33.      In primo luogo, la censura sollevata dalla Solvay poggia su una lettura errata della sentenza impugnata. Diversamente da quanto ritenuto dalla Solvay, il Tribunale non ha affatto «considerato rilevanti i mercati nazionali». Esso ha preso in esame la questione dei mercati nazionali solo in subordine per l’ipotesi – sostenuta dalla Solvay – che la Commissione non avesse definito correttamente il mercato geografico rilevante quale «mercato della Comunità ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda» (27), (28).

    34.      Pertanto, la censura della ricorrente relativa ai mercati nazionali si rivolge, a ben vedere, contro un passaggio della motivazione della decisione che non contiene motivi fondamentali della sentenza, bensì meri obiter dicta. Siffatte censure, secondo una costante giurisprudenza, devono essere respinte in quanto «inoperanti» (in francese: «inopérant») (29).

    35.      In secondo luogo, la ricorrente nella sua censura avanza pretese eccessive circa l’estensione dell’obbligo di motivazione delle sentenze di primo grado. Secondo una costante giurisprudenza, infatti, l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia e la motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha disatteso i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (30).

    36.      Vero è che il Tribunale è tenuto a prendere in esame nella sua sentenza tutte le violazioni di diritto eccepite in primo grado (31). Tuttavia, proprio in una controversia di ampia portata in materia di concorrenza non può essere compito dei giudici dell’Unione, in considerazione della limitatezza delle risorse disponibili, affrontare in dettaglio ogni argomento delle parti, per quanto così marginale. In un caso come quello di specie risulta decisivo soltanto il fatto che il Tribunale – sia pure succintamente – spieghi in termini coerenti il motivo per cui ritiene legittima la decisione controversa della Commissione.

    37.      Nel presente caso il Tribunale ha soddisfatto tali requisiti: ha dimostrato che la Solvay, anche con riferimento ai mercati nazionali in ognuno degli Stati in cui le è stata imputata l’infrazione, deteneva una posizione dominante (32). Il Tribunale ne ha dedotto, con ragionamento logico corretto, che anche un eventuale errore della Commissione nella delimitazione del mercato (consistente nell’aver erroneamente preso in considerazione il mercato della Comunità ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda, anziché i mercati nazionali) non poteva comportare l’annullamento della decisione controversa (33). Il Tribunale non aveva bisogno di fornire una più ampia illustrazione di questa chiara deduzione.

    c)      Su alcuni ulteriori argomenti svolti nell’ambito del sesto motivo di ricorso

    38.      Nell’ambito del sesto motivo di ricorso la Solvay denuncia altresì la violazione dell’art. 102 TFUE (art. 82 CE). Le contestazioni sul punto, tuttavia, non presentano un contenuto autonomo rispetto ai difetti di motivazione lamentati dalla Solvay, sicché esse non richiedono un esame ad hoc. Per esse vale, mutatis mutandis, quanto sopra detto in relazione al difetto di motivazione (34).

    39.      La Solvay afferma inoltre che il Tribunale avrebbe snaturato elementi di fatto e di prova. Anche questa doglianza, tuttavia, non presenta alcun contenuto autonomo. In particolare, la Solvay non soddisfa i requisiti desunti da una costante giurisprudenza dagli artt. 256 TFUE, 58, primo comma, dello Statuto, e 112, n. 1, primo comma, lett. c), del regolamento di procedura della Corte (35): nell’atto di ricorso manca una precisa indicazione degli elementi di prova che sarebbero stati snaturati dal Tribunale, e non vengono meglio dimostrati gli errori di valutazione in cui il Tribunale sarebbe incorso nello snaturare tali elementi.

    40.      La Solvay contesta, infine, la violazione dell’art. 299, n. 1, CE (già art. 227, n. 1, del Trattato CEE), in cui è definito il territorio della Comunità europea (36). Alla luce di tale disposizione non sarebbe corretto equiparare le nozioni di «Comunità europea», «Europa dell’Ovest» e «Europa occidentale».

    41.      Anche questo ragionamento non è convincente. Vero è che nel normale uso linguistico la nozione geo-politica di «Europa dell’Ovest» non coincide con il territorio dell’allora Comunità europea. In una decisione in materia di intese, tuttavia, la Commissione (e, sulla sua scia, i giudici dell’Unione) può utilizzare una propria formulazione che non deve necessariamente coincidere con le usuali concezioni geo‑politiche, per quanto ciò sia poco auspicabile. In effetti, come giustamente rileva la Commissione, nel diritto della concorrenza quello di mercato geografico rilevante è un concetto funzionale, la cui delimitazione poggia prioritariamente su considerazioni economiche.

    d)      Conclusione

    42.      Il sesto motivo di ricorso è, pertanto, totalmente infondato.

    3.      Sulla posizione dominante della Solvay (settimo motivo di ricorso)

    43.      Il settimo motivo di ricorso riguarda la posizione dominante della Solvay. Esso è diretto contro i punti 275-305 della sentenza impugnata. Secondo la Solvay il Tribunale ha sbagliato ad approvare gli accertamenti della Commissione relativi alla posizione dominante dell’impresa. In tal modo il Tribunale avrebbe violato l’obbligo di motivazione (art. 36 in combinato disposto con l’art. 53, primo comma, dello Statuto della Corte), nonché l’art. 102 TFUE (art. 82 CE).

    a)      Sui rinvii della Solvay al suo sesto motivo di ricorso

    44.      Nella prima parte – come pure in alcuni passaggi della seconda e della terza parte – del settimo motivo di ricorso la Solvay si limita sostanzialmente a richiamare le proprie considerazioni relative al sesto motivo di ricorso. A causa della presenza di ambiguità circa la delimitazione del mercato geografico rilevante, il Tribunale non avrebbe potuto accertare alcuna posizione dominante «sul mercato comunitario» (37).

    45.      Il contenuto delle censure qui sollevate dipende totalmente dall’esito del sesto motivo di ricorso, al quale esse rinviano in misura assolutamente preponderante. Se, quindi, come da me proposto, viene respinta la prima parte del sesto motivo di ricorso (38), allora lo stesso deve farsi anche per la prima parte del settimo motivo di ricorso. Devono parimenti essere rigettati i passaggi della seconda e della terza parte del settimo motivo di ricorso che si limitano a rinviare alla problematica della delimitazione del mercato.

    b)      Sulla posizione dominante sui mercati nazionali (seconda parte del settimo motivo di ricorso)

    46.      La seconda parte del settimo motivo di ricorso riguarda i requisiti necessari per provare una posizione dominante.

    i)      Sull’asserita limitazione dell’analisi del Tribunale alle sole quote di mercato

    47.      In primo luogo, la Solvay lamenta che il Tribunale avrebbe violato l’art. 102 TFUE (art. 82 CE) in quanto avrebbe ritenuto sussistente la posizione dominante dell’impresa sui mercati nazionali solo sulla base di una considerazione delle quote di mercato, senza prendere in esame altri fattori rilevanti.

    48.      Tale argomento non è convincente. Esso si basa su una lettura manifestamente errata della sentenza impugnata.

    49.      Il Tribunale non ha affatto limitato la sua analisi ad una mera considerazione di quote di mercato. Esso, invece, in un primo passaggio si è allineato alla giurisprudenza secondo cui l’esistenza di una posizione dominante deriva in generale dalla concomitanza di più fattori che, presi isolatamente, non sarebbero necessariamente decisivi (39).

    50.      In un secondo passaggio, tuttavia, il Tribunale ha giustamente considerato che quote di mercato estremamente elevate costituiscono di per sé, e salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante (40). Ha inoltre correttamente rilevato che una quota di mercato del 50% costituisce di per sé, salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante (41).

    51.      In un terzo passaggio, infine, il Tribunale ha vagliato alcuni argomenti, dedotti in primo grado, che, assumendo il rilievo di circostanze eccezionali, avrebbero potuto contrastare, secondo la Solvay, la presunzione di una posizione dominante (42).

    52.      Il Tribunale, pertanto, contrariamente a quanto afferma la Solvay, ha preso in esame anche fattori diversi dalle quote di mercato. La presunzione di una posizione dominante, fondata su quote di mercato pari o superiori al 50%, ha costituito solo il punto di partenza per le considerazioni del Tribunale, il quale, tuttavia, ha poi integrato tali considerazioni con valutazioni concernenti l’eventuale presenza di circostanze eccezionali. Un siffatto iter argomentativo è ampiamente conforme ai requisiti posti dall’art. 82 CE (art. 102 TFUE) e alla giurisprudenza in materia.

    ii)    Sull’asserita omessa considerazione di vari argomenti della Solvay

    53.      In secondo luogo, la Solvay lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare numerosi dei suoi rilievi, sollevati in primo grado. Si tratta, da un lato, della distanza delle quote di mercato della Solvay da quelle dei suoi concorrenti, e, dall’altro, delle capacità produttive. Con questi argomenti si censura, a ben vedere, la violazione dell’obbligo di motivazione (43).

    54.      Questa censura non può essere accolta per le stesse ragioni sopra esposte in relazione al sesto motivo di ricorso (44). Il Tribunale non è tenuto a prendere specificamente in esame ogni singolo argomento dedotto dalle parti, purché prenda motivatamente posizione su tutte le violazioni di diritto denunciate, come è avvenuto nella specie.

    iii) Sull’asserita insufficienza della prova delle quote di mercato

    55.      La Solvay rileva infine che le sue quote di mercato, su cui si fonda l’affermazione della sua posizione dominante, non sarebbero state sufficientemente provate.

    56.      Questo argomento deve essere rigettato senza bisogno di ulteriore esame, perché è irricevibile in quanto si risolve in una richiesta di riesame della valutazione dei fatti e delle prove operata dal Tribunale, che fuoriesce dalla competenza della Corte in un procedimento di impugnazione (45).

    c)      Sulle asserite circostanze eccezionali (terza parte del settimo motivo di ricorso)

    57.      Nella terza parte del settimo motivo di ricorso la Solvay lamenta che il Tribunale non avrebbe preso in considerazione i suoi argomenti relativi alla presenza di circostanze eccezionali che, ad avviso della Solvay, avrebbero militato contro la posizione dominante dell’impresa.

    58.      Questa censura è priva di ogni fondamento. Non meno di diciannove punti della sentenza impugnata (46) sono dedicati all’esame di eventuali circostanze eccezionali e agli argomenti a tal proposito dedotti dalla Solvay.

    i)      Sui requisiti della motivazione della sentenza impugnata

    59.      Come sopra esposto, l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia e la motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha disatteso i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (47).

    60.      Può essere che la Solvay non condivida nel merito i motivi per cui il Tribunale ha escluso la presenza di circostanze eccezionali. Ciò solo, tuttavia, non basta per concludere che la sentenza impugnata sia viziata da un difetto di motivazione (48).

    61.      Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, peraltro, il Tribunale non esclude la presenza di circostanze eccezionali solo facendo riferimento alle elevate quote di mercato della Solvay. Anzi, il Tribunale, nei contestati passaggi della sentenza, prende in esame numerosi altri fattori, quali l’asserita possibilità di sostituire i prodotti della Solvay (49) e la questione dell’effetto riequilibratore del potere di mercato dei clienti (50).

    62.      Fuori dall’ipotesi di un eventuale snaturamento, che qui non è stato eccepito, non rientra, peraltro, tra i compiti della Corte nel procedimento di impugnazione sostituire il proprio apprezzamento alla valutazione dei fatti operata dal Tribunale in relazione alle asserite circostanze eccezionali (51).

    ii)    Sui requisiti della motivazione della decisione controversa

    63.      A margine di questa terza parte del settimo motivo di ricorso, la Solvay lamenta altresì che il Tribunale avrebbe violato l’art. 296 TFUE (già art. 253 CE) in quanto non avrebbe contestato alla decisione controversa della Commissione un difetto di motivazione in relazione all’effetto riequilibratore del potere di mercato dei clienti della Solvay.

    64.      Anche questo argomento non ha alcuna prospettiva di essere accolto.

    65.      Secondo costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE (art. 296 TFUE) dev’essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione dell’Unione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (52).

    66.      Tuttavia, l’autore dell’atto non è tenuto a prendere posizione su elementi che sono chiaramente secondari né ad anticipare potenziali obiezioni (53). Al pari del Tribunale nella sentenza impugnata, quindi, anche la Commissione nella decisione controversa non era tenuta a prendere necessariamente in esame ogni argomento della Solvay.

    iii) Sulla denunciata violazione dell’art. 102 TFUE (art. 82 CE)

    67.      In numerosi punti di questa terza parte del settimo motivo di ricorso la Solvay eccepisce, infine, la violazione dell’art. 102 TFUE (art. 82 CE). Tuttavia, detta disposizione viene menzionata solo congiuntamente all’asserito difetto di motivazione, senza ulteriori indicazioni (54). Una tale censura non presenta un contenuto autonomo e non richiede un esame ad hoc.

    d)      Conclusione

    68.      Da quanto sopra esposto risulta che il settimo motivo di ricorso è in parte irricevibile e in parte infondato.

    4.      Sull’abuso della posizione dominante della Solvay (ottavo e nono motivo di ricorso)

    69.      Nell’ottavo e nel nono motivo di ricorso vengono denunciati presunti errori di diritto in relazione all’abuso della posizione dominante della Solvay, accertato dalla Commissione.

    a)      Sullo sconto «gruppo» a favore della Saint‑Gobain (ottavo motivo di ricorso)

    70.      L’ottavo motivo di ricorso riguarda lo sconto «gruppo» dell’1,5%, che la Solvay aveva accordato in un «protocollo segreto» all’impresa francese Saint-Gobain, essendo questa uno dei suoi più importanti clienti. Nella decisione controversa la Commissione, con valutazione confermata dal Tribunale, aveva ravvisato in tale sconto «gruppo» un abuso della posizione dominante della Solvay (55). La Solvay contesta a tal proposito le considerazioni svolte dal Tribunale ai punti 348-358 della sentenza impugnata: erroneamente il Tribunale avrebbe ravvisato in detto sconto «gruppo» uno sconto di fedeltà abusivo, incompatibile con l’art. 82 CE (56).

    71.      La Solvay lamenta segnatamente, da un lato, la violazione dell’art. 102 TFUE (art. 82 CE) e, dall’altro, la violazione dell’obbligo di motivazione delle sentenze di primo grado (art. 36 e art. 53, primo comma, dello Statuto della Corte). La denunciata violazione dell’obbligo di motivazione non presenta, tuttavia, alcuna rilevanza autonoma rispetto ai lamentati errori di diritto sostanziale. In realtà, infatti, la Solvay ha nel merito un’opinione diversa dal Tribunale circa la valutazione dello sconto «gruppo». Divergenze di opinione nel merito, tuttavia, come già sopra esposto (57) non sollevano un problema di obbligo di motivazione, sicché la censura del difetto di motivazione deve essere a priori respinta. Nel prosieguo, pertanto, esaminerò l’ottavo motivo di ricorso esclusivamente nella prospettiva della denunciata violazione dell’art. 82 CE (art. 102 TFUE).

    i)      Sull’argomento dell’assenza del legame di esclusiva

    72.      La Solvay lamenta, in primo luogo, che il Tribunale avrebbe erroneamente qualificato lo sconto «gruppo» accordato alla Saint‑Gobain come sconto di fedeltà. Il Tribunale non avrebbe considerato che all’epoca la Solvay copriva solo circa il 67% del fabbisogno della Saint‑Gobain, in Francia addirittura solo il 15%. Pertanto, lo sconto «gruppo» accordato dalla Solvay non sarebbe stato subordinato ad un’esclusiva o ad una quasi esclusiva nell’approvvigionamento della Saint-Gobain, il che, tuttavia, costituirebbe, ad avviso della ricorrente, il presupposto necessario per ritenere sussistente uno sconto di fedeltà abusivo.

    73.      Prima facie si potrebbe ritenere che la Solvay con questo argomento intenda inammissibilmente indurre la Corte a sostituire, quale giudice dell’impugnazione, il proprio apprezzamento alla valutazione dei fatti e delle prove operata dal Tribunale. In realtà, tuttavia, qui viene censurato il fatto che il Tribunale, nel valutare lo sconto «gruppo», avrebbe trascurato un criterio ritenuto decisivo sul piano giuridico dalla Solvay: il criterio dell’esclusiva o della quasi esclusiva dell’approvvigionamento del destinatario dello sconto da parte dell’impresa in posizione dominante. Se siffatto criterio dell’esclusiva sia giuridicamente rilevante ai fini dell’affermazione di un abuso ai sensi dell’art. 82 CE, è una questione di diritto per il cui esame la Corte è competente nel procedimento di impugnazione (58).

    74.      La Solvay ritiene di poter desumere dalla precedente giurisprudenza della Corte che gli sconti di fedeltà costituiscano una pratica commerciale abusiva solo nel caso in cui siano collegati ad un approvvigionamento esclusivo o quasi esclusivo del cliente da parte dell’impresa in posizione dominante.

    75.      Questa tesi è sbagliata. È significativo che la Solvay si basi soltanto sulla sentenza Hoffmann-La Roche (59). Altre pertinenti sentenze della Corte, concernenti la questione degli sconti, in particolare le sentenze Michelin I (60) e British Airways (61), non vengono nemmeno cursoriamente menzionate.

    76.      Come ha sottolineato la Corte, dalle sue precedenti sentenze sull’art. 86 del Trattato CEE (art. 82 CE) non può in alcun modo desumersi che i premi e gli sconti concessi da imprese in posizione dominante risultino abusivi soltanto nelle circostanze in esse descritte (62).

    77.      Il carattere abusivo degli sconti concessi dalle imprese in posizione dominante si valuta, piuttosto, alla luce del complesso di circostanze del singolo caso di specie, tenendo conto, in particolare, dei criteri e delle modalità di concessione dello sconto (63). Risulta decisivo verificare se tali sconti possano produrre un effetto preclusivo, cioè se siano in grado, da un lato, di rendere più difficoltoso, o addirittura impossibile, l’accesso al mercato per i concorrenti dell’impresa in posizione dominante e, dall’altro, di rendere più difficoltosa, o addirittura impossibile, per le sue controparti contrattuali, la scelta tra più fonti di approvvigionamento o controparti commerciali (64). Occorre inoltre valutare se esista una giustificazione economica obiettiva degli sconti e dei premi concessi (65).

    78.      Dalla precedente giurisprudenza non è possibile desumere che gli sconti siano abusivi solo nel caso di un legame esclusivo o quasi esclusivo del cliente con l’impresa in posizione dominante. Anzi, le cause Michelin I (66) e British Airways (67) riguardavano regimi di sconti o sistemi di premi privi di un siffatto legame di esclusiva.

    79.      Alla luce di quanto sopra esposto, la rinuncia del Tribunale ad un espresso accertamento del carattere esclusivo o quasi esclusivo dell’approvvigionamento della Saint-Gobain da parte della Solvay non costituisce un errore di diritto (68).

    80.      Solo per completezza aggiungo che risulta infondato anche il rilievo – scarsamente circostanziato – della Solvay, secondo cui la giurisprudenza della Corte in materia di sconti di fedeltà sarebbe formalistica e priva di un fondamento economico. Come sopra esposto, infatti, la Corte, nel valutare i regimi di sconti, prende in esame tutte le circostanze del caso di specie e ammette espressamente la possibilità di una giustificazione economica obiettiva (69). Ciò è tutt’altro che formalistico.

    ii)    Sull’argomento del modesto importo dello sconto «gruppo»

    81.      La Solvay rileva, in secondo luogo, che l’importo dello sconto «gruppo», pari all’1,5%, era troppo modesto per aver potuto produrre effetti percepibili sulle decisioni economiche del gruppo Saint‑Gobain. Il Tribunale non spiega in che misura lo sconto accordato dalla Solvay sia stato concretamente idoneo ad influenzare il comportamento del gruppo Saint‑Gobain.

    82.      In effetti il Tribunale, al punto 355 della sentenza impugnata, ha affrontato solo in termini estremamente concisi la questione dei possibili effetti anticoncorrenziali dello sconto «gruppo». La sua lapidaria affermazione secondo cui «sebbene modesto, l’importo di uno sconto di fedeltà influisce sulle condizioni della concorrenza», deve, tuttavia, essere considerata congiuntamente alle sue precedenti osservazioni. Il Tribunale ha, in particolare, rilevato che lo sconto «gruppo» era concesso dalla Solvay indipendentemente da qualsivoglia considerazione di vantaggi economici in termini di efficienza e di economie di scala e si riferiva all’insieme degli acquisti di carbonato di sodio della Saint‑Gobain dalla Solvay in Europa (70).

    83.      L’idoneità di sconti di tal tipo a produrre effetti anticoncorrenziali di esclusione è riconosciuta nella giurisprudenza. Come ha statuito la Corte, l’impegno delle controparti commerciali nei confronti dell’impresa in posizione dominante e la pressione esercitata su di esse possono essere particolarmente forti quando uno sconto o un premio non si riferisce soltanto all’incremento del fatturato relativo agli acquisti o alle vendite dei prodotti della detta impresa realizzati da tali controparti commerciali durante il periodo preso in considerazione, ma si estende anche al complesso del fatturato relativo a tali acquisti o a tali vendite (71).

    84.      Inoltre, per i concorrenti dell’impresa in posizione dominante risulta particolarmente difficile rilanciare rispetto ai suoi sconti o premi fondati sul volume globale delle vendite. Già solo per la sua quota di mercato notevolmente più elevata, l’impresa in posizione dominante costituisce in generale una controparte commerciale ineludibile sul mercato. La maggior parte delle volte, gli sconti o i premi concessi dalla detta impresa sulla base del fatturato globale prevalgono ampiamente, in termini assoluti, anche sulle offerte più generose dei suoi concorrenti. Per attrarre a sé le controparti commerciali dell’impresa in posizione dominante, o per ricevere da esse un volume di ordini sufficiente, tali concorrenti dovrebbero offrire loro aliquote di sconti o di premi nettamente superiori (72).

    85.      Gli sconti o le commissioni che sono stati riconosciuti abusivi dalla precedente giurisprudenza ammontavano in taluni casi a non più dell’1% (73) ed erano quindi percentualmente addirittura più modesti dello sconto «gruppo» dell’1,5% qui controverso.

    86.      Alla luce di tali considerazioni, l’affermazione del Tribunale secondo cui «sebbene modesto, l’importo di uno sconto di fedeltà influisce sulle condizioni della concorrenza» non può essere giuridicamente contestata se si tiene conto delle circostanze del presente caso. Essa poggia su ragionevoli valutazioni economiche.

    iii) Sull’argomento dell’assenza di effetti sulla concorrenza

    87.      La Solvay critica, in terzo luogo, la statuizione del Tribunale secondo cui essa non avrebbe comprovato le proprie affermazioni sul comportamento delle controllate nazionali della Saint-Gobain. Ci si riferisce qui all’argomento dedotto dalla Solvay in primo grado, secondo cui le controllate nazionali della Saint-Gobain sarebbero riuscite a negoziare per sé condizioni contrattuali più favorevoli o addirittura a risolvere il contratto con la Solvay, come nel caso della Saint‑Gobain France (74).

    88.      Il Tribunale ha, in effetti, respinto questo argomento della Solvay ritenendolo non sufficientemente circostanziato (75). Non è, tuttavia, necessario verificare se tale argomento della Solvay non fosse sufficientemente circostanziato, o fosse invece comprovato. Tale argomento, infatti, era in ogni caso inconferente, come ha giustamente rilevato il Tribunale (76). Il carattere anticoncorrenziale di una pratica commerciale dell’impresa dominante non può infatti venir meno per il fatto che essa trae origine da una richiesta del cliente (77), e tanto meno per il fatto che il cliente riesce, grazie alla sua abilità (78), ad ottenere dall’impresa in posizione dominante ulteriori concessioni.

    89.      Ne consegue che anche il terzo argomento della Solvay è inconferente.

    iv)    Conclusione

    90.      L’ottavo motivo di ricorso è totalmente infondato.

    b)      Sul carattere discriminatorio delle pratiche commerciali della Solvay (nono motivo di ricorso)

    91.      Il nono motivo di ricorso concerne le affermazioni del Tribunale, contenute nei punti 397-402 della sentenza impugnata, sul carattere discriminatorio, ai sensi dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE, delle pratiche commerciali della Solvay.

    i)      Prima parte del nono motivo di ricorso

    92.      Nella prima parte del nono motivo di ricorso la Solvay critica in particolare i punti 397-400 della sentenza impugnata, deducendo che il Tribunale avrebbe snaturato gli atti da essa prodotti in primo grado e avrebbe violato l’art. 102, secondo comma, lett. c), TFUE [art. 82, secondo comma, lett. c), CE].

    –       Sul denunciato snaturamento degli atti prodotti dalla Solvay

    93.      La ricorrente critica prima di tutto il passaggio della sentenza impugnata in cui il Tribunale sostiene che la Solvay non avrebbe contestato gli accertamenti relativi al regime di sconti applicato in Francia (79). Tale affermazione, secondo la Solvay, è in contrasto con i suoi atti di ricorso e di controreplica prodotti in primo grado, che il Tribunale ha quindi snaturato.

    94.      Secondo costante giurisprudenza, sussiste uno snaturamento quando, senza dover assumere nuove prove, la valutazione dei mezzi di prova disponibili risulta, in modo evidente, inesatta (80). Se si traspone tale giurisprudenza agli argomenti dedotti dalle parti in primo grado, allora sussiste un loro snaturamento solo quando essi sono stati dal Tribunale evidentemente fraintesi o riprodotti travisandone il significato.

    95.      Non vi sono motivi sufficienti per ritenere che ciò si sia verificato nel presente caso.

    96.      Come riconosce la Solvay stessa (81), le considerazioni contenute nel suo ricorso di primo grado specificamente riferite alla situazione di singoli paesi riguardavano il mercato tedesco. Per il resto la Solvay si era limitata a contestare genericamente che gli sconti da essa praticati avessero natura di sconti di fedeltà. Osservazioni riferite specificamente al mercato francese non erano contenute né nell’atto di ricorso, né nell’atto di controreplica. Anche i passaggi del suo atto di controreplica di primo grado, particolarmente sottolineati dalla Solvay (82), riguardano il mercato francese solo in modo assolutamente marginale e, in ogni caso, non hanno alcuna relazione con la problematica qui rilevante della discriminazione delle controparti commerciali (83).

    97.      Ciò considerato, al Tribunale non può rimproverarsi di aver evidentemente frainteso gli argomenti della Solvay o di averli riprodotti travisandone il significato. La censura di snaturamento deve, pertanto, essere respinta.

    –       Sull’errore di diritto sostanziale

    98.      Oltre a ciò, la Solvay denuncia la violazione dell’art. 102, secondo comma, lett. c), TFUE [art. 82, secondo comma, lett. c), CE], che essa individua nei punti 398 e 400 della sentenza impugnata. Il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto per aver omesso di verificare se tra i clienti della Solvay, richiamati in via esemplificativa, sussisteva una relazione di concorrenza, e segnatamente, da un lato, tra due clienti francesi (Durand e Perrier) e, dall’altro, tra i produttori tedeschi di vetro piano e di vetro per contenitori.

    99.      La ricevibilità di questa censura è contestata dalla Commissione sulla scorta dell’argomento che la Solvay in primo grado non avrebbe affatto censurato la violazione dell’art. 102, secondo comma, lett. c), TFUE; soltanto in relazione all’asserita assenza di discriminazione sarebbe stato rilevato che i produttori di vetro piano e di vetro per contenitori opererebbero su mercati differenti e, pertanto, non si troverebbero in situazioni simili.

    100. Devo ammettere che trovo questa obiezione estremamente formalistica e poco convincente. Nella decisione controversa si faceva espressamente riferimento all’art. 82, secondo comma, lett. c), CE, a proposito del carattere discriminatorio del regime di sconti della Solvay (84). È, pertanto, ovvio che anche la problematica della discriminazione discussa dinanzi al Tribunale deve essere vista in relazione a tale disposizione, benché le parti non l’abbiano più espressamente citata nei loro atti (85).

    101. Inoltre, se è vero che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 42, secondo comma, e 118 del regolamento di procedura della Corte, è vietato dedurre motivi nuovi in sede di impugnazione, è nondimeno consentito alla parte impugnante dedurre nuove argomentazioni riguardanti i motivi da essa già dedotti in primo grado, segnatamente al fine di contestare i giudizi formulati dal Tribunale nella sentenza impugnata (86).

    102. Qui le cose stanno così: dalla sintesi degli argomenti delle parti, contenuta nella sentenza impugnata, risulta che la Solvay già in primo grado aveva dedotto che i produttori di vetro piano operano su un mercato diverso da quello dei produttori di vetro per contenitori (87). La questione discussa in primo grado, e cioè se le imprese operano su mercati differenti, e la questione sollevata ora, e cioè se tra tali imprese sussiste una relazione di concorrenza, costituiscono le due facce della stessa medaglia. Con la censura relativa alla relazione di concorrenza, pertanto, la Solvay sta semplicemente sviluppando in sede di impugnazione gli argomenti già dedotti in primo grado.

    103. Peraltro, questa censura della Solvay non mira affatto a sollecitare dalla Corte una valutazione dei fatti, inammissibile in sede di impugnazione. Piuttosto, la controversia riguarda la questione se il Tribunale, omettendo l’esame della relazione di concorrenza tra produttori di vetro piano e di vetro per contenitori, abbia trascurato un criterio la cui considerazione, invece, era giuridicamente imposta nell’ambito dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE. Si tratta, quindi, di una questione di diritto, il cui esame è consentito in sede di impugnazione (88).

    104. Quanto al merito di questa censura, occorre preliminarmente ricordare che l’art. 82, secondo comma, lett. c), CE [art. 102, secondo comma, lett. c), TFUE], prevede un duplice test. La formula «determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza» ha un contenuto autonomo, e non è una mera aggiunta esplicativa con effetti dichiarativi (89).

    105. Le condizioni di applicazione dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE, sono, pertanto soddisfatte solo allorché si constati che il comportamento dell’impresa in posizione dominante su un mercato non soltanto è discriminatorio, ma tende anche a falsare tale relazione concorrenziale, cioè ad ostacolare la posizione concorrenziale di una parte delle controparti commerciali di tale impresa rispetto alle altre (90).

    106. L’idea che sta dietro all’art. 82, secondo comma, lett. c), CE, è che il comportamento commerciale dell’impresa in posizione dominante non deve falsare la concorrenza sul mercato situato a monte o a valle, cioè la concorrenza tra fornitori o tra clienti della detta impresa. Le controparti commerciali dell’impresa in posizione dominante non devono essere favorite o sfavorite sul terreno della concorrenza che praticano reciprocamente (91).

    107. Con riferimento al presente caso ciò significa che il Tribunale, in sede di esame dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE, non poteva affatto omettere di prendere in considerazione le relazioni di concorrenza dei diversi clienti della Solvay tra di loro. La violazione, da parte della Solvay, dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE, avrebbe potuto essere affermata solo qualora i clienti della Solvay fossero stati in concorrenza tra loro, e per verificare ciò non era rilevante il mercato del carbonato di sodio (soda), bensì il mercato a valle, o i mercati a valle, del vetro. Il Tribunale è, pertanto, incorso in un errore di diritto allorché, al punto 400 della sentenza impugnata, ha ritenuto rilevante solo il mercato del carbonato di sodio, e non il mercato del vetro.

    108. Vero è che per ritenere sussistente un abuso ai sensi dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE, è sufficiente accertare che il comportamento dell’impresa in posizione dominante tende a condurre, alla luce dell’insieme delle circostanze della fattispecie, ad una distorsione della concorrenza fra le sue controparti commerciali. In una situazione siffatta non si può esigere che sia anche fornita la prova di un deterioramento effettivo, esattamente valutabile, della posizione concorrenziale delle dette controparti commerciali considerate individualmente (92). La Commissione ha correttamente sottolineato tale circostanza.

    109. Integra, tuttavia, un errore di diritto dichiarare completamente irrilevanti le relazioni di concorrenza nel mercato a valle sul quale operano i clienti dell’impresa in posizione dominante, come ha fatto il Tribunale nel presente caso.

    110. Contrariamente alla tesi della Commissione, non è possibile sanare questo errore di diritto osservando che il riferimento ai clienti francesi in parola, Durant e Perrier, e ai clienti tedeschi operanti nei settori del vetro piano e del vetro per contenitori, è stato fatto solo a titolo di esempio. Quando il Tribunale – su richiesta di una parte – esamina singoli esempi desunti dalla decisione controversa per verificare se contengano errori di valutazione, deve condurre tale esame sulla scorta di criteri giuridicamente corretti. Nella specie ciò non è avvenuto.

    111. A tale conclusione non ostano le sentenze Hoffmann‑La Roche (93) e Michelin I (94). I passaggi di queste sentenze richiamati dalla Commissione non si riferiscono specificamente all’applicazione dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE (95), bensì genericamente al carattere abusivo dei regimi di sconti delle imprese in posizione dominante.

    112. Che le relazioni di concorrenza tra le controparti commerciali dell’impresa in posizione dominante siano rilevanti nell’ambito dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE, risulta del resto da uno sguardo alla sentenza sulle tasse aeroportuali portoghesi, citata dalla Commissione. Ivi la Corte ha fatto espressamente riferimento al «vantaggio economico non giustificato» che i destinatari dello sconto possono ottenere «rispetto ai loro concorrenti» (96).

    113. La prima parte del nono motivo di ricorso è pertanto fondata.

    ii)    Seconda parte del nono motivo di ricorso

    114. Con la seconda parte del nono motivo di ricorso la Solvay critica in particolare il punto 401 della sentenza impugnata. Questo passaggio della sentenza riguarda l’argomento, sostenuto dalla Solvay in primo grado, relativo ai presunti costi minimi del carbonato di sodio per i produttori di vetro. Il Tribunale osserva a tal proposito che questa «affermazione» della Solvay sui costi risulta «non (…) dimostrata», «né è atta a rimettere in discussione il carattere discriminatorio delle pratiche contestate alla [Solvay]». Secondo la Solvay, in tal modo il Tribunale ha, per un verso, snaturato gli atti da essa prodotti in primo grado e, per altro verso, violato sia l’obbligo di motivazione di cui all’art. 36 in combinato disposto con l’art. 53, primo comma, dello Statuto della Corte, sia l’art. 102, secondo comma, lett. c), TFUE [art. 82, secondo comma, lett. c), CE].

    –       Sul denunciato snaturamento degli atti prodotti dalla Solvay

    115. La censura di uno snaturamento degli atti appare infondata. Non vi sono elementi per ritenere che il Tribunale abbia evidentemente frainteso le osservazioni scritte presentate dalla ricorrente in primo grado o le abbia riprodotte travisandone il significato (97). Si noti che la Solvay in primo grado aveva sostenuto che il carbonato di sodio, pur costituendo la materia prima più importante nella fabbricazione del vetro, non rappresenterebbe che il 2‑6% del prezzo di vendita medio del vetro. Il Tribunale ha correttamente riprodotto tale argomentazione (98). Il solo fatto che ulteriori affermazioni analoghe della Solvay, contenute nel suo atto di controreplica, non siano state espressamente menzionate nella sentenza impugnata, non significa che il Tribunale ha snaturato il contenuto degli argomenti dedotti sul punto dalla Solvay.

    –       Sul difetto di motivazione

    116. Le cose stanno diversamente per quanto riguarda la censura relativa al difetto di motivazione. Come sopra esposto, la motivazione di una sentenza deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata e alla Corte di esercitare la sua funzione di controllo (99). Questi requisiti, anche alla più benevola delle letture, non risultano soddisfatti dal punto 401.

    117. Il Tribunale non spiega affatto il motivo per cui ritiene «non dimostrata» l’affermazione della Solvay sui costi minimi del carbonato di sodio per i produttori di vetro. In particolare, dalla motivazione della sentenza non risulta nemmeno se il Tribunale abbia avuto cognizione delle argomentazioni svolte dalla Solvay nella propria controreplica in primo grado. Ivi la Solvay, a dimostrazione della sua affermazione sui costi minimi, aveva richiamato un regolamento antidumping della Commissione (100), in cui l’incidenza del carbonato di sodio sui costi di fabbricazione del vetro è calcolata al massimo all’8% (101).

    118. Il Tribunale parimenti non spiega il motivo per cui l’asserita incidenza minima del carbonato di sodio sui costi di fabbricazione del vetro non debba essere «atta a rimettere in discussione il carattere discriminatorio delle pratiche contestate alla [Solvay]». Benché in realtà possano esserci buoni motivi a favore di questa affermazione (102), tuttavia la sentenza impugnata non vi fa alcun cenno.

    119. Il Tribunale era dell’avviso che l’incidenza di un’importante materia prima sui costi fosse generalmente irrilevante per valutare un’eventuale discriminazione tra clienti di un’impresa in posizione dominante? Oppure riteneva che un’incidenza sui costi nell’ordine di grandezza indicato dalla Solvay (dal 2% al 6%) non avesse effetti sul carattere discriminatorio delle pratiche commerciali in questione? E se sì, perché? Qualche frase in più sul punto nella motivazione della sentenza avrebbe potuto e dovuto assicurare la necessaria chiarezza.

    120. Le affermazioni del Tribunale al punto 401 della sentenza impugnata non chiariscono al lettore il motivo per cui l’argomento della Solvay sugli asseriti costi minimi del carbonato di sodio nella fabbricazione del vetro sia stato respinto. Ne consegue che anche la Corte non può esercitare la sua funzione di controllo. La motivazione della sentenza impugnata al suo punto 401 è, pertanto, difettosa, sicché la seconda parte del nono motivo di ricorso risulta fondata.

    121. Alla luce di quanto sopra non risulta necessario procedere all’esame della censura relativa alla violazione dell’art. 102, secondo comma, lett. c), TFUE. Essa non presenta comunque un contenuto autonomo, ulteriore rispetto al denunciato difetto di motivazione.

    iii) Conclusione

    122. Ricapitolando, il nono motivo di ricorso risulta, quindi, in parte fondato.

    B –    Sul divieto di utilizzazione delle prove raccolte in occasione dell’accertamento dell’aprile 1989 (secondo motivo di ricorso)

    123. Con il secondo motivo di ricorso, che si rivolge contro i punti 218-230 della sentenza impugnata, la Solvay lamenta la violazione degli artt. 14, n. 3, e 20, n. 1, del regolamento n. 17 (prima e seconda parte del secondo motivo di ricorso). L’impresa rimprovera inoltre al Tribunale di aver snaturato elementi di fatto e di prova (terza parte del secondo motivo di ricorso).

    124. All’origine di questo motivo di ricorso vi è la circostanza che nella decisione di accertamento del 5 aprile 1989, con cui la Commissione disponeva un’ispezione nei locali delle imprese operanti sul mercato europeo del carbonato di sodio, si fa riferimento soltanto ad eventuali infrazioni all’art. 85 del Trattato CEE (accordi tra imprese o pratiche concordate), mentre la decisione controversa di inflizione dell’ammenda accerta una violazione dell’art. 86 del Trattato CEE, o dell’art. 82 CE (abuso di posizione dominante). Gli elementi di prova rinvenuti nel corso di un’ispezione relativa all’art. 85 del Trattato CEE non avrebbero potuto essere utilizzati, ad avviso della Solvay, quale fondamento per una decisione assunta ai sensi dell’art. 86 del Trattato CEE, o art. 82 CE.

    1.      Ricevibilità del secondo motivo di ricorso

    125. La Commissione ritiene irricevibile il secondo motivo di ricorso, fondandosi esso sulle stesse censure già dedotte dalla Solvay in primo grado.

    126. Tale eccezione è inconsistente.

    127. Vero è che, secondo una costante giurisprudenza, il ricorrente non può limitarsi a riprodurre i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale (103). Tuttavia, laddove una parte contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione data dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere sollevati di nuovo nel corso del procedimento di impugnazione. Infatti, se una parte non potesse basare l’impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, tale procedimento sarebbe privato di una parte del suo significato (104).

    128. Nel suo atto di impugnazione la Solvay si confronta serratamente con i punti 218-230 della sentenza impugnata e, previo rinvio ad alcune sentenze della Corte, solleva specifici motivi di critica in punto di diritto alle affermazioni del Tribunale. Non può, pertanto, parlarsi di una mera riproduzione in blocco del corrispondente motivo di ricorso presentato in primo grado.

    129. Ne deriva che la ricevibilità del secondo motivo di ricorso non può essere seriamente posta in dubbio.

    2.      Sul merito del secondo motivo di ricorso

    a)      Sulla prima e sulla seconda parte del secondo motivo di ricorso (violazione degli artt. 14, n. 3, e 20, n. 1, del regolamento n. 17)

    130. In base all’art. 20, n. 1, del regolamento n. 17, le informazioni raccolte nell’ambito di un accertamento della Commissione in materia di intese possono essere utilizzate soltanto per lo scopo per il quale sono state richieste. Tale disposizione, quindi, contiene, da un lato, un vincolo di scopo e, dall’altro, un divieto di utilizzazione per le prove raccolte dalla Commissione.

    131. Nel presente caso è controversa la portata di detto vincolo di scopo e di detto divieto di utilizzazione. Tra le parti è controverso se la Commissione potesse fondarsi, al fine di accertare l’abuso di posizione dominante, su elementi di prova che essa aveva precedentemente raccolto in occasione di un accertamento relativo a presunte infrazioni contro il divieto di accordi anticoncorrenziali tra imprese operanti sullo stesso mercato.

    132. Nel testo dell’art. 20, n. 1, del regolamento n. 17, non si trova alcuna specifica indicazione in merito. Occorre, quindi, considerare la ratio di tale disposizione.

    133. È pacifico che l’art. 20, n. 1, del regolamento n. 17 è rivolto alla tutela dei diritti della difesa delle imprese sottoposte a misure di ispezione da parte della Commissione (105). Come ha statuito la Corte, questi diritti della difesa sarebbero gravemente compromessi qualora la Commissione potesse fondarsi, nei confronti delle imprese, su prove che, conseguite durante un accertamento, siano estranee all’oggetto e allo scopo di questo (106).

    134. Decisivi per determinare la portata del vincolo di scopo e del divieto di utilizzazione di cui all’art. 20, n. 1, del regolamento n. 17 risultano, pertanto, l’oggetto e lo scopo dell’accertamento di volta in volta in questione. Questi si evincono dal mandato di accertamento elaborato dalla Commissione (107). Essi, ai sensi dell’art. 14, n. 3, seconda frase, del regolamento n. 17, devono essere indicati nella singola decisione di accertamento della Commissione, quale garanzia fondamentale per i diritti della difesa delle imprese interessate (108).

    135. Nel presente caso, la decisione di accertamento della Commissione del 5 aprile 1989, sulla cui base vennero ispezionati i locali aziendali della Solvay, richiamava esclusivamente l’art. 85 del Trattato CEE (art. 81 CE) (109). In base a quanto accertato dal Tribunale, all’epoca la Commissione intendeva verificare soltanto se la Solvay avesse partecipato ad intese e/o a pratiche concordate; elementi per ritenere che in quel periodo vi fosse già anche il sospetto di un abuso di posizione dominante non ve ne sono (110).

    136. Da tali premesse la Solvay desume la conclusione che, al fine di accertare l’abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE (già art. 86 del Trattato CEE), non fosse consentito utilizzare gli elementi di prova acquisiti in occasione dell’accertamento.

    137. Questa tesi non mi convince.

    138. Vero è che nelle decisioni di accertamento la Commissione deve «precisare gli indizi che intende verificare» (111). In tal modo si vuole evitare che la Commissione proceda ad accertamenti per ogni evenienza, in mancanza di concreti sospetti (112) – una prassi spesso indicata con l’espressione inglese «fishing expeditions».

    139. L’obbligo di indicare l’oggetto e lo scopo di un accertamento non può, tuttavia, implicare una menzione definitivamente vincolante di tutte le disposizioni di diritto eventualmente violate dalle imprese interessate. Infatti in questo stadio iniziale delle sue indagini la Commissione non deve affatto già procedere ad una rigorosa qualificazione giuridica delle presunte infrazioni (113).

    140. Talora è già di per sé estremamente difficile valutare a priori se il comportamento di un’impresa con una forte posizione sul mercato integri una violazione del divieto di intese (art. 85 del Trattato CEE, art. 81 CE, art. 101 TFUE), oppure costituisca un abuso di posizione dominante (art. 86 del Trattato CEE, art. 82 CE, art. 102 TFUE). Come giustamente rileva la Commissione, possono perfino verificarsi intersecazioni nell’ambito di applicazione ratione materiae del divieto di intese e del divieto di abusi (114).

    141. Inoltre gli accertamenti, siano essi relativi all’una o all’altra disposizione, si collocano nel segno del medesimo scopo fondamentale, vale a dire contribuire all’effettiva applicazione delle regole di concorrenza poste dai Trattati e garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno (115).

    142. Ciò considerato, sarebbe espressione di un approccio eccessivamente gretto e formalistico voler restringere fin dall’inizio l’oggetto e lo scopo di un accertamento in materia d’intese solo ad una determinata fattispecie di divieto prevista dal diritto sostanziale, espressamente menzionata nel mandato di accertamento, escludendo categoricamente altre fattispecie di divieto.

    143. Nell’ambito di un accertamento in materia di intese si tratta piuttosto prioritariamente di accertare fatti e di raccogliere elementi di prova (116), ad esempio in relazione alla sussistenza di un determinato accordo tra imprese, all’esistenza di un determinato comportamento sul mercato e alle considerazioni economiche sottostanti.

    144. Sulla precisa qualificazione giuridica dei fatti da essa indagati la Commissione si deve pronunciare solo molto più tardi nel corso del procedimento amministrativo, e segnatamente prima provvisoriamente in occasione della comunicazione degli addebiti, e poi definitivamente al momento dell’emanazione della sua decisione che conclude il procedimento (117). Ciò non comporta alcuna lesione delle possibilità di difesa delle imprese interessate; anzi, esse vengono garantite proprio attraverso la comunicazione degli addebiti ed il connesso contraddittorio.

    145. Il Tribunale non è incorso, pertanto, in un errore di diritto allorché ha ritenuto che i documenti ottenuti in occasione dell’accertamento dell’aprile 1989 potessero essere utilizzati anche nell’ambito della decisione controversa, basata sull’art. 82 CE (118).

    b)      Sulla terza parte del secondo motivo di ricorso (censura di snaturamento di fatti)

    146. La Solvay, nell’ambito di questo secondo motivo di ricorso, lamenta anche uno snaturamento dei fatti da parte del Tribunale. Il Tribunale si baserebbe erroneamente su una somiglianza degli accordi tra imprese o delle pratiche concordate, alla base dell’accertamento del 1989, con l’abuso di posizione dominante, accertato nella decisione controversa (119).

    147. Anche questo rilievo è privo di fondamento. Esso si basa su una lettura imprecisa della sentenza impugnata.

    148. La ricorrente disconosce che il Tribunale non ha ritenuto somiglianti le infrazioni in quanto tali, contemplate dall’art. 85 del Trattato CEE (art. 81 CE, art. 101 TFUE) e dall’art. 86 del Trattato CEE (art. 82 CE, art. 102 TFUE), bensì semplicemente i fatti («comportamenti»), sui quali la Commissione ha indagato nell’ambito del suo accertamento e sui quali alla fine si è basata anche nella decisione controversa (120). Proprio questi fatti – e non la loro qualificazione giuridica – vengono, tuttavia, in rilievo quando si tratta di valutare se la Commissione abbia violato il vincolo di scopo e il divieto di utilizzazione di cui all’art. 20, n. 1, del regolamento n. 17 (121).

    149. Come il Tribunale ha accertato (122) – senza ricevere contestazioni sul punto –, sia il mandato di accertamento per l’accertamento del 1989, che la decisione controversa del 2000 concernevano, tra l’altro, l’attuazione di accordi di acquisto esclusivo. Ciò considerato, il Tribunale poteva correttamente ritenere che la decisione controversa presentasse un sufficiente collegamento con l’oggetto e lo scopo dell’accertamento del 1989 (123), tale da escludere la violazione del divieto di utilizzazione di cui all’art. 20, n. 1, del regolamento n. 17.

    c)      Conclusione

    150. Il secondo motivo di ricorso risulta pertanto infondato nella sua interezza.

    C –    Sui diritti della difesa (terzo, quarto e quinto motivo di ricorso)

    151. Con il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso la Solvay lamenta in sostanza una lesione dei suoi diritti della difesa.

    152. Il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento che possa concludersi con l’irrogazione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che è stato sottolineato a più riprese dalla giurisprudenza della Corte (124). Nel frattempo esso è stato anche codificato nell’art. 41, n. 2, lett. a), e nell’art. 48, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali (125).

    153. Le censure sollevate dalla Solvay nell’ambito del suo terzo, quarto e quinto motivo di ricorso rivestono un’importanza fondamentale e offrono alla Corte l’occasione di precisare la propria giurisprudenza sui diritti della difesa nel procedimento amministrativo in materia di intese.

    154. Il contesto procedurale, in cui si collocano questi tre motivi di ricorso, si presenta nei seguenti termini:

    –        prima dell’adozione, nel 1990, della prima decisione di inflizione dell’ammenda relativa al presente caso (decisione 91/299), la Solvay ottenne dalla Commissione, sulla base di una comunicazione degli addebiti, la possibilità di presentare osservazioni (126). Un vero e proprio accesso al fascicolo, tuttavia, non fu concesso alla Solvay; vennero semplicemente messe a disposizione dell’impresa copie dei documenti a suo carico, sui quali la Commissione fondava all’epoca i propri addebiti (127). In tal modo si intendeva «semplificare la procedura» (128);

    –        nel 2000, quindi prima dell’adozione della seconda decisione, qui controversa, di inflizione dell’ammenda (decisione 2003/6), la Solvay non venne ascoltata di nuovo (129), né venne all’epoca concesso all’impresa l’accesso al fascicolo (130);

    –        solo durante il secondo procedimento dinanzi al Tribunale (causa T‑57/01) la Commissione produceva una parte del fascicolo del procedimento amministrativo, dopo essere stata più volte invitata a farlo dal Tribunale mediante misure di organizzazione del procedimento (131). La Solvay poteva consultare presso la cancelleria del Tribunale numerosi documenti, ai quali prima non aveva mai avuto accesso. L’impresa ottenne altresì la possibilità di presentare le sue osservazioni dinanzi al Tribunale riguardo all’utilità, per la sua difesa, di tali documenti (132);

    –        dinanzi al Tribunale la Commissione doveva ammettere di non riuscire più a trovare la restante parte del suo fascicolo del procedimento – per la precisione, cinque raccoglitori (133). La Commissione non era nemmeno in grado di produrre al Tribunale un elenco dei documenti mancanti (134).

    155. In relazione a tali circostanze la Solvay lamenta, da un lato, la violazione del suo diritto di accesso al fascicolo (terzo e quarto motivo di ricorso, su cui v. sub sezione 1) e, dall’altro, la violazione del suo diritto al contradditorio (quinto motivo di ricorso, su cui v. sub sezione 2).

    1.      Sul diritto di accesso al fascicolo (terzo e quarto motivo di ricorso)

    156. Il diritto di accesso al fascicolo, quale corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, implica che la Commissione debba concedere all’impresa interessata la possibilità di procedere ad un esame della totalità dei documenti presenti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti per la sua difesa. Questi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti aziendali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e le altre informazioni riservate (135).

    157. È pacifico che nel corso del procedimento amministrativo vennero portate a conoscenza della Solvay solo quelle parti del fascicolo del procedimento utilizzate dalla Commissione contro l’impresa nella decisione controversa. Numerosi altri documenti del fascicolo del procedimento, che la Solvay avrebbe avuto parimenti diritto di consultare in forza dei suoi diritti della difesa, furono occultati all’impresa. Così facendo la Commissione ha violato una fondamentale regola procedurale (136), che costituisce un corollario del diritto ad una buona amministrazione (137). Una siffatta violazione procedurale non può più essere sanata dopo l’emanazione della decisione controversa, in particolare non può essere sanata dalla produzione di singoli documenti durante un successivo procedimento giudiziario (138).

    158. Nell’attuale fase le parti del procedimento si confrontano esclusivamente sulla questione se il Tribunale avrebbe dovuto annullare la decisione controversa a causa di detto vizio procedurale della Commissione. Secondo una costante giurisprudenza, infatti, i vizi procedurali concernenti l’accesso al fascicolo durante il procedimento amministrativo comportano l’annullamento di una decisione della Commissione, solo qualora ne risultino lesi i diritti della difesa (139).

    159. A differenza della Commissione e del Tribunale, la Solvay ritiene che i suoi diritti della difesa siano stati violati e porta a supporto di tale tesi numerosi argomenti. A tal fine la ricorrente si basa sostanzialmente sui principi generali, riconosciuti dal diritto dell’Unione, del rispetto dei diritti della difesa, della presunzione d’innocenza e della suddivisione dell’onere della prova. La Solvay lamenta altresì la violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 36 in combinato disposto con l’art. 53, primo comma, dello Statuto della Corte, nonché la violazione degli artt. 47, secondo comma, 48 e 52, n. 3, della Carta dei diritti fondamentali, dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 6, n. 1, TUE.

    160. Argomentazioni specifiche sono, tuttavia, svolte dalla Solvay solo in relazione ai diritti della difesa, nonché, incidentalmente, anche sulla presunzione d’innocenza e sull’obbligo di motivazione. Gli isolati richiami alla Carta dei diritti fondamentali, all’art. 6 della CEDU e all’art. 6, n. 1, TUE, non presentano un contenuto autonomo, sicché non occorre procedere ad un loro approfondito esame. Circa l’art. 6, n. 1, TUE, è sufficiente segnalare che tale disposizione di per sé non contiene alcuna garanzia di diritti fondamentali. L’art. 6 della CEDU, prima dell’adesione dell’Unione alla CEDU (140), non è direttamente applicabile alle istituzioni dell’Unione, ma deve essere tenuto in conto in sede di interpretazione e applicazione dei principi generali e dei diritti fondamentali del diritto dell’Unione, di cui si lamenta la violazione (141).

    161. Per valutare le censure della Solvay concernenti i diritti della difesa, la presunzione d’innocenza e l’obbligo di motivazione, propongo di seguire l’ordine indicato dalla Commissione, che si rifà all’articolazione della sentenza impugnata. Pertanto, affronterò prima di tutto la questione della ricevibilità del terzo e quarto motivo di ricorso (v. sub a), per poi passare alle censure riguardanti i documenti consultabili in primo grado [quarto motivo di ricorso; v. sub b)]; infine prenderò in esame le censure relative alla parte smarrita del fascicolo del procedimento [terzo motivo di ricorso; v. sub c)].

    a)      Ricevibilità del terzo e del quarto motivo di ricorso

    162. La Commissione contesta la ricevibilità del quarto e di una parte del terzo motivo di ricorso. A suo avviso la valutazione dell’utilità di determinati documenti per la difesa di un’impresa rientra nella valutazione degli elementi di fatto e di prova che spetta esclusivamente al Tribunale e che in via di principio è sottratta ad un riesame nel procedimento di impugnazione.

    163. Tale tesi non mi convince. Nel presente caso non si chiede alla Corte di sostituire il proprio apprezzamento alla valutazione del Tribunale in relazione a singoli documenti del fascicolo del procedimento (142). Piuttosto, la Corte è invitata a verificare se il Tribunale, nel valutare gli elementi di fatto e di prova, si sia attenuto a criteri e parametri corretti. Si tratta, pertanto, di una questione di diritto che può essere esaminata dalla Corte quale giudice dell’impugnazione (143).

    b)      Sulle parti del fascicolo del procedimento consultabili solo dinanzi al Tribunale (quarto motivo di ricorso)

    164. Il quarto motivo di ricorso si rivolge contro i punti 417-446 della sentenza impugnata, concernenti l’utilità per la difesa della Solvay delle parti del fascicolo del procedimento consultabili per la prima volta durante il procedimento giudiziario. Poiché il Tribunale non ritenne dimostrata tale utilità, la sua conclusione fu che la Commissione non avesse violato i diritti della difesa (144).

    i)      Prima parte del quarto motivo di ricorso

    165. Nella prima parte del quarto motivo di ricorso sono contenuti due rilievi critici contro la sentenza impugnata, di cui ritengo infondato il primo, ma fondato il secondo.

    166. La ricorrente sostiene, in primo luogo, che il Tribunale avrebbe dovuto esaminare preliminarmente le violazioni dei diritti della difesa censurate in primo grado, prima, quindi, dei censurati difetti di valutazione di diritto sostanziale. Vi sarebbe, altrimenti, il pericolo che il Tribunale, nel valutare l’utilità di vari documenti per la difesa di un’impresa, si lasci influenzare dall’esito dell’esame nel merito della decisione controversa.

    167. Questo primo rilievo critico deve essere respinto. Come giustamente osserva la Commissione, non esiste alcun ordine logico vincolante tra l’esame delle censure di diritto sostanziale e l’esame di quelle di diritto processuale (145) (altra questione, che dovrà ancora essere affrontata separatamente nell’ambito del terzo motivo di ricorso, è se il Tribunale, nel valutare le censure di diritto processuale, possa lasciarsi influenzare, nel merito, dalla sorte delle censure di diritto sostanziale sollevate da un’impresa (146)).

    168. La ricorrente, in secondo luogo, rimprovera al Tribunale di mostrare un’opinione troppo restrittiva dello scopo dell’accesso al fascicolo. A suo avviso il Tribunale non avrebbe potuto negare l’utilità per la difesa di vari documenti asserendo che le informazioni ivi contenute o erano già note alla Solvay, oppure si riferivano a profili che l’impresa aveva comunque già esposto.

    169. Diversamente dal primo, questo secondo rilievo critico è fondato.

    170. Lo scopo dell’accesso al fascicolo consiste nel garantire un esercizio effettivo dei diritti della difesa alle imprese coinvolte nel procedimento amministrativo cui viene contestata un’infrazione contro le regole sulla concorrenza del diritto dell’Unione (anche dette «imprese interessate») (147). Si deve consentire a tali imprese di prendere conoscenza degli elementi di prova contenuti nel fascicolo della Commissione, affinché esse possano pronunciarsi in modo efficace, sulla base di tali elementi, sulle conclusioni cui la Commissione è pervenuta nella propria comunicazione degli addebiti (148). In tal modo si contribuisce anche alla parità delle armi tra le imprese interessate e la Commissione e quindi, in definitiva, all’equità del procedimento amministrativo.

    171. Se nel procedimento amministrativo ad un’impresa interessata non sono stati trasmessi documenti a suo discarico, questa impresa deve poi solo provare che tale omessa divulgazione ha potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione della Commissione (149). A tal fine è sufficiente che l’impresa dimostri che essa avrebbe potuto utilizzare i detti documenti a discarico per la sua difesa (150).

    172. Di certo una tale ipotesi ricorre principalmente quando si tratta di documenti che avrebbero consentito all’impresa interessata di dedurre, nel procedimento amministrativo, nuovi elementi. Nella sentenza Aalborg Portland la Corte parla a tal proposito di elementi «che non concordavano con le deduzioni operate in quello stadio dalla Commissione e avrebbe potuto quindi influenzare, in una qualsiasi maniera, le valutazioni svolte da quest’ultima nell’eventuale decisione, almeno per quanto riguarda la gravità e la durata del comportamento contestato [all’impresa] e, di conseguenza, l’entità dell’ammenda» (151).

    173. Non penso tuttavia, che, dalla sentenza Aalborg Portland e da alcune ulteriori sentenze in cui la Corte ha utilizzato analoghe formulazioni (152), possa desumersi una generale limitazione dello scopo dell’accesso al fascicolo alla mera ricerca di nuovi elementi. Per contro, a me sembra che già dalla sentenza Aalborg Portland emerga una certa apertura della Corte verso ulteriori scopi dell’accesso al fascicolo, in particolare là dove si usa la locuzione «avrebbe potuto (…) influenzare, in una qualsiasi maniera» (153).

    174. Come giustamente osserva la Solvay, lo scopo dell’accesso al fascicolo non si esaurisce nel consentire all’impresa interessata di dedurre nuovi argomenti o elementi nel procedimento amministrativo. Piuttosto, l’accesso al fascicolo risulta di notevolissimo interesse pratico anche perché consente all’impresa interessata di tarare le proprie deduzioni nel procedimento amministrativo sulle dichiarazioni di terzi – ad esempio, clienti, fornitori, concorrenti e associazioni. In particolare, l’impresa interessata può eventualmente utilizzare talune dichiarazioni di terzi per fornire un più solido sostegno, nei confronti della Commissione, alle proprie dichiarazioni.

    175. È evidente che le affermazioni dell’impresa interessata possono assumere un peso maggiore agli occhi della Commissione se esse possono fondarsi non solo su documenti o informazioni interni all’impresa stessa, o su fonti accessibili a tutti, ma trovare conferma anche nelle dichiarazioni di terzi eventualmente portatori di interessi confliggenti (154). Nel procedimento amministrativo, infatti, l’impresa interessata non deve solo dedurre argomenti solidi, ma deve anche sostenerli in modo circostanziato e adeguatamente documentato.

    176. Al Tribunale sfugge l’importanza di tali considerazioni quando in più punti della sentenza impugnata afferma che l’omessa trasmissione di determinati documenti durante il procedimento amministrativo non ha potuto influenzare, a discapito della Solvay, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione impugnata,

    –        perché l’impresa «non ignorava» gli elementi cui si riferivano i documenti (155),

    –        perché l’impresa era in grado di fornire da sola determinate informazioni (156), senza doversi basare sui documenti dei suoi concorrenti (157),

    –        perché l’impresa aveva già sviluppato determinati argomenti risultanti dai documenti (158), o

    –        perché la situazione di fatto, risultante dai documenti, era già nota alla Commissione (159).

    177. L’accesso al fascicolo deve consentire all’impresa interessata di difendersi più efficacemente (160) di quanto avrebbe potuto fare con le proprie sole forze. A causa della sua concezione troppo ristretta dello scopo dell’accesso al fascicolo, che non tiene conto delle considerazioni testé esposte (161), il Tribunale ha male inteso la portata dei diritti della difesa nel procedimento amministrativo, incorrendo, pertanto, in un errore di diritto.

    ii)    Seconda parte del quarto motivo di ricorso

    178. Nella seconda parte del quarto motivo di ricorso la Solvay rimprovera al Tribunale di aver posto requisiti eccessivamente rigorosi per la prova della violazione dei diritti della difesa. La ricorrente richiama a tal proposito alcuni passaggi della sentenza impugnata, in cui il Tribunale afferma che:

    –        la Solvay «non ha dimostrato che la mancata divulgazione [di determinati] documenti (…) ha influenzato, a suo discapito, lo svolgimento della procedura e il contenuto della decisione impugnata» (162), e

    –        gli elementi fatti valere dalla Solvay a seguito della consultazione del fascicolo dinanzi al Tribunale non mettono in discussione l’analisi della Commissione nella decisione controversa (163).

    179. Come rileva giustamente la Solvay, il parametro per affermare una violazione dei diritti della difesa derivante da vizi procedurali attinenti l’accesso al fascicolo, non è se l’omessa divulgazione di un documento a discarico «ha influenzato», a discapito dell’impresa, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione della Commissione, bensì se essa «ha potuto influenzare» lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione della Commissione (164).

    180. La differenza tra le due formule «ha influenzato» e «ha potuto influenzare» potrebbe sembrare a prima vista minima. Si è tentati, pertanto, di respingere la censura della Solvay liquidandola come un cavillo semantico.

    181. In realtà, tuttavia, queste sfumature lessicali svelano l’utilizzo, da parte del Tribunale, di parametri non corretti nell’esaminare la violazione dei diritti della difesa, censurata dalla Solvay: erroneamente esso ha preteso la prova che il procedimento amministrativo avrebbe condotto ad un risultato diverso se fossero stati divulgati i documenti controversi (165). Il Tribunale avrebbe potuto correttamente verificare solo se l’impresa interessata aveva dimostrato una possibilità, anche minima, che i documenti non consultabili nel procedimento amministrativo avrebbero potuto essere utili per la sua difesa (166). L’impresa interessata, infatti, non deve dimostrare che, se essa avesse avuto accesso ai documenti non forniti, la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente (167).

    182. Ne consegue che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nell’esaminare i diritti della difesa.

    183. La Solvay lamenta a questo proposito anche una violazione della presunzione d’innocenza; questa censura, tuttavia, a mio avviso non presenta un contenuto autonomo, ulteriore rispetto alla censurata violazione dei diritti della difesa, e pertanto non mi soffermo oltre su di essa.

    184. La Solvay ritiene, infine, che la motivazione della sentenza impugnata sia contraddittoria, giacché il Tribunale parte menzionando il parametro corretto («una possibilità, anche minima, di far giungere il procedimento amministrativo ad un risultato diverso» (168)), mentre successivamente impiega un parametro più rigoroso [la Solvay «non ha dimostrato che la mancata divulgazione dei documenti (…) ha influenzato, a suo discapito, lo svolgimento della procedura e il contenuto della decisione impugnata» (169), e «non» ha messo «in discussione l’analisi della Commissione nella decisione impugnata» (170)]. Come, tuttavia, sopra esposto (171), quella dei requisiti della prova della violazione dei diritti della difesa è una questione di merito, e non una questione di motivazione della sentenza impugnata. Il Tribunale può aver commesso un errore di diritto in relazione ai diritti della difesa, ma da ciò non deriva al tempo stesso un difetto di motivazione.

    iii) Conclusione

    185. Il quarto motivo di ricorso è, pertanto, in gran parte fondato. Il Tribunale ha, per un verso, male inteso lo scopo dell’accesso al fascicolo nel valutare l’utilità dei documenti non consultabili nel procedimento amministrativo e, per altro verso, ha posto requisiti eccessivi per la prova della violazione dei diritti della difesa.

    c)      Sullo smarrimento di parti del fascicolo del procedimento (terzo motivo di ricorso)

    186. Il terzo motivo di ricorso riguarda lo smarrimento di parti del fascicolo del procedimento della Commissione. Esso si rivolge contro i punti 465‑482 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale affronta la questione se la perdita di cinque raccoglitori abbia comportato una violazione dei diritti della difesa della Solvay (172), giungendo ad una conclusione negativa (173).

    187. Nei confronti del contestato passaggio della sentenza la ricorrente solleva numerosi rilievi critici, cui sono dedicate tutte le sei parti di questo terzo motivo di ricorso. Tra di esse, tuttavia, sussistono numerose sovrapposizioni. In sostanza si tratta sempre della stessa questione: poteva il Tribunale escludere che gli atti smarriti potevano essere utili per la difesa della Solvay (174)?

    188. Condivido la tesi della ricorrente: la risposta a tale questione deve essere negativa.

    189. Le riflessioni in proposito dovrebbero muovere dalla premessa che un’impresa, cui durante il procedimento amministrativo sia stato illegittimamente negato l’accesso a determinate parti del fascicolo del procedimento, deve dimostrare dinanzi al Tribunale soltanto che essa avrebbe potuto utilizzare i documenti in questione per la sua difesa (175). È sufficiente che l’impresa provi una possibilità, anche minima, che i documenti non consultabili durante il procedimento amministrativo avrebbero potuto essere utili per la sua difesa (176).

    190. Nel presente caso la verifica, da parte del Tribunale, dell’utilità delle parti del fascicolo del procedimento non consultate dalla Solvay era resa indubbiamente più difficile dall’irreperibilità dei documenti in questione.

    191. Non sarebbe sicuramente corretto presumere, sempre ed automaticamente, che parti del fascicolo andate perse potessero essere utili per la difesa dell’impresa interessata. Se, ad esempio, sulla scorta di un elenco chiaro e completo si può plausibilmente ritenere che nelle parti in questione del fascicolo del procedimento fossero contenuti esclusivamente documenti che sarebbero stati comunque sottratti all’accesso – è il caso, in particolare, dei progetti di decisione e delle annotazioni interne della Commissione, ma potrebbe trattarsi anche di altri documenti riservati (177) –, allora si può escludere a priori la violazione dei diritti della difesa.

    192. Nel presente caso, tuttavia, il contenuto delle parti scomparse del fascicolo del procedimento non può essere ricostruito nemmeno approssimativamente (178). La giurisprudenza, per quanto mi è noto, non ha ancora chiarito a carico di chi debba ricadere una tale circostanza. Le sentenze finora pronunciate, infatti, riguardavano documenti del procedimento amministrativo, il cui contenuto era certo e dimostrabile dinanzi al Tribunale (179).

    193. In via di principio grava sull’impresa interessata l’onere di provare che le parti del fascicolo, l’accesso alle quali le è stato illegittimamente impedito nel procedimento amministrativo, potevano essere utilizzate per la sua difesa (180). Ciò, tuttavia, può valere solo per l’ipotesi in cui l’impresa disponga per lo meno di informazioni chiare e complete sugli autori, nonché sulla natura e il contenuto dei documenti ad essa non comunicati.

    194. L’irreperibilità di parti del fascicolo del procedimento ricade, per contro, nella sfera di responsabilità della Commissione. In base al principio della buona amministrazione la Commissione è, infatti, tenuta a gestire ordinatamente il fascicolo del procedimento e a custodirlo in sicurezza. Una gestione ordinata implica, non da ultimo, anche la predisposizione di un elenco chiaro e completo in vista della successiva concessione dell’accesso al fascicolo.

    195. Se il contenuto delle parti del fascicolo smarrite non può essere ricostruito con certezza per mancanza – come nella specie – di un siffatto elenco, allora è possibile una sola conclusione in relazione ai diritti della difesa: non si può escludere che l’impresa interessata avrebbe potuto utilizzare i documenti irreperibili per la sua difesa.

    196. Ciò nondimeno, la sentenza impugnata afferma proprio il contrario: secondo il Tribunale si può escludere che la Solvay avrebbe potuto trovare nelle parti mancanti del fascicolo documenti utili alla sua difesa (181).

    197. Il Tribunale motiva tale tesi rilevando che tutte le censure di diritto sostanziale («censure di merito»), sollevate dalla Solvay contro la decisione controversa, devono essere respinte (182). La valutazione dell’utilità per la difesa della Solvay delle parti del fascicolo scomparse viene, quindi, messa in connessione con la fondatezza dei rilievi mossi dalla stessa contro l’accertamento dell’abuso di posizione dominante (183). In altre parole, il Tribunale sembra presumere che chi finora aveva brutte carte, anche nelle restanti parti del fascicolo del procedimento non avrebbe più trovato alcuna briscola.

    198. Questo ragionamento non è giuridicamente corretto. Vero è che la sussistenza di un’eventuale violazione dei diritti della difesa deve essere verificata sulla scorta delle circostanze specifiche di ogni singolo caso. Tale verifica, tuttavia, deve essere effettuata tenendo conto di che cosa la Commissione imputa a carico dell’impresa interessata, di quali addebiti, cioè, essa solleva contro l’impresa (184). L’impresa deve, infatti, difendersi contro tali «censure» della Commissione. È, invece, del tutto irrilevante quali censure di merito l’impresa abbia da parte sua sollevato fino a quel momento contro la decisione controversa, e se tali censure abbiano successo.

    199. Erroneamente il Tribunale subordina l’utilità dei documenti smarriti per la Solvay alla questione se gli argomenti fino a quel momento dedotti dall’impresa siano «inconferenti» e «irrilevanti» (185) o «erronei in fatto» (186), se la Solvay abbia, o meno, contestato determinati accertamenti effettuati dalla Commissione (187), e se essa fino a quel momento sia rimasta debitrice di determinate spiegazioni (188).

    200. Sarebbe stato corretto domandarsi soltanto se le parti irreperibili del fascicolo del procedimento potessero contenere informazioni che avrebbero consentito alla Solvay di sostenere meglio le sue argomentazioni fino a quel momento svolte contro la decisione controversa, o addirittura di dedurre nuovi argomenti.

    201. Il Tribunale elude tale domanda, mettendo in primo piano le prove raccolte dalla Commissione sulla sussistenza di una posizione dominante e sul suo abuso (189). Tuttavia, in tal modo, lascia interamente sullo sfondo, senza metterlo a fuoco, il fatto che le parti del fascicolo smarrite avrebbero potuto contenere informazioni idonee a contestare tali elementi probatori o comunque a farli apparire in una luce diversa. Ciò è stato giustamente rilevato dalla Solvay.

    202. In primo luogo, viene a tal proposito in rilievo il fatto che, benché elevate quote di mercato forniscano prima facie la prova di una posizione dominante della Solvay, nondimeno, come ammette il Tribunale stesso (190), ciò è vero salva la presenza di circostanze eccezionali (191). Tuttavia, il Tribunale non spiega perché mai tutte le eventuali circostanze eccezionali debbano essere note alla Solvay stessa al punto che dai documenti smarriti non avrebbe potuto più emergere nulla di nuovo per la sua difesa (192). Eppure dati di fatto sulle quote di mercato, sulla forza dei concorrenti e sulla dimensione di un eventuale effetto riequilibratore del potere di mercato dei clienti dell’impresa interessata possono emergere anche dalle dichiarazioni di terzi (193).

    203. In secondo luogo, occorre ricordare che il carattere abusivo di determinate pratiche della Solvay – ad esempio, gli sconti da essa concessi – risulta, sì, da «prove documentali dirette» (194). Tuttavia, contro questa prima apparenza è possibile che l’esistenza di un abuso debba essere negata se risultano elementi per ritenere sussistente una giustificazione economica obiettiva (195). Tali elementi non devono necessariamente provenire dalla sfera dell’impresa in posizione dominante, potendo essere forniti anche da terzi, ad esempio dai clienti dell’impresa interessata. Conseguentemente, non si può escludere che tali elementi sarebbero emersi dalle parti smarrite del fascicolo (196).

    204. Diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, non spettava alla Solvay dimostrare con esattezza in quale misura dalle parti smarrite del fascicolo del procedimento sarebbero potuti emergere elementi a suo favore. Era impossibile ricostruire dinanzi al Tribunale il contenuto di questi documenti e l’impossibile non può essere preteso da nessuno. Anche le conseguenze di tale impossibilità non potevano essere addossate alla Solvay, ricadendo lo smarrimento dei documenti in parola pur sempre nella sfera di responsabilità della Commissione (197). La ricorrente affermazione del Tribunale, secondo cui la Solvay avrebbe dovuto dimostrare in modo circostanziato l’utilità per la sua difesa dei documenti andati persi (198), era pertanto giuridicamente erronea.

    205. Da quanto sopra risulta che il Tribunale, nell’esaminare la questione se i documenti irreperibili del fascicolo del procedimento potevano essere utili per la difesa della Solvay, ha utilizzato parametri sbagliati. Esso ha male inteso i requisiti imposti a tal proposito dai diritti della difesa. Ne consegue che il terzo motivo di ricorso è fondato.

    206. La censura, parimenti mossa a questo proposito dalla Solvay, circa la violazione della presunzione d’innocenza, non ha un contenuto autonomo, ulteriore rispetto alle questioni già esaminate concernenti l’onere della prova in relazione ai diritti della difesa. Non è, pertanto, necessario affrontarla separatamente.

    2.      Sul diritto al contraddittorio (quinto motivo di ricorso)

    207. Con il quinto motivo di ricorso la Solvay si rivolge contro i punti 184-193 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale giunge alla conclusione che la Commissione non era tenuta a sentire nuovamente l’impresa prima di adottare la decisione controversa (199). Secondo la Solvay, invece, nel procedimento amministrativo del 2000 avrebbe dovuto effettuarsi un’audizione, giacché la prima decisione di inflizione dell’ammenda (decisione 91/299), annullata dal Tribunale, non era stata solo autenticata erroneamente, ma, oltre a ciò, era stata anche emessa senza la necessaria concessione dell’accesso al fascicolo.

    a)      Prima parte del quinto motivo di ricorso

    208. Nella prima parte di questo motivo di ricorso la Solvay lamenta la violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 36 in combinato disposto con l’art. 53, primo comma, dello Statuto della Corte. Secondo la Solvay, la sentenza impugnata non affronta la questione se i vizi procedurali del primo procedimento amministrativo relativi all’accesso al fascicolo avrebbero reso necessaria una nuova audizione. Il Tribunale non prenderebbe, pertanto, in esame una censura sollevata dalla Solvay in primo grado.

    209. Questo argomento deve essere respinto. Il Tribunale, sia pur con una sola frase, ha preso in esame l’eventuale necessità di una nuova audizione a causa dei precedenti vizi procedurali concernenti l’accesso al fascicolo: per risolvere tale questione ha rinviato alle proprie considerazioni relative all’accesso al fascicolo (200). Ciò era logico e coerente nella prospettiva del Tribunale, giacché esso partiva dalla premessa che la Commissione, in relazione al denegato accesso al fascicolo, non aveva violato i diritti della difesa (201). In base alla soluzione indicata nella sentenza impugnata, risultava pertanto superflua anche una nuova audizione della Solvay.

    210. Le considerazioni del Tribunale sul diritto al contraddittorio sono, quindi, adeguatamente motivate. Se esse siano anche giuridicamente corrette nel merito, costituisce l’oggetto della seconda parte del quinto motivo di ricorso, che passo ora ad affrontare.

    b)      Seconda parte del quinto motivo di ricorso

    211. Nella seconda parte del quinto motivo di ricorso la Solvay solleva nel merito la questione se i vizi procedurali relativi all’accesso al fascicolo, emersi nel 1990, imponevano successivamente – prima dell’adozione, nel 2000, della seconda decisione di inflizione dell’ammenda, qui controversa (decisione 2003/6) – una nuova audizione dell’impresa.

    212. La Solvay lamenta sostanzialmente la violazione del suo diritto al contraddittorio e, in generale, dei suoi diritti della difesa. La ricorrente lamenta, altresì, la violazione degli artt. 47, secondo comma, 48 e 52, n. 3, della Carta dei diritti fondamentali, dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 6, n. 1, TUE, del principio di buona amministrazione, nonché dell’art. 266 TFUE (già art. 233 CE). L’elemento comune a tutte queste censure è che il Tribunale avrebbe disconosciuto la necessità di una nuova audizione della Solvay da parte della Commissione.

    213. Il diritto al contraddittorio fa parte dei diritti della difesa che devono essere rispettati nel procedimento amministrativo in materia di intese. Il contraddittorio comporta che l’impresa sottoposta ad indagine venga messa in condizione, nel corso del procedimento amministrativo, di far conoscere utilmente il proprio punto di vista in merito all’esistenza e alla rilevanza dei fatti asseriti nonché in ordine ai documenti utilizzati dalla Commissione (202). A livello di diritto derivato tale principio, all’epoca dell’adozione della decisione controversa, era previsto nell’art. 19, n. 1, del regolamento n. 17 (203).

    214. È pacifico che, nel presente caso, la Solvay nel 1990 – preliminarmente all’adozione della prima decisione di inflizione dell’ammenda (decisione 91/299) – fu sentita dalla Commissione sulla base di una comunicazione degli addebiti. Controverso è soltanto se tra i provvedimenti che la Commissione era tenuta a prendere ai sensi dell’art. 233 CE (ora art. 266 TFUE) dopo l’annullamento di questa prima decisione di inflizione dell’ammenda, vi fosse anche una nuova audizione.

    215. In un procedimento amministrativo in materia di intese disciplinato dal regolamento n. 17, dall’art. 233 CE non discende necessariamente l’obbligo della Commissione di riprendere dall’inizio l’intero caso. La Commissione può, invece, riprendere il procedimento dal punto in cui i giudici dell’Unione hanno accertato un vizio procedurale. Se gli atti procedurali compiuti cronologicamente prima del vizio procedurale erano legittimi, non devono essere ripetuti.

    216. Nel caso PVC, in cui una prima decisione della Commissione era stata annullata a causa di un vizio formale intervenuto in occasione della sua adozione definitiva da parte del collegio dei commissari, la Corte ha ritenuto corretto che la Commissione adottasse una seconda decisione dal contenuto sostanzialmente identico senza una nuova audizione delle imprese interessate (204). Nella sentenza impugnata il Tribunale si è fondato su questa giurisprudenza per motivare la non necessità, anche nel presente caso, di una nuova audizione della Solvay (205).

    217. A prima vista il caso PVC ed il presente caso sembrano in effetti riguardare un’uguale fattispecie. Anche nel presente caso, infatti, la prima decisione della Commissione di inflizione dell’ammenda (decisione 91/299) era stata annullata a causa di un vizio formale intervenuto alla fine del procedimento amministrativo – segnatamente, in fase di autenticazione della decisione.

    218. Ad un’analisi più attenta, tuttavia, emerge una differenza fondamentale: diversamente da quanto avvenuto nel caso PVC, nel presente caso il procedimento amministrativo era viziato anche da un altro grave difetto, intervenuto ben prima della fase della definitiva adozione e autenticazione della decisione di inflizione dell’ammenda: all’impresa interessata Solvay non era stato concesso un accesso al fascicolo conforme ai requisiti di diritto (206).

    219. Vero è che i giudici dell’Unione nelle loro sentenze sulla prima decisione di inflizione dell’ammenda (decisione 91/299) (207) non si sono occupati del diritto di accesso al fascicolo e dei diritti della difesa, limitandosi invece soltanto ad analizzare la problematica dell’autenticazione. Da ciò non può, tuttavia, desumersi che i giudici dell’Unione abbiano sancito il regolare svolgimento del procedimento amministrativo in relazione all’accesso al fascicolo e ai diritti della difesa.

    220. Anzi, il Tribunale accertò, in relazione alla decisione 91/297, la quale trae origine dallo stesso procedimento amministrativo in materia di intese della decisione 91/299, una violazione dei diritti della difesa a causa di un incompleto accesso al fascicolo (208). Già dal 1982 si era, del resto, formata una chiara prassi della Commissione in relazione alla concessione dell’accesso al fascicolo (209).

    221. Si può convenire con la Commissione che le varie sentenze del Tribunale del 29 giugno 1995 non inviavano segnali univoci in relazione alle finalità e all’ampiezza dell’accesso al fascicolo che doveva essere concesso (210). Tuttavia, al più tardi all’epoca dell’emanazione, nel 2000, della seconda decisione di inflizione dell’ammenda qui controversa, tutte le eventuali ambiguità sul punto erano state da tempo rimosse (211).

    222. Ciò considerato, nel presente caso la Commissione, dopo l’annullamento della prima decisione di inflizione dell’ammenda, avrebbe dovuto riprendere il procedimento amministrativo nella fase immediatamente successiva alla notifica della comunicazione degli addebiti. Conformemente ai precetti giuridici, la Commissione avrebbe dovuto concedere alla Solvay un pieno accesso al fascicolo, dopodiché avrebbe dovuto sentire di nuovo l’impresa.

    223. Sull’obbligo della Commissione di sentire di nuovo l’impresa dopo l’accesso al fascicolo non incide, peraltro, il fatto che la seconda decisione di inflizione dell’ammenda, qui controversa (decisione 2003/6), non si basava su nuovi addebiti (212). Vero è che la Solvay, già nel 1990, ebbe una volta la possibilità di presentare le sue osservazioni su tutti gli addebiti che la Commissione aveva posto a fondamento sia della sua prima che della sua seconda decisione di inflizione dell’ammenda. Lo dovette fare, tuttavia, sulla base di una conoscenza estremamente frammentaria del fascicolo del procedimento, giacché le erano stati trasmessi solo documenti a suo carico (213).

    224. Il diritto al contraddittorio non si esaurisce nel diritto a presentare osservazioni su tutti gli addebiti della Commissione. Piuttosto, all’impresa interessata deve essere fornita la possibilità di esporre il proprio punto di vista alla luce di tutte le parti del fascicolo del procedimento legittimamente accessibili. In caso contrario, i diritti della difesa nel procedimento in materia di intese risulterebbero privati di buona parte della loro effettività.

    225. La possibilità di presentare osservazioni è di qualità completamente diversa se l’impresa interessata ha previamente ottenuto un corretto accesso al fascicolo. È evidente, in particolare, che un’impresa, cui sia stato concesso l’accesso non solo a documenti a suo carico ma anche a documenti a suo discarico, possa difendersi contro gli addebiti della Commissione più efficacemente di un’impresa cui sia stata mostrata solo documentazione a suo carico.

    226. Il Tribunale è, pertanto, incorso in un errore di diritto in relazione al diritto al contraddittorio allorché ha ritenuto non necessaria una nuova audizione della Solvay da parte della Commissione. Si tratta, in definitiva, di una perpetuazione di quegli errori di diritto concernenti il diritto di accesso al fascicolo da cui la sentenza impugnata è viziata (214).

    227. Non è qui necessario affrontare ulteriormente il principio di buona amministrazione, anch’esso richiamato dalla Solvay, dal momento che l’argomentazione che fa leva su di esso non presenta un contenuto autonomo ulteriore rispetto a quella relativa ai diritti della difesa e al contraddittorio. Non è parimenti necessario, come sopra esposto (215), soffermarsi sull’art. 6 della CEDU e sull’art. 6, n. 1, TUE.

    c)      Conclusione

    228. Tutto ciò considerato, la seconda parte del quinto motivo di ricorso è fondata.

    D –    Sul diritto ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole (primo motivo di ricorso)

    229. Con il primo motivo di ricorso, che si rivolge contro i punti 119‑142 della sentenza impugnata, la Solvay lamenta la violazione del suo diritto ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole. Tale diritto fondamentale è riconosciuto, nella giurisprudenza della Corte, quale principio generale del diritto dell’Unione sia per il procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione che per il procedimento giudiziario dinanzi ai giudici dell’Unione (216). Nel frattempo esso è stato recepito anche negli artt. 41, n. 1, e 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali.

    230. Benché i giudici dell’Unione si siano occupati già più volte della problematica della ragionevole durata del procedimento in materia di concorrenza, le questioni di diritto sollevate dalla Solvay mi sembrano di particolare rilievo. Per un verso, esse riguardano un caso in cui la durata complessiva del procedimento, tenuto conto di tutte le fasi del procedimento amministrativo e di quello giudiziario, è stata senza dubbio particolarmente lunga. Per altro verso, tali censure si presentano sullo scenario dell’entrata in vigore, il 1° dicembre 2009, del Trattato di Lisbona, con cui la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ha assunto valore giuridico vincolante (art. 6, n. 1, TUE).

    231. Il primo motivo di ricorso si articola in totale in cinque parti, che in parte si occupano della valutazione della durata del procedimento (v. sub 1), e in parte riguardano le conseguenze giuridiche di una durata eccessiva del procedimento (v. sub 2).

    1.      Parametri per la valutazione della durata del procedimento (prima e seconda parte del primo motivo di ricorso)

    232. I parametri giuridici per la valutazione della durata del procedimento costituiscono oggetto delle prime due parti del primo motivo di ricorso.

    a)      Sulla questione preliminare dell’asserita inoperatività delle censure della Solvay

    233. Diversamente da quanto ritiene la Commissione, le censure della Solvay sulla durata del procedimento non sono affatto «in gran parte inoperanti». Vero è che un eventuale annullamento della sentenza impugnata presuppone ancora un ulteriore passaggio logico: segnatamente, una riflessione sulle sanzioni per la durata eccessiva del procedimento. Una disamina della durata del procedimento in sé è, tuttavia, imprescindibile (217), giacché senza un previo accertamento di un’eccessiva durata del procedimento non può rinvenirsi alcuna violazione del diritto ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole. I criteri utilizzati dal Tribunale per valutare la durata del procedimento non possono essere sottratti a qualsivoglia esame giuridico da parte della Corte in sede di impugnazione.

    234. Le censure della Solvay sulla durata del procedimento risulterebbero inoperanti tutt’al più nel caso in cui la ricorrente le avesse sollevate a prescindere da una censura sulle conseguenze giuridiche di un’eccessiva durata del procedimento. Ciò, tuttavia, non si è verificato nel caso di specie. Piuttosto, la sentenza impugnata viene censurata da entrambi i punti di vista, essendo la terza, la quarta e la quinta parte del primo motivo di ricorso dedicate specificamente alle conseguenze giuridiche.

    235. Ne consegue che l’eccezione di inoperatività sollevata dalla Commissione deve essere respinta.

    b)      Sulla necessità di una valutazione complessiva della durata del procedimento (prima parte del primo motivo di ricorso)

    236. Nella prima parte del primo motivo di ricorso la Solvay lamenta che il Tribunale, nel valutare la durata del procedimento, avrebbe preso in considerazione le singole fasi del procedimento amministrativo e di quello giudiziario solo isolatamente, senza, invece, valutare nel suo complesso il procedimento in corso a partire dalle indagini dell’aprile 1989.

    237. La ragionevolezza della durata di un procedimento dev’essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascuna causa e, in particolare, della rilevanza della lite per l’interessato, della complessità della causa nonché del comportamento del ricorrente e di quello delle autorità competenti (218). A tal riguardo la Corte ha precisato che l’elencazione dei criteri pertinenti non è esaustiva (219).

    238. È indubbio che un adeguato esame della durata del procedimento implichi che il Tribunale sottoponga la durata di ogni singola fase del procedimento ad una valutazione separata (220). Se una qualche fase del procedimento ha avuto una durata eccessiva, ciò giustifica già di per sé l’affermazione della violazione del diritto ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole (221).

    239. Un adeguato esame della durata del procedimento implica, tuttavia, non solo una siffatta valutazione «a fettine», bensì anche una valutazione complessiva della durata del procedimento amministrativo nonché di eventuali procedimenti giudiziari (222).

    240. Contro la necessità di una valutazione complessiva non può eccepirsi che il procedimento amministrativo e quello giudiziario hanno natura differente, e che i requisiti che devono essere soddisfatti ora dall’amministrazione ora dal Tribunale sono stati previsti in punti differenti della Carta dei diritti fondamentali. Dal punto di vista dell’impresa interessata ciò che conta è solo quando la sua «pratica» verrà decisa in via definitiva e da un’autorità imparziale. Gli artt. 41, n. 1, e 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali contengono solo due corollari di un medesimo principio processuale, vale a dire la legittima aspettativa dei soggetti dell’ordinamento giuridico ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole.

    241. Vero è che di regola non potrà essere ravvisata una violazione del diritto ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole allorché nessuna delle fasi del procedimento amministrativo e di quello giudiziario sia stata di per sé eccessivamente lunga. Tuttavia, quante più fasi presenta il procedimento nel suo complesso – composto da uno o più procedimenti amministrativi e/o giudiziari –, tanto più peso assume la valutazione della sua durata complessiva.

    242. Nel presente caso, ad una prima parte del procedimento amministrativo (dal 1989 al 1990) e ad un primo procedimento giudiziario (dal 1991 al 2000), sono seguiti una seconda parte – per quanto sommaria – del procedimento amministrativo (2000) nonché un secondo procedimento giudiziario (dal marzo 2001) (223). La durata complessiva di tutte queste fasi del procedimento ammontava, al momento della pronuncia della sentenza impugnata, già a più di vent’anni; ad oggi sono addirittura passati ventidue anni. Pressoché nessun altro procedimento in materia di diritto europeo della concorrenza è durato così a lungo (224).

    243. Tutto ciò considerato, non si poteva pervenire ad un’adeguata valutazione della durata del procedimento senza tener conto della durata complessiva del procedimento amministrativo e di quello giudiziario fino alla pronuncia della sentenza impugnata. Poiché il Tribunale ha omesso una siffatta valutazione complessiva, la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto. La prima parte del primo motivo di ricorso è, pertanto, fondata.

    c)      Sul denunciato difetto di motivazione (seconda parte del primo motivo di ricorso)

    244. La Solvay lamenta altresì un difetto di motivazione (art. 36 in combinato disposto con l’art. 53, primo comma, dello Statuto della Corte), giacché il Tribunale, nelle sue valutazioni sulla durata del procedimento, non avrebbe tenuto conto della fase del procedimento dinanzi ad esso svoltasi.

    245. In effetti il Tribunale non menziona in alcun punto la durata della fase del procedimento da esso stesso condotta (procedimento nella causa T‑57/01). Occorre, tuttavia, considerare che la motivazione di una sentenza di primo grado può essere anche implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha disatteso i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (225).

    246. Nel presente caso, il Tribunale è partito dalla premessa che l’annullamento della decisione controversa poteva derivare non già dalla durata del procedimento in sé, bensì solo da una violazione dei diritti della difesa causata dalla durata del procedimento. Poiché, ad avviso del Tribunale, non era ravvisabile alcuna violazione dei diritti della difesa, esso poteva esimersi, nella sentenza impugnata, da un’espressa valutazione degli argomenti della Solvay sulla durata del procedimento. Non sussiste, pertanto, un difetto di motivazione.

    247. Alla luce di quanto sopra, la seconda parte del primo motivo di ricorso dev’essere respinta.

    2.      Conseguenze giuridiche di un’eccesiva durata del procedimento (terza, quarta e quinta parte del primo motivo di ricorso)

    248. Nella terza, quarta e quinta parte del primo motivo di ricorso la Solvay prende in esame le conseguenze giuridiche di un eventuale superamento della ragionevole durata del procedimento amministrativo e di quello giudiziario.

    a)      Necessità di un pregiudizio dei diritti della difesa (terza parte del primo motivo di ricorso)

    249. Nell’ambito della terza parte del primo motivo di ricorso viene sollevata una questione di diritto di fondamentale importanza. Tra le parti è controverso se l’eventuale violazione del diritto fondamentale ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole giustifichi già di per sé l’annullamento della decisione controversa, oppure se, in aggiunta a ciò, debba essere provato un pregiudizio delle possibilità di difesa dell’impresa interessata (226).

    250. Il Tribunale nella sentenza impugnata ha ritenuto che un procedimento eccessivamente lungo possa comportare l’annullamento di una decisione della Commissione solo quando sia provato che la durata del procedimento abbia pregiudicato le possibilità di difesa dell’impresa interessata (227). Questa tesi trova riscontro in una giurisprudenza della Corte, nel frattempo consolidatasi, secondo cui, in linea del tutto generale, occorre verificare se la durata di un procedimento possa aver influito sul suo esito (228).

    251. La Solvay ritiene, tuttavia, che tale giurisprudenza sia superata ed invita la Corte a rivederla alla luce del valore giuridico vincolante assunto dalla Carta dei diritti fondamentali a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

    252. Rivestono particolare importanza a tal proposito le prescrizioni dell’art. 52, n. 3, della Carta. Tale disposizione contiene, nella prima frase, una clausola di omogeneità, secondo cui i diritti fondamentali della Carta corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU hanno lo stesso significato e la stessa portata di quelli conferiti dalla CEDU.

    253. Vero è che il diritto fondamentale dell’Unione ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole ai sensi degli artt. 41, n. 1, e 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali, è stato formulato sul modello dell’art. 6, n. 1, della CEDU (229). Tuttavia, diversamente da quanto ritenuto dalla Solvay, l’art. 6, n. 1, della CEDU, così come al momento interpretato dalla Corte eur. D.U., non impone di annullare una decisione di inflizione dell’ammenda in materia di intese solo a causa del superamento del termine ragionevole per ottenere una decisione, e di archiviare il procedimento amministrativo.

    254. In linea generale, come giustamente ha osservato la Commissione, la CEDU concede agli Stati contraenti un certo margine di apprezzamento in relazione ai modi e ai mezzi per rimuovere le eventuali violazioni dei diritti fondamentali (230).

    255. Dalla giurisprudenza della Corte eur. D.U. relativa all’art. 6, n. 1, CEDU è, peraltro, possibile desumere che il completo annullamento di sanzioni penali e l’archiviazione dei relativi procedimenti penali rappresenta solo una possibile forma di riparazione, ai sensi dell’art. 41 della CEDU, per la violazione di un diritto fondamentale derivante da una durata eccessiva del procedimento (231). Ivi non si parla di un obbligo delle autorità nazionali di annullare le sanzioni e archiviare il procedimento. Piuttosto, la Corte eur. D.U. riconosce espressamente che anche la riduzione della pena inflitta può costituire adeguata riparazione per la durata eccessiva del procedimento (232). In particolare, in un caso di criminalità economica relativo a gravi delitti di truffa, che si connotava per una durata del procedimento di diciassette anni, la Corte eur. D.U. ha ritenuto sufficiente l’accertamento dell’eccessiva durata del procedimento e una diminuzione della pena (233). A mio avviso una siffatta soluzione può essere applicata anche ai procedimenti in materia di intese, che non sono dissimili dai procedimenti penali in materia economica.

    256. Occorre inoltre considerare, per quanto riguarda il diritto in materia di concorrenza, che la stessa Corte eur. D.U. non sembra ricondurre questo settore del diritto al diritto penale classico; al di fuori del «nocciolo duro» del diritto penale, la Corte eur. D.U. ritiene che le garanzie penalistiche derivanti dall’art. 6, n. 1, della CEDU, non debbano necessariamente applicarsi in tutto il loro rigore (234).

    257. Conseguentemente si può ritenere che, rebus sic stantibus, dalla clausola di omogeneità di cui all’art. 52, n. 3, prima frase, della Carta dei diritti fondamentali non scaturisca l’obbligo per i giudici dell’Unione di rispondere necessariamente, nell’ambito del diritto europeo in materia di concorrenza, ad una violazione del diritto fondamentale ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole con l’annullamento della decisione controversa.

    258. Benché, in base all’art. 52, n. 3, seconda frase, della Carta dei diritti fondamentali, nel diritto dell’Unione sia possibile concedere una tutela più estesa di quella della CEDU, tuttavia, nel presente contesto relativo al diritto in materia di concorrenza, non vi è alcun motivo per farlo.

    259. Nell’infliggere una sanzione per la violazione del diritto fondamentale ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole occorre tenere adeguatamente conto sia degli interessi dell’impresa coinvolta, che dell’interesse generale.

    260. L’interesse dell’impresa coinvolta consiste nell’ottenere la riparazione più ampia possibile delle conseguenze della violazione del diritto fondamentale (235). L’interesse generale consiste nell’applicare efficacemente le regole del mercato interno europeo in materia di concorrenza, le quali rientrano tra le disposizioni fondamentali dei Trattati (236), (237).

    261. Se si annullasse una decisione della Commissione di inflizione dell’ammenda in materia di intese solo a causa del superamento del termine ragionevole per ottenere una decisione nel procedimento amministrativo o giudiziario, con essa cadrebbe non solo l’ammenda inflitta ma anche l’accertamento in quanto tale dell’infrazione alle regole della concorrenza. Una siffatta soluzione contrasterebbe con l’interesse generale ad un’efficace applicazione delle regole della concorrenza, e andrebbe al di là del legittimo interesse dell’impresa coinvolta alla riparazione più ampia possibile per la violazione del diritto fondamentale da essa subita.

    262. All’impresa non può essere consentito, per il solo motivo del mancato rispetto di una durata ragionevole del procedimento, di rimettere in discussione l’esistenza di un’infrazione (238). La sanzione della violazione del principio della durata ragionevole del procedimento non può condurre, in nessun caso, a consentire ad un’impresa di proseguire o di riprendere un comportamento, di cui è stato accertato il contrasto con il diritto dell’Unione (239).

    263. Ciò considerato, io non vedo nessun motivo per proporre alla Corte di rivedere la propria precedente giurisprudenza sul punto. La terza parte del primo motivo di ricorso deve, pertanto, essere respinta.

    b)      Effetti della durata del procedimento sulle possibilità di difesa della Solvay nel presente caso (quarta parte del primo motivo di ricorso)

    264. La quarta parte del primo motivo di ricorso riguarda i punti 132‑136 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale afferma che la possibilità della Solvay di difendersi efficacemente non era stata pregiudicata da un’eventuale violazione del principio della ragionevole durata del procedimento, sicché i suoi diritti della difesa non erano stati lesi. In queste affermazioni la Solvay ravvisa sostanzialmente un difetto di motivazione e una violazione dei principi del rispetto dei diritti della difesa e della ragionevole durata del procedimento. Il Tribunale non si sarebbe adeguatamente soffermato sulle difficoltà che la Solvay deve affrontare per difendersi dopo così lungo tempo.

    i)      Sul denunciato difetto di motivazione

    265. Il denunciato difetto di motivazione ai sensi dell’art. 36 in combinato disposto con l’art. 53, primo comma, dello Statuto della Corte consisterebbe nel fatto che il Tribunale non avrebbe preso in esame numerosi argomenti dedotti dalla Solvay in primo grado in relazione alle difficoltà di difendersi.

    266. Tale argomento non è convincente. Come già illustrato, l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia e la motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha disatteso i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (240).

    267. Nella sentenza impugnata il Tribunale affronta addirittura espressamente, sia pur con un ragionamento succinto, l’argomento della Solvay, secondo cui essa avrebbe difficoltà a difendersi dopo così lungo tempo dalle accuse della Commissione. Esso afferma sostanzialmente che nel presente caso la Commissione, dopo il primo procedimento giudiziario, non ha compiuto atti istruttori e nella decisione controversa non ha tenuto conto di alcun elemento nuovo che rendesse necessario l’esercizio di un diritto della difesa (241).

    268. Per quanto la Solvay possa avere una diversa opinione circa la valutazione di diritto sostanziale delle circostanze di specie, da ciò, tuttavia, non deriva un difetto di motivazione (242).

    ii)    Sul denunciato errore di diritto sostanziale

    269. L’affermazione del Tribunale, secondo cui il decorso del tempo non avrebbe comportato un pregiudizio delle possibilità di difesa della Solvay, viene tuttavia contestata dalla ricorrente anche in punto di diritto sostanziale. La Solvay ravvisa in tale affermazione una violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa e del principio della ragionevole durata del procedimento.

    270. A prima vista potrebbe sembrare che la Solvay stia qui chiedendo alla Corte di sostituire il proprio apprezzamento alla valutazione dei fatti operata dal Tribunale, il che non è consentito nel procedimento di impugnazione (243).

    271. A ben vedere, tuttavia, la Solvay non rimprovera tanto al Tribunale di aver erroneamente valutato i fatti, quanto di aver trascurato una circostanza a suo avviso importante: il Tribunale non avrebbe considerato che il tempo trascorso dall’inizio del procedimento avrebbe pregiudicato le possibilità di difesa della Solvay nel procedimento giudiziario. Il Tribunale avrebbe erroneamente preso in esame soltanto gli effetti del decorso del tempo sulle possibilità di difesa della Solvay dinanzi alla Commissione (quindi nel procedimento amministrativo).

    272. Tale argomento è fondato.

    273. Nel valutare se un procedimento asseritamente troppo lungo abbia influito negativamente sulle possibilità di difesa dell’impresa interessata, il Tribunale non può restringere il suo esame solo sulla difesa in una determinata fase del procedimento. Piuttosto, esso deve verificare, in termini del tutto generali, se la durata del procedimento poteva pregiudicare l’impresa nella sua difesa contro gli addebiti della Commissione (244).

    274. Vero è che tale difesa si svolge prima di tutto nel procedimento amministrativo, all’interno del quale l’impresa viene sentita sulla base di una comunicazione degli addebiti. La difesa, tuttavia, non si limita al procedimento amministrativo. Piuttosto, l’impresa interessata può adire i giudici dell’Unione contro una decisione di inflizione dell’ammenda della Commissione (art. 263, quarto comma, TFUE, già art. 230, quarto comma, CE). Anche nell’ambito di un tale procedimento giudiziario l’impresa deve potersi difendere efficacemente da quanto la Commissione – a questo punto, sotto forma di decisione formale – le addebita.

    275. Il Tribunale, pertanto, si è erroneamente limitato a verificare se la Solvay potesse difendersi efficacemente nel procedimento amministrativo (245), e se la durata di un precedente procedimento giudiziario – il procedimento giudiziario T‑32/91, relativo alla prima decisione di inflizione dell’ammenda (decisione 91/299) – avesse influito negativamente (246). Il Tribunale ha omesso di prendere in esame, nelle sue considerazioni, anche le attuali possibilità di difesa dell’impresa nel secondo procedimento giudiziario – il procedimento giudiziario T‑57/01, relativo alla decisione 2003/6, qui controversa –.

    276. Una considerazione delle possibilità di difesa dinanzi al Tribunale nel procedimento T‑57/01 si sarebbe dovuta imporre nel presente caso per due ragioni: in primo luogo, per l’esplicita richiesta della Solvay di tenere conto della durata del procedimento giudiziario in quel momento pendente e, in secondo luogo, per il fatto che solo durante questo procedimento giudiziario – per l’esattezza, nel 2005 – fu finalmente concesso alla Solvay l’accesso al fascicolo. Era quindi decisivo verificare se la Solvay nel 2005 potesse ancora difendersi efficacemente dagli addebiti e dagli accertamenti della Commissione.

    277. Il diritto fondamentale ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole comporta che, in un procedimento amministrativo in materia di intese, la Commissione emani tempestivamente la propria decisione di inflizione dell’ammenda, in modo tale che l’impresa interessata possa ancora difendersi efficacemente contro tale decisione dinanzi ai giudici dell’Unione.

    278. Poiché il Tribunale non ha preso in alcun modo in considerazione questa circostanza giuridicamente rilevante, la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto.

    iii) Su alcune ulteriori censure

    279. La Solvay, nell’ambito di questa quarta parte del primo motivo di ricorso, lamenta infine uno snaturamento dei fatti nonché la violazione dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 6, n. 1, TUE.

    280. Queste ulteriori censure non richiedono un esame approfondito. La doglianza dello snaturamento dei fatti non è circostanziata (247), né io vedo alcun motivo per ritenere sussistente un siffatto snaturamento. Per quanto riguarda l’art. 6 della CEDU e l’art. 6, n. 1, TUE, la prima disposizione non è direttamente applicabile, mentre la seconda non garantisce di per sé alcun diritto fondamentale (248).

    iv)    Conclusione

    281. La quarta parte del primo motivo di ricorso è parzialmente fondata.

    c)      Presunta rinuncia della Solvay ad una riduzione dell’ammenda (quinta parte del primo motivo di ricorso)

    282. Con la quinta e ultima parte del primo motivo di ricorso la Solvay contesta specificamente il punto 141 della sentenza impugnata. Ivi il Tribunale afferma che la Solvay «nell’atto introduttivo ha espressamente rinunciato alla possibilità di una riduzione dell’ammenda a titolo di risarcimento per la presunta violazione del suo diritto ad essere giudicata entro un termine ragionevole». In tale affermazione la Solvay ravvisa uno snaturamento di quanto da essa dedotto in primo grado.

    283. Come già esposto ad altro proposito, sussiste un siffatto snaturamento quando gli argomenti presentati da una parte sono stati dal Tribunale evidentemente fraintesi o riprodotti travisandone il significato (249).

    284. Purtroppo il Tribunale nella sentenza impugnata non permette di capire, con la contestata formulazione, a quale passaggio dell’atto introduttivo della Solvay esso si riferisca. Nel corso del procedimento di impugnazione, tuttavia, le parti hanno di comune accordo fatto emergere che per l’affermazione del Tribunale contestata dalla Solvay il punto di riferimento potrebbe essere costituito dai punti 149 e 150 dell’atto introduttivo. Nel punto 149 del suo atto introduttivo l’impresa in sostanza sottolinea che, a suo avviso, solo l’annullamento della decisione controversa potrebbe rimuovere la lamentata violazione del principio del diritto ad un processo equo; una mera riduzione dell’ammenda non sarebbe idonea a rimuovere la lamentata violazione dell’art. 6 della CEDU. Nel punto 150 dell’atto introduttivo la Solvay giunge quindi alla conclusione che l’evidente superamento da essa lamentato del termine ragionevole potrebbe comportare solo l’annullamento della decisione controversa (250).

    285. Nel passaggio qui riprodotto dell’atto introduttivo io non riesco a scorgere alcuna rinuncia ad un’eventuale riduzione dell’ammenda a causa della durata del procedimento. Tanto meno è possibile desumere dagli argomenti dedotti per iscritto dalla Solvay quella «rinuncia espressa» dell’impresa ad una riduzione dell’ammenda a causa dell’eccessiva durata del procedimento, supposta dal Tribunale.

    286. Piuttosto, nei punti 149 e 150 del proprio atto introduttivo di primo grado la Solvay semplicemente espone con forza la propria opinione in punto di diritto. L’impresa illustra quale conseguenza giuridica essa ritiene si imponga in relazione all’asserita violazione del principio della ragionevole durata del procedimento: non già la riduzione dell’ammenda, bensì l’annullamento della decisione controversa.

    287. Tra l’esposizione di un’opinione in punto di diritto e l’espressa rinuncia alla possibilità di una riduzione dell’ammenda a titolo di risarcimento per la presunta violazione di un diritto, vi è una differenza radicale. Il Tribunale ha ignorato tale differenza al punto 141 della sentenza impugnata.

    288. Il punto 141 della sentenza impugnata dimostra che il Tribunale ha evidentemente frainteso gli argomenti presentati dalla Solvay nel procedimento di primo grado e li ha altresì riprodotti travisandone il significato. Ciò comporta lo snaturamento degli argomenti presentati da una parte.

    289. Tale snaturamento balza in particolare agli occhi se si considera che la Solvay, ad altro proposito, nel suo atto introduttivo di primo grado indubbiamente richiede una riduzione dell’ammenda da parte del Tribunale, rinviando a tal fine espressamente ai suoi «argomenti presentati a sostegno dei motivi di annullamento», quindi anche ai suoi argomenti relativi all’eccessiva durata del procedimento (251).

    290. Conseguentemente, la quinta parte del primo motivo di ricorso va accolta.

    3.      Conclusione

    291. Il primo motivo di ricorso è in parte fondato.

    E –    Annullamento della sentenza impugnata

    292. Come risulta dalle precedenti considerazioni, non hanno alcuna prospettiva di essere accolti i seguenti motivi di ricorso: il secondo, il sesto, il settimo e l’ottavo.

    293. In parte fondato è il nono motivo di ricorso. Esso, tuttavia, concerne soltanto lo specifico profilo della discriminazione ai sensi dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE. Rimangono fuori gli ulteriori profili del comportamento sul mercato della Solvay, che la Commissione ha ritenuto abusivi e in relazione ai quali il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto. Ne consegue che il parziale accoglimento del nono motivo di ricorso, di per sé solo considerato, non giustifica l’annullamento della sentenza impugnata.

    294. In gran parte fondati sono, invece, i motivi di ricorso riguardanti i diritti della difesa (terzo, quarto e quinto motivo di ricorso), nonché il motivo di ricorso relativo alla durata del procedimento (primo motivo di ricorso). L’accoglimento di ciascuno di questi motivi di ricorso, già di per sé solo considerato, giustifica l’annullamento della sentenza impugnata nel suo complesso.

    F –    Decisione sul ricorso di primo grado

    295. Ai sensi dell’art. 61, n. 1, del suo Statuto, la Corte può statuire essa stessa definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

    296. Così avviene nel caso in esame. Tutti i fatti e le questioni di diritto rilevanti per statuire sul ricorso della Solvay sono già stati discussi in primo grado dinanzi al Tribunale, e le parti hanno avuto l’opportunità di scambiare le loro argomentazioni al riguardo. Il rinvio al Tribunale non è pertanto necessario; piuttosto, la Corte può statuire essa stessa sul ricorso della Solvay inteso ad ottenere l’annullamento della decisione controversa. Considerata l’eccezionale durata del procedimento – ventidue anni dalle indagini della Commissione nell’aprile 1989 fino ad oggi – sarebbe opportuno che la Corte utilizzasse tale possibilità.

    297. Nel prosieguo mi limito a verificare brevemente la legittimità della decisione controversa scegliendo tre punti di vista: accesso al fascicolo (sub 1), contraddittorio (sub 2) e durata del procedimento (sub 3).

    1.      Sul diritto di accesso al fascicolo

    298. È incontrovertibile che prima dell’emanazione della decisione controversa alla Solvay non fu concesso un accesso al fascicolo conforme ai requisiti di diritto (252).

    299. Come sopra esposto, è impossibile escludere che nelle parti smarrite del fascicolo, il cui contenuto è ignoto, la Solvay avrebbe trovato informazioni utili per la sua difesa. Ciò è tanto più vero in quanto la Commissione stessa suppone che alcuni dei raccoglitori mancanti «contenessero della corrispondenza ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17», vale a dire richieste di informazioni della Commissione a varie imprese e loro risposte (253). Tali dichiarazioni di terzi avrebbero potuto contenere dati di fatto sulla questione della posizione dominante sul mercato della Solvay (ad esempio, sulle quote di mercato, sulla forza dei concorrenti della Solvay, e sulla dimensione di un eventuale effetto riequilibratore del potere di mercato dei suoi clienti); in esse avrebbero, inoltre, potuto trovarsi elementi per ritenere o per escludere la sussistenza di una giustificazione economica obiettiva del comportamento sul mercato della Solvay (254).

    300. Sussisteva, pertanto, almeno la possibilità che, se fosse stato correttamente concesso l’accesso al fascicolo, il procedimento amministrativo avrebbe avuto un esito diverso, sia pur solo per quanto riguarda l’ammontare dell’ammenda inflitta.

    301. Conseguentemente, la decisione controversa, già solo a causa dei vizi procedurali emersi in relazione all’accesso al fascicolo (smarrimento di documenti), deve essere integralmente annullata (del tutto irrilevante risulta, pertanto, a questo punto l’ulteriore esame dell’utilità per la difesa della Solvay delle parti del fascicolo consultabili dinanzi al Tribunale).

    2.      Sul diritto al contraddittorio

    302. È altresì incontrovertibile che la Solvay, prima dell’emanazione della decisione controversa nel 2000, non fu nuovamente sentita dalla Commissione, benché una nuova audizione fosse giuridicamente necessaria (255). Questo vizio procedurale si collega strettamente al mancato accesso al fascicolo.

    303. Non si può escludere che il procedimento amministrativo avrebbe avuto un esito diverso se nel 2000 la Commissione avesse concesso all’impresa la possibilità – dopo un corretto accesso al fascicolo – di presentare nuovamente osservazioni sugli addebiti che essa le contestava (256).

    304. Anche per tale motivo la decisione controversa deve essere integralmente annullata.

    3.      Sul diritto ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole

    305. Per quanto riguarda, infine, la durata del procedimento, questa deve essere valutata sulla base di tutte le circostanze del caso di specie (257).

    306. Nel presente caso occorre rilevare che la Commissione, nel periodo compreso tra l’annullamento della sua prima decisione di inflizione dell’ammenda (decisione 91/299) e la prima sentenza della Corte quale giudice dell’impugnazione (258), è rimasta completamente inerte. In tal modo è trascorso inutilizzato un periodo di quattro anni e sette mesi (259).

    307. Questa inerzia della Commissione non può essere giustificata richiamando il ricorso presentato all’epoca da detta istituzione contro l’annullamento della prima decisione di inflizione dell’ammenda. Benché la Commissione sia libera di sfruttare appieno le opportunità processuali a sua disposizione, e di adire, in caso di sua soccombenza in primo grado, la Corte quale giudice dell’impugnazione, ciò, tuttavia, non comporta affatto che la Commissione possa, durante tale procedimento di impugnazione, lasciar sopire il procedimento amministrativo (260).

    308. L’impugnazione non ha effetto sospensivo (art. 60, primo comma, dello Statuto della Corte). A partire dal 29 giugno 1995, giorno della pronuncia della sentenza di primo grado nella causa T‑32/91, la Commissione era pertanto tenuta, ai sensi dell’art. 233, primo comma, CE (ora art. 266, primo comma, TFUE), a prendere i provvedimenti derivanti dalla sentenza di annullamento del Tribunale. Anche il principio di buona amministrazione avrebbe imposto o di puntare senza indugio ad una nuova decisione nel merito, oppure di archiviare il procedimento amministrativo.

    309. Senza alcuno sforzo la Commissione avrebbe potuto riprendere il procedimento amministrativo già dal luglio 1995, anziché attendere fino ad aprile 2000 (261). Nella sua nuova decisione di inflizione dell’ammenda la Commissione avrebbe dovuto semplicemente precisare che tale decisione, in caso di sua vittoria nel procedimento d’impugnazione, sarebbe decaduta.

    310. Ciò considerato, si deve concludere che nel presente caso il procedimento amministrativo, già solo a causa dell’inerzia quasi quinquennale della Commissione dal luglio 1995 all’aprile 2000, era eccessivamente lungo. Come sopra esposto (262), risultano quindi superflui sia un più preciso esame della durata di altre fasi del procedimento, sia una valutazione complessiva della durata del procedimento (263).

    311. S’intende che la violazione, testé accertata, del principio della ragionevole durata del procedimento giustifica l’annullamento della decisione controversa solo nel caso in cui le possibilità di difesa dell’impresa interessata abbiano subito un pregiudizio a causa della durata del procedimento (264). Il relativo onere della prova spetta all’impresa.

    312. La Corte fissa, in linea di massima, requisiti rigorosi per una siffatta prova (265): gli argomenti dell’impresa interessata si devono fondare su elementi di prova convincenti e non devono essere troppo astratti e imprecisi (266). Se, ad esempio – come nella specie – si afferma che le possibilità di difesa sarebbero diminuite a causa delle dimissioni di precedenti dipendenti, allora queste persone devono essere di regola indicate nominativamente, devono essere indicate le loro mansioni nonché la data delle loro dimissioni, sono necessarie precisazioni sulla natura e sull’ampiezza delle informazioni o spiegazioni che avrebbero potuto fornire, e devono essere dimostrate le circostanze che hanno reso impossibile la loro testimonianza (267).

    313. È indubbio che indicazioni così dettagliate non sono state fornite dalla Solvay dinanzi ai giudici dell’Unione nel procedimento giudiziario in corso.

    314. Nel presente caso occorre, tuttavia, considerare che il periodo 1983‑1990, in relazione al quale si imputa alla Solvay l’abuso di posizione dominante, risaliva, alla data di emanazione della seconda decisione di inflizione dell’ammenda a fine 2000, già a 10‑17 anni prima. Quando, infine, nel 2005 la Solvay ottenne l’accesso al fascicolo dinanzi al Tribunale, erano già trascorsi, dal periodo cui si riferiscono le infrazioni accertate dalla Commissione, addirittura 15-22 anni.

    315. È evidente che i ricordi dei dipendenti di un’impresa – e a fortiori dei suoi ex‑dipendenti – si affievoliscono dopo un così lungo periodo. A ciò va aggiunto, nel presente caso, che una parte degli stabilimenti della Solvay, dove veniva prodotto carbonato di sodio (soda), nel frattempo sono stati disattivati (268).

    316. Ciò nonostante, nel procedimento di primo grado la Solvay ha offerto al Tribunale elementi di prova per ricostruire la composizione del suo reparto «carbonato» nel periodo controverso e indicare i nomi del personale direttivo dell’epoca nonché la data delle loro dimissioni.

    317. Di più non ci si poteva ragionevolmente aspettare dalla Solvay nelle particolari circostanze del caso di specie.

    318. In particolare, la ricorrente non può essere penalizzata per non aver indicato dettagliatamente gli episodi e gli elementi di prova sui quali i suoi ex-dipendenti avrebbero dovuto fornire informazioni. A tutt’oggi, infatti, l’impresa non conosce tutte le parti del fascicolo del procedimento che in realtà avrebbero dovuto esserle mostrate (269). Non si può pretendere dalla Solvay di provare se e in che misura i suoi ex‑dipendenti avrebbero potuto fornire informazioni su parti smarrite del fascicolo del procedimento, delle quali è ignoto il contenuto e che non sono mai state consultabili durante il procedimento.

    319. Più in generale, l’asticella dei requisiti necessari per dimostrare il pregiudizio delle possibilità di difesa causato dal decorso del tempo, non può essere alzata così in alto da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile per l’impresa interessata ogni prova.

    320. Considerata la perdita irrimediabile di una parte del fascicolo del procedimento, in cui era forse contenuta corrispondenza della Commissione con terze imprese (270), non può escludersi che gli ex‑dipendenti della Solvay, ove raggiungibili, avrebbero potuto essere d’aiuto all’impresa per la sua difesa. In particolare, non può escludersi che detti dipendenti avrebbero potuto fornire informazioni, che il mero impiego di documentazione scritta non avrebbe fatto emergere.

    321. Tutto ciò considerato, sussistono sufficienti elementi per ritenere che la durata eccessiva del procedimento ha pregiudicato le possibilità di difesa della Solvay rispetto alla Commissione. Già solo per questo motivo la decisione controversa deve essere annullata.

    4.      Conclusione

    322. Già dall’analisi di alcune delle questioni di diritto sollevate dalla ricorrente in primo grado, relative all’accesso al fascicolo, al contraddittorio e alla durata del procedimento, risulta che la decisione controversa della Commissione (decisione 2003/6) deve essere integralmente annullata. Risulta, pertanto, superfluo l’esame degli ulteriori motivi di ricorso proposti dalla Solvay in primo grado.

    V –    Sulla richiesta di riduzione dell’ammenda

    323. Oltre all’annullamento della sentenza impugnata e della decisione controversa (271), la Solvay chiede anche l’annullamento o la riduzione dell’ammenda – inflitta ex novo dal Tribunale – a titolo di compensazione per il grave danno che afferma di aver subito a causa della durata eccezionalmente lunga del procedimento.

    324. In base alla soluzione da me proposta che comporta l’annullamento della sentenza impugnata (272) e della decisione controversa (273), questa separata richiesta della Solvay è destinata a decadere. Nel prosieguo tuttavia, per completezza, la affronto in via subordinata.

    A –    Considerazione preliminare

    325. Dalla giurisprudenza della Corte si possono desumere due diversi percorsi per risolvere il problema dell’eccessiva durata del procedimento: nel caso Baustahlgewebe, in cui all’impresa interessata era stata inflitta un’ammenda in materia di intese, la Corte concesse una riduzione dell’ammenda (274); nel caso Der Grüne Punkt, invece, in cui non era stata inflitta una siffatta ammenda, la Corte poté soltanto prospettare all’impresa interessata la possibilità di presentare ricorso per il risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 268 TFUE in combinato disposto con l’art. 340, secondo comma, TFUE (già art. 235 CE in combinato disposto con l’art. 288, secondo comma, CE) (275).

    326. In udienza la Commissione ha espresso la sua preferenza per la soluzione da ultimo menzionata secondo le indicazioni provenienti dal caso Der Grüne Punkt. Essa ha motivato tale preferenza con la necessità di assicurare un’efficace applicazione del diritto in materia di concorrenza. A suo avviso, una riduzione dell’ammenda pregiudicherebbe l’efficace applicazione delle regole europee in materia di concorrenza.

    327. Questa tesi non è convincente.

    328. Vero è che l’applicazione delle regole europee in materia di concorrenza – regole indispensabili per il funzionamento del mercato interno (276) – costituisce indubbiamente un’aspirazione fondamentale dei Trattati (277). Per raggiungere tale obiettivo sono indispensabili sanzioni efficaci e dissuasive.

    329. D’altro lato, tuttavia, in un procedimento come il procedimento amministrativo in materia di intese, che presenta tratti simili a quello penale (278), le garanzie procedurali basilari devono essere prese in particolare considerazione. Il diritto in materia di concorrenza può essere fatto rispettare solo con strumenti ineccepibili per uno Stato di diritto. Se, quindi, in un procedimento in materia di intese viene violato un diritto fondamentale come quello ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole, allora l’impresa interessata ha diritto a mezzi di ricorso efficaci.

    330. La ricerca di una soluzione per il superamento della durata ragionevole del procedimento si muove, quindi, necessariamente, tra i due poli della necessità di far rispettare le regole in materia di concorrenza, da un lato, e della necessità di mezzi di ricorso efficaci per la violazione di un diritto fondamentale, dall’altro.

    331. Per ragioni di economia processuale e al fine di garantire un rimedio immediato ed effettivo all’impresa interessata, la Corte, là dove è possibile – ossia nei casi con ammende –, dovrebbe seguire anche in futuro la soluzione indicata nella sentenza Baustahlgewebe (279).

    332. In un caso del genere, l’efficace applicazione del diritto in materia di concorrenza è soddisfatta grazie al fatto che l’accertamento dell’infrazione e l’obbligo della sua rimozione da parte dell’impresa interessata rimangono (280). Rispetto agli altri operatori del mercato rimane l’effetto deterrente dell’ammenda originariamente inflitta dalla Commissione e/o dal Tribunale, la cui rispondenza ai fatti non è messa in discussione dalla Corte. Il «metodo Baustahlgewebe» comporta semplicemente una sorta di compensazione dell’ammenda originaria con l’importo stimato equo a titolo di risarcimento per l’eccessiva durata del procedimento (281).

    B –    Riduzione dell’ammenda

    333. La giurisprudenza Baustahlgewebe (282) si basa in definitiva sulla competenza giurisdizionale anche di merito di cui all’art. 261 TFUE, attribuita alla Corte rispetto alle sanzioni in materia di concorrenza ai sensi dell’art. 17 del regolamento n. 17 (283). La Corte può pertanto discrezionalmente sopprimere, ridurre o maggiorare ammende o penalità di mora.

    334. In applicazione della giurisprudenza Baustahlgewebe, occorre prima di tutto valutare la durata del procedimento (v. sub 1), e poi determinare la misura dell’eventuale riduzione dell’ammenda (v. sub 2).

    1.      Sull’eccessiva durata del procedimento amministrativo e giudiziario

    335. Come sopra esposto (284), la ragionevolezza della durata di un procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascuna causa e, in particolare, della rilevanza della lite per l’interessato, della complessità della causa nonché del comportamento del ricorrente e di quello delle autorità competenti.

    336. A tal fine occorre prendere separatamente in esame le singole fasi del procedimento, ma si deve altresì effettuare anche una valutazione complessiva della durata del procedimento, considerando il procedimento amministrativo ed il procedimento giudiziario (285).

    337. Delle singole fasi del procedimento soprattutto due risultano problematiche di fronte al principio della ragionevole durata del procedimento: il periodo di completa inerzia della Commissione durante il primo procedimento di impugnazione (procedimento nelle cause riunite C‑287/95 P e C‑288/95 P), nonché il secondo procedimento dinanzi al Tribunale (procedimento nella causa T‑57/01) (286).

    338. Si è già constatato che i quattro anni e sette mesi di costante inerzia della Commissione dal luglio 1995 all’aprile 2000 – cioè durante il primo procedimento di impugnazione – hanno leso il diritto fondamentale della Solvay di ottenere una decisione entro un termine ragionevole (287). Ai fini del presente procedimento non occorre, pertanto, verificare se nello stesso periodo anche la Corte, quale giudice dell’impugnazione, doveva rispondere di un procedimento eccessivamente lungo a causa di una durata del procedimento di quattro anni e sette mesi.

    339. Per quanto riguarda il secondo procedimento dinanzi al Tribunale (causa T‑57/01), la sua durata di otto anni e nove mesi risulta, già a prima vista, di una lunghezza intollerabile.

    340. Come giustamente rileva la ricorrente, un tempo così lungo di trattazione della causa non può giustificarsi, nel presente caso, richiamando una qualche complessità della stessa: il Tribunale aveva a che fare solo con due parti, non ci fu pressoché bisogno di traduzioni (288), e le questioni di fatto e di diritto sollevate dalle parti del procedimento non presentavano alcuna difficoltà fuori dal comune. Pur essendoci una connessione con il procedimento parallelamente pendente nella causa T‑58/01, l’identità di numerosi motivi di ricorso nelle due cause avrebbe potuto consentire sinergie nella loro trattazione, accelerando, anziché ritardando, il procedimento.

    341. Sicuramente buona parte del ritardo del procedimento si spiega con la necessità di consentire alla Solvay, durante il procedimento giudiziario, l’accesso al fascicolo del procedimento amministrativo (289). Che, tuttavia, a tal fine fosse necessario un anno e mezzo – e addirittura due anni, se si contano anche le osservazioni prodotte dalle parti (290) – è assolutamente inaccettabile. Questa perdita di tempo non può ricadere in danno della Solvay. Il Tribunale avrebbe dovuto eventualmente fissare termini precisi alla Commissione e trarre le necessarie conseguenze dall’eventuale inosservanza di tali termini.

    342. È peraltro possibile individuare anche alcuni periodi di protratta inerzia del Tribunale nel procedimento di primo grado. Si possono segnalare, ad esempio, i ventinove mesi trascorsi tra le osservazioni della Commissione sull’utilità di determinati documenti per la difesa della Solvay e l’apertura della fase orale del procedimento (291). Possono essere altresì menzionati i quasi diciotto mesi trascorsi tra l’udienza del 26 giugno 2008 e la pronuncia della sentenza impugnata il 17 dicembre 2009 (292).

    343. È evidente che i problemi di organizzazione interna del Tribunale, ad esempio quelli legati al rinnovo periodico o all’impedimento dei giudici, non devono ricadere in danno delle parti (293).

    344. Alla luce di tali elementi risulta che nel presente caso sia il procedimento amministrativo che quello giudiziario hanno avuto una lunghezza eccessiva.

    345. Tale impressione trova conferma qualora si consideri la durata, nel presente caso, di tutte le fasi del procedimento amministrativo e di quello giudiziario nel loro complesso:

    –        quale data di inizio per il calcolo della durata del procedimento occorre prendere in considerazione, in conformità alla giurisprudenza della Corte eur. D.U. sull’art. 6, n. 1, della CEDU, il giorno in cui la Solvay si è trovata per la prima volta esposta a provvedimenti, presi in ragione degli indizi a suo carico, che hanno avuto ripercussioni importanti sulla sua situazione (294). Quella data, nel presente caso, si colloca molto prima della comunicazione degli addebiti (che sarebbe equiparabile ad un’«accusa» formale): essa risale già al giorno in cui la Commissione nell’aprile 1989 effettuò la sua indagine presso la Solvay (295);

    –        durante tutto questo tempo il procedimento non è mai stato archiviato;

    –        quale prevedibile data finale dovrà essere computato il giorno in cui sarà pronunciata la sentenza della Corte nel presente procedimento di impugnazione (296).

    346. Fino ad oggi, pertanto, la durata complessiva del procedimento ammonta già a ventidue anni. Non occorre verificare se una durata così lunga di un procedimento possa mai essere giustificata. In ogni caso una tale giustificazione richiederebbe la presenza di circostanze eccezionali, come ad esempio una particolare complessità delle questioni di fatto e di diritto da affrontare, nonché una grave corresponsabilità dell’impresa interessata per determinati ritardi del procedimento. Nulla del genere può essere qui ravvisato.

    347. In via meramente incidentale si noti che per giustificare la durata complessiva del procedimento non basta il solo fatto che la prescrizione dell’azione non è ancora intervenuta (297). Il termine di prescrizione, infatti, fornisce solo gli estremi limiti temporali entro cui si possono assumere misure di inflizione di un’ammenda per le infrazioni contro le regole europee in materia di concorrenza. All’interno del termine di prescrizione il principio della ragionevole durata del procedimento impone di effettuare le indagini e assumere le decisioni celermente, evitando ingiustificati periodi di inerzia. Le imprese interessate, infatti, si trovano, finché il procedimento è in corso, sotto una forte pressione e devono fare per tutto il tempo i conti con l’incertezza relativa a quando e con quale esito finirà il procedimento a loro carico. In questa situazione il principio della ragionevole durata del procedimento assicura loro una tutela rafforzata, che va oltre quella assicurata dalla prescrizione dell’azione (298).

    348. Tutto ciò considerato, la mia conclusione è nel senso della violazione del diritto fondamentale della Solvay di ottenere una decisione entro un termine ragionevole.

    349. In applicazione della giurisprudenza Baustahlgewebe (299), la sentenza impugnata dovrebbe, pertanto, essere annullata a causa dell’eccessiva durata del procedimento, per lo meno nella parte in cui l’ammontare dell’ammenda viene fissato a EUR 19 milioni.

    2.      Sulla misura della riduzione dell’ammenda da praticare

    350. In risposta ad una questione ad esse posta in udienza, le parti hanno espresso opinioni profondamente divergenti circa la misura dell’eventuale riduzione dell’ammenda da praticare nel presente caso. Mentre la Solvay, in considerazione della durata del procedimento, vorrebbe una riduzione dell’ammenda così ampia da conferire alla sanzione un mero valore simbolico, la Commissione si colloca su una posizione diametralmente opposta: a suo avviso simbolica dovrebbe essere non già l’ammenda, bensì la sua riduzione.

    351. Nella causa Baustahlgewebe – finora unico precedente disponibile – la riduzione dell’ammenda praticata dalla Corte assunse dimensioni meramente marginali: un’ammenda fissata dal Tribunale a ECU 3 milioni fu ridotta dell’importo di ECU 50 000 (300); ciò equivale ad una riduzione solo dell’1,67%.

    352. Dubito che una riduzione così modesta dell’ammenda sia ancor oggi adeguata alla luce dei precetti della CEDU. In base alla giurisprudenza della Corte eur. D.U. sull’art. 6, n. 1, della CEDU, di cui occorre tener conto anche nel diritto dell’Unione in forza dell’art. 52, n. 3, prima frase, della Carta dei diritti fondamentali, ai fini della riparazione risulta decisiva la misura in cui è stata superata la ragionevole durata del procedimento (301).

    353. Nel presente caso, sia singole fasi del procedimento amministrativo e di quello giudiziario, che tutte le fasi del procedimento considerate nel loro insieme rivelano un notevole superamento della ragionevole durata del procedimento: un’inerzia di ben quattro anni e sette mesi nel procedimento amministrativo (302), un procedimento giudiziario di primo grado di otto anni e nove mesi (303), e una durata complessiva del procedimento di ventidue anni fino ad oggi (304) si collocano – in assenza di circostanze eccezionali – al di là di qualsiasi soglia immaginabile di ragionevole durata del procedimento.

    354. In questa situazione una riduzione relativamente modesta dell’ammenda, quale la Corte ha praticato nella sentenza Baustahlgewebe e quale la Commissione sembra avere in mente anche nel presente caso, non sarebbe in nessun caso adeguata.

    355. La violazione di un diritto fondamentale dovuta ad un procedimento eccessivamente lungo esige una sanzione efficace. A tal proposito occorre tener conto, da un lato, della gravità dell’infrazione commessa dall’impresa interessata e, dall’altro, della gravità della violazione del diritto fondamentale derivante dalla durata eccessiva del procedimento (305).

    356. Nel presente caso sussiste una grave violazione del diritto fondamentale ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole. Ciò giustifica una sensibile riduzione dell’ammenda. Al contempo, tuttavia, occorre considerare che le pratiche commerciali della Solvay costituivano, in base agli accertamenti della Commissione, «violazioni di estrema gravità» di una delle disposizioni fondamentali del mercato interno (art. 82 CE) (306). Bilanciando tutte le circostanze del caso di specie, riterrei pertanto adeguata una riduzione dell’ammenda del 50%. Quale punto di partenza per tali calcoli occorrerebbe assumere la misura dell’ammenda determinata dal Tribunale.

    357. Qualora, quindi, la Corte non dovesse annullare integralmente la sentenza impugnata e annullare la decisione controversa (307), propongo perlomeno di ridurre del 50% l’ammenda di EUR 19 milioni.

    VI – Sulle spese

    358. Ai sensi dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

    359. Dall’art. 69, n. 2, in combinato disposto con l’art. 118 del regolamento di procedura della Corte, risulta che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Solvay ha chiesto la condanna della Commissione alle spese sia del procedimento d’impugnazione che del procedimento di primo grado, e la Commissione è rimasta soccombente in entrambi i gradi di giudizio, quest’ultima deve essere condannata alle spese del procedimento in entrambi i gradi.

    VII – Conclusione

    360. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di statuire come segue:

    1)      la sentenza del Tribunale 17 dicembre 2009, causa T‑57/01, Solvay/Commissione, è annullata;

    2)      la decisione della Commissione 13 dicembre 2000, 2003/6/CE, è annullata;

    3)      la Commissione è condannata alle spese di entrambi i gradi di giudizio.


    1 – Lingua originale: il tedesco.


    2 – Il carbonato di sodio è utilizzato per la produzione del vetro (soda densa), nell’industria chimica e nella metallurgia (soda leggera). Occorre distinguere tra la soda naturale (soda densa) e la soda sintetica (soda densa o leggera). La soda naturale si ottiene dalla macinazione, purificazione e calcinazione di un minerale. La soda sintetica si ottiene tramite reazione tra cloruro di sodio e calcare mediante il «procedimento ammoniaca-soda» inventato dai fratelli Solvay nel 1863.


    3 – Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («CEDU», sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950).


    4 – L’atto di ricorso della Solvay alla Corte eur. D.U. riporta la data del 26 febbraio 2010 ed è allegato all’atto di impugnazione di detta impresa nel presente procedimento.


    5 – Sul punto, nonché su quanto si dirà in seguito, v. punti 19‑59 della sentenza impugnata.


    6 – Regolamento (CEE) del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17: Primo regolamento d’applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204).


    7 – La Solvay SA (già Solvay et Cie SA) è una società per azioni di diritto belga che opera nel settore dell’industria farmaceutica, chimica, della plastica e della trasformazione. Oltre alla Solvay gli accertamenti interessarono anche le imprese AKZO, Chemische Fabrik Kalk (CFK), Imperial Chemical Industries (ICI), Matthes & Weber e Rhône Poulenc. Tali accertamenti furono effettuati sulla base della decisione di accertamento della Commissione 5 aprile 1989, riportata per estratto al punto 19 della sentenza impugnata.


    8 – Per quanto riguarda la partecipazione, accertata dalla Commissione, della Solvay ad un’intesa, rinvio alle mie conclusioni, presentate in data odierna nel parallelo procedimento pendente dinanzi alla Corte, causa C‑110/10 P, Solvay/Commissione.


    9 – Decisione della Commissione 19 dicembre 1990, 91/299/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 86 del Trattato CEE (IV/33.133-C: Carbonato di sodio – Solvay; GU 1991, L 152, pag. 21). Questa decisione è solo una delle quattro decisioni che la Commissione indirizzò quel giorno alle imprese operanti sul mercato del carbonato di sodio. Delle altre decisioni una è rivolta contro la Solvay e la ICI [decisione della Commissione 19 dicembre 1990, 91/297/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 85 del Trattato CEE (IV/33.133‑A: Carbonato di sodio – Solvay, ICI; GU 1991, L 152, pag. 1)]; una contro la Solvay e la CFK [decisione della Commissione 19 dicembre 1990, 91/298/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 85 del Trattato CEE (IV/33.133-B: Carbonato di sodio – Solvay, CFK; GU 1991, L 152, pag. 16)]; infine, una contro la ICI [decisione della Commissione 19 dicembre 1990, 91/300/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 86 del Trattato CEE (IV/33.133-D: Carbonato di sodio – ICI; GU 1991, L 152, pag. 40)].


    10 – Pari, all’epoca, a ECU 20 milioni.


    11 – Sentenza del Tribunale 29 giugno 1995, causa T‑32/91, Solvay/Commissione (Racc. pag. II‑1825), confermata dalla sentenza della Corte 6 aprile 2000, cause riunite C‑287/95 P e C‑288/95 P, Commissione/Solvay (Racc. pag. I‑2391).


    12 – Punto 455 della sentenza impugnata.


    13 – Decisione della Commissione 13 dicembre 2000, 2003/6/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 82 del trattato CE (COMP/33.133-C: Carbonato di sodio – Solvay; GU 2003, L 10, pag. 10; in prosieguo anche: la «decisione controversa»). Lo stesso giorno fu emanata la decisione della Commissione 13 dicembre 2000, 2003/5/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 81 del trattato CE (COMP/33.133-B: Carbonato di sodio – Solvay, CFK; GU 2003, L 10, pag. 1), che sta sullo sfondo del parallelo procedimento di impugnazione pendente dinanzi alla Corte, relativo alla causa C‑110/10 P, Solvay/Commissione.


    14 – Sentenza del Tribunale 17 dicembre 2009, causa T‑57/01, Solvay/Commissione (Racc. pag. II‑4621). Lo stesso giorno è stata emessa anche la sentenza del Tribunale nel parallelo procedimento relativo alla causa T‑58/01, Solvay/Commissione (Racc. pag. II-4781); quest’ultima sentenza costituisce oggetto del procedimento di impugnazione parimenti pendente dinanzi alla Corte, relativo alla causa C‑110/10 P, Solvay/Commissione.


    15 – In prosieguo anche: la «ricorrente».


    16 – Regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1). Questo regolamento è entrato in vigore, ai sensi dell’art. 45, n. 2, dello stesso, il 1° maggio 2004.


    17 – Poiché la decisione controversa è stata emanata nel dicembre 2000, ad essa si applica il Trattato CE nella versione del Trattato di Amsterdam (sottoscritto il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999).


    18 – GU 2009, C 45, pag. 7.


    19 – V. sul punto le mie conclusioni presentate il 23 marzo 2006 nella causa C‑95/04 P, British Airways/Commissione («British Airways»; Racc. pag. I‑2331, paragrafo 28).


    20 – Punto 136 della decisione controversa, riportato al punto 251 della sentenza impugnata.


    21 – V., in proposito, i rinvii contenuti al punto 253 della sentenza impugnata.


    22 – Sentenze 14 maggio 1998, causa C-259/96 P, Consiglio/de Nil e Impens (Racc. pag. I‑2915, punti 32 e 33); 17 maggio 2001, causa C-449/98 P, IECC/Commissione (Racc. pag. I‑3875, punto 70); 2 aprile 2009, causa C-202/07 P, France Télécom/Commissione (Racc. pag. I‑2369, punto 29), nonché sentenza 14 ottobre 2010, causa C-280/08 P, Deutsche Telekom/Commissione (Racc. pag. I‑9555, punto 136).


    23 – Punto 251 della sentenza impugnata.


    24 – Punti 252 e 253 della sentenza impugnata.


    25 – Punto 254, prima frase, della sentenza impugnata.


    26 – Sentenze 7 giugno 2007, causa C‑362/05 P, Wunenburger/Commissione (Racc. pag. I‑4333, punto 80), e 20 maggio 2010, causa C‑583/08 P, Gogos/Commissione (Racc. pag. I‑4469, punto 35).


    27 – In argomento, v. di nuovo punto 136 della decisione controversa, e punto 251 della sentenza impugnata.


    28 – Ciò risulta, in particolare, dal punto 259 della sentenza impugnata.


    29 – Sentenze 18 marzo 1993, causa C‑35/92 P, Parlamento/Frederiksen (Racc. pag. I‑991, punto 31); 25 gennaio 2007, cause riunite C‑403/04 P e C‑405/04 P, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione («Sumitomo»; Racc. pag. I‑729, punto 106); 2 aprile 2009, causa C‑431/07 P, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (Racc. pag. I‑2665, punti 148 e 152), nonché sentenza Deutsche Telekom/Commissione, cit. alla nota 22 (punto 108).


    30 – Sentenze 9 settembre 2008, cause riunite C‑120/06 P e C‑121/06 P, FIAMM e a./Consiglio e Commissione (Racc. pag. I‑6513, punto 96); 16 luglio 2009, causa C‑440/07 P, Commissione/Schneider Electric (Racc. pag. I‑6413, punto 135); Gogos/Commissione, cit. alla nota 26 (punto 30), nonché sentenza 16 dicembre 2010, causa C‑480/09 P, AceaElectrabel Produzione/Commissione (Racc. pag. I‑13355, punto 77).


    31 – Sentenza 25 ottobre 2007, causa C‑167/06 P, Komninou e a./Commissione (Racc. pag. I‑00141, pubblicazione sommaria, punto 22).


    32 – Punto 258 della sentenza impugnata.


    33 – Punto 259 della sentenza impugnata.


    34 – V. sul punto paragrafi 24‑37 delle presenti conclusioni.


    35 – Sentenze 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione («Aalborg Portland»; Racc. pag. I‑123, punto 50); Komninou e a./Commissione, cit. alla nota 31 (punto 41), nonché sentenza 17 giugno 2010, causa C‑413/08 P, Lafarge/Commissione (Racc. pag. I‑5361, punto 16).


    36 – A rigore, si tratta dell’ambito di applicazione spaziale del Trattato CE(E).


    37 – Punto 283 della sentenza impugnata.


    38 – V. supra, paragrafi 24‑30 e 38 delle presenti conclusioni.


    39 – Punto 276 della sentenza impugnata, ove si richiama la sentenza 14 febbraio 1978, causa 27/76, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione («United Brands»; Racc. pag. 207, punto 66).


    40 – Punto 277 della sentenza impugnata, ove si richiama la sentenza 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione («Hoffmann-La Roche»; Racc. pag. 461, punto 41).


    41 – Punto 279 della sentenza impugnata, ove si richiama la sentenza 3 luglio 1991, causa C‑62/86, AKZO/Commissione (Racc. pag. I‑3359, punto 60).


    42 – Punti 286-304 della sentenza impugnata.


    43 – Sentenza Gogos/Commissione, cit. alla nota 26 (punto 29); nello stesso senso, in precedenza, sentenze 1° ottobre 1991, causa C‑283/90 P, Vidrányi/Commissione (Racc. pag. I‑4339, punto 29), e 17 dicembre 1992, causa C‑68/91 P, Moritz/Commissione (Racc. pag. I‑6849, punti 37‑39).


    44 – Paragrafi 35 e 36 delle presenti conclusioni.


    45 – Sentenze Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punti 47‑49); Wunenburger/Commissione, cit. alla nota 26 (punto 66); Sumitomo, cit. alla nota 29 (punto 38), nonché sentenza Commissione/Schneider Electric, cit. alla nota 30 (punto 103).


    46 – Punti 286-304 della sentenza impugnata.


    47 – V. sul punto la giurisprudenza cit. supra, alla nota 30 delle presenti conclusioni.


    48 – V. supra, paragrafo 30 e nota 26 delle presenti conclusioni.


    49 – Il Tribunale esamina in particolare la «possibilità di una sostituzione del carbonato di sodio con la soda caustica e il vetro triturato» (punti 295‑298 della sentenza impugnata).


    50 – Punti 299-303 della sentenza impugnata, dedicati alla «pressione concorrenziale esercitata dai clienti».


    51 – V. sul punto la giurisprudenza cit. supra, alla nota 45.


    52 – Sentenze 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France (Racc. pag. I‑1719, punto 63); 10 luglio 2008, causa C‑413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala («Impala»; Racc. pag. I‑4951, punto 166), nonché sentenza Deutsche Telekom/Commissione, cit. alla nota 22 (punto 130).


    53 – Sentenze 25 ottobre 2005, cause riunite C‑465/02 e C‑466/02, Germania e Danimarca/Commissione («Feta»; Racc. pag. I‑9115, punto 106), e Impala, cit. alla nota 52 (punto 167).


    54 – Spesso nell’argomentazione relativa al settimo motivo di ricorso si trovano formule del tipo «l’arrêt attaqué ne motive pas régulièrement sa décision et viole de surcroît l’article 102 TFUE».


    55 – Punti 161-165 della decisione controversa, e punto 48 della sentenza impugnata.


    56 – V., in particolare, punti 354, 355 e 358 della sentenza impugnata.


    57 – V. in proposito supra, paragrafo 30 delle presenti conclusioni, nonché la giurisprudenza cit. alla nota 26.


    58 – Nello stesso senso, v. sentenza Deutsche Telekom/Commissione, cit. alla nota 22 (punti 77, 155 e 195), in cui la Corte ha ritenuto ricevibili varie censure con cui si lamentava che il Tribunale nella sentenza di primo grado si sarebbe basato su criteri giuridicamente erronei; v. altresì sentenze Sumitomo, cit. alla nota 29 (punto 40); Impala, cit. alla nota 52 (punto 117), nonché sentenza 16 dicembre 2008, causa C‑47/07 P, Masdar (UK)/Commissione (Racc. pag. I‑9761, punto 77).


    59 – Cit. supra, alla nota 40.


    60 – Sentenza 9 novembre 1983, causa 322/81, Nederlandsche Banden‑Industrie‑Michelin/Commissione («Michelin I»; Racc. pag. 3461).


    61 – Sentenza 15 marzo 2007, causa C‑95/04 P, British Airways/Commissione («British Airways»; Racc. pag. I‑2331).


    62 – Sentenza British Airways, cit. alla nota 61 (punto 64).


    63 – Sentenze Michelin I, cit. alla nota 60 (punto 73), e British Airways, cit. alla nota 61 (punto 67).


    64 – Sentenza British Airways, cit. alla nota 61 (punto 68); nello stesso senso, in precedenza, sentenza Michelin I, cit. alla nota 60 (punto 73).


    65 – Sentenza British Airways, cit. alla nota 61 (punti 69 e 84-86); in generale, sul criterio della giustificazione economica obiettiva del comportamento sul mercato dell’impresa in posizione dominante, v. sentenze United Brands, cit. alla nota 39 (punto 184); 16 settembre 2008, cause riunite da C‑468/06 a C‑478/06, Sot. Lélos kai Sia (Racc. pag. I‑7139, punto 39); 11 dicembre 2008, causa C‑52/07, Kanal 5 e TV 4 (Racc. pag. I‑9275, punto 47), nonché sentenza 17 febbraio 2011, causa C‑52/09, TeliaSonera Sverige (Racc. pag. I‑527, punti 31 e 75).


    66 – Sentenza Michelin I, cit. alla nota 60 (in particolare punto 72); v. anche sentenza British Airways, cit. alla nota 61 (punto 65).


    67 – Sentenza British Airways, cit. alla nota 61 (punti 3‑9).


    68 – Nella sentenza impugnata (punti 349 e 352) ci si limita ad accertare che lo sconto «gruppo» dell’1,5% vale per l’«insieme degli acquisti di carbonato di sodio di Saint-Gobain da Solvay in Europa». Ciò, tuttavia, non significa necessariamente che la Saint-Gobain copra il suo intero fabbisogno di carbonato di sodio in Europa rifornendosi esclusivamente o quasi esclusivamente dalla Solvay.


    69 – Sentenza British Airways, cit. alla nota 61 (in particolare punti 67, 69 e 84‑86).


    70 – Punti 349, 352 e 354 della sentenza impugnata.


    71 – Sentenza British Airways, cit. alla nota 61 (punto 73).


    72 – Sentenza British Airways, cit. alla nota 61 (punto 75).


    73 – V. sentenza British Airways, cit. alla nota 61 (punto 9), secondo cui ogni agenzia di viaggi nel Regno Unito per la vendita di biglietti BA relativi a voli interni poteva ottenere, oltre alla normale commissione di base, una commissione supplementare che ammontava «fino all’1%».


    74 – Punto 346 della sentenza impugnata.


    75 – Punto 357 della sentenza impugnata.


    76 – Il Tribunale sottolinea al punto 357 della sentenza impugnata che detto argomento «non si riferisce ad una circostanza eccezionale che giustifichi il comportamento qualificato come abuso di posizione dominante».


    77 – Sentenze Hoffmann-La Roche, cit. alla nota 40 (punto 89); AKZO/Commissione, cit. alla nota 41 (punto 149), nonché sentenza 27 aprile 1994, causa C‑393/92, Almelo (Racc. pag. I‑1477, punto 44), e ordinanza 28 settembre 2006, causa C‑552/03 P, Unilever Bestfoods/Commissione (Racc. pag. I‑9091, punto 129, ultima frase).


    78 – V., in proposito, il punto 84 della decisione controversa, citato dalla stessa Solvay, secondo cui la «Saint‑Gobain (con il manifesto disaccordo [della] Solvay) approfittava della sua presenza in numerosi paesi per esercitare una pressione verso il basso sulla differenziazione dei prezzi praticati da[lla] Solvay».


    79 – V., in particolare, punto 397 della sentenza impugnata.


    80 – Sentenze 18 gennaio 2007, causa C‑229/05 P, PKK e KNK/Consiglio (Racc. pag. I‑439, punto 37); 22 novembre 2007, causa C‑260/05 P, Sniace/Commissione (Racc. pag. I‑10005, punto 37), nonché sentenza Lafarge/Commissione, cit. alla nota 35 (punto 17).


    81 – Punti 329 e 330 dell’atto di impugnazione.


    82 – Solvay rinvia ai punti 375 e 387 della propria controreplica di primo grado.


    83 – Alla problematica della discriminazione erano dedicati i punti 464-474 della controreplica di primo grado, i quali, tuttavia, a loro volta non contenevano considerazioni riferite specificamente alla Francia.


    84 – Punto 180 della decisione controversa.


    85 – Il Tribunale, in ogni caso, in relazione alla problematica della discriminazione fa un inequivoco riferimento all’art. 82, secondo comma, lett. c), CE (v. punto 396 della sentenza impugnata).


    86 – Sentenze PKK e KNK/Consiglio, cit. alla nota 80 (punti 64 e 66), e 11 dicembre 2008, causa C‑295/07 P, Commissione/Département du Loiret (Racc. pag. I-9363, punto 99); nello stesso senso, sentenza 10 settembre 2009, causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione (Racc. pag. I‑8237, punti 38 e 39; v. anche paragrafo 28 delle mie conclusioni, presentate in detta causa il 23 aprile 2009).


    87 – Punto 393, ultima frase, della sentenza impugnata.


    88 – V. sul punto supra, paragrafo 73 delle presenti conclusioni e la giurisprudenza cit. alla nota 58.


    89 – V. sul punto le mie conclusioni nella causa British Airways, cit. alla nota 19 (paragrafo 124).


    90 – Sentenze British Airways, cit. alla nota 61 (punto 144), e Kanal 5 e TV 4, cit. alla nota 65 (punto 44); nello stesso senso, in precedenza, sentenze 16 dicembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione (Racc. pag. 1663, punti 523 e 524), e United Brands, cit. alla nota 39 (punti 232‑234).


    91 – Sentenza British Airways, cit. alla nota 61 (punto 143).


    92 – Sentenza British Airways, cit. alla nota 61 (punto 145).


    93 – Sentenza Hoffmann-La Roche, cit. alla nota 40 (punto 90).


    94 – Sentenza Michelin I, cit. alla nota 60 (punto 85); in questa sentenza fu negata la stessa discriminazione, sicché non si pose il problema dello svantaggio per la concorrenza.


    95 – All’epoca, art. 86, secondo comma, lett. c), del Trattato CEE.


    96 – Sentenza 29 marzo 2001, causa C‑163/99, Portogallo/Commissione (Racc. pag. I‑2613, punto 52).


    97 – Sul parametro per valutare l’eventuale snaturamento degli argomenti presentati dalle parti, v. supra, paragrafo 94 delle presenti conclusioni.


    98 – Tali considerazioni sono riassunte al punto 394 della sentenza impugnata.


    99 – V., sul punto, la giurisprudenza cit. supra, alla nota 22.


    100 – Regolamento (CE) della Commissione 10 aprile 1995, n. 823, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di carbonato di disodio originario degli Stati Uniti d’America (GU L 83, pag. 8).


    101 – Nel sessantaduesimo ‘considerando’ del regolamento n. 823/95 si afferma «che il costo del carbonato di sodio (carica dopo la rimessa in ciclo) rappresenta al massimo l’8% del prezzo di una tonnellata di vetro».


    102 – Ad una distorsione della concorrenza tra le controparti commerciali dell’impresa in posizione dominante non si giunge necessariamente solo quando sono coinvolti i principali parametri della concorrenza tra di esse. Anche vantaggi relativi a fattori minori di costo possono senz’altro procurare vantaggi per la concorrenza ad un cliente dell’impresa in posizione dominante rispetto ad altri clienti della stessa impresa. In particolare, l’art. 82, secondo comma, lett. c), CE [art. 102, secondo comma, lett. c), TFUE] non richiede un grave svantaggio per la concorrenza. Una siffatta interpretazione restrittiva di questa disposizione comporterebbe un evidente indebolimento dell’efficacia prescrittiva delle regole del diritto dell’Unione in materia di concorrenza. Ciò sarebbe incompatibile con il fondamentale obiettivo di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza.


    103 – Ordinanza 26 aprile 1993, causa C-244/92 P, Kupka-Floridi/WSA (Racc. pag. I‑2041, punto 10); sentenze 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione (Racc. pag. I‑5291, punto 35), e France Télécom/Commissione, cit. alla nota 22 (punto 69).


    104 – Sentenze 23 marzo 2004, causa C-234/02 P, Mediatore europeo/Lamberts (Racc. pag. I‑2803, punto 75); Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione, cit. alla nota 29 (punto 112); 21 settembre 2010, cause riunite C-514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, Svezia/API e Commissione (Racc. pag. I‑8533, punto 116), nonché sentenza Deutsche Telekom/Commissione, cit. alla nota 22 (punto 25).


    105 – Sentenze 17 ottobre 1989, causa 85/87, Dow Benelux/Commissione («Dow Benelux»; Racc. pag. 3137, punto 18), e 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione («PVC II»; Racc. pag. I‑8375, punto 299).


    106 – Sentenze Dow Benelux, cit. alla nota 105 (punto 18); PVC II, cit. alla nota 105 (punto 300), nonché sentenza 22 ottobre 2002, causa C‑94/00, Roquette Frères (Racc. pag. I‑9011, punto 48).


    107 – In questo senso, sentenza Dow Benelux, cit. alla nota 105 (punto 17).


    108 – Sentenza 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione («Hoechst»; Racc. pag. 2859, punto 41); v. anche sentenza Roquette Frères, cit. alla nota 106 (punto 47).


    109 – V. punto 220 della sentenza impugnata.


    110 – Punto 222 della sentenza impugnata.


    111 – Sentenza Hoechst, cit. alla nota 108 (punto 41, ultima parte).


    112 – Conclusioni presentate dall’avvocato generale Mischo il 21 febbraio 1989 nella causa Hoechst, cit. alla nota 108 (paragrafo 206).


    113 – Sentenza Hoechst, cit. alla nota 108 (punto 41, penultima parte).


    114 – La Commissione richiama in proposito la sentenza 23 ottobre 2003, causa T‑65/98, Van den Bergh Foods/Commissione (Racc. pag. II‑4653), confermata dall’ordinanza Unilever Bestfoods/Commissione, cit. alla nota 77.


    115 – V., in relazione alla situazione normativa vigente all’epoca dell’emanazione della decisione controversa, art. 3, n. 1, lett. g), CE. Lo stesso può oggi desumersi dal protocollo n. 27 sul mercato interno e sulla concorrenza, allegato ai Trattati (GU 2008, C 115, pag. 309; GU 2010, C 83, pag. 309), come di recente ha confermato la Corte in relazione all’art. 102 TFUE (sentenza TeliaSonera Sverige, cit. alla nota 65, punti 20‑22). V. pure art. 119, n. 1, TFUE (già art. 4 CE), secondo cui gli Stati membri e l’Unione sono vincolati al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza.


    116 – In questo senso anche l’avvocato generale Mischo nelle sue conclusioni nella causa Hoechst, cit. alla nota 108 (paragrafo 174).


    117 – In questo senso anche l’avvocato generale Mischo nelle sue conclusioni nella causa Hoechst, cit. alla nota 108 (paragrafo 176).


    118 – V., in particolare, punto 228 della sentenza impugnata.


    119 – A qualcosa di simile si fa cenno anche alla fine delle osservazioni della Solvay sulla prima parte del secondo motivo di ricorso.


    120 – Punto 225 («comportamenti») e punto 226 («fatti») della sentenza impugnata.


    121 – V., in argomento, anche i paragrafi 139 e 143 delle presenti conclusioni.


    122 – Punti 223 e 224 della sentenza impugnata.


    123 – Punto 226 della sentenza impugnata.


    124 – Sentenza 14 settembre 2010, causa C‑550/07 P, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione e a. (Racc. pag. I‑8301, punto 92); v. anche sentenze 2 ottobre 2003, causa C‑194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione («Thyssen Stahl»; Racc. pag. I‑10821, punto 30), e 3 settembre 2009, cause riunite C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Papierfabrik August Koehler/Commissione (Racc. pag. I‑7191, punto 34).


    125 – La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è stata solennemente proclamata prima il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU 2000, C 364, pag. 1), e successivamente il 12 dicembre 2007 a Strasburgo (GU 2007, C 303, pag. 1, e GU 2010, C 83, pag. 389).


    126 – Punti 24 e 27 della sentenza impugnata.


    127 – Punti 24, 450 e 451 della sentenza impugnata.


    128 – Punto 451 della sentenza impugnata.


    129 – Punto 43 della sentenza impugnata, e punto 199 della decisione controversa.


    130 – Punti 455 e 456 della sentenza impugnata.


    131 – Punti 57-65 della sentenza impugnata.


    132 – Punti 67 e 68 della sentenza impugnata.


    133 – Punti 65, 66 e 462 della sentenza impugnata.


    134 – Punti 66, 454 e 464 della sentenza impugnata.


    135 – Sentenze Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 68), e 1° luglio 2010, causa C‑407/08 P, Knauf Gips («Knauf Gips»; Racc. pag. I‑6375, punto 22).


    136 – Tale vizio procedurale è preso in esame anche dal Tribunale ai punti 453‑456 della sentenza impugnata.


    137 – V., in proposito, l’art. 41, n. 2, lett. b), della Carta dei diritti fondamentali.


    138 – Sentenze 8 luglio 1999, causa C‑51/92 P, Hercules Chemicals/Commissione («Hercules»; Racc. pag. I‑4235, punto 78); 2 ottobre 2003, causa C‑199/99 P, Corus UK/Commissione («Corus UK»; Racc. pag. I‑11177, punto 128); PVC II, cit. alla nota 105 (punto 318), nonché sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 104); v. anche sentenze del Tribunale 29 giugno 1995, causa T‑30/91, Solvay/Commissione (Racc. pag. II‑1775, punto 98), e 29 giugno 1995, causa T‑36/91, ICI/Commissione (Racc. pag. II‑1847, punto 108).


    139 – Sentenze Hercules, cit. alla nota 138 (punto 77); Corus UK, cit. alla nota 138 (punto 127), nonché sentenza PVC II, cit. alla nota 105 (punti 317, 322 e 323).


    140 – Art. 6, n. 2, TUE, nella versione del Trattato di Lisbona.


    141 – V., tra le tante, sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 64); nello stesso senso, sentenze 28 marzo 2000, causa C‑7/98, Krombach (Racc. pag. I‑1935, punti 25 e 26); 14 febbraio 2008, causa C‑450/06, Varec (Racc. pag. I‑581, punti 44 e 46), nonché sentenza 23 dicembre 2009, causa C‑45/08, Spector Photo Group e Van Raemdonck (Racc. pag. I‑12073, punto 43).


    142 – Una siffatta richiesta sarebbe, in effetti, irricevibile (v. sentenze PVC II, cit. alla nota 105, punti 330 e 331, e Aalborg Portland, cit. alla nota 35, punto 77 in combinato disposto con il punto 76).


    143 – Sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 125); per ulteriori considerazioni, v. supra, paragrafo 73 delle presenti conclusioni, e giurisprudenza cit. alla nota 58.


    144 – Punto 446 della sentenza impugnata.


    145 – Anche la Corte ha già esaminato, in alcuni casi, le questioni di diritto sostanziale prima delle dedotte censure di diritto processuale; v., ad esempio, sentenze Corus UK, cit. alla nota 138 (punti 72-114 e 115‑138), e 18 settembre 2003, causa C‑338/00 P, Volkswagen/Commissione (Racc. pag. I‑9189, punti 38-105 e 106‑117).


    146 – V. infra, paragrafi 197‑200 delle presenti conclusioni.


    147 – Sentenze Hercules, cit. alla nota 138 (punto 76); Corus UK, cit. alla nota 138 (punto 126); PVC II, cit. alla nota 105 (punto 315), nonché sentenza 10 maggio 2007, causa C‑328/05 P, SGL Carbon/Commissione (Racc. pag. I‑3921, punto 55).


    148 – Sentenze Hercules, cit. alla nota 138 (punto 75); Corus UK, cit. alla nota 138 (punto 125), nonché sentenza PVC II, cit. alla nota 105 (punto 315).


    149 – Sentenze Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 74), e Knauf Gips, cit. alla nota 135 (punto 23).


    150 – Sentenze PVC II, cit. alla nota 105 (punti 318 e 324); Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 75), nonché sentenza Knauf Gips, cit. alla nota 135 (punto 23).


    151 – Sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 75); v. anche sentenza Knauf Gips, cit. alla nota 135 (punto 23, nonché punto 28 alla fine, ove si dà rilievo alla circostanza che la Commissione ha già preso in esame determinati argomenti nella decisione controversa).


    152 – V. sentenza Corus UK, cit. alla nota 138 (punto 134), richiamata dalla Commissione, nonché sentenza Knauf Gips, cit. alla nota 135 (punto 23 e punto 28 alla fine).


    153 – Sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 75), recentemente confermata dalla sentenza Knauf Gips, cit. alla nota 135 (punto 23).


    154 – Erroneamente la Commissione ha preso in esame questo fondamentale argomento della ricorrente solo in una nota a piè di pagina della sua comparsa di risposta, liquidandolo come «ragionevole».


    155 – Punti 423 e 424 della sentenza impugnata.


    156 – Punto 427 della sentenza impugnata.


    157 – Punto 442 della sentenza impugnata.


    158 – Punto 432 della sentenza impugnata.


    159 – Punto 440 della sentenza impugnata.


    160 – In conformità a quanto sopra, la Corte, nella sua giurisprudenza sui procedimenti in materia di concorrenza e di antidumping, sottolinea che deve essere ravvisata una violazione dei diritti della difesa ogni qual volta l’impresa interessata avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza di irregolarità procedurali (sentenze Thyssen Stahl, cit. alla nota 124, punto 31, e 1° ottobre 2009, causa C‑141/08 P, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, «Foshan», Racc. pag. I‑9147, punto 94).


    161 – V. supra, paragrafi 174‑176 delle presenti conclusioni.


    162 – Punto 441 della sentenza impugnata.


    163 – Punto 428 della sentenza impugnata.


    164 – Sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 74).


    165 – Sentenza Knauf Gips, cit. alla nota 135 (punto 28).


    166 – Sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 131).


    167 – Sentenze Hercules, cit. alla nota 138 (punto 81); Corus UK, cit. alla nota 138 (punto 128), nonché sentenza PVC II, cit. alla nota 105 (punto 318).


    168 – Punto 407 della sentenza impugnata.


    169 – Punto 441 della sentenza impugnata.


    170 – Punto 428 della sentenza impugnata.


    171 – V. supra, paragrafo 180 delle presenti conclusioni.


    172 – Punto 465 della sentenza impugnata.


    173 – Punti 481 e 482 della sentenza impugnata.


    174 – V., in particolare, punto 479 della sentenza impugnata.


    175 – Sentenze PVC II, cit. alla nota 105 (punti 318 e 324); Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 75), nonché sentenza Knauf Gips, cit. alla nota 135 (punto 23).


    176 – Sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 131).


    177 – Sentenze Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 68), e Knauf Gips, cit. alla nota 135 (punto 22).


    178 – Punto 464 della sentenza impugnata.


    179 – V., in particolare, sentenze PVC II, cit. alla nota 105; Aalborg Portland, cit. alla nota 35; Corus UK, cit. alla nota 138, nonché sentenza Knauf Gips, cit. alla nota 135.


    180 – Sentenze PVC II, cit. alla nota 105 (punti 318 e 324); Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punto 74, 75 e 131), nonché sentenza Knauf Gips, cit. alla nota 135 (punti 23 e 24).


    181 – Punto 479 della sentenza impugnata.


    182 – Punti 469-478 della sentenza impugnata.


    183 – Punto 468 della sentenza impugnata.


    184 – Sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 35 (punti 127, 128 e 131).


    185 – Punti 470, 475 e 480 della sentenza impugnata.


    186 – Punto 478 della sentenza impugnata.


    187 – Punti 472, 474, 477 e 478 della sentenza impugnata.


    188 – Punto 476 della sentenza impugnata.


    189 – Punti 470-478 della sentenza impugnata.


    190 – Punto 470 della sentenza impugnata.


    191 – V. in argomento anche supra, paragrafi 50-53 e 57‑62 delle presenti conclusioni.


    192 – Così, in sostanza, il Tribunale al punto 470 della sentenza impugnata.


    193 – È interessante notare che la Commissione stessa sembra ritenere che almeno alcuni dei raccoglitori mancanti «contenessero della corrispondenza ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17», vale a dire richieste di informazioni della Commissione a varie imprese e loro risposte (v. punto 66 della sentenza impugnata).


    194 – V., in particolare, punti 473 e 476 della sentenza impugnata.


    195 – V. sul punto supra, paragrafo 77 delle presenti conclusioni, e la giurisprudenza cit. alla nota 65.


    196 – V. sul punto nuovamente quanto rilevato alla nota 193.


    197 – V. supra, paragrafo 194 delle presenti conclusioni.


    198 – V., ad esempio, punti 473 («spetta alla ricorrente indicare»), 474 («la ricorrente avrebbe dovuto spiegare») e 476 («la ricorrente non ha spiegato») della sentenza impugnata.


    199 – V., in particolare, punto 191 della sentenza impugnata.


    200 – Punto 192 della sentenza impugnata.


    201 – V. sul punto supra, paragrafi 156‑206 delle presenti conclusioni.


    202 – Sentenze 25 gennaio 2007, causa C‑407/04 P, Dalmine/Commissione (Racc. pag. I‑829, punto 44), e SGL Carbon/Commissione, cit. alla nota 147 (punto 71); v., inoltre, sentenze 7 giugno 1983, cause riunite da 100/80 a 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione (Racc. pag. 1825, punto 10); Michelin I, cit. alla nota 60 (punto 7); PVC II, cit. alla nota 105 (punto 85), nonché sentenza Impala, cit. alla nota 52 (punto 61); nello stesso senso – in relazione ad altre materie – sentenze 24 ottobre 1996, causa C‑32/95 P, Commissione/Lisrestal e a. (Racc. pag. I‑5373, punto 21); 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (Racc. pag. I‑6351, in particolare punto 348), nonché sentenza Foshan, cit. alla nota 160 (punto 83).


    203 – Ora vige l’art. 27, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1/2003.


    204 – Sentenza PVC II, cit. alla nota 105 (in particolare punto 88).


    205 – V., in particolare, punti 184 e 185 della sentenza impugnata.


    206 – V. in argomento punti 453‑456 della sentenza impugnata, nonché paragrafi 154 e 157 delle presenti conclusioni.


    207 – V., in proposito, i richiami alla nota 11.


    208 – Sentenze nella causa T‑30/91, Solvay/Commissione, cit. alla nota 138 (in particolare punti 99, 103 e 104), e nella causa T‑36/91, ICI/Commissione, cit. alla nota 138 (in particolare punti 109, 113 e 118). Queste sentenze sono state emesse lo stesso giorno della sentenza nella causa T‑32/91, cit. alla nota 11, con cui il Tribunale ha annullato la decisione 91/299 per vizio di autenticazione.


    209 – V., in proposito, la pubblicazione presente nella XII Relazione della Commissione sulla concorrenza (1982), pagg. 40 e 41 (un estratto della quale è riprodotto al punto 452 della sentenza impugnata).


    210 – V. in particolare sentenza del Tribunale 29 giugno 1995, causa T‑37/91, ICI/Commissione (Racc. pag. II‑1901, punti 61-66 e 73), la quale nega la violazione dei diritti della difesa.


    211 – V., da un lato, la sentenza Hercules, che è del 1999, cit. alla nota 138 (punti 75 e 76), e, dall’altro, l’impegno pubblicamente assunto dalla Commissione, fin dal 1997, di concedere l’accesso al fascicolo [«comunicazione della Commissione relativa alle regole procedimentali interne per l’esame delle domande di accesso al fascicolo nei casi di applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato CE, degli articoli 65 e 66 del trattato CECA e del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio», GU 1997, C 23, pag. 3].


    212 – Punti 42, 186 e 190 della sentenza impugnata.


    213 – Punti 24, 450 e 451 della sentenza impugnata.


    214 – V. in proposito supra, paragrafi 156‑205 delle presenti conclusioni.


    215 – V. in proposito supra, paragrafo 160 delle presenti conclusioni.


    216 – Sentenza PVC II, cit. alla nota 105 (punto 179). Sulla specifica applicazione di questo principio nel procedimento giudiziario, v. anche sentenze 17 dicembre 1998, causa C‑185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione («Baustahlgewebe»; Racc. pag. I‑8417, punto 21); Thyssen Stahl, cit. alla nota 124 (punto 154); Sumitomo, cit. alla nota 29 (punto 115), nonché sentenza 16 luglio 2009, causa C‑385/07 P, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione («Der Grüne Punkt»; Racc. pag. I‑6155, punti 177‑179); sull’applicazione di questo stesso principio nel procedimento amministrativo, v. sentenze 21 settembre 2006, causa C‑105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione («FEG»; Racc. pag. I‑8725, punti 35‑52), e 21 settembre 2006, causa C‑113/04 P, Technische Unie/Commissione («TU»; Racc. pag. I‑8831, punti 40‑57).


    217 – Nello stesso senso anche sentenza PVC II, cit. alla nota 105 (punti 176‑178); nella sentenza Der Grüne Punkt, cit. alla nota 216 (punti 176‑196), la Corte ha parimenti esaminato la ragionevolezza della durata del procedimento, per quanto non fossero riscontrabili effetti di essa sull’esito della causa.


    218 – Sentenze Baustahlgewebe, cit. alla nota 216 (punto 29); PVC II, cit. alla nota 105 (punto 187); Thyssen Stahl, cit. alla nota 124, punto 155); Sumitomo, cit. alla nota 29 (punto 116), nonché sentenza Der Grüne Punkt, cit. alla nota 216 (punto 181).


    219 – Sentenze Thyssen Stahl, cit. alla nota 124 (punto 156); Sumitomo, cit. alla nota 29 (punto 117), nonché sentenza Der Grüne Punkt, cit. alla nota 216 (punto 182); v. anche sentenza PVC II, cit. alla nota 105 (punto 188).


    220 – V., in tal senso, sentenza PVC II, cit. alla nota 105 (punto 184), nonché sentenze FEG (in particolare punti 37, 38 e 40), e TU (in particolare punti 42, 43 e 45), entrambe cit. alla nota 216.


    221 – Ciò lascia impregiudicata l’ulteriore questione delle conseguenze derivanti da una siffatta violazione procedurale; v. sul punto infra, paragrafi 248-281 e 323‑356 delle presenti conclusioni.


    222 – Benché la Corte attualmente adita non abbia definitivamente chiarito questo punto nella sentenza PVC II, cit. alla nota 105 (punti 229 e 230), la giurisprudenza della Corte eur. D.U. non lascia, invece, sorgere alcun dubbio circa la rilevanza di una valutazione complessiva della durata del procedimento. Sul punto, v. in particolare sentenza 15 luglio 1982, Eckle/Germania (serie A, n. 51, ricorso n. 8130/78): ivi la Corte eur. D.U. prende in considerazione quanto tempo sono complessivamente durati i procedimenti controversi (punti 79, 80), e rileva che la durata del procedimento si riferisce al procedimento nel suo complesso, compresi i gradi di impugnazione («couvre l’ensemble de la procédure en cause, y compris les instances de recours», punto 76). Nella sentenza 20 marzo 2009, Gorou/Grecia (n. 2, Grande Camera; ricorso n. 12686/03, punto 46) viene accertata una violazione dell’art. 6 della CEDU dovuta alla durata del procedimento nel suo complesso («durée de la procédure dans son ensemble»); in senso analogo, sentenza 15 febbraio 2008, Kakamoukas e a./Grecia (Grande Camera; ricorso n. 38311/02, punto 32), ove si dà rilievo al calcolo della durata complessiva dei procedimenti controversi («calcul de la durée totale des procédures litigieuses»).


    223 – V., sul punto, il prospetto cronologico di cui al paragrafo 11 delle presenti conclusioni.


    224 – La durata complessiva del procedimento PVC sì è, tuttavia, avvicinata molto a quella del presente procedimento, se si considera che i primi accertamenti della Commissione ebbero luogo nell’ottobre 1983 (v. sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. II‑931, punto 1), mentre l’ultima decisione giudiziaria (sentenza PVC II, cit. alla nota 105) fu pronunciata nell’ottobre 2002.


    225 – V., supra, paragrafo 35 e nota 30 delle presenti conclusioni.


    226 – Benché tale questione controversa sia emersa anche in altre parti del primo motivo di ricorso, io affronto lo scambio di argomenti intervenuto sul punto solo nell’ambito di questa terza parte del primo motivo di ricorso.


    227 – Punto 132 della sentenza impugnata; v. anche punti 139‑141 di detta sentenza.


    228 – Sentenze Baustahlgewebe, cit. alla nota 216 (punto 49), e Der Grüne Punkt, cit. alla nota 216 (punto 193); con specifico riferimento al nesso coi diritti della difesa, v. sentenze FEG, cit. alla nota 216 (in particolare punti 42, 43 e 60‑62), e TU, cit. alla nota 216 (in particolare punti 47, 48 e 69‑71).


    229 – Spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17); v., in particolare, la spiegazione relativa all’art. 47, secondo comma (op. cit., pag. 30).


    230 – Nella sentenza 26 ottobre 2000, Kudla/Polonia (ricorso n. 30210/96, Recueil des arrêts et décisions 2000‑XI, punto 154) la Grande Camera della Corte eur. D.U. ha riconosciuto che, per quanto riguarda i rimedi giuridici in caso di durata eccessiva del procedimento, non esiste, tra gli Stati contraenti della CEDU, una soluzione dominante («pour l’heure il n’existe pas, dans les ordres juridiques des Etats contractants, un système prédominant en matière de recours permettant de dénoncer les durées excessives de procédure»); v. anche Corte eur. D.U., sentenza 31 marzo 2009, Simaldone/Italia (ricorso n. 22644/03, punto 78). Uno studio di diritto comparato è stato intrapreso, nel 2006, nell’ambito del Consiglio d’Europa dalla Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto (Commissione di Venezia; studio n. 316/2004, consultabile su Internet all’indirizzo http://www.venice.coe.int/docs/2006/CDL-AD(2006)036rev-f.pdf; ultima visita il 26 gennaio 2011). Sulle differenti soluzioni adottate all’interno dell’Unione europea, v. altresì le conclusioni presentate dall’avvocato generale Léger il 3 febbraio 1998 nella causa Baustahlgewebe, cit. alla nota 216 (paragrafi 52 e 53).


    231 – Corte eur. D.U., sentenze Eckle/Germania, cit. alla nota 222 (punto 94), e 13 novembre 2008, Ommer/Germania (n. 1; ricorso n. 10597/03, punto 68); v. anche ordinanza Corte eur. D.U. 17 novembre 2005, Sprotte/Germania (ricorso n. 72438/01).


    232 – Corte eur. D.U., sentenze 10 novembre 2005, Dželili/Germania (ricorso n. 65745/01, punto 103); 24 febbraio 2005, Ohlen/Danimarca (ricorso n. 63214/00, punti 29 e 30); Ommer/Germania (n. 1), cit. alla nota 231 (punto 68), nonché ordinanza 12 giugno 2008, Menelaou/Cipro (ricorso n. 32071/04); nello stesso senso, in precedenza, sentenza Eckle/Germania, cit. alla nota 222 (punto 67), che in ogni caso riconosce in via di principio la riduzione della pena come forma di riparazione. V. altresì punti 119‑123 dello studio n. 316/2004 della Commissione di Venezia, cit. alla nota 230.


    233 – Corte eur. D.U., sentenza 21 giugno 1983, Eckle/Germania (art. 50; serie A, n. 65, ricorso n. 8130/78, punto 24).


    234 – Corte eur. D.U., sentenza 23 novembre 2006, Jussila/Finlandia (Grande Camera; ricorso n. 73053/01, punto 43).


    235 – V. in tal senso anche l’art. 41 della CEDU.


    236 – L’importanza di un’efficace applicazione degli artt. 101 TFUE e 102 TFUE (già artt. 81 CE e 82 CE) è stata di recente sottolineata, ad esempio, nelle sentenze 11 giugno 2009, causa C‑429/07, X BV (Racc. pag. I­483, punti 33‑35), e 7 dicembre 2010, causa C‑439/08, VEBIC (Racc. pag. I‑12471, in particolare punti 59 e 61).


    237 – Sentenza Der Grüne Punkt, cit. alla nota 216 (punto 194). V. nello stesso senso, con riferimento ai procedimenti penali in generale, i punti 228‑232 dello studio della Commissione di Venezia (cit. supra, alla nota 230); al punto 241 la Commissione di Venezia sottolinea che l’assoluzione e l’archiviazione del procedimento penale dovrebbero essere misure eccezionali («[l]’acquittement et l’abandon des poursuites devraient rester des mesures exceptionnelles»).


    238 – Sentenza Der Grüne Punkt, cit. alla nota 216 (punto 194).


    239 – Conclusioni presentate dall’avvocato generale Bot il 31 marzo 2009 nella causa Der Grüne Punkt, cit. alla nota 216 (paragrafi 305 e 306); la Corte riprende espressamente tali considerazioni al punto 194 della sua sentenza in detta causa.


    240 – V. supra, paragrafo 35 e nota 30 delle presenti conclusioni.


    241 – Punti 133-135 della sentenza impugnata.


    242 – V. supra, paragrafo 30 delle presenti conclusioni, e la giurisprudenza cit. alla nota 26.


    243 – V. sul punto la giurisprudenza cit. supra, alla nota 45.


    244 – Un analogo ragionamento si trova già alla base delle sentenze FEG, cit. alla nota 216 (punti 45‑49) e TU, cit. alla nota 216 (punti 50‑54), dalle quali risulta che il Tribunale deve considerare la durata di tutte le fasi del procedimento amministrativo nei suoi effetti sulle possibilità di difesa delle imprese interessate.


    245 – Punti 134 e 135 della sentenza impugnata.


    246 – Punti 137-140 della sentenza impugnata (che si tratti del procedimento giudiziario precedente relativo alla decisione 91/299, risulta con particolare evidenza dalle frasi introduttive di cui al punto 137).


    247 – V. sul punto la giurisprudenza cit. supra, alla nota 35.


    248 – Sull’art. 6 della CEDU e sull’art. 6, n. 1, TUE, v. anche supra, paragrafo 160 delle presenti conclusioni.


    249 – V. supra, paragrafo 94 delle presenti conclusioni.


    250 – Versione originale in francese: «La requérante estime dès lors que le dépassement manifeste du délai raisonnable dans la présente procédure (…) ne peut qu’entraîner l’annulation pure et simple de la décision attaquée (…)» (punto 150 dell’atto introduttivo di primo grado, cit. al punto 50 dell’atto di impugnazione della Solvay).


    251 – Al punto 439 dell’atto introduttivo di primo grado (cit. per estratto al punto 52 dell’atto d’impugnazione della Solvay) si afferma che «[s]i, par impossible, le Tribunal devait rejeter l’ensemble des moyens d’annulation développés par la requérante, la requérante invite le Tribunal à prendre en compte (…) l’ensemble des considérations présentées dans la présente requête au titre des moyens d’annulation dans son appréciation de la nécessité d’infliger une amende à la requérante et du montant de celle-ci (…)».


    252 – V. supra, paragrafi 154 e 157 delle presenti conclusioni.


    253 – Punto 66 della sentenza impugnata.


    254 – V. supra, paragrafi 202 e 203 delle presenti conclusioni.


    255 – V. supra, paragrafi 154 e 222 delle presenti conclusioni.


    256 – V. supra, paragrafi 211‑227 delle presenti conclusioni.


    257 – V. supra, paragrafo 237 e nota 218 delle presenti conclusioni.


    258 – Sentenza 6 aprile 2000, Commissione/Solvay, cit. alla nota 11.


    259 – V. sul punto il prospetto cronologico di cui al paragrafo 11 delle presenti conclusioni.


    260 – Tale rilievo era stato giustamente sollevato dalla Solvay già nel procedimento di primo grado (v. punto 112 della sentenza impugnata). Nella sentenza PVC II, cit. alla nota 105 (in particolare punti 204 e 205) la Corte non ha fornito una soluzione a tale questione in quanto i ricorrenti non avevano sollevato alcuna censura specifica in proposito.


    261 – Nell’aprile 2000 è stata pronunciata la sentenza della Corte Commissione/Solvay, cit. alla nota 11.


    262 – V. supra, paragrafo 238 delle presenti conclusioni.


    263 – Sulla durata del procedimento di primo grado dinanzi al Tribunale nella causa T‑57/01, e sulla valutazione complessiva della durata del procedimento, v. infra, paragrafi 335‑348 delle presenti conclusioni.


    264 – V. supra, paragrafi 249‑263 delle presenti conclusioni.


    265 – Sentenze FEG, cit. alla nota 216 (punti 56‑60), e TU, cit. alla nota 216 (punti 64, 67 e 69).


    266 – Sentenze TU, cit. alla nota 216 (punto 69), e FEG, cit. alla nota 216 (punto 56).


    267 – Sentenze FEG, cit. alla nota 216 (punti 57 e 58), e TU, cit. alla nota 216 (punti 64‑69).


    268 – La Solvay menziona a tal proposito i propri stabilimenti a Tavaux (Francia), Couillet (Belgio) e Heilbronn (Germania).


    269 – V. supra, paragrafi 154 e 186‑206 delle presenti conclusioni.


    270 – Punto 66 della sentenza impugnata.


    271 – V. sul punto supra, sezione IV (paragrafi 15‑322 delle presenti conclusioni).


    272 – V. sul punto supra, paragrafo 294 delle presenti conclusioni.


    273 – V. sul punto supra, paragrafi 298‑322 delle presenti conclusioni.


    274 – Sentenza Baustahlgewebe, cit. alla nota 216 (punti 48, 141 e 142).


    275 – Sentenza Der Grüne Punkt, cit. alla nota 216 (punto 195).


    276 – Sentenze 1° giugno 1999, causa C‑126/97, Eco Swiss (Racc. pag. I‑3055, punto 36), e 20 settembre 2001, causa C‑453/99, Courage e Crehan (Racc. pag. I‑6297, punto 20).


    277 – V. sul punto la giurisprudenza cit. supra, alla nota 236.


    278 – V. sul punto le conclusioni presentate dall’avvocato generale Sharpston il 10 febbraio 2011 nella causa, ancora pendente, C-272/09 P, KME Germany e a./Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, in particolare paragrafo 64); le conclusioni presentate dall’avvocato generale Bot il 26 ottobre 2010 nelle cause riunite C‑201/09 P e C‑216/09 P, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e a. (Racc. pag. I‑2239, in particolare paragrafo 41), e nella causa C-352/09 P, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione (Racc. pag. I‑2359, in particolare paragrafo 49), nonché le mie conclusioni presentate il 3 luglio 2007 nella causa C-280/06, ETI e a. (Racc. pag. I‑10893, paragrafo 71), e il 23 aprile 2009 nella causa Akzo Nobel e a./Commissione, cit. alla nota 86 (paragrafo 39); nello stesso senso, in precedenza, le mie conclusioni presentate l’8 settembre 2005 nelle cause FEG, cit. alla nota 216 (paragrafo 108), e TU, cit. alla nota 216 (paragrafo 100).


    279 – Sentenza Baustahlgewebe, cit. alla nota 216 (in particolare punto 48). Si noti incidentalmente che anche la Commissione stessa ha finora seguito la strada della riduzione dell’ammenda quando constata che un procedimento amministrativo da essa condotto ha avuto durata eccessiva (v. sul punto sentenze FEG e TU, cit. alla nota 216, punto 9 di entrambe).


    280 – V. sul punto supra, paragrafi 261 e 262 delle presenti conclusioni.


    281 – In tal senso, sentenza Baustahlgewebe, cit. alla nota 216 (in particolare punto 141).


    282 – Sentenza Baustahlgewebe, cit. alla nota 216 (punti 48 e 142).


    283 – In futuro, art. 31 del regolamento n. 1/2003.


    284 – V. supra, paragrafo 237 delle presenti conclusioni.


    285 – V. supra, in particolare paragrafi 238‑241 delle presenti conclusioni.


    286 – V. sul punto il prospetto cronologico di cui al paragrafo 11 delle presenti conclusioni.


    287 – V. supra, paragrafi 306‑310 delle presenti conclusioni.


    288 – Essendo la lingua processuale il francese, gli atti di tutte le parti del procedimento erano formulati nella lingua in cui fu deliberata la sentenza impugnata. Un minimo bisogno di traduzioni sorse solo all’inizio del procedimento giudiziario per la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (v. art. 24, n. 6, del regolamento di procedura del Tribunale). La necessità di traduzioni, insorta alla fine del procedimento di primo grado per la pubblicazione della sentenza impugnata, non impedì al Tribunale di pronunciare e di notificare la sentenza nella versione della lingua processuale subito dopo la sua deliberazione.


    289 – Punti 57-67 della sentenza impugnata.


    290 – Il 19 dicembre 2003 il Tribunale invitò la Commissione a produrre un elenco dettagliato di tutti i documenti del fascicolo del procedimento amministrativo; il 14 aprile 2005 la Solvay poté consultare, presso la cancelleria del Tribunale, le parti del fascicolo trasmesse dalla Commissione (punti 57 e 67 della sentenza impugnata). Se si aggiunge il periodo fino alla presentazione delle osservazioni della Commissione del 18 novembre 2005 riguardo all’utilità, per la difesa della Solvay, dei documenti in questione, risulta che sono trascorsi quasi due anni.


    291 – La Commissione ha depositato le proprie osservazioni il 18 novembre 2005, mentre la fase orale del procedimento si è aperta nel maggio 2008 (punti 68 e 72 della sentenza impugnata).


    292 – Per un confronto, si consideri che nel caso Baustahlgewebe, in cui il Tribunale aveva riunito per un’udienza comune undici cause connesse, la Corte ha affermato la violazione del principio della ragionevole durata del procedimento in quanto nel procedimento di primo grado era trascorso un periodo di trentadue mesi tra la chiusura della fase scritta del procedimento e l’ordinanza di apertura dell’udienza, nonché un periodo di ventidue mesi tra l’udienza e la pronuncia della sentenza del Tribunale (sentenza Baustahlgewebe, cit. alla nota 216, punti 45 e 46).


    293 – V. sul punto le mie conclusioni presentate il 4 marzo 2010 nella causa Gogos/Commissione, cit. alla nota 26 (paragrafo 88).


    294 – Corte eur. D.U., sentenza 17 dicembre 2004, Pedersen e Baadsgaard/Danimarca (Grande Camera; ricorso n. 49017/99, Recueil des arrêts et décisions 2004-XI, punto 44); nello stesso senso, in precedenza, sentenze 16 luglio 1971, Ringeisen/Austria (serie A, n. 13, punto 110), e 22 maggio 1998, Hozee/Paesi Bassi (Recueil des arrêts et décisions 1998-III, punto 43).


    295 – Sentenza PVC II, cit. alla nota 105 (punto 182); v. su tutto l’argomento anche le mie conclusioni presentate l’8 dicembre 2005 nella causa FEG, cit. alla nota 216 (paragrafi 108‑112), e nella causa TU, cit. alla nota 216 (paragrafi 100‑104).


    296 – Corte eur. D.U., sentenze 28 giugno 1978, König/Germania (serie A, n. 27, ricorso n. 6232/73, punto 98), e Eckle/Germania, cit. alla nota 222 (punto 76).


    297 – Il termine di prescrizione è di cinque anni dalla cessazione dell’infrazione ed è interrotto da qualsiasi atto di accertamento o repressione. Anche in caso di interruzione, tuttavia, la prescrizione dell’azione opera al più tardi allo spirare del doppio del termine previsto, se la Commissione non ha inflitto una sanzione o un’ammenda entro tale termine. D’altra parte la prescrizione dell’azione rimane sospesa per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea un ricorso contro la decisione della Commissione. Su tutto l’argomento, v. artt. 1-3 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1); in futuro si applicherà l’art. 25 del regolamento n. 1/2003. Di vari problemi concernenti la prescrizione e la sua sospensione durante il procedimento giudiziario si occupa l’avvocato generale Bot nelle sue conclusioni nella causa ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e a., cit. alla nota 278 (in particolare paragrafi 66‑81 e 245‑251), e nella causa ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. alla nota 278 (in particolare paragrafi 177‑212).


    298 – V. mie conclusioni dell’8 dicembre 2005 nelle cause FEG, cit. alla nota 216 (paragrafo 111), e TU, cit. alla nota 216 (paragrafo 103).


    299 – Sentenza Baustahlgewebe, cit. alla nota 216 (punti 48 e 142).


    300 – Sentenza Baustahlgewebe, cit. alla nota 216 (punti 141 e 142).


    301 – Corte eur. D.U., sentenze Dželili/Germania, cit. alla nota 232 (punto 103), e Ommer/Germania, cit. alla nota 231 (punto 50).


    302 – V. supra, paragrafi 306‑310, e 338 delle presenti conclusioni.


    303 – V. supra, paragrafi 339‑343 delle presenti conclusioni.


    304 – V. supra, paragrafi 345 e 346 delle presenti conclusioni.


    305 – In questo senso, Corte eur. D.U., sentenza Eckle/Germania (art. 50), cit. alla nota 233 (punto 24).


    306 – Punto 191 della decisione controversa. Il Tribunale ha confermato la qualificazione di «estrema gravità» del comportamento sul mercato della Solvay, e ha rilevato che nessuno degli argomenti dedotti dalla Solvay permette di considerare che la Commissione abbia valutato erroneamente la gravità delle infrazioni (punti 499 e 501 della sentenza impugnata). La Solvay nel procedimento d’impugnazione non ha contestato questa parte della sentenza impugnata.


    307 – V. sul punto supra, in particolare paragrafi 294 e 322 delle presenti conclusioni.

    Top