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Document 62007CC0203
Opinion of Mr Advocate General Mazák delivered on 8 May 2008. # Hellenic Republic v Commission of the European Communities. # Appeal - Project to set up a common diplomatic representation in Abuja (Nigeria) - Reimbursement of sums owed by the Hellenic Republic - Offsetting against the amount to be paid by the Commission under the Regional Operational Programme for mainland Greece. # Case C-203/07 P.
Conclusioni dell'avvocato generale Mazák del 8 maggio 2008.
Repubblica ellenica contro Commissione delle Comunità europee.
Impugnazione - Progetto di creazione di una rappresentanza diplomatica comune a Abuja (Nigeria) - Rimborso di somme dovute dalla Repubblica ellenica - Compensazione sull’importo che la Commissione deve versare per il programma operativo regionale per la Grecia continentale.
Causa C-203/07 P.
Conclusioni dell'avvocato generale Mazák del 8 maggio 2008.
Repubblica ellenica contro Commissione delle Comunità europee.
Impugnazione - Progetto di creazione di una rappresentanza diplomatica comune a Abuja (Nigeria) - Rimborso di somme dovute dalla Repubblica ellenica - Compensazione sull’importo che la Commissione deve versare per il programma operativo regionale per la Grecia continentale.
Causa C-203/07 P.
Raccolta della Giurisprudenza 2008 I-08161
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2008:270
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
JÁN MAZÁK
presentate l’8 maggio 2008 ( 1 )
Causa C-203/07 P
Repubblica ellenica
contro
Commissione delle Comunità europee
«Impugnazione — Progetto di creazione di una rappresentanza diplomatica comune a Abuja (Nigeria) — Rimborso di somme dovute dalla Repubblica ellenica — Compensazione sull’importo che la Commissione deve versare per il programma operativo regionale per la Grecia continentale»
1. |
Con il presente ricorso di impugnazione, la Repubblica ellenica chiede che la Corte rimuova la sentenza del Tribunale di primo grado (Prima Sezione) 17 gennaio 2007 pronunciata nella causa T-231/04, Grecia/Commissione ( 2 ) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), nella parte in cui erroneamente conclude che alla Repubblica ellenica siano derivati obblighi finanziari quale conseguenza della firma e della ratifica da parte sua di un memorandum di intesa iniziale tra la Commissione e gli Stati membri, della firma da parte sua di un memorandum aggiuntivo e della sua condotta. |
2. |
Nella impugnata sentenza, il Tribunale di primo grado ha respinto, dichiarandolo infondato, il ricorso di annullamento dell’atto con il quale la Commissione ha disposto il recupero per mezzo di compensazione di una somma dovuta dalla Repubblica ellenica in seguito alla sua partecipazione ai progetti Abuja I e II per l’istituzione di una rappresentanza diplomatica comune a Abuja (Nigeria) della Commissione nonché di taluni Stati membri dell’Unione europea. |
I — Contesto normativo
A — Diritto comunitario
3. |
L’art. 58 dello Statuto della Corte di giustizia così dispone: «L’impugnazione proposta dinanzi alla Corte deve limitarsi ai motivi di diritto. Essa può essere fondata su motivi relativi all’incompetenza del Tribunale, a vizi della procedura dinanzi al Tribunale recanti pregiudizio agli interessi della parte ricorrente, nonché alla violazione del diritto comunitario da parte del Tribunale (…)». |
4. |
L’art. 71 del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 25 giugno 2002, n. 1605, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee ( 3 ) (in prosieguo: il «regolamento finanziario»), prevede: «1. L’accertamento di un credito è l’atto dell’ordinatore delegato o sottodelegato avente il seguente oggetto:
2. Le risorse proprie messe a disposizione della Commissione ed ogni credito appurato come certo, liquido ed esigibile devono essere oggetto di accertamento mediante un ordine di riscossione destinato al contabile, seguito da una nota di addebito indirizzata al debitore; entrambi i documenti sono emessi dall’ordinatore competente (…)». |
5. |
L’art. 72 del regolamento finanziario recita: «1. L’emissione dell’ordine di riscossione è l’atto con il quale l’ordinatore delegato o sottodelegato competente impartisce al contabile l’istruzione di recuperare un credito accertato (…)». |
6. |
L’art. 73 del regolamento finanziario stabilisce quanto segue: «1. Il contabile prende a carico gli ordini di riscossione dei crediti debitamente stabiliti dall’ordinatore competente. È tenuto ad assicurare l’afflusso delle entrate delle Comunità e a vigilare sulla conservazione dei loro diritti. Il contabile procede al recupero mediante compensazione e a debita concorrenza dei crediti delle Comunità, se il debitore è titolare di un credito certo, liquido e esigibile nei confronti delle Comunità». |
7. |
L’art. 78 del regolamento (CE, Euratom) della Commissione 23 dicembre 2002, n. 2342, recante modalità d’esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee ( 4 ) (in prosieguo: il «regolamento di esecuzione»), così dispone: «Procedimento 1. L’accertamento di un credito da parte dell’ordinatore è il riconoscimento del diritto vantato dalle Comunità nei confronti di un debitore e la formazione del titolo ad esigere dal debitore il pagamento del debito. 2. Con l’ordine di riscossione l’ordinatore competente dà istruzione al contabile di recuperare il credito accertato. 3. Con la nota di addebito il debitore viene informato di quanto segue:
La nota di addebito è inviata dall’ordinatore al debitore, con copia al contabile». |
8. |
Ai sensi dell’art. 79 del regolamento di esecuzione: «Accertamento crediti Per accertare un credito, l’ordinatore competente verifica quanto segue:
|
9. |
L’art. 83 del regolamento di esecuzione dispone: «Recupero tramite compensazione In qualsiasi fase del procedimento, il contabile, dopo aver informato l’ordinatore competente ed il debitore, procede al recupero per compensazione del credito accertato qualora il debitore sia titolare nei confronti delle Comunità di un credito certo, liquido ed esigibile avente per oggetto una somma di denaro accertata da un ordine di pagamento». |
B — Il diritto internazionale
10. |
L’art. 31 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati ( 5 ) così prevede: «Regola generale di interpretazione 1. Un Trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai termini del Trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo. 2. Ai fini dell’interpretazione di un Trattato, il contesto comprende, oltre al testo, il preambolo e gli allegati ivi compresi:
3. Si terrà conto, oltre che del contesto:
4. Un termine verrà inteso in un senso particolare se risulta che tale era l’intenzione delle parti». |
II — Fatti all’origine della sentenza impugnata
11. |
Nell’impugnata sentenza, il Tribunale di primo grado ha così sintetizzato i fatti alla base del ricorso:
|
III — Procedimento dinanzi al Tribunale di primo grado e sentenza impugnata
12. |
La Repubblica ellenica proponeva un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia contro la decisione di compensazione, ricorso che veniva poi rinviato al Tribunale di primo grado e registrato sotto il numero T-231/04. Nel procedimento dinanzi al Tribunale di primo grado, la Repubblica ellenica deduceva un unico motivo, ossia la violazione dei memoranda di intesa iniziale e aggiuntivo e delle disposizioni del regolamento finanziario e del regolamento n. 2342/2002. |
13. |
Con la prima parte del motivo, la Repubblica ellenica deduceva violazione dei memoranda iniziale e aggiuntivo. |
14. |
Il Tribunale di primo grado trattava dapprima la questione circa la sua competenza a conoscere del ricorso, dal momento che una delle somme compensate rientrava sotto il titolo V del Trattato UE, rispetto al quale il Tribunale non ha competenza poiché questa non risulta elencata nell’art. 46 UE. Tuttavia, visto che la Commissione aveva provveduto a recuperare l’importo controverso mediante un atto a norma del regolamento finanziario e del regolamento n. 2342/2002, il Tribunale di primo grado concludeva che la decisione di compensazione rientrava nel diritto comunitario e di conseguenza poteva costituire oggetto di contenzioso ai sensi dell’art. 230 CE. Il Tribunale di primo grado pertanto ha considerato di avere competenza a conoscere del ricorso. |
15. |
Il Tribunale di primo grado è quindi passato ad esaminare la responsabilità finanziaria della Repubblica ellenica per i progetti Abuja I e Abuja II. |
16. |
Per quanto riguarda il progetto Abuja I, la Repubblica ellenica ammetteva di essere obbligata alle spese di locazione e operative, ma negava la propria responsabilità per la somma totale di EUR 72714,47, importo per il quale la Commissione la riteneva debitrice. Il Tribunale di primo grado ha dichiarato che la Repubblica ellenica non ha dimostrato che la Commissione fosse incorsa in errore circa l’importo da pagare. Inoltre, la Repubblica ellenica non aveva contestato le numerose note di debito ricevute e non aveva precisato per quale motivo non si ritenesse debitrice per la differenza tra il debito da lei riconosciuto e l’importo reclamato dalla Commissione. Perciò l’argomento con il quale la Repubblica ellenica negava la propria responsabilità per i debiti relativi al progetto Abuja I non ha potuto essere accolto. |
17. |
Per quanto riguarda il progetto Abuja II, il Tribunale di primo grado ha rilevato che per oltre sei anni — dal 18 aprile 1994 fino al — la Repubblica ellenica, con il suo comportamento, ha ripetutamente fatto intendere agli altri partecipanti che continuava a partecipare al progetto Abuja II. Dopo la firma del memorandum aggiuntivo nel dicembre 1998, la Repubblica ellenica prendeva parte a tale progetto per quasi altri due anni. |
18. |
Il Tribunale di primo grado da tali fatti ha dedotto che nella valutazione degli obblighi della Repubblica ellenica avrebbero dovuto essere presi in considerazione non soltanto i memoranda iniziale e aggiuntivo, ma anche le aspettative che il comportamento di tale Stato membro aveva ingenerato negli altri partecipanti. |
19. |
In tale contesto, il Tribunale di primo grado ha statuito che il principio della buona fede è la regola del diritto internazionale consuetudinario che è vincolante per la Comunità nonché per gli altri partecipanti e che è «il corollario nel diritto internazionale pubblico del principio di tutela del legittimo affidamento». |
20. |
Il Tribunale di primo grado ha quindi rilevato che, dal momento che la Repubblica ellenica aveva firmato il memorandum iniziale, che ha anche ratificato, essa era uno dei compartecipanti al progetto Abuja II e in quanto tale andava soggetta a taluni obblighi accresciuti di cooperazione e di solidarietà nei confronti degli altri partecipanti. |
21. |
Il Tribunale di primo grado ha rilevato che il memorandum iniziale riguardava la fase preliminare del progetto Abuja II e che, una volta completata tale fase, i compartecipanti avevano deciso, prima di firmare il memorandum aggiuntivo, di proseguire il progetto e di sostenere i costi relativi al dettagliato progetto dell’edificio. In effetti, nel corso di una riunione tenutasi il 24 febbraio 1997, a cui hanno partecipato due rappresentanti della Repubblica ellenica, i compartecipanti autorizzavano la Commissione a prendere gli accordi necessari con gli architetti per elaborare piani dettagliati senza attendere il memorandum aggiuntivo. Il Tribunale di primo grado ha ritenuto che, così operando, i compartecipanti fossero andati ben oltre le fasi preliminari concludendo con ciò necessariamente un accordo implicito di esecuzione del progetto. Dal momento che nella riunione del i compartecipanti avevano deciso di dare esecuzione al progetto, essi non erano più liberi — secondo il punto di vista del Tribunale di primo grado — di ritirarsene senza rimborsare la loro parte delle spese preliminari e delle spese successive. |
22. |
Il Tribunale di primo grado ha poi osservato che, nonostante taluni Stati membri si siano in un secondo tempo ritirati dal progetto, la Repubblica ellenica non ha tenuto alcun comportamento idoneo a far dubitare della sua partecipazione, e il 9 dicembre 1998 ha firmato il memorandum aggiuntivo unitamente agli altri compartecipanti che non si erano ritirati dal progetto. Il Tribunale di primo grado prendeva atto del fatto che solo nell’estate del 2000 la Repubblica ellenica ha manifestato per la prima volta qualche reticenza quanto alla continuazione della sua partecipazione. |
23. |
Secondo il Tribunale di primo grado, è pacifico che la Repubblica ellenica fosse legittimata a ritirarsi dal progetto ma, alla luce dell’evoluzione degli impegni assunti dopo la fase iniziale, e nonostante la mancata ratifica del memorandum aggiuntivo, la Repubblica ellenica non poteva ritirarsi senza essere considerata responsabile delle spese collegate alla sua partecipazione al progetto Abuja II. |
24. |
Inoltre, il Tribunale di primo grado ha ritenuto che gli obblighi finanziari della Repubblica ellenica derivassero anche dalla formulazione del memorandum iniziale e, in particolare, del relativo art. 15, n. 1. A norma di tale disposizione, uno Stato può sottrarsi agli obblighi finanziari nascenti dal progetto non firmando il memorandum aggiuntivo. Ad ogni modo, il Tribunale di primo grado ha ritenuto che, quando uno Stato ha firmato un memorandum aggiuntivo (come nel caso della Repubblica ellenica), il contrario è altrettanto vero. |
25. |
Per quanto riguarda l’argomento secondo cui la ratifica del memorandum aggiuntivo è una condizione necessaria per la sua entrata in vigore, il Tribunale di primo grado ha ritenuto che, conformemente all’art. 14 del memorandum aggiuntivo, quest’ultimo si applicava provvisoriamente alla Repubblica ellenica a partire dal 1o febbraio 1999 fino all’ottobre 2000. Per il Tribunale di primo grado questo implicava che la Repubblica ellenica non poteva negare tale provvisoria applicazione affermando di non aver ratificato il memorandum aggiuntivo. |
26. |
Per ultimo, con riferimento agli argomenti della Repubblica ellenica secondo cui l’aumento dei costi del progetto poteva considerarsi come un «radicale cambiamento delle circostanze», che l’avrebbe sollevata dai suoi obblighi finanziari, il Tribunale di primo grado ha ritenuto che, trattandosi di un progetto di costruzione di un edificio, l’aumento di un costo di un progetto non può essere considerato come un «cambiamento radicale delle circostanze». Inoltre la Repubblica ellenica ha accettato l’aumento dei costi del progetto, che era noto sin dall’inizio del progetto Abuja II, e non ha sollevato obiezioni quando le sue quote di partecipazione al progetto sono state aumentate in seguito al ritiro di taluni Stati membri tra il 1997 e il 1999. |
27. |
Per tutti questi motivi il Tribunale di primo grado ha ritenuto che la Repubblica ellenica doveva essere ritenuta debitrice per tutti i costi connessi con la sua partecipazione al progetto Abuja II. |
28. |
Il Tribunale di primo grado dichiarava pertanto infondata la prima parte del motivo e lo respingeva. |
29. |
Con la seconda parte del motivo unico, la Repubblica ellenica deduceva violazione del regolamento finanziario e del regolamento n. 2342/2002. |
30. |
Per quanto riguarda l’argomento sostenuto dalla Repubblica ellenica secondo cui esisteva manifesta incertezza circa l’ammontare e la giustificazione delle somme reclamate sia per il progetto Abuja I sia per il progetto Abuja II, il Tribunale di primo grado ha rilevato che la compensazione ai sensi dell’art. 73, n. 1, del regolamento finanziario non è preclusa qualora uno dei debiti sia controverso o qualora siano in corso trattative fra la Commissione e il debitore circa detti debiti, dal momento che altrimenti il debitore potrebbe ritardare a tempo indeterminato il recupero di un debito. |
31. |
Il Tribunale di primo grado ha considerato che, anche se potevano sussistere incertezze circa gli importi incamerabili nel 2002, la Commissione, a seguito di scambi tra i compartecipanti e a un nuovo esame del fascicolo, era pervenuta ad una conclusione certa per quanto riguarda gli importi dovuti nel 2004, quando procedette al recupero. |
32. |
Inoltre, il Tribunale di primo grado ha dichiarato che la Repubblica ellenica non ha prodotto alcuna prova idonea a dimostrare che la Commissione non abbia seguito il procedimento prescritto nei regolamenti di cui trattasi o che non abbia avuto elementi idonei per affermare che il credito fosse certo, liquido ed esigibile. Pertanto, le condizioni poste per il recupero mediante compensazione erano soddisfatte al momento della impugnata decisione. |
33. |
Da ultimo, il Tribunale di primo grado ha disatteso l’argomento della Repubblica ellenica secondo cui la Commissione non era legittimata a procedere al recupero per mezzo di compensazione in quanto gli importi in questione erano riscuotibili dai compartecipanti, non dalla Comunità, e la compensazione non perseguiva quindi la tutela degli interessi finanziari della Comunità, che è l’obiettivo dei regolamenti di cui sopra. Il Tribunale di primo grado ha considerato, al contrario, che gli importi di cui trattasi erano incamerabili dalla Commissione in quanto essa operava come agente dei compartecipanti ai progetti Abuja I e Abuja II. |
34. |
Il Tribunale di primo grado ha dichiarato pertanto infondata, e ha respinto, la seconda parte del motivo. |
IV — Conclusioni presentate alla Corte di giustizia
35. |
La Repubblica ellenica conclude che la Corte voglia:
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36. |
La Commissione conclude che la Corte voglia:
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V — Il ricorso di impugnazione
A — Motivi di impugnazione
1. Primo motivo di impugnazione
37. |
La Repubblica ellenica deduce che il Tribunale di primo grado ha interpretato erroneamente gli artt. 12, 13 e 15 del memorandum di intesa iniziale, l’art. 14 del memorandum aggiuntivo e i principi della buona fede e della tutela del legittimo affidamento. |
38. |
La Repubblica ellenica deduce che il Tribunale di primo grado è incorso in errore ritenendo che gli obblighi degli Stati membri in relazione al progetto Abuja II fossero determinati dal comportamento di ciascuno Stato membro, piuttosto che essere di natura puramente contrattuale in forza delle disposizioni contenute nei detti due memoranda. Operando una corretta interpretazione degli artt. 12, 13 e 15 del memorandum di intesa iniziale e dell’art. 14 del memorandum aggiuntivo, si deve comunque riconoscere che alla Repubblica ellenica non incombevano obblighi finanziari poiché si era limitata a firmare il memorandum aggiuntivo e non lo aveva ratificato. Di conseguenza, la Repubblica ellenica non aveva approvato tale memorandum e, quindi, nel caso del detto Stato membro non si erano realizzate le condizioni per incorrere in obblighi finanziari. |
39. |
La Repubblica ellenica afferma che il principio della buona fede è rilevante solo al fine di stabilire se lo Stato membro fosse partecipante al progetto Abuja II e non per determinare gli obblighi derivanti da siffatta partecipazione. Detti obblighi devono essere stabiliti esclusivamente sulla base delle disposizioni contrattuali, non essendo a tal fine rilevante il comportamento dello Stato membro. |
40. |
Alla luce di tali circostanze, la Repubblica ellenica sostiene che il Tribunale di primo grado ha interpretato erroneamente l’art. 13 del memorandum iniziale che, «dopo l’approvazione del [memorandum aggiuntivo]», richiede agli Stati membri interessati «il pagamento dei costi totali loro attribuiti». La semplice applicazione provvisoria del memorandum aggiuntivo non è sufficiente per produrre gli obblighi finanziari posti negli artt. 12 e 13 del memorandum iniziale, che richiede l’approvazione del memorandum aggiuntivo. |
41. |
Il Tribunale di primo grado ha altresì interpretato erroneamente l’art. 14 del memorandum aggiuntivo, che precisa che era necessaria la ratifica sul memorandum aggiuntivo affinché questo potesse entrare in vigore e fare quindi sorgere obblighi finanziari a carico degli Stati membri partecipanti. |
2. Secondo motivo di appello
42. |
La Repubblica ellenica deduce che il Tribunale di primo grado ha interpretato erroneamente l’art. 15 del memorandum di intesa iniziale ritenendo che, prima della firma del memorandum aggiuntivo, fosse stato concluso dai partecipanti in data 24 febbraio 1997 un accordo tacito di attuazione del progetto e che in tal modo l’art. 15, n. 1, era stato annullato o quantomeno modificato. |
B — Ricevibilità
1. Primo motivo di irricevibilità
43. |
La Commissione afferma che il ricorso di impugnazione è irricevibile per il fatto che esso è basato sull’interpretazione dei memoranda di intesa che non fanno parte del diritto comunitario. Quindi il ricorso di impugnazione non è basato su nessuno dei motivi elencati nell’art. 58 dello Statuto della Corte di giustizia come costitutivi di un possibile fondamento per un ricorso di impugnazione. |
44. |
L’art. 58 dello Statuto prevede che l’impugnazione proposta dinanzi alla Corte di giustizia deve limitarsi ai motivi di diritto. Tale disposizione è intesa a limitare la competenza della Corte di giustizia in sede di impugnazione al controllo di legittimità della decisione del Tribunale di primo grado. |
45. |
Nella presente fattispecie si presenta una difficoltà in ragione del fatto che, come affermato dal Tribunale di primo grado, «le relazioni tra la Commissione e gli Stati membri dipendenti dalla loro cooperazione nell’ambito della concezione, nella progettazione, nell’esecuzione dei progetti Abuja I e Abuja II sono comprese nel titolo V del Trattato UE» ( 6 ). Ad ogni modo il Tribunale di primo grado ha correttamente rilevato che, «nell’ambito del Trattato UE, nella sua versione risultante dal Trattato di Amsterdam, le competenze della Corte di giustizia sono tassativamente elencate nell’art. 46 UE. Quest’ultimo non prevede alcuna competenza della Corte nell’ambito delle disposizioni del titolo V del Trattato UE ( 7 )». Quindi, i memoranda di intesa non rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte. |
46. |
Ad ogni modo, con riferimento alla controversia per la quale è stato adito, il Tribunale di primo grado ha ritenuto che «è pacifico che la Commissione ha disposto il recupero degli importi controversi per mezzo di un atto sulla base del regolamento finanziario e del regolamento n. 2342/2002, per cui l’atto di compensazione rientra nell’ambito del diritto comunitario» ( 8 ). |
47. |
Il Tribunale di primo grado ha inoltre ritenuto che, «nell’ambito di applicazione del regolamento finanziario, in particolare dal suo art. 1, risulta che la procedura di recupero per mezzo di compensazione prevista dal suo art. 73, n. 1, si applica esclusivamente alle somme comprese nel bilancio comunitario. Orbene, non è contestato che la Commissione sia legittimata ad imputare al bilancio comunitario le spese effettuate per i progetti Abuja I e Abuja II in applicazione dell’art. 268 CE, che prevede l’iscrizione nel bilancio sia delle spese della Comunità sia di talune spese delle istituzioni risultanti dalle disposizioni del Trattato sull’Unione europea relative alla politica estera e di sicurezza comune» ( 9 ). |
48. |
A mio avviso, il Tribunale di primo grado ha operato la corretta e logica interpretazione dell’art. 268 CE, secondo cui non solo le spese della Comunità, ma anche talune spese risultanti per le istituzioni dalle disposizioni del Trattato sull’Unione europea relative alla politica estera e di sicurezza comune debbono essere imputate al bilancio della Comunità. La detta disposizione viene rispecchiata nell’art. 28, n. 2, UE. Tali disposizioni hanno avuto l’effetto di assimilare in larga misura il trattamento a norma di bilancio di siffatte spese a quello delle spese risultanti ai sensi del Trattato CE ( 10 ). Da ciò consegue che l’art. 73, n. 1, del regolamento finanziario, che prevede la compensazione di debiti della Comunità nei confronti di ogni debitore che a sua volta abbia un credito nei confronti della Comunità, è parimenti applicabile alle spese risultanti alle istituzioni dalle disposizioni sul Trattato sull’Unione europea relative alla politica estera e di sicurezza comune e che sono state messe a carico del bilancio della Comunità in quanto spese della Comunità. |
49. |
In quanto atto di diritto comunitario, l’atto di compensazione è soggetto al controllo del giudice comunitario ai sensi dell’art. 230 CE. Siffatto controllo, dovendo essere effettivo e globale, richiede spesso la verifica dell’esistenza dei debiti che vengono esposti ( 11 ). Nella presente fattispecie il Tribunale di primo grado ha dovuto interpretare sia il memorandum iniziale sia quello aggiuntivo, in quanto la loro interpretazione era necessaria per garantire il completo controllo giurisdizionale della legittimità dell’atto di compensazione. |
50. |
A mio avviso, quale logica conseguenza del fatto che il Tribunale di primo grado era legittimato a operare accertamenti giuridici circa i due memoranda di intesa e così ha effettivamente operato, è del tutto legittimo che, a livello di un ricorso in impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia, un motivo di appello possa avere ad oggetto l’interpretazione che di tali due memoranda è stata operata. Ad ogni modo, siccome siffatto motivo di impugnazione ha ad oggetto questioni di diritto che debbono essere trattate nella presente fattispecie al fine di verificare la legittimità di un atto di diritto comunitario (l’atto di compensazione), il detto motivo di impugnazione non è di fatto basato su un’asserita erronea interpretazione del diritto comunitario. Dal momento che i motivi di impugnazione dedotti dalla ricorrente non rientrano tra quelli specificati dall’art. 58 dello Statuto della Corte di giustizia, si deve stabilire se la Corte di giustizia possa ciò nondimeno decidere su motivi di impugnazione fondati su siffatte questioni di diritto. |
51. |
In tale contesto va dapprima sottolineato che, nell’ambito di procedimenti diversi dal ricorso di impugnazione, la Corte di giustizia è stata frequentemente chiamata a interpretare disposizioni di diritto pubblico internazionale ( 12 ). |
52. |
Si deve in secondo luogo ricordare che lo scopo del procedimento di impugnazione è quello di apprestare un sistema di tutela giurisdizionale su due livelli, il che accresce la legittimità delle decisioni giudiziarie ( 13 ). |
53. |
Non è infine possibile escludere che una lettura restrittiva dell’art. 58 dello Statuto della Corte di giustizia possa avere conseguenze per altri tipi di ricorso di impugnazione, vertenti su questioni di diritto che non riguardino, in senso stretto, l’interpretazione del diritto comunitario. È il caso dei ricorsi di impugnazione avverso sentenze pronunciate dal Tribunale di primo grado ai sensi dell’art. 238 CE. In siffatti procedimenti è probabile che il Tribunale di primo grado operi semplicemente accertamenti fondati in prevalenza, se non esclusivamente, sulla normativa nazionale applicabile al contratto contenente la clausola arbitraria. Se l’argomento della Commissione basato sull’art. 58 dello Statuto della Corte di giustizia dovesse essere nella presente fattispecie accolto in relazione agli accertamenti riguardanti il titolo V del Trattato UE, ciò a mio modo di vedere precluderebbe a colui che ricorre in impugnazione avverso una sentenza del Tribunale di primo grado ai sensi dell’art. 238 CE la possibilità di invocare fruttuosamente errori di diritto aventi ad oggetto accertamenti operati dal Tribunale di primo grado ai sensi di una data normativa nazionale. A mio modo di vedere, ciò si concilia difficilmente con l’ambizione di un sistema di tutela giurisdizionale su due livelli. |
54. |
Sono pertanto del parere che i motivi di diritto relativi all’interpretazione dei memoranda di intesa debbono considerarsi rientranti nell’ambito delle questioni di diritto che possono essere suscettibili di controllo giurisdizionale da parte della Corte nell’ambito del presente ricorso di impugnazione. |
55. |
Il primo motivo di irricevibilità dev’essere pertanto respinto. |
2. Secondo motivo di irricevibilità
56. |
La Commissione afferma che il ricorso di impugnazione è irricevibile perché i motivi di impugnazione sono inefficaci. Secondo il punto di vista della Commissione, la sentenza impugnata rimarrebbe valida anche nell’inauspicata ipotesi che i due motivi di impugnazione fossero considerati ricevibili e fondati. Più precisamente, la Commissione sostiene che la ricorrente in impugnazione non pone in discussione quanto accertato al punto 100 della sentenza impugnata, con il risultato che solo le parti che si sono ritirate dal progetto senza firmare il memorandum aggiuntivo sono liberate dai loro obblighi finanziari, al contrario di quelle parti che hanno firmato il memorandum aggiuntivo senza ratificarlo. Secondo la Commissione, la ricorrente in impugnazione non mette in discussione neanche quanto accertato al punto 101 della sentenza impugnata, secondo cui la Repubblica ellenica è incorsa in responsabilità finanziaria anche come conseguenza dell’applicazione provvisoria del memorandum aggiuntivo. |
57. |
Nonostante la Repubblica ellenica possa non aver specificamente impugnato quanto accertato nei punti 100 e 101, dai suoi argomenti riguardanti il primo motivo di impugnazione e dalle parti della sentenza impugnata cui essa fa riferimento risulta chiaramente che la Repubblica ellenica è in sostanziale disaccordo con gli accertamenti operati dal Tribunale di primo grado nei detti punti. In primo luogo, essa contesta la valutazione giuridica secondo cui, conformemente all’art 15, n. 1, del memorandum iniziale, la firma al memorandum d’intesa aggiuntivo implica obblighi finanziari per la Repubblica ellenica che differiscono da quelli delle parti che non hanno firmato il memorandum aggiuntivo. In secondo luogo, nella misura in cui la Repubblica ellenica respinge la possibilità che siano sorti obblighi finanziari prima della ratifica del memorandum aggiuntivo, ed esplicitamente deduce che il Tribunale di primo grado ha interpretato erroneamente l’art. 14 del memorandum aggiuntivo che prevede l’applicazione provvisoria del detto memorandum, essa necessariamente contesta la tesi che l’applicazione provvisoria del memorandum aggiuntivo ai suoi firmatari possa avere l’effetto di imporre obblighi finanziari ai firmatari del memorandum aggiuntivo che non hanno provveduto a ratificare quest’ultimo. Chiaramente, pertanto, il primo motivo di impugnazione verte su quanto dichiarato dal Tribunale di primo grado nei punti 100 e 101 della sentenza impugnata. Di conseguenza, se la Corte dovesse dichiarare fondato il primo motivo di impugnazione, verrebbe implicitamente dichiarato che quanto accertato dal Tribunale di primo grado nei punti 100 e 101 della sentenza impugnata è invalido. |
58. |
Tale motivo di irricevibilità dev’essere pertanto respinto. |
C — Nel merito
1. Primo motivo di impugnazione
59. |
Il punto principale in discussione nella presente fattispecie è se il Tribunale di primo grado sia incorso in errore ritenendo che la Repubblica ellenica abbia un debito finanziario nei confronti del bilancio comunitario derivante dagli obblighi finanziari incorsi in forza della sua progettata partecipazione al progetto Abuja II. |
60. |
Nella sentenza impugnata, il Tribunale di primo grado ha valutato l’esistenza di obblighi finanziari alla luce della formulazione dei memoranda iniziale e aggiuntivo, come pure alla luce del principio della buona fede e della tutela del legittimo affidamento. Per di più, ai punti 100 e 101 della sentenza impugnata, il Tribunale di primo grado ha ritenuto che un obbligo finanziario sia insorto sulla base dell’art. 15, n. 1, del memorandum iniziale (dato che la Repubblica ellenica aveva firmato il memorandum aggiuntivo) e dal fatto che, a norma dell’art. 14 del memorandum aggiuntivo, quest’ultimo era di provvisoria applicazione con decorrenza dal primo giorno del secondo mese successivo alla sua firma. |
61. |
La Repubblica ellenica afferma che la determinazione di un obbligo finanziario deve essere basata esclusivamente sul testo delle disposizioni contrattuali e il comportamento della Repubblica ellenica non deve essere preso in considerazione allo scopo di determinare l’esistenza di obblighi finanziari. In sostanza, la Repubblica ellenica è dell’opinione che soltanto le clausole contrattuali sono rilevanti e che non può sorgere alcun obbligo finanziario prima che abbia manifestato il suo consenso ad essere vincolata dal memorandum aggiuntivo, cioè prima che abbia ratificato tale memorandum. |
62. |
Si deve innanzi tutto ricordare, come da me in precedenza menzionato con riferimento alla ricevibilità del presente ricorso, che i due memoranda qui in considerazione sono stati adottati ai sensi del titolo V del Trattato sull’Unione europea relativo alla politica estera e di sicurezza comune, comunemente chiamati «il secondo pilastro» dell’Unione europea. Le disposizioni di tale titolo danno luogo a obblighi giuridici disciplinati dal diritto internazionale ( 14 ). Questo vuol dire che, in termini giuridici, i memoranda sono accordi internazionali ( 15 ), che, come attestato nel loro preambolo, sembra siano stati conclusi tra la Commissione europea, da un lato, e taluni Stati membri, compresa la Repubblica ellenica, dall’altro ( 16 ). Dalla natura di detti strumenti legali consegue che essi debbono essere interpretati conformemente alle norme di diritto pubblico internazionale ( 17 ). |
63. |
Sotto questo aspetto, dal diritto internazionale consuetudinario, quale codificato dall’art. 31 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, consegue che vi sono tre principali elementi di interpretazione del Trattato: 1) il testo, 2) il contesto e 3) l’oggetto e lo scopo ( 18 ). |
64. |
Nel caso dei memoranda qui in esame, la disposizione più rilevante ai fini della determinazione degli obblighi finanziari di una parte che si ritira è certamente l’art. 15, n. 1, del memorandum iniziale. In esso sono disciplinati gli effetti del ritiro di un compartecipante dal progetto Abuja II. Esso dispone in sostanza che, se un compartecipante decide di ritirarsi dal progetto Abuja II non firmando il memorandum aggiuntivo, i punti del memorandum iniziale — compresi i relativi obblighi finanziari di cui agli artt. 12 e 13 — cessano di essere applicati al compartecipante che si ritira. |
65. |
È chiaro che la Repubblica ellenica pone in discussione gli accertamenti del Tribunale di primo grado operati al punto 100 della sentenza impugnata ( 19 ) dove dichiara nella sua domanda relativa alla presente fattispecie che la situazione giuridica di uno Stato che ha firmato ma non ratificato il memorandum aggiuntivo e che non è pertanto parte nel memorandum aggiuntivo non differisce — specie per quanto riguarda gli obblighi finanziari — dalla situazione giuridica di uno Stato che non ha mai firmato il memorandum aggiuntivo. |
66. |
A mio modo di vedere, tale argomento non può essere accolto. |
67. |
In primo luogo, l’art. 15, n. 1, del memorandum iniziale fa espressamente riferimento alla firma del memorandum aggiuntivo, non alla sua ratifica. Ciò sta ad indicare che le parti hanno convenuto di attribuire particolare importanza, nell’ambito del ritiro dei partecipanti dal progetto Abuja II, alla firma del memorandum aggiuntivo piuttosto che alla sua ratifica. Questa scelta di un evento futuro come punto di partenza per il prodursi di taluni effetti giuridici prescinde dal fatto che solo la ratifica del memorandum aggiuntivo consente al memorandum aggiuntivo stesso di entrare in vigore. |
68. |
Non vi è pertanto nulla che lasci intendere che il memorandum aggiuntivo di intesa abbia dovuto essere ratificato e abbia dovuto entrare in vigore per produrre i suoi effetti giuridici in relazione alle disposizioni sul ritiro poste dall’art. 15, n. 1, del memorandum iniziale. |
69. |
A mio avviso, il Tribunale di primo grado era pertanto legittimato ad affermare, al punto 100 della sentenza impugnata, che gli obblighi finanziari della Repubblica ellenica sorgono dai punti del memorandum iniziale. A mio modo di vedere, ciò è sufficiente per ritenere che la sentenza del Tribunale di primo grado debba essere confermata. |
70. |
In secondo luogo, e a suffragio di tale ultima conclusione, è importante sottolineare che, con la sua firma, la Repubblica ellenica aveva convenuto, conformemente all’art. 14 del memorandum aggiuntivo, che quest’ultimo memorandum doveva ricevere provvisoria applicazione a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo alla firma fino alla sua entrata in vigore conseguente alla ratifica da parte dei firmatari o alla notifica agli altri firmatari dell’intenzione di non ratificare l’accordo. |
71. |
Mentre, come ho sopra esposto, la firma del memorandum aggiuntivo è sufficiente affinché l’art. 15, n. 1, del memorandum iniziale produca i suoi effetti giuridici, il fatto che il memorandum aggiuntivo fosse stato provvisoriamente applicato costituisce un ulteriore, significativo elemento per stabilire se la Repubblica ellenica fosse già vincolata dagli obblighi finanziari al momento in cui si era ritirata dal progetto Abuja II. |
72. |
Anche se un accordo internazionale non ha in linea di principio effetti vincolanti sullo Stato firmatario se non dal momento della ratifica ( 20 ), le parti contraenti possono disporre che un accordo possa ricevere provvisoria applicazione prima della sua entrata in vigore ( 21 ). Lo scopo di siffatta provvisoria applicazione è quello di disincentivare i firmatari dal sottrarsi al regime di un trattato ritardandone o omettendone la ratifica, imponendo loro di sostenere i costi degli obblighi derivanti dal trattato con effetto immediato all’atto della firma ( 22 ). |
73. |
Pertanto, il fatto che i firmatari di un memorandum aggiuntivo abbiano concordato che questo debba ricevere applicazione provvisoria sta chiaramente ad indicare la loro intenzione di accettare gli effetti, sia finanziari sia di altra natura, che derivano dall’applicazione provvisoria del memorandum fino al momento in cui il firmatario non avrà notificato agli altri compartecipanti la sua intenzione di non ratificare il memorandum aggiuntivo. |
74. |
Considero, di conseguenza, che il Tribunale di primo grado non è incorso in errore affermando, al punto 101 della sentenza impugnata, che la Repubblica ellenica non può negare tale applicazione provvisoria sostenendo di non aver ratificato il memorandum. |
75. |
Da ciò consegue che il Tribunale di primo grado poteva correttamente affermare, ai punti 100 e 101 della sentenza impugnata, che l’esistenza di un obbligo finanziario deriva dall’art. 15, n. 1, del memorandum iniziale e dall’applicazione provvisoria del detto memorandum aggiuntivo. |
76. |
È pertanto dubbio se, ai fini della soluzione della presente impugnazione, sia rilevante se il Tribunale di primo grado sia incorso in errore nell’applicare i principi della buona fede e di tutela del legittimo affidamento in combinato con gli artt. 12, 13 e 15 del memorandum di intesa iniziale e dell’art. 14 del memorandum di intesa aggiuntivo. |
77. |
Comunque, per motivi di completezza, a mio avviso è possibile brevemente affermare che il Tribunale di primo grado poteva anche basarsi sul principio della buona fede a sostegno della sua conclusione secondo cui a carico della Repubblica ellenica sussisteva un obbligo finanziario quale conseguenza della sua ratifica del memorandum iniziale e della firma del memorandum aggiuntivo. |
78. |
Come giustamente sottolineato dal Tribunale di primo grado, il principio della buona fede è una regola del diritto internazionale consuetudinario che è stata riconosciuta dalla Corte permanente internazionale di giustizia istituita dalla Società delle Nazioni ( 23 ). Essa è, in una certa misura ( 24 ), l’equivalente, nel diritto pubblico internazionale, del principio di tutela del legittimo affidamento che esiste nell’ordinamento giuridico comunitario ( 25 ). |
79. |
Si deve aggiungere che, più recentemente, la Corte Internazionale di giustizia ha dichiarato che «uno dei principi base che presiede alla creazione e alla esecuzione degli obblighi di legge, quale che ne sia la fonte, è il principio della buona fede ( 26 )». |
80. |
Ad ogni modo, la precisa definizione ( 27 ) e il ruolo del principio della buona fede nel diritto internazionale non sono facili da cogliere ( 28 ). Tuttavia, pare essere pacifico che il principio della buona fede, quando applicato ai rapporti convenzionali ai sensi del diritto internazionale, implica un’applicazione ragionevole ed equa delle norme convenzionali alle circostanze del caso specifico. Il principio della buona fede è specificamente un principio guida nell’interpretazione delle circostanze di merito ( 29 ). |
81. |
Ciò che sembra essere più rilevante ai fini della fattispecie all’esame dinanzi alla Corte è il fatto che la buona fede richiede che l’intenzione manifestata sia congruente con l’intenzione effettiva e, più generalmente, che la realtà giuridica sia congruente con l’apparenza giuridica (ciò vale a dire congruente con le apparenze create dalle affermazioni o dalla condotta da parte di coloro che hanno compiuto atti giuridici) ( 30 ). Tale effetto del principio della buona fede mi pare coincida con il principio «allegans contraria non est audiendus», comunemente noto come principio dell’estoppel nel diritto internazionale ( 31 ). |
82. |
Alla luce dei vari fatti accertati dal Tribunale di primo grado, in ragione dei quali la Repubblica ellenica ha indotto nelle altre parti dall’aprile 1994 fino al settembre 2000 l’aspettativa che avrebbe continuato a partecipare al progetto Abuja II, il Tribunale di primo grado ha giustamente fatto riferimento al principio della buona fede a sostegno della sua conclusione secondo cui la Repubblica ellenica non poteva ritirarsi senza essere responsabile per le spese connesse con la sua partecipazione al progetto Abuja II. |
83. |
Tale affermazione è suffragata — oltre che dalla generale accezione del principio della buona fede — dall’esistenza di un accresciuto obbligo di buona fede ( 32 ) che incombe sugli Stati membri dell’Unione europea circa le loro relazioni con un altro Stato membro e con le istituzioni dell’Unione europea quale conseguenza del fatto di essere membri dell’UE ( 33 ). Nella presente fattispecie siffatto obbligo è stato applicato alla Repubblica ellenica nelle sue relazioni con la Commissione e con gli Stati partecipanti al progetto Abuja II. |
84. |
Per tutte le ragioni sopra esposte, sono del parere che il primo motivo di impugnazione sia infondato. |
2. Secondo motivo di impugnazione
85. |
Dal momento che ritengo che gli obblighi finanziari fossero sorti a carico della Grecia già in forza delle disposizioni del memorandum iniziale e di quello aggiuntivo, mi pare irrilevante ai fini della soluzione del presente ricorso di impugnazione la questione se il Tribunale di primo grado abbia giustamente affermato che siffatti obblighi finanziari derivavano anche da un accordo implicito concluso nella riunione del 24 febbraio 2007. |
86. |
Il secondo motivo di impugnazione è pertanto inoperante e dev’essere respinto. |
87. |
Da tutto quanto sopra esposto consegue che il ricorso di impugnazione deve essere respinto in toto. |
VI — Spese
88. |
A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura che a norma dell’art. 118 del detto regolamento si applica ai giudizi di impugnazione, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna alle spese della Repubblica ellenica, quest’ultima, rimasta soccombente, va condannata alle spese. |
VII — Conclusione
89. |
Per tutte le ragioni sopra esposte suggerisco alla Corte di:
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( 1 ) Lingua originale: l'inglese.
( 2 ) Racc. pag. II-63.
( 3 ) GU L 248, pag. 1.
( 4 ) GU L 357, pag. 1.
( 5 ) United Nations Treaty Series, vol. 1155, pag. 331.
( 6 ) Punto 74 della sentenza impugnata.
( 7 ) Punto 73 della sentenza impugnata.
( 8 ) Punto 74 della sentenza impugnata.
( 9 ) Punto 111 della sentenza impugnata. Per quanto rileva ai fini della presente fattispecie, l'art. 268 CE così dispone: «Le spese amministrative risultanti per le istituzioni dalle disposizioni del Trattato sull'Unione europea relative alla politica estera e di sicurezza comune ed alla cooperazione nei settori della giustizia degli affari interni sono a carico del bilancio. Le spese operative risultanti dall'attuazione di dette disposizioni possono, alle condizioni ivi previste, essere messe a carico del bilancio».
( 10 ) V. Philippe Léger, Commentaire article par article des traités UE e CE, 2000, pag. 1806.
( 11 ) Così non sarebbe, per esempio, se l'atto di compensazione fosse contestato semplicemente per motivi di procedura.
( 12 ) V., quale recente esempio, il procedimento di violazione del Trattato, sentenza 30 maggio 2006, causa C-459/03, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I-4635), e il procedimento originato da una domanda di pronuncia pregiudiziale, sentenza , causa C-431/05, Merck Genéricos (Racc. pag. I-7001).
( 13 ) V. D. Waelbroeck «Le transfert des recours directs au Tribunal de première instance des Communautés européennes — vers une meilleure protection des justiciables?», La réforme du système juridictionnel communautaire, Éditions de l’université de Bruxelles, 1994, a pagg. 87-97.
( 14 ) V, in tal senso, Maria-Gisella Garbagnati Ketvel, «The jurisdiction of the European Court of Justice in respect of Common Foreign and Security Policy», International and Comparative Law Quarterly, vol. 55, gennaio 2006, pagg. 77-120, pag. 82; I. Macleod, I.D. Hendry e S. Hyett, The External Relations of the European Communities, Clarendon Oxford Press, 1996, pag 424.
( 15 ) A sostegno di tale affermazione si deve sottolineare che è dato constatare che i due memoranda richiedono la ratifica delle parti prima di entrare in vigore. Tale formalità è in linea di principio riservata alle convenzioni di diritto internazionale pubblico.
( 16 ) Se è vero che questo tipo di accordi pone certamente talune interessanti questioni giuridiche, come il potere della Commissione di concludere siffatti accordi ai sensi dell'art. 5 del Trattato UE, eccede certamente l'ambito della presente fattispecie procedere alla loro analisi più approfonditamente.
( 17 ) Per quanto riguarda il memorandum aggiuntivo, tale affermazione a mio avviso non preclude l'applicazione, qualora potessero essere identificati, di «principi generali comuni ai sistemi legislativi degli Stati membri della Comunità europea», come disposto dell'art. 13, n. 2, del memorandum aggiuntivo, in combinato con la norma di diritto internazionale.
( 18 ) È stato pertanto riconosciuto dalla Corte internazionale di giustizia che i principi incorporati negli artt. 31 e 32 della Convenzione di Vienna riflettono il diritto consuetudinario e internazionale (Libya/Chad, ICJ Reports 1994, pag. 4, paragrafo 41).
( 19 ) «Come la Repubblica ellenica ha ammesso (v. punto 56 supra), risulta esplicitamente dall'art. 15, n. 1, del memorandum iniziale che un partner partecipante che non firma il memorandum aggiuntivo può sottrarsi agli obblighi finanziari nascenti dal progetto (v. punto 15 supra). Orbene, è pacifico che la Repubblica ellenica ha firmato il memorandum aggiuntivo. Nella fattispecie, l'art. 15, n. 1, del memorandum iniziale, in senso stretto, deve essere letto in modo opposto all'interpretazione datane dalla Repubblica ellenica».
( 20 ) Di norma, un firmatario resta vincolato in forza del diritto internazionale solo dopo che l’accordo è stato ratificato conformemente alle disposizioni del suo diritto nazionale.
( 21 ) Art. 25 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati.
( 22 ) Alex. M. Niebrugge, «Provisional application of the Energy Charter Treaty: the Yukos arbitration and the future place of provisional application in international law», Chicago Journal of International Law, estate 2007, vol. 8, pagg. 355, 359.
( 23 ) V. sentenza impugnata, punto 85.
( 24 ) L'equivalenza tra i due principi non è a mio avviso totale, dal momento che il principio di buona fede nel diritto pubblico internazionale pare avere un più ampio ambito che il principio della legittima aspettativa ai sensi del diritto comunitario.
( 25 ) Io credo che l'uso della parola «equivalente» sia più appropriato in questo contesto perché è più neutrale della parola «corollario» usata dal Tribunale di primo grado al punto 87 della sentenza impugnata con riferimento alla giurisprudenza di cui alla sentenza 22 gennaio 1997, causa T-115/94, Opel Austria/Consiglio (Racc. pag. II-39, punto 93). Quindi, a mio modo di vedere, la parola «corollario» implica necessariamente che il principio giuridico di diritto comunitario della tutela del legittimo affidamento precede, nel tempo e per importanza, il principio di diritto internazionale della buona fede. In questo contesto può farsi riferimento alle conclusioni dell'avvocato generale Jacobs relative alla sentenza , causa C-162/96, Racke (Racc. pag. I-3655), che, al paragrafo 76, non faceva uso della parola «corollario», ma si esprimeva così: «Nella sentenza Opel Austria il principio di diritto internazionale di buona fede veniva coniugato con il principio di diritto comunitario di tutela del legittimo affidamento».
( 26 ) Australia/Francia (Nuclear Tests Case), ICJ Reports 1974, pag. 253, a pag. 268.
( 27 ) Per una definizione, v. J.F. O’Connor, Good Faith in International Law, Dartmouth Publishing Company, 1991, pag. 124.
( 28 ) V., tra l'altro, Michel Virally, «Review essay: good faith in public international law», The American Journal of International Law, 1983, Vol. 77, pag. 130.
( 29 ) Asserzioni di Serge Sur in L’interprétation de droit international public, Paris, Librairie générale de droit et de jurisprudence, 1974: «l’interpretazione delle circostanze non è soggetta a regole e, ancor meno, a metodi molto precisi. La loro diversità costituisce una base multipla e resta solo un principio: quello della buona fede». V. altresì Elisabeth Zoller, La bonne foi en droit international public, Pedone, 1977, pag. 227.
( 30 ) V. Michel Virally, cit. alla nota 28, pagg. 131 e 133.
( 31 ) Bin Cheng, General Principles of Law as applied by International Courts and Tribunals, ed. Martinus Nijhoff — The Hague, 1953, pagg. 141-142; Lord McNair, The Laws of Treaties, Oxford Clarendon Press, 1961, pag. 485. Come precisato da Lord McNair, tale principio impedisce che la parte che fa una dichiarazione — o con essa concorda — sulla quale un'altra persona fa affidamento al punto di influenzarne la posizione faccia successivamente un'asserzione diversa sul caso.
( 32 ) V. Elisabeth Zoller, già citata alla nota 29, pag. 157. L'autrice considera che la buona fede rafforzata (l'autrice usa l'espressione «bonne foi renforcée») esiste nelle organizzazioni internazionali, e che si applica sia agli Stati membri sia agli organi della loro organizzazione.
( 33 ) L'esistenza di un siffatto obbligo rafforzato di agire in buona fede trova a mio modo di vedere riflesso nell'art. 11, n. 2, UE, secondo cui «gli Stati membri sostengono attivamente e senza riserve la politica estera e di sicurezza dell'Unione in uno spirito di lealtà e di solidarietà reciproca». Ciò è suffragato dal fatto che, per quanto riguarda il Trattato CE, è riconosciuto che una buona fede rafforzata pare essere quantomeno implicitamente riflessa nell'obbligo di leale cooperazione contenuto nell'art. 10 CE (v. Vlad Constantinesco, «L’article 5 CEE, de la bonne foi à la loyauté communautaire», Du droit international au droit de l’intégration (Liber amicorum Pierre Pescatore), Nomos, 1989, pagg. 97-114, in particolare pag. 101).