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Document 62007TJ0264
Judgment of the General Court (Fifth Chamber) of 9 September 2010.#CSL Behring GmbH v European Commission and European Medicines Agency (EMA).#Medicinal products for human use - Procedure for designation of orphan medicinal products - Application for designation of human fibrinogen as an orphan medicinal product - Obligation to submit the application for designation before the application for marketing authorisation is made - Decision of EMA on the validity of the application.#Case T-264/07.
Sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) del 9 settembre 2010.
CSL Behring GmbH contro Commissione europea e Agenzia europea dei medicinali (EMA).
Medicinali per uso umano - Procedimento di assegnazione della qualifica ai medicinali orfani - Domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano - Obbligo di presentare la domanda di assegnazione della qualifica prima del deposito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio - Decisione dell’EMA relativa alla validità della domanda.
Causa T-264/07.
Sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) del 9 settembre 2010.
CSL Behring GmbH contro Commissione europea e Agenzia europea dei medicinali (EMA).
Medicinali per uso umano - Procedimento di assegnazione della qualifica ai medicinali orfani - Domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano - Obbligo di presentare la domanda di assegnazione della qualifica prima del deposito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio - Decisione dell’EMA relativa alla validità della domanda.
Causa T-264/07.
Raccolta della Giurisprudenza 2010 II-04469
ECLI identifier: ECLI:EU:T:2010:371
Causa T‑264/07
CSL Behring GmbH
contro
Commissione europea e
Agenzia europea per i medicinali (EMA)
«Medicinali per uso umano — Procedimento di assegnazione della qualifica ai medicinali orfani — Domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano — Obbligo di presentare la domanda di assegnazione della qualifica prima del deposito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio — Decisione dell’EMA relativa alla validità della domanda»
Massime della sentenza
1. Ravvicinamento delle legislazioni — Legislazioni uniformi — Medicinale per uso umano — Medicinali orfani
(Regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio n. 141/2000, art. 5, n. 1, e n. 726/2004)
2. Ravvicinamento delle legislazioni — Legislazioni uniformi — Medicinale per uso umano — Medicinali orfani
[Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 141/2000, art. 3, n. 1, lett. b)]
3. Ravvicinamento delle legislazioni — Legislazioni uniformi — Medicinale per uso umano — Medicinali orfani
[Regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio n. 141/2000, artt. 3, n. 1, lett. b), 5, n. 1, e 8, n. 1, e n. 726/2004, art. 3, n. 2, lett. b)]
1. L’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, concernente i medicinali orfani, dispone in modo chiaro ed inequivocabile che le domande di assegnazione della qualifica di medicinale orfano possono essere presentate in qualunque fase del processo di sviluppo del medicinale, prima della presentazione della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio. Tale disposizione non opera distinzioni a seconda che la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio sia fatta tramite il procedimento di mutuo riconoscimento a livello degli Stati membri o tramite il procedimento centralizzato presso l’Unione europea, e sia stata modificata a seguito dell’entrata in vigore del regolamento n. 726/2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali, al fine di indicare che l’unico procedimento di autorizzazione ormai previsto per i medicinali orfani è quello centralizzato.
Infatti, il regolamento n. 726/2004 non ha minimamente modificato l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000. Ciò conferma che la questione essenziale per il legislatore è se il medicinale interessato rappresenti un’evoluzione rispetto alla terapia che è già stata oggetto di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio o che è già stata autorizzata. Ha dunque poca importanza che la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale interessato sia stata presentata, e a maggior ragione ottenuta, a livello di uno Stato membro o a quello dell’Unione.
(v. punti 44, 60)
2. L’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 141/2000, concernente i medicinali orfani, dispone che un medicinale ottiene la qualifica di medicinale orfano qualora il suo sponsor sia in grado di dimostrare che non esistono metodi soddisfacenti di diagnosi, profilassi o terapia dell’affezione interessata autorizzati nell’Unione oppure che, se tali metodi esistono, il medicinale oggetto della domanda di assegnazione «avrà» effetti benefici significativi per le persone colpite da tale affezione. A tale riguardo, il fatto che il verbo «avere» sia coniugato al futuro semplice dimostra che detta disposizione fa indubbiamente riferimento ad effetti benefici futuri.
La disposizione in esame tende quindi a confermare che l’applicazione degli incentivi previsti da questo stesso regolamento non si giustifica nel caso di un medicinale già autorizzato nell’Unione. Lo stesso vale per ogni altro medicinale destinato alla stessa affezione, salvo il caso in cui tale medicinale avrà effetti benefici significativi rispetto al medicinale già autorizzato.
(v. punto 46)
3. L’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, concernente i medicinali orfani, non arreca pregiudizio al diritto di proprietà e al diritto al libero esercizio di un’attività professionale.
Infatti, nel caso in cui un’impresa sia già titolare di varie autorizzazioni nazionali all’immissione in commercio di un medicinale, senza tuttavia possedere l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano per il medesimo medicinale, e allorquando un’impresa concorrente desideri ottenere l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano di un medicinale concorrente destinato alla terapia della stessa affezione del medicinale già autorizzato, l’impresa concorrente deve dimostrare conformemente all’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 141/2000, che il suo medicinale avrà effetti benefici significativi per i pazienti colpiti da tale affezione. A tale riguardo, i criteri che consentono di affermare l’esistenza di effetti benefici significativi sono rigidi e la messa a punto di un medicinale che ha effetti benefici significativi rispetto al medicinale già autorizzato che cura la stessa affezione comporta, per l’impresa che lo elabora, investimenti nella ricerca e nello sviluppo di detto migliore medicinale potenziale. Un’impresa concorrente non potrebbe quindi limitarsi a sviluppare un medicinale simile per ottenerne la qualifica di medicinale orfano per il medesimo.
Inoltre, fino a quando le imprese concorrenti non avranno sviluppato un medicinale avente effetti benefici significativi rispetto al medicinale già autorizzato ed ottenuto l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano per il medesimo nonché l’autorizzazione alla sua immissione in commercio, il titolare del medicinale autorizzato conserva il proprio diritto di ricorrere al procedimento di mutuo riconoscimento di detto medicinale, per il quale esso può essere titolare di varie autorizzazioni all’immissione in commercio. Infatti, gli è consentito presentare una domanda di mutuo riconoscimento di una di tali autorizzazioni in uno o più degli altri Stati membri dell’Unione, conformemente al procedimento previsto dal capo 4 della direttiva 2001/83, che istituisce un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano.
Inoltre, nell’eventualità in cui un’impresa concorrente ottenga la qualifica di medicinale orfano per un medicinale simile al medicinale che beneficia di un’autorizzazione all’immissione in commercio, ma dotato di effetti benefici significativi, all’impresa concorrente deve essere concessa un’autorizzazione all’immissione in commercio per tale medicinale. Infatti, tale medicinale deve essere valutato dal comitato per i medicinali per uso umano, che è indipendente dal comitato per i medicinali orfani. Solamente qualora, a seguito del parere di tale comitato, la Commissione rilasci l’autorizzazione all’immissione in commercio, l’impresa concorrente potrà godere dell’esclusiva di mercato in applicazione dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 141/2000. Tuttavia, alla concessione dell’esclusiva di mercato ad un’impresa concorrente non consegue la perdita delle autorizzazioni esistenti all’immissione in commercio dei medicinali che curano la stessa affezione.
Peraltro, l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano non costituisce affatto l’unica possibilità di accesso al procedimento di autorizzazione all’immissione in commercio a livello dell’Unione. Infatti, l’art. 3, n. 2, lett. b), del regolamento n. 726/2004 che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali, dispone che, nel caso di un medicinale non contemplato nell’allegato a detto regolamento, l’Unione può rilasciare, conformemente al regolamento medesimo, un’autorizzazione all’immissione in commercio a livello dell’Unione qualora il richiedente dimostri che tale medicinale costituisce un’innovazione significativa sul piano terapeutico, scientifico o tecnico o che il rilascio di un’autorizzazione secondo il regolamento in questione è nell’interesse dei pazienti a livello dell’Unione.
(v. punti 91, 93‑96, 98, 102, 104)
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
9 settembre 2010 (*)
«Medicinali per uso umano – Procedimento di assegnazione della qualifica ai medicinali orfani – Domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano – Obbligo di presentare la domanda di assegnazione della qualifica prima del deposito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio – Decisione dell’EMA relativa alla validità della domanda»
Nella causa T‑264/07,
CSL Behring GmbH, con sede in Marbourg (Germania), rappresentata dal sig. C. Koenig, professore, e dall’avv. F. Leinen,
ricorrente,
contro
Commissione europea, rappresentata dai sigg. B. Stromsky e B. Schima, in qualità di agenti,
e
Agenzia europea per i medicinali (EMA), rappresentata dal sig. V. Salvatore, in qualità di agente, assistito dai sigg. T. Eicke, barrister, e C. Sherliker, solicitor,
convenute,
la Commissione è sostenuta da
Parlamento europeo, rappresentato dalle sig.re E. Waldherr e I. Anagnostopoulou, in qualità di agenti,
interveniente,
avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) 24 maggio 2007, che ha dichiarato l’invalidità della domanda presentata dalla ricorrente per ottenere l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano per il fibrinogeno umano, ai sensi del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 1999, n. 141/2000, concernente i medicinali orfani (GU 2000, L 18, pag. 1),
IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),
composto dai sigg. M. Vilaras, presidente, M. Prek (relatore) e V.M. Ciucă, giudici,
cancelliere: sig.ra K. Andová, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 settembre 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
1 Al fine di rendere disponibili terapie efficaci per i pazienti affetti da malattie rare nell’Unione europea, il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato il regolamento (CE) 16 dicembre 1999, n. 141/2000, concernente i medicinali orfani (GU 2000, L 18, pag. 1). Tale regolamento, entrato in vigore il 22 gennaio 2000, istituisce un regime di incentivi volto ad incoraggiare le imprese farmaceutiche a investire nella ricerca, nello sviluppo e nell’immissione in commercio di medicinali destinati alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia delle malattie rare.
2 L’art. 3, n. 1, del regolamento n. 141/2000 prevede quanto segue:
«Un medicinale è qualificato come medicinale orfano qualora il suo sponsor sia in grado di dimostrare:
a) che esso è destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di una affezione che comporta una minaccia per la vita o la debilitazione cronica e che colpisce non più di cinque individui su diecimila nella Comunità nel momento in cui è presentata la domanda, oppure
che esso è destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia nella Comunità di una affezione che comporta una minaccia per la vita, di un’affezione seriamente debilitante, o di un’affezione grave e cronica, e che è poco probabile che, in mancanza di incentivi, la commercializzazione di tale medicinale all’interno della Comunità sia tanto redditizia da giustificare l’investimento necessario
e
b) che non esistono metodi soddisfacenti di diagnosi, profilassi o terapia di tale affezione autorizzati nella Comunità oppure che, se tali metodi esistono, il medicinale in questione avrà effetti benefici significativi per le persone colpite da tale affezione».
3 Il procedimento di assegnazione della qualifica è disciplinato dall’art. 5 del regolamento n. 141/2000 nei seguenti termini:
«1. Per ottenere la qualifica di medicinale orfano per un determinato medicinale, lo sponsor inoltra domanda presso l’Agenzia in qualunque fase del processo di sviluppo del medicinale, prima della presentazione della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio.
2. La domanda deve essere corredata delle informazioni e dei documenti seguenti:
a) nome o ragione sociale e indirizzo permanente dello sponsor;
b) principi attivi del medicinale;
c) indicazioni terapeutiche proposte;
d) giustificazione relativa all’osservanza dei criteri di cui all’articolo 3, paragrafo 1, nonché descrizione dello stato di sviluppo, comprese le indicazioni previste.
3. La Commissione, in consultazione con gli Stati membri, l’Agenzia e le parti interessate, redige linee direttrici dettagliate sui requisiti di forma e di contenuto delle domande di assegnazione della qualifica.
4. L’Agenzia verifica la validità di ciascuna domanda ed elabora una relazione sintetica destinata al comitato. Eventualmente può invitare lo sponsor a integrare le informazioni e i documenti allegati alla domanda.
5. L’Agenzia garantisce che il comitato emetta un parere entro 90 giorni dal ricevimento di una domanda correttamente presentata.
6. Nell’elaborare il proprio parere, il comitato si sforza di raggiungere un accordo. In mancanza di tale accordo, il parere è adottato a maggioranza dei due terzi dei membri del comitato. Tale parere può essere reso mediante procedura scritta.
7. Qualora il comitato sia del parere che la domanda di assegnazione della qualifica non corrisponda ai criteri di cui all’articolo 3, paragrafo 1, l’Agenzia informa immediatamente lo sponsor. Entro 90 giorni dal ricevimento di tale parere, lo sponsor può presentare dettagliate motivazioni che potranno servire da base per un ricorso e che l’Agenzia trasmette al comitato. Il comitato giudica se sia necessario rivedere il proprio parere in occasione della riunione successiva.
8. L’Agenzia trasmette immediatamente il parere definitivo del comitato alla Commissione, la quale adotta una decisione entro 30 giorni dalla data di ricevimento del parere. Qualora, in casi eccezionali, il progetto di decisione non sia conforme al parere del comitato, la decisione finale è adottata secondo la procedura di cui all’articolo 73 del regolamento (CEE) [del Consiglio 22 luglio 1993, n. 2309, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU L 214, pag. 1)]. La decisione è notificata allo sponsor e comunicata all’Agenzia e alle autorità competenti degli Stati membri.
9. Il medicinale in questione è iscritto nel Registro comunitario dei medicinali orfani.
(...)».
4 L’art. 8 del regolamento n. 141/2000 prevede che i medicinali orfani per i quali è stata concessa un’autorizzazione all’immissione in commercio godono di un’esclusiva di mercato:
«1. Dopo avere concesso un’autorizzazione comunitaria all’immissione in commercio di un medicinale orfano in virtù del regolamento (...) n. 2309/93, o dopo che tutti gli Stati membri hanno concesso un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale orfano secondo le procedure di reciproco riconoscimento di cui agli articoli 7 e 7 bis della direttiva 65/65/CEE o all’articolo 9, paragrafo 4, della direttiva 75/319/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative ai medicinali, e fatte salve le disposizioni del diritto di proprietà intellettuale o ogni altra disposizione del diritto comunitario, la Comunità e gli Stati membri non accettano altre domande di autorizzazione, non concedono altre autorizzazioni all’immissione in commercio, né accettano richieste relative all’estensione di autorizzazioni all’immissione in commercio, esistenti per medicinali analoghi, con le stesse indicazioni terapeutiche per un periodo di dieci anni.
2. (…)
3. In deroga al paragrafo 1 e fatte salve la normativa in materia di proprietà intellettuale e le pertinenti disposizioni del diritto comunitario, può essere concessa un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale simile con le stesse indicazioni terapeutiche qualora:
a) il titolare dell’autorizzazione per il medicinale orfano originale abbia dato il proprio consenso al secondo richiedente, oppure
b) il titolare dell’autorizzazione per il medicinale orfano originale non sia in grado di fornire una quantità sufficiente del medicinale in questione, oppure
c) il secondo richiedente dimostri nella sua domanda che il secondo medicinale, benché simile al medicinale orfano già autorizzato, è più sicuro, più efficace o comunque clinicamente superiore.
4. La Commissione adotta le definizioni delle espressioni “medicinale simile” e “clinicamente superiore” tramite un regolamento di applicazione, secondo la procedura prevista all’articolo 72 del regolamento (CEE) n. 2309/93.
(...)».
5 L’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento (CE) della Commissione 27 aprile 2000, n. 847, che stabilisce le disposizioni di applicazione dei criteri previsti per l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano nonché la definizione dei concetti di «medicinale simile» e «clinicamente superiore» (GU L 103, pag. 5; in prosieguo: il «regolamento di esecuzione»), dispone che:
«Lo sponsor presenta la richiesta di assegnazione della qualifica di medicinale orfano in qualunque stadio di sviluppo del medicinale, prima di presentare richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio. Tuttavia la richiesta di assegnazione della qualifica può essere presentata anche per un medicinale già autorizzato, qualora ne sia proposta una nuova indicazione terapeutica. In tal caso il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio richiede un’autorizzazione distinta, che si riferisce esclusivamente alla o alle indicazioni orfane».
6 Inoltre, l’art. 88 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, n. 726, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU L 136, pag. 1), prevede quanto segue:
«Il regolamento (CEE) n. 2309/93 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato s’intendono fatti al presente regolamento».
7 L’art. 90 del regolamento n. 726/2004 enuncia quanto segue:
«Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
In deroga al primo comma, i titoli I, II, III e V si applicano a decorrere dal 20 novembre 2005 ed il punto 3, quinto e sesto trattino dell’allegato si applicano a decorrere dal 20 maggio 2008»
8 Inoltre, l’art. 3 del regolamento n. 726/2004 dispone che:
«1. Nessun medicinale contemplato nell’allegato può essere immesso in commercio nella Comunità senza un’autorizzazione rilasciata dalla Comunità secondo il disposto del presente regolamento.
2. Qualsiasi medicinale non contemplato nell’allegato può essere oggetto di autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dalla Comunità secondo il disposto del presente regolamento, qualora:
a) il medicinale contenga una nuova sostanza attiva che alla data dell’entrata in vigore del presente regolamento non era autorizzata nella Comunità; oppure
b) il richiedente dimostri che tale medicinale costituisce un’innovazione significativa sul piano terapeutico, scientifico o tecnico o che il rilascio di un’autorizzazione secondo il presente regolamento è nell’interesse dei pazienti o della sanità animale a livello comunitario.
(…)».
9 Infine, il punto 4 dell’allegato del regolamento n. 726/2004 ha ad oggetto i seguenti medicinali: «Medicinali che sono designati come medicinali orfani ai sensi del regolamento (...) n. 141/2000».
Fatti
10 La ricorrente, CSL Behring GmbH, produce un medicinale (in prosieguo: il «fibrinogeno umano») il cui principio attivo è il fibrinogeno umano. Essa ha ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale di cui trattasi in vari paesi europei, vale a dire in Germania nel 1966, in Portogallo nel 1978, in Repubblica ceca e in Austria nel 1994, nei Paesi Bassi nel 1997, in Ungheria nel 1998 e in Romania nel 1999.
11 In data 13 marzo 2007, la ricorrente ha presentato all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) una domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano. La domanda di assegnazione della qualifica, relativa al fibrinogeno umano in forma concentrata e pastorizzata, menzionava la seguente indicazione terapeutica: «Trattamento di emorragie gravi in pazienti affetti da deficit congenito di fibrinogeno».
12 Con lettera del 20 marzo 2007, l’EMA ha comunicato alla ricorrente che la sua domanda non era valida per vari motivi, ed in particolare in quanto la ricorrente era già titolare di un’autorizzazione all’immissione in commercio del fibrinogeno umano. Essa ha sottolineato che era nell’interesse della ricorrente organizzare una teleconferenza o una riunione per discutere di tali motivi.
13 Con messaggio di posta elettronica del 21 marzo 2007, la ricorrente ha confermato di essere pienamente favorevole alla proposta di organizzare una riunione. Lo stesso giorno l’EMA le ha risposto con messaggio di posta elettronica, ricordandole che, in applicazione dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, essa non poteva ritenere valida la domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano, in quanto la ricorrente era già titolare di un’autorizzazione per il fibrinogeno umano in vari Stati membri. L’EMA ha comunque accettato di fissare una riunione per illustrare il problema in maniera più approfondita.
14 Una riunione tra l’EMA e la ricorrente si è svolta il 23 aprile 2007 a Londra (Regno Unito).
15 L’11 maggio 2007 la ricorrente ha inviato all’EMA una lettera con la quale ha replicato al messaggio del 20 marzo 2007 di quest’ultima ed ha dato seguito alla riunione del 23 aprile 2007, nonché un nuovo formulario di domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano.
16 Con lettera del 24 maggio 2007 l’EMA ha dichiarato invalida la seconda domanda di assegnazione della qualifica, per la principale ragione che la ricorrente era già titolare di un’autorizzazione all’immissione in commercio del prodotto in questione (in prosieguo: la «decisione impugnata»).
Procedimento e conclusioni delle parti
17 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 luglio 2007, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.
18 A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Quinta Sezione, cui la presente causa è stata conseguentemente attribuita.
19 Con ordinanza del presidente della Quinta Sezione 1° aprile 2008, il Parlamento è stato autorizzato a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione delle Comunità europee.
20 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata;
– condannare l’EMA e la Commissione alle spese.
21 L’EMA chiede che il Tribunale voglia:
– dichiarare il ricorso irricevibile o, in subordine, infondato;
– condannare la ricorrente alle spese.
22 La Commissione, sostenuta dal Parlamento, chiede che il Tribunale voglia:
– dichiarare il ricorso irricevibile in quanto diretto contro di essa o, in subordine, infondato;
– condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
23 In via preliminare, si deve rammentare, da un lato, che la Commissione solleva un’eccezione di irricevibilità in quanto il ricorso è diretto contro di essa. Dall’altro, l’EMA solleva un’eccezione di irricevibilità poiché il ricorso sarebbe stato proposto tardivamente. Spetta al Tribunale valutare se una corretta amministrazione della giustizia giustifichi, nelle circostanze del caso di specie, di pronunciarsi sul merito del ricorso senza statuire sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione e dall’EMA (v., in tal senso, sentenza della Corte 26 febbraio 2002, causa C‑23/00 P, Consiglio/Boehringer, Racc. pag. I‑1873, punto 52). Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di poter decidere nel merito senza che sia necessario statuire sulle eccezioni di irricevibilità della Commissione e dell’EMA.
24 Si deve altresì sottolineare che le parti considerano pacifico che la ricorrente sia titolare di autorizzazioni all’immissione in commercio del fibrinogeno umano in vari Stati membri dell’Unione europea.
25 Inoltre, occorre rilevare che la ricorrente non ha dedotto né, tanto meno, dimostrato che il medicinale oggetto della domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano avrebbe avuto effetti benefici significativi, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 141/2000, per le persone affette da deficit di fibrinogeno, rispetto al fibrinogeno umano già autorizzato alla commercializzazione in vari Stati membri.
26 Infine, durante il procedimento amministrativo, la ricorrente non ha neppure contestato la circostanza che il medicinale per il quale era stata presentata domanda di assegnazione della qualifica non riguardava una nuova indicazione terapeutica ai sensi dell’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione. A tale riguardo, la ricorrente ha confermato durante l’udienza che l’indicazione terapeutica fornita nella domanda di assegnazione della qualifica dell’11 maggio 2007 era più ampia di quella prevista dalla domanda del 13 marzo 2007, ma che queste due indicazioni erano già coperte dalle autorizzazioni nazionali all’immissione in commercio esistenti. È pur vero che la ricorrente ha in un secondo momento specificato le proprie affermazioni sostenendo che l’indicazione terapeutica «Trattamento del deficit congenito di fibrinogeno» menzionata, come da richiesta dell’EMA, nella domanda di assegnazione della qualifica dell’11 maggio 2007 era diversa da quella di «Trattamento di emorragia specifica» contenuta nell’autorizzazione all’immissione in commercio tedesca e che, pertanto, si trattava di una variante di quest’ultima indicazione. Tuttavia, tali considerazioni, formulate per la prima volta in udienza e non sostenute da alcun elemento di prova, non sono affatto sufficienti a dimostrare che l’indicazione terapeutica del medicinale oggetto della domanda di assegnazione della qualifica è diversa da quella del medicinale già autorizzato alla vendita in vari Stati membri. Si deve pertanto concludere che l’indicazione terapeutica menzionata nella domanda di assegnazione della qualifica all’origine della decisione impugnata è identica a quella prevista dalle autorizzazioni nazionali all’immissione in commercio.
27 I motivi dedotti dalla ricorrente devono essere esaminati alla luce di tali considerazioni.
28 Al fine di dimostrare l’illegittimità della decisione impugnata, la ricorrente deduce due motivi. Il primo attiene ad un’interpretazione erronea dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000. Il secondo verte sull’illegittimità di quest’ultima disposizione, sulla quale si basa la decisione impugnata, e sull’illegittimità dell’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione.
Sul motivo attinente ad un’interpretazione erronea dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000
Argomenti delle parti
29 In primo luogo, la ricorrente ricorda che la decisione impugnata si fonda sul presupposto secondo cui l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 esclude categoricamente la qualifica di medicinale orfano qualora l’immissione in commercio del medicinale sia già stata autorizzata. Un simile presupposto sarebbe errato, dal momento che, anzitutto, esso non risulterebbe affatto dal testo di tale disposizione né dal contesto in cui quest’ultima si inscrive, inoltre, esso non emergerebbe dalla genesi di tale disposizione, ed infine, esso sarebbe in contraddizione con l’effetto utile di tale disposizione.
30 In primo luogo, un simile presupposto contrasterebbe con l’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione. Il fatto che esso metta in rilievo le «indicazioni terapeutiche» rivelerebbe che l’autorizzazione di un medicinale che deve beneficiare di incentivi deve essere preceduta dalla ricerca e dallo sviluppo mirato dello stesso ai fini della lotta contro patologie rare.
31 In secondo luogo, la ricorrente ritiene che la genesi dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 dovrebbe condurre ad un’interpretazione meno restrittiva del medesimo. L’introduzione della locuzione «assegnazione della qualifica prima dell’autorizzazione» non avrebbe avuto lo scopo di restringere l’ambito di applicazione del procedimento di assegnazione della qualifica.
32 In terzo luogo, l’interpretazione fornita dall’EMA sarebbe incompatibile con gli obiettivi del regolamento ed in contraddizione con il principio dell’effetto utile.
33 Secondo la ricorrente, da vari ‘considerando’, nonché da un’interpretazione teleologica di numerosi articoli del regolamento n. 141/2000 risulta che tale regolamento mira a tutelare la salute dei pazienti ed il loro interesse all’accesso a medicinali orfani.
34 Essa afferma quindi che il regolamento n. 141/2000 non è volto ad impedire ai titolari di medicinali più vecchi contro le malattie rare di avvalersi, per questi ultimi, del procedimento di assegnazione della qualifica di medicinale orfano. Essa sottolinea infatti che, avendo investito nella ricerca di medicinali orfani, messo a punto metodi terapeutici efficaci e sviluppato regolarmente i loro preparati in funzione dei progressi della scienza medico-farmaceutica, i produttori di medicinali vecchi contro le malattie rare hanno perseguito un obiettivo che coincide esattamente con il significato e lo scopo del regolamento n. 141/2000.
35 La ricorrente sottolinea, a tale proposito, che l’inclusione dei medicinali orfani più vecchi nel procedimento di assegnazione della qualifica aumenterebbe ancora di più l’efficacia delle terapie dei pazienti colpiti da malattie rare, poiché detti medicinali avrebbero «provato il loro valore» per numerosi anni. Essa ritiene quindi che l’esclusione dei medicinali più vecchi dal regime di qualifica condurrebbe a svalutare il contributo del titolare di autorizzazione relativa a medicinali più vecchi contro le malattie rare. Essa aggiunge che la conseguente perdita di ricavi determinerebbe difficoltà a livello di copertura dei costi e di messa a disposizione dei fondi per il proseguimento della ricerca.
36 Peraltro, la ricorrente ritiene che la Commissione faccia erroneamente valere la circostanza che le autorizzazioni nazionali concesse ai fabbricanti di medicinali contro le malattie rare possono ancora essere estese a tutti gli Stati membri, di modo che i suddetti medicinali autorizzati prima del 22 gennaio 2000 potrebbero un giorno essere messi a disposizione di tutti i pazienti. Essa afferma infatti che la possibilità di un simile riconoscimento non potrebbe soddisfare l’obiettivo di tutela della salute dei pazienti. Secondo la ricorrente, ciò contribuisce a confermare che l’interpretazione dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 sostenuta dalla Commissione non è conforme allo scopo di tale regolamento.
37 Inoltre, essa sostiene che l’EMA e la Commissione, affermando che non sarebbe necessario incentivare un medicinale già autorizzato, hanno trascurato il fatto che i mercati dei medicinali orfani si caratterizzano in generale per i modesti fatturati. Essa sottolinea che la ristrettezza di un mercato contraddistinto da modesti fatturati non riguarderebbe solamente i medicinali autorizzati dopo il 2000, ma anche i medicinali orfani più vecchi. La ricorrente deduce che proprio per tale ragione il legislatore non avrebbe basato il proprio criterio di assegnazione della qualifica su condizioni soggettive quali «l’indisponibilità di investimenti» delle imprese farmaceutiche, ma avrebbe semplicemente ipotizzato che un produttore farmaceutico non sarebbe disposto, nelle normali condizioni di mercato, a mettere in commercio un medicinale orfano prima della sua autorizzazione. Essa cita in proposito i ‘considerando’ primo, secondo, settimo e nono del regolamento n. 141/2000.
38 Infine, la ricorrente sostiene che la Commissione afferma erroneamente che il legislatore dell’Unione ha utilizzato come unico criterio di applicabilità degli incentivi la mancanza di medicinali autorizzati soddisfacenti per una determinata malattia. Al contrario, nel caso in cui già esista un metodo soddisfacente, l’art. 3, n. 1, del regolamento n. 141/2000 porrebbe un ulteriore requisito per l’assegnazione della qualifica, vale a dire quello degli «effetti benefici significativi». La ricorrente ritiene quindi che anche miglioramenti che determinano effetti benefici significativi (ai sensi del regolamento n. 141/2000 e del regolamento di esecuzione) possano condurre a qualificare un medicinale come medicinale orfano, e che pertanto non sarebbero imperativamente necessarie la messa a disposizione di un prodotto attivo completamente nuovo o la descrizione di nuove indicazioni terapeutiche. Una simile interpretazione sarebbe altresì confermata dalla finalità del regolamento n. 141/2000.
39 In secondo luogo la ricorrente, nel corso dell’udienza, ha fatto valere che a seguito dell’entrata in vigore del regolamento n. 726/2004, l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 dovrebbe essere interpretato nel senso che ogni richiesta di assegnazione della qualifica di medicinale orfano deve essere presentata all’EMA prima del deposito di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio nell’Unione. Infatti, la ricorrente ha sostenuto che non era ormai più possibile ottenere un’autorizzazione nazionale all’immissione in commercio per i medicinali qualificati come orfani e che per questi ultimi poteva essere esperito solamente il procedimento centralizzato di autorizzazione a livello dell’Unione previsto dal regolamento n. 726/2004. Essa ne ha dedotto che la «domanda di autorizzazione all’immissione in commercio» di cui all’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 era da intendersi riferita alla domanda di autorizzazione a livello dell’Unione prevista nel regolamento n. 726/2004. La ricorrente conclude da ciò di avere rispettato la cronologia imposta dall’art. 5, n. 1, del suddetto regolamento, avendo presentato la domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano prima del deposito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio a livello dell’Unione.
40 La ricorrente afferma che l’interpretazione dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 che essa difende è confermata dalla circostanza che, in una decisione dell’8 luglio 2009, uno sponsor ha ottenuto l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano per il medicinale da esso sviluppato, nonostante disponesse già di un’autorizzazione nazionale all’immissione in commercio per il medicinale oggetto della domanda di assegnazione della qualifica. Secondo la ricorrente, il testo dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 andrebbe interpretato alla luce dell’interpretazione fornitane dall’amministrazione.
41 La Commissione, l’EMA ed il Parlamento fanno anzitutto valere che le considerazioni relative all’incidenza dell’entrata in vigore del regolamento n. 726/2004 sull’interpretazione dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 sono tardive e dunque irricevibili. Essi ritengono inoltre che tali argomenti siano privi di fondamento. Essi infine contestano gli altri argomenti della ricorrente e concludono che il presente motivo è infondato.
Giudizio del Tribunale
42 In primis, occorre esaminare gli argomenti, sviluppati dalla ricorrente nei suoi scritti, secondo cui il regolamento n. 141/2000 e, in particolare, l’art. 5, n. 1, del medesimo devono essere interpretati nel senso che una domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano può anche essere depositata dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio di tale medicinale per le stesse indicazioni terapeutiche.
43 A tale riguardo, occorre rilevare che né dal tenore letterale dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, né dal contesto in cui si situa tale disposizione, né dalla genesi del regolamento n. 141/2000, né dalla finalità di quest’ultimo risulta che si debba adottare una simile interpretazione.
44 In primo luogo, il testo dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 dispone in modo chiaro ed inequivocabile che le domande di assegnazione della qualifica di medicinale orfano possono essere presentate «in qualunque fase del processo di sviluppo del medicinale», «prima» della presentazione della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio. Si deve rilevare che tale disposizione non opera distinzioni a seconda che la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio sia stata fatta tramite il procedimento di mutuo riconoscimento a livello degli Stati membri o tramite il procedimento centralizzato presso l’Unione, e che essa non è stata modificata a seguito dell’entrata in vigore del regolamento n. 726/2004 al fine di indicare che l’unico procedimento di autorizzazione ormai previsto per i medicinali orfani è quello centralizzato.
45 In secondo luogo, quanto al contesto in cui si situa l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, occorre osservare che l’art. 3, n. 1, lett. b), del medesimo regolamento conferma che la domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano deve essere presentata prima del deposito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio.
46 L’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 141/2000 dispone infatti che un medicinale ottiene la qualifica di medicinale orfano qualora il suo sponsor sia in grado di dimostrare che non esistono metodi soddisfacenti di diagnosi, profilassi o terapia dell’affezione interessata autorizzati nell’Unione oppure che, se tali metodi esistono, il medicinale in questione «avrà» effetti benefici significativi per le persone colpite da tale affezione. A tale riguardo, come correttamente sottolineato dall’EMA, il fatto che il verbo «avere» sia stato coniugato al futuro semplice dimostra che detta disposizione fa indubbiamente riferimento ad effetti benefici futuri. La disposizione in esame tende quindi a confermare che l’applicazione degli incentivi previsti dal regolamento n. 141/2000 non si giustifica nel caso di un medicinale già autorizzato nell’Unione. Lo stesso vale per ogni altro medicinale destinato alla stessa affezione, salvo il caso in cui tale medicinale «avrà» effetti benefici significativi rispetto al medicinale già autorizzato.
47 Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo il quale l’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione è in contraddizione con l’interpretazione dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 sostenuta dalla Commissione, esso deve essere respinto. Sarebbe infatti in contrasto con lo stesso principio della gerarchia delle norme voler interpretare una disposizione del regolamento n. 141/2000, adottato dal Parlamento e dal Consiglio, alla luce del regolamento di esecuzione adottato dalla Commissione [v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte 13 gennaio 2009, cause riunite C‑512/07 P(R) e C‑15/08 P(R), Occhetto e Parlamento/Donnici, Racc. pag. I‑1, punto 45]. Il regolamento di esecuzione è infatti subordinato al regolamento n. 141/2000 e non può assolutamente consentire di determinare il significato delle disposizioni di quest’ultimo, anche qualora vi sia un dubbio sulla loro interpretazione. In ogni caso, al contrario di quanto sostiene la ricorrente, l’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione, il quale prevede la possibilità di presentare una domanda di assegnazione della qualifica per una nuova indicazione di un medicinale «già autorizzato» alla commercializzazione, è conforme al principio di anteriorità della domanda di assegnazione della qualifica previsto dall’art. 5 del regolamento n. 141/2000, poiché la suddetta domanda dovrà essere presentata «prima» del deposito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di tale medicinale per la nuova indicazione terapeutica.
48 In terzo luogo, la genesi del regolamento n. 141/2000 non modifica minimamente le conclusioni tratte dall’interpretazione letterale delle disposizioni summenzionate. È pur vero che, come sottolinea la ricorrente, l’art. 5, n. 1, della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i medicinali orfani (GU 1998, C 276, pag. 7) non indicava affatto che la domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano dovesse essere depositata prima della presentazione della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio. Ciò nondimeno, da un lato, l’art. 3, n. 1, della suddetta proposta già indicava, quale requisito per l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano, il fatto che non fosse stato autorizzato alcun metodo soddisfacente di diagnosi, profilassi o terapia dell’affezione orfana. Tale disposizione prevedeva che, qualora un simile metodo fosse già esistito, la qualifica di medicinale orfano fosse subordinata al fatto che «vi [fosse] ragione di ritenere che il medicinale in questione risult[asse] più sicuro, più efficace o comunque clinicamente superiore» sotto determinati aspetti.
49 Dall’altro lato, la Commissione ha accettato la proposta del Parlamento (GU 1999, C 175, pag. 61) di emendare l’art. 5, n. 1, della proposta di regolamento per menzionarvi esplicitamente che la domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano deve essere presentata «prima» del deposito di una domanda di registrazione. In tal senso, nella posizione comune (CE) n. 40/1999 adottata il 27 settembre 1999 (GU C 317, pag. 34), il Consiglio ha indicato di accettare detto emendamento, che estende la possibilità per lo sponsor di presentare una domanda di assegnazione della qualifica ad ogni fase dello «sviluppo» dei medicinali, «prima» del deposito di una domanda di immissione in commercio.
50 Da tali considerazioni deriva che l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 è stato oggetto di discussioni e che gli autori del regolamento n. 141/2000 hanno volutamente menzionato che la domanda di assegnazione della qualifica poteva essere presentata in ogni fase dello «sviluppo» del medicinale, ma che comunque doveva essere presentata «prima» del deposito di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio.
51 In quarto luogo, dai ‘considerando’ primo, secondo e quarto del regolamento n. 141/2000 emerge che l’intenzione del legislatore era quella di prevedere misure volte ad incentivare le imprese farmaceutiche a promuovere la ricerca e lo sviluppo relativi a potenziali medicinali orfani.
52 Come sottolinea l’EMA, l’intenzione del legislatore non era dunque quella di favorire in modo generale i medicinali destinati alla cura delle malattie orfane, ma di promuovere mediante incentivi lo sviluppo e l’immissione in commercio di potenziali medicinali orfani. Infatti, l’obiettivo principale del legislatore è di permettere ai pazienti che soffrono di affezioni rare di beneficiare della stessa qualità delle cure di cui godono gli altri pazienti. Il legislatore ha dunque implicitamente, ma indubbiamente, ritenuto che non fossero affatto necessari incentivi per medicinali già sviluppati ed autorizzati.
53 Così, il legislatore ha considerato che se il potenziale medicinale per il quale è stata depositata domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano non aumenta l’efficacia delle terapie farmacologiche dei pazienti affetti da malattie rare, non vi è alcun interesse a riconoscergli la qualifica di medicinale orfano.
54 Parimenti, il legislatore ha previsto che qualora il medicinale oggetto della domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano sia già autorizzato alla commercializzazione, non può essergli attribuita la qualifica di medicinale orfano.
55 Infine, l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 non impedisce affatto che una domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano ad un medicinale già autorizzato alla commercializzazione possa essere depositata per una nuova indicazione terapeutica.
56 In secundis, senza che sia necessario chiedersi se l’argomentazione presentata dalla ricorrente per la prima volta nel corso dell’udienza, ricordata ai precedenti punti 39 e 40, costituisca un ampliamento del primo motivo da essa dedotto, occorre respingerla.
57 Infatti, si deve rammentare che l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 fa riferimento alla «domanda di autorizzazione all’immissione in commercio», ma non specifica affatto che esso riguarda solamente le domande di autorizzazione presso l’Unione e non quelle nazionali. Orbene, è pacifico che la ricorrente era già titolare di varie autorizzazioni all’immissione in commercio rilasciate da diversi Stati membri dell’Unione all’epoca della presentazione della domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano.
58 Non si può ragionevolmente sostenere che l’entrata in vigore del regolamento n. 726/2004 possa avere avuto una qualche incidenza sull’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000. Certamente, dall’entrata in vigore del regolamento n. 726/2004, lo sponsor di un medicinale qualificato come orfano può ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio di tale medicinale solamente tramite il procedimento di autorizzazione centralizzato previsto in detto regolamento. Non gli è quindi più consentito optare per il procedimento decentrato previsto dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311, pag. 67), che permette di far riconoscere in ogni Stato membro dell’Unione la prima autorizzazione all’immissione in commercio concessa da uno Stato membro.
59 Tuttavia, se l’intenzione del legislatore fosse stata veramente quella di distinguere i due tipi di autorizzazione all’immissione in commercio nell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, esso le avrebbe espressamente differenziate, allo stesso modo in cui ha operato tale distinzione all’art. 8, n. 1, del medesimo regolamento.
60 Inoltre, si deve rilevare che il regolamento n. 726/2004 non ha minimamente modificato l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000. Ciò conferma che la questione essenziale per il legislatore è se il medicinale interessato rappresenti un’evoluzione rispetto alla terapia che è già stata oggetto di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio o che è già stata autorizzata. Ha dunque poca importanza che la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale interessato sia stata presentata, e a maggior ragione ottenuta, a livello di uno Stato membro o a quello dell’Unione.
61 Pertanto, deve essere dichiarata infondata la censura della ricorrente attinente al fatto che essa, presentando una domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano prima del deposito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio presso l’Unione, avrebbe rispettato la cronologia imposta dall’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000.
62 Infine, è privo di pregio l’argomento secondo il quale uno sponsor avrebbe ottenuto la qualifica di medicinale orfano per un medicinale per il quale già disponeva di un’autorizzazione nazionale all’immissione in commercio. Infatti, anche qualora fosse dimostrata, tale circostanza non può essere validamente dedotta dalla ricorrente, dal momento che l’osservanza del principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto del principio di legalità secondo cui nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri [v., in tal senso, sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II‑1373, punto 160; 27 febbraio 2002, causa T‑106/00, Streamserve/UAMI (STREAMSERVE), Racc. pag. II‑723, punto 67, e 20 marzo 2002, causa T‑23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II‑1705, punto 367].
63 Dal complesso delle considerazioni che precedono risulta che il primo motivo, vertente su un’interpretazione erronea dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, deve essere respinto.
Sul motivo attinente all’illegittimità dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 e dell’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione
Argomenti delle parti
64 La ricorrente fa valere che qualora l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 dovesse essere interpretato nel senso proposto dalla Commissione e dall’EMA, esso violerebbe numerosi principi fondamentali del diritto dell’Unione.
65 La ricorrente sostiene che per motivi identici a quelli dedotti per dimostrare l’illegittimità dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, l’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione è parimenti illegittimo.
66 Essa afferma che l’inapplicabilità dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, di cui viene dedotta l’illegittimità, obbliga l’EMA a proseguire il procedimento di assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano.
67 La ricorrente chiede di dichiarare inapplicabile l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, secondo il quale «[p]er ottenere la qualifica di medicinale orfano per un determinato medicinale, lo sponsor inoltra domanda presso l’Agenzia in qualunque fase del processo di sviluppo del medicinale, prima della presentazione della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio». Essa sostiene che quest’ultimo sarebbe incompatibile con il diritto primario. Essa infatti ritiene che tale disposizione violi numerosi principi fondamentali dello stesso rango del diritto primario dell’Unione e, pertanto, il Trattato.
– Sulla censura attinente ad una lesione del diritto di proprietà
68 In primo luogo, l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 arrecherebbe pregiudizio al diritto di proprietà. Secondo la ricorrente, il diritto di proprietà tutela la sostanza stessa dell’attività industriale e commerciale. Rientrerebbe nella sostanza di tale attività il diritto di ricorrere al procedimento di mutuo riconoscimento previsto dall’art. 6, n. 1, e dall’art. 28, n. 4, della direttiva 2001/83. Tale diritto di ricorrere al procedimento di mutuo riconoscimento consentirebbe ad un’impresa di avviare un procedimento decentrato diretto a far riconoscere in ogni Stato membro dell’Unione la prima autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale concessa da uno Stato membro.
69 Tale diritto di ricorrere al procedimento di mutuo riconoscimento si giustificherebbe con il fatto che il periodo intercorso tra la scoperta di una sostanza attiva e l’immissione in commercio del medicinale che ne deriva è molto lungo (circa otto anni) e che tale processo è estremamente costoso, con la conseguenza che la commercializzazione di un nuovo medicinale in un solo Stato membro non offrirebbe sufficienti prospettive di redditività.
70 Orbene, l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 arrecherebbe sostanzialmente pregiudizio al diritto di proprietà delle imprese farmaceutiche per quanto riguarda le loro attività di ricerca, sviluppo e commercializzazione di vecchi medicinali orfani.
71 La ricorrente fa valere che un procedimento di mutuo riconoscimento era stato istituito dall’art. 7, n. 2, della direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 22, pag. 369), come modificata dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/39/CEE (GU L 214, pag. 22), come variante del procedimento di autorizzazione decentrato. Essa avrebbe conferito ai produttori di vecchi medicinali orfani il diritto di optare per il riconoscimento reciproco da parte di tutti gli Stati membri di un’autorizzazione concessa da uno di essi, in quanto «diritto patrimoniale pubblico soggettivo». L’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 priverebbe, in maniera giuridicamente vincolante, i produttori di vecchi medicinali orfani del loro diritto di optare per il riconoscimento reciproco dei loro farmaci, poiché osterebbe al proseguimento dei procedimenti di assegnazione della qualifica relativamente ai medicinali contro affezioni rare autorizzati prima del 22 gennaio 2000. Se venisse concessa un’esclusiva di mercato ad un altro produttore per un prodotto equivalente, il produttore del medicinale orfano non potrebbe più ottenere nuove autorizzazioni per il proprio medicinale. La ricorrente precisa che per «prodotto equivalente», essa intende un medicinale concorrente simile, avente ad oggetto una medesima indicazione terapeutica rara per la quale è indicato un vecchio medicinale orfano e che secondo l’EMA presenta effetti benefici significativi.
72 L’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 osterebbe altresì a che i titolari di autorizzazioni per medicinali orfani concesse prima del 22 gennaio 2000 godano di un’esclusiva di mercato ai sensi dell’art. 8, n. 1, di tale regolamento. I concorrenti di tali produttori avrebbero invece la possibilità di ottenere un’esclusiva di mercato per uno dei loro medicinali aventi la stessa indicazione terapeutica.
73 La Commissione, l’EMA ed il Parlamento contestano la censura attinente alla lesione del diritto di proprietà.
– Sulla censura attinente ad una lesione del libero esercizio di un’attività professionale
74 L’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 arrecherebbe direttamente pregiudizio al diritto al libero esercizio di un’attività professionale. I titolari di un’autorizzazione concessa per un medicinale orfano prima del 22 gennaio 2000 risulterebbero lesi nell’esercizio della loro attività di imprese farmaceutiche che praticano la ricerca, la produzione e la commercializzazione. La ricorrente indica infatti che un vecchio medicinale orfano – come il fibrinogeno umano – non potrà mai acquisire la qualifica di medicinale orfano né godere di un’esclusiva di mercato. Inoltre, in caso di concessione di un’esclusiva di mercato ad un concorrente sulla base dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 141/2000, le autorità competenti non potrebbero accettare ulteriori domande di autorizzazione all’immissione in commercio presentate dai produttori di vecchi medicinali orfani. Secondo la ricorrente, è solo attraverso costi di investimento considerevoli che essa potrebbe effettuare ricerche su indicazioni terapeutiche rare completamente nuove del suo medicinale già autorizzato al fine di ottenere, per questo stesso medicinale, ma per una diversa indicazione terapeutica, una qualifica di medicinale orfano che offra una prospettiva di esclusiva di mercato. L’obbligo imposto dall’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 di non includere nel procedimento di assegnazione della qualifica i medicinali contro malattie rare già autorizzati arrecherebbe direttamente pregiudizio alla situazione giuridica dei produttori di vecchi medicinali orfani.
75 Peraltro, la ricorrente indica di non percepire chiaramente in quale momento divenga efficace l’«esclusiva di mercato» concessa a un concorrente e ritiene quindi di subire una pressione che pregiudica il libero esercizio della sua professione. A tale riguardo, il regolamento n. 141/2000 non prevederebbe un diritto di informazione, da parte dell’EMA, per i titolari di vecchi medicinali orfani autorizzati con riguardo ai procedimenti di assegnazione della qualifica in corso o ai procedimenti di autorizzazione e con riguardo ai medicinali simili aventi la stessa indicazione terapeutica. Inoltre, la ricorrente fa riferimento alla causa «Berinert® P/Rhucin®» per sostenere che l’EMA e la Commissione priverebbero altresì i titolari di autorizzazione del diritto di depositare una domanda di cancellazione ai sensi dell’art. 5, n. 12, del regolamento n. 141/2000 in caso di serio dubbio sulla possibilità di assegnare la qualifica a prodotti concorrenti registrati.
76 La Commissione, l’EMA ed il Parlamento sostengono che la decisione impugnata non pregiudica affatto il libero esercizio di un’attività professionale.
– Sulla mancanza di giustificazione della lesione del diritto di proprietà e del libero esercizio di un’attività professionale
77 La ricorrente ammette che l’esercizio del diritto di proprietà e della libertà economica e finanziaria può subire restrizioni per obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione. Tuttavia, le misure menzionate all’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, che mira a favorire la ricerca di terapie per malattie orfane attraverso l’istituzione di un «sistema di incentivi», non sarebbero né adeguate, né necessarie, né proporzionate.
78 Secondo la ricorrente, altri modi più adeguati del suddetto sistema avrebbero permesso di conseguire tale obiettivo nel rispetto del legittimo affidamento delle imprese farmaceutiche.
79 In primo luogo, la ricorrente sostiene che anche i medicinali autorizzati prima del 22 gennaio 2000 dovrebbero avere accesso al procedimento di assegnazione della qualifica. In tal modo, i titolari di dette autorizzazioni più vecchie potrebbero ottenere il mutuo riconoscimento delle loro autorizzazioni in altri Stati membri e avere una possibilità di ottenere un «diritto di commercializzazione monopolistica» ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 141/2000. Gli sponsor che hanno investito dopo il 22 gennaio 2000 subirebbero una pressione concorrenziale da parte dei titolari di autorizzazioni più vecchie, che spingerebbe i primi a mettere a punto terapie più efficaci e a migliorare quelle esistenti.
80 In secondo luogo, l’adozione di disposizioni transitorie avrebbe parimenti costituito un modo «meno gravoso» per conseguire l’obiettivo desiderato. A tale riguardo, l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 non sarebbe adeguato alla luce dell’obiettivo di incentivare terapie più efficaci per i pazienti. Infatti, la ricorrente fa valere che i produttori che hanno investito nella ricerca e nello sviluppo di medicinali orfani contro malattie rare nonostante il rischio legato alla copertura dei costi hanno basato i loro calcoli di impresa sulla prospettiva, esistente prima dell’adozione di tale disposizione, di poter commercializzare il loro medicinale in tutti gli Stati membri e di potere ivi acquisire quote di mercato. I produttori avrebbero quindi confidato nel mantenimento del principio del diritto ad un’autorizzazione ed il loro affidamento sarebbe stato deluso.
81 La Commissione, l’EMA ed il Parlamento sostengono che non vi è alcun pregiudizio ai diritti richiamati dalla ricorrente e che non occorre quindi esaminare se un simile pregiudizio sia giustificato.
– Sulla violazione del principio della parità di trattamento
82 Secondo la ricorrente l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 viola il principio della parità di trattamento in quanto conduce a trattare situazioni analoghe in modo diverso.
83 La ricorrente sostiene che la sua situazione e quella dei suoi concorrenti sono analoghe. Infatti, essa fa presente che chiede, con riferimento al fibrinogeno umano, l’accesso al mercato dei clienti finali a livello dell’Unione. Un simile accesso sarebbe altresì chiesto da sponsor che hanno sviluppato un medicinale avente la stessa indicazione terapeutica successivamente al 22 gennaio 2000. Tali prodotti dei suddetti sponsor sarebbero fungibili dal punto di vista dei pazienti e, pertanto, simili.
84 Il sistema istituito da tale disposizione svantaggerebbe i produttori di vecchi medicinali. Infatti, al contrario dei produttori dei medicinali orfani qualificati come tali, ma sviluppati unicamente in ragione del sistema di incentivi, i produttori dei medicinali orfani non qualificati come tali non beneficerebbero dei seguenti vantaggi: l’esclusiva di mercato ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 141/2000, la concessione di un’autorizzazione centralizzata a livello dell’Unione conformemente al regolamento n. 726/2004, senza necessità di provare che il medicinale soddisfa i requisiti dell’allegato a tale regolamento (art. 7, n. 1, del regolamento n. 141/2000), e l’esenzione totale o parziale da tutti i diritti dovuti in applicazione delle norme adottate a livello dell’Unione ai sensi del regolamento n. 726/2004 (art. 7, n. 2, del regolamento n. 141/2000). La disparità di trattamento non sarebbe giustificata dall’esistenza di interessi generali. Inoltre, i mezzi impiegati per conseguire l’obiettivo sarebbero sproporzionati.
85 La ricorrente contesta l’affermazione dell’EMA secondo la quale i produttori di vecchi medicinali orfani restano liberi di presentare una domanda di assegnazione della qualifica per un medicinale che non è ancora stato oggetto di un’autorizzazione all’immissione in commercio. Infatti, i produttori di vecchi medicinali orfani, come la ricorrente, possono ottenere una qualifica per un medicinale solamente se quest’ultimo è completamente nuovo o se è contraddistinto da una nuova indicazione terapeutica rara. Per contro, i concorrenti non dovrebbero necessariamente sviluppare un nuovo medicinale orfano o dimostrare una nuova indicazione terapeutica rara per beneficiare della qualifica. A differenza di un nuovo produttore, un produttore di vecchi medicinali orfani non potrebbe ottenere alcuna qualifica in base all’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 se, anche nel caso in cui esso migliori il proprio medicinale orfano già autorizzato attestando un «significativo effetto benefico», tale miglioramento non consista in una nuova indicazione terapeutica orfana.
86 Infine, facendo riferimento alla causa «Berinert® P/Rhucin®», la ricorrente deduce che esistono concretamente casi nei quali l’EMA e la Commissione hanno concesso la qualifica per medicinali orfani sviluppati dopo il 2000, sebbene non fosse stato dimostrato alcun effetto benefico significativo rispetto ai medicinali già autorizzati aventi le stesse indicazioni terapeutiche, e quindi anche rispetto ad un vecchio medicinale orfano soddisfacente sul piano terapeutico.
87 La Commissione, l’EMA ed il Parlamento contestano la censura attinente alla violazione del principio della parità di trattamento.
– Sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento
88 La ricorrente deduce che la direttiva 2001/83 e, in particolare, l’art. 6, n. 1, e l’art. 28, n. 4, della medesima hanno creato una legittima aspettativa, presso alcuni produttori di medicinali per la terapia di malattie rare, che altri Stati membri riconoscano l’autorizzazione già concessa in uno Stato membro. Orbene, il fatto che un medicinale sia qualificato come orfano e goda di un’esclusiva di mercato costituirebbe non solo un ostacolo al conseguimento di altre autorizzazioni per il medicinale esistente che avrebbe dovuto essere qualificato come orfano, ma determinerebbe altresì la conseguenza che i vecchi medicinali orfani non potrebbero più essere autorizzati, se non in caso di superiorità clinica rispetto al medicinale orfano che gode di un’esclusiva di mercato (art. 8, nn. 1 e 3, del regolamento n. 141/2000).
89 La Commissione, l’EMA ed il Parlamento contestano la censura attinente alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e, pertanto, concludono per l’infondatezza del secondo motivo.
Giudizio del Tribunale
90 Il secondo motivo dedotto dalla ricorrente verte, in via principale, sull’illegittimità dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 e, in via subordinata, sull’illegittimità dell’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione. A sostegno di tale motivo, la ricorrente deduce cinque censure, attinenti rispettivamente alla violazione del diritto di proprietà, alla lesione del libero esercizio di un’attività professionale, alla mancanza di giustificazione della suddetta violazione del diritto di proprietà e della suddetta lesione del libero esercizio della sua attività professionale, alla violazione del principio della parità di trattamento e a quella del principio della tutela del legittimo affidamento.
– Sull’asserita violazione del diritto di proprietà e del diritto al libero esercizio di un’attività professionale
91 La ricorrente fa erroneamente valere che l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 arreca pregiudizio al suo diritto di proprietà e al libero esercizio della sua attività professionale.
92 In primo luogo, l’argomento della ricorrente si basa sull’erroneo postulato che un’impresa concorrente potrebbe ottenere la qualifica di medicinale orfano per un medicinale simile al fibrinogeno umano, che tale impresa potrebbe quindi essere autorizzata ad immetterlo in commercio e a godere della correlata esclusiva di mercato e che, conseguentemente, la ricorrente non potrebbe ottenere nuove autorizzazioni per il fibrinogeno umano.
93 Infatti, un’impresa concorrente che desideri ottenere la qualifica di medicinale orfano per un medicinale concorrente destinato alla terapia della stessa affezione curata con il fibrinogeno umano dovrebbe dimostrare, conformemente all’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 141/2000, che tale medicinale avrà effetti benefici significativi per i pazienti affetti da deficit di fibrinogeno.
94 A tale riguardo, dall’art. 3, n. 2, del regolamento di esecuzione e dalla comunicazione della Commissione [relativa al] regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i medicinali orfani (GU 2003, C 178, pag. 2) emerge che i criteri che consentono di affermare l’esistenza di effetti benefici significativi sono rigidi. La messa a punto di un medicinale che ha effetti benefici significativi rispetto al medicinale già autorizzato che cura la stessa affezione comporta, per l’impresa che lo elabora, investimenti nella ricerca e nello sviluppo di detto migliore medicinale potenziale. Un’impresa concorrente non potrebbe quindi limitarsi a sviluppare un medicinale simile per ottenerne la qualifica di medicinale orfano, l’autorizzazione alla sua immissione in commercio e l’esclusiva di mercato che accompagna la suddetta autorizzazione.
95 In secondo luogo, di conseguenza, fino a quando le imprese concorrenti non avranno sviluppato un medicinale avente effetti benefici significativi rispetto al fibrinogeno umano ed ottenuto la qualifica di medicinale orfano per il medesimo nonché l’autorizzazione alla sua immissione in commercio, la ricorrente conserva il proprio diritto di ricorrere al procedimento di mutuo riconoscimento del fibrinogeno umano, per il quale essa è titolare di varie autorizzazioni all’immissione in commercio. Infatti, le è consentito presentare una domanda di mutuo riconoscimento di una di tali autorizzazioni in uno o più degli altri Stati membri dell’Unione, conformemente al procedimento previsto dal capo 4 della direttiva 2001/83. La decisione impugnata non ha dunque alcuna incidenza sul diritto di ricorrere al procedimento di mutuo riconoscimento.
96 In terzo luogo, nell’eventualità in cui un’impresa concorrente ottenga la qualifica di medicinale orfano per un medicinale simile al fibrinogeno umano, ma dotato di effetti benefici significativi, è ulteriormente necessario che le venga concessa un’autorizzazione all’immissione in commercio per tale medicinale. Infatti, in applicazione dell’art. 7 del regolamento n. 141/2000 e dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 726/2004, in combinato disposto con il punto 4 dell’allegato del regolamento n. 726/2004, un medicinale qualificato come orfano deve essere necessariamente sottoposto al procedimento di autorizzazione all’immissione in commercio a livello dell’Unione previsto dal suddetto regolamento n. 726/2004. Il medicinale deve essere valutato dal comitato per i medicinali per uso umano, che è indipendente dal comitato per i medicinali orfani. Solamente qualora, a seguito del parere di tale comitato, la Commissione rilasci l’autorizzazione all’immissione in commercio, l’impresa concorrente potrà godere dell’esclusiva di mercato in applicazione dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 141/2000.
97 La ricorrente conserva dunque il diritto di ottenere altre autorizzazioni nazionali per il fibrinogeno umano fino a che non venga adottata una decisione che autorizza l’immissione in commercio di un medicinale orfano simile migliore. In tale ultima ipotesi, l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 non potrebbe pregiudicare il diritto di ricorrere al procedimento di mutuo riconoscimento delle autorizzazioni nazionali preesistenti della ricorrente, dal momento che un’eventuale decisione che autorizzi l’immissione in commercio del medicinale e consenta al suo sponsor di godere dell’esclusiva di mercato sarà fondata sull’art. 8, n. 1, del regolamento n. 141/2000 e sul regolamento n. 726/2004.
98 In quarto luogo, anche nell’ipotesi in cui l’impresa concorrente ottenga l’esclusiva di mercato per il suo medicinale, si deve, da un lato, sottolineare che le autorizzazioni nazionali all’immissione in commercio della ricorrente non risulteranno per tale motivo decadute. Infatti, l’art. 8, n. 1, del regolamento n. 141/2000 dispone che, in una simile ipotesi, gli Stati membri non accettano altre domande di autorizzazione all’immissione in commercio per medicinali con le stesse indicazioni terapeutiche per un periodo di dieci anni. Alla concessione dell’esclusiva di mercato ad un’impresa concorrente non consegue dunque la perdita delle autorizzazioni esistenti all’immissione in commercio dei medicinali che curano la stessa affezione.
99 Dall’altro lato, occorre rammentare che, sebbene il diritto di proprietà ed il diritto al libero esercizio di un’attività professionale facciano parte dei principi generali del diritto dell’Unione, tali principi non costituiscono tuttavia una prerogativa assoluta, ma vanno considerati alla luce della loro funzione sociale. Ne consegue che possono esservi apportate restrizioni, a condizione che queste ultime rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto così garantito (v., in tal senso, sentenze della Corte 5 ottobre 1994, causa C‑280/93, Germania/Consiglio, Racc. pag. I‑4973, punto 78, e 17 luglio 1997, causa C‑183/95, Affish, Racc. pag. I‑4315, punto 42; sentenze del Tribunale 29 gennaio 1998, causa T‑113/96, Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑125, punto 74). L’importanza degli scopi perseguiti può giustificare restrizioni aventi conseguenze negative, anche notevoli, per taluni operatori economici (v., in tal senso, sentenze della Corte 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I‑4023, punto 17, e Affish, cit., punto 42).
100 Nel caso di specie, l’eventuale impossibilità per la ricorrente di avvalersi ancora del suo diritto di ricorrere al procedimento di mutuo riconoscimento nell’ipotesi in cui un’impresa concorrente ottenga l’esclusiva di mercato per un medicinale migliore è una possibile conseguenza dell’applicazione del regolamento n. 141/2000. Tuttavia, una simile conseguenza non può affatto essere considerata tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà ed il diritto al libero esercizio di un’attività professionale. Tale restrizione apportata alla valorizzazione economica del fibrinogeno umano sviluppato più di quaranta anni fa dalla ricorrente non rappresenta un sacrificio sproporzionato o inaccettabile alla luce degli obiettivi di interesse generale perseguiti dal legislatore dell’Unione.
101 In quinto luogo, occorre respingere l’argomento della ricorrente secondo il quale l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano al fibrinogeno umano costituirebbe la sola soluzione che gli permette di avere accesso al procedimento di autorizzazione all’immissione in commercio a livello dell’Unione previsto dal regolamento n. 726/2004 e di godere di misure di esenzione.
102 Da un lato, quanto all’accesso al procedimento di autorizzazione all’immissione in commercio a livello dell’Unione, si deve rilevare che l’art. 3, n. 2, lett. b), del regolamento n. 726/2004 dispone che, nel caso di un medicinale non contemplato nell’allegato a detto regolamento, l’Unione può rilasciare, conformemente al regolamento medesimo, un’autorizzazione all’immissione in commercio a livello dell’Unione qualora il richiedente dimostri che tale medicinale costituisce un’innovazione significativa sul piano terapeutico, scientifico o tecnico o che il rilascio di un’autorizzazione secondo il regolamento in questione è nell’interesse dei pazienti a livello dell’Unione.
103 Orbene, con lettera del 18 dicembre 2007, l’EMA ha confermato alla ricorrente che questa aveva il diritto di presentare domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del fibrinogeno umano ai sensi dell’art. 3, n. 2, lett. b), del regolamento n. 726/2004.
104 Pertanto, il conseguimento di una qualifica di medicinale orfano non costituisce affatto, nel caso di specie, l’unica possibilità di accesso al procedimento di autorizzazione all’immissione in commercio a livello dell’Unione.
105 Dall’altro lato, per quanto riguarda la possibilità di godere di misure di esenzione, è vero che l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 osta a che l’impresa titolare di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale destinato alla cura di un’affezione rara ottenga la qualifica di medicinale orfano per il suo medicinale e, pertanto, goda delle misure di esenzione previste dal regolamento n. 141/2000. Occorre tuttavia constatare che il legislatore dell’Unione ha previsto altre misure di esenzione di cui la ricorrente potrebbe avvalersi.
106 Infatti, l’art. 9 del regolamento (CE) del Consiglio 10 febbraio 1995, n. 297, concernente i diritti spettanti all’EMA (GU L 35, pag. 1), come modificato, dispone che in circostanze eccezionali e per motivi di sanità pubblica possono essere concesse deroghe e riduzioni dei diritti. Ai sensi dell’art. 11, n. 2, dello stesso regolamento, il consiglio di amministrazione dell’EMA ha adottato disposizioni per l’applicazione del regolamento n. 297/95, come modificato, relative ai diritti dovuti all’EMA nonché altre misure (EMA/MB/356866/2005), nelle quali si prevede che una parte dei diritti annuali è destinata ad attività specifiche, in particolare all’esenzione totale o parziale dei diritti per i medicinali destinati alla cura delle malattie rare che erano stati autorizzati prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 141/2000.
107 In sesto luogo, occorre respingere l’argomento della ricorrente secondo cui, anche qualora migliorasse il fibrinogeno umano, essa potrebbe ottenere la qualifica di medicinale orfano per detto medicinale migliorato solamente se la domanda di assegnazione della qualifica venisse presentata per una nuova indicazione terapeutica. La ricorrente è giunta a tale conclusione asserendo che l’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione prevede che il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio può proporre domanda di assegnazione della qualifica ad un medicinale già autorizzato solo se la domanda riguarda una nuova indicazione terapeutica.
108 Anzitutto, occorre ricordare che l’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 prevede unicamente che la domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano ad un medicinale deve essere presentata prima del deposito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio. Solamente l’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione fa espresso riferimento alla necessità di una nuova indicazione terapeutica per il deposito di una domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano ad un medicinale per il quale lo sponsor già dispone di un’autorizzazione all’immissione in commercio.
109 La tesi della ricorrente deve essere respinta, in quanto conduce ad interpretare il regolamento n. 141/2000 alla luce del regolamento di esecuzione e a contestare la legittimità dell’art. 5 del regolamento n. 141/2000 sulla base dei termini dell’art. 2 del regolamento di esecuzione, come interpretati dalla ricorrente.
110 Inoltre, quanto agli eventuali profili di illegittimità da cui potrebbe essere viziato l’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione, è sufficiente rilevare che quest’ultimo non costituisce la base giuridica della decisione impugnata.
111 Infine, come ricordato ai precedenti punti 24‑26, la ricorrente non ha dedotto né, tanto meno, dimostrato che il medicinale oggetto della domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano riguardava una nuova indicazione terapeutica o che aveva significativi effetti benefici per i pazienti affetti da una malattia rara. Essa non può quindi fondatamente lamentare l’asserita illegittimità dell’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione, dal momento che, anche se sussistente, tale illegittimità non inciderebbe sulla legittimità della decisione impugnata.
112 Pertanto, il motivo attinente alla violazione del diritto di proprietà e del libero esercizio di un’attività professionale deve essere respinto.
– Sull’asserita violazione del principio della parità di trattamento
113 Secondo costante giurisprudenza, il principio della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in modo dissimile e che situazioni diverse non siano trattate nello stesso modo, a meno che non sia obiettivamente giustificata una differenza di trattamento (sentenze della Corte 13 dicembre 1984, 106/83, Sermide, Racc. pag. 4209, punto 28, e 9 settembre 2003, causa C‑137/00, Milk Marque e National Farmers’ Union, Racc. pag. I‑7975, punto 126).
114 Occorre considerare che esiste una differenza oggettiva tra la situazione di un’impresa, come la ricorrente, già titolare di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale destinato alla cura di una malattia orfana e quella di un’impresa che si trova ancora solamente nella fase dello sviluppo di un medicinale destinato alla cura della stessa malattia rara. A differenza della seconda impresa, la prima è stata in grado di sviluppare e di immettere in commercio il suo medicinale, a priori, senza incentivi finanziari.
115 In ogni caso, il criterio dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, secondo il quale la domanda di assegnazione della qualifica ad un medicinale orfano deve essere depositata prima della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di tale medicinale è oggettivamente giustificata dall’obiettivo del legislatore dell’Unione di privilegiare la ricerca e lo sviluppo di futuri medicinali. Il fatto di non ricompensare un’impresa già titolare di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale destinato alla cura di una malattia rara e di sostenere, tramite incentivi, quella che non dispone di simili autorizzazioni a investire nello sviluppo di un medicinale per le malattie rare non può affatto costituire una violazione del principio della parità di trattamento.
116 Conseguentemente, non si può validamente sostenere che il principio della parità di trattamento risulta violato.
– Sull’asserita violazione del principio della tutela del legittimo affidamento
117 Il Tribunale ricorda che la possibilità di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento è data ad ogni operatore economico in capo al quale un’istituzione ha fatto sorgere fondate aspettative (sentenze del Tribunale 15 dicembre 1994, causa T‑489/93, Unifruit Hellas/Commissione, Racc. pag. II‑1201, punto 51, e 11 settembre 2002, causa T‑70/99, Alpharma/Consiglio, Racc. pag. II‑3495, punto 374; v., in tal senso, sentenza della Corte 1° febbraio 1978, 78/77, Lührs, Racc. pag. 169, punto 6). In compenso, nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise fornitegli (sentenza del Tribunale 18 gennaio 2000, causa T‑290/97, Mehibas Dordtselaan/Commissione, Racc. pag. II‑15, punto 59). Del pari, qualora l’operatore economico prudente ed accorto sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento dell’Unione idoneo a ledere i suoi interessi, non può invocare tale principio nel caso in cui il provvedimento venga adottato (sentenze del Tribunale 13 dicembre 1995, cause riunite T‑481/93 e T‑484/93, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, Racc. pag. II‑2941, punto 148, e Alpharma/Consiglio, cit., punto 374; v., in tal senso, sentenza Lührs, cit., punto 6).
118 La ricorrente non può validamente far valere una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.
119 Anzitutto, come sottolineato al precedente punto 95, il diniego di accesso al procedimento di assegnazione della qualifica notificatole con la decisione impugnata non le impedisce affatto di attuare il suo diritto di ricorrere al procedimento di mutuo riconoscimento sancito dal combinato disposto dell’art. 6 e dell’art. 28, n. 4, della direttiva 2001/83.
120 Inoltre, come emerge dai punti 102‑104 supra, non si può escludere che, qualora la ricorrente dimostri che i requisiti dell’art. 3, n. 2, lett. b), del regolamento n. 726/2004 sono soddisfatti, essa possa ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio del fibrinogeno umano su tutto il territorio dell’Unione, tramite il procedimento centralizzato presso l’Unione previsto da detto regolamento. In caso di conseguimento della suddetta autorizzazione, nessuna impresa concorrente potrà impedirle di commercializzare il suo medicinale in tutta l’Unione, anche nel caso in cui un’impresa concorrente ottenga un’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale orfano che essa ha sviluppato e la correlata esclusiva di mercato.
121 Infine, anche qualora un’impresa concorrente ottenga l’esclusiva di mercato per un medicinale orfano e sussista quindi un ostacolo giuridico che impedisce alla ricorrente di far riconoscere il suo medicinale in altri Stati membri o nel complesso dell’Unione, una simile limitazione motivata da considerazioni connesse alla sanità pubblica non può determinare una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento. Il Tribunale ritiene infatti che un operatore economico prudente ed accorto deve essere in grado di prevedere che, in un settore come quello della ricerca e dello sviluppo di terapie efficaci per curare pazienti affetti da malattie rare, il legislatore dell’Unione può essere indotto a stimolare la ricerca, in particolare con la concessione di un’esclusiva di mercato all’impresa farmaceutica che ha sviluppato la terapia che offre gli effetti benefici più significativi. L’argomento attinente alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento è ancora meno fondato se si considera che il legislatore dell’Unione non ha previsto la perdita delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali destinati alla terapia delle malattie rare autorizzati prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 141/2000, né, del resto, quella delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali orfani che curano la stessa malattia per la quale è stato autorizzato il medicinale migliorato.
122 Pertanto, occorre respingere l’eccezione attinente all’illegittimità dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000.
123 Alla luce degli sviluppi sanciti dall’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000, l’eccezione vertente sull’illegittimità dell’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione deve parimenti essere respinta.
124 Dall’insieme di tali considerazioni deriva che il motivo relativo all’illegittimità delle due disposizioni sopra menzionate deve essere respinto.
125 Conseguentemente, il ricorso deve essere integralmente respinto, senza che sia necessario esaminare le eccezioni di irricevibilità dedotte dalla Commissione e dall’EMA.
Sulle spese
126 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
127 L’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura prevede che il Tribunale può decidere, per motivi eccezionali, che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Nel caso di specie, la ricorrente ha precisato durante l’udienza che essa chiedeva altresì la condanna della Commissione e dell’EMA a sopportare le loro spese anche nel caso in cui il ricorso fosse stato dichiarato irricevibile nei confronti di una di queste due parti. Essa ha giustificato tale domanda con la circostanza che la questione della ricevibilità di un ricorso nei confronti di una decisione dell’EMA non era ancora stata risolta. Il Tribunale ritiene tuttavia che siffatta circostanza non possa costituire, nel caso di specie, un motivo eccezionale ai sensi dell’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura.
128 Occorre pertanto fare applicazione del solo art. 87, n. 2, del regolamento di procedura. La ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese, conformemente alle conclusioni della Commissione e dell’EMA.
129 Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese. Il Parlamento sopporterà dunque le proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La CSL Behring GmbH è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle della Commissione europea e dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA).
3) Il Parlamento europeo sopporterà le proprie spese.
Vilaras |
Prek |
Ciucă |
Firme
Indice
Contesto normativo
Fatti
Procedimento e conclusioni delle parti
In diritto
Sul motivo attinente ad un’interpretazione erronea dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sul motivo attinente all’illegittimità dell’art. 5, n. 1, del regolamento n. 141/2000 e dell’art. 2, n. 4, lett. a), del regolamento di esecuzione
Argomenti delle parti
– Sulla censura attinente ad una lesione del diritto di proprietà
– Sulla censura attinente ad una lesione del libero esercizio di un’attività professionale
– Sulla mancanza di giustificazione della lesione del diritto di proprietà e del libero esercizio di un’attività professionale
– Sulla violazione del principio della parità di trattamento
– Sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento
Giudizio del Tribunale
– Sull’asserita violazione del diritto di proprietà e del diritto al libero esercizio di un’attività professionale
– Sull’asserita violazione del principio della parità di trattamento
– Sull’asserita violazione del principio della tutela del legittimo affidamento
Sulle spese
* Lingua processuale: il tedesco.