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Document 62007TJ0257

Sentenza del Tribunale (Terza Sezione ampliata) del 9 settembre 2011.
Repubblica francese contro Commissione europea.
Polizia sanitaria - Regolamento (CE) n. 999/2001 - Protezione dalle encefalopatie spongiformi trasmissibili - Ovini e caprini - Regolamento (CE) n. 746/2008 - Adozione di misure di eradicazione meno coercitive di quelle previste in precedenza - Principio di precauzione.
Causa T-257/07.

Raccolta della Giurisprudenza 2011 II-05827

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2011:444

Causa T‑257/07

Repubblica francese

contro

Commissione europea

«Polizia sanitaria — Regolamento (CE) n. 999/2001 — Protezione dalle encefalopatie spongiformi trasmissibili — Ovini e caprini — Regolamento (CE) n. 746/2008 — Adozione di misure di eradicazione meno coercitive di quelle previste in precedenza — Principio di precauzione»

Massime della sentenza

1.      Agricoltura — Politica agricola comune — Attuazione — Misure di tutela della salute umana — Applicazione del principio di precauzione

[Artt. 3, lett. p), CE, 6 CE, 152, n. 1, CE, 153, nn. 1 e 2, CE e 174, nn. 1 e 2, CE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 178/2002, art. 7, n. 1]

2.      Agricoltura — Politica agricola comune — Attuazione — Valutazione scientifica dei rischi

(Art. 152, n. 1, CE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 178/2002, art. 6, n. 2)

3.      Agricoltura — Politica agricola comune — Attuazione — Valutazione dei rischi — Determinazione del livello di rischio

(Art. 152, n. 1, CE)

4.      Agricoltura — Politica agricola comune — Attuazione — Presa in considerazione delle esigenze in materia di protezione della salute, della sicurezza e dell’ambiente — Applicazione del principio di precauzione

(Art. 152, n. 1, CE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 178/2002, art. 7, n. 2)

5.      Agricoltura — Politica agricola comune — Potere discrezionale delle istituzioni dell’Unione — Portata — Sindacato giurisdizionale — Limiti

6.      Eccezione di illegittimità — Oggetto — Sindacato di legittimità — Criteri

(Art. 263 TFUE)

7.      Agricoltura — Politica agricola comune — Applicazione del principio di precauzione — Portata — Limiti — Rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi

(Art. 152, n. 1, CE)

8.      Agricoltura — Ravvicinamento delle legislazioni in materia di polizia sanitaria — Misure di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili — Identificazione degli animali a rischio nel corso di un’indagine

[Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 999/2001, artt. 13, n. 1, lett. b) e c), 23 e 24, n. 2]

1.      Il principio di precauzione costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, derivante dagli artt. 3, lett. p), CE, 6 CE, 152, n. 1, CE, 153, nn. 1 e 2, CE nonché 174, nn. 1 e 2, CE, che fa obbligo alle autorità interessate di adottare, nell’ambito preciso dell’esercizio delle competenze che sono loro attribuite dalla regolamentazione pertinente, provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la salute, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici.

Peraltro, come specificato dall’art. 7, n. 1, del regolamento n. 178/2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, nell’ambito della legislazione alimentare, il principio di precauzione consente l’adozione di misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire un livello elevato di tutela della salute, qualora, a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute, ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico.

Il principio di precauzione consente quindi alle istituzioni, qualora sussistano incertezze scientifiche riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, di adottare misure di tutela senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate l’effettività e la gravità di tali rischi o che gli effetti negativi per la salute si concretizzino.

Nell’ambito del procedimento che porta all’adozione da parte di un’istituzione di misure appropriate al fine di prevenire determinati rischi potenziali per la salute, la sicurezza e l’ambiente in forza del principio di precauzione, si possono distinguere tre fasi successive: in primo luogo, l’identificazione degli effetti potenzialmente negativi che derivano da un dato fenomeno; in secondo luogo, la valutazione dei rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente legati a tale fenomeno; in terzo luogo, qualora i potenziali rischi identificati oltrepassino il limite accettabile per la società, la gestione del rischio per mezzo dell’adozione di adeguate misure di protezione.

(v. punti 66-69)

2.      La valutazione dei rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente consiste, per l’istituzione che deve affrontare effetti potenzialmente negativi derivanti da un dato fenomeno, nel valutare in modo scientifico tali rischi e nel determinare se oltrepassino il livello di rischio giudicato accettabile per la società. Quindi, affinché le istituzioni dell’Unione possano procedere ad una valutazione dei rischi, occorre, da un lato, che dispongano di una valutazione scientifica dei rischi e, dall’altro lato, che determinino il livello di rischio giudicato inaccettabile per la società.

In particolare, la valutazione scientifica dei rischi è un procedimento scientifico che consiste, per quanto possibile, nell’identificare e nel caratterizzare un pericolo, nel valutare l’esposizione a quest’ultimo e nel connotare il rischio. In quanto procedimento scientifico, la valutazione scientifica dei rischi deve essere delegata dall’istituzione ad esperti scientifici.

Inoltre, ai sensi dell’art. 6, n. 2, del regolamento n. 178/2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, la valutazione scientifica dei rischi si basa sugli elementi scientifici a disposizione ed è svolta in modo indipendente, obiettivo e trasparente. A tale riguardo, l’obbligo delle istituzioni di assicurare un elevato livello di tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente comporta che le loro decisioni siano adottate in piena considerazione dei migliori dati scientifici disponibili e che siano fondate sui più recenti risultati della ricerca internazionale.

La valutazione scientifica dei rischi non deve obbligatoriamente fornire alle istituzioni prove scientifiche decisive sull’effettività del rischio e sulla gravità dei potenziali effetti nocivi in caso di avveramento di tale rischio. L’ambito di applicazione del principio di precauzione corrisponde infatti per ipotesi ad un ambito di incertezza scientifica. Tuttavia una misura preventiva non può essere validamente motivata con un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente.

Inoltre, l’adozione di una misura preventiva o, al contrario, la sua revoca o riduzione non può essere subordinata alla prova dell’assenza di qualsiasi rischio, in quanto una siffatta prova è di regola impossibile da fornire dal punto di vista scientifico, giacché un livello di rischio zero in pratica non esiste. Ne deriva che una misura preventiva può essere adottata esclusivamente qualora il rischio, senza che la sua esistenza e la sua portata siano state dimostrate «pienamente» da dati scientifici concludenti, appaia nondimeno sufficientemente documentato sulla base dei dati scientifici disponibili al momento dell’adozione di tale misura. In un tale contesto, la nozione di rischio corrisponde dunque ad una funzione della probabilità di effetti nocivi per il bene protetto dall’ordinamento giuridico cagionati dall’accettazione di determinate misure o di determinate prassi.

Infine, una valutazione scientifica completa dei rischi può rivelarsi impossibile a causa dell’insufficienza dei dati scientifici disponibili. Ciò non può tuttavia impedire all’autorità pubblica competente di adottare misure preventive in applicazione del principio di precauzione. In tale ipotesi occorre che esperti scientifici effettuino una valutazione scientifica dei rischi, malgrado l’incertezza scientifica sussistente, di modo che l’autorità pubblica competente disponga di un’informazione sufficientemente affidabile e solida che le permetta di cogliere l’intera portata della questione scientifica posta e di determinare la propria politica con cognizione di causa.

Ne consegue che il carattere necessario o meno di determinate valutazioni, effettuate da scienziati che partecipino alla valutazione scientifica dei rischi per la salute umana risultanti dall’adozione di disposizioni che rendono meno rigorose le misure provvisorie adottate in forza del principio di precauzione, va valutato in particolare in base ai dati disponibili.

(v. punti 70-71, 73-77, 178-179)

3.      Nell’ambito della valutazione dei rischi, la determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società spetta, nel rispetto delle norme applicabili, alle istituzioni incaricate della scelta politica costituita dalla fissazione di un livello di protezione appropriato per tale società. Spetta a tali istituzioni determinare la soglia critica di probabilità degli effetti nocivi per la salute, la sicurezza e l’ambiente e della gravità di tali potenziali effetti, che reputano non essere più accettabile per tale società e che, una volta superata, rende necessario, nell’interesse della tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, il ricorso a misure preventive malgrado l’assenza di certezza scientifica.

Al momento della determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società, le istituzioni hanno l’obbligo di garantire un livello di tutela elevato della salute, della sicurezza e dell’ambiente. Tale livello di tutela elevato, per essere compatibile con questa disposizione, non deve essere necessariamente il più elevato possibile da un punto di vista tecnico. Inoltre, a tali istituzioni è precluso adottare un’impostazione puramente ipotetica del rischio e orientare le proprie decisioni ad un livello di «rischio zero».

La determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società dipende dal giudizio espresso dall’autorità pubblica competente sulle particolari circostanze di ciascuna fattispecie. A tal proposito detta autorità può considerare, in particolare, la gravità dell’impatto della sopravvenienza di tale rischio sulla salute, la sicurezza e l’ambiente, ivi compresa la portata dei possibili effetti nocivi, la persistenza, la reversibilità o gli effetti tardivi eventuali di tali danni nonché la percezione più o meno concreta del rischio sulla base dello stato delle conoscenze scientifiche disponibili.

(v. punti 78-80)

4.      Nell’ambito dell’applicazione del principio di precauzione, la gestione del rischio corrisponde all’insieme di azioni, messe in atto da un’istituzione che debba affrontare un rischio, finalizzate a portarlo ad un livello giudicato accettabile per la società, tenuto conto dell’obbligo dell’istituzione di garantire un livello di tutela elevato della salute, della sicurezza e dell’ambiente. Quando infatti tale rischio oltrepassa il livello giudicato accettabile per la società, l’istituzione è tenuta, in forza del principio di precauzione, ad adottare misure provvisorie di gestione del rischio necessarie a garantire un livello di tutela elevato.

Ai sensi dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 178/2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, le misure provvisorie in questione devono essere proporzionate, non discriminatorie, trasparenti e coerenti rispetto a misure simili già adottate.

Spetta infine all’autorità competente riesaminare le misure provvisorie in questione entro un termine ragionevole. Ove infatti vi siano nuovi elementi che modificano la percezione di un rischio o mostrano che tale rischio può essere circoscritto da misure meno severe di quelle esistenti, spetta alle istituzioni, in particolare alla Commissione, che dispone del potere d’iniziativa, vigilare sull’adeguamento della normativa ai nuovi dati. In ogni caso, la riduzione di misure preventive precedentemente adottate deve essere giustificata da nuovi elementi che modificano la valutazione del rischio di cui trattasi.

Tali nuovi elementi, quali nuove conoscenze o nuove scoperte scientifiche, quando giustifichino la riduzione di una misura preventiva, modificano il contenuto concreto dell’obbligo per le autorità pubbliche di mantenere costantemente un livello elevato di protezione della salute umana. Tali nuovi elementi possono infatti modificare la percezione del rischio nonché il livello di rischio giudicati accettabili dalla società. La legittimità dell’adozione di una misura preventiva meno coercitiva non si valuta in base al livello di rischio giudicato accettabile preso in considerazione per l’adozione delle iniziali misure preventive. L’adozione di iniziali misure preventive finalizzate a riportare il rischio ad un livello giudicato accettabile si effettua infatti sulla base di una valutazione dei rischi e, in particolare, della determinazione del livello di rischio giudicato accettabile per la società. Se nuovi elementi modificano tale valutazione dei rischi, la legittimità dell’adozione di misure preventive meno coercitive va valutata tenendo conto di tali nuovi elementi e non sulla base di quelli che hanno determinato la valutazione dei rischi nell’ambito dell’adozione delle misure preventive iniziali. Solo qualora tale nuovo livello di rischio oltrepassi il livello di rischio giudicato accettabile per la società, il giudice è tenuto a dichiarare una violazione del principio di precauzione.

(v. punti 81-83, 212-213)

5.      Le istituzioni dell’Unione dispongono, in materia di politica agricola comune, di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la definizione degli scopi perseguiti e la scelta degli opportuni strumenti d’azione. Inoltre, nell’ambito della loro valutazione dei rischi, esse devono procedere a stime complesse per valutare, in base alle informazioni di natura tecnica e scientifica che vengono loro fornite da esperti nel quadro della valutazione scientifica dei rischi, se i rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente oltrepassino il livello giudicato accettabile per la società.

Tale ampio potere discrezionale e tali stime complesse implicano un controllo limitato da parte degli organi giudicanti dell’Unione europea. Essi portano infatti alla conseguenza che il sindacato di merito dell’organo giudicante si limiti ad esaminare se l’esercizio da parte delle istituzioni delle loro competenze non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o ancora se tali autorità non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale.

Per quanto riguarda il controllo da parte degli organi giudicanti dell’Unione dell’esistenza di un errore manifesto di valutazione che infici un atto di un’istituzione, al fine di stabilire se tale istituzione abbia commesso un manifesto errore nella valutazione di fatti complessi tale da giustificare l’annullamento di tale atto, gli elementi di prova addotti dal ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nell’atto medesimo. Con riserva di tale esame di attendibilità, non compete al Tribunale sostituire la propria valutazione di fatti complessi a quella dell’autore di tale decisione.

Tuttavia, il limite al sindacato del giudice dell’Unione non incide sul suo dovere di verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, nonché di accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano tali da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte.

Inoltre, quando un’istituzione dispone di un ampio potere discrezionale, è di fondamentale importanza la verifica del rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi. Tra tali garanzie rientrano in particolare l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e quello di motivare la decisione in modo sufficiente.

Quindi, lo svolgimento di una valutazione scientifica dei rischi il più esaustiva possibile, sulla base di pareri scientifici fondati sui principi dell’eccellenza, della trasparenza e dell’indipendenza, costituisce una garanzia procedurale rilevante al fine di assicurare l’oggettività scientifica delle misure e di evitare l’adozione di misure arbitrarie.

(v. punti 84-89, 214)

6.      La legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata alla luce degli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data di adozione dell’atto stesso. Ne consegue che è esclusa la presa in considerazione, nel valutare la legittimità di tale atto, di circostanze posteriori alla data di adozione dell’atto dell’Unione.

(v. punto 172)

7.      Le istituzioni dell’Unione dispongono, in materia di politica agricola comune, di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta degli opportuni strumenti d’azione. Peraltro, pur avendo tali istituzioni l’obbligo di garantire un livello elevato di protezione della salute umana, esse dispongono parimenti di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta degli opportuni strumenti d’azione per adempiere a detto obbligo. Tale ampio potere discrezionale delle istituzioni implica che la verifica del rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi rivesta un’importanza fondamentale.

Una di tali garanzie consiste nel pretendere che le autorità, qualora in forza del principio di precauzione adottino misure provvisorie tese a garantire un livello elevato di protezione della salute umana, dispongano di tutti gli elementi pertinenti a tale scopo. Occorre quindi che dispongano di una valutazione scientifica dei rischi fondata sui principi dell’eccellenza, della trasparenza e dell’indipendenza. Tale esigenza costituisce una garanzia rilevante al fine di assicurare l’oggettività scientifica delle misure e di evitare l’adozione di misure arbitrarie.

Un’altra di tali garanzie consiste nell’esigere che le autorità, qualora prendano disposizioni che rendono meno rigorose misure provvisorie adottate in forza del principio di precauzione al fine di garantire un livello elevato di protezione della salute umana, dispongano di una valutazione scientifica dei rischi per la salute umana risultanti dall’adozione di tali disposizioni. Una siffatta valutazione scientifica dei rischi per la salute umana comprende, in linea di massima, la valutazione completa, effettuata da esperti scientifici, della probabilità di esposizione dell’uomo ad effetti di tali misure che siano nocivi per la sua salute. Di conseguenza, essa comprende, in linea di massima, una valutazione quantitativa dei rischi in oggetto.

(v. punti 174-177)

8.      Ai sensi dell’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n. 999/2001, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili, si effettua un’indagine volta ad identificare tutti gli animali a rischio, conformemente a quanto previsto all’allegato VII, punto 1. Inoltre, secondo l’art. 13, n. 1, lett. c), di tale regolamento, tutti gli animali e i prodotti di origine animale di cui all’allegato VII, punto 2, al suddetto regolamento, che siano stati identificati come a rischio a seguito dell’indagine di cui alla lett. b), n. 1, dell’art. 13, sono abbattuti ed eliminati conformemente al regolamento n. 1774/2002. Ai sensi di tale disposizione, gli animali che devono essere abbattuti ed eliminati sono quindi quelli identificati dall’indagine da effettuarsi conformemente al punto 1 dell’allegato VII al regolamento n. 999/2001 e che inoltre rientrano nei criteri di cui al punto 2 di tale allegato.

Ai sensi dell’art. 23 del regolamento n. 999/2001, la Commissione può modificare gli allegati a tale regolamento secondo la procedura di comitatologia prevista dall’art. 24, n. 2, del medesimo, previa consultazione del comitato scientifico competente su qualsiasi elemento che possa avere conseguenze per la salute. Il legislatore ha così delegato alla Commissione il potere di modificare gli allegati al regolamento n. 999/2001.

Considerati il campo di applicazione dell’art. 13, n. 1, lett. c), e dell’art. 23 del regolamento n. 999/2001, va riconosciuta alla Commissione la competenza di limitare, tramite regolamento adottato in applicazione della procedura di comitatologia prevista dall’art. 24, n. 2, del regolamento n. 999/2001, gli animali da abbattere ed eliminare identificati dall’indagine. Poiché infatti l’art. 13, n. 1, lett. c), del suddetto regolamento definisce gli animali da abbattere ed eliminare facendo rinvio ai criteri di cui al punto 2 dell’allegato VII, la Commissione, ai sensi dell’art. 23 di detto regolamento, dispone del potere di adottare disposizioni che limitano il numero di animali da abbattere ed eliminare identificati dall’indagine summenzionata.

(v. punti 206-208)







SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

9 settembre 2011 (*)

«Polizia sanitaria – Regolamento (CE) n. 999/2001 – Protezione dalle encefalopatie spongiformi trasmissibili – Ovini e caprini – Regolamento (CE) n. 746/2008 – Adozione di misure di eradicazione meno coercitive di quelle previste in precedenza – Principio di precauzione»

Nella causa T‑257/07,

Repubblica francese, rappresentata inizialmente dalla sig.ra E. Belliard, dal sig. G. de Bergues, dalle sig.re R. Loosli‑Surrans e A.‑L. During, successivamente dalla sig.ra Belliard, dal sig. de Bergues, dalla sig.ra Loosli‑Surrans e dal sig. B. Cabouat, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dal sig. M. Nolin, in qualità di agente,

convenuta,

sostenuta dal

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato inizialmente dalle sig.re I. Rao e C. Gibbs, successivamente dalla sig.ra Rao e dal sig. L. Seeboruth, e infine dal sig. Seeboruth e dalla sig.ra F. Penlington, in qualità di agenti, assistiti dal sig. T. Ward, barrister,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda di annullamento del regolamento (CE) della Commissione 17 giugno 2008, n. 746, che modifica l’allegato VII del regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili (GU L 202, pag. 11), in quanto consente misure di sorveglianza e di eradicazione meno coercitive di quelle in precedenza previste per i greggi di ovini e di caprini,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto dal sig. J. Azizi (relatore), presidente, dalle sig.re E. Cremona e I. Labucka, dai sigg. S. Frimodt Nielsen e K. O’Higgins, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 luglio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1.     Regolamento (CE) n. 178/2002

1        L’art. 7 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1), dispone quanto segue:

«1. Qualora, in circostanze specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio.

2. Le misure adottate sulla base del paragrafo 1 sono proporzionate e prevedono le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nella Comunità, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti, se pertinenti. Tali misure sono riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente».

2.     Regolamento (CE) n. 999/2001

2        Il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, n. 999, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili (GU L 147, pag. 1), all’art. 13, n. 1, prevede quanto segue:

«In caso di conferma ufficiale di presenza di una TSE si applicano immediatamente le misure seguenti:

a) tutte le parti del corpo dell’animale sono eliminate (…);

b) si effettua un’indagine volta ad identificare tutti gli animali a rischio, conformemente a quanto previsto all’allegato VII, punto 1;

c) tutti gli animali e i prodotti di origine animale di cui all’allegato VII, punto 2, del presente regolamento, che siano stati identificati come a rischio a seguito dell’indagine di cui alla lettera b) del presente paragrafo, sono abbattuti ed eliminati conformemente al regolamento (CE) n. 1774/2002».

3        Prima dell’entrata in vigore del regolamento (CE) della Commissione 26 giugno 2007, n. 727, che modifica gli allegati I, III, VII e X del regolamento n. 999/2001 (GU L 165, pag. 8), l’allegato VII del regolamento n. 999/2001, intitolato «Eradicazione dell’encefalopatia spongiforme trasmissibile», prevedeva quanto segue:

«1. L’indagine di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), deve individuare:

(…)

b)      per gli ovini e i caprini:

–        tutti i ruminanti diversi da ovini e caprini presenti nell’azienda dell’animale per il quale è stata accertata la malattia,

–        nella misura in cui sono reperibili, i genitori, e nel caso delle femmine tutti gli embrioni, gli ovuli e l’ultima progenie dell’animale femmina per il quale è stata accertata la malattia,

–        tutti gli altri ovini e caprini dell’azienda dell’animale per il quale è stata accertata la malattia oltre a quelli di cui al secondo trattino,

–        la possibile origine della malattia e l’identificazione delle altre aziende in cui vi sono animali, embrioni od ovuli che abbiano potuto essere infettati dall’agente patogeno della TSE o essere stati esposti alla stessa fonte alimentare o alla stessa contaminazione,

–        il movimento di mangimi potenzialmente contaminati, di altri materiali o altri veicoli di trasmissione della malattia, che possano aver trasmesso l’agente patogeno della BSE nell’azienda o dall’azienda in questione.

–        2. Le misure di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera c), riguardano almeno:

(…)

b)      nel caso sia accertata la TSE in un ovino o caprino, dal 1° ottobre 2003, conformemente alla decisione dell’autorità competente:

i)      l’abbattimento e la distruzione completa di tutti gli animali, embrioni e ovuli individuati dall’indagine di cui al secondo e terzo trattino del punto 1, lettera b); oppure

ii)      l’abbattimento e la distruzione completa di tutti gli animali, embrioni e ovuli individuati dall’indagine di cui al secondo e terzo trattino del punto 1, lettera b), ad eccezione di:

      –      montoni da riproduzione del genotipo ARR/ARR,

      –      pecore da riproduzione aventi almeno un allelo ARR e nessun allelo VRQ e, ove tali pecore siano gravide al momento dell’indagine, gli agnelli successivamente nati se il loro genotipo corrisponde alle prescrizioni del presente paragrafo,

      –      pecore aventi almeno un allelo ARR destinate esclusivamente alla macellazione,

      –      se l’autorità competente decide in tal senso, le pecore e le capre di età inferiore ai due mesi destinate unicamente alla macellazione;

iii)      se l’animale infetto è stato introdotto da un’altra azienda, uno Stato membro può decidere, in base alla cronistoria del caso, di applicare misure di eradicazione nell’azienda d’origine oltre che o invece che nell’azienda in cui è stata accertata l’infezione. Nel caso di terreni adibiti a pascoli comuni per più di un gregge, gli Stati membri possono decidere di limitare l’applicazione delle misure a un singolo gregge, dopo aver considerato tutti i fattori epidemiologici. Quando più di un gregge sia tenuto nella stessa azienda, gli Stati membri possono decidere di limitare l’applicazione delle misure al gregge in cui è stata accertata la scrapie, purché sia stato verificato che i diversi greggi sono rimasti isolati l’uno dall’altro e che la diffusione dell’infezione tra greggi per contatto diretto o indiretto risulta improbabile.

c)      In caso di conferma della BSE in un ovino o caprino, l’abbattimento e la completa distruzione di tutti gli animali, embrioni e ovuli individuati mediante l’indagine di cui al punto 1, lettera b), dal secondo al quinto trattino [dell’allegato VII]».

4        L’art. 23 del regolamento n. 999/2001 prevede quanto segue:

«Previa consultazione del comitato scientifico competente su qualsiasi elemento che possa avere conseguenze per la salute pubblica, gli allegati sono modificati o completati e le misure transitorie necessarie sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 24, paragrafo 2 (…)».

5        L’art. 24 bis del regolamento n. 999/2001 prevede quanto segue:

«Le decisioni da adottare secondo una delle procedure di cui all’articolo 24 si basano su una valutazione dei possibili rischi per la salute umana e animale e, tenendo conto dei dati scientifici esistenti, mantengono o, se giustificato da un punto di vista scientifico, aumentano il livello di protezione della salute umana e animale garantito nella Comunità».

 Misure contestate

6        Per tener conto dei più recenti dati scientifici, gli allegati I, III, VII e X del regolamento n. 999/2001, che disciplina talune misure contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili (in prosieguo: le «TSE») negli ovini e nei caprini, sono stati modificati dal regolamento n. 727/2007.

7        L’allegato VII del regolamento n. 999/2001, che enuncia in particolare misure di eradicazione da attuare una volta avuta conferma di un caso di TSE all’interno di un gregge di ovini o di caprini, è in seguito stato oggetto di una nuova modifica da parte del regolamento (CE) della Commissione 17 giugno 2008, n. 746, che modifica l’allegato VII del regolamento n. 999/2001 (GU L 202, pag. 11, in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

8        Il regolamento impugnato ha modificato l’allegato VII del regolamento n. 999/2001 inserendo un capitolo A, che è intitolato «Misure a seguito della confermata presenza di TSE», e sostituendo il punto 2, lett. b), dell’allegato VII del regolamento n. 999/2001 con quanto segue:

«2. Le misure di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera c), comprendono almeno:

(…)

2.3. nel caso sia accertata la TSE in un ovino o caprino:

a)      se non è possibile escludere la BSE in seguito ai risultati di un prova interlaboratorio eseguita conformemente alla procedura di cui all’allegato X, capitolo C, punto 3.2, lettera c), l’abbattimento e la distruzione completa di tutti gli animali, embrioni e ovuli individuati mediante l’indagine di cui al punto 1, lettera b), dal secondo al quinto trattino;

b)      se la BSE è esclusa conformemente alla procedura di cui all’allegato X, capitolo C, punto 3.2, lettera c), in seguito alla decisione dell’autorità competente:

      a seconda dei casi

i)      l’abbattimento e la distruzione completa di tutti gli animali, embrioni e ovuli individuati mediante l’indagine di cui al punto 1, lettera b), secondo e terzo trattino. Le condizioni di cui al punto 3 si applicano all’azienda;

      oppure

ii)      l’abbattimento e la distruzione completa di tutti gli animali, embrioni e ovuli individuati mediante l’indagine di cui al punto 1, lettera b), secondo e terzo trattino, ad eccezione di:

–      montoni da riproduzione del genotipo ARR/ARR,

–      pecore da riproduzione aventi almeno un allele ARR e nessun allele VRQ e, ove tali pecore siano gravide al momento dell’indagine, gli agnelli da esse successivamente partoriti se il loro genotipo corrisponde alle prescrizioni del presente trattino,

–      pecore aventi almeno un allele ARR destinate esclusivamente alla macellazione,

–      ovini e caprini di età inferiore ai tre mesi destinati unicamente alla macellazione, se l’autorità competente decide in tal senso.

      Le condizioni di cui al punto 3 si applicano all’azienda;

      oppure

iii)      lo Stato membro interessato può decidere di non abbattere e distruggere gli animali, individuati mediante l’indagine di cui al punto 1, lettera b), secondo e terzo trattino, qualora sia difficile ottenere capi ovini di rimpiazzo di un genotipo noto, oppure sia bassa la frequenza dell’allele ARR nella razza o nell’azienda oppure qualora ciò sia ritenuto necessario per evitare la riproduzione in consanguineità, oppure dopo aver considerato tutti i fattori epidemiologici. Le condizioni di cui al punto 4 si applicano all’azienda.

(…)».

9        Il punto 4 del capitolo A dell’allegato VII del regolamento n. 999/2001, introdotto dal regolamento impugnato, indica quanto segue:

«4. Successivamente all’applicazione in un’azienda delle misure di cui al punto 2.3, lettera b), iii), e per un periodo di due stagioni riproduttive dall’individuazione dell’ultimo caso di TSE:

a)      vanno identificati tutti gli ovini e i caprini nell’azienda;

b)      gli ovini e i caprini nell’azienda possono essere spostati unicamente all’interno del territorio dello Stato membro interessato ai fini della macellazione per il consumo umano o della distruzione. Tutti gli animali di età superiore a 18 mesi macellati per il consumo umano devono essere sottoposti al test per l’individuazione delle TSE secondo i metodi di laboratorio di cui all’allegato X, capitolo C, punto 3.2, lettera b);

(…)

e)      tutti gli ovini e i caprini di età superiore a 18 mesi morti o abbattuti nell’azienda devono essere sottoposti al test per l’individuazione delle TSE;

f)      possono essere introdotti nell’azienda solo ovini maschi del genotipo ARR/ARR e ovini femmine di aziende in cui non sono stati individuati casi di TSE oppure di greggi che soddisfano le condizioni di cui al punto 3.4;

g)      possono essere introdotti nell’azienda solo caprini di aziende in cui non sono stati individuati casi di TSE oppure di greggi che soddisfano le condizioni di cui al punto 3.4;

(…)».

10      Inoltre il punto 2.3, lett. d), del capitolo A dell’allegato VII del regolamento n. 999/2001, come modificato dal regolamento impugnato, prevede quanto segue:

«d)      gli Stati membri possono decidere:

i)      di sostituire l’abbattimento e la distruzione completa di tutti gli animali di cui alla lettera b), i), mediante la macellazione per il consumo umano;

ii)      di sostituire l’abbattimento e la distruzione completa di tutti gli animali di cui alla lettera b), ii), mediante la macellazione per il consumo umano, purché:

–      gli animali siano macellati all’interno del territorio dello Stato membro interessato,

–      tutti gli animali di età superiore a 18 mesi o a cui sono spuntati più di due incisivi permanenti e che sono macellati per il consumo umano siano sottoposti a test per individuare la presenza di TSE secondo i metodi di laboratorio di cui all’allegato X, capitolo C, punto 3.2, lettera b)».

11      Infine il punto 3.1 del capitolo A dell’allegato VII del regolamento n. 999/2001, modificato dal regolamento impugnato, è identico al punto 4 della precedente versione dell’allegato VII del regolamento n. 999/2001 e prevede quanto segue:

«3.1. [P]ossono essere introdotti nella o nelle aziende soltanto gli animali sottoelencati:

a)      ovini maschi del genotipo ARR/ARR;

b)      ovini femmine aventi almeno un allele ARR e nessun allele VRQ;

c)      caprini, a condizione che:

i)      nell’azienda non siano presenti ovini da riproduzione diversi da quelli menzionati alle lettere a) e b);

ii)      dopo il depopolamento si sia proceduto a una pulizia e una disinfezione accurate di tutti i ricoveri degli animali nell’azienda».

 Fatti

1.     Encefalopatie spongiformi trasmissibili

12      Le TSE sono malattie neurodegenerative che si evolvono lentamente ed il cui esito è mortale. Sono caratterizzate da particolari lesioni del sistema nervoso centrale (il cervello e il midollo spinale) e colpiscono sia gli animali che l’uomo.

13      Le TSE sono tutte provocate da un agente trasmissibile non convenzionale denominato «prione». Tale termine si riferisce ad una particella proteica infettiva, vale a dire una forma anomala della proteina P (PrP) che è una normale proteina dell’ospite.

14      Tra le TSE che possono colpire gli ovini, i caprini o i bovini, è possibile distinguere le seguenti patologie: l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), la scrapie classica e la scrapie atipica.

2.     Encefalopatia spongiforme bovina

15      La BSE è una TSE che è stata identificata per la prima volta nel novembre 1986 nel Regno Unito. Colpisce i bovini e si trasmette all’uomo, nel quale provoca una nuova variante della malattia di Creutzfeldt‑Jakob. È anche considerata una malattia che può colpire gli ovini e i caprini. In base a criteri molecolari e istopatologici è possibile distinguere la BSE classica, la BSE di tipo L e la BSE di tipo H.

3.     Scrapie

16      La scrapie è una TSE che colpisce gli ovini e i caprini. È conosciuta in Europa dagli inizi del XVIII secolo. Si trasmette principalmente dalla madre alla propria prole immediatamente dopo la nascita o dalla madre ad altri neonati ricettivi esposti al liquido allantoico-amniotico o a tessuti provenienti da un animale infetto. La frequenza di trasmissione della scrapie ai soggetti adulti è assai più scarsa.

17      L’espressione «scrapie classica» si riferisce ad un complesso di varianti (ceppi) di TSE a oggi non classificate, ma che presentano un determinato numero di caratteristiche considerate rappresentative. Tali patologie si manifestano da un punto di vista molecolare con un’ampia diffusione del prione nell’organismo, con un contagio all’interno dei greggi e tra greggi diversi, nonché con una predisposizione genetica o con una resistenza genetica che varia a seconda degli animali.

18      Gli ovini, infatti, sviluppano la scrapie in modo diverso a seconda della struttura del gene codificante per la PrP (in prosieguo: il «gene PrP») e, più in particolare, della natura dei tre amminoacidi che si trovano alle posizioni 136, 145 e 171 nella sequenza degli amminoacidi PrP e che sono indicati con le lettere maiuscole «A» per l’alanina, «R» per l’arginina, «Q» per la glutammina e «V» per la valina, che consentono di distinguere tra loro le diverse forme della PrP. Quattro alleli del gene PrP sono noti, vale a dire gli alleli VRQ, ARQ, AHQ e ARR. Gli ovini aventi l’allele VRQ hanno una forte predisposizione alla scrapie. Essi sviluppano tale malattia in tempi rapidi e tracce individuabili di prione si trovano in numerosi organi dell’animale per tutto il periodo di incubazione della malattia. Gli ovini aventi gli alleli ARQ o AHQ sono relativamente predisposti alla scrapie. Infine, gli ovini aventi l’allele ARR hanno una resistenza quasi assoluta alla scrapie. Gli animali con almeno un allele ARR sono semi-resistenti alla scrapie. In questi animali la moltiplicazione del prione è molto lenta. Essa si limita al sistema nervoso e il prione non è individuabile prima che appaiano i segni clinici della malattia.

19      L’espressione «scrapie atipica» corrisponderebbe ad una sola variante di TSE. Tale patologia presenta caratteristiche considerate atipiche nei ruminanti di piccola taglia, quali una concentrazione del prione nel sistema nervoso centrale, un contagio limitato o inesistente e l’assenza di una comprovata resistenza genetica. Gli animali del genotipo ARR/ARR sono pertanto soggetti ad essere colpiti da tale patologia. Tuttavia la concentrazione del prione nel sistema nervoso centrale rende molto efficaci le misure di screening e la rimozione dei materiali a rischio nel macello.

4.     Evoluzione della politica comunitaria di lotta contro le TSE negli ovini e nei caprini

20      Poiché vi era la possibilità teorica che la BSE colpisse anche gli ovini e i caprini in condizioni naturali, sono state introdotte nella legislazione comunitaria misure di prevenzione e di eradicazione delle TSE negli ovini e nei caprini [v., segnatamente, terzo ‘considerando’ del regolamento (CE) della Commissione 27 giugno 2003, n. 1139, che modifica il regolamento n. 999/2001 per quanto riguarda i programmi di sorveglianza e il materiale specifico a rischio (GU L 160, pag. 22)].

21      Il 22 maggio 2001 il Parlamento e il Consiglio hanno adottato il regolamento n. 999/2001 che riunisce in un unico documento tutte le disposizioni fino ad allora esistenti in materia di lotta contro le TSE. Tale regolamento vieta l’utilizzo per l’alimentazione dei ruminanti di farine a base di proteine animali, denominate anche «MBM» (v. art. 7, n. 1, e allegato IV del regolamento n. 999/2001). Esso impone la distruzione dei «materiali specifici a rischio», denominati anche «SRM», vale a dire i tessuti che presentano il maggior rischio di essere infettati da una TSE (v. art. 8 e allegato V del regolamento n. 999/2001). Prevede misure relative agli animali per cui si sospetta che siano affetti da una TSE e misure da adottare nel caso in cui si constati la presenza di una TSE in taluni animali. Queste ultime misure includono l’eliminazione degli animali a rischio come definiti all’allegato VII del regolamento n. 999/2001 nella sua versione iniziale (v. artt. 12 e 13 nonché allegato VII del regolamento n. 999/2001). Impone inoltre ad ogni Stato membro di attuare un programma annuale per la sorveglianza delle TSE. Per gli ovini e i caprini tale sorveglianza avviene segnatamente sulla base di uno screening effettuato, con l’ausilio di «test diagnostici rapidi», su campioni della popolazione ovina e caprina (v. art. 6 e allegato III del regolamento n. 999/2001). Infine, per tener conto degli sviluppi delle conoscenze scientifiche, l’art. 23 di tale regolamento prevede che i suoi allegati possano essere modificati ed integrati, rispettando una procedura di comitatologia che include la consultazione del comitato scientifico direttivo.

22      In applicazione di quest’ultima disposizione, il regolamento n. 999/2001 è stato più volte modificato tra il 2001 e il 2007. Tali modifiche hanno riguardato in particolare talune misure di lotta contro le TSE negli ovini e nei caprini, tenuto conto degli sviluppi delle conoscenze scientifiche in materia di TSE.

23      La Commissione ha quindi adottato, il 14 febbraio 2002, il regolamento (CE) n. 270/2002 che modifica il regolamento n. 999/2001 per quanto riguarda i materiali a rischio specifico e la sorveglianza epidemiologica delle TSE, nonché il regolamento (CE) n. 1326/2001 riguardo all’alimentazione degli animali e all’immissione sul mercato di ovini e caprini e dei loro prodotti (GU L 45, pag. 4). Tale regolamento ha in particolare ad oggetto la revisione delle norme di sorveglianza delle TSE negli ovini e nei caprini per tenere conto del parere del 18‑19 ottobre 2001 del comitato scientifico direttivo, il quale ha raccomandato di svolgere con urgenza un’indagine sull’incidenza delle TSE mediante i «test diagnostici rapidi» disponibili, valendosi di design e dimensioni del campione statisticamente corretti (v. secondo ‘considerando’ del regolamento n. 270/2002). Tale regolamento prevede quindi la sorveglianza degli ovini e dei caprini sulla base di «test diagnostici rapidi», eseguiti su un campione di minime dimensioni per ogni Stato membro, decisamente più rilevante di quella prevista nella precedente versione del regolamento n. 999/2001. Esso prevede inoltre la determinazione del genotipo del prione per ciascun caso di TSE accertato negli ovini (v. allegato I del regolamento n. 270/2002).

24      I «test diagnostici rapidi», di cui trattasi nel regolamento n. 999/2001 e nelle sue versioni emendate, sono test che consentono lo screening delle TSE in tempi brevi sulla base di prelievi effettuati su cadaveri di animali o su carcasse di animali condotti al macello. Tale screening eseguito per mezzo di «test diagnostici rapidi» consente unicamente di identificare la presenza di una TSE, ma non di determinare il suo tipo, vale a dire la BSE, la scrapie classica o la scrapie atipica. Qualora tali «test diagnostici rapidi» risultino positivi, il tronco encefalico è inviato ad un laboratorio di riferimento menzionato all’allegato X del regolamento n. 999/2001 (in prosieguo: il «laboratorio di riferimento») per degli esami di verifica. Gli esami di verifica consistono in esami di immunocitochimica, in esami di immunocolorazione, in esami istopatologici dei tessuti cerebrali e/o nella rivelazione delle caratteristiche fibrille mediante microscopia elettronica (in prosieguo, nel loro complesso: gli «esami di verifica») [v. regolamento (CE) della Commissione 22 giugno 2001, n. 1248, che modifica gli allegati III, X e XI del regolamento n. 999/2001 (GU L 173, pag. 12)]. Qualora, in seguito a tali test, la BSE non possa essere esclusa, i test in questione sono integrati da test biologici, denominati anche «biotest» o «strain typing». Essi consistono nell’inoculare tessuti contaminati da TSE nel cervello di un topo vivo per determinare la natura della TSE di cui trattasi, vale a dire una BSE o una scrapie. Quando il topo muore, viene eseguito un esame al microscopio del suo cervello e i risultati di tale esame consentono di determinare l’esatta natura della TSE. Questi test biologici consentono di determinare con precisione se la TSE è una BSE o meno solo dopo diversi anni. I test che mirano a distinguere la BSE dalle altre TSE sono comunemente detti «test discriminatori», «test discriminanti» o «test di discriminazione».

25      All’epoca dell’adozione del regolamento n. 270/2002, i soli test di discriminazione affidabili erano i test biologici. Non esistevano test molecolari di discriminazione affidabili che consentissero di distinguere negli ovini e nei caprini un’infezione da BSE da un’infezione da scrapie (v. terzo ‘considerando’ del regolamento n. 1139/2003).

26      Nel giugno 2003 la Commissione ha incaricato il laboratorio di riferimento di riunire un gruppo di esperti nella tipizzazione dei ceppi di TSE (Strain Typing Expert Group, in prosieguo: lo «STEG») la cui missione era di predisporre e di validare l’utilizzo di test sostitutivi dei test di discriminazione biologici per le TSE. I lavori dello STEG hanno portato a validare test «biochimici» o «molecolari» in grado di distinguere la BSE dalla scrapie. Tali test molecolari di discriminazione consentono, entro qualche giorno o qualche settimana, di escludere la presenza di BSE nei tessuti.

27      A seguito dello sviluppo dei test molecolari di discriminazione, il 12 gennaio 2005 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 36/2005 che modifica gli allegati III e X del regolamento n. 999/2001 per quanto riguarda la sorveglianza epidemiologica delle TSE nei bovini, negli ovini e nei caprini (GU L 10, pag. 9), segnatamente per consentire l’utilizzo di tali test molecolari di discriminazione nel sistema di sorveglianza attuato dal regolamento n. 999/2001.

28      Il regolamento n. 36/2005 prevede quindi che, qualora nell’ambito della sorveglianza dei greggi di caprini e di ovini il risultato dei «test diagnostici rapidi» su un campione prelevato si riveli non conclusivo o positivo e tale risultato sia confermato dagli esami di verifica, l’animale sia considerato un «caso confermato di scrapie», denominato anche «caso indice». Tale caso è sottoposto ad un iniziale test discriminatorio molecolare di immunocolorazione. Qualora il test iniziale non consenta di escludere la presenza di BSE, tale caso è in seguito sottoposto ad altri tre test molecolari di discriminazione: un secondo test di immunocolorazione, un test di immunocitochimica ed una prova di immunoassorbimento enzimatico, denominata anche «ELISA». Solo i campioni che presentino la BSE e quelli non conclusivi in seguito a tali test molecolari di discriminazione sono oggetto di test biologici su topi per una conferma definitiva (v. punto 3.2, capitolo C, dell’allegato X del regolamento n. 999/2001, come modificato dal regolamento n. 36/2005). Tale regolamento impone anche la tipizzazione delle TSE, con l’ausilio di test discriminatori, di tutti i ceppi di prioni individuati nei ruminanti di piccola taglia in seguito a un test diagnostico rapido. Tale regolamento impone infine di sottoporre a test di screening un campione rilevante di tutti i greggi in cui vi sia un animale infetto.

29      In applicazione delle citate normative, gli Stati membri, qualora un animale in un gregge di ovini o di caprini fosse stato colpito da una TSE che non fosse una BSE, avevano solo la scelta tra distruggere tutti gli animali del gregge al quale l’animale colpito apparteneva oppure, nel caso in cui tale animale fosse un ovino, dopo aver determinato il genotipo di tutti gli animali del gregge al fine di distinguere gli animali predisposti dagli animali resistenti, distruggere solo quelli geneticamente predisposti. Lo Stato membro poteva inoltre decidere di non abbattere gli ovini e i caprini di età inferiore ai due mesi destinati unicamente alla macellazione (v. punto 3 supra). Al contrario, qualora un animale fosse affetto da BSE, gli Stati membri dovevano accertarsi dell’abbattimento e della distruzione completa di tutti gli ovini e i caprini, degli embrioni, degli ovuli e di tutti gli animali, nonché dell’eliminazione dei materiali e degli altri veicoli di trasmissione.

30      In seguito alla conferma, il 28 gennaio 2005, della presenza di una BSE in una capra nata nel 2000 e macellata in Francia nel 2002, è stato attuato un programma di più vasta sorveglianza dei caprini. Si trattava del primo caso di infezione da BSE di un ruminante di piccola taglia in condizioni naturali [v. dal secondo al quarto ‘considerando’ e allegato del regolamento (CE) della Commissione 9 febbraio 2005, n. 214, che modifica l’allegato III del regolamento n. 999/2001 per quanto riguarda la sorveglianza epidemiologica delle TSE nei caprini (GU L 37, pag. 9)].

31      Il 15 luglio 2005 la Commissione ha emesso una comunicazione intitolata «Un piano per le TSE» [COM(2005) 322 def.] (in prosieguo: il «piano per le TSE») in cui annunciava l’intenzione di proporre misure dirette a mitigare le misure di eradicazione in vigore per i ruminanti di piccola taglia tenendo conto dei nuovi strumenti diagnostici disponibili, assicurando tuttavia l’attuale livello di tutela dei consumatori. In particolare, indicava che i test molecolari di discriminazione in vigore dal gennaio 2005 consentivano in poche settimane di escludere la presenza della BSE nella maggior parte dei casi di TSE. Riteneva inoltre che, una volta esclusa la BSE, non fosse più presente il rischio per la salute e l’abbattimento dell’intero gregge per ragioni di salute potesse essere considerato eccessivo. Presentava quindi una tabella raffigurante, in percentuale dallo 0,3 al 3,5%, le cifre relative agli ovini e ai caprini dichiarati «positivi» nelle mandrie infette per il periodo 2002‑2004. Parimenti indicava che intendeva proporre una mitigazione della politica di abbattimento di ovini e caprini per quei casi in cui fosse esclusa la presenza di BSE, con un rafforzamento dei controlli nei greggi infetti e l’abbattimento, in vista del consumo umano, di tutti gli animali di ogni età nei greggi infetti se i risultati delle prove rapide fossero negativi. Infine, indicava che anche le condizioni di certificazione dei greggi dovessero essere considerate come mezzo supplementare per eradicare le TSE (v. punti 2.5.1‑2.5.2 del piano per le TSE).

32      Il 21 settembre 2005 le autorità francesi si sono rivolte all’Agence française de sécurité sanitaire des aliments (AFSSA) affinché esaminasse, da un lato, i rischi sanitari comportati dalle misure proposte dalla Commissione nel piano per le TSE riguardo agli ovini e ai caprini e, dall’altro lato, l’affidabilità dei test di discriminazione.

33      Il 26 ottobre 2005 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha emesso un parere sulla classificazione dei casi di TSE atipica nei ruminanti di piccola taglia. In tale parere è giunta alla conclusione che fosse possibile una definizione operativa della scrapie atipica. Ha inoltre raccomandato che i programmi di sorveglianza utilizzino un’adeguata combinazione di test e di campioni al fine di assicurare che i casi di scrapie atipica continuino ad essere identificati.

34      Tra il dicembre 2005 e il febbraio 2006 i programmi di sorveglianza delle TSE attuati nella Comunità europea hanno consentito di individuare due ovini provenienti dalla Francia e un ovino proveniente da Cipro per i quali vi era il sospetto che fossero affetti da BSE. In un parere dell’8 marzo 2006 un gruppo di esperti di TSE presieduto dal laboratorio di riferimento ha ritenuto che, anche se i campioni di questi tre ovini non erano conformi ai dati di cui alla banca dati di «BSE ovina sperimentale», non vi fossero prove sufficienti per negare categoricamente la presenza di una BSE. Di conseguenza sono stati avviati test biologici, inoculando ad alcuni topi i tre prelievi sospetti. In seguito all’individuazione di questi tre casi sospetti, la Commissione ha attuato in tutti gli Stati membri una sorveglianza rafforzata delle TSE che colpiscono gli ovini [v., segnatamente, secondo e quinto ‘considerando’ e allegato del regolamento (CE) della Commissione 7 luglio 2006, n. 1041, che modifica l’allegato III del regolamento n. 999/2001 per quanto riguarda la sorveglianza delle TSE negli ovini (GU L 187, pag. 10)].

35      Il 15 maggio 2006 l’AFSSA ha emesso un parere relativo agli sviluppi della normativa comunitaria proposti dal piano per le TSE. In tale parere si è opposta alla proposta della Commissione di mitigare la politica di abbattimento per consentire l’immissione al consumo umano di carne di animali appartenenti a greggi di ruminanti di piccola taglia infettati dalla scrapie. Ha ritenuto che i «test diagnostici rapidi» di tipizzazione di ceppi di prioni, vale a dire i test molecolari di discriminazione, non consentissero di escludere la presenza di BSE in un gregge e che non fosse possibile concludere che, tranne la BSE, tutti i ceppi di TSE potenzialmente presenti nei ruminanti di piccola taglia, ivi comprese le forme atipiche, non presentassero alcun rischio per la salute umana.

36      Le proposte contenute nel piano per le TSE sono state sottoposte al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, che è il comitato competente previsto all’art. 23 del regolamento n. 999/2001.

37      Il 22 giugno e il 6 dicembre 2006 le autorità francesi si sono nuovamente rivolte all’AFSSA affinché valutasse nel dettaglio le misure proposte dalla Commissione in materia di scrapie classica e di scrapie atipica.

38      In risposta alle domande delle autorità francesi del 22 giugno e 6 dicembre 2006, l’AFSSA ha emesso, il 15 gennaio 2007, un parere relativo all’evoluzione delle misure di polizia sanitaria nei greggi ovini e caprini in cui fosse stato individuato un caso di scrapie classica o atipica. In tale parere riteneva che i test di discriminazione non consentissero di escludere la presenza della BSE né nell’animale sottoposto al test né, a maggior ragione, nel gregge a cui appartiene e che non si potesse escludere la trasmissione all’uomo delle TSE diverse dalla BSE. Osservava inoltre che i prodotti ottenuti dagli ovini e dai caprini dei greggi affetti da scrapie classica, abbattuti alle condizioni descritte dal piano per le TSE, rappresentavano un rischio supplementare per la salute rispetto ai prodotti derivati dai soli ovini geneticamente resistenti. Infine, a suo avviso, una valutazione quantitativa di tali rischi era impossibile a causa dell’insufficienza dei dati relativi alla reale prevalenza della scrapie nell’insieme dei greggi colpiti e a causa dell’insufficienza di dati relativi alla reale struttura genetica della popolazione ovina in generale. Tuttavia, essa ha valutato con una stima approssimativa che il rischio relativo rappresentato da un animale proveniente da un gregge colpito rispetto ad un animale proveniente dalla popolazione generale era da 20 a 600 volte più rilevante. Tale rischio supplementare sarebbe ancora maggiore tenendo conto solo degli animali di genotipo predisposto provenienti da greggi colpiti. Raccomandava di conseguenza che fosse mantenuta la normativa in vigore in materia di scrapie classica.

39      In seguito al parere dell’AFSSA del 15 gennaio 2007, la Commissione si rivolgeva all’EFSA chiedendole di emettere un parere relativo alle due ipotesi scientifiche sulle quali si fondano le sue proposte, vale a dire l’affidabilità dei test di discriminazione e l’assenza di trasmissibilità all’uomo di agenti delle TSE diversi dalla BSE.

40      Il 25 gennaio 2007 l’EFSA ha emesso un parere relativo ad «una stima quantitativa del rischio residuale di BSE nelle carni ovine e nei prodotti a base di carni ovine». In tale parere ha affermato, sulla base dei risultati della sorveglianza rafforzata delle TSE, che la BSE negli ovini riguardava tutt’al più qualche caso ovvero qualche centinaio di casi su milioni di ovini condotti al macello. Ha altresì considerato che la prevalenza più probabile della BSE negli ovini è pari a zero. La presa di posizione del 21 dicembre 2006 dello Spongiform Encephalopathy Advisory Committee (SEAC), che fornisce al governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord pareri scientifici indipendenti relativi alle TSE, aveva già indicato che l’ipotesi più verosimile era che nella filiera alimentare del Regno Unito non vi fossero carni ovine infette da agenti della BSE.

41      L’8 marzo 2007 l’EFSA ha emesso un parere relativo a taluni aspetti del rischio causato dalle TSE negli ovini e nei caprini. In tale parere ha affermato che non esistevano prove di un nesso epidemiologico o molecolare tra la scrapie, classica o atipica, e le TSE nell’uomo. Ha osservato che l’agente patogeno della BSE è l’unico agente patogeno responsabile delle TSE ad essere stato identificato come zoonotico. Tuttavia, data la loro diversità, non sarebbe possibile escludere la trasmissibilità all’uomo di agenti patogeni delle TSE animali diversi dalla BSE. Ha inoltre ritenuto che i test di discriminazione descritti nella normativa comunitaria fossero fino ad allora affidabili per distinguere la BSE dalla scrapie, classica o atipica, pur non potendo considerare perfette né la loro sensibilità diagnostica né la loro specificità.

42      In seguito al parere dell’EFSA dell’8 marzo 2007, la Commissione ha sottoposto al voto del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, il 24 aprile 2007, un progetto di regolamento recante modifica degli allegati I, III, VII, e X del regolamento n. 999/2001. Il progetto è stato approvato a maggioranza qualificata. Il Regno di Spagna, la Repubblica francese e la Repubblica italiana vi si sono opposte. La Repubblica di Slovenia si è astenuta. La Repubblica francese ha motivato la sua opposizione considerando che il regolamento in questione violasse il principio di precauzione.

43      Il 26 giugno 2007 la Commissione ha adottato il regolamento n. 727/2007, avverso il quale la Repubblica francese ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso, nonché una domanda di provvedimenti provvisori.

44      Il 24 gennaio 2008, su domanda della Commissione, l’EFSA ha emesso un parere intitolato «Chiarimento scientifico e tecnico dell’interpretazione e considerazione di taluni risvolti delle conclusioni del suo parere dell’8 marzo 2007, relativo a determinati aspetti del rischio di TSE negli ovini e nei caprini». In tale parere ha precisato la sua posizione circa le questioni della trasmissione all’uomo delle TSE animali diverse dalla BSE e dell’affidabilità dei test di discriminazione.

45      Il 30 aprile 2008 il laboratorio di riferimento ha pubblicato un parere aggiornato relativo al caso, in corso di esame, di TSE nei ruminanti di piccola taglia. In tale parere ha precisato che i due ovini provenienti dalla Francia e l’ovino proveniente da Cipro, sottoposti a test supplementari (v. punto 34 supra), non potevano essere classificati come casi di BSE.

46      Il 17 giugno 2008 la Commissione ha adottato il regolamento impugnato che modifica l’allegato VII del regolamento n. 999/2001, concedendo agli Stati membri una maggiore scelta relativa alle misure da adottare qualora un gregge di ovini o di caprini sia colpito da una TSE per la quale, in seguito a un test discriminatorio, si sia potuto stabilire che non si tratti di BSE. Qualora all’interno di un gregge di ruminanti di piccola taglia un animale sia affetto da scrapie, gli Stati membri possono infatti sostanzialmente:

–        distruggere tutti gli animali del gregge [punto 2.3, lett. b), i), capitolo A, allegato VII, del regolamento impugnato], oppure

–        se si tratta di ovini, individuare il genotipo di tutti gli animali del gregge e distruggere tutti gli animali geneticamente predisposti [punto 2.3, lett. b), ii), capitolo A, allegato VII, del regolamento impugnato], oppure

–        abbattere immediatamente per il consumo umano tutti gli animali del gregge; le carcasse degli animali di età superiore ai 18 mesi possono essere destinate al consumo umano solo se il test diagnostico rapido a cui sono state previamente sottoposte per individuare la presenza di TSE abbia avuto esito negativo [punto 2.3, lett. d), i), capitolo A, allegato VII, del regolamento impugnato e punto 7.1, allegato III, del regolamento n. 999/2001], oppure

–        se si tratta di ovini, determinare il genotipo di tutti gli animali del gregge e procedere ad un abbattimento immediato per il consumo umano di tutti gli animali predisposti; le carcasse degli animali predisposti di età superiore ai 18 mesi possono essere destinate al consumo umano solo se il test diagnostico rapido a cui sono state previamente sottoposte per individuare la presenza di TSE abbia avuto esito negativo [punto 2.3, lett. d), ii), capitolo A, allegato VII, del regolamento impugnato], oppure

–        in caso di scrapie classica, tenere gli animali nell’azienda con divieto di uscita verso un altro allevamento per un periodo di due anni successivi alla conferma dell’ultimo caso di TSE nel gregge, fermo restando che, durante tale periodo, gli animali possono tuttavia essere condotti al macello e le loro carcasse possono essere destinate al consumo umano se il test diagnostico rapido a cui sono state previamente sottoposte per individuare la presenza di TSE ha avuto esito negativo [punto 2.3, lett. b), iii), e punto 4, capitolo A, allegato VII, del regolamento impugnato], oppure

–        in caso di scrapie atipica, tenere gli animali nell’azienda con divieto di esportazione verso altri Stati membri o paesi terzi per un periodo di due anni successivi alla conferma dell’ultimo caso di TSE nel gregge, fermo restando che, durante tale periodo, gli animali possono tuttavia essere condotti al macello e le loro carcasse possono essere destinate al consumo umano se il test diagnostico rapido a cui sono state previamente sottoposte per individuare la presenza di TSE ha avuto esito negativo [punti 2.3, lett. c), e 5, capitolo A, allegato VII, del regolamento impugnato].

 Procedimento

47      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 luglio 2007, la Repubblica francese ha proposto un ricorso diretto all’annullamento, a motivo della violazione del principio di precauzione, del punto 3 dell’allegato del regolamento n. 727/2007, nella parte in cui introduce, nell’allegato VII del regolamento n. 999/2001, i punti 2.3, lett. b), iii), 2.3, lett. d), e 4, che mitigano il sistema di eradicazione delle TSE. Ha inoltre proposto una domanda di provvedimenti provvisori diretta ad ottenere il rinvio dell’esecuzione di tale sistema.

48      Con ordinanza 28 settembre 2007, causa T‑257/07 R, Francia/Commissione (Racc. pag. II‑4153, in prosieguo: la «prima ordinanza Francia/Commissione»), il giudice per i provvedimenti provvisori del Tribunale ha accolto tale domanda, sospendendo, fino alla pronuncia della sentenza nella causa principale, l’applicazione delle disposizioni in questione.

49      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 ottobre 2007, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con ordinanza 30 novembre 2007, il Presidente della Terza Sezione ha accolto tale intervento.

50      Il 17 giugno 2008 la Commissione ha proposto una domanda di non luogo a statuire nella causa principale e ha rinunciato a depositare una controreplica. Tale domanda era motivata dalla prevista adozione del regolamento impugnato.

51      Il 28 luglio 2008 la Repubblica francese ha depositato le sue osservazioni relative alla domanda di non luogo a statuire della Commissione. Ha chiesto che il procedimento giurisdizionale in corso sia esteso alle disposizioni del regolamento impugnato, per il fatto che esse avrebbero sostituito con identiche disposizioni quelle impugnate del regolamento n. 727/2007, ma in aggiunta motivandole.

52      Il 31 luglio 2008 il regolamento impugnato è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. È entrato in vigore il 29 settembre 2008.

53      Il 28 agosto 2008 la Commissione ha depositato presso la cancelleria del Tribunale le proprie osservazioni relative alla domanda della Repubblica francese di estendere il procedimento in corso al regolamento impugnato. Nelle sue osservazioni la Commissione ha ritenuto fondata tale domanda.

54      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 settembre 2008, la Repubblica francese ha proposto una nuova domanda di provvedimenti provvisori, nella quale ha sostanzialmente chiesto al Presidente del Tribunale di ordinare il rinvio dell’esecuzione del regolamento impugnato, nella parte in cui introduce, al capitolo A dell’allegato VII del regolamento n. 999/2001, i punti 2.3, lett. b), iii), 2.3, lett. d), e 4.

55      Il Regno Unito non ha depositato prima della scadenza del 25 settembre 2008, prevista a tale scopo, osservazioni relative alla domanda di estendere il procedimento in corso al regolamento impugnato.

56      Con decisione 6 ottobre 2008, il Tribunale (Terza Sezione) ha accolto la domanda della Repubblica francese diretta ad estendere il procedimento in corso alle disposizioni contestate e ha consentito il deposito di conclusioni e di mezzi supplementari.

57      Con ordinanza 30 ottobre 2008, causa T‑257/07 R II, Francia/Commissione (non pubblicata nella Raccolta, in prosieguo: la «seconda ordinanza Francia/Commissione»), il giudice per i provvedimenti provvisori del Tribunale ha accolto la seconda domanda di rinvio dell’esecuzione proposta dalla Repubblica francese nel presente procedimento, sospendendo, fino alla pronuncia della sentenza nella causa principale, l’applicazione del sistema in questione.

58      Il 19 novembre 2008 la Repubblica francese ha depositato presso la cancelleria del Tribunale le proprie conclusioni supplementari.

59      Il 23 dicembre 2008 e il 16 gennaio 2009 la Commissione ed il Regno Unito hanno rispettivamente presentato le loro osservazioni relative a tali conclusioni supplementari. Il 23 dicembre 2008 la Commissione ha inoltre chiesto al Tribunale di statuire nella presente causa mediante un procedimento accelerato ai sensi dell’art. 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale.

60      Il 21 gennaio 2009 la Repubblica francese ha presentato le proprie osservazioni relative alla domanda della Commissione di statuire mediante un procedimento accelerato. Il Regno Unito non ha presentato entro il termine previsto osservazioni relative a tale domanda della Commissione.

61      Con decisione 30 gennaio 2009 il Tribunale (Terza Sezione) ha respinto la domanda di procedimento accelerato proposta dalla Commissione, ma ha deciso, viste le circostanze particolari della presente causa, di deciderla con priorità ai sensi dell’art. 55, n. 2, del regolamento di procedura. In applicazione dell’art. 14 del regolamento di procedura e su proposta della Terza Sezione, il Tribunale ha deciso, in conformità all’art. 51 del citato regolamento, di rinviare la causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

 Conclusioni delle parti

62      La Repubblica francese chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte in cui introduce, al capitolo A dell’allegato VII del regolamento n. 999/2001, i punti 2.3, lett. b), iii), 2.3, lett. d), e 4;

–        condannare la Commissione alle spese.

63      La Commissione, sostenuta dal Regno Unito, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la Repubblica francese alle spese.

 Nel merito

1.     Considerazioni di principio

 Sulla protezione della salute umana

64      L’art. 152, n. 1, CE dispone che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità sia garantito un livello elevato di protezione della salute umana. Tale protezione della salute ha una rilevanza preponderante rispetto alle considerazioni economiche, di modo che è tale da giustificare conseguenze economiche negative, anche notevoli, per taluni operatori (v., in tal senso, ordinanza della Corte 12 luglio 1996, causa C‑180/96 R, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I‑3903, punto 93, e sentenza del Tribunale 28 giugno 2005, causa T‑158/03, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, Racc. pag. II‑2425, punto 134).

65      L’art. 24 bis del regolamento n. 999/2001 traspone l’obbligo sancito dall’art. 152, n. 1, CE, esigendo che, all’adozione delle decisioni nell’ambito di detto regolamento, sia mantenuto o, se giustificato da un punto di vista scientifico, aumentato il livello di protezione della salute umana garantito nella Comunità.

 Sul principio di precauzione

 Definizione

66      Il principio di precauzione costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, derivante dagli artt. 3, lett. p), 6, 152, n. 1, 153, nn. 1 e 2, nonché 174, nn. 1 e 2, CE, che fa obbligo alle autorità interessate di adottare, nell’ambito preciso dell’esercizio delle competenze che sono loro attribuite dalla regolamentazione pertinente, provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la salute, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici (v. sentenze del Tribunale 26 novembre 2002, cause riunite T‑74/00, T‑76/00, da T‑83/00 a T‑85/00, T‑132/00, T‑137/00 e T‑141/00, Artegodan e a./Commissione, Racc. pag. II‑4945, punti 183 e 184, e 21 ottobre 2003, causa T‑392/02, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, Racc. pag. II‑4555, punto 121, e la giurisprudenza ivi citata).

67      Peraltro, come specificato dall’art. 7, n. 1, del regolamento n. 178/2002 nell’ambito della legislazione alimentare, il principio di precauzione consente l’adozione di misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire un livello elevato di tutela della salute, qualora, a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute, ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico.

68      Il principio di precauzione consente quindi alle istituzioni, qualora sussistano incertezze scientifiche riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, di adottare misure di tutela senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate l’effettività e la gravità di tali rischi (v., in tal senso, sentenze della Corte 5 maggio 1998, causa C‑180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I‑2265, punto 99; 9 settembre 2003, causa C‑236/01, Monsanto Agricoltura Italia e a., Racc. pag. I‑8105, punto 111; 12 gennaio 2006, causa C‑504/04, Agrarproduktion Staebelow, Racc. pag. I‑679, punto 39, e del Tribunale 10 marzo 2004, causa T‑177/02, Malagutti‑Vezinhet/Commissione, Racc. pag. II‑827, punto 54) o che gli effetti negativi per la salute si concretizzino (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 11 settembre 2002, causa T‑13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. II‑3305, punti 139 e 141, e 11 settembre 2002, causa T‑70/99, Alpharma/Consiglio, Racc. pag. II‑3495, punti 152 e 154).

69      Nell’ambito del procedimento che porta all’adozione da parte di un’istituzione di misure appropriate al fine di prevenire determinati rischi potenziali per la salute, la sicurezza e l’ambiente in forza del principio di precauzione, si possono distinguere tre fasi successive: innanzitutto, l’identificazione degli effetti potenzialmente negativi che derivano da un dato fenomeno; secondariamente, la valutazione dei rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente legati a tale fenomeno; in terzo luogo, qualora i potenziali rischi identificati oltrepassino il limite accettabile per la società, la gestione del rischio per mezzo dell’adozione di adeguate misure di protezione. Se la prima di tali fasi non necessita di ulteriori spiegazioni, le due fasi successive meritano di essere esplicitate.

 Valutazione dei rischi

–       Introduzione

70      La valutazione dei rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente consiste, per l’istituzione che deve affrontare effetti potenzialmente negativi derivanti da un dato fenomeno, nel valutare in modo scientifico tali rischi e nel determinare se oltrepassino il livello di rischio giudicato accettabile per la società. Quindi, affinché le istituzioni dell’Unione possano procedere ad una valutazione dei rischi, occorre, da un lato, che dispongano di una valutazione scientifica dei rischi e, dall’altro lato, che determinino il livello di rischio giudicato inaccettabile per la società (v., in tal senso, sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punto 149, e Alpharma/Consiglio, punto 68 supra, punto 162).

–       Sulla valutazione scientifica dei rischi

71      La valutazione scientifica dei rischi è un procedimento scientifico che consiste, per quanto possibile, nell’identificare e nel caratterizzare un pericolo, nel valutare l’esposizione e nel connotare il rischio (sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punto 156, e Alpharma/Consiglio, punto 68 supra, punto 169).

72      Nella sua comunicazione del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione [COM(2000) 1], la Commissione ha definito come segue i quattro elementi costitutivi di una valutazione scientifica dei rischi (v. allegato III):

«Con identificazione del pericolo s’intende l’identificazione degli agenti biologici, chimici o fisici che possono avere effetti negativi. (…)

La caratterizzazione del pericolo consiste nella determinazione, in termini quantitativi e/o qualitativi, della natura e della gravità degli effetti nocivi collegati con gli agenti o le attività causali. (…)

La valutazione dell’esposizione consiste nella valutazione quantitativa o qualitativa della probabilità di esposizione all’agente in questione. (…)

La caratterizzazione del rischio corrisponde alla stima qualitativa e/o quantitativa, tenendo conto delle inerenti incertezze, della probabilità, della frequenza e della gravità degli effetti negativi sull’ambiente o sulla salute, conosciuti o potenziali, che possono verificarsi. Tale caratterizzazione viene stabilita sulla base dei tre componenti precedenti ed è strettamente collegata alle incertezze, variazioni, ipotesi di lavoro e congetture effettuate in ciascuna fase del procedimento».

73      In quanto procedimento scientifico, la valutazione scientifica dei rischi deve essere delegata dall’istituzione ad esperti scientifici (sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punto 157, e Alpharma/Consiglio, punto 68 supra, punto 170).

74      Inoltre, ai sensi dell’art. 6, n. 2, del regolamento n. 178/2002, la valutazione scientifica dei rischi si basa sugli elementi scientifici a disposizione ed è svolta in modo indipendente, obiettivo e trasparente. A tale riguardo occorre rilevare che l’obbligo delle istituzioni di assicurare un elevato livello di tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, comporta che queste ultime devono garantire che le loro decisioni siano adottate in piena considerazione dei migliori dati scientifici disponibili e che siano fondate sui più recenti risultati della ricerca internazionale (v., in tal senso, sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punto 158, e Alpharma/Consiglio, punto 68 supra, punto 171).

75      La valutazione scientifica dei rischi non deve obbligatoriamente fornire alle istituzioni prove scientifiche decisive sull’effettività del rischio e sulla gravità dei potenziali effetti nocivi in caso di avveramento di tale rischio. L’ambito di applicazione del principio di precauzione corrisponde infatti per ipotesi ad un ambito di incertezza scientifica. Tuttavia una misura preventiva non può essere validamente motivata con un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente (sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punti 142 e 143; v. anche, in tal senso, sentenza del Tribunale 11 luglio 2007, causa T‑229/04, Svezia/Commissione, Racc. pag. II‑2437, punto 161).

76      Inoltre, l’adozione di una misura preventiva o, al contrario, la sua revoca o riduzione non può essere subordinata alla prova dell’assenza di qualsiasi rischio, in quanto una siffatta prova è di regola impossibile da fornire dal punto di vista scientifico, giacché un livello di «rischio zero» in pratica non esiste (v., in tal senso, sentenza Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, punto 66 supra, punto 130). Ne deriva che una misura preventiva può essere adottata esclusivamente qualora il rischio, senza che la sua esistenza e la sua portata siano state dimostrate «pienamente» da dati scientifici concludenti, appaia nondimeno sufficientemente documentato sulla base dei dati scientifici disponibili al momento dell’adozione di tale misura (sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punti 144 e 146). In un tale contesto, la nozione di «rischio» corrisponde dunque ad una funzione della probabilità di effetti nocivi per il bene protetto dall’ordinamento giuridico cagionati dall’accettazione di determinate misure o di determinate prassi (v., in tal senso, sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punto 147).

77      Si deve infine osservare che una valutazione scientifica completa dei rischi può rivelarsi impossibile a causa dell’insufficienza dei dati scientifici disponibili. Ciò non può impedire all’autorità pubblica competente di adottare misure preventive in applicazione del principio di precauzione. In tale ipotesi occorre che esperti scientifici effettuino una valutazione scientifica dei rischi, malgrado l’incertezza scientifica sussistente, di modo che l’autorità pubblica competente disponga di un’informazione sufficientemente affidabile e solida che le permetta di cogliere l’intera portata della questione scientifica posta e di determinare la propria politica con cognizione di causa (v., in tal senso, sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punti 160‑163, e Alpharma/Consiglio, punto 68 supra, punti 173‑176).

–       Sulla determinazione del livello di rischio

78      La determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società spetta, nel rispetto delle norme applicabili, alle istituzioni incaricate della scelta politica costituita dalla fissazione di un livello di protezione appropriato per tale società. Spetta a tali istituzioni determinare la soglia critica di probabilità di effetti nocivi per la salute, la sicurezza e l’ambiente e della gravità di tali potenziali effetti - che reputano non essere più accettabile per tale società e che, una volta superata, rende necessario, nell’interesse della tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, il ricorso a misure preventive malgrado l’assenza di certezza scientifica (v., in tal senso, sentenza della Corte 11 luglio 2000, causa C‑473/98, Toolex, Racc. pag. I‑5681, punto 45, e sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punti 150 e 151).

79      Al momento della determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società, le istituzioni hanno l’obbligo di garantire un livello di tutela elevato della salute, della sicurezza e dell’ambiente. Tale livello di tutela elevato, per essere compatibile con questa disposizione, non deve essere necessariamente il più elevato possibile (v., in tal senso, sentenza della Corte 14 luglio 1998, causa C‑284/95, Safety Hi‑Tech, Racc. pag. I‑4301, punto 49). Inoltre, a tali istituzioni è precluso adottare un’impostazione puramente ipotetica del rischio e orientare le proprie decisioni ad un livello di «rischio zero» (sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punto 152).

80      La determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società dipende dal giudizio espresso dall’autorità pubblica competente sulle particolari circostanze di ciascuna fattispecie. A tal proposito detta autorità può considerare, in particolare, la gravità dell’impatto della sopravvenienza di tale rischio sulla salute, la sicurezza e l’ambiente, ivi compresa la portata dei possibili effetti nocivi, la persistenza, la reversibilità o gli effetti tardivi eventuali di tali danni nonché la percezione più o meno concreta del rischio sulla base dello stato delle conoscenze scientifiche disponibili (v., in tal senso, sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punto 153).

 Gestione del rischio

81      La gestione del rischio corrisponde all’insieme di azioni, messe in atto da un’istituzione che debba affrontare un rischio, finalizzate a portarlo ad un livello giudicato accettabile per la società, tenuto conto dell’obbligo dell’istituzione di garantire un livello di tutela elevato della salute, della sicurezza e dell’ambiente. Quando tale rischio oltrepassa il livello giudicato accettabile per la società, l’istituzione è infatti tenuta, in forza del principio di precauzione, ad adottare misure provvisorie di gestione del rischio necessarie a garantire un livello di tutela elevato.

82      Ai sensi dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 178/2002, le misure provvisorie in questione devono essere proporzionate, non discriminatorie, trasparenti e coerenti rispetto a misure simili già adottate (v., in tal senso, sentenza della Corte 1° aprile 2004, causa C‑286/02, Bellio F.lli, Racc. pag. I‑3465, punto 59).

83      Spetta infine all’autorità competente riesaminare le misure provvisorie in questione entro un termine ragionevole. Si è infatti deciso che, ove vi siano nuovi elementi che modificano la percezione di un rischio o mostrano che tale rischio può essere circoscritto da misure meno severe di quelle esistenti, spetta alle istituzioni, in particolare alla Commissione, che dispone del potere d’iniziativa, vigilare sull’adeguamento della normativa ai nuovi dati (sentenza Agrarproduktion Staebelow, punto 68 supra, punto 40).

 Sulla portata del controllo giurisdizionale

84      Le istituzioni dispongono, in materia di politica agricola comune, di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la definizione degli scopi perseguiti e la scelta degli opportuni strumenti d’azione (v. sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punto 166, e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, nell’ambito della loro valutazione dei rischi, esse devono procedere a stime complesse per valutare, in base alle informazioni di natura tecnica e scientifica che vengono loro fornite da esperti nel quadro della valutazione scientifica dei rischi, se i rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente oltrepassino il livello giudicato accettabile per la società.

85      Tale ampio potere discrezionale e tali stime complesse implicano un controllo limitato da parte degli organi giudicanti dell’Unione europea. Essi portano infatti alla conseguenza che il sindacato di merito dell’organo giudicante si limiti ad esaminare se l’esercizio da parte delle istituzioni delle loro competenze non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o ancora se tali autorità non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale [v. sentenze della Corte Monsanto Agricoltura Italia e a., punto 68 supra, punto 135; 15 ottobre 2009, causa C‑425/08, Enviro Tech (Europe), Racc. pag. I‑10035, punto 47, e sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punto 166, e la giurisprudenza ivi citata].

86      Per quanto riguarda il controllo da parte degli organi giudicanti dell’Unione dell’esistenza di un errore manifesto di valutazione che infici un atto di un’istituzione, occorre precisare che, al fine di stabilire se tale istituzione abbia commesso un manifesto errore nella valutazione di fatti complessi tale da giustificare l’annullamento di tale atto, gli elementi di prova addotti dalla ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nell’atto di cui si tratta (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T‑380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. II‑2169, punto 59, e 1° luglio 2004, causa T‑308/00, Salzgitter/Commissione, Racc. pag. II‑1933, punto 138). Con riserva di tale esame di attendibilità, non compete al Tribunale sostituire la propria valutazione di fatti complessi a quella dell’autore di tale decisione (sentenza Enviro Tech, punto 85 supra, punto 47, e sentenza del Tribunale 12 febbraio 2008, causa T‑289/03, BUPA e a./Commissione, Racc. pag. II‑81, punto 221).

87      Tuttavia, il limite al sindacato del giudice dell’Unione non incide sul suo dovere di verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì di accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (sentenze della Corte 22 novembre 2007, causa C‑525/04 P, Spagna/Lenzing, Racc. pag. I‑9947, punto 57, e 6 novembre 2008, causa C‑405/07 P, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑8301, punto 55).

88      Inoltre, si deve osservare che, quando un’istituzione dispone di un ampio potere discrezionale, è di fondamentale importanza la verifica del rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi. La Corte ha avuto modo di precisare che tra tali garanzie rientrano in particolare l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e quello di motivare la decisione in modo sufficiente (sentenze della Corte 21 novembre 1991, causa C‑269/90, Technische Universität München, Racc. pag. I‑5469, punto 14; 7 maggio 1992, cause riunite C‑258/90 e C‑259/90, Pesquerias De Bermeo et Naviera Laida/Commissione, Racc. pag. I‑2901, punto 26; Spagna/Lenzing, punto 87 supra, punto 58, e Paesi Bassi/Commissione, punto 87 supra, punto 56).

89      Così, è già stato statuito che lo svolgimento di una valutazione scientifica dei rischi il più esaustiva possibile, sulla base di pareri scientifici fondati sui principi dell’eccellenza, della trasparenza e dell’indipendenza, costituisce una garanzia procedurale rilevante al fine di assicurare l’oggettività scientifica delle misure e di evitare l’adozione di misure arbitrarie (v. sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punto 172).

2.     Sul motivo unico relativo alla violazione del principio di precauzione

90      La Repubblica francese deduce un solo motivo, relativo alla violazione del principio di precauzione da parte della Commissione a causa dell’adozione dei punti 2.3, lett. b, iii), 2.3, lett. d), e 4, capitolo A, allegato VII, del regolamento n. 999/2001, come ripreso nel regolamento impugnato (in prosieguo: le «misure contestate»).

91      A sostegno di tale motivo, la Repubblica francese fa valere, da un lato, argomenti tesi a contestare la valutazione del rischio effettuata dalla Commissione e, dall’altro lato, argomenti tesi a contestare la gestione del rischio effettuata dalla Commissione.

3.     Sulla valutazione del rischio

 Introduzione

92      Per quanto riguarda la valutazione del rischio effettuata dalla Commissione, la Repubblica francese sostiene, in primo luogo, che la Commissione non ha preso in considerazione le incertezze scientifiche con riguardo al rischio di trasmissibilità all’uomo delle TSE diverse dalla BSE, in secondo luogo, che la Commissione non ha fatto valutare scientificamente l’affidabilità dei «test diagnostici rapidi», in terzo luogo, che la Commissione ha ignorato le incertezze scientifiche con riguardo all’affidabilità dei test di discriminazione e, in quarto luogo, che la Commissione non ha fatto valutare in tempo debito i rischi derivanti dall’adozione delle misure contestate.

 Sulle censure relative alla mancata considerazione e all’erronea interpretazione delle incertezze scientifiche concernenti la trasmissibilità all’uomo delle TSE diverse dalla BSE

93      La Repubblica francese ritiene che la Commissione abbia violato il principio di precauzione nella fase di valutazione del rischio, ignorando o interpretando in maniera distorta le incertezze scientifiche che sussistono per quanto riguarda il rischio di trasmissibilità all’uomo delle TSE diverse dalla BSE.

94      La Commissione sostiene che esiste tra la comunità scientifica e le istituzioni internazionali un consenso relativo alla mancanza di un elemento che potrebbe dimostrare una trasmissibilità della scrapie all’uomo. Non vi sarebbe alcuna prova di un nesso epidemiologico o molecolare tra l’agente della scrapie e le TSE che colpiscono gli esseri umani. L’unica TSE che costituisce una zoonosi sarebbe la BSE.

95      Il Regno Unito afferma sostanzialmente che il disaccordo della Repubblica francese con la valutazione della Commissione relativamente alla trasmissibilità all’uomo delle TSE che colpiscono gli ovini e i caprini non è sufficiente a dimostrare un errore a tale proposito e che la Commissione non poteva essere costretta ad attendere di sapere se i modelli scientifici in questione fossero rappresentativi e avessero corrispondenze quasi perfette in un futuro più o meno prossimo. A suo avviso, i pareri dell’EFSA hanno fornito una base assolutamente sufficiente per agire nel modo in cui ha agito la Commissione.

96      Nel caso di specie, ai ‘considerando’ dal decimo al dodicesimo e diciottesimo del regolamento impugnato, la Commissione ha esposto la sua valutazione relativa al rischio di trasmissibilità all’uomo delle TSE diverse dalla BSE che colpiscono i caprini o gli ovini. In particolare, basandosi sul parere dell’EFSA del 24 gennaio 2008, essa ha considerato quanto segue:

«Dai chiarimenti forniti dall’EFSA emerge l’importanza della biodiversità degli agenti patogeni negli ovini e nei caprini, la quale non consente di escludere la trasmissibilità all’uomo e aumenta la probabilità che uno degli agenti responsabili delle TSE sia trasmissibile. L’EFSA riconosce tuttavia che non esistono prove scientifiche di legami diretti tra le TSE degli ovocaprini, diverse dalla BSE, e le TSE nell’uomo. Il parere dell’EFSA, secondo cui la trasmissibilità all’uomo degli agenti responsabili delle TSE negli ovini e nei caprini non può essere esclusa, si basa su studi sperimentali sulla barriera di specie tra l’animale e l’uomo e su modelli animali (primati e topi). Questi modelli non tengono tuttavia conto delle caratteristiche genetiche dell’uomo che esercitano una profonda influenza sulla relativa suscettibilità alle malattie da prioni. I limiti riguardano anche l’estrapolazione dei risultati alle condizioni naturali, in particolare l’adeguatezza della rappresentazione della barriera di specie tra l’animale e l’uomo e l’incertezza su quanto adeguatamente la via di inoculazione sperimentale prescelta rifletta l’esposizione nelle condizioni naturali. Pertanto, per quanto non si possa escludere il rischio di trasmissione all’uomo degli agenti patogeni delle TSE degli ovini e dei caprini, si può ritenere che si tratterebbe di un rischio estremamente ridotto visto che le prove della trasmissibilità si basano su modelli sperimentali che non riflettono le condizioni naturali per quanto concerne la reale barriera di specie tra l’animale e l’uomo e le reali vie di infezione» (v. dodicesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato).

97      Dal dodicesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato risulta quindi che la Commissione ha espressamente riconosciuto che era impossibile escludere qualsiasi trasmissibilità all’uomo delle TSE diverse dalla BSE che colpiscono gli ovini o i caprini, tenuto conto della biodiversità degli agenti patogeni e dei risultati dei modelli sperimentali. Ne consegue che la Repubblica francese ha torto nell’affermare che la Commissione, nella valutazione dei rischi precedente all’adozione delle misure contestate, ha ignorato le incertezze scientifiche sussistenti in relazione al rischio di trasmissibilità all’uomo delle suddette TSE.

98      La Repubblica francese tuttavia afferma anche che la Commissione ha interpretato in maniera distorta i pareri scientifici a sua disposizione, considerando che il rischio di trasmissione all’uomo di una TSE che colpisce animali diversa dalla BSE fosse estremamente basso.

99      A tale riguardo occorre ricordare che, tenuto conto dell’ampio potere discrezionale della Commissione in materia di politica agricola comune e delle stime complesse che essa deve effettuare nell’ambito della sua valutazione dei rischi, il controllo da parte degli organi giudicanti dell’Unione è, nel caso di specie, limitato. Esso consiste nel verificare che la Commissione non abbia commesso un errore manifesto nella valutazione dei pareri scientifici a sua disposizione. Un errore siffatto presuppone che gli elementi di prova che devono essere addotti dalla parte che li fa valere siano sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nel regolamento impugnato (v. punto 86 supra).

100    Nel caso di specie, la Commissione ha dedotto dai pareri dell’EFSA dell’8 marzo 2007 e del 24 gennaio 2008 che il rischio trasmissibilità all’uomo delle TSE che colpiscono gli ovini o i caprini diverse dalla BSE fosse estremamente basso.

101    A tale riguardo occorre rilevare che risulta dal parere dell’EFSA dell’8 marzo 2007 e che non è contestato dalle parti il fatto che non vi fossero prove di un nesso epidemiologico o molecolare tra, da un lato, la scrapie classica o atipica e, dall’altro lato, le TSE che colpiscono l’uomo.

102    Inoltre, nel suo parere del 24 gennaio 2008, l’EFSA ha precisato che non poteva tuttavia essere escluso che una TSE che colpisce gli ovini o i caprini diversa dalla BSE possa trasmettersi all’uomo. A tale riguardo ha indicato che la mancanza della prova di un nesso epidemiologico non dimostrerebbe necessariamente una mancanza di correlazione tra le TSE che colpiscono gli animali e le TSE che colpiscono l’uomo, poiché sarebbe in parte dovuta alla carenza di dati e di comprensione della biodiversità delle TSE animali ed umane. Così, a suo avviso, la presunta assenza di correlazione tra le TSE che colpiscono l’uomo e quelle che colpiscono gli animali poteva essere falsata, in primo luogo, dalla mancanza di dati sulla reale prevalenza storica e sulla distribuzione delle TSE per i ruminanti di piccola taglia, poiché era stata effettuata solo una sorveglianza passiva, in secondo luogo, dalla mancata comprensione della vera biodiversità delle TSE nei ruminanti di piccola taglia, tanto per gli agenti della scrapie classica che per quelli della scrapie atipica, in terzo luogo, dalla mancata comprensione della diversità delle TSE che colpiscono gli umani, dovuta all’assenza di analisi molecolare e tramite biotest di tali TSE e al numero e alla gamma delle malattie neurodegenerative che colpiscono l’uomo e, in quarto luogo, dal fenotipo previsto della malattia che potrebbe presentarsi qualora una TSE che colpisce gli animali fosse trasmessa all’uomo (v. parere dell’EFSA del 24 gennaio 2008, pag. 4).

103    Dai pareri dell’EFSA dell’8 marzo 2007 e del 24 gennaio 2008 risulta inoltre che gli studi sperimentali non hanno consentito di escludere la possibilità di una trasmissibilità all’uomo delle TSE che colpiscono gli animali.

104    Secondo l’EFSA, i test in vitro sulla trasmissibilità hanno dimostrato che la capacità intrinseca degli agenti della BSE e della scrapie di colpire l’uomo dopo un’esposizione equivalente è scarsa (v. parere dell’EFSA del 24 gennaio 2008, pag. 5). Test di laboratorio con modelli animali hanno inoltre dimostrato la trasmissibilità delle TSE che colpiscono gli ovini o i caprini diverse dalla BSE classica (v. parere dell’EFSA dell’8 marzo 2007, pag. 6, e del 24 gennaio 2008, pag. 4). In particolare l’EFSA ha fatto valere la trasmissione per via orale di un agente della scrapie classica da un criceto infetto ad una scimmia scoiattolo, la trasmissione per via intracerebrale della scrapie classica da due distinte fonti ovine a un macaco e a un uistitì e la trasmissione di un agente di una TSE diversa dalla BSE classica ad un topo usato come modello per il gene umano M129 PRP.

105    Tuttavia la Commissione ha potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che tali modelli sperimentali fossero imperfetti. Nel suo parere del 24 gennaio 2007 l’EFSA ha infatti osservato che tali modelli non consentivano di prendere in considerazione il polimorfismo del gene umano PRNP. Orbene, tale gene riveste un’importanza fondamentale al fine di valutare la predisposizione alle TSE e non si può escludere che altri geni influiscano sulla determinazione della generale predisposizione alle TSE. Inoltre, nel suo parere dell’8 marzo 2007, l’EFSA aveva ritenuto che la via di esposizione, il dosaggio e le esposizioni cumulate erano considerate influenzare la capacità degli agenti delle TSE di superare la barriera della specie umana. Orbene, l’influenza di tali fattori sulla rappresentatività dei modelli sperimentali non risulta espressamente dai pareri dell’EFSA.

106    Dai pareri dell’EFSA risulta quindi che le conoscenze scientifiche in materia di trasmissibilità all’uomo delle TSE che colpiscono gli animali diverse dalla BSE erano limitate, in quanto gli unici elementi che consentivano di rafforzare la capacità di agenti delle TSE diverse dalla BSE di infettare l’uomo erano, al momento dell’adozione delle misure contestate, modelli sperimentali. Tali modelli non rappresentavano tuttavia in modo affidabile la barriera della specie umana e l’esposizione dell’uomo a TSE che colpiscono gli animali diverse dalla BSE in condizioni naturali. Tale mancanza di rappresentatività dei modelli sperimentali intaccava sensibilmente la loro capacità di dimostrare un possibile danno alla salute umana da parte di una TSE che colpisce gli animali diversa dalla BSE. Infatti, l’interazione tra una TSE che colpisce gli animali e la barriera della specie umana, da un lato, e le vie di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono gli animali diverse dalla BSE, dall’altro lato, costituiscono elementi importanti per valutare il rischio di trasmissione all’uomo delle TSE che colpiscono gli animali diverse dalla BSE.

107    Per di più, nonostante nella sua dichiarazione sul potenziale rischio per la salute umana delle modifiche relative al controllo della scrapie classica del febbraio 2008 il SEAC abbia confermato che non si poteva escludere un nesso tra la scrapie classica e le TSE che colpiscono gli animali, esso ha tuttavia ritenuto che tale rischio dovesse essere assai scarso. A parere del SEAC, la frequenza assai scarsa e relativamente costante dei casi di TSE che colpiscono l’uomo in tutto il mondo indicava l’esistenza di una barriera perlomeno sostanziale, se non totale, alla trasmissione della scrapie classica agli esseri umani.

108    Visto il carattere limitato e poco rappresentativo degli elementi scientifici che consentivano, al momento dell’adozione delle misure contestate, di sostenere il fatto che una TSE che colpisce gli ovini o i caprini diversa dalla BSE fosse trasmissibile all’uomo, la Commissione ha potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che la probabilità che una TSE che colpisce gli ovini o i caprini diversa dalla BSE sia trasmissibile all’uomo fosse estremamente scarsa. Pertanto, la constatazione di cui al dodicesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato, secondo la quale il rischio di trasmissione all’uomo di una tale TSE era estremamente basso, non è inficiata da un errore manifesto di valutazione.

109    La Repubblica francese non deduce nessun argomento né presenta alcun elemento di prova tale da privare di plausibilità la valutazione della Commissione relativa al carattere estremamente debole del rischio di trasmissione all’uomo delle TSE che colpiscono gli animali diverse dalla BSE. In particolare, per quanto riguarda il fatto che essa reputa che i limiti dei modelli sperimentali utilizzati per la scrapie sono gli stessi di quelli dei modelli utilizzati per la BSE, occorre osservare che essa ha indicato in udienza che questi ultimi modelli da soli non sarebbero stati sufficienti per evidenziare una trasmissibilità della BSE all’uomo. Senza i dati molecolari ed epidemiologici della BSE, tale trasmissibilità non avrebbe quindi potuto essere accertata. Pertanto, anche se i modelli sperimentali utilizzati per valutare il rischio di trasmissibilità all’uomo delle TSE che colpiscono gli animali diverse dalla BSE erano identici a quelli serviti per valutare il rischio di trasmissibilità della BSE all’uomo, tale circostanza non sarebbe sufficiente a qualificare la rilevanza del rischio. Come indicato dalla Repubblica francese, tale identità dei modelli sperimentali non prova che il rischio fosse basso. Al contrario, il fatto che, nel caso di specie, solo modelli sperimentali indichino che una trasmissibilità all’uomo delle TSE che colpiscono gli animali diverse dalla BSE non potesse essere esclusa può essere considerato come un indice, sulla base delle conoscenze esistenti al momento dell’adozione delle misure contestate, della scarsa probabilità di una trasmissibilità all’uomo delle TSE che colpiscono gli animali diverse dalla BSE.

 Sulla censura fondata sulla mancata consultazione di esperti scientifici circa l’affidabilità dei «test diagnostici rapidi»

 Considerazioni preliminari

110    La Repubblica francese ritiene che la Commissione, non avendo consultato l’EFSA riguardo all’affidabilità dei «test diagnostici rapidi», abbia violato il principio di precauzione. La Commissione ed il Regno Unito ritengono in sostanza che la Commissione fosse sufficientemente informata circa l’affidabilità dei «test diagnostici rapidi» grazie ai pareri dell’EFSA del 17 maggio e del 26 settembre 2005.

111    Occorre innanzitutto ricordare che i «test diagnostici rapidi» hanno lo scopo di individuare, sulla base di tessuti prelevati da animali morti, la presenza di una TSE nei ruminanti di piccola taglia, ma non il suo tipo, vale a dire una BSE, una scrapie classica o una scrapie atipica.

112    Occorre inoltre osservare che il regolamento n. 999/2001 prevede che la prevenzione, il controllo e l’eradicazione delle TSE siano attuati, in particolare, nell’ambito di un programma annuale per la sorveglianza della BSE e della scrapie che comprende procedure di screening che utilizzano «test diagnostici rapidi». Tale sorveglianza implica infatti di sottoporre a tali test un campione rappresentativo di animali morti per ciascuna regione e stagione (v. allegato I del regolamento n. 270/2002). Tali test sono ripresi all’allegato X del regolamento n. 999/2001 dopo essere stati approvati (v. art. 6 del regolamento n. 999/2001).

113    I pareri dell’EFSA del 17 maggio e del 26 settembre 2005 hanno lo scopo di valutare le prestazioni di nuovi «test diagnostici rapidi» post mortem su tessuti di ovini e di caprini, tenendo conto dell’opinione dell’AFSSA, e di fornire raccomandazioni sull’approvazione di tali test.

114    Nei suoi pareri del 17 maggio e del 26 settembre 2005, l’EFSA ha in particolare valutato i diversi «test diagnostici rapidi» in questione sotto il profilo della loro «sensibilità diagnostica» (vale a dire la capacità di identificare correttamente i tessuti infetti di campioni positivi), della loro «specificità diagnostica», vale a dire la capacità di identificare correttamente tessuti non infetti, e della loro «sensibilità analitica», vale a dire la capacità di identificare una bassa concentrazione del prione in una serie di diluizioni. Otto dei nove «test diagnostici rapidi» in questione hanno ottenuto risultati soddisfacenti per quanto riguarda la loro applicazione a tessuti del tronco cerebrale, denominato anche «obex». Essi hanno ottenuto una percentuale che si colloca tra il 99,6 e il 100% per la «sensibilità diagnostica» e la «specificità diagnostica». L’EFSA ha quindi raccomandato questi otto test per valutare la prevalenza della scrapie classica e della BSE negli ovini sulla base di campioni del tronco cerebrale. Infine, sulla base di conoscenze scientifiche limitate, ha raccomandato che i caprini siano trattati allo stesso modo degli ovini per quanto riguarda i «test diagnostici rapidi».

115    In seguito a tali pareri, gli otto «test diagnostici rapidi» raccomandati sono stati ripresi al punto 4, capitolo C, allegato X, del regolamento n. 999/2001.

 Sull’utilizzo dei «test diagnostici rapidi» a fini diversi da quelli epidemiologici

116    La Repubblica francese contesta sostanzialmente alla Commissione di aver ritenuto che la valutazione dell’affidabilità dei «test diagnostici rapidi» di cui ai pareri dell’EFSA del 17 maggio e del 26 settembre 2005, che era stata effettuata nell’ambito di misure di sorveglianza epidemiologica delle TSE nei ruminanti di piccola taglia, fosse parimenti valida nell’ambito delle misure contestate, permettendo l’immissione al consumo umano di carne di ruminanti di piccola taglia nel caso in cui tali test fossero risultati negativi. In udienza essa ha precisato che i requisiti di affidabilità di un test per valutare la prevalenza di una malattia in greggi di ovini e di caprini non potevano essere gli stessi di quelli richiesti per valutare l’immissione al consumo umano di carne di ovini o di caprini.

117    A tale riguardo occorre rilevare che l’EFSA, nel suo parere del 7 giugno 2007, aveva affermato che, pur se all’epoca l’unico scopo del programma di «test diagnostici rapidi» era una sorveglianza epidemiologica, sarebbe stato in futuro possibile prendere in considerazione altri utilizzi di tali test, quali la certificazione di un gregge come non affetto da una TSE. Così, l’EFSA ha affermato espressamente che i «test diagnostici rapidi» potrebbero essere utilizzati in altri contesti oltre a quello della sorveglianza. Inoltre, se, come indicato dall’EFSA, i «test diagnostici rapidi» potranno essere utilizzati per certificare che il gregge di ruminanti di piccola taglia non è affetto da una TSE, la Commissione, senza commettere un errore manifesto di valutazione, ne ha potuto dedurre che tale certificazione varrebbe anche per la carne proveniente da tale gregge destinata al consumo umano.

118    Occorre inoltre osservare che un’efficace sorveglianza epidemiologica delle TSE che colpiscono gli animali presuppone che i casi di TSE possano essere identificati correttamente. L’efficacia di tale sorveglianza dipende in particolare dall’affidabilità dei «test diagnostici rapidi».

119    Orbene, nei pareri del 17 maggio e del 26 settembre 2005, l’EFSA ha affermato, per ciascuno dei «test diagnostici rapidi» che raccomandava, che essi ottenevano un risultato soddisfacente per quanto riguarda la «sensibilità diagnostica» e la «specificità diagnostica» se applicati a tessuti del tronco cerebrale di casi clinici confermati di scrapie classica. Tali risultati si collocavano tra il 99,6 e il 100%. Inoltre, l’EFSA ha stimato che tutti i «test diagnostici rapidi» raccomandati hanno consentito di determinare la presenza del prione in tre campioni della BSE che colpisce gli ovini che era stata inoculata sperimentalmente.

120    Alla luce della natura e dei risultati delle valutazioni dei «test diagnostici rapidi» di cui ai pareri dell’EFSA del 17 maggio e del 26 settembre 2005, la Commissione ha dunque potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che i «test diagnostici rapidi» eseguiti su campioni del tronco cerebrale rispettassero i requisiti di affidabilità richiesti per controllare l’immissione al consumo umano di carne di ruminanti di piccola taglia. Inoltre, la Repubblica francese non deduce alcun elemento che permetta di considerare che le suddette valutazioni dell’EFSA non consentissero di rispettare il livello di rigore richiesto per test utilizzati allo scopo di controllare la carne di ovini o di caprini destinata al consumo umano.

121    In ogni caso le valutazioni dell’affidabilità dei «test diagnostici rapidi» contenute nei pareri dell’EFSA del 17 maggio e del 26 settembre 2005 giustificavano già, in caso di risultato negativo, l’immissione al consumo umano di carne di ovini e di caprini. Infatti, anche prima dell’adozione delle misure contestate, un risultato negativo dei «test diagnostici rapidi» eseguiti a fini di sorveglianza epidemiologica consentiva l’immissione al consumo umano di carne dell’animale in questione (v. allegato III, capitolo A, punto II, del regolamento n. 999/2001 nella sua versione applicabile prima dell’adozione del regolamento n. 727/2007). Orbene, la Repubblica francese non contesta l’affidabilità dei «test diagnostici rapidi» quando vengano utilizzati a fini epidemiologici, nonostante il fatto che dal loro grado di affidabilità dipenda anche l’immissione o meno al consumo umano di carne di animali affetti da una TSE.

122    Pertanto la Commissione, senza commettere un errore manifesto di valutazione, ha potuto ritenere che la valutazione dell’affidabilità dei «test diagnostici rapidi» contenuta nei pareri dell’EFSA del 17 maggio e del 26 settembre 2005 fosse valida per l’utilizzo di tali test nell’ambito del controllo dell’immissione al consumo umano di carne di ovini o di caprini. Deve quindi essere respinta la censura della Repubblica francese secondo la quale era necessario consultare specificamente l’EFSA in relazione all’affidabilità dei «test diagnostici rapidi» nell’ambito del controllo dell’immissione al consumo umano di carne di ovini o di caprini.

 Sulla mancanza di indicazioni nei pareri dell’EFSA del 17 maggio e del 26 settembre 2005 relative all’affidabilità dei «test diagnostici rapidi» qualora i ruminanti di piccola taglia non presentino ancora un accumulo di prioni sufficiente nel tronco cerebrale

123    La Repubblica francese reputa in sostanza che la Commissione non abbia adottato le misure contestate con piena cognizione di causa, poiché non aveva a disposizione una valutazione scientifica delle prestazioni dei «test diagnostici rapidi» che tenesse conto del fatto che, in una fase iniziale della scrapie classica, i prioni si accumulano nei tessuti periferici prima di accumularsi nell’obex. A suo avviso, i pareri dell’EFSA del 17 maggio e del 26 settembre 2005 non forniscono alcuna indicazione relativa all’affidabilità dei «test diagnostici rapidi» al fine di individuare i ruminanti di piccola taglia colpiti, qualora essi non presentino ancora un accumulo sufficiente del prione nel tronco cerebrale. Orbene, dal parere dell’AFSSA del 13 giugno 2007 risulterebbe che tale limite dei «test diagnostici rapidi» porterebbe alla conseguenza che la metà degli animali colpiti da una TSE non venga individuata.

124    A tale riguardo occorre osservare che, nei pareri del 17 maggio e del 26 settembre 2005, l’EFSA ha valutato i diversi «test diagnostici rapidi», in particolare sotto il profilo della loro «sensibilità diagnostica» e della loro «spécificità diagnostica» sulla base di campioni positivi di tessuti del tronco cerebrale, dei linfonodi posti al livello del mesentere, della milza e del cervelletto provenienti da animali di età compresa tra i 16 mesi e i 6 anni. In seguito a tale stima, l’EFSA ha raccomandato otto dei nove test presi in considerazione al fine di valutare la prevalenza della scrapie classica e della BSE negli ovini sulla base di campioni del tronco cerebrale. Ha inoltre raccomandato un test per individuare le TSE sulla base di campioni dei suddetti linfonodi e della milza.

125    Nel suo parere del 15 maggio 2006, l’AFSSA ha inoltre considerato che «i test di accertamento rapido come [venivano] eseguiti (…) non [erano] in grado di identificare gli animali infettati da un ceppo di TSE durante gran parte del periodo di incubazione, poiché [venivano] eseguiti esclusivamente su campioni di tessuti nervosi centrali, mentre determinati tessuti (in particolare gli organi linfoidi) [potevano] contenere grandi quantità dell’agente patogeno in una fase più precoce».

126    Nel suo parere del 15 gennaio 2007, trasmesso alla Commissione il 17 gennaio 2007, l’AFSSA ha confermato la valutazione, di cui al punto 125 supra, contenuta nel suo parere del 15 maggio 2006.

127    Nel suo parere del 13 giugno 2007, l’AFSSA si è espressa sulle conseguenza dei limiti dei «test diagnostici rapidi» eseguiti sull’obex di ruminanti di piccola taglia. Essa ha affermato che, «sulla base dei dati raccolti in Francia [grazie alla sorveglianza attiva degli ovini per il 2006,] è [stato] accertato che i test sull’obex individua[va]no solo circa il 50% degli animali infetti nei greggi colpiti, mentre l’altro 50% [era] costituito da animali in incubazione portatori di contagiosità nei loro organi linfoidi».

128    Nel suo parere del 5 dicembre 2007, l’AFSSA ha precisato che la «sensibilità diagnostica» dei test sull’obex poteva variare a seconda delle strutture genetiche dei greggi colpiti, del ceppo di prione e del modo di evolversi dell’infezione. Tuttavia ha ritenuto che, pur se il valore stimato del 50% rappresentava solo un ordine di grandezza, esso rimanesse assolutamente rappresentativo.

129    Nel suo parere del 25 gennaio 2007 l’EFSA ha inoltre indicato quanto segue:

«Negli ovini VRQ/VRQ infettati in condizioni naturali dalla scrapie classica, le PrPsc possono essere individuate nelle placche di Peyer (PP) dell’ileo a partire dal 21° giorno successivo alla nascita e in altre PP del tubo digerente e nelle tonsille dell’agnello a partire dall’età di 60 giorni. In condizioni simili, le PrPsc possono essere individuate nel sistema nervoso enterico a partire dall’età di 7 mesi, quasi tre mesi prima rispetto alla sua prima individuazione nell’obex (…). Di conseguenza, nel corso della sorveglianza, l’accertamento delle PrPsc all’interno dell’obex con l’ausilio di test diagnostici rapidi costituisce un debole indicatore dell’assenza di infezioni da TSE nell’apparato digerente dell’agnello».

130    Infine, nel suo parere del 5 giugno 2008, l’EFSA ha ritenuto che l’infezione da TSE dei ruminanti di piccola taglia si fosse generalmente verificata alla nascita o nel periodo immediatamente successivo. A suo avviso, la placenta, i tessuti materni e fetali andavano considerati un focolaio di infezione. Essa ha inoltre indicato che, in condizioni naturali, le prime prove di un’infezione da scrapie apparirebbero nel canale alimentare e nelle sue strutture linfoidi associate nel corso dei primi mesi di vita, che i prioni potevano in seguito essere individuati nella maggior parte delle formazioni linfoidi secondarie e nell’insieme del sistema nervoso enterico e che i prioni venivano individuati nel sistema nervoso centrale all’incirca a partire dalla metà del periodo di incubazione. Essa ne ha dedotto che l’accertamento di prioni nell’obex per mezzo di «test diagnostici rapidi» fosse un debole indicatore dell’assenza di infezione da agenti di una TSE all’interno dei tessuti periferici dei ruminanti di piccola taglia.

131    Le raccomandazioni dei «test diagnostici rapidi» nei pareri dell’EFSA del 17 maggio e del 26 settembre 2005 riguardano quindi la loro affidabilità solo qualora essi vengano eseguiti su determinati tessuti, tra cui taluni tessuti dell’obex. Tali raccomandazioni tuttavia non tengono conto della diffusione delle TSE all’interno dei diversi tessuti dell’animale durante il periodo di incubazione e, in particolare, del fatto che in genere le TSE si diffondono subito nei tessuti linfoidi prima di diffondersi nell’obex.

132    La Repubblica francese non può tuttavia contestare alla Commissione di aver adottato le misure in causa senza cognizione dei limiti formulati da esperti scientifici in relazione ai «test diagnostici rapidi» eseguiti sull’obex di soggetti giovani. Tali limiti, infatti, sono stati esposti nei pareri dell’AFSSA del 15 gennaio, 13 giugno e 5 dicembre 2007. Orbene, come risulta dal punto 126 supra per quanto riguarda il parere del 15 gennaio 2007 e dalla risposta della Repubblica francese ad un quesito scritto del Tribunale, tali pareri sono stati comunicati alla Commissione prima dell’adozione delle misure contestate. Inoltre, i pareri dell’EFSA del 25 gennaio 2007 e del 5 giugno 2008, nei quali essa ha affermato che l’accertamento di prioni nell’obex per mezzo di «test diagnostici rapidi» era un debole indicatore dell’assenza di infezione da un agente di una TSE all’interno dei tessuti periferici dei ruminanti di piccola taglia, sono stati adottati prima dell’adozione da parte della Commissione del regolamento impugnato.

133    Il fatto che la Commissione fosse a conoscenza di tali limiti dei «test diagnostici rapidi» prima dell’adozione del regolamento impugnato non esime tuttavia dal fornire risposta alla questione se la Commissione abbia tratto da tali limiti le debite conseguenze nell’ambito della valutazione dei rischi che l’adozione delle misure contestate avrebbe creato. La Repubblica francese contesta, infatti, parimenti alla Commissione di non aver tratto da tali limiti le debite conseguenze. Tuttavia tale censura si sovrappone a quelle della mancata valutazione dell’aumento del rischio e della gestione del rischio che saranno trattate di seguito, ai punti 174‑202 e al titolo 4 «Sulla gestione del rischio».

134    Infine, per quanto riguarda il fatto che la Repubblica francese deduce che, nel suo parere del 7 giugno 2007, l’EFSA ha raccomandato una nuova valutazione dei «test diagnostici rapidi», occorre osservare che tale parere è stato adottato in seguito alla domanda della Commissione all’EFSA di effettuare un aggiornamento dei protocolli di valutazione esistenti dei «test diagnostici rapidi» delle TSE in vista della pubblicazione, alla metà del 2007, di un invito a presentare candidature per «test diagnostici rapidi» nell’ambito della sorveglianza delle TSE. In tale parere si precisa che il gruppo di esperti scientifici sui rischi biologici (panel Biohaz) ha raccomandato di sottoporre alla nuova valutazione i «test diagnostici rapidi» già approvati, al fine di confermarne la solidità e la capacità di soddisfare i nuovi requisiti di prestazione, ad esempio per quanto riguarda i casi atipici e la «sensibilità analitica». Tale raccomandazione si fonda, da un lato, sul fatto che nei procedimenti di valutazione dei test precedenti erano state osservate differenze tra i test in termini di «sensibilità analitica», la cui rilevanza in termini di «sensibilità diagnostica» e di pertinenza biologica non poteva essere stimata scientificamente al momento della valutazione, e, dall’altro lato, sul fatto che, in seguito ai programmi di sorveglianza che utilizzavano test convalidati, era stato individuato in Europa un nuovo tipo di TSE nei ruminanti di piccola taglia, vale a dire la scrapie atipica/NOR 98, e che i «test diagnostici rapidi» concordati non avevano pari prestazioni per tali casi atipici, il che potrebbe portare a non riconoscere tipi diversi di scrapie.

135    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica francese, l’EFSA, nel suo parere del 7 giugno 2007, non ha raccomandato una nuova valutazione dei «test diagnostici rapidi», tenuto conto della loro inefficacia ad individuare una scrapie classica nei soggetti giovani. In tale parere l’EFSA ha inoltre considerato che, nonostante la distribuzione variabile dei prioni nell’organismo, effettuare i test sull’obex costituirebbe il compromesso migliore per individuare tutti gli agenti delle TSE che infettano gli ovini.

136    Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono occorre quindi respingere le censure della Repubblica francese secondo le quali, da un lato, la Commissione non sarebbe stata a conoscenza, prima di adottare le misure contestate, dei limiti dei «test diagnostici rapidi» eseguiti su soggetti giovani e, dall’altro lato, la Commissione, adottando le misure contestate quando invece l’EFSA, visti i suddetti limiti, aveva raccomandato una nuova valutazione di tali test, ha commesso un errore manifesto di valutazione.

 Sulle censure relative ai test di discriminazione

 Introduzione

137    La Repubblica francese sostiene che la Commissione ha ignorato le incertezze scientifiche sussistenti in relazione all’affidabilità dei test di discriminazione. Le misure contestate sarebbero state elaborate dalla Commissione prima di aver consultato l’EFSA e la Commissione non avrebbe riesaminato la fondatezza di tali misure in seguito al parere dell’EFSA del 24 gennaio 2008. Essa ritiene inoltre che, al quindicesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato, la Commissione abbia fatto un uso distorto del parere dell’EFSA del 24 gennaio 2008. La Commissione avrebbe minimizzato i dubbi dovuti all’insufficiente conoscenza della reale biodiversità degli agenti patogeni delle TSE a motivo della mancanza di dati scientifici relativi alla possibilità di coinfezione in condizioni naturali e della scarsa prevalenza della BSE nei ruminanti di piccola taglia. Così facendo, la Commissione ignorerebbe le incertezze scientifiche molto forti espresse dall’EFSA e snaturerebbe le conclusioni a cui quest’ultima è giunta nel suo parere.

138    La Commissione ed il Regno Unito contestano l’argomento secondo cui la Commissione non avrebbe tenuto pienamente conto del parere dell’EFSA del 24 gennaio 2008.

139    In via preliminare, occorre ricordare che i test di discriminazione indicano test che consentono di individuare il tipo di TSE di cui trattasi, vale a dire una BSE, una scrapie classica o una scrapie atipica. La loro applicazione presuppone quindi la previa identificazione di un caso di TSE che può segnatamente effettuarsi per mezzo dei «test diagnostici rapidi».

140    Prima del 2005 gli unici test di discriminazione concordati erano test di discriminazione cosiddetti «biologici» o «in vivo». Consistevano nell’inoculare tessuti contaminati da TSE nel cervello di un topo vivo per determinare l’esatta natura della TSE di cui si trattava, vale a dire una BSE, una scrapie classica o una scrapie atipica. Quando il topo moriva, veniva eseguito un esame al microscopio del suo cervello e i risultati di tale esame consentivano, dopo diversi anni, di determinare l’esatta natura della TSE.

141    A partire dal 2002 sono stati messi a punto test molecolari di discriminazione, denominati anch’essi test di discriminazione «biochimici» o «in vitro». L’utilizzo di tali test nell’ambito del regolamento n. 999/2001 è stato autorizzato in seguito all’adozione del regolamento n. 36/2005.

142    Occorre infine precisare che la nozione di «coinfezione» indica, nell’ambito della presente causa, la possibilità che un ruminante di piccola taglia sia affetto contemporaneamente dalla BSE e da una TSE diversa dalla BSE.

 Sulla censura relativa alla mancata considerazione delle incertezze scientifiche sull’affidabilità dei test di discriminazione

143    La Repubblica francese contesta alla Commissione di aver ignorato le incertezze scientifiche sussistenti in relazione all’affidabilità dei test di discriminazione.

144    A tale riguardo occorre necessariamente constatare che, al sesto ‘considerando’ del regolamento impugnato, la Commissione ha fatto valere il parere dell’EFSA dell’8 marzo 2007, in forza del quale, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non si può muovere dal presupposto che la «sensibilità diagnostica» e la «specificità diagnostica» dei test di discriminazione fossero perfette. Inoltre, al tredicesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato, la Commissione ha indicato che l’EFSA aveva confermato, nel suo parere del 24 gennaio 2008, che i test di discriminazione non potevano essere considerati perfetti in quanto non si conoscevano a sufficienza la reale biodiversità degli agenti patogeni delle TSE negli ovini e nei caprini e le modalità di interazione tra gli agenti patogeni in caso di coinfezione. Inoltre, al quattordicesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato, la Commissione ha sottolineato la mancanza di dati statistici sufficienti per valutare la sensibilità o la specificità dei test di discriminazione e ha indicato che tale mancanza di dati non poteva essere compensata dalla procedura attuata, che comprendeva una prova interlaboratorio con ulteriori metodi di analisi molecolare in vari laboratori e la relativa interpretazione da parte di un gruppo di esperti. Infine, al quindicesimo ‘considerando’ del regolamento suddetto, la Commissione ha ricordato che i test di discriminazione non potevano essere considerati perfetti, pur ritenendo che fossero uno strumento idoneo per l’eradicazione delle TSE.

145    Occorre pertanto respingere la censura della Repubblica francese secondo cui la Commissione, al momento dell’adozione delle misure contestate, avrebbe ignorato le incertezze scientifiche sussistenti in relazione all’affidabilità dei test di discriminazione.

146    La Repubblica francese censura altresì alla Commissione di aver elaborato le misure contestate prima di aver consultato l’EFSA. A tale riguardo occorre ricordare che, quando un’istituzione dell’Unione decide di adottare misure che implichino il rispetto del principio di precauzione, tali misure devono essere adottate in piena considerazione dei migliori dati scientifici disponibili e fondate sui più recenti risultati della ricerca internazionale (v. punto 74 supra). Il rispetto di tali obblighi deve tuttavia essere valutato indipendentemente dalla questione se le misure siano state elaborate prima dell’adozione di un parere da parte di una particolare istituzione scientifica. L’elaborazione delle misure contestate costituisce infatti una fase preparatoria e interna del processo decisionale nel corso del quale la Commissione può ancora modificare la propria posizione alla luce di nuovi dati scientifici, mentre l’adozione delle misure contestate fissa la posizione della Commissione. Di conseguenza, la censura fondata su un’elaborazione delle misure contestate precedente alla consultazione dell’EFSA è inoperante.

147    Per quanto riguarda il fatto che la Repubblica francese censura alla Commissione di non aver riesaminato le misure contestate in seguito al parere dell’EFSA del 24 gennaio 2008, occorre necessariamente constatare che, nei ‘considerando’ del regolamento impugnato, la Commissione ha fatto espresso riferimento a tale parere e che la Repubblica francese non giunge a dimostrare la mancanza di un tale riesame.

148    Infine, per quanto riguarda il fatto che la Repubblica francese sostiene che le incertezze scientifiche relative all’affidabilità dei test di discriminazione sancita nei pareri scientifici comportano un livello di rischio inaccettabile per la società, qualora tali test siano utilizzati nell’ambito del sistema attuato dalle misure contestate, occorre osservare che tale censura si ricollega a quelle attinenti all’utilizzo distorto del citato parere e alla cattiva gestione del rischio che saranno trattate in seguito, rispettivamente ai punti 157‑171 e al titolo 4 «Sulla gestione del rischio».

 Sulla censura relativa all’utilizzo distorto del parere dell’EFSA del 24 gennaio 2008

–       Introduzione

149    La Repubblica francese contesta alla Commissione di aver minimizzato i dubbi degli esperti scientifici relativi all’affidabilità dei test di discriminazione dovuti all’insufficiente conoscenza della reale biodiversità degli agenti patogeni delle TSE e delle modalità di interazione tra essi in caso di coinfezione a motivo della mancanza di dati scientifici relativi alla possibilità di coinfezione in condizioni naturali e della scarsa prevalenza della BSE.

150    A tale riguardo occorre osservare che nel regolamento impugnato la Commissione non ha messo in discussione il carattere imperfetto dei test di discriminazione a causa dell’insufficiente conoscenza della reale biodiversità degli agenti patogeni delle TSE. Al contrario, essa ha considerato che il numero di casi di BSE non individuati per mezzo dei test di discriminazione a causa di una possibile coinfezione fosse estremamente basso per la mancanza di dati scientifici relativi alla possibilità di una coinfezione in condizioni naturali e della prevalenza assai scarsa della BSE nei ruminanti di piccola taglia.

151    Al quindicesimo e al sedicesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato, la Commissione ha infatti indicato quanto segue:

«L’EFSA ha riconosciuto che i test discriminatori istituiti dal regolamento (…) n. 999/2001 sono uno strumento funzionale che consente di individuare in modo rapido e riproducibile i casi di TSE i quali presentano una firma compatibile con l’agente responsabile della BSE classica. Considerato che mancano prove scientifiche relative alla coinfezione in natura da agenti responsabili della BSE e da altri agenti responsabili delle TSE negli ovini o nei caprini e che la prevalenza della BSE negli ovini o nei caprini, se mai presente, è molto bassa e quindi la possibilità di coinfezione ancora più bassa, il numero di casi non rilevati di BSE negli ovini e nei caprini sarebbe estremamente modesto. Pertanto i test discriminatori, per quanto non possano essere considerati perfetti, vanno visti come uno strumento idoneo in relazione agli obiettivi di eradicazione delle TSE di cui al regolamento (…) n. 999/2001.

(…) Nel parere del 25 gennaio 2007 l’EFSA ha fornito una stima della probabile prevalenza della BSE negli ovini. L’Autorità ha concluso che nei paesi ad alto rischio il tasso è inferiore a 0,3‑0,5 casi di BSE ogni 10 000 animali macellati sani. L’EFSA scrive inoltre che nell’Unione europea “si ha un livello di confidenza del 95% che il numero dei casi sia pari o inferiore a 4 per milione di ovini. A un livello di confidenza del 99%, il numero è pari o inferiore a 6 casi per milione. Dato che finora negli ovini non è stato confermato alcun caso di BSE, la prevalenza più probabile è pari a zero”. Dall’introduzione nel 2005 della procedura dei test a rilevazione mirata di cui all’allegato X, capitolo C, punto 3.2, lettera c), del regolamento (...) n. 999/2001 sono stati effettuati 2 798 test discriminatori negli ovini colpiti da TSE e 265 test discriminatori nei caprini colpiti da TSE e nessuno dei casi è stato confermato come simile alla BSE».

–       Sul rischio di coinfezione

152    Per quanto riguarda il fatto che la Repubblica francese contesta alla Commissione di aver minimizzato il rischio di non-individuazione tramite i test di discriminazione dei casi di coinfezione a causa della mancanza di dati scientifici attestanti una siffatta infezione in condizioni naturali, occorre osservare che, nel suo parere del 24 gennaio 2008, l’EFSA ha ritenuto, in base ai limitati dati disponibili, che i test di discriminazione previsti dal regolamento n. 999/2001 fossero uno strumento funzionale per l’individuazione sul campo di casi di TSE, che consente di individuare in modo rapido e riproducibile i casi di TSE i quali presentano una firma compatibile con l’agente responsabile della BSE classica. L’EFSA ha inoltre considerato che i test di discriminazione non fossero perfetti in quanto non si conoscevano a sufficienza la reale biodiversità degli agenti patogeni delle TSE negli ovini e nei caprini e le modalità di interazione tra gli agenti patogeni in caso di coinfezione.

153    In particolare, nel suo parere del 24 gennaio 2008, l’EFSA ha ritenuto che, in caso di coinfezione di uno stesso soggetto, la presenza dell’agente di una TSE possa nasconderne un altro e possa così nascondere il manifestarsi della malattia. A suo avviso tale fenomeno di interferenza è stato studiato in modelli sperimentali utilizzando diversi agenti delle TSE. Essa ha parimenti ritenuto che, nonostante il fatto che i risultati di tali osservazioni non potessero essere estesi direttamente ai ruminanti di piccola taglia, essi indicavano la possibilità che l’agente della BSE negli ovini non venisse individuato qualora la BSE si aggiunga come agente di coinfezione in un caso accertato di scrapie. Essa ha infine indicato che, poiché la probabilità che si verificasse una siffatta situazione era all’epoca incerta, erano in corso esperimenti diretti a risolvere specificamente tale questione.

154    Al quindicesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato la Commissione ha così potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che la possibilità di una coinfezione di ruminanti di piccola taglia non fosse stata dimostrata in condizioni naturali. È inoltre plausibile che la mancata dimostrazione della possibilità di una coinfezione di ruminanti di piccola taglia in condizioni naturali riduca il grado di probabilità della presenza di coinfezioni di tal genere e quindi il rischio che i test di discriminazione non individuino una BSE a causa di una coinfezione di un ruminante di piccola taglia. Il rischio di coinfezione è infatti inferiore in assenza di indici atti a stabilire la possibilità di una coinfezione di ruminanti di piccola taglia in condizioni naturali.

155    Inoltre, per quanto riguarda il fatto che la Commissione, dalla combinazione della mancata dimostrazione di una possibile coinfezione di ruminanti di piccola taglia in condizioni naturali e della prevalenza molto bassa della BSE nei ruminanti di piccola taglia, abbia dedotto un numero estremamente modesto di casi di BSE non individuati a causa di coinfezione, è logico – e quindi plausibile – che, se la prevalenza dei casi di BSE è molto bassa, anche il rischio rappresentato dalla mancata individuazione di tali casi sia molto basso. Inoltre non rappresenta un errore manifesto da parte della Commissione dedurre da quest’ultima circostanza, combinata con il basso rischio di coinfezione di ruminanti di piccola taglia a causa della mancanza di elementi che attestino una siffatta infezione in condizioni naturali, che il numero di casi non individuati negli ovini e nei caprini di BSE dovuta ad una possibile coinfezione sia estremamente modesto.

156    Quest’ultima valutazione dipende tuttavia dalla stima, effettuata dalla Commissione e parimenti contestata dalla Repubblica francese, relativa alla prevalenza della BSE nei ruminanti di piccola taglia.

–       Sulla prevalenza della BSE nei ruminanti di piccola taglia

157    Per quanto riguarda la prevalenza della BSE nei ruminanti di piccola taglia, è pacifico tra le parti che, al momento dell’adozione delle misure contestate, un unico caso di BSE era stato formalmente individuato nei ruminanti di piccola taglia. Si tratta di una capra nata nel 2000 e macellata in Francia nel 2002. Questa capra costituiva il primo caso di infezione da BSE di un ruminante di piccola taglia in condizioni naturali (v. punto 30 supra). Negli ovini non è stato individuato nessun caso di BSE.

158    In udienza le parti hanno inoltre dichiarato che, al momento dell’adozione delle misure contestate, sussistevano solo tre casi dubbi di infezione da BSE in condizioni naturali. Tali casi erano ancora in corso di analisi per determinare se dovessero essere considerati o meno casi di BSE. Si trattava di due ovini provenienti dall’Inghilterra e di una capra proveniente dalla Scozia.

159    Sia l’EFSA che l’AFSSA hanno inoltre ritenuto che la prevalenza della BSE negli ovini e nei caprini fosse molto bassa, se non addirittura nulla.

160    Nel suo parere del 20 luglio 2007 l’AFSSA ha precisato che «i dati epidemiologici disponibili a partire dal 2002 (in Francia come in Europa) indicano chiaramente che la prevalenza della BSE è molto bassa (se non addirittura nulla) negli ovini e nei caprini».

161    Nel suo parere del 25 gennaio 2007 l’EFSA ha affermato che, siccome non era stato confermato nessun caso di BSE negli ovini, la prevalenza più probabile della BSE negli ovini era pari a zero. Essa ha in particolare considerato, in una tabella intitolata «Distribuzione cumulativa dell’incertezza della prevalenza della BSE nella popolazione ovina dell’UE», quanto segue: «(…) il livello di confidenza che il numero di casi sia pari o inferiore a 4 casi di BSE per milione di ovini è del 95% [e] che sia pari o inferiore a 6 casi per milione è del 99%. Dato che negli ovini non deve più essere confermato alcun caso di BSE, la prevalenza più probabile è pari a zero».

162    Nel suo parere del 25 gennaio 2007 l’EFSA ha tuttavia precisato che il fatto che, in relazione ai dati disponibili fino al 2006, nei 25 Stati all’epoca membri dell’Unione e in Norvegia nessun caso di BSE fosse stato individuato grazie allo screening per mezzo dei test di discriminazione non poteva essere interpretato come implicante che non vi erano stati ovini affetti da BSE nei greggi in Europa, poiché, da un lato, non tutti gli animali, ivi compresi quelli macellati a fini di immissione al consumo umano, erano stati oggetto di test e, dall’altro lato, i test di accertamento avevano sensibilità variabili ed ampiamente indeterminate quando si trattasse di individuare un animale infetto in una fase preclinica. A seconda del modello statistico e dei dati di monitoraggio utilizzati è stato calcolato che vi era il 95% di possibilità che, nel Regno Unito, vi fossero meno di due‑quattro casi di BSE relativi a ovini su 10 000 animali sani macellati e che, in combinazione con i dati di altri Paesi aventi antecedenti rilevanti in materia di BSE, vale a dire l’Irlanda, la Francia e il Portogallo, vi era il 95% di possibilità che, in tale sottogruppo di Paesi ad alto rischio, vi fossero meno di 0,3‑0,5 casi di BSE relativi a ovini su 10 000 animali sani macellati. L’ESFA ha infine precisato nel suddetto parere che la considerazione di una sensibilità inferiore dello screening delle TSE e dei test di discriminazione comporterebbe una stima maggiore della prevalenza e che occorrerebbe considerare più ampie valutazioni sperimentali di tali parametri.

163    Alla luce del complesso degli elementi che precedono, la Commissione ha potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che la prevalenza della BSE negli ovini e, se del caso, nei caprini fosse molto bassa. Il numero di casi accertati di BSE e di casi incerti di TSE, che potrebbero potenzialmente rivelarsi casi di BSE, al momento dell’adozione del regolamento impugnato non contraddice peraltro la stima della prevalenza della BSE nei ruminanti di piccola taglia.

164    La valutazione di cui al punto precedente non viene messa in discussione dai diversi argomenti avanzati dalla Repubblica francese nelle sue memorie scritte.

165    Per quanto riguarda infatti l’argomento della Repubblica francese secondo il quale la mancata individuazione tramite sorveglianza attiva non necessariamente significa reale assenza di BSE, visti i limiti dei «test diagnostici rapidi» e di discriminazione eseguiti, occorre osservare che la Commissione non ha affatto sostenuto che l’AFSSA o l’EFSA indicassero il contrario nei loro pareri. La prevalenza della BSE nei ruminanti di piccola taglia era soltanto una stima effettuata in base ad un modello di probabilità, come indicato dall’EFSA nel suo parere del 25 gennaio 2007 che è stato fatto valere dalla Commissione al sedicesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato. Inoltre tale prevalenza della BSE nei ruminanti di piccola taglia è stata stabilita sia sulla base di una sorveglianza non sistematica che di «test diagnostici rapidi» e di test di discriminazione imperfetti.

166    Tuttavia il fatto che la prevalenza della BSE nei ruminanti di piccola taglia non fosse che una stima non è sufficiente per mettere in discussione la plausibilità della valutazione della Commissione secondo la quale la prevalenza della BSE nei ruminanti di piccola taglia doveva essere considerata molto bassa.

167    Per quanto riguarda l’argomento della Repubblica francese, secondo cui per valutare la prevalenza della BSE negli ovini occorreva rapportare la stima di meno di 0,3‑0,5 casi di BSE relativi a ovini su 10 000 animali sani macellati nei Paesi ad alto rischio all’insieme della popolazione ovina nella Comunità, stimata a 67 milioni di esemplari, occorre osservare che la Repubblica francese non fornisce alcuna fonte scientifica secondo cui occorra estendere la stima per i Paesi ad alto rischio al resto dell’Europa, di modo che la prevalenza della BSE negli ovini dovrebbe portare alla stima di un numero di casi di ovini affetti da BSE in Europa compreso tra meno di 2 010 e 3 350 casi. I pareri scientifici che erano a disposizione della Commissione al momento dell’adozione delle misure contestate, vale a dire il parere dell’AFSSA del 20 luglio 2007 ed il parere dell’EFSA del 25 gennaio 2007, indicavano invece che la prevalenza più probabile della BSE nei ruminanti di piccola taglia in Europa era molto bassa, se non addirittura nulla.

168    Per quanto riguarda l’affermazione della Repubblica francese secondo cui la Commissione ha sempre dimostrato massima prudenza relativamente alla prevalenza della BSE, occorre necessariamente constatare che tale considerazione non incide sulla plausibilità delle deduzioni che la Commissione può fare a partire dalle stime scientifiche sulla prevalenza della BSE nei ruminanti di piccola taglia.

169    Occorre infine ed in ogni caso osservare che il rappresentante della Repubblica francese ha dichiarato in udienza che la Commissione, ritenendo che la prevalenza della BSE classica nei ruminanti di piccola taglia fosse molto bassa, non aveva commesso un errore manifesto di valutazione. Poiché le stime relative alla prevalenza della BSE riguardano unicamente la BSE classica, tale dichiarazione del rappresentante della Repubblica francese conferma la fondatezza della valutazione di cui al punto 163 supra.

170    La Commissione ha così potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che la prevalenza stimata della BSE nei ruminanti di piccola taglia fosse molto bassa.

171    Pertanto, alla luce delle considerazioni di cui al punto 155 supra, risultava plausibile che il rischio di mancata individuazione di casi di BSE nei ruminanti di piccola taglia tramite i test di discriminazione a causa di una possibile coinfezione fosse estremamente basso. La Commissione non ha quindi commesso un errore manifesto nella valutazione del rischio di coinfezione dei ruminanti di piccola taglia.

 Sulla considerazione dei pareri dell’AFSSA dell’8 ottobre 2008 e dell’EFSA del 22 ottobre 2008

172    Per quanto riguarda il parere dell’AFSSA dell’8 ottobre 2008 e quello dell’EFSA del 22 ottobre 2008, relativi al rischio di trasmissione di TSE tramite il latte, occorre ricordare che la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata alla luce degli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data di adozione dell’atto stesso (sentenze della Corte 7 febbraio 1979, cause riunite 15/76 e 16/76, Francia/Commissione, Racc. pag. 321, punti 7 e 8, e del Tribunale 12 dicembre 1996, cause riunite T‑177/94 e T‑377/94, Altmann e a./Commissione, Racc. pag. II‑2041, punto 119). Ne consegue che è esclusa la presa in considerazione, nel valutare la legittimità di tale atto, di circostanze posteriori alla data di adozione dell’atto dell’Unione (sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑322/01, Roquette Frères/Commissione, Racc. pag. II‑3137, punto 325).

173    Dal momento che il parere dell’AFSSA dell’8 ottobre 2008 e quello dell’EFSA del 22 ottobre 2008 sono stati adottati dopo il regolamento impugnato, il Tribunale non può tenerne conto ai fini della valutazione della legalità di tale regolamento. Ne consegue che gli argomenti fatti valere dalla Repubblica francese e fondati su tali pareri sono inefficaci.

 Sulla censura relativa alla mancata valutazione dell’aumento del rischio risultante dall’adozione delle misure contestate

174    Come esposto ai punti 84 e seguenti supra, le istituzioni dispongono, in materia di politica agricola comune, di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta degli opportuni strumenti d’azione. Peraltro, pur avendo tali istituzioni l’obbligo di garantire un livello elevato di protezione della salute umana, esse dispongono parimenti di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta degli opportuni strumenti d’azione per adempiere a tale obbligo. Tale ampio potere discrezionale delle istituzioni implica che la verifica del rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi rivesta un’importanza fondamentale (sentenza Paesi Bassi/Commissione, punto 87 supra, punto 56).

175    Una di tali garanzie consiste nel pretendere che le autorità, qualora in forza del principio di precauzione adottino misure provvisorie tese a garantire un livello elevato di protezione della salute umana, dispongano di tutti gli elementi pertinenti a tale scopo. Occorre quindi che dispongano di una valutazione scientifica dei rischi fondata sui principi dell’eccellenza, della trasparenza e dell’indipendenza. Tale esigenza costituisce una garanzia rilevante al fine di assicurare l’oggettività scientifica delle misure e di evitare l’adozione di misure arbitrarie (v., in tal senso, sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 68 supra, punto 172).

176    Un’altra di tali garanzie consiste nell’esigere che le autorità, qualora prendano disposizioni che rendono meno rigorose misure provvisorie adottate in forza del principio di precauzione al fine di garantire un livello elevato di protezione della salute umana, dispongano di una valutazione scientifica dei rischi per la salute umana risultanti dall’adozione di tali disposizioni.

177    Una siffatta valutazione scientifica dei rischi per la salute umana comprende, in linea di massima, la valutazione completa, effettuata da esperti scientifici, della probabilità di esposizione dell’uomo ad effetti di tali misure che siano nocivi per la sua salute. Di conseguenza, essa comprende, in linea di massima, una valutazione quantitativa dei rischi in oggetto (v. punto 72 supra).

178    Tuttavia una valutazione scientifica completa dei rischi può rivelarsi impossibile a causa dell’insufficienza dei dati scientifici disponibili. Ciò non può tuttavia impedire all’autorità pubblica competente di adottare misure preventive in applicazione del principio di precauzione. In tale ipotesi occorre che esperti effettuino una valutazione scientifica dei rischi più completa possibile, malgrado l’incertezza scientifica sussistente, di modo che l’autorità pubblica competente disponga di un’informazione sufficientemente affidabile e solida che le permetta di cogliere l’intera portata della questione scientifica posta e di determinare la propria politica con cognizione di causa (v. punto 77 supra).

179    Ne consegue che il carattere necessario o meno di determinate valutazioni, effettuate da scienziati che partecipino alla valutazione scientifica dei rischi per la salute umana risultanti dall’adozione di disposizioni che rendono meno rigorose le misure provvisorie adottate in forza del principio di precauzione, va valutato in particolare in base ai dati disponibili.

180    Nel caso di specie la Repubblica francese contesta sostanzialmente alla Commissione di non aver avuto a disposizione, al momento dell’adozione delle misure contestate, una valutazione scientifica dei rischi per la salute umana comportati da tale adozione.

181    A tale riguardo occorre osservare che l’EFSA, nel suo parere del 5 giugno 2008, ha indicato di essere stata incaricata dalla Commissione di valutare l’ulteriore rischio per la salute umana rappresentato dall’immissione al consumo umano di carne di ruminanti di piccola taglia di età inferiore ai 6 mesi rispetto a quella di ruminanti di piccola taglia di età inferiore ai 3 mesi, provenienti da un gregge colpito da una TSE diversa dalla BSE, senza sottoporli a «test diagnostici rapidi» e indipendentemente dal loro genotipo, ma rimuovendo gli SRM.

182    In seguito a tale domanda l’EFSA e la Commissione si sono tuttavia accordate affinché la valutazione richiesta dell’ulteriore rischio verta solamente sull’ulteriore rischio per l’uomo di trovarsi esposto alle TSE e non sull’ulteriore rischio per la salute umana. Tale limite alla valutazione richiesta era giustificato dal fatto che l’EFSA, nei suoi pareri dell’8 marzo 2007 e del 24 gennaio 2008, aveva già valutato la questione relativa al rischio della trasmissibilità all’uomo di TSE che colpiscono gli ovini e i caprini e dal fatto che nessun nuovo dato scientifico giustificava una revisione di tali pareri.

183    Orbene, nel caso di specie non si contesta che l’EFSA, nei suoi pareri dell’8 marzo 2007 e del 24 gennaio 2008, abbia effettuato un’appropriata valutazione scientifica del rischio di trasmissibilità all’uomo delle TSE che colpiscono gli ovini e i caprini che era a disposizione della Commissione prima dell’adozione delle misure contestate. Inoltre la Repubblica francese fonda il suo ricorso in parte su tali pareri, quando contesta alla Commissione di aver dato un’interpretazione distorta del loro contenuto. Pertanto la presente censura della Repubblica francese può riguardare solo la mancata valutazione scientifica dei rischi per quanto concerne l’aumento del rischio per l’uomo di trovarsi esposto alle TSE in seguito all’adozione delle misure contestate.

184    Per quanto riguarda quest’ultima valutazione scientifica, occorre osservare che la direzione generale francese incaricata dell’alimentazione ha chiesto all’AFSSA di confrontare l’ulteriore rischio per la salute rappresentato dai prodotti ottenuti da ovini e caprini delle mandrie infettate da scrapie classica, macellati in condizioni corrispondenti a quelle previste nelle misure contestate, con quello corrispondente ad un animale «ordinario» macellato nelle condizioni vigenti prima dell’adozione del regolamento n. 727/2007, dato che gli attuali mezzi di sorveglianza dei ruminanti di piccola taglia permettevano di individuare al meglio solo una parte delle mandrie affette da una TSE e che la popolazione ovina era in parte formata da animali geneticamente predisposti.

185    In risposta a tale domanda l’AFSSA, nel suo parere del 15 gennaio 2007, ha indicato che «una valutazione quantitativa pertinente di tali rischi [era allora] impossibile a causa dell’insufficienza di dati relativi: [i)] alla reale prevalenza della scrapie nell’insieme dei greggi colpiti [e] [ii)] alla reale struttura genetica della popolazione ovina in generale».

186    Nel suo parere del 13 giugno 2007, l’AFSSA ha confermato tale risposta, affermando che «i dati che consentono una valutazione quantitativa precisa non [erano] ancora disponibili» e che «i dati risultanti dalla sorveglianza attiva delle TSE nei ruminanti di piccola taglia raccolti a partire dal 2002 erano di qualità insufficiente per ipotizzare di portare a termine tale studio quantitativo in un futuro prossimo».

187    Inoltre, in risposta alla domanda delle autorità francesi di procedere ad un’analisi comparativa del livello di rischio potenziale rappresentato dalla «strategia di risanamento», che corrisponde sostanzialmente alle misure precedenti quelle previste dal regolamento impugnato, rispetto alla «strategia alternativa», che corrisponde sostanzialmente alle misure previste dal regolamento suddetto, l’AFSSA ha considerato che le strategie proposte in sostituzione della strategia di risanamento presentassero un rischio maggiore significativo sia in materia di salute umana che di salute degli animali. Tuttavia, tenuto conto del termine imposto, nonché dei dati disponibili, essa ha ritenuto che non fosse possibile un’analisi comparativa quantificata e pertinente.

188    Tuttavia, nei suoi pareri del 15 gennaio 2007 e del 13 giugno 2007, l’AFSSA ha parimenti indicato la possibilità di una stima o di una «valutazione approssimativa» del suddetto rischio.

189    Nel suo parere del 15 gennaio 2007, l’AFSSA ha infatti in primo luogo indicato quanto segue:

«(…) studi realizzati sui greggi di ovini e caprini affetti dalla scrapie hanno dimostrato un’incidenza che può raggiungere dal 10% al 45% delle coorti (…). Tali cifre consentono di valutare l’ordine di grandezza del sovra-rischio d’infezione per un ruminante di piccola taglia nato in un gregge affetto da scrapie».

190    L’AFSSA ha in seguito considerato che i dati relativi alle prevalenze osservate in determinati greggi affetti dalla scrapie classica «consent[iva]no di valutare approssimativamente tale sovra-rischio se si considera[va] [i)] che la prevalenza della scrapie classica nella popolazione generale degli animali di età superiore ai 18 mesi macellati [era] nell’ordine dello 0,05%; [ii)] che la prevalenza nei greggi colpiti dalla scrapie classica [poteva] variare all’incirca dall’1 al 30% (senza tener conto del genotipo dei soggetti)». Essa ne ha dedotto quanto segue:

«[I]l rischio relativo rappresentato da un animale proveniente da un gregge colpito in rapporto ad un animale proveniente dalla popolazione generale andrebbe da 20 a 600. Tale sovra-rischio aumenterebbe ulteriormente se si considerassero solo gli animali di genotipo sensibile appartenenti ai greggi colpiti».

191    Le valutazioni dell’AFSSA sulla prevalenza stimata delle TSE all’interno di un gregge di ruminanti di piccola taglia affetto da una TSE erano condivise dall’EFSA che, nel suo parere del 5 giugno 2008, ha precisato che, nonostante non fosse possibile valutare la prevalenza in un particolare gregge di ruminanti di piccola taglia, si poteva ritenere, in base agli studi effettuati su greggi infettati in natura dal prione della scrapie classica, che la prevalenza potesse variare dal 3% a oltre il 40%.

192    Per completare la sua analisi del maggior rischio rappresentato dall’adozione delle misure contestate, l’AFSSA, nel suo parere del 13 giugno 2007, ha provato a determinare, basandosi sui dati risultanti dalla sorveglianza attiva effettuata in Francia nel 2006, il numero di animali, eccettuati i «casi indice», aventi genotipo sensibile infettati dalla scrapie classica, non individuati con i «test diagnostici rapidi» eseguiti sugli animali di età superiore ai 18 mesi e portatori di materiale infettivo nei loro organi linfoidi periferici che possono essere immessi al consumo umano in seguito all’adozione delle misure contestate.

193    Per quanto riguarda gli ovini, l’AFSSA ha stimato che, per i 182 «casi indice» affetti da scrapie classica catalogati per il 2006 in Francia, il numero medio di casi secondari per «caso indice» individuati con i «test diagnostici rapidi» fosse stimato in 5,34, corrispondente alla media stimata sul periodo 2002‑2006. Così, 972 casi secondari sarebbero stati individuabili nei greggi colpiti. L’AFSSA ha inoltre stimato che i «test diagnostici rapidi» sull’obex individuassero solo circa il 50% degli animali infetti, poiché non individuavano gli animali in incubazione portatori di contagiosità nei loro organi linfoidi.

194    Per quanto riguarda i caprini, l’AFSSA ha stimato che vi fossero 8 focolai e 2,58 casi secondari per «caso indice» in Francia e che i «test diagnostici rapidi» non fossero maggiormente sensibili.

195    L’AFSSA ha precisato che, poiché i programmi di sorveglianza attiva non individuavano tutti i greggi affetti da una TSE, anche alcuni degli animali di tali greggi infetti non individuati venivano immessi al consumo umano. Tuttavia, l’AFSSA ha ritenuto che fosse impossibile all’epoca stimare in modo pertinente, tanto per gli ovini che per i caprini, il numero di animali infetti, provenienti da greggi a torto considerati sani, immessi ogni anno al consumo umano.

196    L’AFSSA ha parimenti sottolineato che tale stima consentiva solo di determinare ordini di grandezza e dipendeva dall’intensità del programma di sorveglianza attiva.

197    L’AFSSA ha concluso il suo parere del 13 giugno 2007 considerando che le nuove proposte di polizia sanitaria avrebbero portato, nel 2006 in Francia, ad immettere al consumo umano almeno 1 000 carcasse di ruminanti di piccola taglia portatori di quantità rilevanti di contagiosità nei loro tessuti linfoidi. L’immissione al consumo umano di tali carcasse è, secondo l’AFSSA, tale da generare un maggior rischio di esposizione del consumatore.

198    Alla luce dei pareri scientifici citati ai punti 181 e seguenti supra, non può essere contestato alla Commissione di non aver avuto a sua disposizione, al momento dell’adozione delle misure contestate, una valutazione scientifica quantitativa dell’ulteriore rischio per l’uomo di trovarsi esposto alle TSE in seguito all’adozione delle misure contestate.

199    Prima dell’adozione delle misure contestate, l’AFSSA aveva infatti indicato che, a causa della mancanza di dati relativi alla reale prevalenza della scrapie nell’insieme dei greggi colpiti e alla reale struttura genetica della popolazione ovina in generale, era impossibile compiere una valutazione quantitativa precisa dell’aumento del rischio legato ai prodotti ottenuti da ovini e caprini dei greggi affetti da scrapie classica, abbattuti e sottoposti a test alle condizioni corrispondenti a quelle previste nelle misure contestate, e che tale mancanza di dati non avrebbe potuto essere colmata in un futuro prossimo. In simili circostanze non può essere contestato alla Commissione di non aver affidato una tale valutazione all’EFSA o ad un’altra istituzione scientifica.

200    Inoltre la mancanza di dati relativi alla reale prevalenza della scrapie nell’insieme dei greggi colpiti e alla reale struttura genetica della popolazione ovina in generale non consentono di considerare che fosse necessario per la Commissione disporre di una stima o di un «ordine di grandezza» fissati da un’istituzione scientifica relativamente all’aumento del rischio per la salute umana che l’adozione delle misure contestate avrebbe comportato. Infatti la mancanza dei dati in oggetto osta al fatto che si possa pretendere dalla Commissione che essa chieda ad un’istituzione scientifica una siffatta stima dei rischi a tale riguardo. In compenso, tale mancanza di dati non incide affatto sull’obbligo della Commissione di tener conto di tutte le valutazioni scientifiche disponibili, tra cui quelle dell’AFSSA secondo cui la prevalenza della scrapie in un gregge affetto dalla scrapie classica è decisamente maggiore di quella relativa ad un animale «ordinario» e secondo cui i «test diagnostici rapidi» hanno un’efficacia limitata.

201    Pertanto il fatto che la Commissione non abbia avuto a disposizione, al momento dell’adozione delle misure contestate, una stima quantitativa approssimativa, effettuata dall’EFSA o da un’altra istituzione scientifica, relativa all’ulteriore rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che l’adozione delle suddette misure comporterebbe, non costituisce una violazione delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione.

202    Occorre inoltre precisare che la stima quantitativa del suddetto rischio, espressa con il numero di casi aggiuntivi, effettuata dalla Commissione stessa in seguito all’introduzione del presente ricorso di annullamento, non incide sulla censura della Repubblica francese. Anche supponendo, infatti, che i dati, sui quali la suddetta stima della Commissione si fonda, siano stati disponibili al momento dell’adozione del regolamento impugnato, tale stima non proverrebbe da un’istituzione scientifica e, in ogni caso, non può essere considerata necessaria, poiché si tratta solo di una stima e non di una valutazione quantitativa e poiché l’AFSSA ha ritenuto che una valutazione quantitativa dei rischi fosse impossibile a causa della mancanza di dati relativi (v. punto 185 supra).

4.     Sulla gestione del rischio

 Sunto degli argomenti delle parti

203    La Repubblica francese sostiene che, nonostante l’ampio potere discrezionale del legislatore dell’Unione in un ambito come quello del caso di specie e, di conseguenza, il ristretto controllo da parte del Tribunale delle misure contestate, il legislatore dell’Unione, adottando tali misure, ha violato il proprio obbligo di garantire un livello elevato di protezione della salute umana, nonché il principio di precauzione. Essa ritiene che la Commissione, per adottare le misure contestate, si sia fondata su un doppio postulato relativo, da un lato, all’assenza di trasmissibilità all’uomo delle TSE che colpiscono gli animali diverse dalla BSE e, dall’altro lato, all’affidabilità dei test di discriminazione atti a distinguere con certezza la scrapie dalla BSE. Orbene, i più recenti dati scientifici, vale a dire le conclusioni dell’EFSA nei suoi pareri dell’8 marzo 2007 e del 24 gennaio 2008, farebbero riferimento a rilevanti incertezze relative a questi due postulati. A suo avviso, i dati scientifici più recenti non sono tali da modificare la percezione del rischio per la salute umana rappresentato dalle TSE che colpiscono ruminanti di piccola taglia e da giustificare l’adozione di misure meno coercitive.

204    La Commissione, considerando il complesso dei pareri scientifici disponibili, ritiene di essere potuta giungere alla conclusione, in qualità di responsabile della gestione del rischio, che una normativa più snella applicabile agli ovini e ai caprini comporterebbe un livello di rischio accettabile per la società. A suo avviso, mantenere in vigore l’abbattimento e la distruzione dell’intero gregge di ovini o di caprini, in caso di individuazione di TSE all’interno di tale gregge, non sarebbe giustificato in quanto eccessivo rispetto ai progressi scientifici che hanno permesso di mettere a punto test biochimici di discriminazione che consentono di distinguere rapidamente la BSE dalla scrapie. Essa ritiene altresì che la Repubblica francese stia cercando di prendere il suo posto nell’ambito della gestione del rischio e che chieda al Tribunale di sostituire la propria valutazione del rischio a quella della Commissione per quanto riguarda la questione del livello di rischio accettabile per la società. Il Tribunale non avrebbe tuttavia un siffatto potere.

205    Il Regno Unito ritiene che la censura della Repubblica francese relativa alla gestione del rischio altro non sia che l’espressione della preferenza accordata dalla Repubblica francese ad un approccio più prudente, senza che sia dimostrato un errore manifesto di valutazione da parte della Commissione. La Repubblica francese fonderebbe a torto la sua censura sul postulato secondo cui la Commissione è tenuta ad eliminare tutti i rischi per la salute umana. Orbene, la Commissione avrebbe gestito il rischio in oggetto in maniera corretta, realizzando, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche passibili di sviluppi, un equilibrio tra rischio stimato e misure appropriate per ridurlo. La Commissione avrebbe correttamente concluso che le misure precauzionali esistenti non fossero più proporzionate e che le misure di controllo esistenti dovessero essere rese meno rigorose, ma non soppresse.

 Considerazioni preliminari

206    Ai sensi dell’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n. 999/2001, «si effettua un’indagine volta ad identificare tutti gli animali a rischio, conformemente a quanto previsto all’allegato VII, punto 1». Inoltre, secondo l’art. 13, n. 1, lett. c), del regolamento n. 999/2001, «tutti gli animali e i prodotti di origine animale di cui all’allegato VII, punto 2 [del suddetto] regolamento, che siano stati identificati come a rischio a seguito dell’indagine di cui alla lettera b) [al…] n. [1 dell’art. 13], sono abbattuti ed eliminati conformemente al regolamento (CE) n. 1774/2002». Ai sensi di tale disposizione, gli animali che devono essere abbattuti ed eliminati sono quindi quelli identificati dall’indagine da effettuarsi conformemente al punto 1 dell’allegato VII del regolamento n. 999/2001 e che inoltre rientrano nei criteri di cui al punto 2 di tale allegato.

207    Ai sensi dell’art. 23 del regolamento n. 999/2001, la Commissione può modificare gli allegati del regolamento n. 999/2001, secondo la procedura di comitatologia prevista dall’art. 24, n. 2, di tale regolamento, previa consultazione del comitato scientifico competente su qualsiasi elemento che possa avere conseguenze per la salute. Il legislatore ha così delegato alla Commissione il potere di modificare gli allegati del regolamento n. 999/2001.

208    Considerati il campo di applicazione dell’art. 13, n. 1, lett. c), e dell’art. 23 del regolamento n. 999/2001, va riconosciuta alla Commissione la competenza di limitare, tramite regolamento adottato in applicazione della procedura di comitatologia prevista dall’art. 24, n. 2, del regolamento n. 999/2001, gli animali da abbattere ed eliminare identificati dall’indagine. Poiché infatti l’art. 13, n. 1, lett. c), del regolamento n. 999/2001 definisce gli animali da abbattere ed eliminare facendo rinvio ai criteri di cui al punto 2 dell’allegato VII, la Commissione, ai sensi dell’art. 23 del regolamento n. 999/2001, disponeva del potere di adottare disposizioni come quelle oggetto della presente controversia che limitano il numero di animali da abbattere ed eliminare identificati dall’indagine summenzionata.

209    La competenza della Commissione di adottare le misure contestate non è stata peraltro messa in discussione dalla Repubblica francese che, interrogata al proposito in udienza, ha ritenuto, come la Commissione, che l’art. 13, n. 1, lett. c), del regolamento n. 999/2001 dovesse essere interpretato nel senso che consente l’adozione di misure che modificano l’allegato VII di tale regolamento comportando l’obbligo di abbattere ed eliminare determinati animali e non tutti gli animali di un gregge in cui sia stato individuato un caso di TSE.

210    Ne risulta che, al secondo ‘considerando’ del regolamento impugnato, la Commissione ha giustamente indicato che esso era stato adottato in applicazione dell’art. 23 del regolamento n. 999/2001.

211    Occorre peraltro ricordare che le autorità pubbliche competenti hanno l’obbligo di mantenere un livello di tutela elevato della salute umana che non deve peraltro essere necessariamente il più elevato possibile (v. punti 64 e 79 supra). L’art. 24 bis del regolamento n. 999/2001 richiama tale obbligo nell’ambito dei poteri conferiti alla Commissione per modificare gli allegati del regolamento n. 999/2001, sottoponendo l’adozione di decisioni prese nel contesto del regolamento suddetto a condizione che sia mantenuto o, se giustificato da un punto di vista scientifico, aumentato il livello di protezione della salute umana garantito nella Comunità. Il principio di precauzione è uno degli strumenti che consentono alle autorità summenzionate di adempiere a tale obbligo (v. punto 67 supra). Tale principio impone infatti all’autorità pubblica di gestire un rischio che oltrepassa il livello di rischio giudicato accettabile per la società in modo da portarlo a tale livello (v. punti 67 e 81 supra). La gestione del rischio tramite l’adozione di misure adeguate tese a garantire un livello di tutela elevato della salute, della sicurezza e dell’ambiente corrisponde quindi al complesso delle azioni intraprese da un’istituzione per affrontare un rischio in modo da portarlo ad un livello accettabile.

212    Spetta inoltre all’autorità competente riesaminare le misure provvisorie adottate ai sensi del principio di precauzione entro un termine ragionevole. Si è infatti deciso che, ove vi siano nuovi elementi che modificano la percezione di un rischio o mostrano che tale rischio può essere circoscritto da misure meno severe di quelle esistenti, spetta alle istituzioni, in particolare alla Commissione, vigilare sull’adeguamento della normativa ai nuovi dati (v. punto 83 supra). La riduzione di misure preventive precedentemente adottate deve quindi essere giustificata da nuovi elementi che modificano la valutazione del rischio di cui trattasi.

213    Tali nuovi elementi, quali nuove conoscenze o nuove scoperte scientifiche, quando giustifichino la riduzione di una misura preventiva, modificano il contenuto concreto dell’obbligo per le autorità pubbliche di mantenere costantemente un livello elevato di protezione della salute umana. Tali nuovi elementi possono infatti modificare la percezione del rischio nonché il livello di rischio giudicati accettabili per la società. La legittimità dell’adozione di una misura preventiva meno coercitiva non si valuta in base al livello di rischio giudicato accettabile preso in considerazione per l’adozione delle iniziali misure preventive. L’adozione di iniziali misure preventive finalizzate a riportare il rischio ad un livello giudicato accettabile si effettua infatti sulla base di una valutazione dei rischi e, in particolare, della determinazione del livello di rischio giudicato accettabile per la società. Se nuovi elementi modificano tale valutazione dei rischi, la legittimità dell’adozione di misure preventive meno coercitive va valutata tenendo conto di tali nuovi elementi e non sulla base degli elementi che hanno determinato la valutazione dei rischi nell’ambito dell’adozione delle misure preventive iniziali. Solo qualora tale nuovo livello di rischio oltrepassi il livello di rischio giudicato accettabile per la società, il giudice è tenuto a dichiarare una violazione del principio di precauzione.

214    Occorre infine ricordare che il livello di rischio giudicato inaccettabile per la società in un particolare caso è il risultato di una scelta politica che spetta all’autorità competente e non al giudice (v. punto 78 supra). L’autorità competente gode in tale ambito di un ampio potere discrezionale e non spetta al giudice sostituirsi ad essa. Il sindacato di merito del giudice si limita ad esaminare che l’esercizio da parte dell’autorità delle sue competenze non sia viziato da un errore manifesto di valutazione o da uno sviamento di potere o ancora se tale autorità non abbia manifestamente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale (v. punto 85 supra). Per quanto riguarda infine la verifica da parte del giudice dell’Unione dell’esistenza di un errore manifesto di valutazione che infici un atto di un’istituzione, occorre precisare che, al fine di stabilire se tale istituzione abbia commesso un manifesto errore nella valutazione dei fatti tale da giustificare l’annullamento di tale atto, gli elementi di prova addotti dalla ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nell’atto di cui si tratta (v. punto 86 supra).

 Sui nuovi elementi

215    Nell’ambito della crisi provocata dalla BSE, nel 2000 la Commissione ha adottato, sulla base delle conoscenze scientifiche dell’epoca, misure per la sorveglianza, la prevenzione, il controllo e l’eradicazione delle TSE negli ovini e nei caprini, al fine di garantire la massima sicurezza possibile degli approvvigionamenti di materiali ottenuti da ovini e caprini (v. terzo, quarto e sesto ‘considerando’ del regolamento impugnato). Tali misure sono state adottate in base a scarse conoscenze scientifiche per quanto riguarda la prevalenza e la trasmissibilità all’uomo delle TSE che colpiscono ovini e caprini. A parte la prevenzione, tali misure miravano a raccogliere dati relativi alla prevalenza delle TSE diverse dalla BSE negli ovini e nei caprini nonché agli eventuali nessi tra tali TSE e la BSE e la loro trasmissibilità all’uomo.

216    Rispetto alla situazione esistente al momento dell’adozione delle iniziali misure preventive, la Commissione ha sostanzialmente fatto valere tre nuovi elementi che giustificherebbero l’adozione delle misure contestate.

217    In primo luogo la Commissione ha fatto valere l’assenza di un legame epidemiologico tra, da un lato, la scrapie, classica o atipica, che colpisce i ruminanti di piccola taglia e, dall’altro lato, le TSE che colpiscono gli esseri umani, dal momento dell’attuazione delle misure preventive iniziali che comprendono una sorveglianza attiva dei ruminanti di piccola taglia. A tale riguardo essa ha fatto riferimento ai pareri dell’EFSA dell’8 marzo 2007 e del 24 gennaio 2008 (v. quarto e sesto ‘considerando’ del regolamento impugnato).

218    In secondo luogo la Commissione ha fatto valere l’elaborazione e la convalida di test molecolari di discriminazione che consentono di distinguere la scrapie dalla BSE in maniera affidabile e in tempi brevi. Essa ha ritenuto che l’affidabilità di tali test fosse stata confermata dall’EFSA nei suoi pareri dell’8 marzo 2007 e del 24 gennaio 2008.

219    In terzo luogo la Commissione ha fatto valere i dati epidemiologici secondo cui la prevalenza probabile della BSE negli ovini e nei caprini era molto bassa (v. quindicesimo e sedicesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato).

220    La Repubblica francese non contesta il carattere di novità di tali elementi, bensì la valutazione secondo cui essi possono giustificare l’adozione delle misure contestate.

221    Occorre pertanto valutare se, alla luce di tali nuovi elementi, la Commissione dovesse adottare le misure contestate, dal momento che esse consentivano, pur mantenendo un livello elevato di protezione della salute umana, di ridurre per la società in generale i costi delle misure di prevenzione in materia di TSE nei ruminanti di piccola taglia o se invece la Commissione, adottando le misure contestate, abbia violato il principio di precauzione e l’art. 24 bis del regolamento n. 999/2001 e, pertanto, l’obbligo contenuto in tale principio e in tale disposizione di mantenere un livello elevato di protezione della salute umana, esponendo le persone a rischi che oltrepassano il livello di rischio giudicato accettabile per la società.

 Sulla censura relativa ad un errore manifesto di valutazione nella gestione del rischio

 Introduzione

222    Rispetto al sistema anteriore al regolamento n. 727/2007, che è stato sostituito dal regolamento impugnato, le misure contestate consentono sostanzialmente di immettere al consumo umano, da un lato, carne di ruminanti di piccola taglia di età superiore ai 18 mesi appartenenti ad un gregge all’interno del quale sia stato individuato un caso di TSE che non sia BSE e che, per quelli abbattuti immediatamente o nei due anni successivi all’individuazione dell’ultimo caso di TSE, siano stati sottoposti ad un «test diagnostico rapido» risultato negativo, e, dall’altro lato, carne di ruminanti di piccola taglia di età compresa tra i 3 e i 18 mesi e appartenenti ad un gregge all’interno del quale sia stato individuato un caso di TSE che non sia BSE, non sottoposti a «test diagnostici rapidi».

223    La Repubblica francese sostiene che i rischi per la salute umana risultanti dalle misure contestate oltrepassino manifestamente il livello di rischio accettabile per la società, di modo che la Commissione, adottando le misure contestate, ha commesso un errore manifesto di valutazione. A suo avviso, la Commissione ha così violato il principio di precauzione ed il suo obbligo di mantenere l’elevato livello di protezione della salute umana previsto dall’art. 24 bis del regolamento n. 999/2001. La Commissione ritiene invece di essere stata tenuta, alla luce dei nuovi elementi, ad adottare le misure contestate.

224    A tale riguardo occorre precisare che l’individuazione in un gregge di un caso di TSE che consenta l’applicazione delle misure contestate avviene, in particolare, in base ad un campionamento della popolazione generale dei ruminanti di piccola taglia e a «test diagnostici rapidi», il che implica un rischio di mancata individuazione dei casi di TSE nella popolazione generale dei ruminanti di piccola taglia. Tale rischio costituisce tuttavia un rischio accettabile per la società a parere della Repubblica francese. La censura di quest’ultima verte, infatti, soltanto sul rischio dell’immissione al consumo umano di carne di ruminanti di piccola taglia appartenenti ad un gregge all’interno del quale è stato individuato un caso di TSE e non sul rischio di mancata individuazione di un tale caso.

225    Dai pareri dell’EFSA e dell’AFSSA citati ai punti 190 e 191 supra risulta inoltre che la prevalenza in un gregge cui appartenga un animale affetto dalla scrapie classica poteva essere stimata in una proporzione compresa tra l’1% e oltre il 40%, mentre la prevalenza della scrapie classica nella popolazione generale degli animali di età superiore ai 18 mesi era nell’ordine dello 0,05% (v. parere dell’AFSSA del 15 gennaio 2007, pagg. 4 e 7, e parere dell’EFSA del 5 giugno 2008, pag. 8). La Commissione ha potuto ritenere che i ruminanti di piccola taglia appartenenti ad un gregge in cui si fosse verificato un caso di TSE, sotto forma di scrapie classica, hanno una probabilità maggiore di essere infettati rispetto a quelli provenienti dalla popolazione generale dei ruminanti di piccola taglia.

226    Nel suo parere del 5 giugno 2008, l’EFSA ha inoltre considerato che i casi di infezione da scrapie dei ruminanti di piccola taglia in condizioni naturali si sono generalmente verificati alla nascita o poco tempo dopo e che i segni clinici appaiono entro un periodo compreso tra i due e i tre anni a partire dall’infezione nei ruminanti di piccola taglia predisposti. In tale parere essa ha peraltro precisato, in base ad uno studio scientifico, che in alcuni agnelli di genotipo sensibile, esposti ad un’infezione da parte di un agente della scrapie classica, i primi segni di infezione sono stati rilevati a partire dal loro primo mese di vita nel canale alimentare e nelle loro strutture linfoidi associate. Al contrario, i prioni possono essere individuati nel sistema nervoso centrale solo a partire dalla metà del periodo di incubazione (v. parere dell’EFSA del 5 giugno 2008, pagg. 8 e 9). Nell’allegato al suo parere del 5 dicembre 2007, l’AFSSA constata uno schema di propagazione dell’agente delle TSE nell’organismo che comprende tre fasi. La prima fase, detta «di linfoinvasione», è caratterizzata da una contaminazione precoce delle strutture linfoidi del tubo digerente e poi dei linfonodi associati e conduce progressivamente all’accumulo delle PrPRes in tutte le formazioni linfoidi secondarie. La seconda fase, detta «di neuroinvasione», è caratterizzata da un accumulo delle PrPRes innanzitutto nei neuroni del sistema nervoso autonomo periferico associato al tubo digerente e poi in quelli del sistema nervoso centrale. Infine la terza fase, detta «di propagazione centrifuga», è quella in cui la malattia, a partire dal sistema nervoso centrale, si propaga alle strutture periferiche quali il tessuto muscolare.

 Sull’aumento del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia

–       Sull’immissione al consumo umano di carne di ruminanti di piccola taglia di età superiore ai 18 mesi

227    Una prima riduzione delle norme in vigore prevista dalle misure contestate consiste nell’autorizzare l’immissione al consumo umano di carne di ruminanti di piccola taglia di età superiore ai 18 mesi appartenenti ad un gregge all’interno del quale sia stato individuato un caso di TSE che non sia BSE, a condizione che i ruminanti di piccola taglia abbattuti immediatamente o nei due anni successivi all’individuazione dell’ultimo caso di TSE individuato in tale gregge siano sottoposti ad un test diagnostico rapido e che tale test risulti negativo [v. punti 2.3, lett. b), iii), e 4 dell’allegato VII del regolamento n. 999/2001, come modificato dal regolamento impugnato].

228    A tale riguardo occorre ricordare che l’infezione da scrapie di ruminanti di piccola taglia in condizioni di esposizione naturale avviene generalmente alla nascita (v. punto 226 supra), che negli ovini geneticamente predisposti il sistema nervoso centrale è infettato dai prioni a partire dall’età di 18 mesi (v. punto 226 supra) e che i «test diagnostici rapidi» hanno un’efficacia pari quasi al 100% se eseguiti sull’obex (v. punto 119 supra). Alla luce di tali elementi e con riserva di verificare la valutazione dell’affidabilità dei test di discriminazione che consentono di considerare che il «caso indice» fosse affetto da una TSE diversa dalla BSE, la Commissione ha potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che, per gli ovini geneticamente predisposti, la prima riduzione prevista dalle misure contestate non comporta un aumento sensibile del rischio per l’uomo di trovarsi esposto al consumo di carne di un animale affetto da una TSE, dal momento che la carcassa del ruminante di piccola taglia da cui la carne proviene è stata sottoposta a «test diagnostici rapidi» risultati negativi. In compenso, per gli ovini con una predisposizione inferiore o per i caprini, non si giunge necessariamente alla stessa conclusione. Ne risulta che tale misura di riduzione comporta un certo aumento dell’esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia.

229    La Repubblica francese ritiene altresì che tale misura di riduzione comporti un aumento del rischio, poiché limita a due anni, a partire dall’ultimo caso di TSE individuato, l’obbligo di sottoporre a «test diagnostici rapidi» i ruminanti di piccola taglia abbattuti di età superiore ai 18 mesi. In risposta a tale argomento, la Commissione fa valere la probabilità estremamente bassa che gli animali infetti non siano individuati nel corso di tale periodo. A parere della Commissione, la misura in oggetto implica che nel corso di questi due anni nessun animale abbattuto di età superiore ai 18 mesi debba presentare un’infezione. Inoltre, in risposta a questioni scritte del Tribunale relative alla suddetta misura di riduzione, la Commissione ha sostenuto che le informazioni trasmesse dagli Stati membri ai sensi dell’art. 6, nn. 2 e 4, del regolamento n. 999/2001 non attestavano la ricomparsa di casi di scrapie nelle aziende oltre i due anni successivi alla scoperta di casi di infezione.

230    A tale riguardo è plausibile che sia estremamente bassa la probabilità che, durante il periodo di due anni a partire dall’ultimo caso di TSE individuato, non vengano individuati animali di età superiore ai 18 mesi affetti da una TSE immessi al consumo. Infatti, come indicato al punto 226 supra, poiché l’infezione in condizioni naturali generalmente si è verificata alla nascita, e poiché, in una tale ipotesi, a partire dall’età di 18 mesi i prioni divengono individuabili a livello dell’obex, i «test diagnostici rapidi» su tali animali di età superiore ai 18 mesi possono essere considerati molto affidabili.

231    Quest’ultima considerazione non fornisce tuttavia indicazioni precise sul rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia risultante dal consumo umano di carne di ruminanti di piccola taglia di età superiore ai 18 mesi abbattuti nei due anni successivi all’ultimo caso di TSE individuato all’interno del gregge. Quest’ultima considerazione dipende potenzialmente dalla frequenza di macellazione dei ruminanti di piccola taglia di età superiore ai 18 mesi all’interno del suddetto gregge. Orbene, la Commissione non ha fatto valere alcun elemento probatorio che consenta di valutare tale fattore.

232    Peraltro, per quanto riguarda il fatto che la Commissione ritiene che le informazioni trasmesse dagli Stati membri ai sensi dell’art. 6, nn. 2 e 4, del regolamento n. 999/2001 non attestassero la ricomparsa di casi di scrapie oltre i due anni successivi alla scoperta di casi di TSE, occorre necessariamente dichiarare che la Commissione non ha fornito tali dati. È inoltre plausibile l’argomento proposto in udienza dalla Repubblica francese secondo cui tali dati non forniscono alcuna indicazione relativa alla suddetta ricomparsa, dal momento che tale misura di riduzione non era ancora in vigore.

233    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre pertanto considerare che la prima misura di riduzione prevista dalle misure contestate è atta a comportare un aumento del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia.

–       Sull’immissione al consumo di carne di ruminanti di piccola taglia di età compresa tra i 3 e i 18 mesi

234    La seconda riduzione delle norme in vigore prevista dalle misure contestate consiste nell’autorizzare l’immissione al consumo umano di carne di ruminanti di piccola taglia di età compresa tra i 3 e i 18 mesi provenienti da un gregge all’interno del quale un caso di TSE che non sia BSE sia stato individuato senza che tali ruminanti di piccola taglia siano stati sottoposti a «test diagnostici rapidi».

235    Non si contesta la mancanza di «test diagnostici rapidi» sui ruminanti di piccola taglia di età compresa tra i 3 e i 18 mesi abbattuti. Essa si spiega con il fatto che, prima che i ruminanti di piccola taglia abbiano raggiunto l’età di 18 mesi, i prioni non hanno ancora colpito in quantità sufficiente l’obex dei ruminanti di piccola taglia malati, di modo che i risultati dei «test diagnostici rapidi» eseguiti sull’obex di tali animali non possono essere affidabili (v. parere dell’EFSA del 5 giugno 2008, pag. 9).

236    Peraltro la Commissione riconosce che tali misure comportano un «aumento matematico» del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia.

237    Prima di procedere alla valutazione della rilevanza dell’aumento del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia, occorre osservare che tre fattori possono influire su tale valutazione, vale a dire, l’efficacia della rimozione degli SRM, l’età dei ruminanti di piccola taglia immessi al consumo umano ed il genotipo degli ovini immessi al consumo umano.

238    Per quanto riguarda gli SRM, occorre osservare che essi comprendono, da un lato, il cranio, compresi cervello e occhi, tonsille e midollo spinale dei ruminanti di piccola taglia di età superiore ai 12 mesi o ai quali è spuntato un dente incisivo permanente e, dall’altro lato, la milza e l’ileo dei ruminanti di piccola taglia di tutte le età (v. punto 1 dell’allegato V del regolamento n. 999/2001). La loro eliminazione implica una riduzione dei tessuti infetti che possono potenzialmente essere immessi al consumo umano in seguito all’adozione delle misure contestate.

239    Per quanto riguarda l’età dei ruminanti di piccola taglia abbattuti, poiché l’infezione da TSE di un ruminante di piccola taglia in condizioni naturali è generalmente avvenuta alla nascita, ma si propaga solo progressivamente nell’organismo, più giovane è l’animale macellato, minore è il rischio. Ciò è stato indirettamente ammesso dalla Repubblica francese in udienza, quando ha sostenuto che, fino all’età di tre mesi, occorreva considerare che il ruminante di piccola taglia infettato dal prione non avesse sviluppato la TSE in modo sufficiente da mettere in pericolo la salute umana. Tuttavia le parti non hanno fornito alcun dato preciso sul numero di ruminanti di piccola taglia abbattuti per fasce d’età in Europa.

240    Per quanto riguarda infine il genotipo degli ovini abbattuti, occorre osservare che per gli animali di genotipo resistente, vale a dire il genotipo ARR/ARR, provenienti da un gregge all’interno del quale sia stato individuato un caso di TSE che non sia BSE, non si contesta che il rischio di infezione da scrapie classica sia estremamente basso, pur non potendo essere completamente escluso (v. punto 18 supra). In compenso, per gli animali di genotipo sensibile, vale a dire il genotipo VRQ/VRQ, provenienti da un gregge all’interno del quale sia stato individuato un caso di TSE che non sia BSE, il rischio di infezione da scrapie classica di un ruminante di piccola taglia appartenente a tale gregge è elevato. Così, l’immissione al consumo umano di carne di ruminanti di piccola taglia di genotipo sensibile, provenienti da un gregge all’interno del quale sia stato individuato un caso di TSE, comporta un aumento del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia.

–       Sulla rilevanza dell’aumento del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia

241    Come esposto ai punti 184 e seguenti supra, l’AFSSA ha indicato per due volte che una valutazione quantitativa dell’aumento del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia che porti all’adozione delle misure contestate non era possibile a causa dell’insufficienza di dati relativi alla reale prevalenza della scrapie nell’insieme dei greggi colpiti e alla reale struttura genetica della popolazione ovina in generale.

242    Tuttavia, nel suo parere del 13 giugno 2007, l’AFSSA ha fornito un «ordine di grandezza» dell’aumento del rischio in oggetto. Essa ha infatti considerato, in base ai dati raccolti in Francia, che i test sull’obex individuano soltanto circa il 50% degli animali infetti nei greggi colpiti, mentre l’altro 50% circa corrisponde ad animali in incubazione portatori di contagiosità nei loro organi linfoidi. Nel suo parere del 5 dicembre 2007, l’AFSSA ha confermato la rappresentatività del valore del 50% di cui al suo parere del 13 giugno 2007.

243    Pertanto, nonostante il carattere imperfetto delle stime dell’AFSSA, l’adozione delle misure contestate comporta un aumento non trascurabile del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia a causa dell’immissione al consumo umano di carne di animali affetti da una TSE.

244    Gli argomenti della Commissione non consentono di mettere in discussione tale aumento non trascurabile del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia.

245    Per quanto riguarda il fatto che la Commissione ritiene che i «test diagnostici rapidi» individuerebbero la grande maggioranza degli animali di genotipo sensibile, poiché essi rappresentano all’incirca il 50% della popolazione ovina, e che i «test diagnostici rapidi» individuino molto più rapidamente gli animali predisposti, occorre osservare che, se dal parere dell’EFSA del 5 giugno 2008 si può dedurre che gli animali predisposti affetti da una TSE possono essere individuati efficacemente a partire da un’età compresa tra i 12 e i 18 mesi per mezzo dei «test diagnostici rapidi» eseguiti sull’obex, l’AFSSA ha precisato che il 50% degli animali non individuati corrisponderebbe ad animali in incubazione portatori di contagiosità nei loro organi linfoidi. Pertanto l’individuazione più rapida degli animali di genotipo sensibile non incide sulla valutazione dell’AFSSA secondo cui i test sull’obex individuano solo circa il 50% degli animali infetti (v. punto 242 supra).

246    Per quanto riguarda il fatto che la Commissione fa valere la rimozione degli SRM, occorre osservare che l’AFSSA, nel suo parere del 15 gennaio 2007, ha affermato che, «nei soggetti di genotipo sensibile (non aventi un allele ARR), la rimozione degli SRM, pur se estesa alla testa e agli intestini, non consent[iva] di eliminare tutti i tessuti portatori di livelli di contagiosità rilevanti». Così, anche se la rimozione degli SRM contribuisce a limitare il rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia, tale misura non consente di mettere in discussione la valutazione secondo cui l’aumento di tale rischio non è trascurabile.

247    Occorre inoltre osservare che la valutazione effettuata dalla Commissione in corso di procedimento, indipendentemente dalla questione del suo rigore scientifico, non invalida la valutazione approssimativa dell’AFSSA da cui si può dedurre un aumento non trascurabile, in seguito all’adozione delle misure contestate, dell’esposizione dell’uomo a TSE che colpiscono gli ovini e i caprini.

248    Nonostante le considerazioni che precedono, occorre tuttavia osservare che la Repubblica francese non ha dedotto alcun elemento che consenta di mettere in discussione la valutazione della Commissione secondo cui l’aumento del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia, risultante dall’adozione delle misure contestate, è decisamente inferiore a quello comportato dallo snellimento del programma di sorveglianza previsto dal regolamento n. 727/2007.

 Sull’aumento del rischio per la salute umana

–       Introduzione

249    Il fatto che le misure contestate comportino un aumento del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia non è sufficiente a costituire una violazione del principio di precauzione o dell’obbligo della Commissione di mantenere un livello elevato di protezione della salute umana sancito all’art. 152, n. 1, CE e all’art. 24 bis del regolamento n. 999/2001. Una siffatta violazione può, infatti, aver luogo solo a condizione che l’adozione delle misure contestate, e pertanto l’aumento del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia, comportino rischi per la salute umana che oltrepassano il livello giudicato accettabile per la società.

250    Per valutare se la Commissione, nel modo in cui ha gestito il rischio, abbia commesso un errore manifesto di valutazione, occorre valutare se essa potesse ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che le misure contestate fossero atte a garantire un livello elevato di protezione della salute umana. A tale riguardo occorre distinguere, da un lato, la questione del rischio per la salute umana di trovarsi esposti, in seguito all’adozione delle misure contestate, al consumo di carne di ruminanti di piccola taglia contaminata dalla BSE e, dall’altro lato, la questione del rischio per la salute umana di trovarsi esposti, in seguito all’adozione delle misure contestate, al consumo di carne di ruminanti di piccola taglia contaminata dalla scrapie.

–       Sul rischio per la salute umana nell’ambito del consumo umano di carne di ovini o di caprini affetti da TSE diverse dalla BSE

251    Per i motivi esposti ai punti 93 e seguenti supra, occorre dichiarare che la Commissione, considerando, in base ai pareri scientifici disponibili, che il rischio di trasmissibilità all’uomo di agenti delle TSE diversi dalla BSE presenti negli ovini e nei caprini fosse estremamente basso, non ha commesso un errore manifesto di valutazione.

252    Orbene, un rischio estremamente basso di trasmissibilità all’uomo delle TSE che colpiscono ruminanti di piccola taglia diverse dalla BSE riduce considerevolmente l’impatto sulla salute umana dell’aumento del rischio, comportato dall’adozione delle misure contestate, di esposizione dell’uomo alle TSE diverse dalla BSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia.

253    Pertanto, per quanto riguarda TSE diverse dalla BSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia, la Commissione ha potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che le misure contestate non comportassero un aumento del rischio per la salute umana oltrepassante il livello di rischio giudicato accettabile per la società.

–       Sul rischio per la salute umana nell’ambito del consumo umano di carne di ovini o di caprini affetti dalla BSE

254    Per verificare la valutazione effettuata dalla Commissione del rischio per la salute umana comportato dalle misure contestate alla luce della trasmissibilità all’uomo della BSE, occorre innanzitutto ricordare l’importanza dei test molecolari di discriminazione nel sistema previsto dalle misure contestate.

255    Le misure contestate prevedono che, qualora un caso di TSE sia individuato all’interno della popolazione generale dei ruminanti di piccola taglia, l’animale infetto sia abbattuto, prelievi effettuati sul suo cadavere siano sottoposti ad un test molecolare di discriminazione ed il suo cadavere sia distrutto. Se il test risulta positivo, il gregge a cui l’animale appartiene viene interamente distrutto. Al contrario, se il test risulta negativo, il gregge a cui l’animale appartiene può essere immesso al consumo umano con la riserva che, per un periodo di due anni a partire dall’ultimo caso di TSE individuato, gli animali abbattuti di età superiore ai 18 mesi siano sottoposti ad un test diagnostico rapido e che tale test risulti negativo.

256    I test molecolari di discriminazione previsti dalle misure contestate contribuiscono quindi a ridurre il rischio di esposizione dell’uomo alla BSE che colpisce ruminanti di piccola taglia, consentendo di escludere l’immissione al consumo umano di carne proveniente da un gregge all’interno del quale si sia verificato una caso di BSE. Un malfunzionamento di tale test porta segnatamente alla conseguenza che il gregge all’interno del quale si sia verificato un caso di BSE possa essere immesso al consumo umano senza che gli animali di età inferiore ai 18 mesi vengano sottoposti ad un qualunque test.

257    I test molecolari di discriminazione non sono tuttavia stati introdotti nel regolamento n. 999/2001 dalle misure contestate. Essi fanno parte del regolamento n. 999/2001 dal 2005, al fine di identificare, tra i casi di TSE individuati in seguito alla sorveglianza attiva, i casi di BSE o i casi sospetti (v. punto 27 supra). La Repubblica francese non ha tuttavia messo in discussione l’affidabilità dei suddetti test in tale ambito.

258    Nei suoi pareri dell’8 marzo 2007 e del 24 gennaio 2008, l’EFSA ha ritenuto che, in base ai dati disponibili, i test molecolari di discriminazione dovessero essere considerati uno strumento funzionale per l’individuazione sul campo dei casi di TSE, conformemente all’allegato X, capitolo C, punto 3.2, lett. c), del regolamento n. 999/2001, e che consentissero di raggiungere l’obiettivo di individuare in modo rapido e riproducibile casi di TSE che presentino una firma compatibile con la BSE classica.

259    Tuttavia l’AFSSA e l’EFSA hanno parimenti ritenuto che i test molecolari di discriminazione non potessero essere considerati perfetti. Tale carattere imperfetto risulta dall’insufficiente conoscenza della reale biodiversità degli agenti patogeni delle TSE negli ovini e nei caprini e delle modalità di interazione tra gli agenti patogeni in caso di coinfezione (v. pareri dell’EFSA dell’8 marzo 2007, pag. 7, e del 24 gennaio 2008, pag. 7). Orbene, nonostante nessun dato scientifico dimostri una siffatta coinfezione in condizioni naturali (v. punto 154 supra), essa non può essere esclusa. Il carattere imperfetto dei test molecolari di discriminazione risulta parimenti dall’imperfetta valutazione della loro sensibilità e specificità. Nel suo parere del 20 luglio 2006, l’AFSSA ha quindi indicato che, supponendo che la sensibilità dei test di discriminazione sia del 100%, il limite inferiore dell’intervallo di confidenza relativo a tale sensibilità sarebbe dell’82,35%, poiché la stima della sensibilità sarebbe stata fissata solo sulla base di 19 ruminanti di piccola taglia infettati sperimentalmente dalla BSE. Nel suo parere del 25 gennaio 2007, l’EFSA ha precisato che i limiti di tale valutazione dei test molecolari di discriminazione derivano in parte dalla mancata individuazione di casi di BSE naturali nei caprini e negli ovini. Essa ha parimenti indicato che i test molecolari di discriminazione erano stati concepiti per distinguere la BSE classica dalle altre TSE. Non sono pertanto stati valutati per quanto riguarda la loro capacità di distinguere la BSE di tipo L o di tipo H dalle altre TSE.

260    Pertanto le misure contestate non consentono di escludere che carne proveniente da un gregge all’interno del quale un animale sia stato infettato dalla BSE sia immessa al consumo umano.

261    Tuttavia, per quanto riguarda la BSE classica, occorre ricordare che, per i motivi di cui ai punti 157 e seguenti supra, la Commissione ha potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che la prevalenza della BSE classica nei ruminanti di piccola taglia fosse molto bassa. Occorre inoltre ricordare che, al momento dell’adozione delle misure contestate, un unico caso di BSE classica era stato confermato nei ruminanti di piccola taglia e riguardava una capra che era stata nutrita con farine animali ora proibite.

262    Dato che è stato riconosciuto dall’EFSA che i test molecolari di discriminazione consentono di raggiungere l’obiettivo di individuare in modo rapido e riproducibile casi di TSE che presentino una firma compatibile con la BSE classica, che la prevalenza stimata della BSE classica nei ruminanti di piccola taglia è molto bassa, che è stato individuato solo un caso di BSE nei ruminanti di piccola taglia e che un numero assai ristretto di casi di TSE è ancora in corso di analisi al fine di determinare in via definitiva se si tratti di una TSE o della BSE, la Commissione ha potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che l’ulteriore rischio, risultante dall’adozione delle misure contestate, di esposizione dell’uomo alla BSE classica che colpisce i ruminanti di piccola taglia non comporterebbe per la salute umana rischi oltrepassanti il livello giudicato accettabile per la società.

263    Per quanto riguarda il rischio di esposizione dell’uomo ad altri ceppi di BSE che non siano la BSE classica, occorre osservare che, nel suo parere del 25 gennaio 2007, l’EFSA ha ritenuto che il significato, l’origine e la trasmissibilità delle BSE di tipo L o H fossero, a tale data, speculativi. Gli autori dell’articolo scientifico fatto valere dalla Repubblica francese non hanno invalidato tale valutazione, pur avendo fatto valere una possibile trasmissibilità all’uomo della BSE di tipo L.

264    Orbene, in assenza di indizi aggiuntivi, la Commissione ha potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che l’ulteriore rischio, risultante dall’adozione delle misure contestate, di esposizione dell’uomo a tipi di BSE diversi dalla BSE classica che colpisce i ruminanti di piccola taglia non comporterebbe per la salute umana rischi oltrepassanti il livello giudicato accettabile per la società.

 Conclusione

265    Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, la Commissione ha potuto ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, in base ai dati scientifici a sua disposizione, che l’aumento del rischio, risultante dall’adozione delle misure contestate, di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono ruminanti di piccola taglia non comporterebbe per la salute umana rischi che oltrepasserebbero il livello giudicato accettabile per la società.

266    Di conseguenza la Commissione, adottando le misure contestate, non ha violato il principio di precauzione né l’obbligo di mantenere un livello elevato di tutela della salute sancito dall’art. 152, n. 1, CE e dall’art. 24 bis del regolamento n. 999/2001. Il ricorso deve pertanto essere respinto.

 Sulle spese

267    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica francese, rimasta soccombente, deve essere condannata alle proprie spese nonché a quelle della Commissione per i procedimenti sommari e per il procedimento principale.

268    Inoltre, in applicazione dell’art. 87, n. 4, del regolamento di procedura, il quale prevede che gli Stati membri intervenuti nella causa sopportino le proprie spese, occorre condannare il Regno Unito a sopportare le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Repubblica francese è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle della Commissione europea per il procedimento principale e per i procedimenti sommari.

3)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato a sopportare le proprie spese.

Azizi

Cremona

Labucka

Frimodt Nielsen

 

       O’Higgins

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2011.

Firme

Indice


Contesto normativo

1.  Regolamento (CE) n. 178/2002

2.  Regolamento (CE) n. 999/2001

Misure contestate

Fatti

1.  Encefalopatie spongiformi trasmissibili

2.  Encefalopatia spongiforme bovina

3.  Scrapie

4.  Evoluzione della politica comunitaria di lotta contro le TSE negli ovini e nei caprini

Procedimento

Conclusioni delle parti

Nel merito

1.  Considerazioni di principio

Sulla protezione della salute umana

Sul principio di precauzione

Definizione

Valutazione dei rischi

–  Introduzione

–  Sulla valutazione scientifica dei rischi

–  Sulla determinazione del livello di rischio

Gestione del rischio

Sulla portata del controllo giurisdizionale

2.  Sul motivo unico relativo alla violazione del principio di precauzione

3.  Sulla valutazione del rischio

Introduzione

Sulle censure relative alla mancata considerazione e all’erronea interpretazione delle incertezze scientifiche concernenti la trasmissibilità all’uomo delle TSE diverse dalla BSE

Sulla censura fondata sulla mancata consultazione di esperti scientifici circa l’affidabilità dei «test diagnostici rapidi»

Considerazioni preliminari

Sull’utilizzo dei «test diagnostici rapidi» a fini diversi da quelli epidemiologici

Sulla mancanza di indicazioni nei pareri dell’EFSA del 17 maggio e del 26 settembre 2005 relative all’affidabilità dei «test diagnostici rapidi» qualora i ruminanti di piccola taglia non presentino ancora un accumulo di prioni sufficiente nel tronco cerebrale

Sulle censure relative ai test di discriminazione

Introduzione

Sulla censura relativa alla mancata considerazione delle incertezze scientifiche sull’affidabilità dei test di discriminazione

Sulla censura relativa all’utilizzo distorto del parere dell’EFSA del 24 gennaio 2008

–  Introduzione

–  Sul rischio di coinfezione

–  Sulla prevalenza della BSE nei ruminanti di piccola taglia

Sulla considerazione dei pareri dell’AFSSA dell’8 ottobre 2008 e dell’EFSA del 22 ottobre 2008

Sulla censura relativa alla mancata valutazione dell’aumento del rischio risultante dall’adozione delle misure contestate

4.  Sulla gestione del rischio

Sunto degli argomenti delle parti

Considerazioni preliminari

Sui nuovi elementi

Sulla censura relativa ad un errore manifesto di valutazione nella gestione del rischio

Introduzione

Sull’aumento del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia

–  Sull’immissione al consumo umano di carne di ruminanti di piccola taglia di età superiore ai 18 mesi

–  Sull’immissione al consumo di carne di ruminanti di piccola taglia di età compresa tra i 3 e i 18 mesi

–  Sulla rilevanza dell’aumento del rischio di esposizione dell’uomo alle TSE che colpiscono i ruminanti di piccola taglia

Sull’aumento del rischio per la salute umana

–  Introduzione

–  Sul rischio per la salute umana nell’ambito del consumo umano di carne di ovini o di caprini affetti da TSE diverse dalla BSE

–  Sul rischio per la salute umana nell’ambito del consumo umano di carne di ovini o di caprini affetti dalla BSE

Conclusione

Sulle spese


* Lingua processuale: il francese.

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