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Document 62009CC0145

Conclusioni dell'avvocato generale Bot del 8 giugno 2010.
Land Baden-Württemberg contro Panagiotis Tsakouridis.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg - Germania.
Libera circolazione delle persone - Direttiva 2004/38/CE - Artt. 16, n. 4, e 28, n. 3, lett. a) - Cittadino dell’Unione nato e residente da più di 30 anni nello Stato membro ospitante - Assenze dal territorio dello Stato membro ospitante - Condanne penali - Decisione di allontanamento - Motivi imperativi di pubblica sicurezza.
Causa C-145/09.

Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-11979

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2010:322

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate l’8 giugno 2010 1(1)

Causa C‑145/09

Land Baden-Württemberg

contro

Panagiotis Tsakouridis

[domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg (Germania)]

«Direttiva 2004/38/CE – Libera circolazione delle persone – Cittadino dell’Unione – Condanne penali – Decisione di allontanamento – Gravi motivi di pubblica sicurezza»





1.        Con il presente rinvio pregiudiziale, il Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg (Germania) chiede alla Corte di chiarire le condizioni di concessione della protezione contro l’allontanamento di cui all’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38/CE (2). Tale disposizione prevede che la decisione di allontanamento possa essere adottata nei confronti di un cittadino dell’Unione che abbia soggiornato i precedenti dieci anni nel territorio dello Stato membro ospitante soltanto per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

2.        In particolare, si interroga la Corte sulla questione se, da un lato, la nozione di motivi imperativi di pubblica sicurezza debba essere intesa come una nozione in cui rientrano esclusivamente rilievi legati alla protezione dello Stato membro e delle sue istituzioni e, dall’altro, se assenze ripetute e prolungate dal territorio dello Stato membro ospitante influiscano sul calcolo del termine di dieci anni richiesto per ottenere la protezione contro l’allontanamento.

3.        Nelle presenti conclusioni suggerirò alla Corte di dichiarare che l’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38 dev’essere interpretato nel senso che la nozione di pubblica sicurezza non è intesa soltanto nell’accezione ristretta di rischio per la sicurezza interna o esterna dello Stato membro ospitante o per la tutela delle sue istituzioni, ma comprende, altresì, i gravi pregiudizi arrecati a un interesse fondamentale della società quali i valori essenziali di protezione dei suoi cittadini, che tale Stato individua tramite le violazioni che esso prevede a tutela dei propri cittadini.

4.        Indicherò altresì alla Corte quali sono, a mio avviso, le condizioni particolari che devono essere soddisfatte affinché l’autorità nazionale competente possa adottare in maniera legittima una decisione di allontanamento, in particolare in una situazione come quella descritta nella causa principale, in cui siffatta decisione interverrebbe alla scadenza dell’esecuzione di una sanzione penale.

5.        Esporrò alla Corte, inoltre, i motivi per cui ritengo che, sotto un profilo generale, le assenze temporanee non influiscano sul calcolo del termine dei dieci anni di cui all’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38, poiché non rimettono in discussione il forte legame che unisce il cittadino dell’Unione allo Stato membro ospitante – circostanza, quest’ultima, la cui verifica spetta al giudice nazionale.

6.        Tuttavia, a mio avviso, un’assenza di oltre sedici mesi dal territorio dello Stato membro ospitante terminata, come nella presente causa, soltanto per il rientro forzato del cittadino dell’Unione a seguito di un provvedimento giudiziario adottato dalle autorità competenti di tale Stato, può invece far perdere a tale cittadino il beneficio della protezione rafforzata prevista dal suddetto articolo, in quanto rappresenterebbe la rottura del forte legame che unisce il detto cittadino a tale Stato, elemento che spetta al giudice nazionale valutare.

I –    Contesto normativo

A –    Il diritto primario

7.        L’art. 3, n. 2, del Trattato UE così recita:

«L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima».

B –    La direttiva 2004/38

8.        Prima che entrasse in vigore la direttiva 2004/38, esistevano diverse direttive e regolamenti in materia di libera circolazione delle persone e di diritto di soggiorno dei cittadini europei. Questa direttiva ha riunito e semplificato la normativa dell’Unione su tale argomento.

9.        Infatti, la detta direttiva abolisce l’obbligo per i cittadini dell’Unione di ottenere la carta di soggiorno, introduce il diritto di soggiorno permanente a favore dei suddetti cittadini e circoscrive la possibilità per gli Stati membri di limitare il soggiorno dei cittadini degli altri Stati membri sul loro territorio.

10.      L’art. 16, n. 1, della direttiva 2004/38 prevede dunque che il cittadino dell’Unione che abbia soggiornato in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto Stato. L’art. 16, n. 3, della suddetta direttiva precisa che la continuità della residenza non è pregiudicata, in particolare, da assenze temporanee che non superino complessivamente sei mesi all’anno.

11.      Secondo l’art. 16, n. 4, della stessa direttiva, una volta acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi.

12.      I cittadini dell’Unione beneficiano, inoltre, di una protezione contro l’allontanamento. Invero, la direttiva 2004/38 disciplina rigorosamente la possibilità per gli Stati membri di limitare il diritto di circolare e di soggiornare dei cittadini dell’Unione ispirandosi direttamente alla giurisprudenza della Corte sull’argomento.

13.      Pertanto, ai sensi dell’art. 27, n. 1, di questa direttiva, gli Stati membri possono limitare tale diritto per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per fini economici.

14.      Riprendendo i criteri elaborati dalla Corte, l’art. 27, n. 2, della detta direttiva prevede che i provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza debbano rispettare il principio di proporzionalità (3) ed essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale dell’individuo nei riguardi del quale essi sono applicati (4). Si precisa che la sola esistenza di condanne penali precedenti non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti. Peraltro, il comportamento personale che costituisce l’oggetto di una decisione di allontanamento deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società (5).

15.      L’art. 28 della direttiva 2004/38, sulla protezione contro l’allontanamento, recita quanto segue:

«1.      Prima di adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, lo Stato membro ospitante tiene conto di elementi quali la durata del soggiorno dell’interessato nel suo territorio, la sua età, il suo stato di salute, la sua situazione familiare e economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e l’importanza dei suoi legami con il paese d’origine.

2.      Lo Stato membro ospitante non può adottare provvedimenti di allontanamento dal territorio nei confronti del cittadino dell’Unione o del suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente nel suo territorio se non per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

3.      Il cittadino dell’Unione non può essere oggetto di una decisione di allontanamento, salvo se la decisione è adottata per motivi imperativi di pubblica sicurezza definiti dallo Stato membro, qualora:

a)      abbia soggiornato nello Stato membro ospitante i precedenti dieci anni; o

b)      sia minorenne, salvo qualora l’allontanamento sia necessario nell’interesse del bambino, secondo quanto contemplato dalla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989».

C –    Il diritto tedesco

16.      La legge di applicazione della libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea (Freizügigkeitsgesetz/EU) 30 luglio 2004 (6) traspone nell’ordinamento giuridico tedesco le disposizioni della direttiva 2004/38. In particolare, l’art. 6, n. 1, del FreizügG/EU prevede che la perdita, per un cittadino dell’Unione, del diritto di circolare e soggiornare sul territorio tedesco possa essere accertata soltanto per motivi di ordine pubblico, di sicurezza o di sanità pubblica. Ai sensi dell’art. 6, n. 2, del FreizügG/EU, si può tenere conto delle condanne penali non ancora cancellate dal registro centrale per giustificare la decisione di allontanamento, purché dalle circostanze sottese a siffatte condanne emerga un comportamento personale che costituisca una minaccia reale per l’ordine pubblico, fermo restando che deve trattarsi di una minaccia effettiva e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società.

17.      L’art. 6, n. 3, del FreizügG/EU precisa che, ai fini di una decisione di allontanamento, occorre, in particolare, tenere conto della durata del soggiorno dell’interessato nel territorio tedesco, della sua età, del suo stato di salute, della sua situazione familiare ed economica, della sua integrazione sociale e culturale in tale territorio, nonché dell’importanza dei suoi legami con il paese d’origine.

18.      Ai sensi dell’art. 6, n. 4, del FreizügG/EU, la perdita del diritto di soggiorno e di circolazione nel territorio tedesco può essere accertata soltanto per motivi gravi, una volta acquisito il diritto di soggiorno permanente.

19.      Ai sensi dell’art. 6, n. 5, del FreizügG/EU, per quanto riguarda i cittadini dell’Unione e i loro familiari che hanno soggiornato nel territorio federale durante gli ultimi dieci anni e riguardo ai minori, l’accertamento di cui all’art. 6, n. 1, del FreizügG/EU può avere luogo soltanto per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Siffatta regola non si applica ai minori se la perdita del diritto di soggiorno è necessaria nell’interesse del minore. Sussistono motivi imperativi di pubblica sicurezza solo se l’interessato è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati dolosi, a una pena detentiva o a una pena per minorenni di almeno cinque anni, oppure se è stata disposta la reclusione di sicurezza in occasione dell’ultima condanna definitiva, se è in gioco la sicurezza della Repubblica federale di Germania oppure dall’interessato deriva una minaccia terroristica.

II – Fatti e causa principale

20.      Il sig. Tsakouridis, cittadino greco, è nato in Germania il 1° marzo 1978. Egli ha sempre vissuto in Germania e ivi ha seguito corsi di studio. Dall’ottobre 2001 è titolare di un permesso di soggiorno di durata illimitata su tale territorio.

21.      Il sig. Tsakouridis è stato condannato a pagare sanzioni pecuniarie per detenzione di una merce vietata (1998), per gravi lesioni personali (1999) e per lesioni personali intenzionali in concorso con atti di violenza (2000 e 2002).

22.      Nel 2004, da marzo a metà ottobre, il sig. Tsakouridis ha gestito una bancarella per la vendita di crêpes a Rodi (Grecia), quindi è rientrato in Germania dove ha lavorato a partire da dicembre 2004. A metà ottobre del 2005 è tornato in Grecia dove ha ripreso a lavorare con la sua bancarella.

23.      In data 22 novembre 2005 l’Amtsgericht Stuttgart (giudice di primo grado di Stoccarda) emetteva un mandato di cattura internazionale nei confronti del sig. Tsakouridis, che veniva arrestato a Rodi il 19 novembre 2006 e il 19 marzo 2007 veniva trasferito in Germania.

24.      Con sentenza 28 agosto 2007, il Landgericht Stuttgart (tribunale regionale di Stoccarda) condannava il sig. Tsakouridis alla pena detentiva di sei anni e sei mesi per commercio illecito organizzato di stupefacenti in quantità superiore alla dose massima consentita, in otto casi. Dagli elementi prodotti in udienza, risulta che attualmente il sig. Tsakouridis è in libertà condizionale.

25.      Con decisione 19 agosto 2008, il Regierungspräsidium Stuttgart accertava la perdita del diritto di ingresso e di soggiorno del sig. Tsakouridis nel territorio tedesco, prospettandogli la minaccia di una decisione di espulsione in Grecia.

26.      Il Regierungspräsidium Stuttgart ha osservato che, con la sentenza di condanna 28 agosto 2007 del Landgericht Stuttgart, sarebbe stato superato il limite della pena detentiva minima di cinque anni che determina la sussistenza di motivi imperativi di pubblica sicurezza ai sensi dell’art. 6, n. 5, del FreizügG/EU. Peraltro, il Regierungspräsidium Stuttgart ha ritenuto che il comportamento personale del sig. Tsakouridis costituirebbe una minaccia reale per l’ordine pubblico, in quanto i reati da lui commessi contro la legislazione in materia di stupefacenti sarebbero estremamente gravi e sussisterebbe un pericolo di recidiva. Detto giudice ha inoltre affermato che vi sarebbe un interesse fondamentale della collettività a combattere efficacemente la criminalità legata alla droga, che si rivela particolarmente dannosa a livello sociale. Il Regierungspräsidium Stuttgart ha altresì ritenuto che, tenuto conto dei recenti periodi trascorsi dal sig. Tsakouridis in Grecia, egli non dovrebbe incontrare difficoltà ad abituarsi alle condizioni di vita locali.

27.      In data 17 settembre 2008, il sig. Tsakouridis proponeva ricorso contro tale decisione del 19 agosto 2008 dinanzi al Verwaltungsgericht (tribunale amministrativo), il quale, accertando che il Landgericht Stuttgart, nella sua decisione 28 agosto 2007, aveva stabilito che il sig. Tsakouridis era solo un membro subalterno della banda, implicato nel reato unicamente a motivo dei suoi obblighi familiari e osservando che egli era cresciuto in Germania e ivi aveva ricevuto la sua istruzione scolastica, che, dunque, non sarebbe stata rilevata alcuna minaccia per l’ordine pubblico ai sensi dell’art. 6, n. 1, del FreizügG/EU e che egli avrebbe uno stretto legame con il padre, domiciliato in Germania, ha ritenuto che sarebbe stato sproporzionato infliggere al sig. Tsakouridis la revoca del diritto di ingresso e di soggiorno nel territorio tedesco.

28.      Con sentenza 24 novembre 2008, questo giudice annullava dunque la decisione del Regierungspräsidium Stuttgart, sulla base del rilievo che la revoca del diritto di ingresso e soggiorno può essere inflitta ai cittadini dell’Unione solo per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o salute pubblica. Per contro, precedenti penali non sarebbero di per sé sufficienti a giustificare una siffatta decisione. Tale giudice ha aggiunto che dovrebbe inoltre sussistere una minaccia effettiva e sufficientemente grave a uno degli interessi fondamentali della collettività.

29.      Peraltro, il Verwaltungsgericht osserva che, poiché il sig. Tsakouridis ha vissuto in Germania per oltre dieci anni e non ha perso il proprio diritto di soggiorno permanente a causa dei periodi trascorsi in Grecia, ai sensi dell’art. 6, n. 5, prima frase, del FreizügG/EU, la perdita del diritto di soggiorno può essere accertata soltanto per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Orbene, siffatti motivi non sussisterebbero nel caso di specie in quanto la nozione di pubblica sicurezza comprenderebbe solo la sicurezza interna ed esterna di uno Stato membro e sarebbe quindi più restrittiva della nozione di ordine pubblico. Il sig. Tsakouridis costituirebbe, con tutta probabilità, un grave pericolo per l’ordine pubblico, ma certamente non per l’esistenza dello Stato e delle sue istituzioni o per la sopravvivenza della popolazione.

30.      Il Land Baden-Württemberg ha presentato ricorso contro siffatta decisione dinanzi al Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg.

III – Questioni pregiudiziali

31.      Il Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la nozione di “motivi imperativi di pubblica sicurezza” di cui all’art. 28, n. 3, della direttiva 2004/38 (…) vada interpretata nel senso che un provvedimento di allontanamento dal territorio può essere giustificato solo in presenza di minacce assolute per la pubblica sicurezza esterna o interna dello Stato membro, tra cui rientrano unicamente l’esistenza dello Stato con le sue istituzioni fondamentali, la sua funzionalità, la sopravvivenza della popolazione nonché le relazioni esterne e la convivenza pacifica dei popoli.

2)      Quali siano le condizioni che fanno decadere la tutela rafforzata contro i provvedimenti di allontanamento, ottenuta in seguito a un soggiorno di dieci anni nello Stato membro ospitante ai sensi dell’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38, e se, in tale contesto, si applichino per analogia gli elementi che comportano la revoca della tutela nel caso del diritto di soggiorno permanente di cui all’art. 16, n. 4, della [medesima direttiva].

3)      In caso di soluzione affermativa della questione sub 2) e conseguente applicabilità dell’art. 16, n. 4, della [detta direttiva], se la tutela rafforzata contro i provvedimenti di allontanamento dal territorio decada solo con il decorso del termine, indipendentemente dai motivi che hanno determinato l’assenza.

4)      Allo stesso modo, in caso di soluzione affermativa della questione sub 2) e conseguente applicabilità dell’art. 16, n. 4, della direttiva [2004/38], se un rientro forzato nello Stato membro ospitante, nel quadro di un provvedimento giudiziario, prima della scadenza del termine di due anni sia idoneo a mantenere la tutela rafforzata contro i provvedimenti di allontanamento dal territorio, anche se il rientro comporta anzitutto l’impossibilità di esercitare le libertà fondamentali per un lungo periodo».

IV – Analisi

32.      Con la prima questione, il giudice del rinvio vuol sapere dalla Corte se occorra distinguere la nozione di pubblica sicurezza da quella di ordine pubblico e se la prima debba essere interpretata in maniera più restrittiva della seconda, cioè nel senso che potrebbe essere ritenuta fondata su motivi imperativi di pubblica sicurezza soltanto quella decisione di allontanamento nei confronti di un cittadino dell’Unione che minacciasse l’esistenza stessa di uno Stato membro e delle sue istituzioni.

33.      Con la seconda, la terza e la quarta questione, il giudice del rinvio si domanda, in sostanza, se assenze ripetute dallo Stato membro ospitante, nonché il rimpatrio forzato del cittadino dell’Unione su tale territorio nell’ambito di un procedimento penale possano influire sul beneficio della protezione rafforzata di cui all’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38.

A –    Osservazioni preliminari

34.      Le osservazioni preliminari vertono su due punti, ossia il richiamo allo spirito e alla struttura del sistema attuato dalla direttiva 2004/38, da un lato, e il carattere trasversale dei principi fondamentali del diritto penale, dall’altro.

1.      Lo spirito e la struttura del sistema attuato dalla direttiva 2004/38

35.      Secondo quanto espresso dal terzo ‘considerando’ della direttiva 2004/38, l’obiettivo di quest’ultima è semplificare e rafforzare il diritto alla libertà di circolazione e di soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione.

36.      La libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali del mercato interno, sancita all’art. 45 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Inizialmente prevista a vantaggio dei lavoratori, la libertà di circolazione sul territorio dell’Unione è stata in seguito estesa ai cittadini dell’Unione, indipendentemente dal loro status e dal fatto che abbiano o meno un’attività economica. La cittadinanza dell’Unione conferisce, dunque, a ogni cittadino dell’Unione il diritto di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri, fatti salvi i limiti espressamente previsti all’art. 20, n. 2, ultimo comma, TFUE.

37.      Naturalmente, tale diritto alla libera circolazione deve compiersi nel rispetto delle leggi di ogni Stato membro. Pertanto, conformemente all’art. 27, n. 1, della direttiva 2004/38, uno Stato membro può limitare la libertà di circolazione di un cittadino dell’Unione nel proprio territorio per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tuttavia, poiché siffatta limitazione alla libertà di circolazione è lesiva di un principio fondamentale del diritto dell’Unione, le sue condizioni di applicazione sono assai precise (7).

38.      Invero, come in precedenza osservato, l’art. 28 di questa direttiva instaura una protezione rafforzata per i cittadini dell’Unione e, in taluni casi, per i loro familiari.

39.      L’art. 28, n. 1, della detta direttiva prevede dunque che quando uno Stato membro adotta un provvedimento di allontanamento nei confronti di un cittadino dell’Unione per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, esso deve, innanzitutto, tenere conto di una serie di elementi quali la durata del soggiorno di quel cittadino nel suo territorio, la sua età, il suo stato di salute, la sua situazione familiare ed economica, la sua integrazione sociale e culturale e l’importanza dei suoi legami con il paese d’origine.

40.      Ai sensi dell’art. 28, n. 2, della direttiva 2004/38, lo Stato membro ospitante non può adottare provvedimenti di allontanamento nei confronti di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare che abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente nel suo territorio se non per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

41.      Infine, ai sensi dell’art. 28, n. 3, lett. a), di tale direttiva, una decisione di allontanamento nei confronti di un cittadino dell’Unione che abbia soggiornato nel territorio dello Stato membro ospitante i precedenti dieci anni può essere adottata solo per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

42.      Dalla lettura di questi tre paragrafi emerge subito che la durata del soggiorno è un fattore decisivo nella concessione della protezione rafforzata contro l’allontanamento del cittadino dell’Unione.

43.      Ciò trova una spiegazione nel fatto che il legislatore dell’Unione ha ritenuto che la durata del soggiorno sia un elemento rivelatore di una certa integrazione nello Stato membro ospitante (8). Quanto più il periodo di soggiorno nel territorio di detto Stato è lungo, tanto più si suppone che i legami con quest’ultimo siano stretti.

44.      Una decisione di allontanamento adottata nei confronti di un cittadino dell’Unione che si sia avvalso del proprio diritto di circolazione e che sia effettivamente integrato nello Stato membro ospitante potrebbe dunque nuocergli gravemente (9).

45.      È questo il motivo per cui tale cittadino beneficia di una misura di protezione contro l’allontanamento che sarà rafforzata in base al livello di integrazione nello Stato membro ospitante. Il sistema descritto crea, in realtà, un postulato secondo cui il livello di integrazione dipende dalla durata del soggiorno. Quanto più il soggiorno è di lunga durata, tanto più il livello di integrazione sarà presumibilmente elevato e la protezione contro l’allontanamento completa (10).

2.      Il carattere trasversale dei principi fondamentali del diritto penale

46.      Le peculiarità del presente procedimento fanno sì che la decisione del Regierungspräsidium Stuttgart debba non soltanto rispondere alle condizioni imposte dalla direttiva 2004/38, ma anche, trattandosi di una decisione presa quale conseguenza di una condanna penale che si applicherebbe al termine della relativa esecuzione, rispettare i principi fondamentali che riguardano la funzione della pena.

47.      Anche se è pacifico, in effetti, che il metodo d’interpretazione legittimamente impiegato dalla Corte all’occorrenza cede il posto a un’interpretazione specifica in funzione dello scopo inerente a ciascuna direttiva per garantirne l’effetto utile, i diritti e i principi fondamentali non possono essere applicati in maniera diversa a seconda dell’ambito in cui essi si collocano, salvo perdere, in tal caso, il loro carattere fondamentale. Tale carattere fondamentale di un diritto o di un principio costituisce, al contrario, una norma comune da cui, nell’ambito dello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, le questioni connesse principalmente alla cittadinanza dell’Unione non possono prescindere.

48.      Già presente nell’antichità presso i teologi, i filosofi o i teorici, l’idea che una pena debba avere una funzione di reinserimento del condannato è oggi un principio condiviso e affermato da tutti i diritti moderni, in particolare da quelli degli Stati membri (11). Parimenti, il Consiglio d’Europa ha adottato, nel 2006, una raccomandazione sulle regole penitenziarie europee (12) secondo cui «la detenzione deve essere gestita in modo da facilitare il reinserimento nella società libera delle persone che sono state private della libertà» (13). Il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e firmato a New York il 16 dicembre 1966, prevede altresì all’art. 10, n. 3, che «[i]l regime penitenziario deve comportare un trattamento dei detenuti che abbia per fine essenziale il loro ravvedimento e la loro riabilitazione sociale».

49.      La Corte europea dei diritti dell’uomo ha altresì ritenuto che «[u]na delle funzioni essenziali di una pena detentiva è quella di proteggere la società, per esempio impedendo ad un criminale la recidiva e di nuocere ulteriormente. Al contempo, la Corte riconosce il fine legittimo di una politica di progressivo reinserimento sociale delle persone condannate a pene detentive. In quest’ottica ravvisa la fondatezza di misure – quali i permessi di uscita temporanea – che consentono il reinserimento sociale del detenuto» (14).

50.      Sono dell’avviso che il rispetto del principio della funzione di reinserimento della pena non sia dissociabile dalla nozione di dignità umana e, in quanto tale, che esso appartenga alla famiglia dei principi generali del diritto dell’Unione.

51.      Ritengo pertanto necessario attirare l’attenzione della Corte, fin da questo momento, sulle peculiarità della presente causa che riguarda l’applicazione di una decisione di allontanamento alla scadenza di una misura di liberazione condizionale, che è una modalità di esecuzione della pena mirante al reinserimento.

52.      Dato l’insieme di tali elementi, si pone quindi la questione se il sig. Tsakouridis, che è nato e vissuto quasi tutta la sua vita in Germania, possa costituire oggetto di una decisione di allontanamento da detto territorio per essere stato condannato a sei anni e sei mesi di reclusione per traffico organizzato di stupefacenti.

B –    Sulla nozione di motivi imperativi di pubblica sicurezza

53.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, ai sensi dell’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38, i motivi per cui il sig. Tsakouridis costituisce oggetto di una decisione di allontanamento possano essere considerati motivi imperativi di pubblica sicurezza.

54.      Con tale questione, il giudice del rinvio cerca, in realtà, di sapere se occorra distinguere la nozione di pubblica sicurezza da quella di ordine pubblico e se la prima debba essere interpretata in maniera più restrittiva della seconda, nel senso che potrebbe essere ritenuta fondata su motivi imperativi di pubblica sicurezza soltanto quella decisione di allontanamento nei confronti di un cittadino dell’Unione che minacciasse l’esistenza stessa di uno Stato membro e delle sue istituzioni.

55.      Per i motivi che indicherò più avanti, non ritengo che la nozione di pubblica sicurezza debba essere interpretata esclusivamente in senso stretto, riferito unicamente alla protezione di uno Stato membro o delle sue istituzioni.

56.      La Corte ha avuto modo di pronunciarsi sulla nozione di pubblica sicurezza. Invero, negli anni ’80 e ’90 essa ha dovuto, in più occasioni, esaminare se uno Stato membro potesse giustificare un impedimento alla libera circolazione delle merci per ragioni di pubblica sicurezza (15). Parimenti, è stato chiesto alla Corte di dichiarare se misure nazionali discriminatorie nei confronti delle donne potessero essere giustificate da ragioni legate alla tutela della pubblica sicurezza di uno Stato membro (16).

57.      In tutte queste cause la Corte ha ammesso che la misura nazionale contraria alla libera circolazione delle merci o discriminatoria nei confronti delle donne poteva essere giustificata da ragioni di pubblica sicurezza. Tuttavia, il giudice comunitario non ha mai chiarito il contenuto vero e proprio di tale nozione, limitandosi a indicare che la detta nozione, ai sensi dell’art. 30 CE, comprende tanto la sicurezza interna degli Stati membri quanto la loro sicurezza esterna (17).

58.      Non è difficile comprendere che la nozione di sicurezza esterna si riferisce alla sicurezza di uno Stato membro nei suoi rapporti con gli altri Stati. Nella citata sentenza Leifer e a., che verteva su una disposizione che assoggettava ad autorizzazione la vendita di prodotti chimici all’Iraq, la Corte ha indicato che il rischio di perturbazioni gravi dei rapporti internazionali o della coesistenza pacifica dei popoli può minacciare la sicurezza esterna di uno Stato membro (18).

59.      Per contro, la nozione di sicurezza interna rimane un concetto più difficile da comprendere. Ci si chiede se sia opportuno distinguerla completamente da quella di ordine pubblico, come suggerisce il giudice del rinvio, o se queste due nozioni non siano, in realtà, almeno strettamente connesse se non proprio indissociabili.

1.      Le nozioni di ordine pubblico e di pubblica sicurezza

60.      La Corte ha dichiarato che le circostanze specifiche che potrebbero giustificare il ricorso alla nozione di ordine pubblico possono variare da un paese all’altro e da un’epoca all’altra e che è perciò necessario lasciare, in questa materia, alle competenti autorità nazionali un certo potere discrezionale entro i limiti imposti dal Trattato (19). Inoltre, essa ha indicato che non esiste una scala di valori imposta agli Stati membri per la valutazione dei comportamenti contrari all’ordine pubblico (20).

61.      A tal riguardo, è opportuno osservare che, a norma dell’art. 3, n. 2, TUE, la libera circolazione delle persone è assicurata insieme a misure appropriate in materia di prevenzione della criminalità e di lotta contro tale fenomeno. Infatti, lo scopo dell’Unione è creare uno spazio di sicurezza e, per raggiungere tale obiettivo, ogni Stato membro ha il dovere fondamentale di garantire tale spazio di sicurezza sul proprio territorio.

62.      Pertanto, gli Stati membri restano sostanzialmente liberi di determinare, conformemente alle loro necessità nazionali, le esigenze dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza (21).

63.      La Corte ha poi riconosciuto che la nozione di ordine pubblico comprende, in particolare, la prevenzione della violenza nei grandi centri urbani (22), la lotta contro il traffico di auto rubate (23), la tutela del potere di battere moneta (24) o, ancora, il rispetto della dignità umana (25).

64.      Sotto il profilo della sicurezza interna, nella citata sentenza Johnston la Corte ha ammesso che il divieto per le donne del corpo di polizia dell’Irlanda del Nord di essere dotate di armi era giustificato da ragioni di pubblica sicurezza, in quanto sarebbero aumentate le probabilità che esse costituissero obiettivo di attentati in una situazione di gravi disordini interni (26).

65.      Tuttavia, a mio avviso, questa sentenza costituisce un’eccezione, in quanto nella maggior parte delle cause relative all’ordine pubblico e alla pubblica sicurezza in cui la Corte è stata chiamata a pronunciarsi, essa non ha operato una distinzione netta tra le due nozioni anzidette (27).

66.      Siffatta mancanza di distinzione è ancora più evidente nella sentenza Oteiza Olazabal (28). Infatti, in essa la Corte ha indicato che la prevenzione di un’attività di un gruppo armato e organizzato può essere considerata rientrante nel mantenimento della pubblica sicurezza (29). Nondimeno, è sotto il profilo dell’ordine pubblico che la Corte valuterà se sia giustificata la misura di espulsione adottata nei confronti del protagonista della causa principale del caso di specie.

67.      Peraltro, il testo stesso dell’art. 27, n. 2, della direttiva 2004/38, che riprende dunque la giurisprudenza della Corte sulla nozione di ordine pubblico (30), sembra confondere le due nozioni. Invero, tale disposizione indica che i provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza devono rispettare il principio di proporzionalità ed essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale dell’individuo nei riguardi del quale essi sono applicati e che tale comportamento deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società, in quanto tale nozione di interesse fondamentale della società costituisce, a mio avviso e di fatto, il denominatore comune di queste due nozioni.

68.      Pertanto, anche se, alla luce della giurisprudenza della Corte e, in particolare, delle citate sentenze Johnston e Oteiza Olazabal, è chiaro che la sicurezza interna di uno Stato si riferisce alla lotta contro il terrorismo, sembra difficile, se non addirittura artificioso, racchiudere le nozioni di ordine pubblico e di pubblica sicurezza ciascuna in una definizione esaustiva.

69.      Ciò tanto più che, come ho già avuto modo di osservare, gli Stati membri restano liberi di determinare, conformemente alle loro necessità nazionali, le esigenze dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza. Essi restano i soli competenti quanto al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della sicurezza interna sul loro territorio e dispongono di un margine di discrezionalità per determinare, in funzione della particolarità dei contesti sociali e dell’importanza da essi attribuita a un obiettivo legittimo con riguardo al diritto comunitario, le misure idonee a raggiungere risultati concreti (31).

70.      Invero, anche se la Corte è indubbiamente competente a garantire il rispetto di un diritto fondamentale come quello di circolare e soggiornare nel territorio di uno Stato membro, ciò non toglie che gli Stati membri siano gli unici in grado di valutare i rischi di minaccia all’ordine pubblico e alla pubblica sicurezza sul proprio territorio (32).

71.      A tal riguardo, è chiaro che il legislatore dell’Unione, seguendo la giurisprudenza della Corte, ha voluto lasciare un certo margine di valutazione agli Stati membri in merito al contenuto della nozione di pubblica sicurezza. Pertanto, l’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38 indica che la decisione di allontanamento dev’essere fondata su motivi imperativi di pubblica sicurezza «definiti dallo Stato membro».

72.      Conseguentemente, se, per alcuni Stati membri, le minacce di gruppi indipendentisti armati sul loro territorio costituiscono un pregiudizio alla loro sicurezza interna, per altri è la lotta contro la piaga del traffico di stupefacenti organizzato che diventa una priorità per garantire la sicurezza sul loro territorio.

73.      Infatti, anche se la Corte ha inserito nella nozione di ordine pubblico la lotta contro il traffico di stupefacenti (33), ritengo che, assai spesso, questo genere di traffico costituisca una minaccia diretta per l’incolumità della popolazione per il semplice fatto che i trafficanti di droga non esitano a organizzarsi in bande armate, creando fenomeni di violenza urbana.

74.      A mio avviso, esiste una reale differenza tra il soggetto che acquista droga per il proprio consumo personale turbando, in tal modo, l’ordine pubblico, e quello che partecipa a una vera e propria rete di traffici, con tutto il rischio che ciò comporta per l’incolumità della popolazione.

75.      Lo stesso può dirsi in altri campi, come, per esempio, quello della pedopornografia. Se è vero che sussisterebbe un’incontestabile violazione dell’ordine pubblico nel caso di una persona che guarda immagini pedopornografiche su Internet, la violazione sarebbe ancora più grave se vi fosse partecipazione alla rete di pedofili da cui provengono tali immagini.

76.      Il fatto che la Corte abbia ammesso che la lotta contro le diverse forme di criminalità legate al consumo di alcol miri a proteggere la sicurezza interna (34) mi è peraltro d’aiuto nella presente analisi. Nella citata causa Heinonen, il governo finlandese aveva giustificato il proprio provvedimento restrittivo in materia di importazione di bevande alcoliche col fatto che il consumo di dette bevande in Finlandia, che era sensibilmente aumentato, aveva comportato, in particolare, la diffusione della guida in stato di ubriachezza, l’aumento e l’aggravamento della violenza, nonché la comparsa e la moltiplicazione di mercati illegali (35).

77.      A mio avviso, la pubblica sicurezza deve dunque essere intesa come comprendente non soltanto la sicurezza dello Stato membro e delle sue istituzioni, ma anche l’insieme delle misure destinate a contrastare i gravi pregiudizi arrecati ai valori essenziali di tutela dei propri cittadini.

78.      Ritengo, pertanto, che i motivi considerati dalla Corte come appartenenti alla nozione di ordine pubblico possano senz’altro rientrare nella nozione di pubblica sicurezza.

79.      Tuttavia, da ciò non deriva una diminuzione delle garanzie che disciplinano le possibilità di adottare una decisione di allontanamento nei confronti di un cittadino dell’Unione.

80.      Pertanto, se il cittadino dell’Unione ha soggiornato nel territorio dello Stato membro ospitante nei precedenti dieci anni la decisione di allontanamento, quest’ultima può essere adottata soltanto per motivi imperativi di pubblica sicurezza, nel senso che ho in precedenza definito al paragrafo 77 delle presenti conclusioni.

2.      La nozione di «motivi imperativi di pubblica sicurezza» ai sensi dell’art. 28, n. 3, della direttiva 2004/38

81.      Benché la Corte abbia riconosciuto l’esistenza di una serie di interessi qualificati come motivi imperativi d’interesse generale (36), la nozione di motivi imperativi non ha costituito l’oggetto di una definizione autonoma.

82.      Tuttavia, la Corte ha già affermato che un provvedimento mirante a proteggere la pubblica sicurezza costituisce un motivo imperativo d’interesse generale (37), come l’ordine pubblico e la sanità pubblica.

83.      Peraltro, occorre osservare che l’art. 4, n. 8, della direttiva 2006/123/CE (38), definisce la nozione di motivi imperativi come «motivi riconosciuti come tali dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, tra i quali: l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica [e] la sanità pubblica».

84.      Se è vero che un motivo di pubblica sicurezza è, per sua stessa natura, un motivo imperativo, ritengo che l’impiego di tale formula miri in realtà a sottolineare il carattere necessario e proporzionale dei motivi che giustificano il provvedimento nazionale di cui trattasi.

85.      Invero, quando un provvedimento nazionale viola le libertà fondamentali, la Corte ha sempre provveduto a verificare che fosse giustificato e necessario per il conseguimento dell’obiettivo perseguito e che non esistessero altre misure meno restrittive per conseguirlo (39).

86.      Nel caso particolare di un provvedimento che limita il diritto di soggiorno e di circolazione per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, la Corte ha affermato che le autorità nazionali competenti devono controllare la proporzionalità alla luce del fatto che siffatto provvedimento può essere giustificato solo se rispetta tali motivi, se è necessario a proteggere interessi che mira a garantire, nella misura in cui tali obiettivi non possono essere raggiunti mediante provvedimenti meno restrittivi (40).

87.      Le autorità nazionali competenti devono allora tener conto, nel valutare dove si situi il giusto equilibrio tra gli interessi legittimi presenti, della speciale situazione giuridica delle persone cui si applica il diritto dell’Unione, nonché dell’importanza fondamentale del principio della libera circolazione delle persone (41).

88.      Parimenti, ai sensi dell’art. 27, n. 2, della direttiva 2004/38, soltanto il comportamento personale dev’essere la causa del suo allontanamento, in quanto giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non possono essere prese in considerazione (42).

89.      Infine, sempre a norma della suddetta disposizione, la minaccia per la pubblica sicurezza che suscita tale comportamento dev’essere attuale (43). A tal fine, la Corte ha affermato che il presupposto della minaccia attuale deve essere soddisfatto, in linea di principio, al momento dell’espulsione (44).

90.      Come ho già avuto modo di osservare ai paragrafi 37‑44 delle presenti conclusioni, questa direttiva prevede una protezione contro l’allontanamento la cui intensità cresce in funzione della durata del soggiorno del cittadino dell’Unione. L’art. 28, n. 3, della detta direttiva rappresenta l’ultimo livello di protezione e dunque il più forte.

91.      Pertanto, tenuto conto della posizione di questo paragrafo nella struttura dell’art. 28 della direttiva 2004/38 e alla luce della durata del soggiorno del cittadino dell’Unione interessato nello Stato membro ospitante, ritengo che il livello di giustificazione richiesto al momento della verifica della proporzionalità debba essere elevato.

92.      Peraltro, desidero osservare che, ai sensi dell’art. 28, n. 3, lett. b), della direttiva 2004/38, i minori beneficiano dello stesso grado di tutela dei soggetti che hanno soggiornato nello Stato membro ospitante i dieci anni precedenti la decisione di allontanamento. Ciò dimostra che una tale decisione può essere adottata soltanto in via eccezionale, tenuto conto dell’estrema gravità del comportamento contestato.

93.      Spetta dunque, innanzitutto, all’autorità nazionale competente, ed eventualmente al giudice nazionale, accertare che la decisione di allontanamento del cittadino dell’Unione sia motivata in maniera precisa in funzione dei fatti di ciascuna fattispecie e della gravità del pregiudizio arrecato alle persone.

94.      Nel caso di specie, che riguarda una decisione di allontanamento applicabile alla scadenza di una pena, ritengo che la verifica della proporzionalità assuma un significato particolare che richiede che l’autorità competente tenga conto di elementi che attestano che la decisione adottata è idonea a prevenire il rischio di recidiva.

95.      A mio parere, quando prende una decisione di allontanamento nei confronti di un cittadino dell’Unione al termine dell’esecuzione della sua pena, siffatta autorità deve specificare sotto quale profilo detta decisione non nuoccia al reinserimento del reo. Ritengo che tale approccio, che si rifà all’individualizzazione della pena di cui costituisce il prolungamento, sia l’unico idoneo a proteggere sia gli interessi dell’individuo interessato, sia l’interesse dell’Unione in generale. Invero, anche se espulso da uno Stato membro con divieto di rientrarvi, il reo liberato potrà, in quanto cittadino dell’Unione, avvalersi della propria libertà di circolazione negli altri Stati membri. È dunque una questione d’interesse generale che le condizioni della sua liberazione siano tali da allontanarlo dalle attività criminose e, in ogni caso, che esse non rischino di farvelo ricadere.

96.      Nella causa principale, la qualificazione della violazione e l’importanza della pena applicata sono indicatori di cui tenere conto per valutare il carattere fondamentale, per la società, dell’interesse protetto. Parimenti, la condanna pronunciata con riferimento alla pena massima edittale subita e il grado di coinvolgimento del sig. Tsakouridis nel traffico di stupefacenti all’origine di tale pena sono, a mio avviso, altrettante indicazioni oggettive che saranno d’aiuto per il giudice nazionale nella determinazione del livello di gravità del comportamento di questa persona. Viceversa, dovrà avere il suo peso, per arrivare a tale giusto equilibrio, anche la situazione personale del sig. Tsakouridis – come, per esempio, il fatto che la sua famiglia risieda nel territorio dello Stato membro ospitante, che egli eserciti un’attività economica in tale Stato e che abbia legami col proprio Stato di origine, nonché gli effetti prodotti o le informazioni fornite sul grado di reinserimento o sul pericolo di recidiva dai provvedimenti di assistenza, di restrizione e di controllo che accompagnavano la sua liberazione condizionale. Il fallimento di siffatte misure potrebbe, in effetti, giustificare l’allontanamento previsto.

97.      Conseguentemente, alla luce di tutte le precedenti osservazioni, ritengo che l’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che la nozione di pubblica sicurezza non è intesa soltanto in un’accezione ristretta di rischio per la sicurezza interna o esterna dello Stato membro ospitante o per la tutela delle sue istituzioni, ma che comprende, altresì, i gravi pregiudizi arrecati a un interesse fondamentale della società quali i valori essenziali di protezione dei suoi cittadini, che tale Stato identifica con le violazioni che esso prevede a tutela dei propri cittadini.

98.      Spetta all’autorità nazionale competente che adotta la decisione di allontanamento motivarla con precisione in funzione delle circostanze di fatto e di diritto che configurano il ricorrere dei criteri in questione.

99.      Inoltre, quando, come nel caso di specie, la decisione di allontanamento è adottata alla scadenza di una pena, l’autorità nazionale competente è tenuta a specificare sotto quale profilo tale decisione non è contraria alla funzione di reinserimento della pena.

C –    Sulla condizione di durata del soggiorno

100. Con la seconda, la terza e la quarta questione, il giudice del rinvio chiede di sapere, in sostanza, se il sig. Tsakouridis possa beneficiare della protezione rafforzata anche se il suo soggiorno nel territorio tedesco durante i dieci anni che hanno preceduto la decisione di allontanamento è stato interrotto da periodi di assenza e il suo rimpatrio nel detto territorio è la conseguenza di un provvedimento giudiziario.

101. Invero, il beneficio di siffatta protezione è, a norma dell’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38, condizionato dalla presenza, nel territorio dello Stato membro ospitante, nei dieci anni che hanno preceduto la decisione di allontanamento. Orbene, tale articolo tace in merito alle conseguenze che le assenze da tale territorio durante siffatto periodo potrebbero comportare riguardo al beneficio della protezione rafforzata.

102. Pertanto, il giudice del rinvio si chiede se occorra applicare, per analogia, le condizioni di concessione e di perdita previste dall’art. 16 di tale direttiva per quanto riguarda il diritto di soggiorno permanente.

103. In tal modo, l’acquisizione della protezione rafforzata non sarebbe impedita dalle assenze temporanee la cui durata non superi complessivamente il periodo di sei mesi all’anno (45) e la perdita della protezione rafforzata potrebbe essere stabilita soltanto a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi (46).

104. I pareri dei governi degli Stati membri che hanno depositato osservazioni scritte nel presente procedimento divergono in proposito.

105. Secondo i governi danese e ungherese, le assenze temporanee dal territorio dello Stato membro ospitante sono ininfluenti fino a che i legami con detto Stato non vengono rotti. Secondo il governo danese, può esservi applicazione per analogia dell’art. 16, n. 4, della direttiva 2004/38, mentre ad avviso del governo ungherese tale disposizione potrebbe svolgere un ruolo indicativo nella valutazione della perdita del legame con lo Stato membro ospitante.

106. Il governo del Regno Unito è del parere che il cittadino dell’Unione benefici della protezione rafforzata quando abbia acquisito un diritto di soggiorno permanente nel territorio dello Stato membro ospitante dopo un periodo di residenza di cinque anni e abbia poi soggiornato legalmente in tale Stato per un altro periodo di cinque anni.

107. Secondo il governo belga non è possibile alcuna trasposizione per analogia. Esso ritiene che una volta che il cittadino dell’Unione abbia lasciato il territorio dello Stato membro ospitante, il suo diritto a una protezione rafforzata venga meno, non essendo ammessa alcuna eccezione.

108. Anche il governo polacco e la Commissione europea ritengono entrambi che non sia possibile un’applicazione per analogia dell’art. 16, n. 4, della direttiva 2004/38. Secondo il governo polacco, la perdita della protezione rafforzata è giustificata soltanto dalla rottura di qualsiasi legame con lo Stato membro ospitante. La Commissione, da parte sua, ritiene che sia necessario verificare che il centro degli interessi del cittadino dell’Unione si trovi sempre nel territorio dello Stato membro ospitante. Assenze di breve durata non dovrebbero dunque influire sul calcolo della durata.

109. A mio parere, tenuto conto della struttura dell’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38, non è possibile applicargli per analogia l’art. 16, n. 4, della stessa. Ritengo che il mantenimento di un legame forte con lo Stato membro ospitante debba essere l’elemento determinante.

110. Come ho già osservato in precedenza, il testo dell’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38 non precisa quale sarebbe la conseguenza di un’assenza dallo Stato membro ospitante sul beneficio o sulla perdita della protezione rafforzata.

111. Secondo una giurisprudenza costante, quando il testo di una disposizione di diritto dell’Unione non permette di stabilirne con precisione l’interpretazione, si deve tener conto del sistema e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (47).

112. Conseguentemente, occorre risolvere le questioni poste dal giudice del rinvio tenendo conto del contesto in cui si inserisce la disposizione di cui trattasi, nonché della struttura e degli obiettivi della direttiva 2004/38.

113. La cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il diritto primario di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (48). La detta direttiva si prefigge lo scopo di semplificare e di rafforzare tale diritto (49) affinché la circolazione dei cittadini dell’Unione tra gli Stati membri avvenga a condizioni analoghe a quelle dei cittadini di uno Stato membro quando si spostano e cambiano residenza o attività all’interno del loro paese (50).

114. La volontà del legislatore dell’Unione è, in questo caso, fare in modo che i cittadini dell’Unione possano, dopo un soggiorno di tanti anni sul territorio di uno Stato membro diverso da quello di origine, sentirvisi veramente integrati.

115. Poiché l’allontanamento dallo Stato membro ospitante può nuocere gravemente a questi cittadini, il legislatore dell’Unione ha instaurato, come ho già precedentemente osservato, un meccanismo di protezione contro l’espulsione, basato sul principio di proporzionalità (51).

116. Poiché la durata del soggiorno rappresenta un fattore d’integrazione, il legislatore dell’Unione ha elaborato l’art. 28 della direttiva 2004/38 in maniera che quanto più la durata del soggiorno sul territorio dello Stato membro ospitante è lunga, tanto più devono essere rigorosi i motivi per cui tale Stato può adottare una decisione di allontanamento.

117. Invero, ai sensi dell’art. 28, n. 1, di tale direttiva, lo Stato membro ospitante può adottare una decisione di allontanamento nei confronti di un cittadino dell’Unione che non goda del diritto di soggiorno permanente (52) per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Il cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente può costituire oggetto di una tale decisione solo per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, conformemente all’art. 28, n. 2, della direttiva 2004/38. Infine, in virtù dell’art. 28, n. 3, lett. a), della medesima direttiva, se il cittadino dell’Unione ha soggiornato nello Stato membro ospitante i dieci anni precedenti la decisione di allontanamento, quest’ultima dev’essere fondata su motivi imperativi di pubblica sicurezza.

118. Va dunque osservato che quanto più forte è l’integrazione dei cittadini dell’Unione nello Stato membro ospitante, alla luce della durata del soggiorno in tale Stato, tanto più elevata dev’essere la protezione contro l’allontanamento (53).

119. Ritengo che debba dunque esservi coerenza tra il grado di integrazione nel suddetto Stato membro e quello di protezione accordato.

120. Il legislatore dell’Unione è partito dalla premessa secondo cui una durata di soggiorno prolungata sul territorio dello Stato membro ospitante rivela una forte integrazione. Ritengo, dunque, che, dopo una presenza di almeno dieci anni sul territorio dello Stato membro ospitante, sussista una presunzione di integrazione totale.

121. Un tale grado di integrazione, richiesto all’ultimo livello della protezione contro l’allontanamento, non può, a mio avviso, tollerare assenze dal territorio dello Stato membro ospitante che potrebbero rompere il forte legame instauratosi tra il cittadino dell’Unione e detto Stato.

122. Tuttavia, non si può imporre al cittadino dell’Unione un divieto totale di assenza. Invero, dissuadere i cittadini dell’Unione dall’avvalersi della propria libertà di circolazione perché una semplice assenza dal territorio dello Stato membro ospitante potrebbe incidere sul loro diritto a una protezione rafforzata contro l’allontanamento sarebbe contrario all’obiettivo di libera circolazione delle persone cui mira la direttiva 2004/38 (54).

123. Conseguentemente, sono del parere che assenze temporanee per motivi di lavoro o per vacanze non dovrebbero influire sul termine previsto dall’ultimo livello della protezione contro l’allontanamento. Invero, siffatte assenze non sono, a mio avviso, in grado di rimettere in discussione il forte legame che unisce il cittadino dell’Unione allo Stato membro ospitante.

124. Per contro, ritengo che un’assenza di oltre sedici mesi, come quella di cui al caso di specie, possa far perdere il beneficio della protezione rafforzata accordata ai sensi dell’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38 e che, pertanto, non sia possibile applicare, per analogia, l’art. 16, n. 4, della medesima direttiva.

125. Nella presente causa, il giudice del rinvio informa che il sig. Tsakouridis è stato assente dal territorio tedesco, la prima volta, dal mese di marzo 2004 alla metà di ottobre 2004 – vale a dire sei mesi e mezzo – e, la seconda volta, dalla metà di ottobre 2005 al mese di marzo 2007, ossia poco più di sedici mesi.

126. Per quanto riguarda il primo periodo di assenza del sig. Tsakouridis, dagli atti di causa emerge che egli si è assentato per svolgere un’attività lavorativa assimilabile a un impiego stagionale in Grecia.

127. Sono del parere che possa ritenersi che un’assenza per tali motivi non abbia influito sul termine previsto per ottenere la protezione rafforzata di cui all’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38. Ritengo che occorra quindi accertare se il legame che unisce il cittadino dell’Unione interessato allo Stato membro ospitante sia sempre così forte, verificando, per esempio, al momento del suo ritorno sul territorio di tale Stato, se ha mantenuto legami con i familiari anch’essi stabiliti in detto Stato, se ha conservato la residenza o, ancora, se ha ripreso un’attività lavorativa stabile entro un termine ragionevole.

128. Per contro, la seconda assenza del sig. Tsakouridis – dalla metà di ottobre 2005 al mese di marzo 2007 – che è stata interrotta non per sua volontà ma perché egli è stato oggetto di un rimpatrio forzato nel territorio dello Stato membro ospitante a seguito di un provvedimento giudiziario, comporterebbe l’interruzione del termine dei dieci anni. Infatti, credo che tale assenza dimostri, in realtà, che il cittadino dell’Unione si è stabilito in un altro Stato membro e che, pertanto, il legame che lo unisce allo Stato membro ospitante non è più così forte, o è addirittura rotto.

129. Tenuto conto di quanto precede, mi sembra difficilmente concepibile che il sig. Tsakouridis possa avvalersi della protezione rafforzata di cui all’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38.

130. Occorre, peraltro, sottolineare che i cittadini dell’Unione, a prescindere dalla durata del soggiorno nello Stato membro ospitante, non sono privi di protezione contro l’allontanamento (55). Inoltre, l’art. 32, n. 1, della medesima direttiva prevede che la persona nei cui confronti sia stato adottato un provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio può presentare una domanda di revoca del divieto d’ingresso nel territorio nazionale dopo il decorso di un congruo periodo e in ogni modo dopo tre anni a decorrere dall’esecuzione del provvedimento definitivo di divieto, in quanto tale divieto non può in ogni caso essere permanente (56).

131. Alla luce delle suesposte osservazioni, ritengo che l’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che, sotto un profilo generale, assenze temporanee non rimettono in discussione il forte legame che unisce il cittadino dell’Unione allo Stato membro ospitante, circostanza la cui verifica spetta al giudice nazionale, e non influiscono sul calcolo del termine di dieci anni previsto da tale articolo.

132. Per contro, un’assenza di oltre sedici mesi dal territorio dello Stato membro ospitante che, come nella presente causa, è terminata con il rimpatrio forzato del cittadino dell’Unione a seguito di un provvedimento giudiziario adottato dalle autorità competenti di tale Stato, può far perdere a questo cittadino il beneficio della protezione rafforzata di cui all’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38 qualora tale provvedimento indicasse la rottura del forte legame che unisce il cittadino al detto Stato, elemento che spetta al giudice nazionale valutare.

V –    Conclusione

133. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere nel modo seguente le questioni sollevate dal Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg:

«L’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, dev’essere interpretato nel senso che:

–        la nozione di pubblica sicurezza non è intesa soltanto in un’accezione ristretta di rischio per la sicurezza interna o esterna dello Stato membro ospitante o per la tutela delle sue istituzioni, ma comprende, altresì, i gravi pregiudizi arrecati a un interesse fondamentale della società quali i valori essenziali di protezione dei suoi cittadini, che tale Stato individua tramite le fattispecie di violazione che esso prevede a tutela dei propri cittadini;

–        spetta all’autorità nazionale competente che adotta la decisione di allontanamento motivarla con precisione in funzione delle circostanze di fatto e di diritto che configurano il ricorrere dei criteri in questione;

–        quando, come nel caso di specie, la decisione di allontanamento è adottata alla scadenza di una pena, l’autorità nazionale competente è tenuta a specificare sotto quale profilo tale decisione non è contraria alla funzione di reinserimento della pena;

–        assenze temporanee non influiscono sul calcolo del termine di dieci anni previsto dall’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38, in quanto non rimettono in discussione il forte legame che unisce il cittadino dell’Unione allo Stato membro ospitante, circostanza, quest’ultima, la cui verifica spetta al giudice nazionale;

–        un’assenza di oltre sedici mesi dal territorio dello Stato membro ospitante che, come nella presente causa, è terminata con il rimpatrio forzato del cittadino dell’Unione a seguito di un provvedimento giudiziario adottato dalle autorità competenti di tale Stato, può far perdere a tale cittadino il beneficio della protezione rafforzata di cui all’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38 qualora tale provvedimento indicasse la rottura del forte legame che unisce il cittadino al detto Stato, elemento che spetta al giudice nazionale valutare».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e rettifica GU 2005, L 197, pag. 34).


3 – V. sentenza 18 maggio 1982, cause riunite 115/81 e 116/81, Adoui e Cornuaille (Racc. pag. 1665).


4 – V. sentenza 26 febbraio 1975, causa 67/74, Bonsignore (Racc. pag. 297).


5 – V. sentenza 27 ottobre 1977, causa 30/77, Bouchereau (Racc. pag. 1999).


6 – BGBl. 2004 I, pag. 1950, come modificata, da ultimo, dalla legge 26 febbraio 2008 (BGBl. 2008 I, pag. 215; in prosieguo: il «FreizügG/EU»).


7 – V., in particolare, sentenze 4 dicembre 1974, causa 41/74, van Duyn (Racc. pag. 1337, punto 18), e 27 aprile 2006, causa C‑441/02, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3449, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


8 – V. proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri [COM(2001) 257 def.].


9 – V. ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/38.


10 – V. ventiquattresimo ‘considerando’ della medesima direttiva.


11 – Per esempio, in Germania la funzione di reinserimento sociale della pena è sottolineata all’art. 2 della legge sull’esecuzione della pena detentiva (Strafvollzugsgesetz). In Spagna, l’art. 25, n. 2, della Costituzione del 1978 prevede che le pene detentive e le misure di sicurezza siano orientate verso la rieducazione e il reinserimento sociale. In Italia, l’art. 27, terzo comma, della Costituzione del 1948 dispone che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.


12 – Raccomandazione Rac(2006)2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle regole penitenziarie europee, adottata l’11 gennaio 2006.


13 – V. parte I, punto 6, dell’allegato di tale raccomandazione.


14 – V. Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 24 ottobre 2002 Mastromatteo/Italia, Recueil des arrêts et décisions, 2002-VIII, § 72.


15 – V. sentenze 10 luglio 1984, 72/83, Campus Oil e a. (Racc. pag. 2727); 4 ottobre 1991, causa C‑367/89, Richardt e «Les Accessoires Scientifiques» (Racc. pag. I‑4621), e 17 ottobre 1995, causa C‑83/94, Leifer e a. (Racc. pag. I‑3231).


16 – V. sentenze 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston (Racc. pag. 1651), e 26 ottobre 1999, causa C‑273/97, Sirdar (Racc. pag. I‑7403).


17 – V. sentenze Richardt e «Les Accessoires Scientifiques», cit. (punto 22), e Leifer e a., cit. (punto 26), nonché sentenza 11 gennaio 2000, causa C‑285/98, Kreil (Racc. pag. I‑69, punto 17).


18 – V. punti 28 e 29 della sentenza.


19 – Sentenze van Duyn, cit. (punto 18), e 28 ottobre 1975, causa 36/75, Rutili (Racc. pag. 1219, punto 28).


20 – V. sentenza Adoui e Cornuaille, cit. (punto 8).


21 – V. sentenze Rutili, cit. (punto 26), e 14 marzo 2000, causa C‑54/99, Église de scientologie (Racc. pag. I‑1335, punto 17).


22 – V. sentenza Bonsignore, cit.


23 – V. sentenza 30 aprile 1991, causa C‑239/90, Boscher (Racc. pag. I‑2023).


24 – V. sentenza 23 novembre 1978, causa 7/78, Thompson e a. (Racc. pag. 2247).


25 – V. sentenza 14 ottobre 2004, causa C‑36/02, Omega (Racc. pag. I‑9609).


26 – V. punti 35 e 36 della sentenza. V. anche sentenza Sirdar, cit. (punto 17).


27 – V., in particolare, sentenze Bonsignore, cit.; 8 aprile 1976, causa 48/75, Royer (Racc. pag. 497), e 17 giugno 1997, cause riunite C‑65/95 e C‑111/95, Shingara e Radiom (Racc. pag. I‑3343).


28 – Sentenza 26 novembre 2002, causa C‑100/01 (Racc. pag. I‑10981).


29 – V. punto 35 della sentenza.


30 – V. sentenza Rutili, cit. (punto 28).


31 – V. sentenze 9 dicembre 1997, causa C‑265/95, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑6959, punto 33), e 15 giugno 1999, causa C‑394/97, Heinonen (Racc. pag. I‑3599, punto 43).


32 – V., in tal senso, sentenza van Duyn, cit. (punto 18).


33 – V. sentenze 19 gennaio 1999, causa C‑348/96, Calfa (Racc. pag. I‑11), e 29 aprile 2004, cause riunite C‑482/01 e C‑493/01, Orfanopoulos e Oliveri (Racc. pag. I‑5257).


34 – V. sentenza Heinonen, cit. (punto 43).


35 – Ibidem (punto 18).


36 – Per un elenco non esaustivo, v., in particolare, sulla lealtà dei negozi commerciali e la tutela del consumatore, sentenza 18 maggio 1993, causa C‑126/91, Yves Rocher (Racc. pag. I‑2361); sulla coerenza del sistema fiscale, sentenza 13 marzo 2007, causa C‑524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (Racc. pag. I‑2107); sulla tutela del consumatore e dell’ordine sociale in materia di gioco, sentenza 6 marzo 2007, cause riunite C‑338/04, C‑359/04 e C‑360/04, Placanica e a. (Racc. pag. I‑1891), e sulla sicurezza stradale, sentenza 15 marzo 2007, causa C‑54/05, Commissione/Finlandia (Racc. pag. I‑2473).


37 – V., in particolare, sentenza 13 giugno 2002, cause riunite C‑430/99 e C‑431/99, Sea-Land Service e Nedlloyd Lijnen (Racc. pag. I‑5235, punti 39 e 41).


38 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376, pag. 36).


39 – V., in particolare, nell’ambito della libera circolazione dei beni, sentenza Boscher, cit. (punti 22 e 23); nell’ambito della libera prestazione dei servizi, sentenza Omega, cit. (punto 36), e, nell’ambito della libera circolazione delle persone, sentenza Oteiza Olazabal, cit. (punto 43).


40 – V. sentenza Oteiza Olazabal, cit. (punto 43). V., per quanto riguarda la libera circolazione dei capitali, la sentenza Église de scientologie, cit. (punto 18), e, per quanto riguarda la libera circolazione dei beni, sentenza Omega, cit. (punto 36).


41 – V. sentenza Orfanopoulos e Oliveri, cit. (punto 96). V. anche comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo 19 luglio 1999, relativa ai provvedimenti speciali in tema di circolazione e residenza dei cittadini dell’Unione giustificati da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica [COM(1999) 372 def.].


42 – V., in particolare, sentenza Bonsignore, cit. (punti 5 e 6).


43 – V. sentenze Bouchereau, cit. (punto 28), e 31 gennaio 2006, causa C‑503/03, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑1097, punto 44).


44 – V. sentenza Orfanopoulos e Oliveri, cit. (punti 78 e 79).


45 – V. art. 16, n. 3, della direttiva 2004/38.


46 – V. art. 16, n. 4, della medesima direttiva.


47 – V., in tal senso, sentenza 23 aprile 2009, causa C‑533/07, Falco Privatstiftung Rabitsch (Racc. pag. I-3327, punti 19 e 20). V., altresì, sentenze 17 novembre 1983, causa 292/82, Merck (Racc. pag. 3781, punto 12); 14 giugno 2001, causa C‑191/99, Kvaerner (Racc. pag. I‑4447, punto 30), e 14 dicembre 2006, causa C‑283/05, ASML (Racc. pag. I‑12041, punti 16 e 22).


48 – V. primo ‘considerando’ della direttiva 2004/38.


49 – V. terzo ‘considerando’ della direttiva 2004/38.


50 – V. proposta di direttiva di cui alla nota 8.


51 – V. ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/38.


52 – Desidero ricordare che, a norma dell’art. 16, n. 1, della detta direttiva, il diritto di soggiorno permanente si acquisisce dopo un soggiorno ininterrotto di cinque anni nel territorio dello Stato membro ospitante.


53 – V. ventiquattresimo ‘considerando’ della direttiva 2004/38.


54 – V. secondo ‘considerando’ della direttiva.


55 – V. art. 28, nn. 1 e 2, della direttiva 2004/38.


56 – V. ventisettesimo ‘considerando’ della detta direttiva. V. anche sentenza Calfa, cit. (punti 18 e 29).

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