Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62009CJ0548

    Sentenza della Corte (grande sezione) del 16 novembre 2011.
    Bank Melli Iran contro Consiglio dell'Unione europea.
    Impugnazione - Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran allo scopo di impedire la proliferazione nucleare - Congelamento dei capitali di una banca - Mancata notifica della decisione - Fondamento giuridico - Diritti della difesa.
    Causa C-548/09 P.

    Raccolta della Giurisprudenza 2011 -00000

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2011:735

    Causa C‑548/09 P

    Bank Melli Iran

    contro

    Consiglio dell’Unione europea

    «Impugnazione — Politica estera e di sicurezza comune — Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran allo scopo di impedire la proliferazione nucleare — Congelamento dei capitali di una banca — Mancata notifica della decisione — Fondamento giuridico — Diritti della difesa»

    Massime della sentenza

    1.        Diritto dell’Unione — Principi — Diritti della difesa — Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva — Misure restrittive nei confronti dell’Iran

    (Art. 254, nn. 1 e 2, CE; regolamento del Consiglio n. 423/2007, artt. 7, n. 2, e 15, n. 3)

    2.        Atti delle istituzioni — Scelta della base giuridica — Regolamento concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran

    (Artt. 60 CE, 301 CE e 308 CE; posizione comune del Consiglio 2007/140; regolamento del Consiglio n. 423/2007)

    3.        Diritto internazionale pubblico — Carta delle Nazioni Unite — Risoluzioni del Consiglio di sicurezza adottate ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite — Obbligo per l’Unione di esercitare le proprie competenze nel rispetto di tali risoluzioni — Limiti

    (Regolamento del Consiglio n. 423/2007, art. 7, n. 2)

    1.        Il principio di tutela giurisdizionale effettiva implica che l’autorità dell’Unione che adotta un atto comportante misure restrittive ai danni di una persona o di un’entità comunichi i motivi alla base dell’atto, quanto più possibile, al momento in cui tale atto è stato adottato o, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo tale adozione, in modo da consentire alle persone e alle entità interessate di esercitare il loro diritto di ricorso.

    È per rispettare tale principio che l’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran, impone al Consiglio di fornire le ragioni individuali e specifiche per le decisioni adottate a norma dell’art. 7, n. 2, di detto regolamento e di renderle note alle persone, alle entità e agli organismi interessati. Infatti, il congelamento dei capitali ha notevoli conseguenze per le entità interessate, essendo idoneo a limitare l’esercizio dei loro diritti fondamentali. Benché il regolamento n. 423/2007 non stabilisca in quale forma tali ragioni devono essere «rese note» alle persone, alle entità e agli organismi interessati, una pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea non è sufficiente. Infatti, se la comunicazione delle ragioni individuali e specifiche potesse ritenersi avvenuta con la pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale, non si ravviserebbe l’interesse di prevedere esplicitamente tale comunicazione, come fa detto art. 15, n. 3, atteso che la decisione di congelamento dei capitali deve essere pubblicata in ogni caso, conformemente all’art. 254, nn. 1 e 2, CE, tenuto conto della sua natura regolamentare. Ne consegue che il Consiglio adempie l’obbligo che gli deriva da detta disposizione effettuando una comunicazione individuale.

    Tuttavia, anche se una comunicazione individuale è in linea di principio necessaria, nessuna forma precisa è richiesta dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, il quale menziona unicamente l’obbligo di «rendere noto». L’importante è che sia dato effetto utile a tale disposizione, ossia che le persone e le entità interessate da misure restrittive adottate in applicazione dell’art. 7, n. 2, di detto regolamento abbiano tutela giurisdizionale effettiva. Così è nel caso in cui il Consiglio non abbia provveduto alla comunicazione, ma un’autorità bancaria nazionale abbia trasmesso informazioni sufficienti al destinatario e quest’ultimo sia stato in condizione di proporre ricorso, dato che la mancanza di una comunicazione da parte del Consiglio non ha avuto come conseguenza quella di privare detto destinatario della possibilità di conoscere, in tempo utile, la motivazione della decisione controversa e di valutare la fondatezza della misura di congelamento dei capitali adottata nei suoi confronti.

    (v. punti 47-52, 55-56)

    2.        Conformemente al suo titolo, il regolamento n. 423/2007 concerne l’adozione di misure restrittive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran. Dal preambolo e dall’insieme delle sue disposizioni risulta che detto regolamento ha lo scopo di impedire o di contenere la politica adottata da tale Stato in materia nucleare, tenuto conto del rischio che essa presenta, mediante misure restrittive in ambito economico. Pertanto, ciò contro cui si lotta sono i rischi inerenti al programma iraniano di sviluppo nucleare e non l’attività generale di proliferazione nucleare.

    Siccome lo scopo e il contenuto dell’atto in questione erano chiaramente l’adozione di misure economiche contro la Repubblica islamica dell’Iran, il ricorso all’art. 308 CE non era necessario: l’art. 301 CE costituisce un fondamento giuridico sufficiente, in quanto consente un’azione della Comunità finalizzata ad interrompere o a ridurre, in tutto o in parte, le relazioni economiche con uno o più paesi terzi, azione che può comprendere misure di congelamento dei capitali di entità, come una banca, che sono associate al regime del paese terzo di cui trattasi.

    Quanto alla necessità di includere tra i fondamenti giuridici la posizione comune 2007/140, essa è contraddetta dal testo medesimo dell’art. 301 CE, che contempla la possibilità di adottare misure comunitarie quando una posizione comune o un’azione comune adottate in virtù di disposizioni del Trattato UE, nella versione anteriore al Trattato di Lisbona, relative alla politica estera e di sicurezza comune (PESC) prevedono un’azione della Comunità. Detto testo indica che deve esserci una posizione comune o un’azione comune perché possano essere adottate misure comunitarie, ma non che dette misure debbono essere fondate su tale posizione comune o su tale azione comune.

    In ogni caso, una posizione comune non può costituire il fondamento giuridico di un atto comunitario. Invero, le posizioni comuni del Consiglio in materia di PESC, quali le posizioni comuni 2007/140 e 2008/479, sono adottate nel contesto del suddetto Trattato UE, conformemente all’art. 15 di quest’ultimo, mentre i regolamenti del Consiglio, come il regolamento n. 423/2007, sono adottati nel contesto del Trattato CE. Il Consiglio poteva, dunque, adottare un atto comunitario unicamente sul fondamento delle competenze conferitegli dal Trattato CE, ossia, nella fattispecie, degli artt. 60 CE e 301 CE.

    (v. punti 68-72)

    3.        Le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, da una parte, e le posizioni comuni del Consiglio nonché i suoi regolamenti, dall’altra, fanno capo ad ordinamenti giuridici distinti. Parimenti, gli atti adottati nell’ambito, da un lato, delle Nazioni Unite e, dall’altro, dell’Unione promanano da organi i quali dispongono di poteri autonomi che sono loro attribuiti dalle rispettive carte fondamentali, ossia dai trattati che le hanno istituite.

    Nell’elaborazione di misure comunitarie aventi ad oggetto l’attuazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza presa in conto da una posizione comune, la Comunità deve tenere in debita considerazione i termini e gli obiettivi della risoluzione di cui trattasi. Analogamente, occorre tener conto del testo e dell’oggetto di una risoluzione del Consiglio di sicurezza per l’interpretazione del regolamento che intende attuarla. Tuttavia, senza con questo rimettere in discussione il primato di una risoluzione del Consiglio di sicurezza sul piano del diritto internazionale, il rispetto che si impone alle istituzioni comunitarie nei confronti delle istituzioni delle Nazioni Unite non può comportare l’assenza di controllo della legittimità dell’atto comunitario con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto comunitario.

    Pertanto, il potere conferito al Consiglio dall’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran, è un potere autonomo. A tale riguardo, un obbligo di «tenere in debita considerazione» i termini e gli obiettivi della risoluzione di cui trattasi non è affatto in contrasto con la constatazione che il Consiglio statuisce in autonomia, nel rispetto delle regole del suo proprio ordinamento giuridico.

    (v. punti 100, 102-106)







    SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

    16 novembre 2011 (*)

    «Impugnazione – Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran allo scopo di impedire la proliferazione nucleare – Congelamento dei capitali di una banca – Mancata notifica della decisione – Fondamento giuridico – Diritti della difesa»

    Nel procedimento C‑548/09 P,

    avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 23 dicembre 2009,

    Bank Melli Iran, con sede in Teheran (Iran), rappresentata dall’avv. L. Defalque, avocat,

    ricorrente,

    procedimento in cui le altre parti sono:

    Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dai sigg. M. Bishop e R. Szostak, in qualità di agenti,

    convenuto in primo grado,

    Repubblica francese, rappresentata dalla sig.ra E. Belliard nonché dai sigg. G. de Bergues, L. Butel e E. Ranaivoson, in qualità di agenti,

    Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dal sig. S. Hathaway, in qualità di agente, assistito dal sig. D. Beard, barrister,

    Commissione europea, rappresentata dalla sig.ra S. Boelaert e dal sig. M. Konstantinidis, in qualità di agenti,

    intervenienti in primo grado,

    LA CORTE (Grande Sezione),

    composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.‑C. Bonichot, dalla sig.ra A. Prechal, presidenti di sezione, dal sig. A. Rosas (relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Schiemann, E. Juhász, D. Šváby, dalla sig.ra M. Berger e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici,

    avvocato generale: sig. P. Mengozzi

    cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 marzo 2011,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 giugno 2011,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1        Con la presente impugnazione la Bank Melli Iran, banca iraniana detenuta dallo Stato iraniano, chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 14 ottobre 2009, causa T‑390/08, Bank Melli Iran/Consiglio (Racc. pag. II‑3967; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento del punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione del Consiglio 23 giugno 2008, 2008/475/CE, che attua l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 423/2007 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 163, pag. 29; in prosieguo: la «decisione controversa»), in quanto concerne la Bank Melli Iran e le sue succursali.

     Contesto normativo

     Le risoluzioni 1737 (2006) e 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

    2        Per fare pressione sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione e allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari (in prosieguo: la «proliferazione nucleare»), il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha adottato, il 23 dicembre 2006, la risoluzione 1737 (2006), il cui allegato elenca una serie di persone e di entità implicate nella proliferazione nucleare, i fondi e le risorse economiche delle quali (in prosieguo: i «capitali») dovevano essere congelati. L’elenco figurante in allegato alla risoluzione 1737 (2006) è stato successivamente aggiornato con varie risoluzioni, in particolare con la risoluzione del Consiglio di sicurezza 1747 (2007), del 24 marzo 2007, con la quale sono stati congelati i capitali della Bank Sepah, banca iraniana, e della sua filiale nel Regno Unito, la Bank Sepah International plc. La ricorrente non è stata oggetto di misure di congelamento dei capitali decretate dal Consiglio di sicurezza.

     La posizione comune 2007/140/PESC

    3        Per quanto riguarda l’Unione europea, la risoluzione 1737 (2006) è stata attuata con la posizione comune del Consiglio 27 febbraio 2007, 2007/140/PESC, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 61, pag. 49).

    4        L’art. 5, n. 1, della posizione comune 2007/140 è così formulato:

    «Sono congelati tutti i [capitali] appartenenti, posseduti, detenuti o controllati direttamente o indirettamente:

    a)      dalle persone ed entità indicate nell’allegato alla risoluzione 1737 [2006] del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nonché dalle altre persone ed entità indicate dal Consiglio di sicurezza o dal comitato in conformità del paragrafo 12 della risoluzione 1737 [2006]; dette persone o entità sono elencate nell’allegato I;

    b)      dalle persone ed entità non menzionate nell’allegato I che partecipano, sono direttamente associate o danno il loro sostegno ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari dell’Iran, o da persone o entità che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione, o da entità possedute o controllate da esse, anche con mezzi illeciti, di cui all’elenco dell’allegato II».

    5        La ricorrente non è menzionata negli allegati della posizione comune 2007/140.

     Il regolamento (CE) n. 423/2007

    6        Nei limiti in cui risultavano coinvolte le competenze della Comunità europea, la risoluzione 1737 (2006) è stata attuata dal regolamento (CE) 19 aprile 2007, n. 423, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 103, pag. 1), adottato sulla base degli artt. 60 CE e 301 CE, il quale fa riferimento alla posizione comune 2007/140 e le è sostanzialmente simile nel contenuto, atteso che nell’allegato di detto regolamento figurano i medesimi nomi di entità e di persone fisiche.

    7        L’art. 5 del regolamento n. 423/2007 vieta determinate operazioni con persone o entità presenti in Iran o per un uso in tale paese.

    8        L’art. 7 del regolamento n. 423/2007 così recita:

    «1.      Sono congelati tutti i [capitali] appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone, entità o organismi di cui all’allegato IV. Figurano nell’allegato IV le persone, le entità e gli organismi designati dal Consiglio di sicurezza (...) o dal comitato per le sanzioni a norma del punto 12 [della risoluzione del Consiglio di sicurezza] 1737 (2006).

    2.      Sono congelati tutti i [capitali] appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone, entità o organismi di cui all’allegato V. Figurano nell’allegato V le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi non menzionati nell’allegato IV che, a norma dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della posizione comune 2007/140 (...), sono stati riconosciuti:

    a)       partecipare, essere direttamente associati o dare il loro sostegno ad attività nucleari dell’Iran sensibili in termini di proliferazione; oppure

    b)       partecipare, essere direttamente associati o dare il loro sostegno allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari dell’Iran; oppure

    c)       agire per conto o sotto la direzione di una persona, di un’entità o di un organismo di cui alle lettere a) o b); oppure

    d)       essere persone giuridiche, entità o organismi posseduti o controllati da una persona, un’entità o un organismo di cui alle lettere a) o b), anche con mezzi illeciti.

    3.      Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione, direttamente o indirettamente, delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi di cui agli allegati IV e V o utilizzato a loro beneficio.

    4.      È vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l’obiettivo o il risultato di eludere, direttamente o indirettamente, le misure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3».

    9        La ricorrente non è menzionata negli allegati del regolamento n. 423/2007.

    10      Gli artt. 8 e 9 del regolamento n. 423/2007 prevedono la possibilità di sbloccare taluni capitali per consentire l’esecuzione di un credito privilegiato o di una decisione giudiziaria, amministrativa o arbitrale, oppure per pagare un debito giunto a scadenza. L’art. 10 del medesimo regolamento prevede la possibilità di sbloccare taluni capitali per far fronte, sotto il controllo dell’autorità competente, a determinate spese, per esempio quelle necessarie a soddisfare i bisogni fondamentali delle persone i cui capitali sono congelati o a pagare la prestazione di servizi legali.

    11      L’art. 13 del regolamento n. 423/2007 impone alle persone e alle entità interessate di fornire diverse informazioni alle autorità competenti e di collaborare con esse.

    12      L’art. 15, nn. 2 e 3, di detto regolamento ha il seguente tenore:

    «2.      Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, redige, riesamina e modifica l’elenco delle persone, entità o organismi di cui all’articolo 7, paragrafo 2, in conformità delle decisioni adottate dal Consiglio riguardo all’allegato II della posizione comune 2007/140 (...). L’elenco di cui all’allegato V è riesaminato periodicamente e almeno ogni dodici mesi.

    3.      Il Consiglio motiva dettagliatamente le decisioni adottate a norma del paragrafo 2 e le rende note alle persone, alle entità e agli organismi interessati».

    13      L’art. 16 del regolamento n. 423/2007 dispone che gli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili alle violazioni del regolamento.

     La risoluzione 1803 (2008) del Consiglio di sicurezza

    14      Ai sensi del punto 10 della risoluzione del Consiglio di sicurezza 1803 (2008), del 3 marzo 2008, quest’ultimo ha chiesto «a tutti gli Stati di vigilare sulle attività svolte dalle istituzioni finanziarie stabilite sul loro territorio con tutte le banche domiciliate in Iran, in particolare la Banca Melli e la Banca Saderat, nonché con le loro succursali e agenzie all’estero, per evitare che tali attività concorrano al rischio di proliferazione o allo sviluppo di vettori di armi nucleari».

     La posizione comune 2008/479/PESC

    15      La posizione comune del Consiglio 23 giugno 2008, 2008/479/PESC, che modifica la posizione comune 2007/140 (GU L 163, pag. 43), ha sostituito, in particolare, l’allegato II di quest’ultima. Tale allegato contiene una tabella A, intitolata «Persone fisiche», e una tabella B, intitolata «Entità».

    16      Benché la risoluzione 1803 (2008) non abbia imposto il congelamento dei capitali della Melli Bank e della Bank Melli Iran, tale congelamento è previsto dalla posizione comune 2008/479. Infatti, la tabella B, punto 5, dell’allegato di quest’ultima comprende, in una prima colonna intitolata «Nome», le indicazioni seguenti:

    «Bank Melli, Melli Bank Iran e tutte le succursali e filiali comprese

    a)      Melli Bank plc

    b)      Bank Melli Iran Zao».

    17      In una seconda colonna, intitolata «Informazioni identificative», è indicato un indirizzo in corrispondenza del nome di ciascuna delle banche considerate.

    18      La terza colonna, intitolata «Motivi», contiene il testo seguente:

    «Fornisce o cerca di fornire sostegno finanziario a società che procurano merci per i programmi nucleari e missilistici iraniani o sono coinvolte in tale attività (AIO, SHIG, SBIG, AEOI, Novin Energy Company, Mesbah Energy Company, Kalaye Electric Company e DIO). La Bank Melli funge da facilitatore per le attività sensibili dell’Iran. Ha mediato numerosi acquisti di materiali sensibili per i programmi nucleari e missilistici iraniani. Ha fornito una serie di servizi finanziari a nome di entità collegate alle industrie nucleari e missilistiche iraniane, comprese l’apertura di lettere di credito e la tenuta dei conti. Molte delle società sopramenzionate sono indicate nelle [risoluzioni del Consiglio di sicurezza] 1737 e 1747».

    19      Nella quarta colonna, intitolata «Data di inserimento nell’elenco», è indicata la data del «23.6.2008».

     La decisione controversa

    20      Il 23 giugno 2008 il Consiglio ha adottato altresì la decisione controversa. L’allegato di tale decisione sostituisce l’allegato V del regolamento n. 423/2007. Esso comprende una tabella A, intitolata «Persone fisiche», e una tabella B, intitolata «Persone giuridiche, entità e organismi», le quali contengono entrambe le medesime colonne che figurano nell’allegato della posizione comune 2008/479. La ricorrente è iscritta al punto 4 della suddetta tabella B. Le indicazioni relative alla ricorrente sono identiche a quelle esposte nell’allegato di detta posizione comune. Tale decisione è stata pubblicata il 24 giugno 2008 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

    21      Il 25 giugno 2009 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso all’attenzione delle persone, entità e organismi che sono stati inclusi dal Consiglio nell’elenco delle persone, entità e organismi cui si applica l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio (Allegato V) (GU 2009, C 145, pag. 1). Vi si ricorda che, conformemente all’art. 15, n. 2, di detto regolamento, tale elenco è riesaminato periodicamente e almeno ogni dodici mesi. A tal fine, le persone, le entità o gli organismi interessati possono rivolgere al Consiglio una domanda di riesame della decisione che li ha inclusi nell’elenco in questione, allegando i documenti giustificativi richiesti. Tutte le domande in tal senso devono essere inoltrate al Consiglio entro un mese dalla data di pubblicazione di detto avviso.

     Il ricorso dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

    22      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 18 settembre 2008, la ricorrente ha proposto un ricorso volto all’annullamento del punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione controversa e ha chiesto al Tribunale di voler:

    –        in via principale, annullare detto punto 4 in quanto la riguarda e in quanto riguarda le sue filiali e succursali;

    –        in subordine, dichiarare gli artt. 7, n. 2, e 15, n. 2, del regolamento n. 423/2007 inapplicabili alla presente controversia, nonché

    –        in ogni caso, condannare il Consiglio alle spese.

    23      La Repubblica francese, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Commissione delle Comunità europee sono stati ammessi ad intervenire dinanzi al Tribunale a sostegno delle conclusioni del Consiglio dirette al rigetto del ricorso.

    24      A sostegno delle sue conclusioni la ricorrente deduceva cinque motivi. Il primo motivo riguardava una violazione delle forme sostanziali, del Trattato CE, delle norme di diritto relative alla sua applicazione e dell’art. 7, n. 2, della posizione comune 2007/140, uno sviamento di potere nonché una carenza di fondamento giuridico della decisione controversa. Il secondo motivo atteneva alla violazione del principio di parità di trattamento. Il terzo motivo concerneva una violazione del principio di proporzionalità e del diritto di proprietà. Il quarto motivo verteva su una violazione dei diritti della difesa, del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e dell’obbligo di motivazione sancito all’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, mentre il quinto motivo verteva su un difetto di competenza del Consiglio ad imporre «sanzioni penali», come il congelamento dei capitali, nell’ambito del Trattato.

    25      In via preliminare, e prima di esaminare i suddetti motivi, il Tribunale ha ricordato, ai punti 35‑37 della sentenza impugnata, i principi applicabili al sindacato giurisdizionale.

    26      Dopodiché il Tribunale ha esaminato e respinto ciascuno dei motivi sollevati nonché il ricorso nel suo complesso.

     Conclusioni delle parti in sede di impugnazione

    27      La Bank Melli Iran chiede che la Corte voglia:

    –        annullare la sentenza impugnata;

    –        accogliere le conclusioni da essa formulate dinanzi al Tribunale, nonché

    –        condannare il convenuto alle spese dei due gradi di giudizio.

    28      Il Consiglio chiede alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare la ricorrente alle spese.

    29      La Repubblica francese chiede che la Corte voglia:

    –        respingere l’impugnazione;

    –        procedere a una sostituzione dei motivi relativamente ai punti 86‑88 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha affermato che il Consiglio era tenuto a notificare individualmente alle persone e alle entità interessate le misure di congelamento dei capitali adottate sul fondamento del regolamento n. 423/2007, nonché

    –        condannare la ricorrente alle spese.

    30      Il Regno Unito chiede alla Corte di respingere l’impugnazione.

    31      La Commissione chiede che la Corte voglia:

    –        constatare che nessuno dei motivi sollevati dalla ricorrente è idoneo a comportare l’annullamento della sentenza impugnata, nonché

    –        respingere, di conseguenza, l’impugnazione.

     I motivi e gli argomenti delle parti

    32      La Bank Melli Iran solleva tre motivi in via principale e tre motivi in subordine.

    33      In via principale essa sostiene, in primo luogo, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto non ritenendo formalità sostanziale l’obbligo di notifica individuale dell’atto impugnato e che il suo ragionamento è inficiato da una motivazione errata; in secondo luogo, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nell’interpretazione dei fondamenti giuridici del regolamento n. 423/2007 e che il suo ragionamento è inficiato da una motivazione errata e, in terzo luogo, che il Tribunale ha infranto l’obbligo di motivazione degli atti nonché i diritti della difesa e il principio di tutela giurisdizionale effettiva.

    34      In subordine essa fa valere, in primo luogo, che il Tribunale ha violato l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 e si è contraddetto; in secondo luogo, che ha commesso un errore di valutazione quanto al diritto di proprietà della ricorrente e, in terzo luogo, che il Consiglio è incorso in un errore manifesto di valutazione dei fatti includendola prima e mantenendola poi nell’elenco di cui all’allegato V di detto regolamento.

     Sul primo motivo sollevato in via principale, vertente su una violazione dell’obbligo di notifica individuale e su un’errata motivazione della sentenza impugnata

    35      Tale motivo è diretto contro i punti 86‑90 della sentenza impugnata, che sono così formulati:

    «86      Per contro, non si può accogliere l’affermazione del Consiglio, sostenuto dalle parti intervenienti, secondo cui l’obbligo di portare i motivi a conoscenza della ricorrente era stato soddisfatto con la pubblicazione della decisione [controversa] nella Gazzetta ufficiale. Infatti, una decisione come quella [controversa], che adotta una versione modificata dell’allegato V del regolamento n. 423/2007, dispiega effetti erga omnes, poiché si rivolge ad un insieme di destinatari determinato in modo generale e astratto, che sono tenuti a congelare i capitali delle entità incluse nell’elenco del suddetto allegato. Tuttavia, tale decisione non ha una natura esclusivamente generale, dal momento che il congelamento dei capitali riguarda entità nominativamente designate, che sono interessate direttamente e individualmente dalle misure restrittive individuali decise nei loro confronti (v., in tal senso e per analogia, sentenze [della Corte 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P] Kadi [e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑6351], punti 241‑244 e [del Tribunale 12 dicembre 2006, causa T‑228/02, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, Racc. pag. II‑4665], punto 98). Per di più, il congelamento dei capitali ha notevoli conseguenze per le entità interessate, essendo idoneo a limitare l’esercizio dei loro diritti fondamentali. Di conseguenza, considerata la necessità (...) di assicurare il rispetto di tali diritti, tanto sostanziali quanto processuali, si deve considerare che il Consiglio è tenuto, in tutta la misura del possibile, a portare le misure di congelamento dei capitali a conoscenza delle entità interessate mediante una notifica individuale.

    87      Gli argomenti sollevati dal Consiglio non possono modificare tale conclusione. Infatti, in primo luogo, il fatto che in alcuni casi la notifica individuale risulti impossibile non fa venir meno l’interesse delle entità a tale notifica e non è quindi rilevante nel caso in cui l’indirizzo dell’entità interessata sia conosciuto. In secondo luogo, la regola per cui l’ignoranza della legge non scusa non può essere fatta valere per la ricorrente, dal momento che la decisione [controversa] ha, nei suoi confronti, natura di atto individuale. In terzo luogo, la distinzione invocata dal Consiglio rispetto alle misure di congelamento dei capitali adottate nell’ambito della lotta contro il terrorismo è ininfluente, dato che il carattere diffamatorio o meno dei motivi accolti può aver rilievo, eventualmente, solo per valutare l’opportunità di pubblicare la motivazione nella Gazzetta ufficiale. Per contro, l’esigenza di una notifica individuale delle misure di congelamento dei capitali deriva dal fatto che queste stesse misure pregiudicano individualmente e in maniera considerevole i diritti delle entità interessate. Orbene, poiché gli effetti delle misure di congelamento dei capitali adottate in forza del regolamento n. 423/2007 e di quelle adottate nell’ambito della lotta contro il terrorismo sono paragonabili, è necessario portare le misure adottate a conoscenza delle entità interessate nella stessa maniera in entrambi i casi.

    88      Alla luce di quanto precede, si deve considerare che il Consiglio non ha rispettato l’obbligo, derivante dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, di portare i motivi della decisione [controversa] a conoscenza della ricorrente, poiché non ha proceduto ad una notifica individuale, mentre dal contenuto della stessa decisione emerge che esso conosceva l’indirizzo della sede della ricorrente.

    89      Tuttavia, dagli allegati alla domanda di provvedimenti urgenti presentata dalla ricorrente nella causa T‑390/08 R emerge che, con lettera datata 24 giugno 2008, la Commissione bancaria francese ha informato la succursale della ricorrente a Parigi riguardo all’adozione della decisione [controversa] e alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, avvenuta lo stesso giorno. La ricorrente, quindi, è stata informata in tempo utile e da fonte ufficiale circa l’adozione della decisione [controversa] e circa la possibilità di consultarne la motivazione nella Gazzetta ufficiale. Per di più, risulta che essa abbia davvero consultato il contenuto di tale decisione, di cui ha allegato copia al ricorso.

    90      In queste circostanze eccezionali, si deve concludere che il fatto che il Consiglio non abbia portato i motivi della decisione [controversa] a conoscenza della ricorrente tramite una notifica individuale non ha avuto come conseguenza di privare quest’ultima della possibilità di conoscere, in tempo utile, la motivazione della decisione [controversa] e di valutare la fondatezza della misura di congelamento dei capitali adottata nei suoi confronti. Pertanto, l’omissione del Consiglio non giustifica l’annullamento della decisione [controversa]».

     Argomenti delle parti

    36      La ricorrente sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto non riconoscendo come formalità sostanziale, la cui inosservanza comporta l’annullamento dell’atto, l’obbligo di notifica individuale di cui all’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, e che il suo ragionamento è viziato da una motivazione errata.

    37      Essa sottolinea che, ai sensi dell’art. 254 CE, le decisioni individuali hanno efficacia unicamente in virtù della notificazione. Una notifica della decisione controversa sarebbe stata tanto più importante in quanto la ricorrente non è stata sentita prima dell’adozione di quest’ultima.

    38      Citando la sentenza 8 luglio 1999, causa C‑227/92 P, Hoechst/Commissione (Racc. pag. I‑4443), la ricorrente fa valere che la notifica di una decisione è una forma sostanziale la cui inosservanza è motivo di nullità assoluta dell’atto. Tale nullità non potrebbe essere sanata grazie alle informazioni che un’altra persona o entità fornisca al destinatario dell’atto. Secondo la ricorrente, la comunicazione della decisione controversa che è stata effettuata dalla Commissione bancaria francese non poteva, quindi, soddisfare le condizioni di notifica specificate nel regolamento n. 423/2007.

    39      Oltre alla violazione delle forme sostanziali la ricorrente addebita al Tribunale di aver erroneamente motivato la sua sentenza considerando che le informazioni fornite alla ricorrente dalla Commissione bancaria francese sanassero la nullità e giustificando l’omissione da parte del Consiglio con la presenza di «circostanze eccezionali», laddove l’assenza di notifica di un atto che arreca pregiudizio costituirebbe una violazione di una norma del diritto dell’Unione di ordine pubblico.

    40      La Repubblica francese e la Commissione contestano il ragionamento del Tribunale e suggeriscono alla Corte di procedere a una sostituzione dei motivi. Invero, l’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007 non avrebbe imposto una notifica individuale della decisione controversa e nessun obbligo di notifica risulterebbe dal diritto primario. È dunque a torto che il Tribunale avrebbe preteso, al punto 88 della sentenza impugnata, che il Consiglio procedesse a una notifica individuale.

    41      Il Consiglio, la Repubblica francese e la Commissione mettono in evidenza la natura regolamentare di una decisione di congelamento dei capitali. Il Consiglio rileva che, malgrado il suo ragionamento riguardo all’obbligo di notifica, il Tribunale non ha concluso che l’atto impugnato costituiva una decisione e non un regolamento.

    42      La Repubblica francese contesta inoltre il raffronto effettuato dal Tribunale, al punto 87 della sentenza impugnata, tra una misura di congelamento dei capitali adottata nel contesto della lotta contro la proliferazione nucleare, che interessa paesi terzi, e una adottata nell’ambito della lotta contro il terrorismo, che interessa privati cittadini ed entità che agiscono in autonomia. Mai sarebbe stato sostenuto che una misura sanzionatoria concernente un paese terzo dovesse essere notificata individualmente a quest’ultimo. La differenza di obiettivi si tradurrebbe peraltro nei differenti fondamenti normativi: il regolamento n. 423/2007 sarebbe stato adottato sulla base degli artt. 60 CE e 301 CE, mentre le misure in materia di terrorismo sarebbero prese sulla base dell’art. 308 CE.

    43      In udienza il Consiglio ha precisato che la notifica delle misure di congelamento dei capitali di persone legate al terrorismo è eseguita conformemente alle indicazioni esposte al punto 147 della succitata sentenza del Tribunale Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, nel senso che, per non ledere gli interessi legittimi di tali persone, è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea solo una motivazione generale della decisione, mentre la motivazione specifica e concreta viene loro notificata.

    44      Il Regno Unito ricorda che una notifica ha la funzione di informare il destinatario di una decisione e di consentirgli di proporre ricorso. Nella fattispecie, trattandosi di congelamento di capitali, una notifica preventiva non sarebbe stata possibile, essendo richiesto l’effetto sorpresa. L’art. 254 CE non preciserebbe come debba essere eseguita la notifica. Il Regno Unito ritiene, a tale riguardo, che un avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea allo stesso tempo della decisione attiri sufficientemente l’attenzione. In ogni caso, l’entità interessata risentirebbe immediatamente degli effetti dell’attuazione della decisione. Nel caso di specie, la succursale francese della ricorrente sarebbe stata informata della decisione controversa e la ricorrente avrebbe potuto proporre ricorso. Il Regno Unito, così come il Consiglio, la Repubblica francese e la Commissione, sottolinea che la ricorrente non ha subito alcun pregiudizio dalla mancata notifica della decisione controversa.

     Giudizio della Corte

    45      Occorre rilevare in primo luogo che, nonostante la sua intitolazione, la decisione controversa ha natura di regolamento. Essa contiene un unico allegato, che sostituisce l’allegato V del regolamento n. 423/2007. Ora, l’effetto di tale allegato è determinato all’art. 19, secondo comma, di detto regolamento, ai sensi del quale quest’ultimo è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, ossia dispiega gli effetti di un regolamento quali previsti all’art. 249 CE.

    46      In linea di principio, pertanto, il Trattato non prescrive la notificazione di un atto del genere, bensì la sua pubblicazione, conformemente all’art. 254, nn. 1 e 2, CE.

    47      In secondo luogo, per quanto riguarda, più in particolare, l’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, si deve ricordare che il principio di tutela giurisdizionale effettiva implica che l’autorità dell’Unione che adotta un atto comportante misure restrittive ai danni di una persona o di un’entità comunichi i motivi alla base dell’atto, quanto più possibile, al momento in cui tale atto è stato adottato o, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo tale adozione, in modo da consentire alle persone e alle entità interessate di esercitare il loro diritto di ricorso (v., in tal senso, sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit., punto 336).

    48      Orbene, è per rispettare tale principio che l’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007 impone al Consiglio di fornire le ragioni individuali e specifiche per le decisioni adottate a norma dell’art. 7, n. 2, di detto regolamento e di renderle note alle persone, alle entità e agli organismi interessati.

    49      Infatti, come ha constatato il Tribunale al punto 86 della sentenza impugnata, il congelamento dei capitali ha notevoli conseguenze per le entità interessate, essendo idoneo a limitare l’esercizio di loro diritti fondamentali.

    50      Benché il regolamento n. 423/2007 non stabilisca in quale forma tali ragioni devono essere «re[se] note» alle persone, alle entità e agli organismi interessati, la tesi del Regno Unito secondo la quale una pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea sarebbe sufficiente non può essere accolta.

    51      Infatti, se la comunicazione delle ragioni individuali e specifiche potesse ritenersi avvenuta con la pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, non si ravviserebbe l’interesse di prevedere esplicitamente tale comunicazione, come fa l’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, atteso che detta decisione deve essere pubblicata in ogni caso, conformemente all’art. 254, nn. 1 e 2, CE, tenuto conto della sua natura regolamentare indicata al punto 45 della presente sentenza.

    52      Ne consegue che il Consiglio adempie l’obbligo che gli deriva da detta disposizione effettuando una comunicazione individuale.

    53      Non infirma tale conclusione l’art. 254, n. 3, CE, cui si riferisce la ricorrente, il quale concerne la notifica propriamente detta di una decisione e la cui violazione non risulta, peraltro, essere stata fatta valere dalla ricorrente dinanzi al Tribunale.

    54      Altrettanto vale per i punti 68‑73 della citata sentenza Hoechst/Commissione ai quali si riferisce la ricorrente e che devono essere intesi alla luce degli argomenti delle parti ai quali essi rispondono e del contesto in cui s’inscrivono. Come emerge dai punti 44‑53 della suddetta sentenza Hoechst/Commissione e dai paragrafi 21‑24 delle conclusioni dell’avvocato generale Cosmas in tale causa, la Hoechst AG faceva valere l’assenza di autenticazione della decisione impugnata e il fatto che il testo che le era stato inviato non era quello adottato alla data indicata. Al punto 69 di detta sentenza la Corte ha risposto a tale argomentazione facendo riferimento ai punti 48 e 49 della sentenza 15 giugno 1994, causa C‑137/92 P, Commissione/BASF e a. (Racc. pag. I‑2555), relativi ad irregolarità dello stesso tipo di quella oggetto della suddetta controversia, ossia l’assenza di autenticazione dell’atto. Quanto al punto 72 della summenzionata sentenza Hoechst/Commissione, esso chiaramente rinvia alla questione risolta dalla citata sentenza Commissione/BASF e a., ossia alle conseguenze giuridiche dell’omessa autenticazione di un atto.

    55      Nel caso di specie, il Consiglio non ha provveduto alla comunicazione delle ragioni individuali e specifiche del congelamento dei capitali prescritta all’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, ma informazioni sufficienti sono state trasmesse alla succursale della ricorrente dalla Commissione bancaria francese e la ricorrente è stata in condizione di proporre ricorso. In queste circostanze, di nuovo il Tribunale non ha commesso errore di diritto allorché ha statuito, al punto 90 della sentenza impugnata, che il fatto che il Consiglio non abbia portato i motivi della decisione controversa a conoscenza della ricorrente non ha avuto come conseguenza di privare quest’ultima della possibilità di conoscere, in tempo utile, la motivazione della decisione controversa e di valutare la fondatezza della misura di congelamento dei capitali adottata nei suoi confronti.

    56      Infatti, anche se, come è stato esposto poc’anzi, una comunicazione individuale è in linea di principio necessaria, è sufficiente constatare che nessuna forma precisa è richiesta dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, il quale menziona unicamente l’obbligo di «render[e] not[o]». L’importante è che sia stato dato effetto utile a tale disposizione, ossia che le persone e le entità interessate da misure restrittive adottate in applicazione dell’art. 7, n. 2, di detto regolamento abbiano avuto tutela giurisdizionale effettiva, il che è avvenuto nella fattispecie.

    57      Dall’insieme delle considerazioni sopra esposte risulta che il primo motivo è infondato.

     Sul secondo motivo sollevato in via principale, vertente su un errore di diritto nell’interpretazione dei fondamenti giuridici del regolamento n. 423/2007 e su un’errata motivazione della sentenza impugnata

    58      Tale motivo è diretto contro i punti 45‑50 della sentenza impugnata, che sono così formulati:

    «45      Gli artt. 60 CE e 301 CE hanno la peculiarità di costituire un collegamento tra le azioni della Comunità che comportano misure economiche e gli obiettivi del Trattato UE, [nella versione anteriore al Trattato di Lisbona,] in materia di relazioni esterne, tra cui la [politica estera e di sicurezza comune (PESC)] (v., in tal senso, sentenza Kadi [e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit.], punto 197). Infatti, gli artt. 60 CE e 301 CE sono disposizioni che espressamente prevedono che un’azione della Comunità possa risultare necessaria al fine di realizzare uno degli obiettivi specificamente assegnati all’Unione dall’art. 2 UE, ossia l’attuazione di una politica estera e di sicurezza comune.

    46      Tale circostanza, tuttavia, non pregiudica la coesistenza dell’Unione e della Comunità come ordinamenti giuridici integrati ma distinti, nonché l’architettura costituzionale dei pilastri, volute dagli autori dei trattati attualmente in vigore (v., in tal senso, sentenza Kadi [e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit.], punto 202). Di conseguenza, benché l’azione della Comunità nell’ambito degli artt. 60 CE e 301 CE metta in atto uno degli obiettivi dell’Unione, essa è nondimeno adottata sulla base del pilastro comunitario. Pertanto, la legittimità degli atti adottati in tale settore, come il regolamento n. 423/2007 e degli atti che vi danno attuazione, dev’essere valutata con riferimento alle condizioni stabilite dalle regole di questo stesso pilastro, anche per quel che riguarda la regola di voto appropriata.

    47      Da quanto precede deriva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la posizione comune 2007/140, che fa parte del secondo pilastro dell’Unione, non costituisce un fondamento normativo del regolamento n. 423/2007 e degli atti che vi danno attuazione, il che implica che la regola di voto applicabile all’adozione della suddetta posizione comune e alla sua modifica è priva di rilievo. Infatti, l’esistenza di una posizione comune o di un’azione comune adottata in precedenza nell’ambito della PESC è solo una condizione posta dall’art. 301 CE, il quale definisce anche la regola di voto applicabile all’adozione degli atti presi in attuazione dello stesso.

    48      Orbene, nel caso di specie, non si contesta che il regolamento n. 423/2007 e la decisione [controversa] siano stati adottati a maggioranza qualificata, conformemente alla regola posta dall’art. 301 CE. Né si contesta che l’adozione del medesimo regolamento sia stata preceduta dall’adozione all’unanimità della posizione comune 2007/140 e che l’adozione della decisione [controversa] sia stata preceduta dall’adozione all’unanimità della posizione comune 2008/479, con cui la ricorrente è stata iscritta nell’elenco delle entità interessate dalla misura di congelamento dei capitali in forza dell’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune 2007/140. Si deve pertanto concludere che le condizioni poste dall’art. 301 CE sono state rispettate.

    49      Di conseguenza, la censura della ricorrente relativa al mancato rispetto della regola di voto applicabile dev’essere respinta.

    50      Per quanto riguarda le altre censure della ricorrente, va ricordato che un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato CE per far fronte alle circostanze del caso di specie (v. sentenza della Corte 14 dicembre 2004, causa C‑210/03, Swedish Match, Racc. pag. I‑11893, punto 75, e sentenza del Tribunale 13 gennaio 2004, causa T‑158/99, Thermenhotel Stoiser Franz e a./Commissione, Racc. pag. II‑1, punto 164 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nel caso di specie la ricorrente non ha fornito elementi dai quali risulti che, adottando la decisione [controversa], il Consiglio perseguisse uno scopo diverso da quello di impedire la proliferazione nucleare congelando i capitali delle entità che riteneva avessero partecipato, fossero direttamente associate o avessero dato sostegno alle attività interessate, conformemente alla procedura prevista a tal fine dal Trattato CE e dal regolamento n. 423/2007».

     Argomenti delle parti

    59      La ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’interpretazione dei fondamenti giuridici del regolamento n. 423/2007 e che ha viziato il suo ragionamento con una motivazione errata.

    60      La ricorrente ricorda che l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 concerne entità che «partecipa[no], [sono] direttamente associat[e] o da[nno] il loro sostegno» ad attività nucleari dell’Iran sensibili in termini di proliferazione nucleare. Sulla base della citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (punto 167), essa adduce che, siccome il criterio pertinente adottato dal regolamento n. 423/2007 e dalla decisione controversa non è il fatto di essere controllati da un paese terzo, bensì il fatto di partecipare a determinate attività di proliferazione nucleare, tali disposizioni esulano dall’ambito di applicazione degli artt. 60 CE e 301 CE. Di conseguenza, sarebbe stato indispensabile fondare dette disposizioni non soltanto sugli artt. 60 CE e 301 CE, ma anche sull’art. 308 CE, il quale richiede un voto all’unanimità.

    61      La ricorrente lamenta che il Tribunale abbia del pari commesso un errore di diritto considerando che la posizione comune 2007/140 costituiva non un fondamento giuridico del regolamento n. 423/2007 e della decisione controversa, ma semplicemente una «condizione» posta dall’art. 301 CE. Così facendo, il Tribunale avrebbe operato una distinzione non contemplata nelle norme enunciate dal Trattato. La ricorrente sottolinea che l’elenco compreso nell’allegato V del regolamento n. 423/2007 è identico a quello menzionato nell’allegato II della posizione comune 2007/140, il quale, conformemente all’art. 7, n. 2, di quest’ultima, potrebbe essere modificato solo all’unanimità. Poiché detto regolamento sarebbe fondato sugli artt. 60 CE e 301 CE nonché su detta posizione comune, tale allegato V avrebbe dovuto essere modificato in base alla regola dell’unanimità. Adottando la decisione controversa in violazione di detta regola, il Consiglio sarebbe incorso in uno sviamento di potere.

    62      La Repubblica francese ritiene che il motivo dedotto dalla ricorrente sia in contrasto con il testo medesimo dell’art. 301 CE.

    63      Il Consiglio, il Regno Unito e la Commissione sottolineano che il regolamento n. 423/2007 concerne chiaramente la Repubblica islamica dell’Iran e che, pertanto, il ricorso all’art. 308 CE come fondamento giuridico non era necessario. A tale riguardo la citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione non sarebbe pertinente, poiché atterrebbe ad una situazione diversa. Infatti, il regolamento in discussione in quella causa non farebbe riferimento a un paese terzo, contrariamente a quanto avverrebbe nel caso di specie. La Commissione aggiunge che, pure se la ricorrente nega ora i suoi rapporti con la Repubblica islamica dell’Iran, si tratta di un motivo nuovo, come tale irricevibile.

    64      Quanto allo sviamento di potere, la Commissione è dell’avviso che il Tribunale abbia correttamente risposto al punto 50 della sentenza impugnata, facendo riferimento alla giurisprudenza applicabile in materia.

     Giudizio della Corte

    65      La ricorrente contesta il ragionamento del Tribunale relativo al fondamento giuridico del regolamento n. 423/2007, asserendo che quest’ultimo avrebbe dovuto essere adottato all’unanimità, sulla base o degli artt. 60 CE, 301 CE e 308 CE o degli artt. 60 CE e 301 CE nonché della posizione comune 2007/140. Di conseguenza, la decisione controversa non avrebbe potuto essere adottata a maggioranza qualificata, come l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 423/2007 prevede per le modifiche dell’elenco delle persone, degli organismi e delle entità di cui all’art. 7, n. 2, del medesimo regolamento.

    66      Secondo costante giurisprudenza della Corte, la scelta del fondamento giuridico di un atto comunitario dev’essere basata su circostanze obiettive, che possano essere sindacate in via giurisdizionale, tra le quali figurano, segnatamente, lo scopo e il contenuto dell’atto (v., in particolare, sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit., punto 182).

    67      La ricorrente non contesta il ricorso agli artt. 60 CE e 301 CE. Essa contesta semplicemente il fatto che il regolamento n. 423/2007 sia fondato solo su tali disposizioni.

    68      Conformemente al suo titolo, il regolamento n. 423/2007 concerne l’adozione di misure restrittive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran. Dal preambolo e dall’insieme delle sue disposizioni risulta che detto regolamento ha lo scopo di impedire o di contenere la politica adottata da tale Stato in materia nucleare, tenuto conto del rischio che essa presenta, mediante misure restrittive in ambito economico. Come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 75 delle sue conclusioni, ciò contro cui si lotta sono i rischi inerenti al programma iraniano di sviluppo nucleare e non l’attività generale di proliferazione nucleare.

    69      Siccome lo scopo e il contenuto dell’atto in questione sono chiaramente l’adozione di misure economiche contro la Repubblica islamica dell’Iran, il ricorso all’art. 308 CE non era necessario: l’art. 301 CE costituisce un fondamento giuridico sufficiente, in quanto consente un’azione della Comunità finalizzata ad interrompere o a ridurre, in tutto o in parte, le relazioni economiche con uno o più paesi terzi, azione che può comprendere misure di congelamento dei capitali di entità che, come la Bank Melli Iran, sono associate al regime del paese terzo di cui trattasi.

    70      Quanto alla necessità, propugnata dalla ricorrente, di includere tra i fondamenti giuridici la posizione comune 2007/140, è sufficiente constatare che essa è contraddetta dal testo medesimo dell’art. 301 CE, che contempla la possibilità di adottare misure comunitarie quando una posizione comune o un’azione comune adottate in virtù di disposizioni del Trattato UE, nella versione anteriore al Trattato di Lisbona, relative alla PESC prevedono un’azione della Comunità. Detto testo indica che deve esserci una posizione comune o un’azione comune perché possano essere adottate misure comunitarie, ma non che dette misure debbono essere fondate su tale posizione comune o su tale azione comune.

    71      In ogni caso, una posizione comune non può costituire il fondamento giuridico di un atto comunitario. Invero, le posizioni comuni del Consiglio in materia di PESC, quali le posizioni comuni 2007/140 e 2008/479, sono adottate nel contesto del suddetto Trattato UE, conformemente all’art. 15 di quest’ultimo, mentre i regolamenti del Consiglio, come il regolamento n. 423/2007, sono adottati nel contesto del Trattato CE.

    72      Il Consiglio poteva, dunque, adottare un atto comunitario unicamente sul fondamento delle competenze conferitegli dal Trattato CE, ossia, nella fattispecie, degli artt. 60 CE e 301 CE.

    73      È dunque a buon diritto che il Tribunale ha dichiarato, al punto 47 della sentenza impugnata, che l’esistenza di una posizione comune adottata in precedenza nell’ambito della PESC è solo una condizione posta dall’art. 301 CE.

    74      Riguardo alla censura di sviamento di potere, si deve constatare che la ricorrente non dimostra sotto quale profilo il punto 50 della sentenza impugnata sia errato.

    75      Alla luce dei suddetti elementi risulta che il secondo motivo sollevato in via principale è infondato.

     Sul terzo motivo sollevato in via principale, vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione dell’atto, dei diritti della difesa e del principio di tutela del legittimo affidamento

    76      Tale motivo è diretto contro i punti 80‑85 della sentenza impugnata, che sono così formulati:

    «80      L’obbligo di motivare un atto che arreca pregiudizio, come previsto dall’art. 253 CE e, più in particolare, nel caso di specie, dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice comunitario e, dall’altro lato, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo sindacato di legittimità su tale atto. L’obbligo di motivazione così formulato costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, al quale si può derogare solo a seguito di ragioni imperative. La motivazione, in linea di principio, deve quindi essere comunicata all’interessato contemporaneamente all’atto che gli arreca pregiudizio. La mancanza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza dei motivi dell’atto nel corso del procedimento dinanzi al giudice comunitario. Inoltre, il rispetto dell’obbligo di motivazione è tanto più importante nel caso di una decisione iniziale di congelamento dei capitali di un’entità, in quanto costituisce l’unica garanzia che consenta all’interessato di avvalersi utilmente dei [mezzi di ricorso] a sua disposizione per contestare la legittimità della detta decisione, dal momento che egli non dispone di un diritto di audizione prima dell’adozione di siffatta decisione (v., in tal senso e per analogia, sentenza [del Tribunale Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, cit.], punti 138‑140 e giurisprudenza ivi citata).

    81      Pertanto, salvo che ragioni imperative riguardanti la sicurezza della Comunità e dei suoi Stati membri o la condotta delle loro relazioni internazionali non ostino alla comunicazione di taluni elementi (v., per analogia, sentenza Kadi [e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit.], punto 342), il Consiglio è tenuto, ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, a portare a conoscenza dell’entità interessata le ragioni specifiche e concrete per le quali è stata adottata una decisione di congelamento dei capitali, quale la decisione [controversa]. Esso deve quindi menzionare gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione giuridica della decisione e le considerazioni che l’hanno indotto ad adottarla. In tutta la misura del possibile, detta motivazione dev’essere comunicata contemporaneamente all’adozione della misura di cui trattasi o, appena possibile, successivamente alla stessa (v., in tal senso e per analogia, sentenza [del Tribunale Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, cit.], punti 143‑148 nonché giurisprudenza ivi citata).

    82      Tuttavia, la motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e al contesto nel quale è stato adottato. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’adeguatezza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia. In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (v. sentenza [del Tribunale Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, cit.], punto 141 e giurisprudenza ivi citata).

    83      Come rilevato supra al punto 57, l’attuazione dell’art. 7, n. 2, lett. a) e b), del regolamento n. 423/2007 postula che l’entità interessata partecipi, sia direttamente associata o fornisca un sostegno alla proliferazione nucleare. Di conseguenza, oltre all’indicazione del fondamento normativo della misura adottata, l’obbligo di motivazione cui il Consiglio è tenuto verte proprio su tale circostanza. Al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, invece, il Consiglio non era tenuto a motivare né la sua scelta di spingersi oltre le misure decise con la risoluzione 1803 (2008), alla quale la decisione [controversa] non dava attuazione, come accertato al punto 65 supra, né la scelta di trattare la ricorrente in modo diverso rispetto ad altre banche iraniane.

    84      Nel caso di specie, sia nel titolo della decisione [controversa] sia al [punto 2] della stessa, il Consiglio ha indicato che le misure adottate erano fondate sull’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007. Inoltre, al punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione [controversa] esso ha precisato le ragioni individuali e specifiche che lo hanno portato a ritenere che la ricorrente fornisse un sostegno alla proliferazione nucleare. Difatti, il Consiglio ha menzionato, in primo luogo, il tipo di sostegno fornito dalla ricorrente, ossia la prestazione di servizi finanziari tra cui l’apertura di lettere di credito e la gestione di conti, in secondo luogo, le attività legate alla proliferazione nucleare interessate da tali servizi, ossia l’acquisto di materie sensibili, e, in terzo luogo, i beneficiari del sostegno fornito dalla ricorrente, vale a dire le otto entità nominativamente designate.

    85      Di conseguenza (...), il Tribunale ritiene che la motivazione della decisione [controversa] per quanto riguarda la ricorrente sia sufficiente».

    77      Il terzo motivo sollevato in via principale è diretto parimenti contro il punto 97 della sentenza impugnata, che è così formulato:

    «A questo proposito, occorre respingere l’affermazione della ricorrente secondo cui il Consiglio era tenuto a fornirle d’ufficio un accesso agli elementi del suo fascicolo. Infatti, quando informazioni sufficientemente precise, che permettano all’entità interessata di far conoscere utilmente il suo punto di vista sugli elementi ritenuti a suo carico da parte del Consiglio, sono state comunicate, il principio del rispetto dei diritti della difesa non implica per quest’ultimo l’obbligo di concedere spontaneamente l’accesso ai documenti contenuti nel suo fascicolo. Soltanto su richiesta della parte interessata il Consiglio è tenuto a consentire l’accesso a tutti i documenti amministrativi non riservati relativi alla misura di cui trattasi (v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale 11 luglio 2002, causa T‑205/99, Hyper/Commissione, Racc. pag. II‑3141, punti 63‑65 e giurisprudenza ivi citata). La comunicazione spontanea degli elementi del fascicolo costituirebbe infatti una condizione eccessiva, dato che, al momento dell’adozione di una misura di congelamento dei capitali, non è certo che l’entità interessata voglia verificare, tramite l’accesso al fascicolo, gli elementi di fatto sottesi alle affermazioni formulate a suo carico dal Consiglio».

    78      Occorre, infine, riportare i punti 102-104 della sentenza impugnata:

    «102      Quanto al fatto che il Consiglio non ha presentato spontaneamente gli elementi di prova a sostegno della motivazione della decisione [controversa], dal punto 97 supra e dal punto 107 infra emerge che esso non vi era tenuto, né prima né dopo l’introduzione del presente ricorso.

    103      Parimenti, la ricorrente non spiega perché la necessità di verificare singolarmente le sue relazioni con le entità designate nella decisione [controversa] le avrebbe impedito di chiedere l’accesso al fascicolo del Consiglio o di domandare un’audizione. Al contrario, queste iniziative avrebbero potuto agevolare le ricerche da effettuare, grazie ai documenti consultati o alle precisazioni ottenute. 

    104      Alla luce di quanto precede si deve concludere che, non avendo la ricorrente presentato una domanda in tal senso al Consiglio, quest’ultimo non era tenuto ad accordarle un accesso al fascicolo o a procedere a un’audizione, il che implica che la censura relativa alla violazione dei diritti della difesa dev’essere respinta».

     Argomenti delle parti

    79      La ricorrente contesta, in primo luogo, la conclusione del Tribunale, esposta ai punti 84 e 85 della sentenza impugnata, secondo la quale essa avrebbe disposto di informazioni sufficientemente precise riguardo ai motivi del congelamento dei suoi capitali; in secondo luogo, la conclusione del Tribunale, al punto 97 della sentenza impugnata, secondo la quale il Consiglio non era tenuto a fornirle un accesso agli elementi del fascicolo; in terzo luogo, la conclusione del Tribunale, ai punti 102 e 104 della sentenza impugnata, secondo la quale, non avendo essa presentato una domanda in tal senso al Consiglio, quest’ultimo non era tenuto ad accordarle accesso al fascicolo, né prima né dopo l’introduzione del ricorso, nonché, in quarto luogo, la conclusione del Tribunale, al punto 106 della sentenza impugnata, a termini della quale esso si riteneva in condizione di esercitare il suo pieno controllo.

    80      La ricorrente ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, la persona interessata deve ricevere, sin dal procedimento amministrativo, tutte le indicazioni necessarie a tutelare i propri interessi. Essa aggiunge, citando la sentenza 27 giugno 1991, causa C‑49/88, Al-Jubail Fertilizer/Consiglio (Racc. pag. I‑3187, punti 17 e 18), che tale persona deve essere messa in condizione di far conoscere efficacemente il proprio punto di vista sulla sussistenza e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze allegati nonché sugli elementi di prova accolti contro di essa. Conformemente alla sentenza 8 luglio 1999, causa C‑51/92 P, Hercules Chemicals/Commissione (Racc. pag. I‑4235, punti 76 e 78), la violazione di tale diritto non potrebbe essere sanata dal fatto che l’accesso al fascicolo è stato reso possibile in una fase ulteriore, in sede di ricorso per l’annullamento della decisione contestata. A fortiori, sulla base di tale giurisprudenza, i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva non sarebbero rispettati quando l’accesso al fascicolo non è mai stato offerto, neppure durante il procedimento di annullamento.

    81      I punti contestati della sentenza impugnata sarebbero in contrasto con la giurisprudenza del Tribunale medesimo, ossia con la sentenza 4 dicembre 2008, causa T‑284/08, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio (Racc. pag. II‑3487, punti 74 e 75), nonché con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, segnatamente con le sentenze Saadi c. Italia del 28 febbraio 2008 (§§ 138 e 139), e A. e a. c. Regno Unito del 19 febbraio 2009 (§ 126).

    82      La Repubblica francese e il Regno Unito sostengono che la decisione controversa, al punto 4 della tabella B del suo allegato, conteneva informazioni chiare e sufficienti quanto alla ricorrente. Pertanto non era necessario, a loro avviso, darle accesso agli elementi del fascicolo, così come ha rilevato il Tribunale al punto 97 della sentenza impugnata.

    83      Secondo la Repubblica francese, la succitata sentenza del Tribunale People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio non è pertinente, poiché concerne la procedura applicabile alle sanzioni in materia di terrorismo, laddove la decisione controversa verte su sanzioni contro un paese terzo. Quanto alla giurisprudenza relativa alle controversie in materia di concorrenza, il Consiglio e il Regno Unito ritengono che anch’essa non sia pertinente nella fattispecie. Il Regno Unito e la Commissione sono inoltre dell’avviso che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo non sia idonea a fondare il ragionamento della ricorrente.

    84      Il Consiglio e la Commissione fanno valere, riguardo alla produzione di prove nel corso del procedimento giurisdizionale, che la ricorrente non tiene conto dei punti 30, 31 e 107 della sentenza impugnata, dai quali risulta «che il ricorso non contiene motivi che mettano in discussione la constatazione del Consiglio secondo cui la ricorrente avrebbe fornito un sostegno finanziario alla proliferazione nucleare, benché tale constatazione costituisca il fondamento della decisione [controversa] nella parte che riguarda la ricorrente e, di conseguenza, [un] tale motivo pote[sse] essere fatto valere sin dalla formazione del ricorso, eventualmente precisando che sarebbero state presentate prove supplementari non appena fossero state disponibili» (punto 30), cosicché il Tribunale ha potuto concludere, al punto 107 della sentenza impugnata, che non era necessario, per il Consiglio, produrre elementi probatori a sostegno dei motivi indicati nella decisione controversa.

    85      Interrogata su tale punto in udienza, la ricorrente ha risposto che un motivo diretto a contestare l’apporto di un sostegno finanziario alla proliferazione nucleare era implicitamente incluso nel ricorso proposto dinanzi al Tribunale e che essa intendeva svilupparlo dopo aver ricevuto il fascicolo con le prove sul quale il Consiglio si era basato per adottare la decisione controversa.

     Giudizio della Corte

    86      Per quanto riguarda il capo del presente motivo vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, si deve constatare preliminarmente che, in assenza di notifica, da parte del Consiglio, delle ragioni individuali e specifiche alla base della decisione controversa conformemente all’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, è la motivazione che figura in detta decisione, quale è stata pubblicata e segnalata alla ricorrente dalla Commissione bancaria francese, che occorre prendere in considerazione. 

    87      Il Tribunale non ha commesso errore di diritto dichiarando, ai punti 84 e 85 della sentenza impugnata, che la motivazione della decisione controversa era sufficiente tenuto conto della giurisprudenza in tema di obbligo di motivazione. In particolare, il Tribunale ha rilevato che detta decisione indicava il fondamento giuridico sul quale era stata adottata nonché le ragioni individuali e specifiche che avevano indotto il Consiglio a considerare che la ricorrente apportava un sostegno alla proliferazione nucleare in Iran. Alla lettura della motivazione della decisione controversa si deve confermare che tali elementi erano sufficienti per consentire alla ricorrente di comprendere che cosa le veniva addebitato e di valutare la fondatezza di detta decisione.

    88      La questione della motivazione della decisione controversa è, tuttavia, distinta da quella della prova del comportamento contestato alla ricorrente, ossia i fatti menzionati in detta decisione e la qualificazione degli stessi come una partecipazione o un sostegno alle attività nucleari della Repubblica islamica dell’Iran che presentano un rischio di proliferazione o allo sviluppo, da parte di detto Stato, di sistemi di lancio di armi nucleari, ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) e b), del regolamento n. 423/2007.

    89      Come hanno fatto valere il Regno Unito e la Commissione, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo invocata dalla ricorrente non è pertinente. Infatti, le citate sentenze Saadi c. Italia e A. e a. c. Regno Unito sono relative all’art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), ossia al divieto assoluto di tortura, pene e trattamenti disumani e degradanti. Orbene, il diritto di proprietà, che il congelamento dei capitali lede, non gode, né nel contesto della CEDU né in quello del diritto dell’Unione, di una tale protezione assoluta (sul carattere assoluto del divieto di tortura, v. sentenza 12 giugno 2003, causa C‑112/00, Schmidberger, Racc. pag. I‑5659, punto 80), sicché la giurisprudenza invocata non può essergli trasposta.

    90      Il regolamento n. 423/2007 non prevede un procedimento amministrativo preliminare alle decisioni di congelamento di capitali, sia essa la decisione iniziale, tenuto conto dell’atteso effetto sorpresa, sia essa una decisione di riesame. Solo l’avviso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea descritto al punto 21 della presente sentenza è relativo agli interessi delle persone, delle entità e degli organismi inclusi in un elenco autorizzando costoro a chiedere il riesame della decisione con la quale sono stati inclusi in detto elenco, allegando alla loro domanda i documenti giustificativi.

    91      Tenuto conto, nella fattispecie, dell’assenza di un procedimento amministrativo organizzato, la giurisprudenza dell’Unione invocata dalla ricorrente non è pertinente. Infatti, la succitata sentenza Al-Jubail Fertilizer/Consiglio è stata resa nell’ambito di un procedimento di dumping, al quale si applicava il regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1984, n. 2176, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni da parte di paesi non membri della Comunità economica europea (GU L 201, pag. 1), mentre la citata sentenza Hercules Chemicals/Commissione è stata resa in una controversia in materia di concorrenza in cui trovavano applicazione il regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), e il regolamento (CEE) della Commissione 25 luglio 1963, n. 99, relativo alle audizioni previste all’articolo 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17 del Consiglio (GU 1963, 127, pag. 2268).

    92      In ogni caso, al punto 97 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato che soltanto su richiesta della parte interessata il Consiglio è tenuto a consentire l’accesso a tutti i documenti amministrativi non riservati relativi alla misura di cui trattasi. La ricorrente non spiega, tuttavia, sotto quale profilo il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto con tale statuizione. Peraltro, risulta dalle constatazioni del Tribunale ai punti 103 e 104 della sentenza impugnata, non contestati dalla ricorrente nella sua impugnazione, che essa non ha chiesto al Consiglio l’accesso al fascicolo di quest’ultimo.

    93      Risulta da quanto sopra che il terzo motivo sollevato in via principale è infondato.

     Sul primo motivo sollevato in subordine, vertente su una violazione dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2008 e su una contraddizione della motivazione che inficerebbe la sentenza impugnata

    94      Tale motivo è diretto segnatamente contro i punti 51, 52, 64 e 65 della sentenza impugnata, che sono così formulati:

    «51      Infine, laddove la ricorrente sostiene che l’art. 15, n. 2, e l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 non possono costituire un fondamento normativo valido della decisione [controversa] in quanto permettono al Consiglio di adottare misure di congelamento dei capitali che vanno oltre le misure decise dal Consiglio di sicurezza, va rilevato che nulla negli artt. 60 CE e 301 CE permette di considerare che la competenza conferita alla Comunità da tali disposizioni sia limitata all’attuazione delle misure decise dal Consiglio di sicurezza. Pertanto, il Consiglio è competente ad adottare non solo l’art. 7, n. 1, del regolamento n. 423/2007, che attua la risoluzione 1737 (2006) ordinando il congelamento dei capitali delle entità in essa designate, ma anche l’art. 7, n. 2, del medesimo regolamento, che permette l’adozione delle misure di congelamento dei capitali di altre entità che, secondo il Consiglio, partecipano, sono direttamente associate o danno sostegno alla proliferazione nucleare.

    52      Di conseguenza, è certamente vero che il sesto ‘considerando’ del regolamento n. 423/2007 impone al Consiglio di esercitare il potere ad esso conferito dall’art. 7, n. 2, del medesimo regolamento “tenuto conto degli obiettivi [della risoluzione] 1737 (2006)”. Tuttavia, l’obbligo di perseguire gli obiettivi della risoluzione 1737 (2006) non implica affatto che l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 possa essere applicato soltanto nei confronti delle entità interessate da misure restrittive adottate dal Consiglio di sicurezza in forza della stessa risoluzione. La mancanza di misure adottate dal Consiglio di sicurezza o una presa di posizione specifica da parte di quest’ultimo possono, tutt’al più, essere prese in considerazione, assieme ad altri elementi rilevanti, nel quadro della valutazione volta a stabilire se le condizioni poste dall’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 siano o meno soddisfatte.

    (...)

    64      In via preliminare, dai punti 51 e 52 della presente sentenza emerge che l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 conferisce al Consiglio un potere autonomo, la cui attuazione è indipendente dall’adozione, da parte del Consiglio di sicurezza, di misure restrittive nei confronti delle entità interessate. Infatti, l’oggetto dell’art. 7, n. 2, del suddetto regolamento e della decisione [controversa], adottata in forza dello stesso, non è quello di dare attuazione a risoluzioni del Consiglio di sicurezza, adottate in materia di proliferazione nucleare, ma soltanto di assicurare che gli obiettivi perseguiti da una delle risoluzioni di cui trattasi, ossia la risoluzione 1737 (2006), siano raggiunti adottando misure restrittive autonome.

    65      Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, né l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 né la decisione [controversa] danno attuazione alla risoluzione 1803 (2008), il che implica che il contenuto e gli obiettivi di quest’ultima risoluzione non costituiscono un criterio alla luce del quale va valutata la compatibilità della decisione [controversa] con il principio di proporzionalità».

     Argomenti delle parti

    95      La ricorrente sostiene che il Tribunale non ha tenuto conto dei limiti del potere discrezionale del Consiglio ai sensi dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 escludendo la pertinenza delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza in tale valutazione. Pertanto esso avrebbe commesso un errore di diritto e uno di valutazione dei fatti respingendo i motivi vertenti sulla violazione del principio di proporzionalità e del diritto di proprietà e la sua motivazione sarebbe contraddittoria.

    96      Secondo la ricorrente, il nesso tra il regolamento n. 423/2007 e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza è innegabile. Oggetto di detto regolamento sarebbe stato mettere in vigore dette risoluzioni. Ora, la risoluzione 1803 (2008) avrebbe chiesto agli Stati unicamente di «vigilare» sulla Bank Melli Iran.

    97      Il ragionamento del Tribunale sarebbe, poi, viziato da una contraddittorietà della motivazione. Infatti, al punto 52 della sentenza impugnata, il Tribunale rileverebbe la pertinenza delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza, mentre, ai punti 64 e 65 della medesima sentenza, descriverebbe il potere del Consiglio come autonomo.

    98      Il Consiglio, la Repubblica francese, il Regno Unito e la Commissione insistono sul carattere autonomo delle misure adottate dal Consiglio. La Repubblica francese osserva come, nella risoluzione 1803 (2008), il Consiglio di sicurezza si sia rimesso alla valutazione degli Stati. In ogni caso, il fatto che il Consiglio di sicurezza abbia raccomandato di vigilare non implicherebbe che il congelamento dei capitali sia una misura sproporzionata. La Commissione sottolinea che il Consiglio ha perseguito l’obiettivo della risoluzione 1737 (2006).

    99      Detti Stati membri e istituzioni fanno presenti, peraltro, le deroghe previste dal regolamento n. 423/2007, segnatamente al suo art. 9, e concludono per l’assenza di violazione del principio di proporzionalità.

     Giudizio della Corte

    100    Occorre anzitutto ricordare che le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, da una parte, e le posizioni comuni del Consiglio nonché i suoi regolamenti, dall’altra, fanno capo ad ordinamenti giuridici distinti.

    101    Le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, quali le risoluzioni 1737 (2006) e 1803 (2008), sono state adottate nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite della quale né l’Unione né la Comunità fanno parte. Le posizioni comuni del Consiglio in materia di PESC, quali le posizioni comuni 2007/140 e 2008/479, sono state adottate nell’ambito del titolo V del Trattato UE, nella versione anteriore al Trattato di Lisbona, conformemente all’art. 15 dello stesso. Quanto ai regolamenti del Consiglio, come il regolamento n. 423/2007, essi sono stati adottati nell’ambito del Trattato CE, il quale costituisce il pilastro comunitario dell’Unione.

    102    Gli atti adottati nell’ambito, da un lato, delle Nazioni Unite e, dall’altro, dell’Unione promanano da organi i quali dispongono di poteri autonomi, che sono loro attribuiti dalle rispettive carte fondamentali ossia dai trattati che le hanno istituite.

    103    Nella succitata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione la Corte ha statuito sui rapporti intercorrenti tra una risoluzione del Consiglio di sicurezza e un regolamento comunitario. Essa ha affermato, in particolare, al punto 296 di detta sentenza, che, nell’elaborazione di misure comunitarie aventi ad oggetto l’attuazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza presa in conto da una posizione comune, la Comunità deve tenere in debita considerazione i termini e gli obiettivi della risoluzione di cui trattasi.

    104    La Corte ha inoltre ripetutamente affermato la necessità di tener conto del testo e dell’oggetto di una risoluzione del Consiglio di sicurezza per l’interpretazione del regolamento che intende attuarla (sentenze 30 luglio 1996, causa C‑84/95, Bosphorus, Racc. pag. I‑3953, punto 14; 27 febbraio 1997, causa C‑177/95, Ebony Maritime e Loten Navigation, Racc. pag. I‑1111, punto 20; 11 ottobre 2007, causa C‑117/06, Möllendorf e Möllendorf-Niehuus, Racc. pag. I‑8361, punto 54; Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit., punto 297; 29 aprile 2010, causa C‑340/08, M e a., Racc. pag. I‑3913, punto 45, nonché 29 giugno 2010, causa C‑550/09, E e F, Racc. pag. I‑6213, punto 72).

    105    La Corte ha dichiarato pure, tuttavia, che, senza con questo rimettere in discussione il primato di una risoluzione del Consiglio di sicurezza sul piano del diritto internazionale, il rispetto che si impone alle istituzioni comunitarie nei confronti delle istituzioni delle Nazioni Unite non poteva comportare l’assenza di controllo della legittimità dell’atto comunitario con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto comunitario (v., in tal senso, sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit., punti 288 e 326).

    106    Tali elementi offrono un adeguato supporto alla conclusione del Tribunale, esposta al punto 64 della sentenza impugnata, secondo cui il potere conferito al Consiglio dall’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 è un potere autonomo. A tale riguardo un obbligo di «ten[ere] in debita considerazione» i termini e gli obiettivi della risoluzione di cui trattasi non è affatto in contrasto con la constatazione che il Consiglio statuisce in autonomia, nel rispetto delle regole del suo proprio ordinamento giuridico. Perciò, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il Tribunale non si è contraddetto allorché, al punto 52 della sentenza impugnata, ha rilevato la pertinenza delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza, mentre, ai punti 64 e 65 della medesima sentenza, ha descritto il potere del Consiglio come autonomo.

    107    Il Tribunale ha considerato, al punto 65 della sentenza impugnata, che il contenuto e gli obiettivi della risoluzione 1803 (2008) non costituivano un criterio alla luce del quale andava valutata la compatibilità della decisione controversa con il principio di proporzionalità. Tale affermazione deve essere compresa alla luce del testo della risoluzione 1803 (2008), che non impone agli Stati misure precise, ma chiede loro di vigilare sulle attività svolte dalle istituzioni finanziarie stabilite sul loro territorio, in particolare la Bank Melli Iran, per evitare che tali attività concorrano al rischio di proliferazione nucleare.

    108    Un testo così concepito non vieta affatto agli Stati di adottare misure concrete di congelamento dei capitali nei confronti della Bank Melli Iran. 

    109    Risulta da quanto sopra che il primo motivo sollevato in subordine è infondato.

     Sul secondo motivo sollevato in subordine, vertente su un errore di valutazione quanto al diritto di proprietà della ricorrente

    110    Tale secondo motivo è diretto, più in particolare, contro i punti 70 e 71 della sentenza impugnata, che sono così formulati:

    «70      In quarto luogo, per quanto riguarda gli inconvenienti causati alla ricorrente e la restrizione dei suoi diritti fondamentali, tra i quali il diritto di proprietà e il diritto di esercitare un’attività economica, va osservato che, secondo una giurisprudenza consolidata, tali diritti sono parte integrante dei principi generali di diritto di cui il giudice comunitario garantisce il rispetto. Infatti, il rispetto dei diritti fondamentali rappresenta una condizione di legittimità degli atti comunitari (v. sentenza Kadi [e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit.], punto 284 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, dalla giurisprudenza emerge altresì che i diritti fondamentali non sono prerogative assolute e il loro esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità. Infatti, qualsiasi misura restrittiva economica o finanziaria comporta, per definizione, conseguenze negative sui diritti di proprietà e sul libero esercizio delle attività professionali, causando quindi danni, in particolare per le entità che esercitano le attività che le misure restrittive di cui trattasi mirano ad impedire. L’importanza degli obiettivi perseguiti dalla normativa controversa è tale da giustificare eventuali conseguenze negative, anche di un certo peso, per taluni operatori (v., in tal senso, [citate] sentenze della Corte [Bosphorus], punti 21‑23, e Kadi [e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione], punti 355 e 361).

    71      Nel caso di specie, la libertà di esercitare un’attività economica e il diritto di proprietà della ricorrente risultano notevolmente limitati a causa dell’adozione della decisione [controversa], dal momento che essa non può, in particolare, disporre dei propri capitali situati sul territorio della Comunità o in possesso di cittadini comunitari, se non in virtù di specifiche autorizzazioni, e le sue succursali, domiciliate sul detto territorio, non possono concludere nuove operazioni con i propri clienti. Tuttavia, data l’importanza fondamentale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, gli inconvenienti provocati non sono sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti, tanto più che, da un lato, tali restrizioni riguardano solo una parte degli attivi della ricorrente e, dall’altro lato, gli artt. 9 e 10 del regolamento n. 423/2007 prevedono talune deroghe per consentire alle entità interessate da misure di congelamento dei capitali di far fronte alle spese essenziali».

     Argomenti delle parti

    111    La ricorrente fa valere che, conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in particolare alle citate sentenze Saadi c. Italia (§ 138 e 139) nonché A. e a. c. Regno Unito (§ 126), la tutela dei diritti fondamentali garantiti dalla CEDU non può essere oggetto di ponderazione rispetto alla lotta contro il terrorismo e alla difesa dallo stesso. Il medesimo ragionamento si applicherebbe, per identici motivi, alle misure da prendere per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. La giustificazione offerta per le misure restrittive adottate, vale a dire il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, costituirebbe una motivazione errata rispetto alla tutela dei diritti dell’uomo, di cui la Corte assicura il rispetto nell’ordinamento giuridico comunitario.

    112    Il Consiglio, la Repubblica francese, il Regno Unito e la Commissione ricordano che il diritto di proprietà non è assoluto. Essi sottolineano che la sentenza impugnata è conforme alla giurisprudenza della Corte (citate sentenze Bosphorus nonché Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione) e a quella della Corte europea dei diritti dell’uomo [sentenza Hava Yolları Turizm ve Ticaret Anonim Şirketi (Bosphorus Airways) c. Irlanda del 30 giugno 2005, Recueil des arrêts et décisions 2005-VI, § 155]. Essi rilevano, peraltro, che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo citata dalla ricorrente non è pertinente, giacché non concerne il diritto di proprietà.

     Giudizio della Corte

    113    Senza che sia necessario prendere posizione sulla questione se la ricorrente, in quanto entità interamente detenuta dallo Stato iraniano, potesse invocare la tutela del diritto di proprietà quale diritto fondamentale, è sufficiente constatare che giustamente il Tribunale ha ricordato, al punto 70 della sentenza impugnata, che i diritti fondamentali qui in causa non sono prerogative assolute e che il loro esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità.

    114    È quanto avviene, invero, nel caso del diritto di proprietà e della libertà di esercitare un’attività economica (v., in particolare, sentenze 14 maggio 1974, causa 4/73, Nold/Commissione, Racc. pag. 491, punto 14; 10 luglio 2003, cause riunite C‑20/00 e C‑64/00, Booker Aquaculture e Hydro Seafood, Racc. pag. I‑7411, punti 67 e 68; Swedish Match, cit., punto 72, nonché Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit., punto 355). Ne consegue che possono essere apportate restrizioni al diritto di libero esercizio di un’attività professionale, così come all’esercizio del diritto di proprietà, a condizione che tali restrizioni siano effettivamente consone ad obiettivi di interesse generale perseguiti e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (sentenza Swedish Match, cit., punto 72).

    115    Al riguardo, la motivazione accolta dal Tribunale al punto 71 della sentenza impugnata, che dà atto dell’importanza fondamentale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, è sufficiente per identificare l’obiettivo di interesse generale perseguito. Tale argomento deve essere letto, infatti, alla luce dei diversi atti nel cui contesto di adozione la decisione controversa s’iscrive.

    116    Come è stato indicato al punto 89 della presente sentenza, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo invocata dalla ricorrente non è pertinente.

    117    Peraltro il Tribunale ha sottolineato, da un lato, che le restrizioni riguardano solo una parte degli attivi della ricorrente e, dall’altro, che gli artt. 9 e 10 del regolamento n. 423/2007 prevedono talune eccezioni che consentono alle entità interessate dalle misure di congelamento dei capitali di far fronte alle spese essenziali. Una tale considerazione costituisce una verifica implicita ma sufficiente della proporzionalità di dette misure.

    118    Il secondo motivo sollevato in subordine va pertanto respinto.

     Sul terzo motivo sollevato in subordine, vertente sull’errore manifesto di valutazione risultante dall’inclusione e dal mantenimento della ricorrente nell’elenco contenuto nell’allegato V del regolamento n. 423/2007

     Argomenti delle parti

    119    La ricorrente menziona il regolamento (CE) del Consiglio 17 novembre 2009, n. 1100, che attua l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007 e che abroga la decisione 2008/475 (GU L 303, pag. 31). Tale regolamento costituirebbe un elemento nuovo che consente alla ricorrente di presentare motivi nuovi. Ora, risulterebbe da una lettera del Consiglio del 18 novembre 2009 che detto regolamento si fonda tanto sulle giustificazioni che avevano condotto inizialmente all’inclusione della ricorrente nell’elenco figurante all’allegato V del regolamento n. 423/2007, quanto su elementi nuovi descritti in una lettera del Consiglio del 1° ottobre 2009. Qualora la Corte ritenesse che, nonostante il deposito di un ricorso di annullamento contro la decisione controversa, la ricorrente non abbia contestato con certezza, neppure implicitamente, la veridicità dell’allegazione del Consiglio secondo la quale essa parteciperebbe alla proliferazione nucleare, le sarebbe possibile contestare adesso tale allegazione.

    120    La ricorrente fa valere che il Consiglio ha commesso un errore manifesto di valutazione dei fatti includendola e mantenendola nell’elenco di cui all’allegato V del regolamento n. 423/2007 e rinvia in proposito all’insieme dei documenti da essa depositati per contestare il regolamento n. 1100/2009.

    121    Il Consiglio, la Repubblica francese, il Regno Unito e la Commissione ritengono che tale motivo sia irricevibile, perché finisce con l’investire la Corte di una controversia più ampia di quella su cui ha statuito il Tribunale.

     Giudizio della Corte

    122    Ammesso pure che il regolamento n. 1100/2009 costituisca un elemento nuovo che consente alla ricorrente di formulare un motivo nuovo, è sufficiente constatare che tale motivo atterrebbe al merito della controversia e non al procedimento di impugnazione. Ora, nell’ambito di tale procedimento, la competenza della Corte è limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata data ai motivi dibattuti dinanzi ai primi giudici o che il Tribunale avrebbe dovuto rilevare d’ufficio.

    123    Ne consegue che tale motivo è irricevibile.

    124    Dal momento che nessuno dei motivi sollevati dalla ricorrente è stato accolto, l’impugnazione dev’essere respinta.

     Sulle spese

    125    Ai sensi dell’art. 122 del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del successivo art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, e il Consiglio, la Repubblica francese, il Regno Unito e la Commissione ne hanno fatto domanda, occorre condannarla alle spese.

    Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

    1)      L’impugnazione è respinta.

    2)      La Bank Melli Iran è condannata alle spese.

    Firme


    ** Lingua processuale: il francese.

    Top