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Document 62006TJ0384

    Sentenza del Tribunale (Ottava Sezione) del 24 marzo 2011.
    IBP Ltd e International Building Products France SA contro Commissione europea.
    Concorrenza - Intese - Settore dei raccordi in rame e in lega di rame - Decisione che accerta una violazione dell’art. 81 CE - Durata della partecipazione all’infrazione - Ammende - Circostanze aggravanti.
    Causa T-384/06.

    Raccolta della Giurisprudenza 2011 II-01177

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2011:113

    Causa T‑384/06

    IBP Ltd e International Building Products France SA

    contro

    Commissione europea

    «Concorrenza — Intese — Settore dei raccordi in rame e in lega di rame — Decisione che accerta un’infrazione all’art. 81 CE — Durata della partecipazione all’infrazione — Ammende — Circostanze aggravanti»

    Massime della sentenza

    1.      Concorrenza — Intese — Divieto — Infrazioni — Accordi e pratiche concordate idonei ad essere considerati costitutivi di un’infrazione unica

    (Art. 81, n. 1, CE)

    2.      Concorrenza — Intese — Prova

    (Art. 81, n. 1, CE)

    3.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Onere della prova dell’infrazione e della sua durata incombente alla Commissione

    (Art. 81, n. 1, CE)

    4.      Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Prova

    (Art. 81, n. 1, CE)

    5.      Concorrenza — Intese — Pratica concordata — Nozione — Coordinamento e cooperazione incompatibili con l’obbligo per ciascuna impresa di determinare autonomamente il proprio comportamento sul mercato

    (Art. 81, n. 1, CE)

    6.      Concorrenza — Intese — Divieto — Infrazioni — Accordi e pratiche concordate idonei ad essere considerati costitutivi di un’infrazione unica — Nozione

    (Art. 81, n. 1, CE)

    7.      Concorrenza — Ammende — Presupposti per l’irrogazione di ammende da parte della Commissione — Infrazione commessa intenzionalmente o per negligenza — Ostruzionismo o comunicazione di informazioni inesatte o fuorvianti in risposta ad una richiesta di informazioni da parte della Commissione

    (Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, nn. 1 e 2)

    8.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comunicazione degli addebiti — Obbligo di rispondervi — Insussistenza

    [Regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 18, n. 1, e 23, n. 1, lett. a)]

    9.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Situazione finanziaria dell’impresa interessata

    [Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 5, lett. b)]

    10.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda come corrispettivo di una cooperazione dell’impresa incriminata — Presupposti

    (Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 96/C 207/04, titolo D)

    1.      Una violazione dell’art. 81 CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o perfino da un comportamento continuato. Ove le diverse azioni facciano parte di un piano d’insieme, a causa del loro identico oggetto, consistente nel falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme. Inoltre, un’impresa può essere ritenuta responsabile di un’intesa globale anche quando viene accertato che essa ha partecipato direttamente soltanto ad uno o a più elementi costituitivi di tale intesa, allorché sapeva o doveva necessariamente sapere, da un lato, che la collusione alla quale partecipava si inseriva in un piano globale e, dall’altro, che tale piano globale integrava tutti gli elementi costitutivi dell’intesa. Del pari, un’impresa che ha partecipato ad un’infrazione unica e complessa con comportamenti propri alla medesima e che miravano a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo insieme può essere altresì responsabile dei comportamenti posti in essere da altre imprese nell’ambito della stessa infrazione, per tutta la durata della sua partecipazione a detta infrazione. Tale caso ricorre ove si accerti che l’impresa di cui trattasi era a conoscenza dei comportamenti illeciti degli altri partecipanti o che poteva ragionevolmente prevederli ed era disposta ad accettarne il rischio.

    (v. punti 55-56)

    2.      Per quanto riguarda la prova di un’infrazione all’art. 81, n. 1, CE, la Commissione deve fornire prove precise e concordanti per dare fondamento alla ferma convinzione che l’asserita infrazione è stata commessa. L’esistenza di un dubbio nella mente del giudice dell'Unione deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione con cui si constata l’infrazione. Il giudice non può pertanto concludere che la Commissione abbia dimostrato sufficientemente l’esistenza dell’infrazione di cui è causa se nutre ancora dubbi al riguardo, soprattutto nel contesto di un ricorso volto all’annullamento di una decisione con cui viene inflitta un’ammenda. Tuttavia, non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito.

    Peraltro, di norma le attività derivanti dagli accordi anticoncorrenziali si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Ne consegue che, anche qualora la Commissione scopra documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di riunioni, essi saranno di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostruire taluni dettagli per via di deduzioni. Pertanto, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale deve essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati insieme, possono costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle norme sulla concorrenza.

    (v. punti 57-59)

    3.      La durata dell’infrazione è un elemento costitutivo della nozione di infrazione a norma dell’art. 81, n. 1, CE in relazione alla quale l'onere della prova incombe alla Commissione.

    (v. punto 60)

    4.      Le dichiarazioni rese nell’ambito della politica di trattamento favorevole svolgono un ruolo importante. Tali dichiarazioni, rilasciate in nome di imprese, hanno un valore probatorio non trascurabile, poiché comportano considerevoli rischi giuridici ed economici. Tuttavia, la dichiarazione di un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, la cui esattezza viene contestata da varie altre imprese parimenti accusate, non può essere considerata una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova.

    (v. punto 69)

    5.      Uno scambio di informazioni non deve necessariamente essere reciproco per ledere il principio del comportamento autonomo sul mercato. La divulgazione di informazioni sensibili elimina l’incertezza relativa al comportamento futuro di un concorrente e influenza quindi, direttamente o indirettamente, la strategia del destinatario delle informazioni.

    (v. punto 71)

    6.      Per quanto riguarda comportamenti consistenti nell'organizzazione regolare, per vari anni, di contatti multi‑ e bilaterali tra produttori concorrenti con il fine di porre in essere pratiche illecite, destinate ad organizzare artificialmente il funzionamento del mercato dei raccordi in rame, segnatamente a livello dei prezzi, il fatto che talune caratteristiche o che l’intensità di tali pratiche siano cambiate in seguito a controlli effettuati dalla Commissione non è rilevante per quanto riguarda la continuazione dell’intesa, poiché l’obiettivo delle pratiche anticoncorrenziali rimaneva lo stesso, ossia la concertazione sui prezzi riguardanti i raccordi. A tale proposito, è plausibile che, dopo i controlli della Commissione, un’intesa assuma una forma meno strutturata e un’attività d’intensità più variabile. Il fatto che un’intesa possa conoscere periodi di attività di intensità variabile non comporta comunque che si possa concludere che la stessa sia cessata.

    (v. punti 73, 76)

    7.      Il fatto che il regolamento n. 1/2003 consenta alla Commissione di infliggere un’ammenda di un importo massimo dell’1% del fatturato di un’impresa per l’ostruzionismo o la comunicazione di informazioni inesatte o fuorvianti, in risposta ad una richiesta di informazioni, in quanto infrazione autonoma, non rimette in discussione la possibilità di tenerne conto come circostanza aggravante. Va tuttavia precisato che la scelta di una delle due qualificazioni esclude la possibilità di poter adottare contemporaneamente l’altra in relazione allo stesso comportamento.

    (v. punto 109)

    8.      Anche se le imprese sono libere di rispondere o di non rispondere ai quesiti loro posti a norma dell’art. 18, n. 1, del regolamento n. 1/2003, dall’art. 23, n. 1, lett. a), di detto regolamento emerge che, una volta che le imprese hanno accettato di rispondere, esse sono tenute a fornire informazioni esatte.

    A tal proposito, occorre considerare che, tenuto conto dell’impianto sistematico del regolamento n. 1/2003, l’obbligo di fornire informazioni esatte si applica anche in caso di una risposta alla comunicazione degli addebiti. Certamente, non sussiste l’obbligo di rispondere ad una comunicazione degli addebiti. Inoltre, l’esercizio dei diritti della difesa comporta parimenti il diritto di contestare il valore probatorio dei documenti su cui si fonda la Commissione. Tuttavia, se un’impresa fornisce altre informazioni, quali una testimonianza, al fine di dimostrare che gli elementi di prova dedotti dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti sono falsi, tali informazioni devono essere esatte.

    (v. punto 111)

    9.      La Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda da essa inflitta ad un'impresa per violazione delle norme sulla concorrenza, a prendere in considerazione la situazione finanziaria deficitaria della medesima, dal momento che il riconoscimento di un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno adeguate alle condizioni del mercato.

    Tale principio non viene affatto rimesso in questione dal punto 5, lett. b), degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA. Infatti, la capacità di pagare può essere rilevante soltanto in un contesto sociale particolare, costituito dalle conseguenze che il pagamento dell’ammenda potrebbe comportare, in particolare, in termini di aumento della disoccupazione o di deterioramento dei settori economici a monte e a valle dell’impresa in questione.

    (v. punti 120-121)

    10.    Una riduzione dell’importo dell’ammenda per la collaborazione offerta nel procedimento amministrativo è giustificata soltanto se il comportamento dell’impresa di cui trattasi ha consentito alla Commissione di accertare l’esistenza di un’infrazione con minore difficoltà e, eventualmente, di porvi fine. Una riduzione dell'importo dell'ammenda sulla base della comunicazione sulla cooperazione del 1996 è giustificabile solo ove le informazioni fornite e, più in generale, il comportamento dell’impresa interessata possano essere considerati, al riguardo, come prova di un’effettiva cooperazione da parte sua.

    (v. punto 123)







    SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

    24 marzo 2011 (*)

    «Concorrenza – Intese – Settore dei raccordi in rame e in lega di rame – Decisione che accerta una violazione dell’art. 81 CE – Durata della partecipazione all’infrazione – Ammende – Circostanze aggravanti»

    Nella causa T‑384/06,

    IBP Ltd, con sede in Tipton (Regno Unito),

    International Building Products France SA, con sede in Sartrouville (Francia),

    rappresentate dai sigg. M. Clough, QC, e A. Aldred, solicitor,

    ricorrenti,

    contro

    Commissione europea, rappresentata dai sigg. F. Castillo de la Torre e V. Bottka, in qualità di agenti,

    convenuta,

    avente ad oggetto la domanda di annullamento parziale della decisione della Commissione 20 settembre 2006, C (2006) 4180, relativa a un procedimento ai sensi dell’art. 81 [CE] e dell’art. 53 dell’accordo SEE (caso COMP/F‑1/38.121 – Raccordi), nonché, in subordine, la domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti in detta decisione,

    IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

    composto dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, presidente, dai sigg. N. Wahl (relatore) e A. Dittrich, giudici,

    cancelliere: sig.ra T. Weiler, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 febbraio 2010,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

     Fatti

    1        Con decisione 20 settembre 2006, C (2006) 4180, relativa a un procedimento ai sensi dell’art. 81 [CE] e dell’art. 53 dell’accordo SEE (caso COMP/F‑1/38.121 – Raccordi) (riassunto in GU 2007, L 283, pag. 63; in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione delle Comunità europee ha accertato che varie imprese avevano violato l’art. 81, n. 1, CE e l’art. 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) partecipando, nel corso di vari periodi compresi tra il 31 dicembre 1988 ed il 1° aprile 2004, ad un’infrazione unica, complessa e continuata delle norme comunitarie in materia di concorrenza sotto forma di una serie di accordi anticoncorrenziali e di pratiche concordate nel mercato dei raccordi in rame ed in lega di rame, che coprivano il territorio del SEE. L’infrazione consisteva nel fissare i prezzi, nel concordare listini prezzi, sconti e riduzioni, in meccanismi di applicazione degli aumenti dei prezzi, nella spartizione dei mercati nazionali e dei clienti e nello scambio di altre informazioni commerciali, nonché nella partecipazione a riunioni regolari e in altri contatti diretti a facilitare l’infrazione.

    2        Le ricorrenti, l’IBP Ltd e l’International Building Products France SA (in prosieguo: l’«IBP Francia»), figurano tra i destinatari della decisione impugnata.

    3        L’IBP Francia è una filiale al 100% dell’IBP. Quest’ultima è stata fondata nel 2001 dall’Oystertec plc al fine di acquistare, il 23 novembre 2001, dalla Delta plc, gli attivi dell’ex società holding IBP (denominata anche IBP Ltd, successivamente denominata Aldway Nine Ltd) e le azioni delle sue filiali, tra cui l’IBP Francia. Il 1° giugno 2005, l’Oystertec ha modificato la sua denominazione in Advanced Fluid Connections plc (in prosieguo: l’«AFC»). Il 24 marzo 2006, quest’ultima è stata posta sotto sequestro. Il 25 marzo 2006, gli amministratori sequestratari hanno venduto tutti gli attivi dell’AFC alla Celestial Wing Ltd, tra cui figurano quelli delle ricorrenti e dell’International Building Products GmbH (in prosieguo: l’«IBP Germania»). All’epoca, la Celestial Wing era una filiale al 100% di un fondo di capitale investimento, l’Endless LLP. Il 15 settembre 2006, la Celestial Wing è diventata Pearl Fittings Ltd (punto 35 della decisione impugnata). Con due ordinanze datate 2 marzo 2007, il giudice Richards della High Court of Justice (England & Wales) (Tribunale di secondo grado, Inghilterra e Galles, Regno Unito) ha avviato un procedimento di insolvenza nei confronti delle ricorrenti e ha designato due amministratori per la durata di detto procedimento.

    4        Il 9 gennaio 2001 la Mueller Industries Inc., un altro produttore di raccordi in rame, ha informato la Commissione dell’esistenza di un’intesa nel settore dei raccordi e in altri settori correlati nel mercato dei tubi in rame, ed ha espresso il desiderio di collaborare ai sensi della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi di intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 1996») (punto 114 della decisione impugnata).

    5        Il 22 e il 23 marzo 2001, nel contesto di un’indagine sui tubi e sui raccordi in rame, la Commissione ha effettuato, ai sensi del art. 14, n. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli artt. [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), degli accertamenti a sorpresa nei locali di diverse imprese (punto 119 della decisione impugnata).

    6        In seguito a questi primi accertamenti, nell’aprile 2001 la Commissione ha scisso la sua indagine sui tubi in rame in tre distinti procedimenti, ossia il procedimento relativo al caso COMP/E-1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame), quello relativo al caso COMP/F-1/38.121 (Raccordi) e quello relativo al caso COMP/E-1/38.240 (Tubi industriali) (punto 120 della decisione impugnata).

    7        Il 24 e il 25 aprile 2001 la Commissione ha effettuato ulteriori accertamenti a sorpresa nei locali della Delta plc, società a capo di un gruppo di ingegneria internazionale il cui dipartimento «Ingegneria» riuniva diversi produttori di raccordi. Tali accertamenti vertevano unicamente sui raccordi (punto 121 della decisione impugnata).

    8        A partire da febbraio/marzo 2002, la Commissione ha rivolto alle parti coinvolte diverse richieste di informazioni in applicazione dell’art. 11 del regolamento n. 17 e poi dell’art. 18 del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1) (punto 122 della decisione impugnata).

    9        Nel settembre 2003 l’IMI plc ha presentato una domanda diretta a beneficiare della comunicazione sulla cooperazione del 1996. Tale domanda è stata seguita da quelle del gruppo Delta (marzo 2004) e della FRA.BO SpA (luglio 2004). L’ultima domanda di trattamento favorevole è stata presentata nel maggio 2005 dall’AFC (punti 115‑118 della decisione impugnata).

    10      Il 22 settembre 2005 la Commissione, nel contesto del caso COMP/F‑1/38.121 (Raccordi), ha avviato una procedura di infrazione e ha emanato una comunicazione degli addebiti che è stata notificata, in particolare, alle ricorrenti (punti 123 e 124 della decisione impugnata).

    11      Il 20 settembre 2006 la Commissione ha adottato la decisione impugnata.

    12      All’art. 1 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che le ricorrenti avevano violato le disposizioni di cui all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE, nel caso dell’IBP, dal 23 novembre 2001 al 1° aprile 2004 e, nel caso dell’IBP Francia, dal 4 aprile 1998 al 23 novembre 2001 (in seno all’impresa Delta) e dal 23 novembre 2001 al 1° aprile 2004 (in seno all’impresa AFC).

    13      Per tale infrazione, la Commissione ha irrogato all’AFC un’ammenda di un importo di 18,08 milioni di euro, per il cui pagamento l’IBP era ritenuta responsabile in solido per un importo pari a 11,26 milioni di euro [art. 2, lett. c), i), della decisione impugnata] e l’IBP Francia per un importo pari a 5,63 milioni di euro [art. 2, lett. c), ii), della decisione impugnata]. Per suddetta infrazione, la Commissione ha altresì inflitto alla Delta un’ammenda di un importo pari a 28,31 milioni di euro, per la quale l’IBP Francia è stata ritenuta responsabile in solido a concorrenza di 5,63 milioni di euro [art. 2, lett. d), iii), della decisione impugnata].

    14      Per fissare l’importo dell’ammenda inflitta a ciascuna impresa, nella decisione impugnata, la Commissione ha applicato il metodo definito negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»).

    15      Per quanto concerne, anzitutto, la fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda in funzione della gravità dell’infrazione, la Commissione ha qualificato l’infrazione come molto grave a causa della sua stessa natura e della sua estensione geografica (punto 755 della decisione impugnata).

    16      Reputando poi che esistesse una considerevole disparità tra le imprese coinvolte, la Commissione ha proceduto ad un trattamento differenziato, basandosi a tal fine sulla loro importanza relativa nel mercato in questione, determinata dalle loro quote di mercato. Su tale fondamento essa ha ripartito le imprese coinvolte in sei categorie (punto 758 della decisione impugnata).

    17      L’impresa Delta è stata classificata nella seconda categoria, categoria per la quale l’importo di partenza è stato fissato a 46 milioni di euro, mentre l’AFC è stata classificata nella terza categoria, per la quale l’importo di partenza è stato fissato a 36 milioni di euro (punto 765 della decisione impugnata).

    18      In considerazione della durata della partecipazione all’infrazione delle ricorrenti, la prima parte dell’importo di partenza dell’ammenda inflitta all’IBP Francia, a causa della sua partecipazione all’infrazione in seno all’impresa Delta, è stata maggiorata del 35% e la seconda, a causa della sua partecipazione all’infrazione in seno all’impresa AFC, del 20%. L’importo di partenza dell’ammenda inflitta all’IBP è stato maggiorato del 20%.

    19      La continuazione della partecipazione all’infrazione dopo gli accertamenti della Commissione è stata poi considerata una circostanza aggravante tale da giustificare una maggiorazione del 60% dell’importo di base dell’ammenda inflitta a tutte le imprese della Delta e dell’AFC (punto 785 della decisione impugnata). Del pari, l’importo di base dell’AFC è stato maggiorato del 50% a causa delle informazioni ingannevoli che quest’ultima avrebbe fornito alla Commissione (punto 790 della decisione impugnata).

    20      Per quanto riguarda l’IBP, il limite del 10%, di cui all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, ossia 11,26 milioni di euro, è stato calcolato in base al fatturato mondiale totale di quest’ultima. Nel caso dell’IBP Francia, tale limite del 10% è stato applicato alle due parti dell’importo dell’ammenda per il cui pagamento l’impresa è stata ritenuta responsabile in solido con le sue due successive società controllanti. Poiché queste due parti superavano il limite del 10%, l’IBP Francia è stata considerata responsabile in solido per il pagamento della metà dell’importo dell’ammenda corrispondente al limite del 10% di ciascuna delle sue successive società controllanti.

    21      L’AFC e le sue filiali non hanno beneficiato di alcuna riduzione dell’importo dell’ammenda in applicazione delle disposizioni di cui al titolo D, n. 2, primo e secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 1996 (punti 861‑865 della decisione impugnata).

     Procedimento e conclusioni delle parti

    22      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 dicembre 2006, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

    23      Con ordinanza 28 marzo 2007, il presidente del Tribunale ha respinto la domanda di provvedimenti provvisori delle ricorrenti, diretta a sospendere l’esecuzione dell’art. 2, lett. c) e d), della decisione impugnata.

    24      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale.

    25      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 20 gennaio 2010, le ricorrenti hanno informato il Tribunale che, a causa della loro situazione finanziaria critica, esse si trovavano nell’impossibilità di essere rappresentate in udienza. In seguito, ritenendo che un’udienza fosse utile per consentire alla Commissione di rispondere a determinate questioni sollevate dagli atti di causa e che non potevano essere risolte in base alle memorie, la Commissione ha svolto le proprie difesi orali e ha risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 4 febbraio 2010.

    26      Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

    –        annullare la decisione impugnata nella parte in cui è ad esse applicabile per il periodo dal 23 novembre 2001 al 1° aprile 2004;

    –        annullare l’ammenda loro inflitta o ridurla ad un importo che il Tribunale riterrà appropriato;

    –        ordinare le misure di organizzazione del procedimento o l’indagine necessarie per decidere in merito alle contestazioni che le contrappongono alla Commissione e alla FRA.BO in materia di prove relative alle riunioni della Fédération française des négociants en appareils sanitaires, chauffage, climatisation et canalisations (Federazione francese dei commercianti di apparecchi sanitari, riscaldamento, climatizzazione e canalizzazione; in prosieguo: la «FNAS») e alle conversazioni telefoniche della sig.ra B. (FRA.BO), in particolare, l’audizione dei testimoni coinvolti, comprese le sig.re I. e B., i sigg. T., H., R., e D., nonché di ogni altro testimone che il Tribunale riterrà utile sentire;

    –        condannare la Commissione alle spese.

    27      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

    –        respingere il ricorso;

    –        condannare le ricorrenti alle spese, comprese quelle relative al procedimento sommario.

     In diritto

    28      A sostegno del ricorso, le ricorrenti deducono due motivi vertenti rispettivamente sulla violazione dell’art. 81 CE e sul calcolo errato dell’importo dell’ammenda.

     Sulla domanda di misure di organizzazione del procedimento o di mezzi istruttori

    29      Va ricordato che secondo l’art. 68, n. 1, primo comma, del regolamento di procedura, il Tribunale può, d’ufficio o su richiesta delle parti e sentite le parti, ordinare l’accertamento di determinati fatti per mezzo di testimoni. Ai sensi del terzo comma della stessa disposizione, la richiesta di una parte per l’assunzione di un testimone deve precisare i fatti sui quali egli deve essere sentito e le ragioni che ne giustificano l’audizione.

    30      Per quanto riguarda la valutazione delle domande di misure di organizzazione del procedimento o di mezzi istruttori presentate da una parte di una controversia, va rammentato che il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nella causa di cui è investito (v. sentenza della Corte 22 novembre 2007, causa C‑260/05 P, Sniace/Commissione, Racc. pag. I‑10005, punto 77 e giurisprudenza ivi citata).

    31      Pertanto, la Corte ha segnatamente statuito che, anche allorché una domanda di assunzione di testimoni, formulata nell’atto introduttivo del ricorso, indica con precisione i fatti sui quali il o i testimoni devono essere sentiti e i motivi che ne giustificano l’audizione, spetta al Tribunale valutare la pertinenza della domanda rispetto all’oggetto della lite e la necessità di procedere all’assunzione dei testimoni citati (sentenze della Corte 17 dicembre 1998, causa C‑185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I‑8417, punto 70; 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 68, e ordinanza della Corte 15 settembre 2005, causa C‑112/04 P, Marlines/Commissione, punto 38).

    32      Nella specie, ad eccezione di quella contenuta nel terzo punto delle conclusioni del ricorso, non è stata fornita dalle ricorrenti nessuna motivazione né giustificazione. Pertanto, occorre respingere tale domanda.

     Sul primo motivo vertente su una violazione dell’art. 81 CE

     Argomenti delle parti

    33      Le ricorrenti deducono che la Commissione ha violato l’art. 81 CE in quanto le sue constatazioni integrerebbero errori manifesti di valutazione per quanto riguarda l’esistenza di un’infrazione unica e continuata. Inoltre, esse affermano che la Commissione non ha sufficientemente motivato la sua decisione e ha violato il loro diritto di essere sentite.

    34      Le ricorrenti contestano la valutazione, da parte della Commissione, dei tre eventi determinanti sui quali quest’ultima si è fondata per constatare l’esistenza di un’infrazione unica e continuata. Si tratta della loro partecipazione a talune riunioni della FNAS tra il giugno 2003 e l’aprile 2004, della riunione del 18 marzo 2004 che ha avuto luogo ad Essen (Germania) con alcuni concorrenti e di varie conversazioni telefoniche intercorse tra due rappresentanti della FRA.BO e dell’IBP Banninger Italia Srl tra il 2001 e l’aprile 2004.

    35      Per quanto concerne le riunioni della FNAS, le ricorrenti sottolineano in via preliminare che, nella comunicazione degli addebiti, esse non sono state accusate di infrazione in ordine a tali riunioni. Peraltro, la comunicazione degli addebiti sarebbe stata rivolta alla FNAS, sebbene la stessa non sia stata riconosciuta colpevole di infrazione all’art. 81 CE.

    36      Le ricorrenti affermano che la Commissione si è fondata su resoconti delle riunioni della FNAS che, ad eccezione di uno solo, non sono stati approvati dai partecipanti. Questi ultimi avrebbero firmato unicamente un elenco delle presenze.

    37      Le ricorrenti sostengono che le riunioni della FNAS non perseguivano alcun obiettivo anticoncorrenziale. Per avvalorare la loro posizione esse fanno leva sulla dichiarazione della sig.ra I., nonché su un invito formale alla riunione della FNAS del 25 giugno 2003, il cui ordine del giorno riguardava un argomento tecnico, ossia il confezionamento scelto dai clienti membri della FNAS. Esse aggiungono che la sig.ra I. ha firmato la dichiarazione dell’Oystertec relativa alla sua politica in materia di pratiche anticoncorrenziali. Per giunta, le riunioni della FNAS non sarebbero state segrete, poiché i clienti potevano assistervi.

    38      Le ricorrenti fanno valere che l’IBP Francia ha tentato di dissociarsi dai tentativi della Comap SA di discutere dei prezzi. Esse invocano, a tal riguardo, la dichiarazione della sig.ra I., che conferma di avere sempre agito affinché, durante le riunioni della FNAS, le discussioni su prezzi futuri o lo scambio di informazioni riservate fossero evitati o bloccati.

    39      Le ricorrenti affermano che, se l’aumento dei prezzi dell’IBP Francia del 1° gennaio 2004 è stato senz’altro menzionato durante la riunione del 3 novembre 2003 da parte di un rivenditore, i clienti ne sono stati informati già il 28 ottobre 2003 e che l’informazione non era dunque più riservata sul mercato. Peraltro, a giudizio delle ricorrenti, vista l’atmosfera di diffidenza che regnava tra i partecipanti, sarebbe poco probabile che sia stato raggiunto un accordo durante la riunione del 20 gennaio 2004.

    40      Le ricorrenti sostengono che, ad ogni modo, gli aumenti dei prezzi nel corso del 2004 non erano riconducibili alle riunioni della FNAS. L’aumento dei prezzi, annunciato dall’IBP Francia nella sua lettera del 28 ottobre 2003, sarebbe stato imposto alle ricorrenti dall’Oystertec. Esisterebbero anche altre spiegazioni plausibili per gli aumenti dei prezzi effettuati dalla Comap e dalla Raccord Orléanais SAS nel 2004, segnatamente l’aumento dei prezzi delle materie prime.

    41      Secondo le ricorrenti, ne discenderebbe che le riunioni della FNAS non facevano parte dell’infrazione unica e continuata anteriore, essendo stato il loro obiettivo legittimo e del tutto diverso da quello delle riunioni cosiddette «Super EFMA», organizzate prima o dopo le riunioni dell’European Fittings Manufacturers Association (EFMA, Associazione europea dei produttori di raccordi).

    42      Da ultimo, le ricorrenti deducono che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione considerando che l’estensione geografica delle riunioni della FNAS fosse paneuropea. Esse sostengono che essa era circoscritta alla Francia e che sono stati fatti soltanto riferimenti riguardanti le unità di imballaggio usate in altri mercati nazionali. A loro avviso, si trattava di discussioni legittime riguardanti le esigenze di altri mercati.

    43      Per quanto riguarda la riunione di Essen del 18 marzo 2004 tra l’IBP Germania, la R. Woeste & Co. Yorkshire GmbH e la Comap, le ricorrenti affermano che la valutazione dei fatti da parte della Commissione è erronea. A tal riguardo, esse deducono che il sig. H. dell’IBP Germania ha unicamente risposto a quesiti riguardanti i prezzi della propria società, ma che non vi era stata alcuna discussione sulla percentuale precisa o sulla data esatta di attuazione degli aumenti. Inoltre, secondo le ricorrenti, tali informazioni erano già pubbliche e, di conseguenza, non erano più riservate.

    44      Le ricorrenti sostengono anche che la riunione di Essen è stata un’occasione unica per discutere, ma che non era assolutamente premeditata. A loro parere, non sussiste alcuna prova che esse abbiano perseguito un obiettivo identico a quello esistente prima degli accertamenti. Ne deriva che, in mancanza di un «piano d’insieme», la Commissione non può considerare che tale riunione faceva parte dell’infrazione unica e continuata anteriore.

    45      Inoltre, le ricorrenti sottolineano che l’addebito relativo all’incontro a Essen non è stato dedotto nei loro confronti nella comunicazione degli addebiti. La decisione impugnata rimane, a tal riguardo, anche muta in merito ad un’eventuale violazione dell’art. 81 CE da parte dell’IBP Germania o dell’IBP Francia.

    46      Per quanto riguarda i contatti telefonici tra le ricorrenti ed alcuni loro concorrenti, esse affermano che dalla decisione impugnata si evince che la Commissione dispone soltanto di prove, segnatamente dei tabulati telefonici, riguardanti il periodo compreso tra il 10 aprile 2002 e il 17 luglio 2003. Di conseguenza, la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione considerando che tali prove avvalorassero i suoi accertamenti relativi al periodo compreso tra il marzo 2001 e l’aprile 2004.

    47      Per confutare la posizione della Commissione, le ricorrenti sostengono, anzitutto, che la sig.ra B. (FRA.BO) ha preso molto più frequentemente l’iniziativa di contattare il sig. R. (IBP Banninger Italia) di quanto non lo avesse fatto quest’ultimo. Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, la durata complessiva di tali telefonate era solamente di circa un’ora.

    48      Le ricorrenti fanno poi valere che esiste un’altra spiegazione plausibile per i suddetti contatti telefonici, ossia, sebbene l’ultima fattura dell’IBP Banninger Italia trasmessa alla FRA.BO risalga al settembre 2002, quest’ultima avrebbe, tuttavia, continuato a contattare l’IBP Banninger Italia allo scopo di acquistarne i prodotti.

    49      Le ricorrenti aggiungono che il periodo coperto da detti tabulati telefonici non coincide con l’aumento dei prezzi dell’IBP Banninger Italia. Inoltre, tali tabulati telefonici evidenzierebbero che hanno senz’altro avuto luogo delle chiamate, ma non ne proverebbero il contenuto. La FRA.BO avrebbe unicamente formulato allegazioni senza corroborarle con prove documentali e senza fornire informazioni dettagliate.

    50      Infine, le ricorrenti sostengono che, come nel caso dell’IMI e dell’Aalberts Industries NV, la durata della loro partecipazione all’infrazione dovrebbe, tutt’al più, essere circoscritta al periodo delle riunioni della FNAS.

    51      Le ricorrenti considerano che la Commissione abbia a torto riscontrato la sussistenza di un’infrazione unica e continuata. Esse sottolineano anzitutto la mancanza di un «piano d’insieme» o di un «oggetto identico». A loro parere, la Commissione non ha scoperto alcuna informazione statistica della stessa qualità di quelle relative al periodo anteriore al 2001, comprovante il funzionamento di un sistema di controllo. Inoltre, esse fanno valere che l’attuazione, presso l’Oystertec, di un programma di conformità alle norme sulla concorrenza «ha spezzato la catena di continuità», escludendo quindi l’accertamento di un’infrazione unica e continuata.

    52      Per quanto riguarda le irregolarità formali, in primo luogo, le ricorrenti affermano che la Commissione non ha dedotto alcun motivo adeguato che giustifichi il fatto che essa si sia basata su prove non dettagliate e non corroborate della FRA.BO, né indicato per quale motivo essa le abbia usate nei confronti delle ricorrenti e non nei confronti dell’Aalberts Industries.

    53      In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che il loro diritto di essere sentite è stato violato nel corso del procedimento amministrativo. Ciò dipenderebbe segnatamente dal fatto che, nella sua decisione, la Commissione si è basata sulle riunioni della FNAS che le riguardano, mentre nella comunicazione degli addebiti non lo aveva fatto, così come non si era fondata su tali riunioni per quanto attiene all’AFC, visto che la Commissione le ha solamente invocate in relazione alla FNAS. La Commissione si sarebbe anche basata sul comportamento del sig. R., sebbene la IBP Banninger Italia non fosse destinataria della comunicazione degli addebiti e non sia mai stata sentita e sebbene non sia stato dichiarato dalla Commissione che le asserzioni della sig.ra B. costituivano una violazione dell’art. 81 CE.

    54      La Commissione conclude per il rigetto del motivo.

     Giudizio del Tribunale

    55      In via preliminare, va ricordato che una violazione dell’art. 81 CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o perfino da un comportamento continuato. Ove le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto, consistente nel distorcere il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (sentenza della Corte 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 258).

    56      Inoltre, un’impresa può essere ritenuta responsabile di un’intesa globale anche quando viene accertato che essa ha partecipato direttamente soltanto ad uno o a più elementi costituitivi di tale intesa, allorché sapeva o doveva necessariamente sapere, da un lato, che la collusione alla quale partecipava si inseriva in un piano globale e, dall’altro, che tale piano globale integrava tutti gli elementi costitutivi dell’intesa. Del pari, un’impresa che ha partecipato ad un’infrazione unica e complessa, con comportamenti propri alla medesima e che miravano a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo insieme, può essere altresì responsabile dei comportamenti posti in essere da altre imprese nell’ambito della stessa infrazione, per tutta la durata della sua partecipazione a detta infrazione. Tale caso ricorre ove si accerti che l’impresa di cui trattasi era a conoscenza dei comportamenti illeciti degli altri partecipanti o che poteva ragionevolmente prevederli ed era a pronta ad accettarne il rischio (sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C‑49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I‑4125, punto 203).

    57      Per quanto riguarda la prova di un’infrazione all’art. 81, n. 1, CE, va rammentato che la Commissione deve fornire prove precise e concordanti per dare fondamento alla tesi che l’asserita infrazione è stata commessa (v., in tal senso, sentenza della Corte 28 marzo 1984, cause riunite 29/83 e 30/83, CRAM e Rheinzink/Commissione, Racc. pag. 1679, punto 20). L’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione con cui si constata un’infrazione. Il giudice non può pertanto concludere che la Commissione abbia dimostrato sufficientemente l’esistenza dell’infrazione di cui è causa se nutre ancora dubbi al riguardo, soprattutto nel contesto di un ricorso volto all’annullamento di una decisione con cui viene inflitta un’ammenda (sentenza del Tribunale 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. II‑4407, punto 215).

    58      Dalla giurisprudenza costante emerge altresì che non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito (v. sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, cause riunite T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, JFE Engineering e a./Commissione, Racc. pag. II‑2501, punto 180, e la giurisprudenza ivi citata).

    59      Peraltro, di norma le attività derivanti da accordi anticoncorrenziali si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Ne consegue che anche qualora la Commissione scopra documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di riunioni, essi saranno di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostruire taluni dettagli per via di deduzioni. Pertanto, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale deve essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati insieme, possono costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle norme sulla concorrenza (sentenze Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 55 supra, punti 55‑57, e 25 gennaio 2007, cause riunite C‑403/04 P e C‑405/04 P, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, Racc. pag. I‑729, punto 51).

    60      Per quanto riguarda la durata dell’infrazione, spetta parimenti alla Commissione provarla, atteso che la durata è un elemento costitutivo della nozione di infrazione a norma dell’art. 81, n. 1, CE. I principi sopra citati si applicano a tal riguardo (v., in tal senso, sentenza della Corte 21 settembre 2006, causa C‑105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, Racc. pag. I‑8725, punti 94‑96).

    61      Infine, è di giurisprudenza costante che, in mancanza di una dissociazione esplicita, la Commissione può considerare che non si è posto fine all’infrazione (v., in tal senso, sentenza della Corte 19 marzo 2009, causa C‑510/06 P, Archer Daniels Midland/Commissione, Racc. pag. I‑1843, punti 119 e segg., nonché la giurisprudenza ivi citata).

    62      Nella specie, va rilevato che l’IBP Francia non contesta di aver partecipato all’intesa prima dei controlli della Commissione nel marzo 2001.

    63      Va anche evidenziato che gli eventi imputati alle ricorrenti dalla Commissione, ossia la partecipazione alle riunioni della FNAS, i contatti tra le ricorrenti e la FRA.BO, nonché i contatti presi durante la fiera di Essen, di per sé, non vengono contestati dalle ricorrenti. Esse contestano invece il carattere anticoncorrenziale di tali eventi e il fatto che essi si inscrivano nell’ambito dell’infrazione unica, complessa e continuata constatata per il periodo anteriore al marzo 2001.

    64      Si deve pertanto determinare se i comportamenti constatati dopo le ispezioni della Commissione nel marzo 2001 devono essere qualificati come contatti anticoncorrenziali e se essi consentono di concludere per il prolungamento di una stessa infrazione. 

    65      Per quanto attiene, in primo luogo, alla partecipazione delle ricorrenti alle riunioni della FNAS, dai verbali di tali riunioni emerge, in particolare, che durante le riunioni del comitato logistico della FNAS sono state discusse questioni afferenti i prezzi, quali gli utili sulle vendite e gli aumenti dei prezzi dei raccordi.

    66      Infatti, va messo in rilievo che il verbale del 25 giugno 2003 fa riferimento alla risoluzione di concorrenti secondo cui «l’obiettivo da raggiungere sarebbe quello di assicurare, come mimino, che i prezzi si stabilizzino». Dal verbale del 15 ottobre 2003 emerge che l’Aquatis Francia, l’IBP e la Comap hanno fornito agli altri produttori informazioni sulla ripartizione delle loro vendite tra determinate categorie di prodotti, nonché sui loro utili. Durante la riunione del 3 novembre 2003, ha avuto luogo uno scambio di informazioni riguardanti futuri aumenti di prezzi. Del pari, dal verbale del 20 gennaio 2004 risulta che, dopo qualche scambio di punti di vista, il sig. L. (Comap) ha proposto che «i produttori informino i loro clienti di un eventuale aumento del 6% connesso a quello dei costi delle materie prime, al fine di sperimentare la reazione del mercato e di migliorare parallelamente il costo dei confezionamenti». Secondo il predetto verbale, «[t]ale aumento dei costi delle materie dov[eva] verificarsi in tutta la gamma» e «[i]l prezzo unitario dei nuovi confezionamenti [doveva dunque] ess[ere …] maggiorato del 5,3 o del 5,4%». Infine, in seguito a tale riunione, il 16 febbraio 2004, ha avuto luogo una teleconferenza nel corso della quale ogni produttore ha espresso il suo parere in ordine all’aumento di prezzi previsto.

    67      Benché le discussioni con i fornitori relative alla loro domanda di adattamento dell’imballaggio fossero senza conseguenza per quanto riguarda la normativa sulla concorrenza e una siffatta domanda comportasse costi di produzione supplementari, rimane comunque il fatto che una concertazione vertente sulla percentuale da ripercuotere sui fornitori o sulla parte dei costi che sarebbe stata assorbita dai produttori, non è di per sé priva di effetti sul mercato. Si tratta, nella specie, di una questione che un’impresa deve regolare in modo autonomo. Lo stesso vale per gli utili sulle vendite e gli aumenti dei prezzi dei raccordi.

    68      Per quanto concerne, in secondo luogo, i contatti bilaterali, dalla dichiarazione rilasciata della FRA.BO nell’ambito della sua domanda di trattamento favorevole e da qualche prova documentale che quest’ultima ha prodotto durante il procedimento amministrativo emerge che gli scambi di informazioni sensibili tra i concorrenti sono continuati dopo le ispezioni della Commissione. In tale contesto, va notato che la prova del contenuto delle conversazioni telefoniche consiste in qualche appunto manoscritto preso durante colloqui tra un rappresentante della Comap e un rappresentante della FRA.BO (punti 508‑510 della decisione impugnata) nonché in un appunto riguardante una conversazione tra il rappresentante dell’Aalberts Industries e quello della FRA.BO (punto 511 della decisione impugnata). Tuttavia, va segnalato che un siffatto elemento di prova manca per quanto riguarda le ricorrenti. Certamente, taluni tabulati telefonici della FRA.BO mostrano che vi sono effettivamente stati contatti tra un rappresentante di quest’ultima e quello delle ricorrenti, ma non forniscono alcuna indicazione in merito agli argomenti affrontati durante queste conversazioni. Pertanto, va constatato che la Commissione si è fondata unicamente sulla dichiarazione della FRA.BO per quanto concerne le ricorrenti.

    69      A tal proposito, va osservato che le dichiarazioni rese nell’ambito della politica di trattamento favorevole svolgono un ruolo importante. Tali dichiarazioni, rilasciate in nome di imprese, hanno un valore probatorio non trascurabile, poiché comportano dei rischi giuridici ed economici considerevoli (v., in tal senso, sentenze JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 58 supra, punti 205 e 211, e Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, cit. al punto 59 supra, punto 103). Rimane comunque il fatto che la dichiarazione di un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, la cui esattezza viene contestata da varie altre imprese accusate, non può essere considerata una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova (v. sentenza JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 58 supra, punto 219, e la giurisprudenza ivi citata). Sebbene dalla decisione impugnata si evinca che detti contatti telefonici non possono essere spiegati adducendo forniture incrociate, ad eccezione di quella nel luglio 2002 (punto 788 della decisione impugnata) e la Commissione disponga di elementi di prova che indicano che la FRA.BO avrebbe avuto contatti dal carattere anticoncorrenziale con altri concorrenti, va concluso che, in mancanza di altri indizi, l’asserito contenuto anticoncorrenziale dei contatti tra la FRA.BO e le ricorrenti non è stato provato sufficientemente. Peraltro, la decisione impugnata non menziona neppure contatti bilaterali dal carattere anticoncorrenziale tra le ricorrenti e altri concorrenti.

    70      Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’incontro tra il sig. H. (IBP Germania) e il rappresentante della Comap durante la fiera di Essen in data 18 marzo 2004, dalla dichiarazione del sig. H emerge che egli ha risposto ad una questione legata ai prezzi e che l’IBP aveva previsto un aumento dei prezzi alla fine del marzo 2004. Poiché le ricorrenti non hanno provato che tale informazione era già pubblica e la lettera ufficiale dell’IBP riguardante tale aumento è stata trasmessa soltanto il 30 marzo 2004, va constatato che si trattava di un contatto, isolato o meno, connesso alla politica tariffaria sul mercato tedesco.

    71      L’argomento secondo cui tale scambio non avrebbe un carattere anticoncorrenziale a causa della mancanza di reciprocità è inconferente. La giurisprudenza non richiede che uno scambio di informazioni sia reciproco per ledere il principio del comportamento autonomo sul mercato. A tal riguardo, dalla giurisprudenza si evince che la divulgazione di informazioni sensibili elimina l’incertezza relativa al comportamento futuro di un concorrente e influenza, direttamente o indirettamente, la strategia del destinatario delle informazioni (v., in tal senso, sentenza della Corte 23 novembre 2006, causa C‑238/05, Asnef-Equifax e Administración del Estado, Racc. pag. I‑11125, punto 51, e giurisprudenza ivi citata).

    72      In tale fase, occorre dunque concludere che la maggior parte degli eventi imputati, che hanno avuto luogo dopo i controlli della Commissione nel marzo 2001, ossia i contatti nell’ambito delle riunioni della FNAS e l’incontro durante la fiera di Essen, avevano un carattere anticoncorrenziale.

    73      Per quanto riguarda la questione se si trattava della continuazione dell’infrazione accertata prima del marzo 2001, va rilevato che quest’ultima consisteva nell’organizzazione regolare, per vari anni, di contatti multi e bilaterali tra produttori concorrenti il cui fine era quello di porre in essere pratiche illecite, destinate ad organizzare artificialmente il funzionamento del mercato dei raccordi, segnatamente a livello dei prezzi.

    74      Detti contatti venivano presi durante riunioni organizzate nell’ambito di associazioni di categoria, più in particolare nell’ambito dell’EFMA (durante le riunioni cosiddette «Super EFMA»), di fiere commerciali, di riunioni ad hoc e di scambi di punti di vista bilaterali. In generale, le iniziative volte a discutere di un aumento dei prezzi erano spesso prese a livello europeo e il risultato messo in atto a livello nazionale, ove i produttori avevano un processo di coordinamento dei prezzi proprio di ciascun paese e degli accordi locali che completavano gli accordi presi a livello europeo.

    75      I comportamenti addebitati successivamente al marzo 2001 sono altresì consistiti in contatti presi nell’ambito di associazioni di categoria (riunioni della FNAS), in contatti bilaterali tra concorrenti riguardanti i parametri della concorrenza, quali i prezzi, gli aumenti dei prezzi e le condizioni commerciali applicate ai clienti nonché in contatti durante fiere commerciali (fiera di Essen).

    76      Poiché l’obiettivo delle pratiche anticoncorrenziali non è cambiato, ovvero la concertazione sui prezzi, il fatto che talune caratteristiche o che l’intensità di tali pratiche siano cambiate non è rilevante per quanto riguarda la continuazione dell’intesa di cui trattasi. A tale proposito, va osservato che è plausibile che, dopo i controlli della Commissione, l’intesa abbia assunto una forma meno strutturata e un’attività d’intensità più variabile. Il fatto che un’intesa possa conoscere periodi di attività di intensità variabile non comporta comunque che si possa concludere che la stessa sia cessata.

    77      A tal riguardo, va constatato che, sebbene, dopo le ispezioni del marzo 2001, il numero dei partecipanti all’intesa sia passato da nove a quattro, i principali partecipanti dell’intesa prima di tali ispezioni (ossia la Comap, l’IBP e le ex filiali dell’IMI) erano, come emerge dalla decisione impugnata, ancora coinvolti nei comportamenti addebitati dopo le ispezioni della Commissione. Del pari, alcuni dei soggetti già coinvolti nell’intesa anteriormente al marzo 2001 lo erano anche nei comportamenti addebitati dopo tale data.

    78      Per quanto riguarda l’estensione geografica dell’infrazione, sebbene le riunioni della FNAS si siano riferite unicamente al mercato francese, sembra che altri mercati nazionali, quali i mercati tedesco, greco e italiano fossero ugualmente oggetto dei contatti anticoncorrenziali tra concorrenti dopo il marzo 2001. Anche qualora le ricorrenti fossero state implicate nell’intesa unicamente riguardo ai mercati tedesco e francese, esse avrebbero dovuto necessariamente sapere che l’intesa aveva un’estensione più importante e che dunque altri mercati nazionali erano presi in considerazione dai loro concorrenti.

    79      Atteso che il comportamento di ciascuno dei partecipanti, compreso quello delle ricorrenti, mirava a perseguire lo stesso obiettivo anticoncorrenziale, ossia restringere la concorrenza sul mercato dei raccordi mediante il coordinamento dei prezzi e mediante aumenti di prezzi nonché mediante lo scambio di informazioni sensibili, la Commissione era legittimata a considerare che si trattava della continuazione di un’infrazione anteriore.

    80      Infine, gli altri argomenti addotti dalle ricorrenti nell’ambito di questo motivo, ossia quelli vertenti sul fatto che i resoconti delle riunioni non sarebbero stati approvati, che la FNAS stessa non sarebbe destinataria della decisione impugnata o ancora che era applicabile il programma volto a lottare contro le pratiche anticoncorrenziali, non rimettono in questione tale constatazione.

    81      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento secondo cui i resoconti delle riunioni della FNAS non sarebbero stati approvati, esso è irrilevante. Infatti, è pacifico che le ricorrenti siano state rappresentate durante tali riunioni. Di conseguenza, poiché predetti resoconti venivano loro distribuiti, le ricorrenti avevano la possibilità, sia per iscritto, sia durante la riunione seguente, di correggerle o di segnalare i punti sui quali si trovavano in disaccordo.

    82      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’argomento secondo cui la FNAS stessa non sarebbe destinataria della decisione impugnata, esso è parimenti inconferente. A tal riguardo, va rilevato che dal punto 606 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha considerato che, «se si dispone di elementi che dimostrano che i produttori hanno concluso un accordo che, secondo [l’AFC], è stato da essi attuato, nessun elemento indica che la FNAS abbia accettato attivamente il compito ad essa affidato dai produttori o che essa abbia facilitato l’attuazione dell’accordo». Pertanto, al punto 607 della decisione impugnata, la Commissione ha giustamente considerato che la FNAS non aveva partecipato all’accordo di cui trattasi e non può dunque essere annoverata tra i destinatari della decisione impugnata.

    83      Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’argomento vertente sul fatto che il programma volto a lottare contro le pratiche anticoncorrenziali era applicabile, va rilevato che il fatto che le ricorrenti avessero attuato un «compliance programme» non rimette in questione la loro partecipazione alle riunioni anticoncorrenziali. Inoltre, si deve constatare che non esiste alcun documento che consenta di concludere per la loro dissociazione pubblica riguardo all’intesa.

    84      Infine, in quarto luogo, per quanto riguarda la tesi secondo cui le ricorrenti non sarebbero state accusate di infrazione in relazione alle riunioni della FNAS nella comunicazione degli addebiti e che, pertanto, sarebbe stato violato il loro diritto di essere sentite, va constatato che le ricorrenti stesse, nella loro domanda di trattamento favorevole, hanno fornito i verbali delle riunioni della FNAS e che, in seguito, nella comunicazione degli addebiti, la Commissione ha indicato che essa riteneva che i contatti anticoncorrenziali, compresi quelli allacciati durante le riunioni della FNAS, facessero parte dell’infrazione unica e continuata.

    85      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il primo motivo deve essere respinto.

     Sul secondo motivo vertente su un calcolo erroneo dell’importo dell’ammenda

     Argomenti delle parti

    86      Le ricorrenti affermano, anzitutto, che l’ammenda irrogata all’IBP Francia supera il 10% del suo fatturato che, nel 2005, era di soli 4 896 000 euro. Di conseguenza, il limite dell’importo dell’ammenda inflitta all’IBP Francia avrebbe dovuto essere di 489 600 euro.

    87      Le ricorrenti sostengono anche che l’ammenda di 5,63 milioni di euro è stata inflitta due volte all’IBP Francia per lo stesso comportamento, la prima volta per il periodo in cui essa apparteneva alla Delta e la seconda volta per il periodo in cui essa apparteneva all’AFC.

    88      Per quanto riguarda l’applicazione degli orientamenti del 1998, le ricorrenti deducono vari argomenti in merito all’approccio della Commissione. In primo luogo, esse sostengono che l’infrazione avrebbe dovuto essere qualificata come «poco grave» e non come «molto grave». Per comprovare la loro posizione, le ricorrenti si riferiscono al cambiamento di politica dell’Oystertec, alla dissociazione di cui esse avrebbero dato prova riguardo all’intesa, nonché al fatto che esse non sarebbero mai state accusate dalla Commissione di partecipazione ad un’infrazione «molto grave».

    89      In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la durata dell’infrazione provata nei loro confronti è di soli sette mesi, mentre secondo il calcolo della Commissione la loro partecipazione sarebbe durata due anni e quattro mesi. Inoltre, esse ritengono di essere state vittime di una disparità di trattamento rispetto all’Aalberts Industries, la quale non è stata riconosciuta colpevole di aver partecipato ad un’infrazione per il periodo dal 2001 al giugno 2003, e ciò sebbene la Commissione non disponesse di alcun altra prova riguardo a quest’ultima rispetto a quelle utilizzate nei confronti delle ricorrenti.

    90      In terzo luogo, le ricorrenti fanno valere che, adeguando l’importo delle ammende in funzione delle quote di mercato delle imprese coinvolte, la Commissione non ha tenuto conto del fatto che l’AFC era un «operatore di minima importanza». Esse contestano anche la maggiorazione del 60% dell’importo di base dell’ammenda loro applicata per non aver posto fine all’infrazione dopo i controlli della Commissione, facendo valere che la loro acquisizione, da parte dell’AFC, aveva avuto luogo soltanto il 23 novembre 2001, ovvero otto mesi dopo detti controlli.

    91      In quarto luogo, in relazione alla maggiorazione applicata per la trasmissione, da parte dell’AFC, di informazioni ingannevoli, le ricorrenti asseriscono che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità applicando una siffatta maggiorazione del 50%. Infatti, benché il sig. R. abbia commesso un errore, la Commissione non sarebbe stata in grado di dimostrare che egli aveva tentato di ingannarla. Inoltre, il regolamento n. 1/2003 consentirebbe alla Commissione soltanto di infliggere un’ammenda il cui importo può giungere fino l’1% del fatturato dell’impresa che le abbia fornito, in risposta ad una richiesta di informazioni, informazioni inesatte o fuorvianti.

    92      Inoltre, le ricorrenti contestano la credibilità delle dichiarazioni della FRA.BO. Esse ritengono al riguardo che le prove fornite da quest’ultima non siano suffragate da altri elementi di prova e che la FRA.BO avesse ogni interesse ad addossare la colpa sui suoi concorrenti per ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale.

    93      In quinto luogo, le ricorrenti imputano alla Commissione di avere fatto riferimento unicamente al «prodotto considerato» nella decisione impugnata, così ignorando le vere dimensioni del mercato del prodotto, il quale comprenderebbe anche prodotti quali i raccordi di plastica.

    94      In sesto luogo, le ricorrenti sostengono che, se esse fossero state accusate di un’infrazione qualificata come «molto grave», esse avrebbero dedotto vari argomenti relativi alle difficoltà finanziarie dell’AFC. A loro parere, la Commissione avrebbe anche violato i loro diritti per non aver cercato di sapere se le filiali dell’AFC avessero le capacità finanziarie per pagare l’ammenda inflitta.

    95      Infine, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha applicato in modo erroneo la comunicazione sulla cooperazione del 1996. Esse indicano, in particolare, di avere avuto un legittimo affidamento nel fatto che esse avrebbero ottenuto una riduzione in quanto la Commissione aveva accolto la loro domanda di trattamento favorevole. Di conseguenza, se essa nutriva riserve in ordine alla loro domanda di trattamento favorevole, essa avrebbe dovuto esprimerle.

    96      Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, le ricorrenti sostengono che la loro collaborazione ha fornito un valore aggiunto, segnatamente a causa delle prove fornite relativamente alle riunioni della FNAS e alla riunione che ha avuto luogo in occasione della fiera di Essen. Inoltre, le ricorrenti avrebbero fornito informazioni che avvalorano quelle contenute nella domanda di trattamento favorevole della FRA.BO.

    97      Oltre a ciò, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha attribuito troppa importanza alla data di deposito, asseritamente tardiva, della loro domanda di trattamento favorevole. Esse sostengono che, dopo aver scoperto eventuali attività anticoncorrenziali, esse hanno immediatamente preso provvedimenti per chiedere il trattamento favorevole.

    98      Per quanto riguarda un’eventuale contestazione dei fatti concreti, le ricorrenti fanno valere che emerge chiaramente dalla loro domanda di trattamento favorevole che esse non contestano i fatti riguardanti la FNAS e la riunione che ha avuto luogo durante la fiera di Essen. Esse rifiutano soltanto l’interpretazione datane dalla Commissione per dimostrare l’esistenza di un’infrazione unica e continuata. Per quanto riguarda le conversazioni telefoniche, le ricorrenti affermano di non essere state in grado di ammettere alcunché, in quanto tali allegazioni non erano comprovate.

    99      Le ricorrenti ne deducono che esse avrebbero dovuto ottenere, a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 1996, una riduzione dell’importo dell’ammenda almeno identica a quella concessa alla Delta, ossia del 20%, se non una riduzione che si avvicini al 50% affinché il loro contributo in materia di prova sia preso in considerazione.

    100    La Commissione conclude per il rigetto del presente motivo.

     Giudizio del Tribunale

    101    Per quanto riguarda l’addebito vertente sull’asserito superamento del limite del 10% del fatturato complessivo, di cui all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, va ricordato che, allorquando il destinatario di una decisione della Commissione, che gli infligge un’ammenda, è a capo di un gruppo costituente un’entità economica, il fatturato da prendere in considerazione ai fini dell’applicazione di tale limite è il fatturato del gruppo nel suo complesso. Al momento dell’adozione della decisione impugnata, l’IBP Francia era una filiale al 100% dell’IBP e le due società formavano una sola entità economica. Pertanto, la Commissione si è giustamente fondata sul fatturato complessivo dell’IBP per il calcolo di detto limite.

    102    Per quanto riguarda l’addebito secondo cui l’ammenda di 5,63 milioni di euro è stata inflitta due volte all’IBP Francia per lo stesso comportamento, una prima volta per il periodo in cui essa era detenuta dalla Delta e una seconda volta per il periodo in cui essa faceva parte dell’AFC, esso va respinto. Infatti, l’ammenda unica inflitta all’IBP Francia, dopo l’applicazione del limite del 10% calcolato in base al fatturato dell’IBP, è stato diviso in due parti distinte a causa della sua responsabilità solidale, da un lato, con la sua ex società controllante e, dall’altro, con la sua attuale società controllante.

    103    Per quanto riguarda l’addebito vertente su un’applicazione erronea degli orientamenti del 1998, in considerazione, in primo luogo, della gravità dell’infrazione, si deve anzitutto ricordare che è già stato respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui gli eventi posteriori al 2001 erano privi di nesso con un’infrazione anteriore. Pertanto, l’argomento secondo cui i comportamenti accertati dopo il 2001 non possono essere qualificati come infrazione molto grave è inconferente. Infatti, gli accordi orizzontali sui prezzi sono, per loro stessa natura, infrazioni molto gravi. In secondo luogo, è inerente alla nozione di «infrazione unica, complessa e continuata» che la qualificazione come «molto grave» della medesima si applica all’insieme dei suoi elementi costitutivi e per tutta la sua durata. Il fatto che l’infrazione abbia conosciuto periodi di attività di intensità variabile non rimette in questione tale constatazione. In terzo luogo, la qualificazione di un’infrazione come molto grave è applicabile per quanto riguarda tutti i suoi partecipanti. In funzione delle circostanze aggravanti o attenuanti può essere preso in considerazione il grado di partecipazione individuale di ciascuna delle imprese interessate. Infine, era già stato indicato nella comunicazione degli addebiti che la Commissione considerava l’infrazione molto grave. Le ricorrenti non possono dunque legittimamente affermare che tale qualificazione riguardava solo l’IBP Francia.

    104    Per quanto attiene, in secondo luogo, all’argomento vertente sull’asserita disparità di trattamento delle ricorrenti rispetto all’Aalberts Industries, in ordine alla durata della loro partecipazione all’infrazione, neppure esso può essere accolto. Infatti, dopo una valutazione globale degli elementi di prova, la Commissione è giunta alla conclusione che essa non disponeva di prove sufficienti per dimostrare la partecipazione dell’Aalberts Industries per il periodo immediatamente successivo ai controlli. Inoltre, l’IMI, il predecessore dell’Aalberts Industries, ha posto fine alla sua partecipazione subito dopo i controlli. Questo non è stato invece il caso della Delta e delle ricorrenti che non si sono pubblicamente dissociate dall’intesa controversa. Inoltre, anche qualora la Commissione avesse, nell’ambito della sua valutazione degli elementi di prova, violato il principio della parità di trattamento, l’osservanza di tale principio deve conciliarsi con l’osservanza del principio di legalità, secondo cui nessuno può invocare a proprio vantaggio un illecito commesso in favore di altri.

    105    Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’argomento relativo alla maggiorazione del 60% dell’importo di base dell’ammenda a causa della continuazione della partecipazione delle ricorrenti all’intesa dopo i controlli della Commissione, va ricordato che le ricorrenti hanno dedotto unicamente che una siffatta maggiorazione era «irrazionale», poiché l’acquisizione, da parte dell’AFC, era stata effettuata soltanto in data 23 novembre 2001 e la loro nuova direzione aveva immediatamente preso le sue distanze dall’intesa mediante l’introduzione di procedure di conformità. Pertanto, in primo luogo, si deve constatare che le ricorrenti non contestano che la Commissione sia legittimata a tenere conto, a titolo di circostanze aggravanti, del fatto che un’impresa abbia continuato a partecipare ad un’infrazione dopo l’inizio dell’indagine promossa a tale riguardo. In secondo luogo, come già precedentemente rilevato, nonostante l’attuazione di un programma di messa in conformità con il diritto comunitario, le ricorrenti hanno proseguito la loro partecipazione all’intesa dopo il marzo 2001. L’argomento addotto dalle ricorrenti non può quindi essere accolto.

    106    Per quanto concerne, in quarto luogo, la maggiorazione del 50% dell’importo di base dell’ammenda applicata a causa di informazioni ingannevoli fornite dall’AFC, dal punto 789 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha considerato che le informazioni fornite l’avevano indotta in errore, il che, a suo avviso, deve essere qualificato come circostanza aggravante.

    107    A tal riguardo, va ricordato che suddette informazioni erano costituite da una dichiarazione allegata alla risposta alla comunicazione degli addebiti dell’AFC, in cui il sig. R. (IBP Banninger Italia) ha indicato che non c’erano stati contatti con la FRA.BO durante il periodo di cui trattasi. Dopo aver messo quest’ultimo di fronte ad alcune bollette telefoniche della FRA.BO, egli ha tuttavia articolato la sua risposta, da una parte, indicando che non si ricordava di tali contatti e, dall’altra, facendo valere che tali contatti non avevano alcuna conseguenza riguardo alle norme sulla concorrenza.

    108    Va rilevato che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un’ammenda inflitta in forza dell’art. 23, n. 1, del regolamento n. 1/2003 o dell’art. 23, n. 2, del medesimo regolamento, l’ammenda può essere irrogata allorquando l’atto di cui trattasi sia stato commesso «intenzionalmente o per negligenza». Per giunta, le circostanze aggravanti consentono di prendere in considerazione la gravità relativa della partecipazione all’infrazione di ciascuna delle imprese interessate, poiché l’aumento dell’importo dell’ammenda per una circostanza aggravante deve essere proporzionato alla gravità del comportamento addebitato.

    109    Peraltro, il fatto che il regolamento n. 1/2003 consenta alla Commissione di infliggere un’ammenda di un importo massimo dell’1% del fatturato di un’impresa per l’ostruzionismo o la comunicazione di informazioni inesatte o fuorvianti, in risposta ad una richiesta di informazioni, in quanto infrazione autonoma, non rimette in causa la possibilità di tener conto di una circostanza aggravante (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 giugno 2006, causa C‑308/04 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑5977, punto 64). Va tuttavia precisato che la scelta di una delle due qualificazioni esclude la possibilità di poter adottare contemporaneamente l’altra in relazione allo stesso comportamento.

    110    Inoltre, in merito alla affermazione delle ricorrenti che è stato violato il principio di proporzionalità in quanto i limiti di cui all’art. 23, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1/2003 sono differenti, il Tribunale non può aderire al loro ragionamento. Infatti, le due disposizioni riguardano infrazioni diverse.

    111    Ad ogni modo, l’art. 23, n. 1, del regolamento n. 1/2003 non è applicabile al caso di specie, visto che non si tratta di una richiesta o di una questione formulata in applicazione dell’art. 18 o dell’art. 20 di questo stesso regolamento, ma di una risposta alla comunicazione degli addebiti fatta nel contesto dell’esercizio dei diritti della difesa. Anche se le imprese sono libere di rispondere o di non rispondere ai quesiti loro posti a norma dell’art. 18, n. 1, del regolamento n. 1/2003, dall’art. 23, n. 1, lett. a), di detto regolamento emerge che, una volta che le imprese hanno accettato di rispondere, esse sono tenute a fornire informazioni esatte. A tal proposito, occorre considerare che, tenuto conto dell’impianto sistematico del regolamento n. 1/2003, l’obbligo di fornire informazioni esatte si applica anche in caso di una risposta alla comunicazione degli addebiti. Certamente, non sussiste l’obbligo di rispondere ad una comunicazione degli addebiti. Inoltre, l’esercizio dei diritti della difesa comporta parimenti il diritto di contestare il valore probatorio dei documenti su cui si fonda la Commissione. Tuttavia, se un’impresa fornisce altre informazioni, quali una testimonianza, al fine di dimostrare che gli elementi di prova dedotti dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti sono falsi, tali informazioni devono essere esatte.

    112    Nella specie, la circostanza aggravante applicata dalla Commissione consiste nella comunicazione di informazioni ingannevoli. Infatti, la Commissione rimprovera all’AFC di aver negato, da una parte, l’esistenza di conversazioni telefoniche e, dall’altra, il fatto che tali conversazioni avevano, a suo avviso, carattere anticoncorrenziale. Orbene, come riconosciuto dalla Commissione stessa in udienza, senza quest’ultimo elemento, suddette conversazioni telefoniche avrebbero potuto rimanere senza incidenza nella presente causa e, di conseguenza, non costituire una circostanza aggravante.

    113    Per quanto riguarda il primo elemento, va notato che, come già precedentemente indicato al punto 107, nella sua prima dichiarazione del 29 novembre 2005, il sig. R. ha negato l’esistenza di tali contatti. A tale proposito, egli ha dichiarato di «capi[re] che la sig.ra [B.] di[ca] di avere avuto contatti telefonici con [lui] durante il periodo 2001‑2005, probabilmente limitato al periodo dal 2001 all’aprile 2004», ma che era «inesatto». Nella sua dichiarazione modificata del 17 marzo 2006, alla luce dei tabulati telefonici, egli ha indicato di non ricordarsi di tali chiamate. Egli ha verificato l’esistenza di tali chiamate nei tabulati del suo telefono cellulare rispetto al periodo intercorrente dal settembre 2002 al dicembre 2003, i quali hanno confermato che egli non aveva chiamato i numeri di telefono della sig.ra B.

    114    A tale proposito, va notato che gravava sulle ricorrenti la responsabilità di verificare la plausibilità di una dichiarazione prima di allegarla alla loro risposta alla comunicazione degli addebiti, o perlomeno di verificare i tabulati telefonici di cui trattasi, come d’altronde è stato fatto ai fini della dichiarazione modificata del sig. R. In tal senso, si potrebbe trattare di un atto commesso per negligenza. Il fatto che le ricorrenti abbiano preso, in seguito, misure interne, non cambia nulla al riguardo.

    115    Tuttavia, in ordine al secondo elemento, va constatato che nessun elemento di prova corrobora la dichiarazione della FRA.BO secondo cui contatti telefonici regolari, con finalità anticoncorrenziali, hanno avuto luogo con il sig. R. (IBP Banninger Italia) (v. altresì punto 69 supra). Infatti, dalla risposta alla comunicazione degli addebiti della FRA.BO emerge che le sig.re P. e B. hanno indicato che non si ricordavano del contenuto di ogni telefonata. In base a tale risposta, esse hanno soltanto indicato di ricordarsi che, in via generale, avevano avuto luogo molti contatti telefonici, anche in merito a discussioni con concorrenti sui prezzi e sulle condizioni concesse ai clienti. Nella sua dichiarazione, la sig.ra B ha semplicemente indicato di ricordarsi di aver avuto contatti con il sig. R.

    116    Ne consegue che, se l’esistenza di detti contatti telefonici è stata dimostrata, non è stato accertato che si trattava di contatti anticoncorrenziali. Pertanto, la Commissione ha erroneamente considerato che la comunicazione delle informazioni di cui trattasi costituiva una circostanza aggravante.

    117    Dalle considerazioni che precedono si evince che, a prescindere dalla questione se la percentuale di maggiorazione era stata proporzionata nelle circostanze del caso di specie, la Commissione ha a torto applicato la maggiorazione del 50% dell’importo di base dell’ammenda. Per quanto riguarda l’impatto sull’importo dell’ammenda, va constatato che l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti rimane tuttavia invariato, tenuto conto dell’applicazione del limite del 10%, di cui all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003.

    118    Per quanto riguarda, in quinto luogo, l’argomento secondo cui la Commissione non ha definito il mercato di cui trattasi e si è unicamente riferita al «prodotto considerato», giova ricordare che, ai sensi della giurisprudenza, il mercato interessato da una decisione della Commissione che accerta un’infrazione all’art. 81 CE è determinato dagli accordi e dalle attività dell’intesa (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 giugno 2005, cause riunite T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, Tokai Carbon e a./Commissione, punto 90). Orbene, ai sensi del punto 634 della decisione impugnata, l’indagine della Commissione ha dimostrato che, in vari momenti del periodo di attuazione dell’intesa, tutti i tipi e tutte le dimensioni di raccordi, compresi i raccordi da incastonare, erano stati oggetto di discussioni anticoncorrenziali. Peraltro, anche ammettendo che i raccordi di plastica facciano parte del mercato dei raccordi, come dedotto dalle ricorrenti, dal fascicolo non emerge che questi abbiano costituito oggetto di misure anticoncorrenziali.

    119    Per quanto riguarda, in sesto luogo, le difficoltà finanziarie dell’AFC e nei limiti in cui le ricorrenti rimproverano alla Commissione di non aver tenuto conto della loro capacità di pagare l’ammenda, va considerato che tale argomento non può essere accolto.

    120    In primo luogo, la Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda, a prendere in considerazione la situazione finanziaria deficitaria di un’impresa, dal momento che il riconoscimento di un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno adeguate alle condizioni del mercato (v., in tal senso, sentenze della Corte 8 novembre 1983, cause riunite da 96/82 a 102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ International Belgium e a./Commissione, Racc. pag. 3369, punti 54 e 55, nonché Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 31 supra, punto 327).

    121    In secondo luogo, il fatto che la capacità di pagare sia specificamente menzionata al punto 5, lett. b), degli orientamenti del 1998 non rimette in questione suddetta giurisprudenza. Infatti, tale capacità può essere rilevante soltanto in un «contesto sociale particolare», costituito dalle conseguenze che il pagamento dell’ammenda comporterebbe, in particolare, in termini di aumento della disoccupazione o di deterioramento dei settori economici a monte e a valle dell’impresa in questione (sentenza SGL Carbon/Commissione, punto 109 supra, punto 106).

    122    Orbene, le ricorrenti non hanno dedotto alcun elemento tale da comprovare l’esistenza di un siffatto contesto. Per giunta, quali destinatarie della comunicazione degli addebiti, che conteneva la qualificazione dell’infrazione, esse non hanno chiesto alla Commissione di tenere conto della loro incapacità di pagare l’ammenda durante il procedimento amministrativo.

    123    Per quanto attiene, infine, agli argomenti vertenti su un’applicazione erronea della comunicazione sulla cooperazione del 1996, in considerazione del fatto che la Commissione ha rifiutato loro il beneficio di una riduzione dell’importo dell’ammenda in forza delle disposizioni di cui al titolo D, n. 2, primo e secondo trattino, di detta comunicazione, anch’essi devono essere respinti. A tal riguardo, secondo una giurisprudenza costante, una riduzione dell’importo dell’ammenda per la collaborazione offerta nel procedimento amministrativo è giustificata soltanto se il comportamento dell’impresa di cui trattasi ha consentito alla Commissione di accertare l’esistenza di un’infrazione con minore difficoltà e, eventualmente, di mettervi fine (v., in tal senso, sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C‑297/98 P, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. I‑10101, punto 36). Dalla giurisprudenza si evince anche che una riduzione sulla base della comunicazione sulla cooperazione del 1996 è giustificabile solo ove le informazioni fornite e, più in generale, il comportamento dell’impresa interessata possano essere considerati, al riguardo, una prova di un’effettiva cooperazione da parte sua (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 31 supra, punti 388‑403, in particolare, punto 395). Orbene, emerge dagli atti di causa che la cooperazione delle ricorrenti è stata molto limitata.

    124    A tal proposito, in primo luogo, va rilevato che l’AFC ha depositato una domanda di trattamento favorevole, in nome del gruppo, in una fase molto avanzata del procedimento e dopo quella della FRA.BO, che aveva già fornito elementi di prova diretti dell’infrazione. Certamente, l’informazione fornita dall’AFC ha aiutato la Commissione ad accertare la sussistenza dell’infrazione per il periodo tra il giugno 2003 e l’aprile 2004, in quanto essa suffragava quella fornita dalla FRA.BO. Tuttavia, l’AFC ha riconosciuto soltanto un numero limitato di fatti per il periodo successivo ai controlli della Commissione e contesta per tale periodo la partecipazione dell’IBP all’infrazione. 

    125    In secondo luogo, anche se l’informazione relativa alla riunione che ha avuto luogo in occasione della fiera di Essen proveniva dall’AFC, le ricorrenti hanno minimizzato il contenuto di tale evento. Lo stesso vale per le riunioni che si sono tenute nell’ambito della FNAS.

    126    Infine, le ricorrenti non possono, in tale contesto, fare valere un legittimo affidamento nel risultato della loro domanda di trattamento favorevole. Le disposizioni di cui al titolo E, n. 2, della comunicazione sulla cooperazione del 1996 precisano, infatti, che soltanto al momento dell’adozione della sua decisione, la Commissione valuta se ricorrono i presupposti di cui al titolo B, C o D di suddetta comunicazione.

    127    Da tutte le considerazioni che precedono emerge che il secondo motivo deve essere respinto e, pertanto, il ricorso nel suo complesso, senza che occorra accogliere la domanda di misure di organizzazione del procedimento o di mezzi istruttori formulata dalle ricorrenti.

     Sulle spese

    128    A norma dell’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, o per motivi eccezionali. Nelle circostanze di specie (v. punto 117 supra), occorre statuire che le ricorrenti sosterranno le proprie spese nonché l’80% delle spese della Commissione e che quest’ultima sopporterà il 20% delle proprie spese.

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

    dichiara e statuisce:

    1)      Il ricorso è respinto.

    2)      L’IBP Ltd e l’International Building Products France SA sopporteranno le proprie spese nonché l’80% delle spese della Commissione europea. Esse sopporteranno altresì le proprie spese e quelle della Commissione inerenti al procedimento sommario.

    3)      La Commissione sopporterà il 20% delle proprie spese.

    Martins Ribeiro

    Wahl

    Dittrich

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 marzo 2011.

    Firme


    * –      Lingua processuale: l’inglese.

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