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Document 62008CC0280

    Conclusioni dell'avvocato generale Mazák del 22 aprile 2010.
    Deutsche Telekom AG contro Commissione europea.
    Impugnazione - Concorrenza - Art. 82 CE - Appalti di servizi di telecomunicazione - Accesso alla rete fissa dell’operatore storico - Prezzi all’ingrosso per i servizi di accesso all’anello locale forniti ai concorrenti - Prezzo al dettaglio per i servizi di accesso forniti agli abbonati - Prassi tariffarie di un’impresa in posizione dominante - Compressione dei margini dei concorrenti - Prezzi approvati dall’autorità di regolamentazione nazionale - Margine di manovra dell’impresa in posizione dominante - Imputabilità dell’infrazione - Nozione di "abuso" - Criterio del concorrente altrettanto efficiente - Calcolo della compressione dei margini - Effetti dell’abuso - Importo dell’ammenda.
    Causa C-280/08 P.

    Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-09555

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2010:212

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    JÁN MAZÁK

    presentate il 22 aprile 2010 1(1)

    Causa C‑280/08 P

    Deutsche Telekom AG

    contro

    Commissione europea

    «Impugnazione – Concorrenza – Art. 82 CE (divenuto art. 102 TFUE) – Compressione dei margini tra prezzi e costi – Tariffe dei servizi di accesso alla rete fissa di telecomunicazioni in Germania – Tariffe approvate dall’autorità nazionale di regolamentazione delle telecomunicazioni – Margine di manovra dell’impresa dominante – Imputabilità dell’infrazione – Importo dell’ammenda»





    1.        Con la presente impugnazione, la Deutsche Telekom AG (in prosieguo: la «ricorrente») chiede alla Corte l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado (2) che ha confermato la decisione della Commissione relativa a un procedimento a norma dell’art. 82 CE (divenuto art. 102 TFUE) (3). È la prima volta che la Corte viene chiamata ad esaminare un presunto abuso di posizione dominante consistente in una compressione dei margini tra prezzi e costi.

    I –    Fatti

    2.        I fatti sono descritti ai punti 1‑24 della sentenza impugnata. Mi limiterò a richiamare i punti essenziali. La ricorrente è l’operatore storico del settore delle telecomunicazioni in Germania, di cui gestisce la rete telefonica. L’entrata in vigore della legge tedesca sulle telecomunicazioni (in prosieguo: il «TKG»), avvenuta il 1° agosto 1996, ha comportato la liberalizzazione in Germania del mercato relativo alla fornitura delle infrastrutture e del mercato della prestazione di servizi di telecomunicazioni. Le reti locali della ricorrente consistono in vari «anelli locali destinati agli abbonati» (circuiti fisici che collegano il punto terminale della rete al domicilio dell’abbonato, al permutatore o ad un impianto equivalente nella rete telefonica fissa). Occorre distinguere tra i servizi di accesso alla rete locale forniti dalla ricorrente ai concorrenti (in prosieguo: i «servizi di accesso all’ingrosso») e i servizi di accesso alla rete locale forniti dalla ricorrente ai suoi abbonati (in prosieguo: i «servizi di accesso al dettaglio»). La ricorrente è stata obbligata, dal giugno 1997, a concedere ai concorrenti un accesso completamente disaggregato all’anello locale. Le tariffe per i servizi di accesso all’ingrosso forniti dalla ricorrente sono soggette alla previa autorizzazione dell’autorità tedesca di regolamentazione delle poste e delle telecomunicazioni (in prosieguo: la «RegTP»), la quale verifica se le tariffe proposte dalla ricorrente per i servizi di accesso all’ingrosso, inter alia, corrispondano ai costi di una prestazione di servizi efficiente e comportino riduzioni tali da pregiudicare la possibilità per i concorrenti di competere. Per quanto riguarda i servizi di accesso al dettaglio, la ricorrente offre due soluzioni di base, ossia la linea analogica tradizionale e la linea digitale a banda stretta (Integrated Services Digital Network – ISDN). Entrambe possono essere fornite attraverso la rete storica in doppino di rame della ricorrente. Quest’ultima propone ai suoi abbonati anche connessioni a banda larga (Asymmetrical Digital Subscriber Lines o ADSL), grazie al potenziamento delle linee esistenti cui ha proceduto per poter offrire servizi a banda larga, ossia l’accesso rapido a Internet. Le tariffe della ricorrente per i servizi di accesso al dettaglio (in prosieguo: le «tariffe al dettaglio» o i «prezzi al dettaglio») sono disciplinate, per quanto riguarda le linee analogiche e le linee ISDN, nel quadro di un meccanismo di «price cap». La ricorrente stabilisce a propria discrezione i prezzi al dettaglio per l’ADSL. Questi ultimi, tuttavia, possono rientrare nell’ambito di applicazione di una disciplina ex post delle tariffe.

    3.        I prezzi al dettaglio per il collegamento alla rete telefonica fissa della ricorrente e per le chiamate vengono stabiliti in maniera congiunta per diverse prestazioni, raggruppando le singole prestazioni in panieri. A seguito di decisioni del ministero federale delle Poste e Telecomunicazioni (in prosieguo: il «BMPT») e, quindi, della RegTP, la ricorrente ha dovuto ridurre il prezzo complessivo di ognuno dei due panieri durante il periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2001. Nel rispetto di tali riduzioni dei prezzi vincolanti, la ricorrente poteva modificare a sua discrezione le tariffe riguardanti i singoli elementi di ciascun paniere, subordinatamente alla previa autorizzazione della RegTP. Le modifiche delle tariffe venivano autorizzate se il paniere dei prezzi medio non superava l’indice di price cap imposto. Durante il suddetto periodo, la ricorrente ha diminuito le tariffe al dettaglio di entrambi i panieri; tali riduzioni riguardavano sostanzialmente le tariffe telefoniche. I prezzi al dettaglio delle linee analogiche sono invece rimasti invariati. Il 1° gennaio 2002 è entrato in vigore un nuovo meccanismo di price cap, che ha introdotto nuovi panieri. Il 15 gennaio 2002 la ricorrente ha comunicato alla RegTP l’intenzione di aumentare gli abbonamenti mensili per le linee analogiche e ISDN. Tale aumento è stato autorizzato. Il 31 ottobre 2002 la ricorrente ha presentato una nuova domanda di aumento delle proprie tariffe al dettaglio. Tale domanda è stata parzialmente respinta. Le tariffe ADSL non sono regolamentate nell’ambito di un meccanismo di price cap, ma possono rientrare nell’ambito di applicazione di una disciplina ex post delle tariffe. Il 2 febbraio 2001, dopo aver ricevuto numerose denunce da parte di concorrenti, la RegTP ha avviato un’indagine a posteriori alla luce delle regole di concorrenza tedesche in merito ai prezzi praticati dalla ricorrente per le linee ADSL. Il 25 gennaio 2002 essa ha constatato che l’aumento delle tariffe esaminato non dava più adito a sospettare una situazione di dumping.

    4.        Per quanto riguarda la decisione contestata, le parti principali sono contenute ai punti 34‑46 della sentenza impugnata, che non richiamerò integralmente in questa sede. In sostanza, nel 1999 sono pervenute alla Commissione denunce provenienti da quindici imprese concorrenti della ricorrente, aventi per oggetto le pratiche tariffarie di quest’ultima. Nel punto 102 della decisione contestata si afferma, in sostanza, l’esistenza di una compressione dei margini tra prezzi e costi quando le tariffe dovute alla ricorrente per l’accesso all’ingrosso costringono i concorrenti a praticare agli abbonati tariffe superiori a quelle che la ricorrente chiede ai suoi abbonati. I concorrenti non possono in alcun caso ricavare un utile, pur presentando lo stesso livello di efficienza della ricorrente. Il punto 103 della decisione contestata rileva poi che ciò impedisce ai concorrenti di fornire, oltre a semplici chiamate telefoniche, anche servizi di accesso tramite l’anello locale. Essi sono quindi obbligati a compensare in ugual misura la perdita derivante dai servizi di accesso con entrate superiori prodotte dalle chiamate telefoniche. Tuttavia, data la notevole diminuzione delle tariffe relative alle chiamate in Germania negli ultimi anni, spesso i concorrenti non hanno la possibilità economica di procedere a tale compensazione. Ai fini del calcolo della compressione dei margini tra prezzi e costi, la Commissione tiene conto unicamente delle tariffe per l’accesso all’anello locale, ad esclusione dei prezzi della telefonia vocale. La conclusione è che si è registrato uno scarto negativo fra le tariffe all’ingrosso e le tariffe al dettaglio tra il 1° gennaio 1998 e il 31 dicembre 2001 (in prosieguo: il «primo periodo»). Tale scarto è stato positivo tra il 1° gennaio 2002 e il 21 maggio 2003 (in prosieguo: il «secondo periodo»). Tuttavia, poiché il margine positivo sarebbe stato insufficiente per coprire i costi specifici sostenuti dalla ricorrente per la fornitura di servizi al dettaglio, la compressione abusiva dei margini tra prezzi e costi sarebbe sussistita anche nel 2002. La Commissione riconosce che le tariffe all’ingrosso e le tariffe al dettaglio della ricorrente sono soggette ad una regolamentazione settoriale. Nondimeno, la ricorrente disponeva di un margine di manovra sufficiente per ridurre, se non per eliminare – a seconda del periodo di riferimento –, la compressione dei margini tra prezzi e costi mediante ristrutturazioni tariffarie. La Commissione ha osservato che l’infrazione è stata grave nel primo periodo e meno grave nel secondo periodo, e ha inflitto un’ammenda di EUR 12,6 milioni.

    II – La sentenza impugnata

    5.        Per quanto concerne la domanda principale, volta all’annullamento della decisione contestata, il primo motivo riguardava l’asserita violazione dell’art. 82 CE. Riguardo al primo capo, rinvio ai punti 70‑152 della sentenza impugnata. Riprodurrò in questa sede solo i punti essenziali. Per quanto attiene al primo periodo, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione ha giustamente rilevato che la ricorrente disponeva di un margine di manovra per formulare domande di aumento delle tariffe per i propri servizi di accesso alle linee analogiche e ISDN, pur rispettando il massimale complessivo dei panieri. Il Tribunale non ha accolto l’argomento secondo cui l’intervento ex ante della RegTP avrebbe sottratto la ricorrente dall’ambito di applicazione dell’art. 82 CE. Esso ha osservato che la RegTP non esamina la compatibilità delle domande con l’art. 82 CE. Le autorità di regolamentazione nazionali (in prosieguo: le «ARN») agiscono conformemente al diritto (nazionale) in materia di telecomunicazioni, il quale può perseguire obiettivi diversi da quelli della politica comunitaria in materia di concorrenza. In ogni caso, la Commissione non può essere vincolata da una decisione emessa da un’autorità nazionale. Per quanto riguarda il secondo periodo, il margine di manovra di cui dispone la ricorrente per aumentare le sue tariffe ADSL era tale da ridurre la compressione del margine tra prezzi e costi dei servizi all’ingrosso, da un lato, e le tariffe al dettaglio di tutti i servizi di accesso analogici, ISDN e ADSL, dall’altro, in quanto tali servizi corrispondono a un’unica prestazione di servizi a livello di servizi all’ingrosso e l’ADSL non può essere proposto agli abbonati in modo isolato.

    6.        Per quanto riguarda il secondo capo, concernente la legittimità del metodo della Commissione, rinvio ai punti 153‑213 della sentenza impugnata. In sostanza, il Tribunale ha considerato che, poiché l’abusività del comportamento era legato all’iniquità della differenza tra le tariffe all’ingrosso e le tariffe al dettaglio, la Commissione non era tenuta a dimostrare che le tariffe al dettaglio della ricorrente fossero di per sé abusive. Pertanto, per quanto riguarda il calcolo, era legittimo, da parte della Commissione, fondare l’analisi relativa al carattere abusivo delle pratiche tariffarie della ricorrente unicamente sulla situazione specifica della stessa – le sue tariffe e i costi da essa sostenuti – e non sulla situazione dei suoi concorrenti attuali o potenziali. Inoltre, la Commissione poteva legittimamente concludere che erano pertinenti solo i servizi di accesso ed escludere, quindi, le tariffe delle comunicazioni. Tale metodo è compatibile con il principio del riequilibrio delle tariffe e con l’uguaglianza delle opportunità. Per quanto concerne il quarto capo del primo motivo, relativo all’assenza di ripercussioni sul mercato della compressione dei margini tra prezzi e costi, rinvio ai punti 225‑245 della sentenza impugnata. In particolare, al punto 237 il Tribunale ha dichiarato che, poiché «i servizi all’ingrosso della ricorrente sono (…) indispensabili per consentire ai concorrenti di entrare in concorrenza con [la ricorrente] sul mercato a valle dei servizi di accesso al dettaglio, una compressione dei margini fra le tariffe all’ingrosso e quelle al dettaglio della ricorrente, [nelle circostanze del caso di specie], ostacola lo sviluppo della concorrenza sui mercati a valle». L’esiguità delle quote di mercato acquisite dai concorrenti sul mercato dei servizi di accesso al dettaglio dopo la liberalizzazione del mercato conferma che le pratiche tariffarie della ricorrente hanno ostacolato lo sviluppo della concorrenza su tali mercati.

    7.        Quanto al terzo motivo, concernente uno sviamento di potere e la violazione dei principi di proporzionalità, della certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, rinvio ai punti 257‑272 della sentenza impugnata. In particolare, il Tribunale ha escluso una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, in quanto le decisioni della RegTP non contengono alcun riferimento all’art. 82 CE e in quanto ne consegue implicitamente, ma necessariamente, che le pratiche tariffarie della ricorrente avevano un effetto anticoncorrenziale, dato che i concorrenti dovevano fare ricorso a una sovvenzione incrociata. Inoltre, il Tribunale ha respinto l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe abusato dei propri poteri, ricordando che, quand’anche la RegTP avesse violato una norma comunitaria, e la Commissione avesse quindi potuto avviare un procedimento per inadempimento nei confronti della Germania, circostanze del genere non potrebbero inficiare la legittimità della decisione contestata, non da ultimo in quanto l’art. 82 CE riguarda solo gli operatori economici, e non gli Stati membri.

    8.        Con la domanda in subordine, la ricorrente chiedeva una riduzione dell’ammenda inflitta. Per quanto riguarda il terzo motivo, rinvio ai punti 290‑300 della sentenza impugnata. In sostanza, il Tribunale ha dichiarato che la ricorrente non poteva ignorare che, nonostante le decisioni di autorizzazione della RegTP, essa disponeva di un reale margine di manovra per fissare le proprie tariffe al dettaglio e, di conseguenza, per ridurre la compressione dei margini tra prezzi e costi aumentando tali tariffe. Inoltre, la ricorrente non poteva ignorare che tale compressione dei margini tra prezzi e costi comportava gravi restrizioni della concorrenza. Quanto al quarto e al sesto motivo, rinvio ai punti 301‑321 della sentenza impugnata. In particolare, la Commissione poteva legittimamente qualificare l’infrazione come grave nel primo periodo. La Commissione aveva inoltre tenuto in debito conto l’intervento della RegTP, riducendo del 10% l’importo di base dell’ammenda. Infine, la Commissione aveva giustamente deciso di non infliggere un’ammenda simbolica. Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale ha respinto il ricorso.

    III – Impugnazione

    9.        Il 25 novembre 2009 hanno presentato osservazioni orali alla Corte la ricorrente, la Vodafone e la Commissione, nonché la Versatel, che non aveva presentato osservazioni scritte.

    10.      Anzitutto, occorre esaminare l’argomento della Vodafone secondo cui i primi tre capi del primo motivo di impugnazione e i primi due capi del secondo motivo di impugnazione sarebbero irricevibili, in quanto la ricorrente si limiterebbe a riprodurre gli argomenti già dedotti in primo grado e mirerebbe, in questa sede, a ottenere un riesame di tali argomenti. Tuttavia, è sufficiente rilevare che, secondo la giurisprudenza, «qualora un ricorrente contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto comunitario effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere di nuovo discussi nel corso di un’impugnazione (…) Infatti, se un ricorrente non potesse così basare l’impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, il procedimento d’impugnazione sarebbe privato di una parte di significato» (4). Ritengo che, nella specie, la ricorrente non si limiti a chiedere il riesame della domanda presentata dinanzi al Tribunale, dato che essa contesta, sostanzialmente con gli stessi argomenti, l’interpretazione e l’applicazione dell’art. 82 CE da parte del Tribunale. I motivi di impugnazione della ricorrente sono quindi ricevibili.

    A –    Sul primo motivo di impugnazione, vertente su errori di diritto con riguardo alla regolamentazione istituita dalla RegTP in quanto ARN competente

    1.      Sul primo capo del primo motivo di impugnazione, relativo all’imputabilità dell’infrazione

    11.      La Commissione e la Vodafone sostengono che questo capo del primo motivo debba essere respinto.

    12.      Per quanto riguarda il primo periodo, la ricorrente afferma che il Tribunale è incorso in un errore dichiarando che l’infrazione non le potrebbe essere imputata solo qualora trovasse origine unicamente nel diritto nazionale e in mancanza di un margine discrezionale per applicare tariffe più elevate. Con la sua prima censura, la ricorrente afferma, in sostanza, che l’esistenza di un margine discrezionale costituisce una condizione di imputabilità necessaria ma non sufficiente. Ciò non risolve la questione se la ricorrente potesse applicare tariffe più elevate o fosse invece tenuta a farlo. Inoltre, la RegTP ha ritenuto a più riprese che la compressione dei margini tra prezzi e costi non fosse anticoncorrenziale.

    13.      Per quanto riguarda l’imputabilità, il Tribunale ha applicato la giurisprudenza in modo corretto. Benché si possa ritenere che, in un certo senso, il fatto che la RegTP non si sia opposta potrebbe avere indotto la ricorrente a tenere un comportamento illecito, resta il fatto che ciò, di per sé, non esime la ricorrente dalla responsabilità ai sensi dell’art. 82 CE (5). Secondo la giurisprudenza, «[l’art. 82 CE] si [applica] nel caso in cui la normativa nazionale lasci sussistere la possibilità di una concorrenza che possa essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese» (6). Pertanto, se la ricorrente avesse potuto disporre di un margine di discrezionalità, essa avrebbe dovuto chiedere all’ARN di aumentare le proprie tariffe al dettaglio per porre fine al comportamento abusivo. Recentemente, la Grande Sezione della Corte ha chiaramente confermato tale approccio nella sentenza Sot. Lélos kai Sia e altri (7). Il punto 113 della sentenza impugnata rileva giustamente che le ARN, al pari di qualsiasi organismo statale, sono tenute a rispettare le norme del Trattato CE. Tuttavia, le decisioni adottate dalle ARN non possono impedire alla Commissione di agire in una fase successiva e di pretendere il rispetto dell’art. 82 CE in forza del regolamento n. 17 o, attualmente, del regolamento n. 1/2003 (8). Infatti, nella sentenza Masterfoods la Corte ha dichiarato, in sostanza, che la Commissione non può essere vincolata da una decisione adottata da un organismo nazionale ai sensi dell’art. 82 CE (9). A tal riguardo, ritengo inoltre che, come rilevato al punto 265 della sentenza impugnata, non si possa escludere che, nella specie, anche le autorità tedesche abbiano violato il diritto comunitario. Tuttavia, la loro inerzia, qualora risultasse dimostrata, non eliminerebbe il margine di manovra di cui disponeva la ricorrente per ridurre la compressione dei margini tra prezzi e costi. Infatti, la possibilità di avviare un procedimento per inadempimento contro lo Stato membro interessato integra le competenze della Commissione sopra menzionate, ma non le sostituisce.

    14.      Secondo la ricorrente, inoltre, nella specie la responsabilità dell’ARN si sovrappone e limita la responsabilità speciale dell’impresa regolamentata, che si concretizzerebbe unicamente nell’obbligo di trasmettere tutte le informazioni all’ARN in modo semplice ed esaustivo. La ricorrente osserva, in primo luogo, che nel caso di specie le tariffe erano soggette a una regolamentazione diretta alla creazione di un settore delle telecomunicazioni aperto alla concorrenza (10). Inoltre, la direttiva «Liberalizzazione» 90/388 (11) si fonda sul diritto della concorrenza, in particolare sull’art. 86, n. 3, CE. Ne consegue che la RegTP era tenuta a rispettare il diritto comunitario della concorrenza. Infatti, conformemente all’art. 27, n. 3, del TKG, la RegTP deve garantire la compatibilità delle tariffe «con altre norme giuridiche», che includono l’art. 82 CE. Inoltre, dall’art. 10 CE discende che la RegTP, in quanto organismo di uno Stato membro, deve astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato.

    15.      Per quanto riguarda l’asserito trasferimento di responsabilità, si deve ricordare che, ai fini del diritto della concorrenza, ciò che rileva è il comportamento oggettivo di un’impresa (12). Di regola, il comportamento di un’impresa deve essere attribuito all’impresa stessa. Pertanto, il Tribunale ha giustamente dichiarato, ai punti 85 e 86 della sentenza impugnata, che la giurisprudenza della Corte ammette eccezioni a tale principio solo in maniera restrittiva. In ogni caso, il fatto che l’impresa abbia agito in buona fede non può avere alcuna rilevanza a tale riguardo. Infatti, come ho rilevato all’inizio delle presenti conclusioni, il semplice fatto che uno Stato membro possa indurre a tenere un comportamento anticoncorrenziale non osta a che l’infrazione venga comunque imputata all’impresa. Inoltre, sebbene sia di per sé corretto l’argomento della ricorrente secondo cui nella giurisprudenza richiamata ai punti 86‑89 della sentenza impugnata le disposizioni nazionali in questione sarebbero state dirette a limitare o a vietare la concorrenza, mentre nella specie il quadro normativo sarebbe diretto semmai ad aprire il settore delle telecomunicazioni alla concorrenza, conformemente alla direttiva 90/388 e al regolamento n. 2887/2000, resta il fatto che detto quadro normativo integra le disposizioni del Trattato in materia di concorrenza e deve assicurare un contesto concorrenziale in un modo che gli artt. 81 CE e 82 CE di per sé non potrebbero garantire con la stessa certezza (13). A tal riguardo, la Commissione ha correttamente osservato che il legislatore comunitario ha chiaramente espresso l’intenzione di tutelare la concorrenza, in particolare su questo mercato, con l’adozione di misure aggiuntive. Ne consegue che gli artt. 81 CE e 82 CE devono essere considerati criteri minimi. Riguardo specificamente alla prima censura della ricorrente, per quanto concerne il periodo compreso tra il 1° gennaio 1998 e il 31 dicembre 2001, è sufficiente rilevare che, secondo l’art. 1 della decisione contestata, l’infrazione commessa dalla ricorrente non è dovuta alla mancata presentazione di domande alla RegTP, ma piuttosto ad una politica tariffaria incompatibile con l’art. 82 CE. Tali domande costituivano un passaggio necessario, ma solo formale, per sfruttare il margine di discrezionalità disponibile. A tal riguardo, ai punti 125‑131 della sentenza impugnata il Tribunale ha giustamente confermato l’approccio accolto dalla Commissione al riguardo.

    16.      In secondo luogo, la ricorrente afferma che il Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione tedesca), nella sentenza 10 febbraio 2004, non ha ritenuto che l’obbligo della ricorrente di presentare domande di modifica delle proprie tariffe implichi che essa debba sostituire la propria valutazione alla luce dell’art. 82 CE a quella dell’ARN. Detto giudice ha invece confermato che la responsabilità per il mantenimento della struttura del mercato incombe all’ARN.

    17.      Tuttavia, è sufficiente rilevare che, come giustamente osservato dalla Commissione in ordine all’interpretazione data dal Tribunale alla menzionata sentenza, la ricorrente non ha denunciato alcuno snaturamento degli elementi di prova e che, in ogni caso, il Bundesgerichtshof ha dichiarato che si può configurare un abuso anche nel caso in cui le tariffe siano previamente sottoposte all’esame della RegTP.

    18.      In terzo luogo, per quanto riguarda il punto 120 della sentenza impugnata, la ricorrente sostiene che la sentenza Masterfoods non possa essere trasposta al caso in esame. Anzitutto, nella specie si tratterebbe solo di un problema di imputabilità, e non della questione se la Commissione sia vincolata da una valutazione di merito della RegTP. Inoltre, le ARN svolgerebbero un ruolo autonomo nell’ambito del regime di concorrenza del settore delle telecomunicazioni.

    19.      Ancora una volta, ritengo che gli argomenti della ricorrente non le risultino utili. Come già rilevato, la Commissione non può essere vincolata da una decisione di un’autorità nazionale e un’autorizzazione concessa da tale autorità non preclude alla Commissione l’accertamento di un abuso ai sensi dell’art. 82 CE unicamente sulla base di un’asserita assenza di imputabilità. Infatti, la Commissione trae la propria competenza direttamente dal Trattato e dal regolamento n. 17 nonché, attualmente, dal regolamento n. 1/2003. È stato, inoltre, già rilevato che il quadro normativo in questione integra le disposizioni in materia di diritto della concorrenza e che le due normative devono essere considerate complementari (14). Infine, come giustamente rilevato dalla Commissione, una direttiva fondata sull’art. 86, n. 3, CE, non può mettere in discussione, per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 82 CE, la ripartizione delle competenze stabilita a livello di diritto primario dagli artt. 83 CE e 85 CE. Infine, nelle sue Linee guida per l’analisi del mercato e la valutazione del significativo potere di mercato (15), la Commissione ha ora chiaramente affermato che – come di fatto avveniva già, in sostanza, nell’ambito del precedente quadro normativo (v. la menzionata Comunicazione «accesso», supra, nota 14) –, in pratica, non si può escludere che vengano avviati procedimenti paralleli ai sensi della normativa ex ante e del diritto in materia di concorrenza e che le autorità per la concorrenza possano effettuare la propria analisi di mercato ed imporre taluni rimedi contemporaneamente a misure settoriali applicate dalle ARN.

    20.      In quarto luogo, la ricorrente ritiene che il principio della certezza del diritto implichi che un’impresa dominante soggetta a regolamentazione possa fare affidamento sulla legittimità di questa. Qualora le misure adottate dalle ARN non risultassero conformi all’art. 82 CE, la Commissione dovrebbe avviare un procedimento per inadempimento contro lo Stato membro, e non contro l’impresa dominante.

    21.      A mio parere, il Tribunale ha dichiarato giustamente che, sebbene la RegTP fosse tenuta, al pari di qualsiasi organo statale, a rispettare le disposizioni del Trattato CE, essa costituiva, all’epoca dei fatti, l’autorità tedesca incaricata dell’applicazione della normativa di settore nel campo delle telecomunicazioni, e non dell’autorità per la concorrenza dello Stato membro interessato. Ritengo che, sotto questo profilo, sia perfettamente adeguata l’analogia dei due ostacoli suggerita dall’argomento della Commissione. La normativa rappresenta uno dei due ostacoli; essa è rispettata se la ricorrente ne osserva le disposizioni e la decisione su questo punto spetta alla RegTP. L’art. 82 CE rappresenta un secondo ostacolo e – a prescindere dall’obbligo di rispettare le disposizioni del Trattato CE incombente alla RegTP – spetta alla competente autorità per la concorrenza, nella specie la Commissione, decidere se tale secondo ostacolo sia stato rispettato o meno. Inoltre, la ricorrente non poteva non essere a conoscenza del fatto che la normativa in materia di telecomunicazioni e l’applicazione dell’art. 82 CE costituiscono strumenti separati, anche se, in definitiva, sono entrambi intesi a promuovere la concorrenza. La ricorrente separa erroneamente i due strumenti laddove fa riferimento al punto 61 della Comunicazione «accesso» della Commissione e afferma che la Commissione, qualora ritenga che le misure adottate dall’ARN non siano conformi con l’art. 82 CE, è tenuta ad avviare un procedimento per inadempimento contro lo Stato membro. Infatti, la Commissione può correggere, in tal modo, errori commessi dagli Stati membri nel quadro della regolamentazione, vale a dire l’applicazione insufficiente del quadro normativo. Tuttavia, lo scopo del presente procedimento non consiste nell’accertare se la RegTP sia o meno effettivamente incorsa in tale errore. Come giustamente affermato dalla Commissione, il controllo dell’applicazione dell’art. 82 CE non è devoluto all’ARN, in sostituzione della Commissione.

    22.      Con la sua seconda censura, la ricorrente afferma che le considerazioni contenute nei punti 111‑119 della sentenza impugnata – indagine della RegTP su una compressione dei margini tra prezzi e costi – sono irrilevanti o viziate da errori di diritto. La RegTP ha sempre negato l’esistenza di una compressione anticoncorrenziale dei margini. La ricorrente sostiene, in primo luogo, che, ai fini dell’imputabilità, abbia scarsa rilevanza il fatto che il Tribunale non condivida il parere della RegTP. Il ragionamento conduce a un illegittimo circolo vizioso: poiché il Tribunale è giunto ad una conclusione diversa da quella cui era precedentemente pervenuta la RegTP, la ricorrente non aveva il diritto di fare affidamento sul risultato dell’indagine della RegTP. All’epoca dei fatti non esistevano una giurisprudenza comunitaria o una prassi decisionale della Commissione in proposito. Inoltre, la nozione di «sovvenzione incrociata» utilizzata dalla RegTP nella sua decisione 29 aprile 2003 non dava alla ricorrente alcun motivo di dubitare della correttezza della constatazione della RegTP secondo cui non sarebbe sussistita alcuna compressione dei margini tra prezzi e costi. Infatti, come dichiarato al punto 116 della sentenza impugnata, la RegTP ha applicato tale nozione non solo alle tariffe della telefonia vocale, ma anche al raggruppamento di vari tipi di servizi di accesso a livello di abbonati, un metodo che il Tribunale ha dovuto considerare come una «sovvenzione incrociata».

    23.      Ritengo che la Commissione abbia correttamente rilevato che la dichiarazione del Tribunale secondo cui la RegTP non avrebbe esaminato l’art. 82 CE costituisce un accertamento di fatto che non può essere contestato nella presente impugnazione. In ogni caso, condivido quanto dichiarato dal Tribunale ai punti 114 e 268 della sentenza impugnata, secondo cui è rilevante il fatto che nessuna delle decisioni della RegTP citate dalla ricorrente contenga un riferimento all’art. 82 CE. Pertanto, è evidente che la RegTP ha applicato la normativa nazionale e non il diritto comunitario in materia di concorrenza. Come rilevato dalla Commissione, le dichiarazioni della RegTP concernenti la compressione dei margini tra prezzi e costi non riguardavano il settore in cui la ricorrente disponeva di un comprovato margine di discrezionalità, vale a dire la modifica delle tariffe di accesso per gli abbonati. Ritengo che il Tribunale abbia dichiarato giustamente che la RegTP non ha considerato la compatibilità delle tariffe in questione con l’art. 82 CE o, in ogni caso, che essa ha applicato l’art. 82 CE in maniera errata. Ne consegue che il Tribunale ha correttamente dichiarato che la RegTP non ha esaminato l’art. 82 CE. Inoltre, la ricorrente non può contestare al Tribunale un ragionamento circolare. Essa avrebbe potuto dedurre dalla decisione della RegTP che l’azione di quest’ultima non sostituiva né interferiva con un controllo ex art. 82 CE della Commissione. Infatti, non si tratta solo di una differenza tra il risultato dell’indagine della RegTP e quello dell’indagine della Commissione; è importante rilevare che sono diversi anche i criteri applicati. Per quanto riguarda la nozione di sovvenzione incrociata, ritengo che il Tribunale non le abbia attribuito un peso eccessivo. Infatti, sia la RegTP che il Tribunale, al punto 116 della sentenza impugnata, hanno chiaramente ritenuto che fosse in discussione la sovvenzione incrociata tra «le tariffe dei servizi di accesso e le tariffe della telefonia vocale», e non il raggruppamento di vari tipi di accesso.

    24.      In secondo luogo, la ricorrente ritiene che il ragionamento svolto dal Tribunale ai punti 111‑114 della sentenza impugnata, secondo cui la RegTP non sarebbe stata tenuta ad esaminare la compatibilità delle tariffe con l’art. 82 CE, sia errato anche in diritto, per i motivi indicati nel suo argomento esposto supra al paragrafo 14. Tale questione, ovvero se la RegTP abbia fatto espressamente riferimento all’art. 82 CE, avrebbe scarsa rilevanza. Sarebbe invece decisivo il fatto che la RegTP abbia agito in un quadro normativo inteso ad aprire il settore alla concorrenza e a rendere applicabile a tale settore il diritto comunitario in materia di concorrenza, e che essa abbia indagato e abbia escluso l’esistenza di una compressione anticoncorrenziale dei margini tra prezzi e costi.

    25.      L’argomento dinanzi illustrato è erroneo. A tal riguardo è sufficiente osservare che la RegTP ha applicato la normativa in materia di telecomunicazioni, e non il diritto della concorrenza. Il Tribunale ha giustamente dichiarato, al punto 113 della sentenza impugnata, che le ARN agiscono conformemente al diritto nazionale, il quale può perseguire obiettivi che, rientrando nelle politiche in materia di telecomunicazioni, sono diversi da quelli della politica comunitaria in materia di concorrenza (v. Comunicazione «accesso», punto 13).

    26.      Con la sua terza censura, la ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto dichiarato ai punti 109 e 110 della sentenza impugnata, il fatto che le sue tariffe al dettaglio per le linee analogiche fossero basate su un’autorizzazione concessa dal BMPT sia irrilevante ai fini dell’imputabilità. Ciò che rileva è soltanto il fatto che la RegTP abbia esaminato e dichiarato insussistente l’asserita compressione anticoncorrenziale dei margini tra prezzi e costi.

    27.      Tuttavia, come emerge dai punti 109 e 110 della sentenza impugnata, la ricorrente non afferma che il BMPT ha esaminato la compatibilità di tali tariffe con l’art. 82 CE. Infatti, come era stato rilevato dalla Commissione, lo scarto tra le tariffe per le linee analogiche e le tariffe all’ingrosso non avrebbe potuto essere esaminato all’epoca dei fatti, in quanto le tariffe all’ingrosso sono state autorizzate solo in seguito, vale a dire a marzo 1998, in via provvisoria, e nel febbraio 1999, in via definitiva.

    28.      Per quanto riguarda il secondo periodo, la ricorrente sostiene che sia erronea la presunzione secondo cui sarebbe sussistita una compressione dei margini tra prezzi e costi ad essa imputabile ed illecita. Con la sua prima censura, la ricorrente considera la sentenza impugnata non corretta in quanto, come per il periodo precedente, la compressione dei margini tra prezzi e costi non potrebbe esserle attribuita in ragione delle decisioni della RegTP. Con la sua seconda censura, la ricorrente afferma che la sentenza impugnata contiene una contraddizione tra la valutazione dell’imputabilità dell’infrazione e il calcolo della compressione dei margini tra prezzi e costi. Infatti, quest’ultima presupporrebbe una «sovvenzione incrociata» tra due mercati, ma nel calcolo della compressione dei margini non sarebbero stati presi in considerazione i proventi dei servizi di telefonia vocale dei concorrenti, in quanto i concorrenti non possono essere collegati a una possibilità di «sovvenzione incrociata» tra due mercati.

    29.      A mio parere, il Tribunale non ha proceduto in maniera contraddittoria. Infatti, la separazione tra un mercato dell’accesso a banda larga e un mercato dell’accesso a banda stretta vale solo per il mercato al dettaglio. D’altro canto, per quanto riguarda il mercato all’ingrosso, esiste solo un unico mercato per l’accesso alle reti locali fisse. È importante rilevare che la ricorrente non ha contestato i punti 148‑150 della sentenza impugnata e ritengo che quanto dichiarato dal Tribunale in tali punti sia corretto. Infatti, a tale proposito, è rilevante il fatto che la ricorrente non abbia contestato in primo grado la definizione dei mercati rilevanti. Come risulta dal punto 139 della sentenza impugnata, la ricorrente non ha negato che, prima del 2002, essa disponeva di un margine di manovra sufficiente per eliminare la compressione dei margini tra prezzi e costi. Se la ricorrente avesse utilizzato tale margine di manovra, non si sarebbe configurata alcuna compressione dei margini neppure nel periodo compreso tra il 2002 e il 2003. Infatti, per effetto della nuova normativa applicabile a partire dal 2002, che consentiva un ulteriore aumento delle tariffe per l’accesso al dettaglio, e quindi una riduzione della compressione dei margini (v. punti 141 e 142 della sentenza impugnata), una compressione già eliminata nel 2001 non avrebbe comunque dovuto essere ristabilita dalla normativa del 2002. Concordo con la Commissione sul fatto che, attraverso l’abuso commesso nel primo periodo, la ricorrente ha predisposto il terreno per l’abuso del periodo successivo. Tale constatazione è stata operata dal Tribunale al punto 135 della sentenza impugnata in relazione al periodo fino al 2002 e la stessa logica è sottesa alla constatazione del Tribunale relativa al secondo periodo.

    30.      Con la sua terza censura, la ricorrente sostiene che sia stato commesso un errore di diritto per quanto concerne la possibilità di ridurre la compressione dei margini tra prezzi e costi. L’affermazione di cui al punto 149 della sentenza impugnata, ancorché corretta, sarebbe irrilevante. Tuttavia, la presunzione secondo cui «un aumento limitato delle tariffe ADSL avrebbe condotto a una tariffa al dettaglio media più elevata per i servizi di accesso a banda stretta e a banda larga considerati congiuntamente» sarebbe errata in diritto, in quanto non suffragata da fatti. Non sarebbe stata esaminata la questione se ed entro quali limiti gli abbonati ad una connessione a banda stretta rinuncerebbero a passare a una connessione a banda larga in ragione di un aumento delle tariffe per l’accesso a banda larga. Un aumento delle tariffe per l’accesso a banda larga avrebbe condotto ad una riduzione del fatturato.

    31.      A tal riguardo, come già rilevato in precedenza, la ricorrente non ha contestato la separazione dei mercati. Come la stessa ricorrente ha ammesso nella sua impugnazione, il mercato della banda larga è cresciuto in misura considerevole nel periodo in questione (v. ’considerando’ 27 della decisione contestata) e su questo punto essa non ha denunciato alcuno snaturamento degli elementi di prova. Come osservato dalla Commissione, grazie alla compressione dei margini tra prezzi e costi nel settore delle linee analogiche e ISDN, la ricorrente si è assicurata una clientela anche nel settore dell’ADSL. Ne consegue che un aumento delle tariffe ADSL avrebbe condotto, in ogni caso, ad un miglioramento della concorrenza e ad una riduzione della compressione dei margini tra prezzi e costi. Concordo, inoltre, con la Commissione sul fatto che la ricorrente non ha contestato l’affermazione (v. ’considerando’ 77 e segg. della decisione contestata) secondo cui la maggior parte degli abbonati che, per motivi commerciali, dipendono da una connessione a banda larga non passerebbe ad una semplice connessione a banda stretta in caso di aumento del prezzo. Pertanto, quand’anche vi fosse stato un incremento più contenuto nel numero di nuovi clienti, in conseguenza di un aumento dei prezzi (elasticità dei prezzi), la compressione dei margini tra prezzi e costi si sarebbe ridotta. Ritengo, quindi, che il Tribunale non sia incorso in un errore di diritto laddove ha confermato l’affermazione della Commissione secondo cui la compressione dei margini tra prezzi e costi avrebbe potuto essere ridotta mediante un aumento delle tariffe dell’ADSL. Da tutto quanto sin qui illustrato discende che il primo capo del primo motivo di impugnazione della ricorrente è infondato.

    2.      Sul secondo capo del primo motivo di impugnazione, concernente il principio di tutela del legittimo affidamento

    32.      La Commissione e la Vodafone sostengono che questo capo del primo motivo di impugnazione debba essere respinto.

    33.      La ricorrente afferma che il Tribunale ha applicato il principio di tutela del legittimo affidamento in maniera errata. Infatti, le decisioni della RegTP avrebbero ingenerato nella ricorrente un legittimo affidamento sul fatto che le sue tariffe fossero legittime. A tal riguardo, la questione se tali decisioni includano un riferimento all’art. 82 CE sarebbe irrilevante, per i motivi esposti al punto 24 supra. Per quanto riguarda la seconda censura, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale ai punti 267 e 268 della sentenza impugnata, né dall’affermazione della RegTP relativa alla possibilità di sovvenzione incrociata con le tariffe per le comunicazioni, né dall’impiego dell’espressione «sovvenzione incrociata» discenderebbe che le pratiche tariffarie della ricorrente producessero un effetto anticoncorrenziale. All’epoca dei fatti non sarebbe esistita alcuna decisione della Commissione né alcuna pronuncia dei giudici comunitari su tale questione. La ricorrente avrebbe quindi avuto il diritto di fare affidamento sulle decisioni della RegTP.

    34.      Tuttavia, dalle considerazioni svolte nel primo capo del primo motivo di impugnazione emerge che, poiché le affermazioni della RegTP non prevalgono sulla valutazione della Commissione, esse non possono ingenerare nella ricorrente un legittimo affidamento sul fatto che la Commissione segua il parere della RegTP. Ciò è sufficiente di per sé ad escludere una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e gli argomenti dedotti dalla ricorrente contro i punti 267‑269 della sentenza impugnata non possono essere accolti. In ogni caso, concordo con la Commissione sul fatto che la critica mossa dalla ricorrente ai punti 267 e 268 della sentenza impugnata si fonda implicitamente anche sulla tesi secondo cui la Commissione dovrebbe essere vincolata dalla valutazione della RegTP, tesi che, come si è già visto, non può essere accolta. Infatti, le decisioni della RegTP avrebbero dovuto generare il sospetto che la struttura delle sue tariffe potesse sollevare problemi – non da ultimo vista la preesistente giurisprudenza (e la prassi decisionale della Commissione) richiamate ai punti 188‑191 della sentenza impugnata, secondo cui il carattere abusivo delle pratiche tariffarie di un’impresa dominante deve essere valutato facendo riferimento alla sua posizione. Inoltre, come giustamente osservato dalla Vodafone, la ricorrente sapeva che nel 1998 e nel 1999 quindici suoi concorrenti avevano presentato denunce alla Commissione in merito alla struttura delle sue tariffe e che la Commissione aveva iniziato ad esaminare tali fatti alla luce dell’art. 82 CE.

    35.      Con la sua terza censura, la ricorrente sostiene che il richiamo del Tribunale alla sentenza del Bundesgerichtshof 10 febbraio 2004 sia irrilevante. Detta sentenza sarebbe stata pronunciata posteriormente al periodo in esame e non sarebbe decisiva per risolvere la questione se la ricorrente avesse il diritto di fare affidamento sulla correttezza delle decisioni adottate dalla RegTP nel periodo di riferimento. Semmai, la ricorrente avrebbe potuto dedurre dalla sentenza dell’Oberlandesgericht Düsseldorf (Corte regionale d’appello di Düsseldorf) 16 gennaio 2002 che fosse corretto fare affidamento sulle decisioni della RegTP e che fosse escluso qualsiasi abuso ai sensi dell’art. 82 CE.

    36.      Per quanto riguarda la sentenza del Bundesgerichtshof, contrariamente a quanto suggerirebbero gli argomenti della ricorrente, dalla lettura della sentenza impugnata emerge chiaramente che il Tribunale non ha ritenuto che essa giustificasse un legittimo affidamento, ma ha semplicemente voluto indicare che il Bundesgerichtshof era pervenuto alla sua stessa conclusione. Per quanto concerne la sentenza dell’Oberlandesgericht Düsseldorf, concordo con la Vodafone sul fatto che tale sentenza, in ogni caso, è stata pronunciata vari anni dopo l’inizio del periodo in questione. Pertanto, tutt’al più, essa potrebbe avere rilevanza per il periodo successivo al 16 gennaio 2002. In realtà, come osservato dalla Vodafone, si potrebbe ritenere che la ricorrente non potesse nutrire di fatto alcun legittimo affidamento meritevole di tutela (16). Dalle considerazioni esposte in relazione al primo capo del primo motivo di impugnazione discende che la ricorrente, in quanto impresa dominante, avrebbe dovuto verificare di propria iniziativa se il suo comportamento fosse compatibile con l’art. 82 CE. È inoltre rilevante il fatto che, ai sensi del regolamento n. 17, che era ancora in vigore all’epoca dei fatti, essa aveva effettivamente la possibilità di tentare di ottenere dalla Commissione un’attestazione negativa per la struttura delle sue tariffe. Pertanto, da tutte le considerazioni che precedono risulta che il secondo capo del primo motivo di impugnazione deve essere respinto.

    3.      Sul terzo capo del primo motivo di impugnazione, concernente la questione se l’infrazione sia stata commessa intenzionalmente o per negligenza

    37.      La Commissione e la Vodafone sostengono che questo capo del primo motivo di impugnazione debba essere respinto.

    38.      Con la prima censura la ricorrente sostiene che i punti 284‑289 della sentenza impugnata non soddisferebbero i requisiti di cui all’art. 253 CE, in quanto erroneamente verrebbe ivi affermato che la decisione contestata conteneva una motivazione sufficiente riguardo alla negligenza o intenzionalità. Dal punto di vista giuridico non sarebbe sufficiente che la Commissione faccia riferimento, nella seconda citazione della decisione contestata, all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 quale fondamento normativo per irrogare una sanzione. Una citazione non farebbe parte della motivazione di una decisione. In ogni caso, essa non indicherebbe i motivi per cui la Commissione ha ritenuto che l’infrazione fosse stata commessa intenzionalmente o per negligenza. In secondo luogo, le valutazioni di fatto della Commissione, cui si fa riferimento al punto 287 della sentenza impugnata, non sarebbero atte a giustificare la censura relativa a una violazione dell’art. 82 CE commessa intenzionalmente o per negligenza. Tali valutazioni non presenterebbero alcun nesso con la questione dell’imputabilità soggettiva di un comportamento ai sensi della giurisprudenza.

    39.      Anzitutto, secondo la giurisprudenza, un’impresa è consapevole della natura anticoncorrenziale del proprio comportamento quando conosce «gli elementi di fatto che giustificano sia la constatazione di una posizione dominante sul mercato, sia la qualificazione [da parte della Commissione] come sfruttamento abusivo di tale posizione» (17). Pertanto, è sufficiente rilevare che, poiché la consapevolezza della violazione delle regole di concorrenza non è decisiva, può sussistere una violazione intenzionale anche quando l’impresa non sia a conoscenza dell’interpretazione data a tali regole dalla Commissione. L’argomento della ricorrente relativo alla regolamentazione di settore può assumere rilevanza, sotto questo aspetto, tutt’al più per quanto riguarda la questione se essa fosse a conoscenza del carattere illecito del proprio comportamento. Tale argomento, tuttavia, non incide sull’intenzionalità della sua condotta. Come giustamente osservato dalla Commissione, in tali circostanze, questo capo del primo motivo di impugnazione diviene ininfluente, in quanto è evidente che la ricorrente soddisfaceva le condizioni soggettive di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, il che costituisce un fatto che essa non ha contestato. La Commissione ha riconosciuto che la decisione contestata non contiene spiegazioni dettagliate quanto alla questione se la violazione sia stata commessa intenzionalmente o, quanto meno, per negligenza. Concordo, tuttavia, sul fatto che, poiché l’obbligo di motivazione dipende dalle specifiche circostanze del caso concreto, il Tribunale poteva legittimamente concludere che i requisiti di cui all’art. 253 CE erano soddisfatti nel caso di specie. A tal riguardo, si può rilevare che i pertinenti criteri associati alla nozione di dolo e negligenza sono indubbi in quanto fanno parte di una giurisprudenza consolidata (18). Come giustamente rilevato al punto 286 della sentenza impugnata, la decisione contestata contiene un riferimento all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e tale riferimento deve essere interpretato nel senso che la Commissione ha ritenuto che l’infrazione fosse stata commessa intenzionalmente o, quanto meno, per negligenza. Inoltre, come correttamente dichiarato dal Tribunale al punto 287 della sentenza impugnata, nella decisione contestata la Commissione ha descritto dettagliatamente le circostanze dell’infrazione, nonché i motivi per i quali ha ritenuto che le pratiche tariffarie della ricorrente fossero abusive e i motivi per i quali la ricorrente doveva essere considerata responsabile, nonostante la regolamentazione applicabile. Deve quindi essere respinto l’argomento secondo cui il Tribunale avrebbe concluso erroneamente che la decisione contestata era sufficientemente motivata.

    40.      Con la seconda censura la ricorrente lamenta che l’analisi contenuta ai punti 295‑300 della sentenza impugnata sarebbe viziata da un difetto di motivazione. Inoltre, la motivazione si baserebbe su un’applicazione errata dell’art. 15, n. 2, primo comma, del regolamento n. 17. Mancherebbe l’imputabilità soggettiva di una potenziale violazione dell’art. 82 CE. Viste le decisioni della RegTP e la mancanza di precedenti giurisprudenziali comunitari, la ricorrente non sarebbe stata consapevole dell’asserito carattere anticoncorrenziale della sua condotta. Le affermazioni contenute ai punti 267‑269 della sentenza impugnata e relative alle decisioni della RegTP, cui fa riferimento il punto 299 della medesima sentenza, non sarebbero idonee a suffragare la conclusione secondo cui la ricorrente avrebbe commesso (intenzionalmente) un’infrazione. L’accertamento di un’infrazione non dipenderebbe dalla circostanza che l’impresa sia consapevole del fatto che il proprio comportamento costituisce una violazione dell’art. 82 CE, bensì dalla consapevolezza del carattere anticoncorrenziale della propria condotta. Inoltre, né la nozione di sovvenzione incrociata utilizzata dalla RegTP né la sentenza del Bundesgerichtshof confermerebbero la conclusione secondo cui la ricorrente avrebbe commesso un’infrazione. Infine, il Tribunale avrebbe omesso di esaminare l’argomento secondo cui la ricorrente poteva legittimamente trarre le debite conclusioni dal comportamento generale tenuto dalla Commissione nel caso di specie.

    41.      A mio parere, ai punti 295 e segg. della sentenza impugnata il Tribunale ha soddisfatto l’obbligo di motivazione laddove ha concluso che la ricorrente aveva agito intenzionalmente in quanto era consapevole degli elementi di fatto rilevanti ai fini della valutazione del suo caso. Non può essere accolto l’argomento della ricorrente secondo cui essa non sarebbe stata a conoscenza della conclusione che una determinata condotta non fosse consentita, in base ad un’analisi giuridica, dalle norme applicabili – laddove si riferisce alle nozioni di «anticoncorrenziale» o «carattere anticoncorrenziale». È sufficiente rilevare che tale approccio non risulta conforme ai pertinenti criteri indicati nella giurisprudenza richiamata al punto 39 supra, secondo cui ciò che rileva sono le circostanze o gli elementi di fatto che giustificano la constatazione di un abuso ai sensi dell’art. 82 CE. Infine, il Tribunale ha dichiarato giustamente, al punto 298 della sentenza impugnata, che gli argomenti della ricorrente concernenti l’avvio di un procedimento precontenzioso contro la Repubblica federale di Germania sono irrilevanti, in quanto non riguardano i criteri indicati nella giurisprudenza sopra richiamata relativa alla nozione di violazione intenzionale. Quanto alla presunta promessa della Commissione di non procedere contro la ricorrente, quest’ultima non ha fornito alcun elemento di prova atto a dimostrarla e, pertanto, il Tribunale non era tenuto a prenderla in considerazione. Ne consegue che il primo motivo di impugnazione deve essere respinto in toto in quanto infondato.

    B –    Sul secondo motivo di impugnazione, concernente errori di diritto nell’applicazione dell’art. 82 CE

    1.      Sul primo capo del secondo motivo di impugnazione, concernente la rilevanza del criterio della compressione dei margini tra prezzi e costi al fine di accertare l’abuso

    42.      La Commissione e la Vodafone sostengono che questo capo del secondo motivo di impugnazione debba essere respinto.

    43.      Con la sua prima censura, la ricorrente lamenta un difetto di motivazione, in quanto i suoi argomenti non sarebbero stati esaminati dal Tribunale. La sentenza impugnata si baserebbe su un circolo vizioso, poiché il Tribunale avrebbe applicato il criterio scelto dalla Commissione per determinare gli elementi di valutazione delle tariffe della ricorrente. Tuttavia, l’obiezione della ricorrente avrebbe riguardato una fase anteriore del ragionamento, ossia la questione relativa all’adeguatezza del criterio della compressione dei margini tra prezzi e costi applicato dalla Commissione.

    44.      Si deve rilevare che è la prima volta che la Corte viene chiamata a pronunciarsi su tale forma di abuso (19). L’unico precedente giurisprudenziale comunitario relativo alla compressione dei margini tra prezzi e costi è costituito dalla sentenza del Tribunale Industrie des poudres sphériques/Commissione (20). Tuttavia, detta sentenza riguardava il rigetto di una denuncia della Commissione, piuttosto che una decisione che accertava un abuso di posizione dominante. Nella specie, la Corte deve pronunciarsi, inter alia, sulla questione di principio se il Tribunale potesse legittimamente dichiarare che la compressione dei margini tra prezzi e costi costituisce di per sé un abuso di posizione dominante, vale a dire anche in assenza di prezzi all’ingrosso abusivi e/o di prezzi al dettaglio predatori. Come si vedrà infra, ritengo che il Tribunale, confermando la definizione di compressione dei margini tra prezzi e costi fornita dalla Commissione nella decisione contestata, potesse dichiarare, senza incorrere in un errore di diritto, che nel caso di specie la compressione dei margini costituiva effettivamente, di per sé, una forma di abuso. Riguardo specificamente alla prima censura, relativa al difetto di motivazione, non condivido l’affermazione della ricorrente. Infatti, il ragionamento del Tribunale su questo punto non è contenuto soltanto ai punti 166‑168 della sentenza impugnata. A tal proposito sono pertinenti anche i punti 169‑213, dato che il Tribunale ha ivi esaminato il metodo utilizzato dalla Commissione per risolvere la questione se sussistesse o meno una compressione dei margini tra prezzi e costi e, quindi, un abuso ai sensi dell’art. 82 CE. Ciò è sufficiente per constatare che il Tribunale non ha violato l’art. 253 CE. Ritengo, inoltre, che non si possa contestare al Tribunale un ragionamento circolare. È pur vero che, ai punti 166‑168 della sentenza impugnata, il Tribunale ha semplicemente adottato il punto di vista della Commissione. Tuttavia, come giustamente osservato dalla Vodafone, ai punti 183 e segg. della sentenza impugnata il Tribunale ha proceduto ad esaminare gli argomenti della ricorrente e a spiegare perché abbia ritenuto di doverli respingere. In particolare, analizzando il metodo della Commissione, il Tribunale ha anche esaminato la questione se tale metodo risulti adeguato per accertare un abuso ai sensi dell’art. 82 CE. Pertanto, al punto 167 della sentenza impugnata, concordemente con l’approccio della Commissione, il Tribunale poteva dichiarare che, per questo tipo di abusi, ciò che rileva è lo scarto tra i prezzi, e non la natura abusiva dei prezzi in sé. A tal riguardo, ai punti 189‑191 della sentenza impugnata, il Tribunale fa riferimento ai pertinenti precedenti giurisprudenziali in tal senso. È quindi evidente che, su questo punto, non ricorre alcun difetto di motivazione della sentenza impugnata.

    45.      Con la sua seconda censura, la ricorrente lamenta un’erronea applicazione dell’art. 82 CE, in quanto un criterio della compressione dei margini tra prezzi e costi sarebbe intrinsecamente inidoneo a dimostrare un abuso in una situazione in cui le tariffe dell’accesso all’ingrosso vengono imposte da un’ARN. Infatti, qualora l’ARN avesse fissato tariffe all’ingrosso eccessive, l’impresa regolamentata sarebbe obbligata ad applicare prezzi al dettaglio eccessivi per garantire un margine adeguato tra le tariffe all’ingrosso e quelle al dettaglio. Nella specie, la ricorrente avrebbe dovuto scegliere tra due forme di abuso: una compressione dei margini tra prezzi e costi o tariffe eccessive. Pertanto, essa non avrebbe potuto evitare di commettere un abuso. Un’impresa dominante commetterebbe un abuso solo quando le sue tariffe al dettaglio risultino, di per sé, abusivamente basse.

    46.      A mio avviso, poiché il Tribunale ha correttamente dichiarato che la compressione dei margini tra prezzi e costi dipende dallo scarto tra due prezzi e non dal livello assoluto dei prezzi in sé – naturalmente, sempreché l’impresa disponga di un margine di manovra per modificare almeno uno di tali prezzi – un criterio della compressione dei margini tra prezzi e costi rimane applicabile anche nel caso in cui uno o entrambi tali prezzi siano soggetti a regolamentazione. Infatti, l’esempio dei prezzi all’ingrosso eccessivi imposti dall’ARN presenta, a mio parere, natura ipotetica e la ricorrente non ha spiegato perché esso dovrebbe essere pertinente ai fini della presente causa, non da ultimo in quanto i prezzi all’ingrosso sono stati fissati in base ai costi da essa sostenuti, come risulta dal punto 8 della sentenza impugnata, e la ricorrente aveva la facoltà di chiedere che si tenesse conto di una modifica nel calcolo della base dei costi. Pertanto, la sentenza impugnata risulta conforme all’art. 82 CE e il primo capo del secondo motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.

    2.      Sul secondo capo del secondo motivo di impugnazione, concernente il calcolo errato della compressione dei margini tra prezzi e costi

    47.      La Commissione e la Vodafone sostengono che questo capo del secondo motivo di impugnazione debba essere respinto.

    48.      Con la sua prima censura, la ricorrente afferma che, nel contesto dell’esame del metodo della Commissione, la sentenza impugnata contiene anche errori di diritto, in quanto si fonderebbe su criteri incompatibili con l’art. 82 CE. Il criterio del concorrente efficiente sarebbe stato applicato erroneamente ai fatti di causa, poiché la ricorrente, in quanto impresa dominante, non sarebbe soggetta alle stesse condizioni regolamentari applicate ai concorrenti. Essa avrebbe dovuto accollarsi tutti gli abbonati, a prescindere dalla loro attrattività economica. Inoltre, essa sarebbe stata tenuta a fornire servizi di preselezione e «call-by-call» [in prosieguo indicati congiuntamente: la «(pre)selezione»], mentre i concorrenti non sarebbero stati soggetti a tali obblighi. Pertanto, il criterio del concorrente efficiente avrebbe dovuto essere adattato. L’analisi non avrebbe dovuto essere basata sulla struttura della clientela della ricorrente.

    49.      Questo capo del secondo motivo di impugnazione riguarda i criteri pertinenti per considerare abusiva ai sensi dell’art. 82 CE la compressione dei margini tra prezzi e costi. È evidente che la Commissione, nella decisione contestata, e il Tribunale, nella sentenza impugnata, non hanno contestato alla ricorrente il livello delle sue tariffe all’ingrosso, non da ultimo in quanto esse erano imposte dall’ARN (anche se, come risulta dal punto 93 della sentenza impugnata, tale circostanza è stata meramente presunta a favore della ricorrente). Infatti, il problema non consisteva nel fatto che le sue tariffe all’ingrosso erano state fissate ad un livello troppo elevato, ma semmai nella circostanza che le sue tariffe al dettaglio erano troppo basse, di modo che lo scarto fra tali tariffe e le tariffe all’ingrosso – e quindi i margini dei concorrenti – risultava negativo o insufficiente, a seconda del periodo considerato (21). Pertanto, come emerge dal punto 181 della sentenza impugnata, questo argomento della ricorrente relativo ai costi del singolo prodotto riguarda solo il secondo periodo (dal 2002 a maggio 2003), dato che, nel primo periodo, lo scarto tra le tariffe all’ingrosso e le tariffe al dettaglio della ricorrente era negativo. Il criterio che la Corte deve adottare a tale riguardo è la rilevanza del «criterio del concorrente efficiente», che costituisce l’oggetto della prima censura della ricorrente. La Corte deve risolvere la questione se, nei casi concernenti una compressione dei margini tra prezzi e costi, in linea di principio, si debba tenere conto dei costi sostenuti dall’impresa dominante («criterio del concorrente efficiente»), anziché dei costi sostenuti dai suoi concorrenti («criterio del concorrente ragionevolmente efficiente») (22). Nel 1998, nella sua Comunicazione «accesso», la Commissione ha espressamente suggerito che sono pertinenti entrambi i criteri. Con riguardo al primo, la Commissione ha dichiarato: «È possibile provare [una compressione dei prezzi] dimostrando che le divisioni operative a valle di proprietà dell’impresa dominante non sarebbero in grado di svolgere le loro attività in maniera remunerativa sulla base del prezzo praticato a monte ai suoi concorrenti (…)». Riguardo al secondo criterio, essa ha dichiarato: «In casi particolari, è possibile dimostrare l’esistenza di una compressione dei prezzi evidenziando che il margine tra la tariffa praticata per l’accesso ai concorrenti nel mercato a valle (…) e la tariffa fissata dall’operatore della rete nel mercato a valle non consente ad un fornitore di servizi ragionevolmente efficiente nel mercato a valle di operare con normali livelli di profitto (…)» (23). Tuttavia, come ricorda giustamente la sentenza impugnata, la Corte ha ritenuto pertinente il criterio del concorrente efficiente nel contesto della fissazione di prezzi predatori nella causa AKZO/Commissione (24). A mio parere, il Tribunale ha dichiarato giustamente che il criterio del concorrente efficiente è pertinente non solo quando l’abuso consista nella differenza tra i prezzi e i costi dell’impresa dominante, ma anche quando consista nella differenza tra i prezzi all’ingrosso e i prezzi al dettaglio praticati da detta impresa (25). Infatti, ritengo che sia difficile censurare l’analisi svolta dal Tribunale ai punti 186‑194 della sentenza impugnata, dato che dai pertinenti precedenti giurisprudenziali e dal principio della certezza del diritto emerge chiaramente che il criterio del concorrente efficiente costituisce il criterio adeguato nel contesto della presente causa. Inoltre, un’ampia corrente dottrinale ritiene che, in generale, il criterio del concorrente efficiente costituisca un criterio adeguato (26).

    50.      Riguardo specificamente alla prima censura, la ricorrente contesta il punto 188 della sentenza impugnata e sostiene che, ai fini della presente causa, più che la situazione dell’impresa dominante dovrebbe assumere rilevanza la situazione dei suoi concorrenti. La ricorrente afferma che, essendo soggetta nella fattispecie, in quanto impresa dominante, a condizioni normative e sostanziali diverse, il criterio del concorrente efficiente avrebbe dovuto essere adattato. In particolare, essa sostiene che l’analisi non avrebbe dovuto essere basata sulla sua struttura della clientela. Anzitutto, rilevo che la stessa ricorrente ammette che tale criterio è utile in generale in quanto limita la promozione di concorrenti inefficienti e rafforza la certezza del diritto per le imprese dominanti, dato che, in base a tale criterio, esse sono in grado di valutare – ex ante – la legittimità delle proprie attività. Inoltre, come giustamente osservato dalla Commissione, la ricorrente non può dedurre a propria difesa di non essere altrettanto efficiente quanto i suoi concorrenti. Il diritto della concorrenza non contempla tale «difesa basata sull’inefficienza». Anzi, l’art. 82 CE è inteso ad evitare che un’impresa dominante tenti di soffocare la concorrenza, proprio quando essa sia costretta ad adoperarsi per cercare di eliminare le inefficienze. Pertanto, non sono convinto che la presente causa giustifichi una modifica dei criteri imposti dall’art. 82 CE in tale contesto.

    51.      Con la sua seconda censura, la ricorrente sostiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto laddove non ha tenuto conto delle tariffe per i servizi aggiuntivi di telecomunicazioni (telefonia vocale). Tale metodo non sarebbe compatibile né con le regole dell’economia né con la prassi decisionale di altre autorità europee e statunitensi. Esso sarebbe in contrasto con la realtà del mercato, dato che né gli abbonati né gli operatori considerano i servizi di accesso in modo isolato. Dal punto di vista economico, l’analisi della compressione dei margini dovrebbe tenere conto di tutti i proventi e di tutti i costi afferenti al servizio all’ingrosso. Nei casi delle imprese a produzione diversificata, se è pur vero che esistono costi di servizi all’ingrosso che vengono utilizzati come base di una molteplicità di servizi agli abbonati su più mercati e contemporaneamente, l’aggregazione dovrebbe essere effettuata a un livello superiore, in cui si tenga conto della totalità dei pertinenti servizi agli abbonati.

    52.      Invero, il criterio del concorrente efficiente è adeguato in quanto dimostra se un concorrente sia in grado di competere con l’impresa dominante in base all’uguaglianza delle opportunità. Inoltre, come giustamente dichiarato dal Tribunale al punto 192 della sentenza impugnata, qualsiasi altro approccio rischierebbe di ledere il principio generale della certezza del diritto. Tuttavia, la ricorrente sostiene che i suoi concorrenti fossero in grado di competere con essa, nonostante la compressione dei margini, sulla base di modelli di attività diversi dal suo oppure offrendo prodotti grazie a servizi al di fuori del mercato in questione. Come risulta dai punti 195‑199 della sentenza impugnata, il criterio del concorrente efficiente ha dimostrato che i concorrenti della ricorrente, sotto il profilo economico, non potevano adottare il modello concretamente utilizzato dalla ricorrente sul mercato dell’accesso. Nel caso di specie la ricorrente non può chiedere un adattamento del criterio del concorrente efficiente solo perché la sua situazione non è identica a quella dei concorrenti. Ciò non è possibile semplicemente in quanto l’impresa dominante e i suoi concorrenti, per definizione, non si troveranno mai esattamente nella stessa situazione. Quanto agli argomenti relativi alle difficoltà da essa affrontate in quanto ex impresa statale in corso di trasformazione in un’impresa commerciale, che presenta una struttura della clientela diversa da quella dei concorrenti, è sufficiente evidenziare che, come già rilevato, il diritto della concorrenza non tiene conto di tali inefficienze delle imprese dominanti. Inoltre, la Commissione ha osservato che la ricorrente godeva semmai di un vantaggio concorrenziale grazie ai suoi clienti di linee analogiche che intendevano migliorare il proprio abbonamento a servizi di accesso. Per quanto concerne l’argomento secondo cui solo la ricorrente avrebbe offerto servizi «call-by-call», la Commissione ha rilevato che tale argomento è inesatto, in quanto anche alcuni concorrenti offrivano lo stesso servizio ai propri clienti. L’obbligo della ricorrente di consentire tale servizio derivava dalla sua posizione particolare sul mercato e pertanto non era ravvisabile alcuna discriminazione rispetto ai concorrenti; situazioni diverse venivano trattate in modo diverso. Come rilevato all’inizio delle presenti conclusioni, la regolamentazione non può incidere sull’applicazione dell’art. 82 CE, in quanto la ricorrente disponeva di una sufficiente discrezionalità commerciale. Pertanto, la ricorrente non può pretendere in questa sede di ottenere uno status speciale in virtù di tale regolamentazione.

    53.      La ricorrente sostiene che l’analisi della compressione dei margini effettuata dal Tribunale sia incompleta, in quanto esso non avrebbe tenuto conto delle comunicazioni rese possibili dal servizio all’ingrosso. Infatti, i concorrenti sono in grado di escludere la (pre)selezione di operatori e di offrire un pacchetto di servizi di accesso, comunicazioni ecc. attraverso l’anello locale. In tale contesto, la domanda degli abbonati e la concorrenza degli operatori riguarderebbero l’offerta di un pacchetto comprendente servizi di accesso e comunicazioni. In secondo luogo, i punti 196‑202 della sentenza impugnata sarebbero basati su vari errori di diritto. La questione se le tariffe per le comunicazioni siano pertinenti o meno dipenderebbe dalla questione di principio relativa al metodo corretto da applicare alle imprese con produzioni diversificate. Il Tribunale non potrebbe evitare tale valutazione facendo riferimento, al punto 185 della sentenza impugnata, ai limiti del proprio controllo.

    54.      In primo luogo, le dichiarazioni di cui ai punti 196 e 197 della sentenza impugnata – secondo cui il principio del riequilibrio delle tariffe presupporrebbe un esame separato delle tariffe di accesso e delle tariffe delle comunicazioni – sarebbero errate in punto di diritto. Al punto 113 il Tribunale fonda l’imputabilità sul fatto che gli obiettivi delle regolamentazioni di settore possono essere diversi da quelli della politica comunitaria in materia di concorrenza, ma poi dedurrebbe proprio da un principio regolamentare che l’analisi separata delle tariffe di accesso e delle tariffe delle comunicazioni è necessaria anche se gli abbonati considerano tali servizi come un unico insieme. Pertanto, il punto 161 della sentenza impugnata conterrebbe una motivazione insufficiente, in quanto non spiegherebbe perché la tesi del Tribunale sia corretta e non esaminerebbe le obiezioni sollevate dalla ricorrente.

    55.      Ancora una volta, concordo con la Commissione sul fatto che, nella specie, solo un approccio che consenta di considerare separatamente i due mercati e di analizzare la compressione dei margini tra il mercato all’ingrosso e quello al dettaglio risulta compatibile con l’art. 82 CE. Infatti, ai punti 195‑207 della sentenza impugnata, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel confermare l’approccio della Commissione. Per quanto riguarda l’argomento relativo al criterio della compressione dei margini nel caso di un’impresa a produzione diversificata, la Commissione ha giustamente osservato che la ricorrente ignora il fatto che i servizi di accesso non sono indispensabili per generare profitti con le comunicazioni. Mediante i servizi «call-by-call» la ricorrente è riuscita ad ottenere utili anche sul mercato della telefonia vocale, esattamente come i suoi concorrenti, a prescindere dalla situazione degli abbonamenti. La Commissione ha spiegato correttamente perché sia errata l’affermazione della ricorrente secondo cui tutti i concorrenti hanno disattivato i servizi «call-by-call»; la ricorrente confonde causa ed effetto, dato che la compressione dei margini da essa determinata impediva ai concorrenti di fornire soltanto servizi di accesso e di coprire i loro costi. Per quanto riguarda gli esempi di decisioni di altre autorità di regolamentazione che sono pervenute a conclusioni diverse, essi potrebbero interessare tutt’al più sotto il profilo del diritto comparato. Tali esempi, tuttavia, non modificano gli obiettivi e i criteri di analisi alla luce dell’art. 82 CE. Pertanto, riguardo all’affermazione di cui al punto 185 della sentenza impugnata, emerge che, malgrado tale affermazione, il Tribunale ha proceduto ad un’analisi dettagliata per confermare il metodo della Commissione.

    56.      Inoltre, a parere della ricorrente, la conclusione secondo cui il principio del riequilibrio delle tariffe escluderebbe i servizi di telefonia vocale sarebbe sostanzialmente errato e violerebbe l’art. 82 CE. Tale principio non fornirebbe un criterio di applicazione dell’art. 82 CE. Per di più, il principio del riequilibrio delle tariffe si applica solo alla ricorrente e alla regolamentazione delle sue tariffe, ma non ai suoi concorrenti. Esso non direbbe nulla in merito alle possibilità di competere dei concorrenti. Mentre la regolamentazione delle telecomunicazioni può essere utilizzata ai fini dell’attuazione dell’art. 82 CE, tale disposizione non costituisce uno strumento diretto all’attuazione di normative di settore.

    57.      Per quanto riguarda il principio del riequilibrio delle tariffe, non sembra che si possa ravvisare alcuna contraddizione nella sentenza impugnata. È innegabile che l’art. 82 CE debba prendere in considerazione la situazione e il quadro normativo del mercato di riferimento. L’argomento relativo al difetto di motivazione della sentenza impugnata su questo punto non può essere accolto, in quanto non è stato sufficientemente illustrato. In particolare, la ricorrente non spiega quali siano le sue obiezioni al ricorso al principio del riequilibrio delle tariffe. Inoltre, mentre il punto 196 della sentenza impugnata espone il rapporto tra il quadro normativo e l’esame sotto il profilo dell’art. 82 CE, il punto 197 fa riferimento al ragionamento della Commissione. Concordo con la Commissione sul fatto che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il riequilibrio delle tariffe previsto dalla direttiva della Commissione 96/19/CE (27) è chiaramente inteso a separare la prestazione di un servizio universale dai servizi soggetti alla concorrenza e a distinguere in funzione dei costi. Occorre quindi prevenire la sovvenzione incrociata. Tuttavia, ciò conduce alla conclusione, correttamente raggiunta al punto 196 della sentenza impugnata, che occorre tenere distinte le tariffe per le connessioni da quelle per le comunicazioni anche nell’ambito di un’analisi sotto il profilo dell’art. 82 CE. Il fatto che la regolamentazione si applichi ai concorrenti è irrilevante sotto questo aspetto, dato che la direttiva 96/19 è intesa per l’appunto a tutelare i concorrenti della ricorrente.

    58.      In primo luogo, la ricorrente sostiene che il punto 199 della sentenza impugnata non sia sufficientemente motivato. Il Tribunale avrebbe dovuto esaminare quali servizi si basino sull’anello locale in quanto servizio all’ingrosso. Solo così il Tribunale avrebbe potuto giungere ad una conclusione in ordine all’uguaglianza delle opportunità. Tale uguaglianza verrebbe garantita solo mediante un’analisi globale di tutte le tariffe e di tutti i costi di tutti i servizi basati sull’anello locale. La ricorrente afferma che il Tribunale ha sfidato le leggi della logica e fa riferimento al punto 238 della sentenza impugnata. La premessa del Tribunale secondo cui la ricorrente non sopporterebbe alcun costo per le connessioni sarebbe manifestamente errata. In realtà, essendo le tariffe al dettaglio per le connessioni praticate dalla ricorrente inferiori ai costi da essa sostenuti, la stessa ricorrente dovrebbe, al pari dei suoi concorrenti, ricorrere ad una sovvenzione incrociata tra le tariffe per l’accesso e le tariffe per le comunicazioni. Inoltre, l’affermazione di cui al punto 202 della sentenza impugnata sarebbe contraddittoria in quanto direttamente in contrasto con il criterio del concorrente efficiente, secondo cui sono decisive solo la struttura dei costi e le tariffe della ricorrente.

    59.      Ritengo che le considerazioni ai punti 199‑201 della sentenza impugnata, secondo cui l’uguaglianza delle opportunità impone una separazione, siano corrette, in quanto una valutazione globale delle connessioni e delle comunicazioni costringerebbe i concorrenti della ricorrente a competere con essa unicamente sulla base di uno specifico modello di sovvenzione incrociata, il che consoliderebbe la forte posizione della ricorrente nel settore dei servizi di connessione, come è stato correttamente sostenuto dalla Commissione. Tuttavia, come dichiarato dal Tribunale al punto 202 della sentenza impugnata, il modello proposto dalla ricorrente obbligherebbe i suoi concorrenti a compensare le perdite subite nel settore dei servizi di connessione con tariffe più elevate nel settore delle comunicazioni. A tal riguardo, è importante sottolineare che la ricorrente non contesta le definizione del mercato secondo cui i servizi di connessione al dettaglio e le tariffe per le comunicazioni costituiscono mercati separati. Inoltre, i servizi di comunicazione possono essere forniti anche senza fare ricorso al servizio di connessione. La Commissione sostiene giustamente che l’affermazione secondo cui sarebbero stati violati i principi della logica non risulti utile per la ricorrente. La decisione contestata ha censurato la compressione dei margini tra prezzi e costi unicamente in ragione del suo effetto sul mercato al dettaglio e pertanto la Commissione non era tenuta a verificare se i concorrenti si trovassero in una posizione peggiore rispetto a quella della ricorrente sul mercato delle comunicazioni. A mio parere, è sufficiente rilevare che il punto 237 della sentenza impugnata contiene già una risposta esauriente agli argomenti sollevati in primo grado, il che è sufficiente per confermare la decisione contestata. Pertanto, la critica mossa contro il punto 238 della sentenza impugnata è irrilevante. In ogni caso, la ricorrente non ha dimostrato che tale critica sia fondata. Inoltre, il Tribunale ha correttamente dichiarato – senza contraddirsi –, sulla base del criterio del concorrente efficiente, che i concorrenti hanno una possibilità sul mercato qualora offrano, con tariffe per la connessione più elevate tali da coprire i costi, tariffe per le comunicazioni inferiori a quelle della ricorrente, di modo che i pacchetti di servizi erano comparabili.

    60.      Infine, la ricorrente ritiene che il Tribunale abbia applicato un criterio giuridico errato per quanto riguarda la ripartizione dell’onere della prova, in quanto ai punti 201 e 202 della sentenza impugnata esso si è limitato a dichiarare che «non si può escludere» che i concorrenti non abbiano avuto neppure la possibilità economica di compensare le perdite potenziali generate dalle connessioni telefoniche con i proventi delle comunicazioni, mentre la ricorrente intendeva dimostrare, nel suo ricorso in primo grado, che fosse possibile effettuare una sovvenzione incrociata.

    61.      Concordo con la Commissione sul fatto che il Tribunale si è pronunciato sulla questione di fatto sollevata dalla ricorrente e non ha risolto la controversia in base all’onere della prova. Al punto 202 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato che, nel periodo considerato, la ricorrente ha fortemente ridotto le proprie tariffe per le comunicazioni. Tale dichiarazione non può essere contestata dalla ricorrente, in quanto essa non ha lamentato alcuno snaturamento dei fatti. Pertanto, la seconda parte del secondo motivo di impugnazione deve essere respinta.

    3.      Sul terzo capo del secondo motivo di impugnazione, relativo agli effetti della compressione dei margini tra prezzi e costi

    62.      La Commissione e la Vodafone sostengono che questo capo del secondo motivo di impugnazione debba essere respinto.

    63.      Con la sua prima censura, la ricorrente sostiene che, data l’erroneità del calcolo della compressione dei margini tra prezzi e costi, anche la valutazione degli effetti dell’asserita compressione dei margini sia viziata da errori di diritto. I punti 234 e 235 della sentenza impugnata respingono giustamente la tesi della Commissione secondo cui non occorreva dimostrare gli effetti anticoncorrenziali. Tuttavia, l’analisi di cui al punto 237 della sentenza impugnata si basa su una compressione dei margini che tiene conto unicamente delle tariffe per la connessione. Al punto 238 della sentenza impugnata si farebbe riferimento ad una premessa errata secondo cui, riguardo alla sovvenzione incrociata tra i servizi di connessione e i servizi di telefonia vocale, i concorrenti sono discriminati rispetto alla ricorrente, la quale non subisce alcuna perdita a livello delle connessioni. Con la sua seconda censura, la ricorrente afferma che anche il ragionamento teso a dimostrare che sussistevano effetti anticoncorrenziali è viziato da errori di diritto. Il punto 239 della sentenza impugnata si limita ad affermare che la quota di mercato dei concorrenti sui mercati delle connessioni a banda larga e a banda stretta rimaneva esigua, senza fornire alcun nesso causale tra tali quote di mercato e l’asserita compressione dei margini. Inoltre, il punto 240 della sentenza si baserebbe su un’interpretazione errata del ‘considerando’ 182 della decisione contestata.

    64.      Rilevo che, al punto 235 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giustamente dichiarato che la Commissione è tenuta a dimostrare che le pratiche tariffarie della ricorrente hanno un effetto anticoncorrenziale. Da tale punto emerge chiaramente come il Tribunale abbia considerato che l’effetto anticoncorrenziale che la Commissione è tenuta a dimostrare nel caso di specie va rapportato agli eventuali ostacoli frapposti dalle pratiche tariffarie della ricorrente allo sviluppo della concorrenza sul mercato di cui trattasi. Pertanto, benché il Tribunale non abbia preteso che la Commissione dimostrasse concreti effetti anticoncorrenziali, esso ha effettivamente preteso la prova della creazione di ostacoli all’entrata sul mercato e, pertanto, una dimostrazione dei potenziali effetti anticoncorrenziali. A tal riguardo, al punto 237 della sentenza impugnata il Tribunale ha constatato che, dato che i servizi all’ingrosso della ricorrente sono indispensabili per consentire ai concorrenti di entrare in concorrenza con essa sul mercato a valle dei servizi di accesso al dettaglio, una compressione dei margini fra le tariffe all’ingrosso e quelle al dettaglio della ricorrente, in linea di massima, ostacola lo sviluppo della concorrenza sui mercati a valle. Il Tribunale ha quindi correttamente sottolineato, a mio parere, il fatto che nella specie i servizi all’ingrosso erano indispensabili e che senza accesso a tali servizi i concorrenti della ricorrente non avrebbero potuto neppure entrare sul mercato a valle dei servizi al dettaglio. Ciò è in linea con l’approccio accolto dal Tribunale nella sua giurisprudenza, che è stato confermato dalla Corte, secondo cui l’effetto richiesto non è necessariamente correlato agli effetti reali del comportamento abusivo denunciato. Per dimostrare una violazione dell’art. 82 CE è sufficiente provare che il comportamento abusivo dell’impresa in posizione dominante tende a restringere la concorrenza o, in altre parole, che detto comportamento potrebbe avere tale effetto (28). A mio avviso, ne consegue chiaramente che la Commissione è tenuta a dimostrare che nello specifico contesto di mercato in questione sono ravvisabili potenziali effetti anticoncorrenziali (29). Pertanto, non è sufficiente la semplice affermazione che potrebbero sussistere remoti, astratti effetti anticoncorrenziali. Da tutto quando precede discende che il Tribunale non è incorso in un errore di diritto.

    65.      Per quanto concerne la prima censura della ricorrente, secondo cui l’analisi degli effetti sarebbe comunque errata, in quanto terrebbe conto unicamente delle tariffe per la connessione, tale censura è ininfluente. Ho già spiegato nelle presenti conclusioni perché tali argomenti debbano essere respinti. Per quanto concerne la seconda censura della ricorrente, relativa al nesso di causalità e, in particolare, il suo argomento secondo cui nel settore delle telecomunicazioni non è sorprendente che gli operatori penetrino solo lentamente sul mercato, essa non è stata dedotta in quanto tale in primo grado e, in ogni caso, non è pertinente. Quanto all’inclusione dei servizi di telefonia vocale, la ricorrente non ha spiegato per quale motivo fosse necessario modificare, in questa fase dell’analisi, l’approccio utilizzato come base di calcolo della compressione dei margini e occorresse tenere conto dei servizi di telefonia vocale. Infine, per quanto riguarda l’argomento relativo al punto 182 della decisione contestata, si deve osservare che esso non è diretto contro la sentenza impugnata. Inoltre, come affermato dalla Commissione, esso è irricevibile in quanto non è stato sollevato in primo grado ed è, in ogni caso, infondato in quanto nel caso di specie la compressione dei margini, a prescindere dalla sua estensione, ha reso economicamente impossibile per i concorrenti proporre servizi di accesso allo stesso prezzo praticato dalla ricorrente. Pertanto, il terzo capo del secondo motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto parzialmente irricevibile e, in ogni caso, infondato. Di conseguenza, il secondo motivo di impugnazione deve essere respinto in toto.

    C –    Sul terzo motivo di impugnazione, concernente errori di diritto nel calcolo delle ammende

    1.      Sul primo capo del terzo motivo di impugnazione, relativo alla gravità dell’infrazione

    66.      La ricorrente sostiene che l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 sia stato violato in quanto né gli argomenti della Commissione, né il ragionamento svolto dal Tribunale ai punti 306‑310 della sentenza impugnata suffragherebbero l’affermazione secondo cui, nel primo periodo, la ricorrente avrebbe commesso un’infrazione grave. Il Tribunale avrebbe ignorato il fatto che, secondo il punto 1 A degli orientamenti per il calcolo delle ammende (30), un comportamento preclusivo semplicemente «può» integrare infrazioni gravi. Pertanto, esso non avrebbe esaminato gli argomenti contro la qualificazione dell’infrazione come grave.

    67.      La Commissione sostiene che questo capo del terzo motivo di impugnazione debba essere respinto.

    68.      È sufficiente rilevare che, per quanto riguarda il periodo iniziato il 1° gennaio 2002, l’argomento della ricorrente è ininfluente, dato che l’infrazione non è stata qualificata come grave, ma solo come poco grave. Quanto al periodo compreso tra il 1998 e il 2001, la Commissione ha giustamente affermato che, conformemente al punto 1 A, primo comma, degli orientamenti, essa non è obbligata, in fase di determinazione della gravità dell’infrazione, a tenere conto di un contributo modesto all’infrazione (v. punto 311 della sentenza impugnata). La Commissione si è avvalsa della facoltà di riconoscere a tale riguardo una circostanza attenuante, come risulta dal punto 312 della sentenza impugnata. Inoltre, la ricorrente non spiega quale atto concreto di partecipazione della RegTP alla fissazione delle tariffe avrebbe dovuto condurre ad un’ulteriore riduzione dell’ammenda. Pertanto, questo capo del terzo motivo di impugnazione deve essere respinto.

    2.      Sul secondo capo del terzo motivo di impugnazione, secondo cui non si sarebbero tenute in debita considerazione talune circostanze attenuanti

    69.      La ricorrente sostiene che la Commissione, al punto 212 della decisione contestata, abbia tenuto conto solo dell’esistenza di una regolamentazione di settore a livello nazionale, ma non del suo contenuto, vale a dire l’esame e l’esclusione da parte della RegTP di una compressione anticoncorrenziale dei margini tra prezzi e costi. Il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto in quanto non avrebbe contestato alla Commissione di avere ignorato altre due circostanze attenuanti ai sensi del punto 3 degli orientamenti. Viste le decisioni della RegTP, la ricorrente era convinta della legittimità del proprio comportamento. In ogni caso, l’infrazione sarebbe stata commessa per negligenza.

    70.      La Commissione sostiene che questo capo del terzo motivo di impugnazione deve essere respinto.

    71.      Come rilevato dalla Commissione, la ricorrente ignora in ogni caso il fatto che il punto 212 della decisione contestata è redatto in termini generali e conferma pienamente l’interpretazione datane al punto 312 della sentenza impugnata. Per quanto riguarda l’argomento secondo cui la ricorrente avrebbe agito per mera negligenza, esso non è stato sollevato in primo grado. In ogni caso, il Tribunale ha correttamente ritenuto, ai punti 295‑297 della sentenza impugnata, che il comportamento della ricorrente corrispondesse alla definizione di infrazione commessa intenzionalmente. Questo capo del terzo motivo di impugnazione è quindi parzialmente irricevibile e, in ogni caso, infondato.

    3.      Sul terzo capo del terzo motivo di impugnazione, relativo all’irrogazione di un’ammenda simbolica

    72.      Al punto 319 della sentenza impugnata si configurerebbe una violazione del diritto alla parità di trattamento. Alla ricorrente avrebbe dovuto essere inflitta un’ammenda simbolica, come nella decisione Deutsche Post (31). La ricorrente avrebbe agito in modo conforme alla giurisprudenza dei giudici tedeschi e alle decisioni della RegTP. Sarebbe irrilevante il fatto che la sentenza dell’Oberlandesgericht sia stata successivamente annullata, in quanto ciò sarebbe dipeso dalla possibilità di un’eccezione che non sarebbe applicabile nel caso di specie e solo dopo l’annullamento della sentenza la ricorrente avrebbe potuto procedere sapendo di essere potenzialmente responsabile ai sensi dell’art. 82 CE. La situazione della ricorrente sarebbe equiparabile a quella che costituiva il fondamento della decisione Deutsche Post. Sarebbe difficile considerare la Comunicazione «accesso» alla stregua di una «giurisprudenza». Infine, un impegno a porre fine a un’infrazione non potrebbe costituire una condizione necessaria per l’irrogazione di un’ammenda simbolica.

    73.      La Commissione sostiene che questo capo del terzo motivo di impugnazione debba essere respinto.

    74.      Deve essere accolta la tesi della Commissione secondo cui l’argomento della ricorrente è irrilevante. Tale argomento potrebbe essere invocato a sostegno della ricorrente solo qualora il contesto fattuale e normativo dei due casi fossero direttamente comparabili (32). Dai punti 317‑320 della sentenza impugnata emerge che tale ipotesi non ricorreva e, invero, la ricorrente non ha sostenuto che le affermazioni ivi contenute siano errate di fatto e che non fossero ravvisabili le differenze ivi evidenziate. Si deve inoltre accogliere la tesi della Commissione secondo cui le ammende simboliche costituiscono l’eccezione e non occorre giustificare una decisione di fissare un’ammenda conformemente alle norme ordinarie. In ogni caso, la Commissione ha tenuto conto delle decisioni della RegTP a titolo di circostanze attenuanti. Il Tribunale ha confermato ai punti 312 e 313 che non era ravvisabile alcun errore di diritto sotto questo profilo. Per quanto riguarda la sentenza dell’Oberlandesgericht, è sufficiente rilevare che il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 319 della sentenza impugnata, che essa è stata pronunciata in un periodo per il quale la Commissione non ha inflitto un’ammenda altrimenti adeguata in circostanze normali. In ogni caso, è vero altresì che l’Oberlandesgericht non ha minimamente esaminato la questione relativa all’individuazione dei fattori di cui occorre tenere conto per definire una compressione dei margini tra prezzi e costi. Pertanto, tale sentenza è irrilevante ai fini dell’ammenda simbolica. Infine, la sentenza in questione è incompatibile con la giurisprudenza della Corte. Il fatto che essa sia stata annullata dal Bundesgerichtshof ha semplicemente confermato ciò che la ricorrente avrebbe dovuto sapere. In secondo luogo, la Commissione ha reso nota la propria posizione nei confronti di determinate pratiche nelle sue comunicazioni alla ricorrente. Le considerazioni della RegTP non riguardavano l’art. 82 CE e, in ogni caso, nel 1998 la Commissione ha reso noto nella sua Comunicazione «accesso» che la normativa comunitaria in materia di concorrenza era applicabile parallelamente alle norme in materia di telecomunicazioni e che anche le pratiche autorizzate dalle ARN erano soggette alla disposizioni del Trattato in materia di concorrenza. Infine, ritengo che sia sufficiente rilevare che, a differenza del procedimento Deutsche Post, nella specie la ricorrente non ha assunto l’impegno di evitare altre infrazioni in futuro. Inoltre, la Commissione ha aggiunto che nel caso di specie la ricorrente non ha agevolato la sua azione in qualità di autorità garante della concorrenza. Anche questa parte del terzo motivo di impugnazione deve essere respinta e, pertanto, il terzo motivo di impugnazione deve essere respinto nella sua interezza. Da tutte le suesposte considerazioni emerge che il ricorso deve essere respinto.

    IV – Conclusione

    75.      Per tutte le ragioni sopra esposte propongo alla Corte di:

    –        respingere il ricorso;

    –        condannare la Deutsche Telekom a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione;

    –        condannare la Vodafone e la Versatel a sopportare le proprie spese.


    1 – Lingua originale: l’inglese.


    2 – Sentenza 10 aprile 2008, causa T‑271/03, Deutsche Telekom/Commissione (Racc. pag. II‑477) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).


    3 – Decisione della Commissione 21 maggio 2003, 2003/707/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 82 del Trattato CE (Casi COMP/C‑1/37.451, 37.578, 37.579 – Deutsche Telekom AG) (GU L 263, pag. 9) (in prosieguo: la «decisione contestata»).


    4 – Sentenza 12 settembre 2006, causa C‑131/03 P, Reynolds Tobacco e a./Commissione (Racc. pag. I‑7795, punti 49‑51 e giurisprudenza ivi citata).


    5 – V. sentenze 16 settembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione (Racc. pag. 1663, punti 36‑73), e 9 settembre 2003, causa C‑198/01, CIF (Racc. pag. I‑8055, punto 56). Cfr. anche sentenza 30 gennaio 1985, causa 123/83, BNIC (Racc. pag. 391, punti 21‑23).


    6 – V. sentenza 11 novembre 1997, cause riunite C‑359/95 P e C‑379/95 P, Commissione e Francia/Ladbroke Racing (Racc. pag. I‑6265, punti 33 e 34 e giurisprudenza ivi citata).


    7 – Sentenza 16 settembre 2008, cause riunite da C‑468/06 a C‑478/06 (Racc. pag. I‑7139, punti 62 e segg.).


    8 – Rispettivamente regolamento (CEE) del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204), e regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 2003, L 1, pag. 1).


    9 – Sentenza 14 dicembre 2000, causa C‑344/98 (Racc. pag. I‑11369, punto 48).


    10 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 18 dicembre 2000, n. 2887, relativo all’accesso disaggregato alla rete locale (GU L 336, pag. 4).


    11 – Direttiva della Commissione 28 giugno 1990, 90/388/CEE, relativa alla concorrenza nei mercati dei servizi di telecomunicazioni (GU L 192, pag. 10).


    12 – V. sentenze 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann‑La Roche/Commissione (Racc. pag. 461, punto 91). V. anche sentenza 21 febbraio 1973, causa 6/72, Europemballage e Continental Can/Commissione (Racc. pag. 215, punto 29).


    13 – A tal riguardo, per quanto concerne il regolamento n. 2887/2000, v. sentenza 24 aprile 2008, causa C‑55/06, Arcor (Racc. pag. I‑2931, punti 59‑64).


    14 – Cfr. comunicazione della Commissione 22 agosto 1998 sull’applicazione delle regole di concorrenza agli accordi in materia di accesso nel settore delle telecomunicazioni – quadro normativo, mercati rilevanti e principi (in prosieguo: la «Comunicazione “accesso”») (GU 1998 C 265, pag. 2), punto 22: «le imprese [del] settore delle telecomunicazioni devono essere consapevoli del fatto che l’osservanza delle disposizioni comunitarie in materia di concorrenza non le esime dall’obbligo di conformarsi altresì alle disposizioni stabilite nel contesto del regime ONP e viceversa» (il corsivo è mio). V. anche punto 60: «[L’art. 82 CE si applica] normalmente [alle] pratiche approvat[e] o autorizzat[e] da un’[ARN]». Cfr., in generale, A. de Streel, On the edge of antitrust: the relationship between competition law and sector regulation in European electronic communications, EUI Florence, ottobre 2006; P. Larouche, Contrasting legal solutions and the comparability of EU and US experiences, TILEC Discussion Paper, novembre 2006; G. Monti, «Managing the intersection of utilities regulation and EC competition law», Competition Law Review, Vol. 4, 2 luglio 2008, e R. Klotz, in Ch. Koenig, A. Bartosch, J.-D. Braun e M. Romes, M. (ed.), EC competition and telecommunications law, 2a edizione, Wolters Kluwer, 2009, pagg. 108 e segg.


    15 – Linee direttrici della Commissione per l’analisi del mercato e la valutazione del significativo potere di mercato ai sensi del nuovo quadro normativo comunitario per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (GU 2002, C 165, pag. 6), pagg. 6‑31 e, in particolare, punto 31.


    16 – Cfr. sentenza 20 marzo 1997, causa C‑24/95, Alcan Deutschland (Racc. pag. I‑1591, punti 25 e 31).


    17 – V. sentenze 9 novembre 1983, causa 322/81, NBIM/Commissione (detta «Michelin I») (Racc. pag. 3461, punto 107), e 8 novembre 1983, cause riunite da 96/82 a 102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ International Belgium e a./Commissione CR (Racc. pag. 3369, punto 45). V. anche sentenza 14 dicembre 2006, cause riunite da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione (Racc. pag. II‑5169, punto 206).


    18 – V. sentenza 1° febbraio 1978, causa 19/77, Miller (Racc. pag. 131, punto 18).


    19 – Cfr. anche causa C‑52/09, TeliaSonera Sverige, ancora pendente, in cui è stata sollevata una serie di questioni concernenti una compressione dei margini tra prezzi e costi. Tuttavia, le questioni e il contesto normativo e fattuale differiscono sotto diversi aspetti rilevanti (ad esempio, non sussiste un’interazione tra la regolamentazione delle telecomunicazioni e il diritto in materia di concorrenza e, in particolare, la TeliaSonera non ha alcun obbligo regolamentare di fornire servizi di rivendita ADSL).


    20 – Sentenza 30 novembre 2000, causa T‑5/97, (Racc. pag. II‑3755, detta anche sentenza «IPS»). V., inter alia, i seguenti casi nazionali: (Italia) Telecom Italia, A 351, provvedimento 16 novembre 2004, n. 13752; (Francia) France Télécom/SFR Cegetel/Bouygues, decisione 14 ottobre 2004, n. 04-D-48; (Danimarca) Song Networks A/S /TDC/SDNOFON, 27 aprile 2004; (Svezia) TeliaSonera, dnr 22 dicembre 2004, n. 135/2004; (Regno Unito) BSkyB, CA98/20/2002, e caso NCCN 500, decisione dell’Ofcom 1° agosto 2008. V. anche note 26 e 29.


    21 – V. l’obiezione esaminata nella decisione della Commissione 18 luglio 1988, 88/518/CEE, relativa ad una procedura a norma dell’articolo [82 CE] (IV.30.178 Napier Brown British Sugar (GU L 284, pag. 41), ‘considerando’ 65 e 66: «BS [ha lasciato] alle imprese di confezionamento e vendita di zucchero destinato al dettaglio, altrettanto efficienti quanto BS (…), un margine insufficiente (…). Il mantenimento ad opera di un’impresa dominante (…) di un margine tra il prezzo praticato per una materia prima alle imprese in concorrenza praticato per il prodotto derivato stesso, margine che sia insufficiente a rispecchiare i costi di trasformazione dell’impresa dominante (…) configura un abuso di posizione dominante (…)». V. anche ‘considerando’ 41.


    22 – Con questo criterio si possono prendere in considerazione i concorrenti attuali o meramente teorici (potenziali). Tale criterio è stato confermato dal Competition Appeal Tribunal del Regno Unito (in prosieguo: il «CAT») nella sentenza Genzyme (remedy) [2005] CAT 32, punto 249, e dalla Corte d’appello di Bruxelles nella sentenza 18 dicembre 2007, TELE2/Belgacom, R.G. 2006/MR/3.


    23 – V.. Commissione europea, «Pricing Issues in Relation to Unbundled Access to the Local Loop», ONP Committee, ONPCOM 01-17, 25 giugno 2001, pagg. 1‑17.


    24 – Sentenza 3 luglio 1991, causa C‑62/86 (Racc. pag. I‑3359).


    25 – V., in proposito, conclusioni dell’avvocato generale Fennelly nelle cause riunite C‑395/96 P e C‑396/96 P, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione (Racc. 2000, pag. I‑1365, paragrafi 123‑139).


    26 – Ciò è stato confermato dal CAT del Regno Unito nella sentenza Genzyme, caso n. 1016/1/1/03 [2004] CAT 4, e dalla Court of Appeal del Regno Unito nella sentenza Albion (Dwr Cymru Cyfyngedig and Albion Water Limited and Water Services Regulation Authority [2008] EWCA Civ 536), punto 105. Ciò premesso, si potrebbe sostenere che nella sentenza impugnata (in particolare al punto 188) il Tribunale non ha del tutto escluso, in linea di principio, il criterio del concorrente efficiente e ritengo, invero, che non sia impossibile ravvisare altri casi nei quali il criterio del concorrente efficiente potrebbe risultare adeguato in quanto criterio secondario e complementare. Per quanto riguarda la potenziale violazione del principio della certezza del diritto, alcuni commentatori suggeriscono che essa dovrebbe essere analizzata caso per caso e che i gestori esperti si trovano spesso in un’ottima posizione per valutare con precisione i costi sostenuti dai nuovi entranti o, quanto meno, i costi sostenuti da un nuovo entrante ragionevolmente efficiente, non da ultimo in quanto essi hanno una conoscenza senza eguali del mercato. V. B. Amory e A. Verheyden, Comments on the CFI’s recent ruling in Deutsche Telekom, Global Competition Policy, maggio 2008, nonché S. Clerckxe e L. De Muyter, Price squeeze abuse in the EU telecommunications sector, Global Competition Policy, aprile 2009. V. anche R. O’Donoghue e A.J. Padilla, The Law and Economics of Article 82 EC, Oxford: Hart, 2006, pagg. 191 e 331.


    27 – Direttiva 13 marzo 1996, che modifica la direttiva 90/388/CEE al fine della completa apertura alla concorrenza dei mercati delle telecomunicazioni (GU L 74, pag. 13).


    28 – Sentenza 15 marzo 2007, causa C‑95/04 P, British Airways/Commissione (Racc. pag. I‑2331, punto 30), correlata alle sentenze del Tribunale 30 settembre 2003, causa T‑203/01, Michelin/Commissione (detta «Michelin II») (Racc. pag. II‑4071, punti 238 e 239), e 17 dicembre 2003, causa T‑219/99, British Airways/Commissione (Racc. pag. II‑5917, punto 293). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Sot. Lélos kai Sia e a., cit. alla nota 7 (paragrafo 50). V., in proposito, avvocato generale Kokott, Economic thinking in EU competition law, Madrid, 29 ottobre 2009.


    29 – Tale approccio è in linea con la sentenza Sot. Lélos kai Sia e a., ibid., in cui la Corte sembra avere implicitamente respinto la nozione di abuso in sé e ha proceduto ad esaminare le giustificazioni oggettive tenendo conto dello specifico contesto di mercato. V. decisione dell’Ofcom nel caso CW/00615/05/03, Vodafone/O2/Orange/T-Mobile, maggio 2004, e decisione dell’Oftel nel caso BTOpenworld’s consumer broadband products, novembre 2003.


    30 – Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»).


    31 – Decisione della Commissione 25 luglio 2001, 2001/892/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 82 del trattato CE (COMP/C-1/36.915 ‑ Deutsche Post AG – Intercettazione di posta transfrontaliera) (GU L 331, pag. 40; in prosieguo: il «procedimento Deutsche Post»).


    32 – V., in tal senso, sentenza 2 ottobre 2003, causa C‑196/99 P, Aristrain/Commissione (Racc. pag. I‑11005, punti 76 e segg.).

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