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Document 62007CJ0393
Judgment of the Court (Fourth Chamber) of 30 April 2009.#Italian Republic (C-393/07) and Beniamino Donnici (C-9/08) v European Parliament.#Action for annulment - Decision of the European Parliament of 24 May 2007 on the verification of the credentials of Beniamino Donnici - Member of the European Parliament - Verification of the credentials of a Member of the Parliament - Appointment of a member resulting from the withdrawal of candidates - Articles 6 and 12 of the 1976 Act.#Joined cases C-393/07 and C-9/08.
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 30 aprile 2009.
Repubblica italiana (C-393/07) e Beniamino Donnici (C-9/08) contro Parlamento europeo.
Ricorso di annullamento - Decisione del Parlamento europeo 24 maggio 2007 sulla verifica dei poteri dell’on. Beniamino Donnici - Deputato del Parlamento europeo - Verifica dei poteri di un membro del Parlamento - Nomina di un deputato conseguente alla rinuncia di altri candidati - Artt. 6 e 12 dell’atto del 1976.
Cause riunite C-393/07 e C-9/08.
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 30 aprile 2009.
Repubblica italiana (C-393/07) e Beniamino Donnici (C-9/08) contro Parlamento europeo.
Ricorso di annullamento - Decisione del Parlamento europeo 24 maggio 2007 sulla verifica dei poteri dell’on. Beniamino Donnici - Deputato del Parlamento europeo - Verifica dei poteri di un membro del Parlamento - Nomina di un deputato conseguente alla rinuncia di altri candidati - Artt. 6 e 12 dell’atto del 1976.
Cause riunite C-393/07 e C-9/08.
Raccolta della Giurisprudenza 2009 I-03679
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2009:275
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
30 aprile 2009 ( *1 )
«Ricorso di annullamento — Decisione del Parlamento europeo 24 maggio 2007 sulla verifica dei poteri dell’on. Beniamino Donnici — Deputato del Parlamento europeo — Verifica dei poteri di un membro del Parlamento — Nomina di un deputato conseguente alla rinuncia di altri candidati — Artt. 6 e 12 dell’atto del 1976»
Nelle cause riunite C-393/07 e C-9/08,
aventi ad oggetto i ricorsi di annullamento ai sensi dell’art. 230 CE, proposti rispettivamente il 1° agosto e il 22 giugno 2007,
Repubblica italiana, rappresentata inizialmente dal sig. I. M. Braguglia, successivamente dal sig. R. Adam, in qualità di agenti, assistiti dal sig. P. Gentili, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente nella causa C-393/07,
sostenuta da:
Repubblica di Lettonia,
interveniente,
Beniamino Donnici, residente in Castrolibero, rappresentato dagli avv.ti M. Sanino, G. M. Roberti, I. Perego, e P. Salvatore,
ricorrente nella causa C-9/08,
sostenuto da:
Repubblica italiana,
contro
Parlamento europeo, rappresentato dai sigg. H. Krück, N. Lorenz e L. Visaggio, in qualità di agenti, assistiti dal prof. E. Cannizzaro, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuto,
sostenuto da:
Achille Occhetto, residente in Roma, rappresentato dagli avv.ti P. De Caterini e F. Paola,
interveniente,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dai sigg. T. von Danwitz (relatore), E. Juhász, G. Arestis e J. Malenovský, giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 marzo 2009,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
Con i loro ricorsi, la Repubblica italiana e il sig. Donnici chiedono alla Corte di annullare la decisione del Parlamento europeo 24 maggio 2007 sulla verifica dei poteri dell’on. Beniamino Donnici, 2007/2121(REG), che dichiara non valido il suo mandato di membro del Parlamento europeo (in prosieguo: la «decisione impugnata»). |
Contesto normativo
La normativa comunitaria
L’atto del 1976
2 |
Gli artt. 1, 2, 6-8, 12 e 13 dell’atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’assemblea a suffragio universale diretto allegato alla decisione del Consiglio 20 settembre 1976, 76/787/CECA, CEE, Euratom (GU L 278, pag. 1), come modificato e rinumerato con la decisione del Consiglio 25 giugno 2002 e 23 settembre 2002, 2002/772/CE, Euratom (GU L 283, pag. 1; in prosieguo: l’«atto del 1976»), così recitano: «Articolo 1 (…) 3. L’elezione si svolge a suffragio universale diretto, libero e segreto. Articolo 2 In funzione delle loro specificità nazionali, gli Stati membri possono costituire circoscrizioni elettorali per le elezioni al Parlamento europeo o prevedere altre suddivisioni elettorali, senza pregiudicare complessivamente il carattere proporzionale del voto. Articolo 6 1. I membri del Parlamento europeo votano individualmente e personalmente. Non possono essere vincolati da istruzioni né ricevere mandato imperativo. (…) Articolo 7 1. La carica di membro del Parlamento europeo è incompatibile con quella di:
2. A partire dall’elezione del Parlamento europeo del 2004, la carica di membro del Parlamento europeo è incompatibile con quella di membro del parlamento nazionale. (…) Articolo 8 Fatte salve le disposizioni del presente atto, la procedura elettorale è disciplinata in ciascuno Stato membro dalle disposizioni nazionali. Tali disposizioni nazionali, che possono eventualmente tener conto delle particolarità negli Stati membri, non devono nel complesso pregiudicare il carattere proporzionale del voto. Articolo 12 Il Parlamento europeo verifica i poteri dei membri del Parlamento europeo. A tal fine, ess[o] prende atto dei risultati proclamati ufficialmente dagli Stati membri, e decide sulle contestazioni che potrebbero essere eventualmente presentate in base alle disposizioni del presente atto, fatta eccezione delle disposizioni nazionali cui tale atto rinvia. Articolo 13 1. Un seggio si rende vacante quando il mandato di un membro del Parlamento europeo scade in caso di dimissioni o di decesso [o] di decadenza del mandato. 2. Fatte salve le altre disposizioni del presente atto, ciascuno Stato membro stabilisce le opportune procedure per coprire i seggi, resisi vacanti durante il periodo quinquennale di cui all’articolo 3, per la restante durata di detto periodo. 3. Quando la legislazione di uno Stato membro stabilisce espressamente la decadenza del mandato di un membro del Parlamento europeo, il suo mandato scade in applicazione delle disposizioni di tale legislazione. Le autorità nazionali competenti ne informano il Parlamento europeo. 4. Quando un seggio si rende vacante per dimissioni o decesso, il Presidente del Parlamento europeo ne informa senza indugio le autorità competenti dello Stato membro interessato». |
Il regolamento interno del Parlamento europeo
3 |
Gli artt. 3 e 4 del regolamento interno del Parlamento europeo (in prosieguo: il «regolamento interno») così recitano: «Articolo 3 Verifica dei poteri (…) 3. Il Parlamento, sulla base di una relazione della sua commissione competente, procede immediatamente alla verifica dei poteri e decide in merito alla validità del mandato di ciascuno dei membri neoeletti, nonché in merito a eventuali contestazioni presentate in base alle disposizioni dell’[atto del 1976], eccettuate quelle fondate sulle leggi elettorali nazionali. 4. La relazione della commissione competente si basa sulla comunicazione ufficiale, da parte di ciascuno Stato membro, dell’insieme dei risultati elettorali, nella quale si precisano il nome dei candidati eletti e dei loro eventuali sostituti nonché la graduatoria, così come risulta dal voto. Si potrà decidere in merito alla validità del mandato di un deputato soltanto dopo che questi abbia redatto le dichiarazioni scritte previste dal presente articolo e dall’allegato I del presente regolamento. Il Parlamento, sulla base di una relazione della commissione competente, può in ogni momento pronunciarsi su eventuali contestazioni relative alla validità del mandato di uno dei suoi membri. 5. Qualora la nomina di un deputato risulti dalla rinuncia di candidati figuranti sulla stessa lista, la commissione competente per la verifica dei poteri vigila a che tale rinuncia avvenga conformemente allo spirito e alla lettera dell’[atto del 1976], nonché all’articolo 4, paragrafo 3, del presente regolamento. (…) Articolo 4 Durata del mandato (…) 3. I deputati dimissionari comunicano le loro dimissioni al Presidente nonché la data dalla quale queste decorrono, che non deve eccedere i tre mesi dalla comunicazione. Detta comunicazione assume la veste di un verbale redatto alla presenza del Segretario generale o di un suo sostituto, firmato da questi e dal deputato interessato e immediatamente presentato alla commissione competente che lo iscrive all’ordine del giorno della prima riunione successiva al ricevimento del suddetto documento. Qualora la commissione competente ritenga che le dimissioni non corrispondano allo spirito o alla lettera dell’[atto del 1976], essa ne informa il Parlamento affinché quest’ultimo decida se constatare o meno la vacanza. In caso contrario, la constatazione della vacanza vale a partire dalla data indicata dal deputato dimissionario nel verbale delle dimissioni. Il Parlamento non vota in merito. (…) 9. Nel caso in cui l’accettazione del mandato o la rinuncia allo stesso appaiano inficiate da inesattezze materiali o da vizi di consenso, il Parlamento si riserva di dichiarare non valido il mandato esaminato ovvero di rifiutare la constatazione della vacanza». |
Lo statuto dei deputati del Parlamento europeo
4 |
Ai sensi del quarto ‘considerando’ della decisione del Parlamento europeo 28 settembre 2005, 2005/684/CE, Euratom, che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (GU L 262, pag. 1; in prosieguo: lo «statuto dei deputati»), «la libertà e l’indipendenza dei deputati, sancite all’articolo 2, impongono una regolamentazione e non figurano in alcun testo di diritto primario. Eventuali dichiarazioni con cui i deputati assumono l’impegno di cessare il mandato a un determinato momento oppure dichiarazioni in bianco per le dimissioni dal mandato, che un partito possa utilizzare a sua discrezione, sono incompatibili con la libertà e l’indipendenza dei deputati e pertanto non possono avere alcun valore giuridico vincolante». |
5 |
Inoltre, il quinto ‘considerando’ dello statuto dei deputati precisa che l’art. 3, n. 1, dello statuto riprende integralmente le disposizioni dell’art. 6, n. 1, dell’atto del 1976. |
6 |
Infine, gli artt. 2 e 30 dello statuto dei deputati così dispongono: «Articolo 2 1. I deputati sono liberi e indipendenti. 2. Qualsiasi accordo sulle dimissioni dal mandato prima della scadenza o al termine della legislatura è nullo. Articolo 30 Il presente statuto entra in vigore il primo giorno della legislatura del Parlamento europeo che avrà inizio nel 2009». |
La normativa nazionale
7 |
La legge 24 gennaio 1979, n. 18, sull’elezione dei rappresentanti dell’Italia al Parlamento europeo (GURI 30 gennaio 1979, n. 29, pag. 947, in prosieguo: la «legge del 24 gennaio 1979»), regola l’elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento. Essa prevede che i parlamentari siano eletti a suffragio universale con voto di lista diretto, libero e segreto. L’assegnazione dei vari seggi tra le liste concorrenti è effettuata in ragione proporzionale, secondo le modalità previste dalla legge stessa, e l’assegnazione del numero dei seggi alle singole circoscrizioni, cinque in tutto, è effettuata sulla base dei risultati dell’ultimo censimento generale della popolazione. |
8 |
Ai sensi dell’art. 20 della legge del 24 gennaio 1979, gli uffici elettorali delle singole circoscrizioni hanno, tra l’altro, il compito di determinare la graduatoria dei candidati di ciascuna lista, sulla base dei risultati individuali riportati da ogni candidato. I risultati vengono trasmessi all’Ufficio elettorale nazionale per il Parlamento europeo, costituito presso la Corte di Cassazione (in prosieguo: l’«Ufficio elettorale italiano»). Conformemente all’art. 21 di tale legge, l’Ufficio elettorale italiano ha il compito di determinare la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista, procedere al riparto dei seggi tra le liste in base alla cifra elettorale di ciascuna lista e procedere alla distribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi così assegnati alle varie liste. Tale ufficio redige, in conformità all’art. 23 di detta legge, un verbale che deve essere rimesso alla segreteria del Parlamento. |
9 |
La legge del 24 gennaio 1979 contiene, inoltre, all’art. 41, una disciplina dettagliata dell’ipotesi della surrogazione, secondo la quale il candidato che risulti eletto in più circoscrizioni dichiari all’Ufficio elettorale italiano quale sia la circoscrizione per cui intende optare. Nella circoscrizione non scelta, detto ufficio provvede a proclamare eletto il candidato che segue immediatamente l’ultimo eletto. Inoltre, il seggio che rimanga vacante durante lo svolgimento del mandato è attribuito dall’Ufficio elettorale italiano al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue l’ultimo eletto. |
10 |
Ai sensi dell’art. 46 di tale legge, l’Ufficio elettorale italiano comunica alla segreteria del Parlamento europeo le surrogazioni disposte in base alle sentenze che abbiano deciso irrevocabilmente le controversie sorte in proposito, corregge eventualmente il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo, dandone comunicazione agli interessati ed alla segreteria del Parlamento. |
Fatti all’origine della controversia e la decisione impugnata
11 |
In occasione delle elezioni dei deputati del Parlamento europeo del 12 e 13 giugno 2004, il sig. Donnici si è candidato per la lista comune «Società Civile Di Pietro - Occhetto». Tale lista ha ottenuto due seggi, il primo dei quali nella circoscrizione Italia meridionale e l’altro nella circoscrizione Italia Nord Occidentale. Il sig. Di Pietro, risultato primo eletto in entrambe le circoscrizioni, ha optato per la circoscrizione Italia Meridionale. |
12 |
Il sig. Occhetto figurava in seconda posizione sulle liste elettorali, in considerazione del numero di voti ottenuti nelle due circoscrizioni, superando il sig. Donnici nella circoscrizione Italia Meridionale e il sig. Chiesa nella circoscrizione Italia Nord Occidentale. Poiché il sig. Di Pietro ha optato per il seggio della circoscrizione Italia Meridionale, il sig. Occhetto avrebbe dovuto essere proclamato eletto nella circoscrizione Italia Nord Occidentale. Tuttavia, con dichiarazione scritta, firmata il 6 luglio 2004 e giunta il giorno seguente all’Ufficio elettorale italiano, il sig. Occhetto, che ricopriva all’epoca la carica di Senatore della Repubblica italiana, ha rinunciato all’elezione al Parlamento in entrambe le circoscrizioni. |
13 |
In seguito a tale rinuncia, il 18 luglio 2004, l’Ufficio elettorale italiano ha proclamato eletto il sig. Chiesa nella circoscrizione Italia Nord Occidentale e il sig. Di Pietro nella circoscrizione Italia meridionale, e il 12 novembre 2004 ha comunicato il nome del sig. Donnici come primo eletto sulla lista dei sostituti del sig. Di Pietro per la circoscrizione Italia meridionale, mentre il sig. Occhetto, che vi aveva rinunciato, non compariva su detta lista. |
14 |
In occasione delle elezioni politiche del 9 e 10 aprile 2006 in Italia, il sig. Di Pietro è stato eletto deputato al Parlamento italiano ed ha optato a favore del suo mandato nazionale, con effetto a decorrere dal 28 aprile 2006. Poiché tale carica, conformemente all’art. 7, n. 2, dell’atto del 1976, è incompatibile con quella di membro del Parlamento, quest’ultimo ha constatato la vacanza del seggio di cui trattasi. |
15 |
Con dichiarazione del 27 aprile 2006, indirizzata all’Ufficio elettorale italiano, il sig. Occhetto, che si era candidato alle stesse elezioni nazionali, ma non era stato rieletto, ha revocato la sua rinuncia del 6 luglio 2004 e ha chiesto di occupare il seggio divenuto vacante in seguito alla scelta del sig. Di Pietro per il Parlamento nazionale. |
16 |
In seguito a tale dichiarazione, l’8 maggio 2006, l’Ufficio elettorale italiano ha proclamato l’elezione del sig. Occhetto a membro del Parlamento e, alla stessa data, ha comunicato al Parlamento il suo nominativo come sostituto del sig. Di Pietro. |
17 |
Con sentenza 21 luglio 2006, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha dichiarato infondato il ricorso di annullamento proposto dal sig. Donnici avverso tale proclamazione. |
18 |
Il sig. Donnici ha contestato anche dinanzi al Parlamento la proclamazione del sig. Occhetto come deputato europeo al posto del sig. Di Pietro. Tale contestazione è stata esaminata dalla commissione giuridica del Parlamento durante la sua riunione del 21 giugno 2006. Dopo aver constatato che, conformemente all’art. 12 dell’atto del 1976, tale contestazione non era ricevibile, in quanto fondata sulla legge elettorale italiana, la commissione giuridica ha proposto all’unanimità al Parlamento la conferma del mandato del sig. Occhetto. Il 3 luglio 2006 il Parlamento ha ratificato il mandato del sig. Occhetto. |
19 |
Con sentenza 6 dicembre 2006, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello del sig. Donnici avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, annullando la proclamazione a membro del Parlamento del sig. Occhetto, alla quale aveva proceduto l’Ufficio elettorale italiano l’8 maggio 2006. Il Consiglio di Stato ha considerato, in particolare, che «il rispetto della volontà popolare (…) non ha mai impedito a nessun candidato di rinunciare all’elezione» e che «l’indisponibilità della graduatoria [elettorale] impedisc[e] che il rinunciante possa poi rientrare in graduatoria a suo lìbito». |
20 |
La sentenza del Consiglio di Stato è passata in giudicato in seguito alla sentenza della Corte suprema di cassazione 26 marzo 2007, che ha dichiarato il ricorso del sig. Occhetto irricevibile per vizio di forma. Con atto introduttivo del 19 aprile 2007, il sig. Occhetto ha proposto un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo che, come indicato il 5 marzo 2009 in udienza dal rappresentante del sig. Occhetto, è ancora pendente. |
21 |
Il 29 marzo 2007, l’Ufficio elettorale italiano ha preso atto della sentenza del Consiglio di Stato ed ha proclamato l’elezione del sig. Donnici a membro del Parlamento per la circoscrizione Italia Meridionale, revocando così il mandato del sig. Occhetto. Poiché tale proclamazione è stata comunicata al Parlamento, quest’ultimo ne ha preso atto nel verbale della seduta plenaria del 23 aprile 2007, in forza del quale il sig. Donnici sedeva, sì, in Parlamento ma soltanto provvisoriamente e con riserva dell’ulteriore decisione del Parlamento sulla verifica dei suoi poteri. |
22 |
Intanto, con lettera del 5 aprile 2007, il sig. Occhetto ha sollevato una contestazione e ha chiesto al Parlamento di confermare il suo mandato nonché di non confermare quello del sig. Donnici. In seguito a tale contestazione, il Parlamento ha sottoposto il mandato del sig. Donnici all’esame della sua commissione giuridica. |
23 |
Il 24 maggio 2007 il Parlamento ha adottato la decisione impugnata, ai sensi della quale: «Il Parlamento europeo,
(…)
(…)
(…)». |
Procedimenti dinanzi ai giudici comunitari e conclusioni delle parti
24 |
Con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale di primo grado delle Comunità europee il 22 giugno 2007, iscritto a ruolo con il numero T–215/07, il sig. Donnici ha chiesto l’annullamento della decisione impugnata notificatagli il 29 maggio 2007. Con ordinanza 13 dicembre 2007 (causa T-215/07, Donnici/Parlamento, Racc. pag. II-5239), il Tribunale ha declinato la propria competenza a favore della Corte affinché essa potesse statuire sul ricorso di annullamento. La causa è stata iscritta nel ruolo della Corte con il numero C–9/08. Con ordinanza del presidente della Corte 21 febbraio 2008, il sig. Occhetto è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Parlamento e la Repubblica italiana è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni del sig. Donnici. |
25 |
Con atto separato, depositato nella cancelleria del Tribunale il 14 agosto 2007, il Parlamento aveva sollevato un’eccezione ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, affinché il parere del suo servizio giuridico del 2 maggio 2007, prodotto nell’allegato A.11 del ricorso del sig. Donnici, fosse ritirato dagli atti di causa. Con ordinanza 29 gennaio 2009, causa C-9/08, Donnici/Parlamento, la Corte ha accolto la domanda del Parlamento e ha riservato alla decisione nel merito di statuire sulla domanda del sig. Donnici di ordinare, come mezzo istruttorio, la produzione del detto parere giuridico. |
26 |
Con ricorso depositato nella cancelleria della Corte il 1o agosto 2007, iscritto a ruolo con il numero C-393/07, anche la Repubblica italiana ha chiesto l’annullamento della decisione impugnata che le era stata notificata il 28 maggio 2007. Con ordinanza del presidente della Corte 1o febbraio 2008, la Repubblica di Lettonia è stata ammessa ad intervenire in tale causa a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana. La Repubblica di Lettonia non ha partecipato né alla fase scritta né alla fase orale del procedimento. |
27 |
Con ordinanza del presidente della Quarta Sezione 30 gennaio 2009, i due ricorsi di annullamento sono stati riuniti ai fini della fase orale e della sentenza. |
28 |
Con atto separato, depositato nella cancelleria del Tribunale il 22 giugno 2007, iscritto a ruolo con il numero T-215/07 R, il sig. Donnici ha chiesto la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata. Il giudice per i provvedimenti provvisori, in sostituzione del presidente del Tribunale, ha accolto tale domanda e ha disposto, con ordinanza 15 novembre 2007 (causa T-215/07 R, Donnici/Parlamento, Racc. pag. II-4673), la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata. |
29 |
Con ordinanza del presidente della Corte 13 gennaio 2009, Occhetto e Parlamento/Donnici [cause C-512/07 P(R) e C-15/08 P(R), Racc. pag. I-1], le impugnazioni nel procedimento sommario di detta ordinanza da parte del sig. Occhetto e del Parlamento sono state respinte. |
30 |
Con i loro ricorsi, la Repubblica italiana nonché il sig. Donnici chiedono alla Corte di annullare la decisione impugnata e di condannare il Parlamento alle spese. Il sig. Donnici chiede in via incidentale, ai sensi dell’art. 241 CE, di dichiarare che l’art 3, n. 5, del regolamento interno è illegittimo e, in subordine, di disporre che sia depositato agli atti del presente procedimento il parere giuridico del 2 maggio 2007 del servizio giuridico del Parlamento. Il Parlamento chiede che il ricorso sia respinto e che la Repubblica italiana e il sig. Donnici siano condannati alle spese. |
Sui ricorsi
31 |
Nella causa C–393/07, la Repubblica italiana invoca a sostegno del suo ricorso cinque motivi secondo cui, rispettivamente, la decisione impugnata avrebbe violato gli artt. 6, 8, 12 e 13 dell’atto del 1976, nonché l’art. 6 UE, l’art. 2 dello statuto dei deputati, l’art. 199 CE e gli artt. 3 e 4 del regolamento interno, l’art. 6 UE, nonché gli artt. 10 CE e 230 CE e, da ultimo, tale decisione sarebbe viziata da un difetto di motivazione. |
32 |
Nella causa C–9/08, il sig. Donnici fa valere due motivi di ricorso riguardanti, in primo luogo, la violazione dell’art. 12 dell’atto del 1976 e dell’art. 3, n. 1, del regolamento interno, del principio di indipendenza, del divieto di mandato imperativo, nonché la violazione dell’autorità del giudicato e, in secondo luogo, il difetto di motivazione della decisione impugnata. |
Sul primo motivo
Argomenti delle parti
33 |
La Repubblica italiana e il sig. Donnici fanno valere, sostanzialmente, che il Parlamento avrebbe dovuto limitarsi, conformemente all’art. 12 dell’atto del 1976, a prendere atto della proclamazione dell’elezione del sig. Donnici effettuata dall’Ufficio elettorale italiano. Tale art. 12 non consentirebbe al Parlamento di discostarsi da detta proclamazione adducendo la presunta incompatibilità di quest’ultima con il diritto comunitario. Analogamente, il Parlamento potrebbe basarsi, nell’ambito di una decisione sulle contestazioni, unicamente sulle disposizioni dell’atto del 1976, escluse le altre norme del diritto comunitario, tra cui i principi generali di quest’ultimo. |
34 |
Relativamente all’art. 6 dell’atto del 1976, essi sostengono che si applichi soltanto ai deputati e non ai candidati non eletti, di modo che detto articolo non riguarderebbe la rinuncia del sig. Occhetto espressa il 6 luglio 2004, quando egli non era ancora deputato del Parlamento. Tale articolo riguarderebbe esclusivamente, in base alla sua formulazione, l’esercizio del mandato parlamentare, mentre le fasi della procedura elettorale e quindi il comportamento dei candidati non eletti anteriormente alla loro nomina a deputati non ne sarebbero oggetto. |
35 |
Per contro, il Parlamento, sostenuto dal sig. Occhetto, ritiene di dover garantire, in forza dell’art. 12 dell’atto del 1976, che la proclamazione effettuata dalle autorità nazionali rispetti il diritto comunitario in generale e, in particolare, i principi stabiliti dall’atto del 1976. Tale portata delle sue competenze troverebbe riscontro negli artt. 3, nn. 4 e 5, 4, nn. 3 e 9, del suo regolamento interno nonché nella sua prassi in materia. Allorché la procedura elettorale concorre alla sua formazione, risulterebbe evidente che esiste un livello di disciplina comunitaria idonea a stabilire uno standard minimo inteso ad evitare qualsiasi distorsione risultante dalla disparità tra le procedure nazionali che deve essere garantito dal Parlamento. Invece, qualora il Parlamento dovesse limitarsi, nell’esercizio delle sue competenze, all’esame delle incompatibilità ai sensi dell’art. 7 dell’atto del 1976, la sua competenza sarebbe priva di un reale contenuto. |
36 |
Il Parlamento, sostenuto dal sig. Occhetto, fa valere che, in caso di manifesta violazione dei principi fondamentali previsti dall’atto del 1976, come il libero mandato parlamentare sancito dall’art. 6 di tale atto nonché i principi del suffragio universale e proporzionale di cui agli artt. 1 e 2 dello stesso, esso ha il diritto e perfino il dovere di non dare seguito a detta violazione prendendo atto del risultato della procedura nazionale, altrimenti la sua decisione di convalida sarebbe viziata da illegittimità. Il primato del diritto comunitario imporrebbe al Parlamento di disapplicare la designazione del candidato effettuata dalle autorità nazionali in violazione manifesta del diritto comunitario. |
37 |
L’art. 6 dell’atto del 1976 tutelerebbe altresì il candidato eletto. Altrimenti, la garanzia conferita da tale articolo non si applicherebbe ad atti, come, nella fattispecie, la rinuncia espressa dal sig. Occhetto motivata da un accordo elettorale, che impediscono che il mandato voluto dagli elettori si realizzi. Tale interpretazione di detto art. 6 sarebbe corroborata dall’art. 2 dello statuto dei deputati nonché dall’art. 3 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. |
38 |
Inoltre, il Parlamento sostiene che l’applicabilità di detto art. 6 alla presente fattispecie consegue già dal fatto che il sig. Occhetto sedeva in Parlamento quando le autorità nazionali gli hanno notificato che il sig. Donnici aveva sostituito l’interessato. |
Giudizio della Corte
39 |
Il primo motivo solleva la questione della portata dei poteri di cui dispone il Parlamento in merito alla verifica dei mandati dei suoi membri in forza dell’art. 12 dell’atto del 1976. Dunque, al fine di esaminare la validità della decisione impugnata, occorre essenzialmente analizzare l’ampiezza dei poteri che tale disposizione attribuisce al Parlamento. Orbene, l’art. 12 di tale atto muove dal presupposto, in ogni caso, che la decisione del Parlamento si fonda su una disposizione di tale atto avverso la quale si può presentare una contestazione. Poiché il Parlamento invoca a tale riguardo principalmente l’art. 6 dell’atto del 1976, occorre determinare, anzitutto, se tale disposizione sia in linea di principio applicabile al caso di specie. |
— Sull’applicabilità dell’art. 6 dell’atto del 1976
40 |
L’art. 6, n. 1, dell’atto del 1976 stabilisce che i membri del Parlamento votano individualmente e personalmente e non possono essere vincolati da istruzioni né ricevere mandato imperativo. |
41 |
Come emerge dalla lettera di detto articolo, esso fa espressamente riferimento ai «membri del Parlamento» e riguarda l’esercizio del mandato parlamentare. Per di più, lo stesso articolo menziona la prerogativa di voto dei detti membri, prerogativa che, per sua stessa natura, non può essere associata allo status di candidato proclamato ufficialmente nella graduatoria postelettorale (v. ordinanza Occhetto e Parlamento/Donnici, cit., punto 41). |
42 |
Si deve constatare che l’art. 6 dell’atto del 1976, in considerazione della sua chiara formulazione, non si applica ad atti aventi ad oggetto la rinuncia di un candidato eletto, come, nel caso di specie, quella espressa dal sig. Occhetto alla sua posizione di sostituto del sig. Di Pietro. |
43 |
Gli argomenti sollevati a tale proposito dal Parlamento non consentono di discostarsi da tale interpretazione. |
44 |
In particolare, non si può riconoscere al Parlamento una competenza generale per valutare la legittimità delle procedure elettorali degli Stati membri in considerazione dell’insieme dei principi asseritamente sottesi all’art. 6 dell’atto del 1976, come quelli che il Parlamento deduce, segnatamente, dall’art. 3 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, interpretando estensivamente detto art. 6 alla luce di tali principi (v., in tal senso, ordinanza Occhetto e Parlamento/Donnici, cit., punto 43). |
45 |
Infatti, siffatta interpretazione di detto art. 6 contrasterebbe con la decisione presa dai suoi autori, in quanto trasformerebbe tale disposizione relativa all’esercizio del mandato, nonostante il suo ambito di applicazione precisamente circoscritto, in una regola di competenza che disciplina la procedura elettorale, atteso che, conformemente all’art. 8 dell’atto del 1976, tale materia è regolata in linea di principio dalle disposizioni nazionali. |
46 |
Per quanto riguarda l’art. 2 dello statuto dei deputati, cui fa riferimento il Parlamento per sostenere la sua interpretazione dell’art. 6 dell’atto del 1976, si deve anzitutto segnalare che tale statuto non era in vigore all’epoca dei fatti all’origine alla controversia. Inoltre, il quarto ‘considerando’ dello statuto dei deputati afferma che «[l]a libertà e l’indipendenza dei deputati, sancite all’articolo 2, impongono una regolamentazione», in quanto «non figurano in alcun testo di diritto primario», e il suo quinto ‘considerando’ precisa che l’art. 3, n. 1, dello stesso riprende integralmente le disposizioni dell’art. 6, n. 1, dell’atto del 1976. Ne consegue che l’art. 2 dello statuto dei deputati non rappresenta una codificazione di detto art. 6 (v., in tal senso, ordinanza Occhetto e Parlamento/Donnici, cit., punto 44). |
47 |
Inoltre, il Parlamento non può, conformemente al principio di gerarchia delle norme, basarsi su una disposizione del suo regolamento interno e sulla sua presunta prassi in tale materia per interpretare contra legem l’art. 6 dell’atto del 1976 (v., in tal senso, ordinanza Occhetto e Parlamento/Donnici, cit., punto 45). |
48 |
Si deve infatti constatare che il regolamento interno è un atto di organizzazione interna, inidoneo come tale a istituire a favore del Parlamento competenze che non siano espressamente riconosciute da un atto normativo, nella fattispecie dall’atto del 1976 (v. sentenza 21 ottobre 2008, cause riunite C-200/07 e C-201/07, Marra, Racc. pag. I-7929, punto 38). Ne consegue a fortiori che l’asserita prassi istituzionale non può derogare al detto art. 6. |
49 |
Da quanto precede emerge che la rinuncia espressa dal sig. Occhetto alla sua posizione sull’elenco dei sostituti non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 6 dell’atto del 1976, cosicché tale articolo non poteva fungere da fondamento per una contestazione relativa alla verifica dei poteri dei membri del Parlamento ai sensi dell’art. 12 di tale atto e che, pertanto, il Parlamento non poteva fondare la decisione impugnata su una violazione del detto art. 6. |
— Sulla violazione dell’art. 12 dell’atto del 1976
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Dopo aver stabilito che l’art. 6 dell’atto del 1976 non poteva costituire il fondamento della decisione impugnata, si rende necessario determinare se tale decisione possa basarsi su una violazione dei principi del suffragio universale e proporzionale sanciti agli artt. 1 e 2 dell’atto del 1976, come sostenuto dal Parlamento. Riferendosi ad una violazione di detti principi, il Parlamento ha riconosciuto a sé stesso il potere di verificare se la proclamazione ufficiale del sig. Donnici come membro del Parlamento sia intervenuta nel rispetto dei detti requisiti. Occorre dunque esaminare se l’art. 12 di tale atto attribuisca al Parlamento siffatta competenza nella verifica dei mandati dei suoi membri. |
51 |
L’art. 12 dell’atto del 1976 prevede che il Parlamento, al fine della verifica dei poteri dei suoi membri, prenda atto dei risultati proclamati ufficialmente dagli Stati membri, e decide sulle contestazioni che potrebbero essere eventualmente presentate in base alle disposizioni di detto atto, fatta eccezione delle disposizioni nazionali cui tale atto rinvia. |
52 |
Dal tenore letterale di tale articolo 12 si desume che il potere di verifica di cui dispone il Parlamento, in forza della prima frase di detto articolo, è soggetto a due limiti importanti illustrati alla seconda frase dello stesso (v., in tal senso, ordinanze 15 novembre 2007, Donnici/Parlamento, cit., punto 71, nonché Occhetto e Parlamento/Donnici, cit., punti 31 e 32). |
53 |
Ai sensi della prima parte della seconda frase dell’art. 12 dell’atto del 1976, il Parlamento «prende atto dei risultati proclamati ufficialmente dagli Stati membri». Inoltre, la particolare competenza del Parlamento a decidere sulle contestazioni presentate, indicata nella seconda parte della seconda frase di detto articolo, è altresì limitata ratione materiae alle sole contestazioni «che potrebbero essere eventualmente presentate in base alle disposizioni [dell’atto del 1976], fatta eccezione delle disposizioni nazionali cui tale atto rinvia». |
54 |
Da un lato, contrariamente a quanto sostenuto dal Parlamento, consegue dalla lettera stessa dell’art. 12 dell’atto del 1976 che tale articolo non conferisce al Parlamento la competenza per decidere sulle contestazioni presentate in base al diritto comunitario nel suo complesso. Secondo il chiaro tenore letterale di detto articolo, esso concerne unicamente le «contestazioni (…) presentate in base alle disposizioni del presente atto» (v., in tal senso, ordinanza Occhetto e Parlamento/Donnici, cit., punto 32). |
55 |
Dall’altro lato, l’esercizio consistente nel «prendere atto dei risultati proclamati ufficialmente» va inteso nel senso che il Parlamento doveva basarsi, al fine della sua decisione per la verifica dei poteri dei suoi membri, sulla proclamazione effettuata il 29 marzo 2007 dall’Ufficio elettorale italiano in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato 6 dicembre 2006. Infatti, tale proclamazione risulta da un iter decisionale conforme alle procedure nazionali, con cui si sono decise definitivamente le questioni giuridiche legate alla detta proclamazione e che costituisce, pertanto, una situazione giuridica preesistente. Orbene, la Corte ha già statuito che l’uso dell’espressione «prendere atto» nel contesto dell’atto del 1976 deve essere interpretato nel senso che esso indica la totale mancanza di potere discrezionale del Parlamento in materia (v., in tal senso, sentenza 7 luglio 2005, causa C-208/03 P, Le Pen/Parlamento, Racc. pag. I–6051, punto 50). |
56 |
Tale interpretazione dell’espressione «prendere atto» di cui all’art. 12, n. 2, dell’atto del 1976, nella sua versione originale, secondo cui gli Stati membri informano il Parlamento, che ne prende atto, di una vacanza di seggio derivante dall’applicazione delle disposizioni nazionali, vale altresì per la stessa espressione che compare all’art. 12 dell’atto del 1976 nella sua attuale versione. Se l’art. 12, n. 2, dell’atto del 1976, nella sua versione originale, esclude ogni margine di discrezionalità del Parlamento anche in caso di decadenza del mandato di uno dei suoi membri in applicazione delle disposizioni nazionali, che incide sulla composizione di tale istituzione, tale assenza di un potere decisionale vale a maggior ragione per la verifica, conformemente all’art. 12 dell’atto del 1976, dei poteri dei membri del Parlamento proclamati ufficialmente dagli Stati membri. Infatti, in tale contesto si tratta della designazione, da parte delle autorità nazionali, dei futuri membri del Parlamento, in conformità alla procedura elettorale, la quale, come emerge espressamente dall’art. 8 dell’atto del 1976, è disciplinata dalle disposizioni nazionali. |
57 |
Ne consegue che il Parlamento non può rimettere in discussione la regolarità stessa della proclamazione effettuata dall’Ufficio elettorale nazionale. L’art. 12 dell’atto del 1976 non autorizza il Parlamento neanche a rifiutare di prendere atto di una tale proclamazione, se ritiene di essere in presenza di un’irregolarità (v., in tal senso, ordinanza 15 novembre 2007, Donnici/Parlamento, cit., punto 75). |
58 |
Tale interpretazione dell’art. 12 dell’atto del 1976 è corroborata da una lettura dello stesso alla luce delle pertinenti disposizioni del Trattato CE nonché dal contesto normativo in cui si inserisce il detto articolo. |
59 |
A tale proposito si deve rilevare che, conformemente agli artt. 5, primo comma, CE, 7, n. 1, secondo comma, CE nonché 189, primo comma, CE, il Parlamento esercita i poteri e agisce nei limiti delle competenze che gli sono conferite dai trattati. |
60 |
Inoltre, ai sensi dell’art. 8 dell’atto del 1976, «la procedura elettorale è disciplinata in ciascuno Stato membro dalle disposizioni nazionali» fatte salve le disposizioni dell’atto del 1976. Pertanto, se è vero che gli Stati membri sono tenuti a rispettare le disposizioni dell’atto del 1976, in quanto prevedono talune modalità elettorali, è anche vero che ad essi spetta in definitiva il compito di organizzare le elezioni, secondo la procedura fissata dalle loro disposizioni nazionali, e, in tale ambito, procedere altresì allo spoglio dei voti ed alla proclamazione ufficiale dei risultati elettorali (v. ordinanza 15 novembre 2007, Donnici/Parlamento, cit., punto 74). |
61 |
Infine, l’art. 13, n. 2, dell’atto del 1976 dispone che ciascuno Stato membro stabilisce le opportune procedure per coprire i seggi resisi vacanti. |
62 |
Pertanto, conformemente a tale contesto normativo, la procedura elettorale per l’elezione dei membri del Parlamento, che ha avuto luogo il 12 e 13 giugno 2004, nonché quella per la nomina dei sostituti per i seggi resisi vacanti rimaneva disciplinata in ciascuno Stato membro dalle pertinenti disposizioni nazionali, nella fattispecie, dalla legge italiana del 24 gennaio 1979 (v., in tal senso, ordinanza 15 novembre 2007, Donnici/Parlamento, cit., punto 66). |
63 |
Peraltro, in assenza di una disciplina comunitaria in tale materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro indicare i giudici competenti e fissare le procedure giurisdizionali destinate a garantire la tutela dei diritti che derivano ai singoli dal diritto comunitario, fermo restando che dette modalità non possono essere né meno favorevoli di quelle relative ai diritti fondati sull’ordinamento nazionale (principio di equivalenza) né tali da rendere impossibile o eccessivamente difficile, in pratica, l’esercizio dei diritti garantiti dall’ordinamento comunitario (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenza 12 settembre 2006, causa C-300/04, Eman e Sevinger, Racc. pag. I-8055, punto 67). |
64 |
Orbene, il Parlamento non ha fatto valere che le disposizioni procedurali italiane violavano tali principi di equivalenza e effettività. Inoltre, anche volendo supporre un caso del genere, non ne conseguirebbe che il Parlamento sarebbe legittimato a sostituire il proprio giudizio agli atti emanati dalle autorità nazionali competenti. |
65 |
Per contro, il controllo del rispetto, da parte degli Stati membri, delle disposizioni del trattato nonché delle disposizioni adottate dalle istituzioni in virtù dello stesso, incombe, segnatamente, alla Commissione che può, in forza dell’art. 226 CE, adire la Corte di un procedimento per inadempimento quando reputi che uno Stato membro abbia mancato ai suoi obblighi. Inoltre, tale controllo è garantito dal procedimento di cui all’art. 234 CE, che si inquadra nel contenzioso elettorale a livello nazionale. |
66 |
Tale contesto normativo non lascia emergere che il Parlamento è competente in via generale a valutare la conformità delle procedure elettorali degli Stati membri e la loro applicazione al caso di specie rispetto al diritto comunitario. Ne consegue che la competenza del Parlamento si limita, nell’ambito della verifica dei poteri dei suoi membri, alle prerogative chiaramente definite dalle disposizioni pertinenti dell’atto del 1976 (v., in tal senso, ordinanza Occhetto e Parlamento/Donnici, cit., punto 32). |
67 |
Da ciò emerge che un’interpretazione dell’art. 12 dell’atto del 1976 che attribuisse al Parlamento una competenza generale di controllo della proclamazione ufficiale effettuata dalle autorità degli Stati membri sarebbe non solo contraria al tenore letterale di tale articolo, ma anche incompatibile con il principio sancito agli artt. 5 CE e 7 CE, secondo cui le competenze della Comunità e delle sue istituzioni sono competenze di attribuzione (v., in tal senso, sentenze 5 ottobre 2000, causa C-376/98, Germania/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-8419, punto 83, nonché 3 settembre 2008, cause riunite C-402/05 P et C-415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-6351, punto 203 e giurisprudenza ivi citata). |
68 |
Gli argomenti sollevati dal Parlamento e sostenuti dal sig. Occhetto, ricordati ai punti 35-37 della presente sentenza, non possono rimettere in discussione tale interpretazione dell’art. 12 dell’atto del 1976, che esclude qualsiasi competenza del Parlamento a discostarsi dalla proclamazione effettuata dall’Ufficio elettorale italiano. |
69 |
L’argomento, sollevato in primis, secondo cui l’assenza di una competenza del Parlamento per il controllo dei risultati proclamati dagli Stati membri alla luce del diritto comunitario condurrebbe ad uno svuotamento dei suoi poteri di verifica di cui all’art. 12 dell’atto del 1976, deve essere respinto. Infatti, occorre sottolineare che il Parlamento conserva la piena competenza per pronunciarsi, nell’ambito dell’art. 12 dell’atto del 1976, sulla situazione di un candidato eletto che possiede una delle qualità incompatibili con quella di membro del Parlamento, come elencate all’art. 7 dell’atto del 1976 (v. ordinanza Occhetto e Parlamento/Donnici, cit., punto 33). |
70 |
In secondo luogo, relativamente all’argomento secondo cui il Parlamento dovrebbe essere messo nelle condizioni, al fine di garantire uno standard minimo in relazione alla nomina dei suoi membri, di non accettare la proclamazione effettuata dalle autorità nazionali che dovesse essere in palese contrasto con i principi fondamentali dell’atto del 1976, occorre rammentare che spetta ai giudici nazionali pronunciarsi, eventualmente dopo un rinvio pregiudiziale alla Corte ai sensi dell’art. 234 CE, sulla legittimità delle disposizioni e delle procedure elettorali nazionali (ordinanza 15 novembre 2007, Donnici/Parlamento, cit., punto 93). |
71 |
Nel caso di specie, un tale controllo giurisdizionale ha effettivamente avuto luogo dinanzi ai giudici italiani competenti in forza della legge del 24 gennaio 1979. Infatti, le questioni giuridiche legate alla proclamazione ufficiale dei risultati elettorali sono state definitivamente decise, a livello nazionale, dalla sentenza del Consiglio di Stato 6 dicembre 2006, passata in giudicato. |
72 |
Infine, il chiaro tenore letterale dell’art. 12 dell’atto del 1976 e la ripartizione delle competenze in materia operata dallo stesso ostano alla constatazione dell’esistenza di una lacuna nella tutela dei diritti elettorali dei candidati alle elezioni al Parlamento. |
73 |
Pertanto, va altresì respinto l’argomento del Parlamento secondo cui la sua decisione sulla verifica dei poteri sarebbe essa stessa illegittima se esso fosse obbligato a basare la propria decisione su un atto nazionale illegittimo, nel caso di specie la proclamazione del sig. Donnici da parte dell’Ufficio elettorale italiano. |
74 |
Nella fattispecie, le rispettive competenze del Parlamento e delle autorità nazionali relativamente alla verifica dei poteri dei membri del Parlamento sono chiaramente ripartite, contrariamente a quanto sostenuto dal Parlamento con riferimento alla sentenza 18 dicembre 2007, causa C-64/05 P, Svezia/Commissione (Racc. pag. I-11389), tra gli organi comunitari e le autorità nazionali. A tale proposito il Parlamento dispone unicamente, in forza dell’art. 12 dell’atto del 1976, della competenza per decidere sulle contestazioni che potrebbero essere eventualmente presentate in base alle disposizioni di tale atto, fatta eccezione delle disposizioni nazionali cui esso rinvia, mentre spetta alle autorità nazionali proclamare i risultati stabiliti in applicazione delle disposizioni nazionali conformi al diritto comunitario. |
75 |
Emerge da quanto esposto che il Parlamento doveva, in forza dell’art. 12 dell’atto del 1976, prendere atto della proclamazione effettuata dall’Ufficio elettorale italiano senza avere la competenza di discostarsene a causa di presunte irregolarità che potevano viziare tale atto nazionale. La decisione impugnata ha violato l’art. 12 di tale atto in quanto, contrariamente a tale proclamazione, ha dichiarato non valido il mandato del sig. Donnici e ha confermato il mandato del sig. Occhetto. |
76 |
Alla luce di quanto precede, la decisione impugnata deve essere annullata. In tali circostanze, non è necessario che la Corte si pronunci sugli altri motivi invocati dalla Repubblica italiana e dal sig. Donnici a sostegno dei loro ricorsi. Pertanto, le domande del sig. Donnici, formulate in subordine, sono divenute prive di oggetto. |
Sulle spese
77 |
Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica italiana e il sig. Donnici hanno chiesto la condanna del Parlamento, quest’ultimo, rimasto soccombente, va condannato alle spese. A termini del n. 4, primo comma, del medesimo articolo, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese e, ai sensi del terzo comma della stessa disposizione, la Corte può decidere che una parte interveniente, diversa da quelle menzionate ai punti precedenti, sopporti le proprie spese. |
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.