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Document 62008CJ0373

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) dell'11 febbraio 2010.
    Hoesch Metals and Alloys GmbH contro Hauptzollamt Aachen.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Finanzgericht Düsseldorf - Germania.
    Codice doganale comunitario - Art. 24 - Origine non preferenziale delle merci - Trasformazione o lavorazione che conferisce il carattere originario - Blocchi di silicio originari della Cina - Separazione, frantumazione e pulitura dei blocchi, nonché vagliatura, cernita dei granuli in funzione delle loro dimensioni e loro imballaggio in India - Dumping - Validità del regolamento (CE) n. 398/2004.
    Causa C-373/08.

    Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-00951

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2010:68

    SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

    11 febbraio 2010 ( *1 )

    «Codice doganale comunitario — Art. 24 — Origine non preferenziale delle merci — Trasformazione o lavorazione che conferisce il carattere originario — Blocchi di silicio originari della Cina — Separazione, frantumazione e pulitura dei blocchi, nonché vagliatura, cernita dei granuli in funzione delle loro dimensioni e loro imballaggio in India — Dumping — Validità del regolamento (CE) n. 398/2004»

    Nel procedimento C-373/08,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Finanzgericht Düsseldorf (Germania) con decisione 30 luglio 2008, pervenuta in cancelleria il , nella causa

    Hoesch Metals and Alloys GmbH

    contro

    Hauptzollamt Aachen,

    LA CORTE (Terza Sezione),

    composta dal sig. J. N. Cunha Rodrigues, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus (relatore) e A. Ó Caoimh, giudici,

    avvocato generale: sig. J. Mazák

    cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 luglio 2009,

    considerate le osservazioni presentate:

    per la Hoesch Metals and Alloys GmbH, dall’avv. H. Bleier, Rechtsanwalt;

    per il Consiglio dell’Unione europea, dal sig. J.-P. Hix, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti G.M. Berrisch e G. Wolf, Rechtsanwälte;

    per la Commissione europea, dai sigg. R. Lyal, H. van Vliet e B.-R. Killmann, in qualità di agenti,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 24 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale»), e sulla validità del regolamento (CE) del Consiglio , n. 398, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di silicio originario della Repubblica popolare cinese (GU L 66, pag. 15).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Hoesch Metals and Alloys GmbH (in prosieguo: la «Hoesch») e lo Hauptzollamt Aachen (autorità doganale di Aquisgrana), in merito alla determinazione dell’origine non preferenziale del silicio proveniente dalla Cina e che ha subìto vari trattamenti in India.

    Contesto normativo

    L’accordo relativo alle regole in materia di origine

    3

    L’accordo relativo alle regole in materia di origine (OMC-GATT 1994), allegato all’atto finale firmato a Marrakech dalla Comunità europea il 15 aprile 1994 e approvato a nome di quest’ultima con la decisione del Consiglio , 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1), è inteso all’armonizzazione delle regole in materia di origine e ha istituito, durante un periodo transitorio, un programma di lavoro per l’armonizzazione.

    La normativa doganale comunitaria

    4

    L’art. 24 del codice doganale così dispone:

    «Una merce alla cui produzione hanno contribuito due o più paesi è originaria del paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata ed effettuata in un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo od abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione».

    5

    Gli artt. 35-40 nonché gli allegati 10 e 11 al regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2913/92 (GU L 253, pag. 1), precisano, per taluni prodotti, le trasformazioni e le lavorazioni che conferiscono il carattere originario conformemente all’art. 24 del codice doganale. Il silicio metallico non fa parte dei prodotti previsti da tali disposizioni.

    6

    La voce 2804 della nomenclatura combinata che costituisce l’allegato I al regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1987, n. 2658, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 256, pag. 1), come modificata dal regolamento (CE) della Commissione , n. 1789 (GU L 281, pag. 1; in prosieguo: la «NC»), è formulata nel seguente modo:

    «2804

    Idrogeno, gas rari ed altri elementi non metallici:

    (…)

    Silicio

    28046100

    — —

    contenente, in peso, almeno 99,99% di silicio

    28046900

    — —

    altro

    (…)».

    La normativa comunitaria sulle misure antidumping

    7

    Le disposizioni relative all’istituzione di dazi antidumping da parte della Comunità europea sono contenute nel regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1995, n. 384/96, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio , n. 461 (GU L 77, pag. 12; in prosieguo: il «regolamento di base»).

    8

    L’art. 3, n. 1, del regolamento di base così prevede:

    «Ai fini del presente regolamento si intende per “pregiudizio”, salvo altrimenti disposto, un pregiudizio grave, la minaccia di pregiudizio grave a danno dell’industria comunitaria, oppure un grave ritardo nella creazione di tale industria. Il termine è interpretato in conformità con le disposizioni del presente articolo».

    9

    L’art. 5 dello stesso regolamento disciplina l’apertura del procedimento d’inchiesta iniziale diretto ad accertare l’esistenza, il grado e l’effetto di qualsiasi dumping lamentato in una denuncia.

    10

    L’art. 9, n. 4, di detto regolamento così dispone:

    «Quando dalla constatazione definitiva dei fatti risulta l’esistenza di dumping e di un conseguente pregiudizio e quando gli interessi della Comunità esigono un intervento a norma dell’articolo 21, il Consiglio, deliberando su una proposta presentata dalla Commissione dopo aver sentito il comitato consultivo, istituisce un dazio antidumping definitivo. La proposta è adottata dal Consiglio a meno che questo non decida a maggioranza semplice di respingerla entro un mese dalla sua presentazione da parte della Commissione. Se è stato istituito un dazio provvisorio, una proposta di misura definitiva deve essere presentata al più tardi un mese prima della scadenza di tale dazio. L’importo del dazio antidumping non deve superare il margine di dumping accertato e dovrebbe essere inferiore a tale margine, qualora un importo inferiore sia sufficiente per eliminare il pregiudizio causato all’industria comunitaria».

    11

    Ai sensi dell’art. 11 del regolamento di base:

    «(…)

    2.   Le misure di antidumping definitive scadono dopo cinque anni dalla data in cui sono state istituite oppure dopo cinque anni dalla data della conclusione dell’ultimo riesame relativo al dumping e al pregiudizio, salvo che nel corso di un riesame non sia stabilito che la scadenza di dette misure implica il rischio del persistere o della reiterazione del dumping e del pregiudizio. Il riesame in previsione della scadenza è avviato per iniziativa della Commissione oppure su domanda dei produttori comunitari o dei loro rappresentanti e le misure restano in vigore in attesa dell’esito del riesame.

    Il riesame in previsione della scadenza viene avviato se la domanda contiene sufficienti elementi di prova del rischio del persistere o della reiterazione del dumping o del pregiudizio, in assenza di misure. Tali elementi di prova possono riguardare, tra l’altro, il persistere del dumping o del pregiudizio oppure il fatto che l’eliminazione del pregiudizio sia dovuta in parte o integralmente all’applicazione delle misure oppure la probabilità che, alla luce della situazione degli esportatori o delle condizioni del mercato, vengano attuate nuove pratiche di dumping arrecanti pregiudizio.

    (…).

    5.   Le disposizioni del presente regolamento relative alle procedure e allo svolgimento delle inchieste, escluse quelle relative ai termini, si applicano ai riesami effettuati a norma dei paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo. I riesami effettuati in forza dei paragrafi 2 e 3 si svolgono rapidamente e si concludono entro dodici mesi dalla data del loro inizio. (…).

    6.   (…) Secondo l’esito del riesame, le misure sono abrogate o vengono lasciate in vigore a norma del paragrafo 2 oppure abrogate, lasciate in vigore o modificate a norma dei paragrafi 3 e 4 dall’istituzione comunitaria che le ha adottate. (…).

    (…)».

    12

    Con il regolamento (CEE) 27 luglio 1990, n. 2200 (GU L 198, pag. 57), il Consiglio ha istituito per la prima volta un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di silicio metallico originario della Cina. La Commissione, a seguito di un avviso di scadenza delle misure adottate dal regolamento n. 2200/90, pubblicato nel mese di febbraio 1995, ha ricevuto una domanda di riesame integrata da elementi di prova del dumping di cui è oggetto il prodotto di cui trattasi, i quali sono stati ritenuti sufficienti per giustificare l’apertura di un’inchiesta. Il Consiglio, tenuto conto delle conclusioni di quest’ultima, ha adottato il regolamento (CE) , n. 2496, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di silicio metallico originario della Repubblica popolare cinese (GU L 345, pag. 1).

    13

    Il ventiquattresimo ‘considerando’ del regolamento n. 2496/97 enuncia quanto segue:

    «(…)

    Il margine di dumping, espresso in percentuale del prezzo all’esportazione cif, franco frontiera comunitaria è del 68,1%».

    14

    L’art. 1, n. 2, di detto regolamento così dispone:

    «L’aliquota del dazio antidumping definitivo applicabile al prezzo netto franco frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, è del 49%».

    15

    La Commissione, in seguito alla pubblicazione nel mese di marzo 2002 di un avviso di imminente scadenza delle misure antidumping, ha ricevuto una domanda di riesame ai sensi dell’art. 11, n. 2, del regolamento di base. All’esito di tale riesame, il Consiglio, tramite l’adozione del regolamento n. 398/2004, ha deciso di lasciare in vigore le misure istituite dal regolamento n. 2496/97.

    16

    Il ventisettesimo ‘considerando’ del regolamento n. 398/2004 enuncia quanto segue:

    «A norma dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base, il margine di dumping è stato calcolato confrontando la media ponderata dei valori normali e la media ponderata dei prezzi all’esportazione, determinate come illustrato sopra. Il confronto ha dimostrato l’esistenza di pratiche di dumping. Il margine di dumping espresso in percentuale del prezzo cif alla frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, era rilevante, vale a dire del 12,5%, sebbene fosse di molto al di sotto dei livelli rilevati nell’inchiesta precedente».

    17

    La tabella 6 del preambolo di detto regolamento, riguardante il volume delle vendite di silicio dell’industria comunitaria all’interno della Comunità, è la seguente:

     

    «1998

    1999

    2000

    2001

    PI

    Tonnellate

    86 718

    114 587

    133 568

    128 219

    136 421

    Indice

    100

    132

    154

    148

    157

    Variazione annua

     

    +32%

    +17%

    -7%

    +6%»

    18

    Il cinquantunesimo ‘considerando’ del regolamento n. 398/2004 enuncia quanto segue:

    «Le vendite dell’industria comunitaria ad acquirenti indipendenti della Comunità sono aumentate del 57% tra il 1998 e il PI».

    19

    La tabella 8 del preambolo di detto regolamento, la quale illustra le quote di mercato dell’industria comunitaria sul mercato del silicio, indica quanto segue:

     

    «1998

    1999

    2000

    2001

    PI

    Percentuale del mercato

    29,8%

    35,2%

    34,3%

    34,3%

    36,7%

    Indice

    100

    118

    115

    115

    123»

    20

    Ai sensi del cinquantaquattresimo ‘considerando’ del regolamento n. 398/2004:

    «La quota di mercato dell’industria comunitaria è salita dal 29,8% nel 1998 al 36,7% nel PI in linea con l’aumento della produzione e dei volumi delle vendite grazie all’apertura di un nuovo impianto nella Comunità. Un forte aumento si è verificato fra il 1998 e il 1999 (+5,4% del mercato) con l’introduzione dei nuovi impianti di fabbricazione dell’Unione europea. Un aumento più ridotto (+2,4%) si è verificato tra il 2001 e il PI».

    21

    I ‘considerando’ dal settantunesimo al settantaquattresimo di tale regolamento sono formulati nel seguente modo:

    «(71)

    Come spiegato e mostrato in precedenza, dal 1998 al 2000 l’industria comunitaria ha potuto beneficiare di una crescita del mercato del 34% e di un notevole aumento delle vendite e della quota di mercato. In seguito tuttavia, i volumi delle vendite e la quota di mercato sono stagnati e la situazione finanziaria dell’industria comunitaria (prezzi, redditività e flusso di cassa) è peggiorata.

    (72)

    Un più attento esame rivela che i principali sviluppi positivi per l’industria comunitaria si sono verificati tra il 1998 e il 2000. A partire dal 2000 non si sono rilevati miglioramenti effettivi.

    (73)

    I miglioramenti verificatisi fra il 1998 e il 2000 possono essere attribuiti direttamente a decisioni prese dall’industria comunitaria nel 1998 di investire in ulteriori impianti di produzione nella Comunità. Tra il 1998 e il 2000 la capacità di produzione dell’Unione europea è aumentata del 26% (da 125000 a 158000 tonnellate). Queste decisioni sono state prese in risposta alle misure antidumping sulle importazioni di silicio dalla Cina che, come delineato nel ‘considerando’ 1, erano state prorogate nel 1997. (…). Si può pertanto rilevare che l’industria comunitaria era in grado di beneficiare delle misure antidumping sulle importazioni di silicio proveniente dalla Cina. Dal 2000 al PI la situazione dell’industria comunitaria è peggiorata; in particolare i prezzi sono scesi di 46 EUR la tonnellata, la redditività è calata del 7,1%, il flusso di cassa del 59% e gli investimenti del 55%. Durante il PI l’industria comunitaria registrava perdite. Per tali motivi, si ritiene che durante il PI l’industria comunitaria si sia trovata in posizione molto precaria e vulnerabile.

    (…).

    (74)

    Il volume delle importazioni oggetto di dumping dalla Cina è notevolmente aumentato durante il periodo in esame ed è probabile che senza misure antidumping grossi quantitativi del prodotto sarebbero inviati sul mercato comunitario a prezzi molto bassi, sottoquotando i prezzi dell’industria comunitaria. In considerazione del livello del dazio antidumping in vigore, la differenza di prezzo fra il prodotto importato e quello fabbricato dall’industria comunitaria potrebbe essere superiore al 35% se le misure venissero lasciate scadere».

    22

    Ai sensi dell’art. 1, nn. 1 e 2, del regolamento n. 398/2004:

    «1.   È istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di silicio di cui [alla sottovoce] 28046900 [della NC] originario della Repubblica popolare cinese.

    2.   L’aliquota del dazio antidumping definitivo applicabile al prezzo netto, franco frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, è del 49%».

    Causa principale e questioni pregiudiziali

    23

    Il 15 giugno e il 12 agosto 2004 la Hoesch ha presentato presso lo Hauptzollamt Duisburg (ufficio doganale principale di Duisburg) una dichiarazione relativa a silicio metallico, rientrante nella sottovoce 28046900 della NC, ai fini della sua immissione in libera pratica. La ricorrente aveva importato tale prodotto dall’India e aveva dichiarato tale Stato come paese d’origine.

    24

    Tuttavia, dalla decisione di rinvio emerge che il silicio metallico di cui trattasi nella causa principale proveniva dalla Cina ed era stato consegnato alla ditta Metplast, con sede in India, in blocchi delle dimensioni di due metri per tre. Tale società, poi, aveva effettuato su detti blocchi varie operazioni, nel senso che questi ultimi erano stati separati, frantumati e puliti. I granuli ottenuti a seguito della frantumazione sono stati vagliati, poi selezionati in base alle dimensioni e infine imballati. La pulitura del silicio è stata realizzata tramite eliminazione, in parte manuale e in parte meccanica, delle scorie indesiderate presenti nei granuli di silicio risultanti dalla frantumazione dei blocchi. Il ferro libero presente nel silicio è stato poi estratto con un trattamento magnetico. A seguito di tutte le operazioni effettuate da detta società, il grado di purezza del silicio metallico superava il 98,5%, essendo un grado siffatto necessario, secondo la Hoesch, per l’utilizzo del silicio metallico nella produzione di leghe di alluminio. Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, non era noto il grado di purezza presente nel silicio prima della sua importazione dalla Cina.

    25

    Successivamente alle inchieste svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), lo Hauptzollamt Aachen ha affermato che il silicio metallico di cui trattasi nella causa principale non era stato oggetto in India di trasformazione o di lavorazione sostanziale e, di conseguenza, non poteva essere considerato originario di tale Stato. Esso, pertanto, ha ritenuto che detto prodotto dovesse essere considerato originario della Cina. Tale autorità, tramite due avvisi di accertamento del 6 giugno 2007, sul fondamento dell’art. 1 del regolamento n. 398/2004, ha reclamato alla Hoesch la riscossione a posteriori dei dazi antidumping d’importo pari a EUR 99974,74.

    26

    La Hoesch, con ricorso proposto dinanzi al Finanzgericht Düsseldorf, ha sollecitato l’annullamento di detti avvisi, facendo valere che il silicio di cui trattasi nella causa principale aveva subìto in India una trasformazione o una lavorazione sostanziale e, pertanto, doveva essere considerato originario di tale Stato. Secondo tale società, la frantumazione dei blocchi di silicio aveva comportato una loro trasformazione in granuli e la pulitura di questi ultimi, per la quale si era reso necessario un lavoro considerevole, aveva consentito di aumentare il grado di purezza del silicio. La Hoesch, inoltre, eccepisce l’invalidità del regolamento n. 398/2004.

    27

    Il giudice del rinvio ritiene che l’esito del ricorso dipenda dalla circostanza se il trattamento effettuato in India costituisca una trasformazione o una lavorazione che conferisce il carattere originario ai sensi dell’art. 24 del codice doganale, nel qual caso il silicio metallico importato non sarebbe soggetto ai dazi antidumping. In caso negativo, esso s’interroga sulla validità del regolamento n. 398/2004.

    28

    Esso osserva che non si tratta di stabilire la portata che possono avere le cosiddette regole «di elenco» elaborate dalla Commissione allo scopo di precisare le nozioni contenute nell’art. 24 del codice doganale e disponibili sul suo sito Internet.

    29

    Ciò considerato, il Finanzgericht Düsseldorf ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se l’art. 24 del [codice doganale] debba essere interpretato nel senso che la separazione, la pulitura e la frantumazione di blocchi di silicio metallico, nonché la vagliatura, la cernita e l’imballaggio successivi dei granuli di silicio ottenuti dalla frantumazione, configurino una trasformazione o lavorazione avente carattere rilevante per l’origine.

    2)

    In caso di risposta negativa alla prima questione, se il regolamento [n. 398/2004] sia valido».

    Sulle questioni pregiudiziali

    Sulla prima questione

    Osservazioni presentate alla Corte

    30

    La Hoesch ritiene anzitutto che l’origine non preferenziale del silicio metallico debba essere determinata esclusivamente sul fondamento dell’art. 24 del codice doganale e che, nella causa principale, siano soddisfatte tutte le condizioni di applicazione di tale disposizione, cosicché l’operazione di cui trattasi nella causa principale dev’essere ritenuta come costituente una trasformazione o una lavorazione sostanziale che conferisce l’origine non preferenziale a detto prodotto.

    31

    Secondo tale società, le operazioni effettuate in India sul silicio importato dalla Cina devono essere considerate una trasformazione sostanziale di quest’ultimo, in quanto la nozione di trasformazione sostanziale può essere definita nella fattispecie come una modifica dei materiali precursori tale da comportare per questi ultimi l’acquisizione di altre caratteristiche. In seguito all’operazione di frantumazione, infatti, i blocchi di silicio avrebbero perduto la loro forma iniziale. La Hoesch invoca altresì la giurisprudenza della Corte in base alla quale l’ultima trasformazione di un prodotto è «sostanziale», ai sensi dell’art. 24 del codice doganale, solo qualora il prodotto che ne risulta abbia composizione e proprietà specifiche che non possedeva prima di essere sottoposto a tale trasformazione (v., in tal senso, sentenza 26 gennaio 1977, causa 49/76, Gesellschaft für Überseehandel, Racc. pag. 41, punto 6). Nella causa principale l’operazione di pulitura avrebbe comportato l’eliminazione delle impurità contenute nei blocchi di silicio, modificato la destinazione del silicio e consentito in tal modo il suo utilizzo in una lega di alluminio.

    32

    La Hoesch fa poi valere che l’esigenza di cambiamento di classificazione tariffaria di cui alle regole di elenco, contrariamente a numerose regole in materia di origine delle merci, non figura tra le condizioni previste dall’art. 24 del codice doganale. Pertanto, il cambiamento di voce tariffaria non costituisce una condizione di applicazione di detto art. 24. Inoltre, le regole di elenco e le note introduttive al capitolo 28 di queste ultime (in prosieguo: le «note introduttive»), dato che non sono state pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e sono disponibili unicamente su Internet in lingua inglese, non presenterebbero alcun carattere vincolante. La Hoesch ritiene che, anche se, tuttavia, fosse necessario invocare le note introduttive, queste ultime confermerebbero l’origine non preferenziale del prodotto di cui trattasi nella causa principale. Infatti, da dette note introduttive risulterebbe che le operazioni di pulitura e di frantumazione del silicio possono costituire, a determinate condizioni, una trasformazione o una lavorazione sostanziale che conferisce il carattere originario a quest’ultimo. Nella causa principale tali condizioni sarebbero soddisfatte.

    33

    Per contro, la Commissione suggerisce di tener conto delle regole di elenco e delle note introduttive al fine di garantire, in particolare, l’uniformità nell’applicazione della legislazione doganale e la conformità dell’applicazione di tale legislazione agli obblighi contratti dalla Comunità nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Tali regole, infatti, menzionerebbero i risultati provvisori dei negoziati nell’ambito del lavoro per l’armonizzazione in seno al comitato sulle regole in materia di origine di tale organizzazione, previsto dall’accordo relativo alle regole in materia di origine.

    34

    Peraltro, il ricorso, nelle regole di elenco, al criterio del cambiamento di classificazione tariffaria, criterio in base al quale si deve ritenere che la merce di cui trattasi abbia subìto la sua ultima trasformazione o lavorazione sostanziale unicamente qualora la sua sottovoce tariffaria sia modificata, è giustificato, a parere della Commissione, da un punto di vista tecnico, in quanto nella causa principale tale criterio terrebbe conto delle operazioni necessarie alla produzione del silicio metallico nonché degli obiettivi di produzione di quest’ultimo. Infatti, la classificazione del silicio nelle sottovoci 280461 o 280469 della NC si baserebbe sul grado di pulitura di quest’ultimo, vale a dire, rispettivamente, per la prima sottovoce, su un grado pari o superiore al 99,9% e, per la seconda, su un grado inferiore al 99,9%, e corrisponderebbe quindi non soltanto all’utilizzo che ne viene fatto, ma anche al lavoro necessario alla fabbricazione di tale prodotto. Inoltre, la Commissione fa valere che nella causa principale non si può effettuare una distinzione oggettiva e concreta tra il prodotto base, vale a dire il silicio sotto forma di blocchi di metallo, e i granuli di silicio metallico ottenuti per separazione, poi vagliatura, cernita e imballaggio, poiché tali operazioni non hanno in alcun modo modificato le proprietà o la composizione del silicio metallico, il quale rimane silicio metallurgico il cui oggetto resta limitato alla fabbricazione di leghe di alluminio.

    35

    La Commissione, tuttavia, basandosi sulle note introduttive nn. 3 e 4, ritiene che la pulitura e la frantumazione del silicio, in particolari circostanze, malgrado il mancato cambiamento di classificazione tariffaria, possano costituire una trasformazione o una lavorazione sostanziale che conferisce il carattere originario, a condizione, da un lato, che la pulitura rappresenti una fase di fabbricazione durante la quale viene eliminato almeno l’80% delle impurità esistenti o che, all’esito di quest’ultima, venga raggiunto un livello di purezza tale da permettere un uso specifico del prodotto esistente o, dall’altro, che la frantumazione corrisponda ad una riduzione deliberata del silicio che conduce ad un determinato risultato. Orbene, la Commissione osserva che, secondo quanto accertato dal giudice del rinvio, non è stata dimostrata l’eliminazione di almeno l’80% delle impurità. Peraltro, la Commissione rileva che i granuli di silicio così ottenuti sono stati vagliati, il che significherebbe che essi avevano dimensioni diverse prima della vagliatura. Pertanto, non occorrerebbe ritenere che sia stata effettuata una riduzione deliberata e controllata dei blocchi di silicio.

    Risposta della Corte

    36

    Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la separazione, la frantumazione e la pulitura di blocchi di silicio nonché la vagliatura, la cernita e l’imballaggio finali dei granuli di silicio risultanti dalla frantumazione costituiscano una trasformazione o una lavorazione che conferisce il carattere originario ai sensi dell’art. 24 del codice doganale.

    37

    Dall’art. 24 del codice doganale emerge che, qualora più paesi abbiano contribuito alla produzione di una merce, quest’ultima è considerata come originaria del paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, operazione economicamente giustificata ed effettuata in un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione.

    38

    Al riguardo, la Corte ha dichiarato che dall’art. 5 del regolamento (CEE) del Consiglio 27 giugno 1968, n. 802, relativo alla definizione comune della nozione di origine delle merci (GU L 148, pag. 1), disposizione che ha preceduto l’art. 24 del codice doganale, ma redatta in termini identici a quest’ultimo, risulta che il criterio determinante è quello dell’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale (sentenze , causa C-26/88, Brother International, Racc. pag. 4253, punto 15, e , causa C-372/06, Asda Stores, Racc. pag. I-11223, punto 32).

    39

    Riguardo all’applicabilità delle regole di elenco, si deve ricordare che la Corte, nella sua sentenza 10 dicembre 2009, causa C-260/08, HEKO Industrieerzeugnisse (Racc. pag. I-11571, punti 20 e 21), ha dichiarato che, se è pur vero che le regole di elenco elaborate dalla Commissione contribuiscono a determinare l’origine non preferenziale delle merci, tali regole non sono giuridicamente vincolanti. Pertanto, il contenuto di queste regole deve essere conforme alle regole in materia di origine, come quella enunciata all’art. 24 del codice doganale, e non può modificarne la portata. Tale constatazione vale anche per le note introduttive.

    40

    Parimenti, sebbene gli atti di diritto derivato pertinenti debbano essere interpretati alla luce degli accordi adottati nel contesto dell’OMC, cionondimeno l’accordo sulle regole in materia di origine costituisce attualmente solo un programma di lavoro per l’armonizzazione in un periodo transitorio. Poiché tale accordo non rappresenta un’armonizzazione completa, i membri dell’OMC dispongono di un margine di discrezionalità nell’adattamento delle proprie regole in materia di origine (citata sentenza HEKO Industrieerzeugnisse, punto 22).

    41

    Da tali considerazioni risulta che i giudici degli Stati membri possono ricorrere sia alle note introduttive sia alle regole di elenco per interpretare l’art. 24 del codice doganale, purché ciò non determini una modifica di tale disposizione (v. citata sentenza HEKO Industrieerzeugnisse, punto 23).

    42

    Per quanto concerne la questione della pertinenza del criterio del cambiamento di classificazione tariffaria, criterio risultante dalle regole di elenco, al fine di determinare se le operazioni di cui trattasi nella causa principale costituiscano una trasformazione o una lavorazione che conferisce il carattere originario ai sensi dell’art. 24 del codice doganale, la Corte ha già dichiarato che non basta ricercare i criteri per la determinazione dell’origine delle merci nella classificazione doganale dei prodotti trasformati, giacché la tariffa doganale comune è stata concepita in funzione di esigenze specifiche, non già al fine di consentire la determinazione dell’origine delle merci (v. sentenze Gesellschaft für Überseehandel, cit., punto 5; 23 marzo 1983, causa 162/82, Cousin e a., Racc. pag. 1101, punto 16, nonché HEKO Industrieerzeugnisse, cit., punto 29).

    43

    La Corte ha dichiarato altresì che, sebbene sia certamente esatto che il cambiamento di classificazione tariffaria di una merce, dovuto all’operazione di trasformazione di essa, costituisce un’indicazione del carattere sostanziale della sua trasformazione o della sua lavorazione, cionondimeno una trasformazione o una lavorazione può avere carattere sostanziale anche in mancanza di un siffatto cambiamento di classificazione tariffaria (citata sentenza HEKO Industrieerzeugnisse, punto 35). Tale constatazione si applica altresì al criterio del cambiamento di classificazione tariffaria.

    44

    Ne consegue che, per determinare se le operazioni di trasformazione di cui trattasi nella causa principale siano quelle che conferiscono il carattere originario tenuto conto delle condizioni di cui all’art. 24 del codice doganale, devono essere presi in considerazione criteri diversi da quello relativo al cambiamento di classificazione tariffaria.

    45

    Al riguardo, emerge dalla giurisprudenza della Corte che la determinazione dell’origine delle merci dev’essere effettuata in base ad una distinzione oggettiva e concreta fra prodotto base e prodotto trasformato, tenendo conto in sostanza delle caratteristiche materiali specifiche di ciascuno dei suddetti prodotti (v. citate sentenze Gesellschaft für Überseehandel, punto 5; Cousin e a., punto 16, nonché HEKO Industrieerzeugnisse, punto 29).

    46

    Va altresì ricordato che l’ultima trasformazione o lavorazione è «sostanziale», ai sensi dell’art. 24 del codice doganale, solo qualora il prodotto che ne risulta abbia composizione e proprietà specifiche che non possedeva prima di essere sottoposto a tale trasformazione o lavorazione. Le operazioni che modificano l’aspetto esteriore del prodotto ai fini della sua successiva utilizzazione, lasciandone sostanzialmente inalterate, sotto il profilo qualitativo, le caratteristiche essenziali, non possono determinare l’origine del prodotto stesso (v. sentenze Gesellschaft für Überseehandel, cit., punto 6; 23 febbraio 1984, causa 93/83, Zentrag, Racc. pag. 1095, punto 13, e HEKO Industrieerzeugnisse, cit., punto 28).

    47

    La Corte, peraltro, ha precisato che le operazioni di trasformazione di un prodotto che non ne comportano una modifica sostanziale delle proprietà e della composizione, dato che esse consistono soltanto in una ripartizione e in una modifica del suo aspetto esteriore, non costituiscono, per contro, una modifica qualitativa abbastanza marcata tale da poter essere considerata come fabbricazione di un prodotto nuovo ovvero come costituente una fase importante della fabbricazione di detto prodotto (v., in tal senso, citata sentenza Zentrag, punto 14).

    48

    Nella causa principale si deve rilevare che la scelta della classificazione del silicio nelle sottovoci tariffarie 280461 o 280469 della NC si basa sul grado di purezza del silicio, vale a dire, rispettivamente, per la prima sottovoce, su un grado pari o superiore al 99,9% e, per la seconda, su un grado inferiore al 99,9%. Occorre considerare, al pari della Commissione, che una siffatta differenza di classificazione corrisponde sia alla differenza di utilizzo del silicio sia al lavoro necessario alla sua fabbricazione.

    49

    Nella fattispecie, le operazioni di trasformazione del silicio effettuate in India comprendono la separazione, la frantumazione, la pulitura, la vagliatura, la cernita e l’imballaggio di quest’ultimo. Per quanto riguarda, in primo luogo, la separazione, la vagliatura, la cernita e l’imballaggio del silicio, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che tali operazioni non ne hanno in alcun modo modificato le proprietà o la composizione, dal momento che esso, in seguito a dette operazioni di trasformazione, rimane silicio metallurgico, il quale, secondo i dati non contestati contenuti in questo fascicolo, serve alla fabbricazione di leghe con l’alluminio.

    50

    Infatti, la Corte ha già dichiarato, da un lato, che la macinatura, più o meno fine, di un prodotto base non può essere considerata trasformazione o lavorazione sostanziale di quest’ultimo, giacché ha il solo effetto di modificare la consistenza e l’aspetto esteriore del prodotto ai fini del suo ulteriore impiego, ma non implica alcuna modifica importante, sotto il profilo qualitativo, del prodotto base. Dall’altro, il controllo di qualità, mediante cernita, cui è soggetto il prodotto macinato nonché l’imballaggio di quest’ultimo sono necessari solo per la messa in commercio del prodotto e ne lasciano inalterate le caratteristiche sostanziali (v., per quanto riguarda la determinazione dell’origine della caseina grezza, citata sentenza Gesellschaft für Überseehandel, punto 7).

    51

    Risulta in tal modo che la separazione dei blocchi di silicio metallico, da un lato, nonché la vagliatura, la cernita e l’imballaggio finali dei granuli di silicio risultanti dalla frantumazione di quest’ultimo, dall’altro, non possono essere considerati operazioni atte a conferire il carattere originario al silicio metallico.

    52

    Per quanto riguarda, in secondo luogo, le operazioni di pulitura e di frantumazione di un prodotto, dalle note introduttive emerge che queste due operazioni possono conferire il carattere originario al prodotto oggetto di tali operazioni, e ciò anche in mancanza di cambiamento di classificazione tariffaria di quest’ultimo. Ciò varrebbe, di conseguenza, secondo la formulazione della nota introduttiva n. 3, rispetto alla pulitura se quest’ultima fosse effettuata in una fase di fabbricazione del prodotto durante la quale viene eliminato almeno l’80% delle impurità esistenti. Lo stesso varrebbe, in forza della nota introduttiva n. 4, per la frantumazione, qualora essa corrisponda alla riduzione volontaria e controllata, solo tramite la semplice macinazione, del prodotto in particelle aventi caratteristiche fisiche o chimiche diverse dai materiali precursori.

    53

    Al riguardo, va constatato che i criteri risultanti dalle note introduttive nn. 3 e 4 consentono di tener conto della modifica qualitativa sostanziale delle proprietà del silicio, della distinzione oggettiva e concreta tra prodotto base e prodotto trasformato, nonché della destinazione del silicio. Essi, pertanto, sono conformi alla giurisprudenza richiamata ai punti 45-47 della presente sentenza. Dato che detti criteri non modificano la portata dell’art. 24 del codice doganale, il ricorso a questi ultimi è giustificato nelle circostanze di cui alla causa principale.

    54

    Tuttavia, il giudice del rinvio rileva che i criteri previsti dalle note introduttive nn. 3 e 4 non sono soddisfatti nella causa principale, poiché non è dimostrato che l’operazione di pulitura di cui trattasi nella causa principale avrebbe eliminato l’80% delle impurità esistenti, né è possibile constatare che la frantumazione di cui alla causa principale corrisponde alla riduzione volontaria e controllata in particelle dei blocchi di silicio. Ciò considerato, le operazioni di pulitura e di frantumazione del silicio, come effettuate in India, non costituiscono una trasformazione o una lavorazione sostanziale ai sensi dell’art. 24 del codice doganale tali da considerare il prodotto ottenuto come originario dello Stato in cui tali operazioni hanno avuto luogo.

    55

    Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando che la separazione, la frantumazione e la pulitura di blocchi di silicio, nonché la vagliatura, la cernita e l’imballaggio finali dei granuli di silicio ottenuti dalla frantumazione, come quelli effettuati nella causa principale, non costituiscono una trasformazione o una lavorazione che conferisce il carattere originario ai sensi dell’art. 24 del codice doganale.

    Sulla seconda questione

    56

    Nell’ipotesi in cui il silicio metallico di cui trattasi nella causa principale fosse considerato originario della Cina, il giudice del rinvio, con la sua seconda questione pregiudiziale, s’interroga sulla validità del regolamento n. 398/2004. In particolare, esso s’interroga sulla questione se, da un lato, il Consiglio abbia commesso un errore di valutazione basandosi su una premessa errata nell’accertamento dell’esistenza del danno causato all’industria comunitaria e, dall’altro, se il mantenimento dell’aliquota del dazio antidumping del 49% da parte del regolamento n. 398/2004 sia compatibile con l’art. 9, n. 4, del regolamento di base.

    Osservazioni preliminari

    57

    Si deve rilevare, in primo luogo, che il giudice del rinvio, con la sua questione pregiudiziale, come risulta dalla decisione di rinvio, ha solo ritenuto necessario chiedere alla Corte un controllo di validità del regolamento n. 398/2004 per quanto riguarda l’esistenza del danno causato all’industria comunitaria e il mantenimento da parte di tale regolamento dell’aliquota del dazio antidumping.

    58

    La Hoesch ritiene che il regolamento n. 398/2004 sia invalido a causa, da un lato, di un errore manifesto di valutazione nell’accertamento del nesso di causalità tra le importazioni di origine cinese e il danno subìto dall’industria comunitaria, nonché, dall’altro lato, del superamento del termine processuale nel riesame delle misure antidumping.

    59

    Secondo giurisprudenza costante, il procedimento in forza dell’art. 267 TFUE si fonda su una netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, di modo che spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (v., in tal senso, sentenza 26 giugno 2007, causa C-305/05, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., Racc. pag. I-5305, punto 18).

    60

    Di conseguenza, non occorre estendere l’esame della validità del regolamento n. 398/2004 con riferimento alle motivazioni non considerate dal giudice del rinvio (v., per analogia, citata sentenza Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., punti 17-19).

    61

    In secondo luogo, occorre ricordare che, in materia di politica commerciale comune e, specialmente, nell’ambito delle misure di difesa commerciale, le istituzioni comunitarie godono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che devono esaminare (sentenza 27 settembre 2007, causa C-351/04, Ikea Wholesale, Racc. pag. I-7723, punto 40 e la giurisprudenza ivi citata).

    62

    Inoltre, da giurisprudenza costante risulta che la determinazione dell’esistenza di un pregiudizio per l’industria comunitaria presuppone la valutazione di situazioni economiche complesse e il controllo giurisdizionale di siffatta valutazione deve essere quindi limitato alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, dell’assenza di errore di valutazione manifesto o di sviamento di potere (v. sentenze Ikea Wholesale, cit., punto 41 e la giurisprudenza ivi citata, nonché 28 febbraio 2008, causa C-398/05, AGST Draht- und Biegetechnik, Racc. pag. I-1057, punto 34).

    63

    Alla luce delle considerazioni che precedono si deve esaminare la validità del regolamento n. 398/2004.

    Sull’accertamento del danno causato all’industria comunitaria

    64

    Il giudice del rinvio osserva, in primo luogo, che i dubbi da esso nutriti in merito alla validità del regolamento n. 398/2004 trovano la loro origine nella sentenza del Tribunale 14 marzo 2007, causa T-107/04, Aluminium Silicon Mill Products/Consiglio (Racc. pag. II-669), con la quale quest’ultimo ha annullato l’art. 1 del regolamento (CE) del Consiglio , n. 2229, che istituisce un dazio antidumping definitivo e riscuote definitivamente il dazio provvisorio istituito sulle importazioni di silicio originario della Russia (GU L 339, pag. 3), in quanto, in particolare, il Consiglio ha commesso manifesti errori di valutazione nell’accertamento del danno causato all’industria comunitaria. Il giudice del rinvio sottolinea che il regolamento annullato da tale sentenza riguardava gli stessi periodi d’inchiesta e di riferimento rispetto a quelli relativi al regolamento n. 398/2004 e che l’evoluzione economica del mercato comunitario del silicio è identica per questi due regolamenti, cosicché il regolamento n. 398/2004 dovrebbe essere annullato per gli stessi motivi.

    65

    Al riguardo va constatato che i due regolamenti si distinguono per un aspetto sostanziale. Infatti, il regolamento n. 2229/2003 ha istituito per la prima volta dazi antidumping sulle importazioni di silicio metallico originario della Russia ed è stato adottato all’esito di una prima inchiesta condotta in base all’art. 5 del regolamento di base. Il Consiglio, pertanto, era tenuto ad accertare l’esistenza di un danno causato all’industria comunitaria da dette importazioni. Per contro, il regolamento n. 398/2004 lascia in vigore le misure antidumping sulle importazioni di silicio originario della Cina, misure in vigore dal 1990, ed è stato quindi adottato in seguito ad un riesame effettuato ai sensi dell’art. 11, n. 2, del regolamento di base. A tale proposito, occorre ricordare che un procedimento di riesame è, in linea di principio, oggettivamente differente dal procedimento di un’inchiesta iniziale, disciplinato da disposizioni diverse dello stesso regolamento [sentenza 27 gennaio 2005, causa C-422/02 P, Europe Chemi-Con (Deutschland)/Consiglio, Racc. pag. I-791, punto 49].

    66

    Infatti, la differenza oggettiva esistente tra i due procedimenti risiede nel fatto che le importazioni soggette alla procedura di riesame sono quelle che sono state già assoggettate a misure antidumping definitive e nei confronti delle quali sono stati raccolti, in linea di principio, elementi probatori sufficienti ad accertare che l’eliminazione di tali misure implica probabilmente il rischio del persistere o della reiterazione del dumping e del pregiudizio. Per contro, qualora importazioni vengano assoggettate ad un’inchiesta iniziale, anche se il suo avvio presuppone l’esistenza di elementi di prova sufficienti a giustificare l’apertura di un siffatto procedimento, il suo oggetto consiste appunto nell’accertare l’esistenza, il grado e l’effetto di qualsiasi asserito dumping [citata sentenza Europe Chemi-Con (Deutschland)/Consiglio, punto 50].

    67

    Infatti, dall’art. 11, n. 2, del regolamento di base risulta che il mantenimento delle misure antidumping oltre la data in cui esse normalmente scadono è possibile solo qualora sia stato stabilito in sede di riesame che la scadenza delle misure «implica il rischio del persistere o della reiterazione del dumping e del pregiudizio». Ne consegue che le constatazioni effettuate dal Tribunale nella citata sentenza Aluminium Silicon Mill Products/Consiglio riguardo all’esistenza di un danno nell’ambito dell’esame della validità del regolamento n. 2229/2003 sono di per sé irrilevanti ai fini della valutazione della validità del regolamento n. 398/2004.

    68

    In secondo luogo, il giudice del rinvio ritiene che esista una contraddizione tra, da un lato, la seconda frase del settantunesimo ‘considerando’ del regolamento n. 398/2004, in base alla quale il volume delle vendite e la quota di mercato dell’industria comunitaria sono «stagnati» dopo il 2000, e, dall’altro, le indicazioni relative al volume delle vendite nonché alla quota di mercato dell’industria comunitaria contenute nelle tabelle 6 e 8 del preambolo di detto regolamento.

    69

    Al riguardo occorre anzitutto ricordare che da detta tabella 6 emerge che tra il 1998 e il 2000 le vendite di silicio dell’industria comunitaria sono aumentate del 54%, mentre tali vendite, tra il 2000 e il periodo d’inchiesta, hanno registrato un aumento di circa il 2,1%. Inoltre, la tabella 8 di tale regolamento indica che la quota di mercato dell’industria comunitaria è passata dal 29,8% al 34,3% tra il 1998 e il 2000 e dal 34,3% al 36,7% tra il 2000 e il periodo d’inchiesta.

    70

    Ne risulta che, sebbene in effetti il volume delle vendite di silicio e la quota di mercato dell’industria comunitaria siano aumentati nel periodo d’inchiesta, resta cionondimeno il fatto che l’industria comunitaria, tenuto conto del notevole aumento del volume delle vendite tra il 1998 e il 2000, vale a dire nella misura del 54%, ha cessato di evolversi dal 2000 e può pertanto considerarsi stagnante. Di conseguenza, non c’è alcuna contraddizione tra, da un lato, le tabelle 6 e 8 del preambolo del regolamento n. 398/2004 e, dall’altro, il settantunesimo ‘considerando’ di detto regolamento.

    71

    Si deve poi rilevare che dal settantaduesimo ‘considerando’ del regolamento n. 398/2004, il cui contenuto non è contestato, risulta che dal 2000 non si è rilevato alcun miglioramento effettivo nell’evoluzione dell’industria comunitaria. Parimenti, il settantatreesimo ‘considerando’ di tale regolamento, anch’esso non contestato, enuncia che tra il 2000 e il periodo d’inchiesta la situazione dell’industria comunitaria è peggiorata ed è divenuta molto precaria e vulnerabile durante detto periodo.

    72

    Infine, in forza dell’art. 1, n. 2, del regolamento n. 2496/97, l’aliquota del dazio antidumping definitivo applicabile alle importazioni di silicio metallico originario della Cina, dazio non corrisposto, era del 49%. Pertanto, è verosimile che le quote di mercato delle importazioni cinesi di silicio erano meno elevate di quanto lo sarebbero state in mancanza d’imposizione dei dazi antidumping. In tale contesto, dato che dal settantaquattresimo ‘considerando’ del regolamento n. 398/2004, il cui contenuto non è contestato, emerge che il volume delle importazioni oggetto di dumping dalla Cina è notevolmente aumentato durante il periodo compreso tra il 1o gennaio 1998 e la fine del periodo d’inchiesta, e che è probabile che, senza le misure antidumping allora in vigore, grossi quantitativi del prodotto sarebbero stati inviati sul mercato comunitario a prezzi molto bassi, sottoquotando i prezzi dell’industria comunitaria, il Consiglio ha giustamente concluso per l’esistenza di un rischio elevato per l’industria comunitaria nel caso d’importazioni cinesi di silicio in mancanza d’imposizione di dazi antidumping.

    73

    Ciò considerato, il Consiglio, nel concludere che vi sarà probabilmente una reiterazione di un pregiudizio per l’industria comunitaria in caso di eliminazione delle misure antidumping, non ha commesso alcun manifesto errore di valutazione.

    Sul mantenimento dell’aliquota del dazio antidumping

    74

    Il giudice del rinvio chiede se il mantenimento da parte dell’art. 1, n. 2, del regolamento n. 398/2004 dell’aliquota del dazio antidumping al 49% sia compatibile con l’art. 9, n. 4, ultima frase, del regolamento di base, mentre il margine di dumping, il quale era del 68,1% in base al ventiquattresimo ‘considerando’ del regolamento n. 2496/97, era soltanto del 12,5% in forza del ventisettesimo ‘considerando’ del regolamento n. 398/2004.

    75

    Al riguardo, la Hoesch ha fatto valere che, secondo l’art. 9, n. 4, del regolamento di base, applicabile altresì ai riesami ai sensi dell’art. 11, n. 5, di detto regolamento, è vietato fissare un’aliquota doganale superiore al margine antidumping.

    76

    Va rilevato che, come specificato ai punti 66 e 67 della presente sentenza, nell’ambito del riesame delle misure antidumping destinate a cessare, effettuato ai sensi dell’art. 11, n. 2, del regolamento di base, le autorità comunitarie devono solo accertare se la scadenza di tali misure implichi il rischio del persistere o della reiterazione del dumping e del pregiudizio, nel qual caso dette misure sarebbero lasciate in vigore. In caso contrario, le misure antidumping sono abrogate. Tale affermazione è confermata dal tenore letterale dell’art. 11, n. 6, di detto regolamento, in base al quale, se i riesami lo giustificano, le misure sono abrogate o lasciate in vigore in forza del n. 2 di tale articolo, mentre da detto n. 6 risulta che le misure possono essere non solo abrogate e mantenute, ma anche modificate in base ai nn. 3 e 4 di detto articolo. Di conseguenza, un riesame delle misure destinate a cessare non può comportare la modifica delle misure in vigore.

    77

    Peraltro, l’art. 9, n. 4, ultima frase, del regolamento di base prevede un requisito secondo cui l’importo del dazio antidumping «non deve superare il margine di dumping accertato e dovrebbe essere inferiore a tale margine, qualora un importo inferiore sia sufficiente per eliminare il pregiudizio causato all’industria comunitaria». Orbene, considerata l’economia generale e gli obiettivi del sistema in cui tale articolo s’inserisce, quest’ultimo non è applicabile al procedimento previsto dall’art. 11, n. 2, di detto regolamento. Inoltre, come indicato al punto precedente della presente sentenza, le autorità comunitarie, nell’ambito del riesame delle misure antidumping effettuato in base all’art. 11, n. 2, del regolamento di base, possono solo lasciare in vigore o abrogare dette misure.

    78

    Nella fattispecie, le autorità comunitarie, all’esito di questo riesame, hanno concluso che la scadenza delle misure antidumping comporterebbe probabilmente la reiterazione del pregiudizio. Pertanto, il Consiglio, giustamente, e conformemente all’art. 11, nn. 2 e 6, del regolamento di base, ha deciso di mantenere l’aliquota del dazio antidumping del 49%.

    79

    Alla luce di tutto quanto sopra considerato, occorre risolvere la seconda questione pregiudiziale nel senso che l’esame di quest’ultima non ha rivelato alcun elemento atto ad inficiare la validità del regolamento n. 398/2004.

    Sulle spese

    80

    Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

     

    1)

    La separazione, la frantumazione e la pulitura dei blocchi di silicio, nonché la vagliatura, la cernita e l’imballaggio finali dei granuli di silicio ottenuti dalla frantumazione, come effettuati nella causa principale, non costituiscono una trasformazione o una lavorazione che conferisce il carattere originario ai sensi dell’art. 24 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario.

     

    2)

    L’esame della seconda questione pregiudiziale sottoposta dal giudice del rinvio non ha rivelato alcun elemento atto ad inficiare la validità del regolamento (CE) del Consiglio 2 marzo 2004, n. 398, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di silicio originario della Repubblica popolare cinese.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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