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Document 62007CJ0161

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 22 dicembre 2008.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica d'Austria.
Inadempimento di uno Stato - Art. 43 CE - Normativa nazionale che fissa le condizioni per l’iscrizione delle società su domanda dei cittadini dei nuovi Stati membri - Procedimento di accertamento dello status di lavoratore autonomo.
Causa C-161/07.

Raccolta della Giurisprudenza 2008 I-10671

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2008:759

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

22 dicembre 2008 ( *1 )

«Inadempimento di uno Stato — Art. 43 CE — Normativa nazionale che fissa le condizioni per l’iscrizione delle società su domanda dei cittadini dei nuovi Stati membri — Procedimento di accertamento dello status di lavoratore autonomo»

Nella causa C-161/07,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 23 marzo 2007,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. E. Traversa e G. Braun, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

sostenuta da:

Repubblica di Lituania, rappresentata dal sig. D. Kriaučiūnas, in qualità di agente,

interveniente,

contro

Repubblica d’Austria, rappresentata dalle sig.re C. Pesendorfer e M. Winkler, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič, A. Tizzano (relatore), A. Borg Barthet e J.-J. Kasel, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 giugno 2008,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 settembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica d’Austria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 43 CE, avendo imposto, ai fini dell’iscrizione di società nei registri commerciali su domanda dei cittadini degli Stati membri che hanno aderito all’Unione europea il 1o maggio 2004, eccezion fatta per la Repubblica di Cipro e la Repubblica di Malta (in prosieguo: gli «otto nuovi Stati membri»), l’accertamento del loro status di lavoratore autonomo da parte dell’Arbeitsmarktservice (Ufficio del mercato del lavoro; in prosieguo: l’«AMS») o la presentazione di un attestato di esenzione dal permesso di lavoro.

Contesto normativo

Il diritto comunitario

2

L’art. 24 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2003, L 236, pag. 33; in prosieguo: «l’Atto di adesione») è così formulato:

«Gli atti elencati negli allegati V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII e XIV del presente atto si applicano nei confronti dei nuovi Stati membri alle condizioni previste in tali allegati».

3

Tali allegati prevedono, in particolare, al loro punto 2, primo comma, che figura al titolo «Libera circolazione delle persone», la possibilità per gli Stati già membri dell’Unione al momento di tale adesione di continuare ad applicare, fino alla fine del periodo di cinque anni dalla data di quest’ultima, «misure nazionali (…) che disciplinano l’accesso dei cittadini [dei nuovi Stati membri] al proprio mercato del lavoro».

Il diritto nazionale

4

Ai sensi del combinato disposto dei suoi artt. 32 a e 1, n. 2, lett. l) e m), la legge sull’impiego dei lavoratori stranieri (Ausländerbeschäftigungsgesetz) 20 marzo 1975 (AuslBG. 218/1975), nella sua versione attualmente in vigore (AuslBG. I, 99/2006; in prosieguo: l’«AuslBG»), si applica ai cittadini degli otto nuovi Stati membri.

5

L’art. 2, n. 2, dell’AuslBG definisce lavoro subordinato l’attività esercitata «nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato» o «nell’ambito di un rapporto equiparabile ad un rapporto di lavoro».

6

L’art. 2, n. 4, dell’AuslBG è così formulato:

«Al fine di valutare se sussista lavoro subordinato ai sensi del n. 2, occorre considerare l’effettivo contenuto economico e non l’apparenza dei fatti. Si ha, pertanto, lavoro subordinato ai sensi del n. 2, quando

1.

il socio di una società di persone, al fine di perseguire l’oggetto sociale, ovvero

2.

il socio di una società a responsabilità limitata titolare di quote inferiori al 25% svolge, per conto della società, attività tipicamente effettuate nell’ambito di un rapporto di lavoro, a meno che il servizio regionale dell’[AMS] non accerti, su richiesta ed entro un termine di tre mesi, che una significativa influenza sia effettivamente esercitata personalmente da un socio sulla gestione della società. L’onere della prova incombe al richiedente. Alla scadenza di tale termine l’attività può essere intrapresa anche senza il necessario attestato. Se la domanda è respinta dopo che il termine è scaduto, l’attività già iniziata va cessata immediatamente o al più tardi entro la settimana successiva alla notifica dell’attestato».

7

L’art. 15 dell’AuslBG stabilisce le condizioni di rilascio di un attestato di esenzione nei termini seguenti:

«(1)   Ad un lavoratore straniero che non dispone ancora di un permesso di lavoro a tempo indeterminato (art. 17) può essere concesso, su richiesta, un attestato di esenzione:

1.

qualora, nel corso degli ultimi otto anni, abbia svolto per almeno cinque anni un’attività autorizzata sul territorio nazionale (…) e disponga di un’autorizzazione legale di stabilimento (…)

(…)».

Procedimento precontenzioso

8

Considerando che il metodo di distinzione tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti risultante dall’art. 2, n. 4, dell’AuslBG costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento garantita dall’art. 43 CE, la Commissione, in data 21 marzo 2005, ha inviato a questo riguardo una lettera di diffida alle autorità austriache, le quali hanno risposto con lettera 19 maggio 2005, contestando qualsiasi violazione di tale ultimo articolo.

9

Il 6 luglio 2006, la Commissione ha inviato alla Repubblica d’Austria un parere motivato, invitando tale Stato membro ad adottare le misure necessarie per conformarvisi entro due mesi dal suo ricevimento. Le autorità austriache hanno risposto a detto parere il 7 settembre 2006, ribadendo la loro posizione.

10

La Commissione ha pertanto deciso di proporre il ricorso in esame.

11

Con ordinanza del presidente della Corte 19 settembre 2007, la Repubblica di Lituania è stata autorizzata ad intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della Commissione.

Sul ricorso

Argomenti delle parti

12

La Commissione sostiene che l’obbligo previsto dalla legislazione nazionale in questione, che impone ai cittadini degli otto nuovi Stati membri che intendano iscrivere una società nei registri commerciali di ottenere vuoi un accertamento dell’AMS che dimostri il loro status di lavoratore autonomo, vuoi un attestato di esenzione dal permesso di lavoro, costituisce una restrizione ingiustificata all’esercizio del diritto di stabilimento.

13

Gli argomenti della Commissione si concentrano essenzialmente sull’addebito relativo all’incompatibilità con l’art. 43 CE del procedimento di accertamento dello status di lavoratore autonomo di cui all’art. 2, n. 4, dell’AuslBG, dato che sarebbero pochi i cittadini di tali Stati membri in grado di comprovare l’esercizio di un’attività autorizzata per cinque anni durante gli otto anni precedenti la domanda necessaria per ottenere un attestato di esenzione in base all’art. 15 dell’AuslBG.

14

La Commissione rileva innanzitutto che, ai sensi di detto art. 2, n. 4, si presume che un cittadino di uno dei summenzionati Stati membri agisca come lavoratore dipendente qualora svolga, in qualità di socio di una società di persone o di una società a responsabilità limitata titolare di quote inferiori al 25%, «attività tipicamente effettuate nell’ambito di un rapporto di lavoro». Esigendo che un socio siffatto confuti tale presunzione fornendo la prova del suo status di lavoratore autonomo, tale disposizione non soltanto subordinerebbe l’accesso ad un’attività autonoma ad una condizione ulteriore rispetto a quelle applicabili agli altri operatori, ma impedirebbe altresì l’esercizio di tale attività economica nel corso del procedimento di rilascio dell’attestato. Sarebbe pertanto ostacolata la libertà di stabilimento degli operatori economici interessati degli otto nuovi Stati membri.

15

La Commissione sostiene poi che la restrizione posta dall’art. 2, n. 4, dell’AuslBG ha carattere discriminatorio, poiché il procedimento in questione si applica ai cittadini dei nuovi Stati membri sulla base della loro cittadinanza.

16

Tale restrizione, inoltre, non può essere giustificata, sul fondamento dell’art. 46 CE, per motivi di ordine pubblico ai sensi della giurisprudenza comunitaria, dal momento che la Repubblica d’Austria non avrebbe dimostrato l’esistenza di una minaccia effettiva e sufficientemente grave ad un interesse fondamentale della collettività.

17

In ogni caso, l’obbligo di sottoporsi al procedimento di accertamento in questione non sarebbe né necessario né proporzionato all’obiettivo addotto da tale Stato membro, della lotta contro eventuali abusi della libertà di stabilimento prevenendo qualunque uso improprio di quest’ultima al fine di eludere le restrizioni alla libera circolazione dei lavoratori.

18

In particolare, l’inversione dell’onere della prova, prevista dalla disposizione in questione allo scopo di ottenere da un socio le informazioni che consentono di verificare il carattere effettivamente autonomo dell’attività economica svolta, non sarebbe l’unica soluzione possibile per indurre qualunque interessato a collaborare, contrariamente a quanto afferma detto Stato membro. Secondo la Commissione, infatti, questo risultato potrebbe essere ottenuto altresì attraverso misure diverse, meno restrittive, quali gli obblighi di collaborazione prescritti dalla legge, eventualmente accompagnati da sanzioni.

19

Il procedimento di autorizzazione preventiva, inoltre, potrebbe essere sostituito da un controllo a posteriori, dopo l’iscrizione della società. In questo modo, i lavoratori autonomi interessati potrebbero cominciare a svolgere la loro attività e le autorità competenti potrebbero, quanto ad esse, ordinarne la cessazione nei casi in cui un controllo abbia messo in luce un abuso.

20

La Repubblica d’Austria, nel suo controricorso, parte dal presupposto che la Commissione basi erroneamente il proprio ricorso su una violazione della libertà di stabilimento garantita dall’art. 43 CE. Essa ritiene infatti che il procedimento di accertamento di cui all’art. 2, n. 4, dell’AuslBG rientri nell’ambito della libera circolazione dei lavoratori e sia compresa nella possibilità per gli Stati membri, sulla base dell’art. 24 dell’Atto di adesione, di limitare, durante il periodo transitorio, l’accesso dei cittadini dei nuovi Stati membri al mercato del lavoro.

21

Solo i lavoratori dipendenti e i «falsi lavoratori autonomi», vale a dire i soci che si trovano «in modo atipico» in una situazione simile a quella di un lavoratore subordinato, sarebbero assoggettati al procedimento di autorizzazione preventiva. Per contro, i lavoratori autonomi, quali i soci che non forniscono alla società prestazioni di lavori proprie di un’attività dipendente ma si limitano ad atti di gestione e di disposizione delle loro quote sociali, non rientrerebbero, contrariamente a quanto afferma la Commissione, nell’ambito di applicazione dell’art. 2, n. 4, dell’AuslBG.

22

La Repubblica d’Austria sostiene poi che l’obiettivo di tale disposizione è di reprimere una prassi consistente nell’aggirare l’obbligo di previa autorizzazione per l’accesso ad un’attività dipendente mediante la costituzione di società, secondo i due casi di specie previsti da detta disposizione. Orbene, contrariamente a quanto ritiene la Commissione, non sussisterebbero mezzi meno restrittivi per lottare contro una prassi siffatta. In particolare, un controllo a posteriori sarebbe troppo tardivo e non consentirebbe di evitare turbative del mercato del lavoro, come ha dichiarato la Corte nella sentenza 22 gennaio 2002, causa C-390/99, Canal Satélite Digital (Racc. pag. I-607). Parimenti, la norma relativa all’onere della prova, censurata dalla Commissione, costituirebbe l’unico mezzo adeguato per verificare se l’attività svolta da un socio abbia effettivamente carattere autonomo, poiché un mero «obbligo di cooperazione» non è sufficiente per controllare il rispetto di tale condizione. Gli interessati non avrebbero infatti alcun interesse a collaborare in casi di aggiramento della legge.

23

Infine, detto Stato membro fa valere che il termine massimo di tre mesi è ragionevole, poiché, in pratica, il procedimento di accertamento si concluderebbe spesso con un tempo di attesa insignificante per l’interessato, in particolare qualora il suo status di lavoratore autonomo fosse dimostrato in modo manifesto.

Giudizio della Corte

24

A titolo preliminare, occorre ricordare che la nozione di stabilimento ai sensi del Trattato CE è una nozione molto ampia e implica la possibilità, per un cittadino comunitario, di partecipare, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine e di trarne vantaggio, favorendo così l’interpenetrazione economica e sociale nell’ambito della Comunità europea nel settore delle attività autonome (v. sentenza 14 settembre 2006, causa C-386/04, Centro di Musicologia Walter Stauffer, Racc. pag. I-8203, punto 18 e la giurisprudenza ivi citata).

25

Alla luce di tale nozione, così delimitata, è necessario, anzitutto, respingere l’argomento della Repubblica d’Austria, secondo cui la legislazione nazionale controversa rientra esclusivamente nell’ambito della libera circolazione dei lavoratori e, più specificamente, nella deroga transitoria di cui al punto 2, primo comma, degli allegati V-XIV dell’Atto di adesione.

26

Infatti, dal fascicolo e, in particolare, dall’argomento formulato da tale Stato membro risulta che la legislazione summenzionata subordina a formalità amministrative, a determinate condizioni, tutti i cittadini degli otto nuovi Stati membri che intendano esercitare un’attività economica in Austria in qualità di soci di una società di persone o di una società a responsabilità limitata, al fine di distinguere, tra questi cittadini, quelli che svolgono effettivamente un’attività autonoma da quelli aventi, in effetti, lo status di lavoratore dipendente. Ne consegue che la Commissione può fondatamente contestare la compatibilità degli artt. 2 e 15 dell’AuslBG con l’art. 43 CE, in quanto tali disposizioni nazionali si applicano in particolare a lavoratori autonomi e disciplinano l’esercizio della loro libertà di stabilimento.

27

Occorre poi ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la libertà di stabilimento riconosciuta dall’art. 43 CE ai cittadini comunitari comporta per questi ultimi il diritto di accedere alle attività autonome e al loro esercizio, nonché quello di gestire e costituire imprese alle stesse condizioni previste dalla legislazione dello Stato membro di stabilimento nei confronti dei propri cittadini (v., in tal senso, sentenze 9 marzo 1999, causa C-212/97, Centros, Racc. pag. I-1459, punto 19, nonché 14 dicembre 2006, causa C-170/05, Denkavit Internationaal e Denkavit France, Racc. pag. I-11949, punto 20).

28

In altri termini, l’art. 43 CE vieta a ciascuno Stato membro di adottare nelle sue leggi, per le persone che si avvalgono della libertà di stabilirvisi, norme per l’esercizio delle loro attività diverse da quelle stabilite per i propri cittadini (sentenza 28 gennaio 1986, 270/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 273, punto 24).

29

Orbene, nella fattispecie, la legislazione nazionale controversa viola precisamente tale divieto nella parte in cui assoggetta unicamente i cittadini degli otto nuovi Stati membri alla necessità di dimostrare che non è svolta un’attività dipendente mediante la presentazione dell’attestato di cui all’art. 2, n. 4, dell’AuslBG o di un attestato di esenzione dal permesso di lavoro previsto dall’art. 15, n. 1, di questa stessa legge.

30

In tal modo, da un lato, l’accesso di tali cittadini comunitari all’esercizio di un’attività economica, in quanto soci di una società di persone o di una società a responsabilità limitata nella quale detengono quote inferiori al 25% del capitale, è subordinato a requisiti e a formalità ulteriori rispetto a quelli applicabili ai cittadini nazionali. Dall’altro, in caso di applicazione del procedimento di accertamento di cui all’art. 2, n. 4, dell’AuslBG, l’esercizio stesso, da parte dei cittadini degli otto nuovi Stati membri, della loro attività economica è sospeso nel corso di detto procedimento, vale a dire durante un periodo massimo di tre mesi.

31

La legislazione nazionale controversa sancisce dunque una disparità di trattamento fondata sulla cittadinanza, vietata, in linea di principio, dall’art. 43 CE.

32

È necessario pertanto esaminare se tale disparità di trattamento rientri nella deroga di cui all’art. 46 CE, in base al quale le misure discriminatorie possono essere giustificate soltanto per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.

33

A tale riguardo, la Repubblica d’Austria, deducendo un motivo relativo alla tutela dell’ordine pubblico, sostiene che le misure in questione mirano essenzialmente a lottare contro possibili abusi della libertà di stabilimento prevenendo qualunque aggiramento delle norme transitorie applicabili alla libera circolazione dei lavoratori, al fine di salvaguardare l’interesse della società austriaca al buon funzionamento del mercato del lavoro e alla parità di condizioni concorrenziali su detto mercato.

34

Tale argomento non può essere accolto.

35

Infatti, come precisato più volte dalla Corte, la nozione di ordine pubblico, da un lato, presuppone una minaccia effettiva e sufficientemente grave ad un interesse fondamentale della collettività e, dall’altro, in quanto giustificazione di una deroga ad un principio fondamentale del Trattato, dev’essere interpretata in modo restrittivo (v., in tal senso, in particolare, sentenze 9 marzo 2000, causa C-355/98, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-1221, punto 28; 13 dicembre 2007, causa C-465/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I-11091, punto 49, e 19 giugno 2008, causa C-319/06, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-4323, punto 50).

36

Dalla giurisprudenza risulta altresì che le ragioni che possono essere addotte da uno Stato membro al fine di giustificare una deroga al principio della libertà di stabilimento devono essere corredate di un’analisi dell’opportunità e della proporzionalità della misura restrittiva adottata da tale Stato membro, nonché di elementi circostanziati che consentano di suffragare la sua argomentazione (v., per analogia, sentenza Commissione/Lussemburgo, cit., punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).

37

Nella fattispecie, tuttavia, è giocoforza constatare che la Repubblica d’Austria si è limitata ad evocare genericamente un rischio di elusione da parte di presunti «falsi lavoratori autonomi» delle norme transitorie che disciplinano la libera circolazione dei lavoratori provenienti dagli otto nuovi Stati membri, senza addurre alcun elemento preciso che consenta di dimostrare che l’eventualità di siffatte infrazioni a tali norme rappresenta una minaccia effettiva e sufficientemente grave ad un interesse fondamentale della collettività.

38

Inoltre, anche a supporre che questo rischio di elusione di dette norme sia tale da causare una siffatta turbativa dell’ordine pubblico, occorre constatare che lo Stato membro convenuto non ha adeguatamente dimostrato né che l’obiettivo relativo al buon funzionamento del mercato del lavoro, cui mira la legislazione controversa, renda necessaria la creazione di un sistema di autorizzazione generale e preventiva, applicabile a tutti gli operatori interessati degli otto nuovi Stati membri, né che tale obiettivo non possa essere ottenuto attraverso misure meno restrittive della libertà di stabilimento.

39

In realtà, come suggerito dalla Commissione e dalla Repubblica di Lituania, misure meno restrittive di quelle adottate dalla legislazione nazionale controversa, quali l’introduzione di controlli amministrativi regolari, eventualmente accompagnati da obblighi in materia di trasmissione di informazioni da parte degli operatori economici potenzialmente interessati, potrebbero assicurare un risultato analogo consentendo di verificare se talune attività economiche siano effettivamente svolte a titolo autonomo o nell’ambito di un rapporto di lavoro dipendente.

40

Un sistema siffatto è tanto più da prendere in considerazione in quanto, come confermato nel corso dell’udienza dalla Repubblica d’Austria, le disposizioni nazionali in questione contemplano essenzialmente il settore dell’edilizia e, pertanto, la costituzione di società che svolgono attività di una certa durata. Contrariamente a quanto afferma questo Stato membro, un controllo a posteriori, successivamente all’iscrizione di una società, non sarebbe dunque necessariamente troppo tardivo, ma consentirebbe nel contempo ai lavoratori autonomi interessati di cominciare a esercitare la loro attività e alle autorità competenti di ordinarne la cessazione nei casi in cui una verifica abbia messo in luce un abuso.

41

Di conseguenza, la restrizione alla libertà di stabilimento risultante dalla legislazione nazionale controversa è ingiustificata.

42

Ciò considerato, è necessario constatare che, avendo imposto, ai fini dell’iscrizione di società nei registri commerciali su domanda di cittadini degli otto nuovi Stati membri, soci di una società di persone o soci di minoranza di una società a responsabilità limitata, l’accertamento del loro status di lavoratore autonomo da parte dell’AMS o la presentazione di un attestato di esenzione dal permesso di lavoro, la Repubblica d’Austria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 43 CE.

Sulle spese

43

Ai sensi dell’ art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica d’Austria, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Avendo imposto, ai fini dell’iscrizione di società nei registri commerciali su domanda di cittadini degli Stati membri che hanno aderito all’Unione europea il 1o maggio 2004 — eccezion fatta per la Repubblica di Cipro e la Repubblica di Malta —, soci di una società di persone o soci di minoranza di una società a responsabilità limitata, l’accertamento del loro status di lavoratore autonomo da parte dell’Arbeitsmarktservice o la presentazione di un attestato di esenzione dal permesso di lavoro, la Repubblica d’Austria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 43 CE.

 

2)

La Repubblica d’Austria è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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