EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62006TJ0039

Sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 5 ottobre 2011.
Transcatab SpA contro Commissione europea.
Concorrenza - Intese - Mercato italiano dell’acquisto e della prima trasformazione del tabacco greggio - Decisione che accerta una violazione dell’art. 81 CE - Fissazione dei prezzi e ripartizione del mercato - Imputabilità del comportamento illecito - Ammende - Proporzionalità - Gravità e durata dell’infrazione - Circostanze attenuanti - Cooperazione.
Causa T-39/06.

Raccolta della Giurisprudenza 2011 II-06831

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2011:562

Causa T‑39/06

Transcatab SpA

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato italiano dell’acquisto e della prima trasformazione del tabacco greggio — Decisione che accerta una violazione dell’art. 81 CE — Fissazione dei prezzi e ripartizione del mercato — Imputabilità del comportamento illecito — Ammende — Proporzionalità — Gravità e durata dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Cooperazione»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Unità economica — Criteri di valutazione — Presunzione di un’influenza determinante esercitata dalla società controllante sulle controllate da essa detenute al 100%

(Art. 81 CE)

2.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Comunicazione degli addebiti — Contenuto necessario

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, n. 1)

3.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Importo massimo — Calcolo — Fatturato rilevante

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

4.      Atti delle istituzioni — Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in caso di infrazioni alle regole di concorrenza — Atto diretto a produrre effetti esterni — Portata

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

5.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Infrazioni qualificate come molto gravi già soltanto in base alla loro natura

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

6.      Concorrenza — Ammende — Decisione con cui vengono inflitte ammende — Obbligo di motivazione — Portata

(Artt. 81 CE e 253 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, nn. 2 e 3)

7.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Comunicazione degli addebiti — Contenuto necessario

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27)

8.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Margine di discrezionalità riservato alla Commissione — Limiti — Rispetto del principio di proporzionalità — Portata

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

9.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Carattere dissuasivo dell’ammenda

[Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 5, lett. b)]

10.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Non applicazione di fatto di un accordo

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punti 1 A, primo comma, e 3, secondo trattino)

11.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Cessazione dell’infrazione sin dai primi interventi della Commissione — Portata

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3, terzo trattino)

12.    Diritto dell’Unione — Principi — Tutela del legittimo affidamento — Presupposti

13.    Agricoltura — Regole di concorrenza — Regolamento n. 26 — Applicazione della deroga prevista per gli accordi, decisioni e pratiche necessari alla realizzazione degli obiettivi enunciati dall’art. 33 CE — Presupposti

(Artt. 33 CE e 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 26, art. 2)

14.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Cooperazione dell’impresa incriminata al di là dell’ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione — Presupposti

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazioni della Commissione 98/C 9/03, punto 3, sesto trattino, e 2002/C 45/03)

15.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Primo caso di applicazione delle regole di concorrenza in un determinato settore economico — Margine di discrezionalità della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3)

16.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Situazione finanziaria sfavorevole del settore di cui trattasi — Margine di discrezionalità della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

17.    Procedura — Atto introduttivo del giudizio — Requisiti di forma

[Statuto della Corte di giustizia, art. 21; regolamento di procedura del Tribunale, artt. 44, n. 1, lett. c), e 48, n. 2]

18.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda come corrispettivo di una cooperazione dell’impresa incriminata — Presupposti

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 2002/C 45/03, punto 23, ultimo comma)

19.    Concorrenza — Intese — Accordi e pratiche concordate costitutivi di un’unica infrazione

(Art. 81, n. 1, CE)

1.      In materia di concorrenza, il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante segnatamente qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra i due enti giuridici. Infatti, in tale situazione, la società controllante e la sua controllata fanno parte di una stessa unità economica e formano così una sola impresa ai sensi dell’art. 81 CE e, pertanto, la Commissione può emanare una decisione che infligge ammende nei confronti della società controllante, senza necessità di dimostrare il coinvolgimento personale di quest’ultima nell’infrazione.

Nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata, la quale abbia infranto le norme in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui detta società controllante esercita effettivamente una tale influenza. Di conseguenza, la Commissione può presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata, senza essere tenuta a fornire prove supplementari a dimostrazione del fatto che la controllante ha effettivamente esercitato un’influenza siffatta ovvero che essa aveva una pur minima conoscenza dell’infrazione o del coinvolgimento di detta controllata in tale infrazione. Si tratta di un presunzione vincibile, che può essere confutata con la prova contraria. Spetta pertanto alla società controllante confutare tale presunzione con elementi di prova idonei a dimostrare che la sua controllata determina autonomamente la propria linea d’azione sul mercato e che tali due società non costituiscono quindi un’unica entità economica. Altrimenti, l’esercizio di un controllo è dimostrato dal fatto che la presunzione derivante dal possesso dell’intero capitale non è stata confutata.

Il fatto che una controllata disponga della propria direzione locale e dei propri mezzi non prova, di per sé, che essa determina il proprio comportamento sul mercato autonomamente rispetto alla propria controllante. Il fatto di affidare la gestione delle attività correnti alla direzione locale di una controllata al 100% è, infatti, una prassi corrente, e non è quindi idonea a dimostrare la reale autonomia delle società controllate.

(v. punti 92-94, 103, 106)

2.      In materia di concorrenza, il rispetto dei diritti della difesa esige che l’impresa interessata sia stata posta in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita infrazione del Trattato.

L’art. 27, n. 1, del regolamento n. 1/2003 riflette tale principio prevedendo l’invio alle parti di una comunicazione degli addebiti che deve contenere in termini chiari tutti gli elementi essenziali su cui la Commissione si fonda in tale fase del procedimento, per consentire agli interessati di prendere effettivamente conoscenza dei comportamenti loro contestati dalla Commissione e di far valere utilmente la loro difesa prima che essa adotti una decisione definitiva. Tale esigenza è rispettata quando tale decisione non contesti agli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prenda in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati abbiano avuto modo di manifestare il proprio punto di vista.

Tuttavia, tale indicazione può farsi in modo sommario e la decisione finale non deve necessariamente ricalcare la comunicazione degli addebiti, poiché tale comunicazione rappresenta un documento preparatorio le cui valutazioni di fatto e di diritto hanno un carattere puramente provvisorio. Sono quindi ammissibili supplementi alla comunicazione degli addebiti predisposti alla luce della memoria di risposta delle parti, i cui argomenti dimostrino che queste ultime hanno potuto effettivamente esercitare i loro diritti della difesa. La Commissione può altresì, alla luce del procedimento amministrativo, rivedere o aggiungere argomenti di fatto o di diritto a sostegno degli addebiti da essa formulati.

Peraltro, per quanto riguarda l’imputabilità alla società controllante dell’infrazione commessa dalle sue controllate, da essa detenute al 100%, la Commissione non è tenuta a presentare, nella fase della comunicazione degli addebiti, elementi diversi dalla prova relativa al possesso, da parte della controllante, del capitale delle sue controllate.

(v. punti 115-117, 123)

3.      Il limite del 10% del fatturato previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 deve essere calcolato sulla base del fatturato complessivo di tutte le società che costituiscono l’entità economica che agisce in qualità di impresa ai sensi dell’art. 81 CE, poiché solo il fatturato complessivo di tale società può rappresentare un’indicazione della dimensione e della potenza economica dell’impresa in questione.

(v. punti 129-130)

4.      Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA sono uno strumento volto a precisare, nel rispetto del diritto di rango superiore, i criteri che la Commissione intende applicare nell’ambito dell’esercizio del potere discrezionale nella determinazione delle ammende ad essa conferito dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Tali orientamenti non costituiscono il fondamento normativo di una decisione che infligge ammende, essendo quest’ultima fondata sul regolamento n. 1/2003, ma stabiliscono, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’importo delle ammende inflitte da detta decisione e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto delle imprese.

In tal senso, anche se gli orientamenti non possono essere qualificati come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, essi enunciano pur sempre una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire giustificazioni.

L’autolimitazione del potere discrezionale della Commissione risultante dall’adozione degli orientamenti non è tuttavia incompatibile con il mantenimento di un margine di discrezionalità sostanziale per la Commissione. Invero, il fatto che con gli orientamenti la Commissione abbia precisato il proprio approccio nel valutare la gravità di un’infrazione non le impedisce di esaminare tale criterio in maniera globale, in funzione di tutte le circostanze pertinenti, compresi elementi che non sono espressamente menzionati negli orientamenti.

(v. punti 141-143)

5.      Risulta dagli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA che le intese orizzontali miranti specificamente alla fissazione dei prezzi possono essere qualificate come «molto gravi» sulla sola base della loro natura, senza che la Commissione sia tenuta a dimostrare un impatto concreto dell’infrazione sul mercato, e senza che l’estensione limitata del mercato geografico rilevante osti a una siffatta qualificazione. Tale conclusione è avvalorata dal fatto che, se nella descrizione delle infrazioni gravi si menzionano espressamente l’incidenza sul mercato e gli effetti su zone estese del mercato comune, in quella delle infrazioni molto gravi, invece, non è menzionata alcuna condizione relativa all’impatto concreto sul mercato o alla produzione di effetti su una determinata zona geografica.

Per valutare la gravità dell’infrazione alle regole di concorrenza, è decisivo accertare che i membri dell’intesa avevano fatto tutto ciò che era in loro potere per rendere concrete le proprie intenzioni. Poiché ciò che si è verificato in seguito, per quanto riguarda i prezzi effettivamente realizzatisi sul mercato, poteva essere influenzato da altri fattori, fuori dal controllo dei membri dell’intesa, questi ultimi non possono addurre a proprio vantaggio, presentandoli come elementi atti a giustificare una riduzione dell’ammenda, fattori esterni che hanno controbilanciato gli sforzi da essi profusi.

Non si può pretendere che la Commissione, una volta stabilita l’attuazione di un’intesa, dimostri sistematicamente che gli accordi hanno effettivamente consentito alle imprese interessate di raggiungere un livello di prezzi di transazione superiore o, nel caso di intese sugli acquisti, inferiore a quello che sarebbe prevalso in assenza dell’intesa. Sarebbe sproporzionato esigere una siffatta dimostrazione che assorbirebbe risorse considerevoli, tenuto conto che essa renderebbe necessario il ricorso a calcoli ipotetici, basati su modelli economici la cui esattezza solo difficilmente potrebbe essere verificata dal giudice dell’Unione e la cui infallibilità non è affatto dimostrata.

Inoltre, l’estensione del mercato geografico non è un criterio autonomo, nel senso che solo infrazioni riguardanti la maggior parte degli Stati membri potrebbero ricevere la qualifica di infrazione «molto grave». Né il Trattato, né il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti, né la giurisprudenza permettono di considerare che solo restrizioni della concorrenza geograficamente molto estese possono essere qualificate in tal modo. D’altronde accordi diretti specificamente alla fissazione dei prezzi di acquisto nonché alla ripartizione dei quantitativi acquistati possono essere qualificati, sulla sola base della loro stessa natura, come infrazione molto grave, senza che sia necessario che siffatti comportamenti siano caratterizzati da una particolare estensione geografica. Ne consegue che le dimensioni del mercato geografico interessato, anche supponendo che siano limitate, non ostano alla qualificazione come «molto grave» dell’infrazione constatata.

(v. punti 148-149, 168-169, 172)

6.      Nel contesto della fissazione di ammende per violazione del diritto della concorrenza, l’obbligo di motivazione risulta soddisfatto allorché la Commissione indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione.

Nell’ambito delle analisi relative alle violazioni dell’art. 81 CE, l’art. 253 CE non può essere interpretato nel senso che impone alla Commissione di chiarire, nelle sue decisioni, le ragioni per cui non ha scelto, per il calcolo dell’importo dell’ammenda, approcci alternativi a quello effettivamente scelto nella decisione finale.

(v. punti 175, 177)

7.      Dal momento che la Commissione, nella comunicazione degli addebiti, dichiara espressamente che vaglierà se sia il caso di infliggere ammende alle imprese interessate e indica le principali considerazioni di fatto e di diritto che possono comportare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione, ed il fatto di averla commessa intenzionalmente o per negligenza, essa adempie il suo obbligo di rispettare il diritto delle imprese ad essere sentite. In tal modo, essa fornisce loro le indicazioni necessarie per difendersi non solo contro l’accertamento dell’infrazione, ma altresì contro il fatto di vedersi infliggere un’ammenda.

Per contro, la Commissione non è tenuta, una volta che abbia indicato gli elementi di fatto e di diritto su cui baserà il suo calcolo delle ammende, a precisare il modo in cui si avvarrà di ciascun elemento per la determinazione dell’entità dell’ammenda. Inoltre, nella sua decisione, la Commissione può altresì, alla luce del procedimento amministrativo, rivedere o aggiungere argomenti di fatto o di diritto a sostegno degli addebiti da essa formulati.

Ne consegue che, per quanto riguarda la determinazione dell’ammontare dell’ammenda, i diritti della difesa delle imprese interessate vengono garantiti dinanzi alla Commissione attraverso la possibilità, di cui esse dispongono, di presentare osservazioni in ordine alla durata, alla gravità e al carattere anticoncorrenziale dei fatti loro addebitati.

(v. punti 180-182)

8.      Nell’ambito dei procedimenti intrapresi dalla Commissione per sanzionare le violazioni delle regole di concorrenza, l’applicazione del principio di proporzionalità comporta che le ammende devono essere commisurate agli obiettivi perseguiti, cioè al rispetto di tali regole, e che l’importo dell’ammenda inflitta a un’impresa a seguito di un’infrazione in materia di concorrenza deve essere proporzionata all’infrazione, valutata nel suo complesso, tenuto conto, segnatamente, della sua gravità. In particolare, il principio di proporzionalità comporta che la Commissione deve fissare l’ammenda in modo proporzionato rispetto agli elementi presi in considerazione ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione e che essa deve applicare al riguardo tali elementi in maniera coerente e obiettivamente giustificata.

A tal riguardo, né il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA prevedono che l’importo delle ammende debba essere stabilito direttamente in relazione alle dimensioni del mercato rilevante, essendo tale fattore non già un elemento obbligatorio, bensì solo uno tra più elementi pertinenti per valutare la gravità dell’infrazione. Tali disposizioni, di per sé, non impongono quindi alla Commissione di tener conto delle dimensioni ridotte del mercato dei prodotti.

Il diritto vigente non contiene neanche un principio di applicazione generale in base al quale la sanzione deve essere proporzionata al fatturato realizzato dall’impresa nel mercato di cui trattasi. Per determinare l’ammenda, è possibile prendere in considerazione tanto il fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione, sia pure approssimativa e imperfetta, delle dimensioni e della potenza economica dell’impresa stessa, quanto la frazione di quel dato proveniente dalle merci oggetto dell’infrazione, che è quindi atta a fornire un’indicazione dell’entità della medesima. Non si deve attribuire ad alcuno di questi due dati un peso eccessivo rispetto ad altri criteri di valutazione, sicché la determinazione di un’ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo. Ciò è particolarmente vero qualora le merci in questione costituiscano solo una piccola parte di tale fatturato. Inoltre, se l’importo dell’ammenda definitiva non supera il 10% del fatturato complessivo dell’impresa interessata durante l’ultimo anno di infrazione, l’ammenda non può essere considerata sproporzionata per il solo fatto che essa supera il fatturato realizzato nel mercato di cui trattasi.

(v. punti 189-190, 196-197, 199)

9.      Nell’ambito del calcolo dell’ammenda per infrazione alle norme di concorrenza, poiché lo scopo dissuasivo riguarda la condotta delle imprese all’interno dell’Unione, il fattore di dissuasione non è determinato in funzione soltanto della situazione particolare dell’impresa interessata, bensì di una molteplicità di elementi.

La Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda, a prendere in considerazione la situazione finanziaria deficitaria di un’impresa, dal momento che il riconoscimento di un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno adattate alle condizioni del mercato. Infatti, un’impresa non può contestare l’applicazione del coefficiente moltiplicatore a fini dissuasivi fondandosi sulla circostanza che essa ha subito perdite durante il periodo di attuazione dell’intesa, che l’hanno condotta a non essere più attiva sul mercato interessato dall’intesa fin dall’inizio del procedimento amministrativo.

Peraltro, il diritto dell’Unione non vieta che una misura adottata da un’istituzione provochi in quanto tale il fallimento o la liquidazione di una determinata impresa. Infatti, la liquidazione di un’impresa nella sua forma giuridica attuale può certo pregiudicare gli interessi finanziari dei proprietari, degli azionisti o dei detentori di quote, ma ciò non significa che gli elementi personali, materiali e immateriali da cui l’impresa è costituita perdano anch’essi il loro valore.

(v. punti 221-224)

10.    La circostanza attenuante prevista al punto 3, secondo trattino, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, relativa alla mancata applicazione degli accordi o delle pratiche illecite, è fondata sul comportamento individuale di ciascuna impresa. Ne discende che, ai fini della valutazione di detta circostanza attenuante, occorre prendere in considerazione non già gli effetti risultanti dall’infrazione nel suo complesso, di cui si deve tenere conto per valutare l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato ai fini della valutazione della sua gravità (punto 1 A, primo comma, degli orientamenti), bensì il comportamento individuale di ciascuna impresa, onde esaminare la gravità relativa della sua partecipazione all’infrazione.

In ogni caso, per beneficiare del punto 3, secondo trattino, degli orientamenti suddetti, i contravventori devono dimostrare di aver adottato un comportamento concorrenziale o, perlomeno, di aver chiaramente e significativamente infranto gli obblighi di attuazione dell’intesa, sì da perturbarne lo stesso funzionamento e di non aver dato l’impressione di aderire all’accordo, così da non istigare altre imprese ad attuare l’intesa di cui trattasi.

(v. punti 273, 275)

11.    Ai sensi del punto 3, terzo trattino, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, l’importo di base dell’ammenda fissata dalla Commissione può essere ridotto qualora l’impresa incriminata cessi l’infrazione sin dai primi interventi della Commissione.

Tuttavia, una tale riduzione dell’ammenda non può essere automatica, bensì dipende da una valutazione delle circostanze di specie da parte della Commissione, nell’ambito del suo potere discrezionale. Le circostanze di specie possono quindi condurre la Commissione a non accordare una siffatta diminuzione dell’importo di base dell’ammenda a un’impresa che partecipa ad un accordo illecito.

Riconoscere il beneficio di una circostanza attenuante in fattispecie in cui un’impresa sia parte di un accordo manifestamente illegittimo, di cui sapesse o non potesse ignorare che costituiva un’infrazione, potrebbe incitare le imprese a perseguire un accordo segreto fintantoché possibile, sperando che il loro comportamento non venga mai scoperto, nella consapevolezza che, nel caso in cui il loro comportamento fosse effettivamente scoperto, esse potrebbero comunque ottenere una riduzione dell’ammenda interrompendo a quel punto l’infrazione. Un siffatto riconoscimento priverebbe l’ammenda inflitta di qualsivoglia effetto dissuasivo e pregiudicherebbe l’effetto utile dell’art. 81, n. 1, CE.

Inoltre, la cessazione di una infrazione commessa intenzionalmente non può essere considerata una circostanza attenuante quando è stata determinata dall’intervento della Commissione.

(v. punti 282-284)

12.    Il diritto di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento presuppone la sussistenza di tre condizioni. In primo luogo, assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, devono essere state fornite all’interessato dall’amministrazione. In secondo luogo, tali assicurazioni devono essere idonee a generare fondate aspettative nel soggetto a cui si rivolgono. In terzo luogo, le assicurazioni fornite devono essere conformi alle norme vigenti.

In materia di concorrenza, il mero fatto che la Commissione abbia considerato, nella sua prassi decisionale precedente, che taluni elementi rappresentavano circostanze attenuanti ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda non comporta che essa sia obbligata a svolgere la stessa valutazione in una decisione successiva. Pertanto, un’impresa non può trarre argomenti dal fatto che detta circostanza attenuante è stata applicata in altri casi di infrazioni per avvalersi di un legittimo affidamento a tale riguardo.

(v. punti 289, 291)

13.    Il regolamento n. 26, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli, segnatamente il suo art. 2, dispone una deroga all’applicabilità dell’art. 81, n. 1, CE per gli accordi, le decisioni e le pratiche riguardanti la produzione o il commercio dei prodotti elencati all’allegato I del Trattato CE, che costituiscono parte integrante di un’organizzazione nazionale di mercato o che sono necessari per il conseguimento degli obiettivi enunciati nell’art. 33 CE.

Trattandosi di una deroga alla regola di applicazione generale dell’art. 81, n. 1, CE, l’art. 2 del regolamento n. 26 deve essere interpretato restrittivamente. Peraltro, l’art. 2, n. 1, prima frase, del regolamento n. 26, che prevede l’eccezione evocata, si applica solo se l’accordo in questione favorisce il conseguimento di tutti gli obiettivi dell’art. 33 CE. Infine, come emerge dallo stesso tenore letterale dell’art. 2, n. 1, prima frase, del regolamento n. 26, l’accordo in questione deve essere «necessario» al conseguimento di detti obiettivi.

A tal riguardo, in mancanza di notifica e di procedimento formale, un’impresa che ha partecipato ad un’infrazione manifesta e molto grave dell’art. 81 CE nel settore del tabacco greggio non può far valere che aveva un dubbio quanto alla possibilità che l’accordo in questione rientrasse nell’ambito di applicazione della deroga prevista dal regolamento n. 26. Peraltro, in un sistema come quello previsto dal regolamento n. 26, è escluso che operatori privati possano pretendere di sostituire la propria valutazione a quella della Commissione riguardo agli strumenti più appropriati per conseguire gli obiettivi fissati dall’art. 33 CE ed intraprendere così iniziative illecite che sarebbero giustificate dal fatto che essi perseguivano tali obiettivi. Inoltre, il mantenimento di una effettiva concorrenza sui mercati dei prodotti agricoli fa parte degli obiettivi della politica agricola comune e dell’organizzazione comune dei mercati di cui trattasi. Pertanto, un’impresa siffatta non può far valere che accordi manifestamente anticoncorrenziali, ai quali essa ha partecipato, perseguivano gli obiettivi fissati dall’art. 33, n. 1, CE.

(v. punti 298-300, 303, 305)

14.    Secondo il punto 3, sesto trattino, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, l’importo di base di un’ammenda può essere ridotto in ragione della collaborazione effettiva dell’impresa alla procedura, al di là del campo di applicazione della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese. Tale specifica circostanza attenuante si applica solo alle infrazioni che non rientrano nel campo di applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

A tal riguardo, l’applicazione del punto 3, sesto trattino, degli orientamenti non può aver la conseguenza di privare la comunicazione sulla cooperazione del suo effetto utile. Infatti, essa stabilisce le linee generali per ricompensare la cooperazione all’indagine della Commissione fornita da imprese che fanno o hanno fatto parte di cartelli segreti aventi ripercussioni negative sull’Unione. Risulta quindi dal tenore letterale e dalla ratio di detta comunicazione che le imprese, in linea di principio, possono ottenere una riduzione dell’ammenda per la loro cooperazione solo allorché soddisfino le condizioni restrittive previste da detta comunicazione.

Pertanto, al fine di preservare l’effetto utile della comunicazione sulla cooperazione, la Commissione può concedere una riduzione dell’ammenda ad un’impresa sulla base del punto 3, sesto trattino, degli orientamenti solo in situazioni eccezionali. Tale caso si presenta, in particolare, allorché la cooperazione di un’impresa, pur andando al di là del suo obbligo legale di cooperare senza tuttavia conferirle il diritto ad una riduzione dell’ammenda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione, riveste un’utilità obiettiva per la Commissione.

(v. punti 327-330)

15.    Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA non prevedono espressamente alcuna circostanza attenuante relativa all’assenza di precedenti sul mercato interessato dall’infrazione. L’ultimo trattino del punto 3 degli orientamenti prevede tuttavia la possibilità per la Commissione di prendere in considerazione circostanze diverse da quelle menzionate nei trattini precedenti per concedere una riduzione dell’importo di base dell’ammenda. Al riguardo, la Commissione dispone di un potere discrezionale per quanto riguarda l’applicazione di circostanze attenuanti. In particolare, la Commissione non è tenuta a ridurre le ammende qualora agisca per la prima volta in un settore particolare.

(v. punti 342-343)

16.    Quando infligge un’ammenda per infrazione alle norme di concorrenza, la Commissione non è tenuta a considerare come circostanza attenuante la cattiva situazione finanziaria del settore in questione. Infatti, generalmente i cartelli nascono nel momento in cui un settore incontra delle difficoltà. Se la Commissione fosse tenuta a prendere in considerazione tali difficoltà, l’ammenda dovrebbe essere ridotta nella quasi totalità dei casi di cartelli.

È certamente vero che, nella prassi decisionale della Commissione, situazioni di crisi strutturale sono state talvolta considerate come circostanze attenuanti. Tuttavia, la presa in considerazione, da parte della Commissione, in casi precedenti, della situazione del settore come circostanza attenuante non implica che essa debba necessariamente continuare a osservare tale prassi.

(v. punti 352-353)

17.    Al fine di garantire la certezza del diritto ed una buona amministrazione della giustizia, occorre, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, quanto meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo del ricorso stesso. A tal proposito, pur se il contenuto del ricorso può essere suffragato e completato, su punti specifici, mediante il rinvio ad estratti della documentazione allegata, un rinvio complessivo ad altri documenti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto, che devono figurare nel ricorso. Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso potrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale.

Pertanto, ammettere la ricevibilità di motivi non sufficientemente esposti nel ricorso, bensì facenti riferimento a motivi ipoteticamente dedotti da un terzo in un’altra causa, cui si rinvia implicitamente nel ricorso, equivarrebbe a consentire l’elusione delle esigenze imperative dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale.

Comunque, il Tribunale è tenuto a respingere come irricevibile un capo di conclusioni del ricorso a lui presentato allorché gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali tale capo di conclusioni si fonda non risultano con coerenza e chiarezza dal testo del ricorso, e l’assenza di tali elementi non può essere ovviata dalla loro presentazione all’udienza.

(v. punti 366, 371-372)

18.    È inerente alla logica della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese che l’effetto ricercato da detta comunicazione è di creare un clima di incertezza in seno alle intese incoraggiando la loro denuncia presso la Commissione. Tale incertezza scaturisce proprio dal fatto che i partecipanti all’intesa sanno che solo uno di essi potrà beneficiare dell’immunità da ammende denunciando gli altri partecipanti all’infrazione, esponendoli dunque al rischio che vengano loro inflitte ammende. Nell’ambito di tale sistema, secondo la stessa logica, le imprese più rapide nel fornire la loro cooperazione possono beneficiare di riduzioni più rilevanti delle ammende cui sarebbero altrimenti assoggettate rispetto a quelle delle imprese meno rapide nel cooperare. L’ordine cronologico e la rapidità della cooperazione offerta dai membri del cartello costituiscono quindi elementi fondamentali del sistema predisposto dalla comunicazione sulla cooperazione.

L’interpretazione della finalità di una disposizione della comunicazione sulla cooperazione deve essere conforme alla logica propria di tale comunicazione. In questa prospettiva, il punto 23, ultimo comma, di tale comunicazione deve essere interpretato nel senso che esso è diretto a ricompensare un’impresa, anche se non è stata la prima a presentare la richiesta di immunità relativa all’intesa in questione, se essa è stata la prima a fornire alla Commissione elementi di prova riguardanti fatti ignorati dalla Commissione che hanno un’incidenza diretta sulla gravità o sulla durata dell’intesa. In altri termini, se gli elementi di prova forniti da un’impresa riguardano fatti che consentono alla Commissione di modificare la sua valutazione, in quel momento, della gravità o della durata dell’intesa, l’impresa che fornisce tali elementi di prova è ricompensata con l’immunità relativa alla valutazione dei fatti che tali elementi di prova sono in grado di dimostrare.

Pertanto, il punto 23, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione non riguarda i casi in cui un’impresa ha semplicemente presentato elementi di prova nuovi o più completi relativi a fatti di cui la Commissione era già al corrente. Il detto comma non si applica neanche ai casi in cui un’impresa porta a conoscenza fatti nuovi che, tuttavia, non sono in grado di modificare la valutazione della Commissione sulla gravità o sulla durata dell’intesa. Tale disposizione si applica invece esclusivamente ai casi in cui sono soddisfatte due condizioni: da un lato, l’impresa in questione è la prima a provare fatti precedentemente ignorati dalla Commissione, dall’altro, tali fatti, avendo un’incidenza diretta sulla gravità o sulla durata della presunta intesa, consentono alla Commissione di giungere a nuove conclusioni in merito all’infrazione.

(v. punti 379-382)

19.    Un’impresa che abbia partecipato ad un’infrazione alle regole di concorrenza attraverso comportamenti propri, rientranti nelle nozioni di accordo o pratica concordata aventi oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e diretti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, è responsabile, per tutta la durata della sua partecipazione alla detta infrazione, anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione.

Analogamente, un’impresa può essere ritenuta responsabile di un’intesa globale anche quando viene accertato che essa ha partecipato direttamente soltanto ad uno o a più elementi costituitivi di tale intesa, in quanto sapeva o doveva necessariamente sapere, da un lato, che la collusione alla quale partecipava si inseriva in un piano globale e, dall’altro, che tale piano globale integrava tutti gli elementi costitutivi dell’intesa.

(v. punti 394-395)







SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

5 ottobre 2011 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato italiano dell’acquisto e della prima trasformazione del tabacco greggio – Decisione che accerta una violazione dell’art. 81 CE – Fissazione dei prezzi e ripartizione del mercato – Imputabilità del comportamento illecito – Ammende – Proporzionalità – Gravità e durata dell’infrazione – Circostanze attenuanti – Cooperazione»

Nella causa T‑39/06,

Transcatab SpA, con sede in Caserta, rappresentata dagli avv.ti C. Osti e A. Prastaro,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente dal sig. F. Amato, successivamente dal sig. V. Di Bucci, e infine dai sigg. É. Gippini Fournier e L. Malferrari, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. F. Ruggeri Laderchi,

convenuta,

avente ad oggetto, in primo luogo, una domanda di annullamento parziale della decisione della Commissione 20 ottobre 2005, C (2005) 4012 def., relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, [CE] (caso COMP/C.38.281/B.2 – Tabacco greggio – Italia), in secondo luogo una domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla Transcatab con detta decisione e, in terzo luogo, una domanda riconvenzionale della Commissione diretta all’aumento di detto importo,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto dal sig. J. Azizi, presidente, dalla sig.ra E. Cremona (relatore) e dal sig. S. Frimodt Nielsen, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 novembre 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Transcatab SpA, ricorrente, è una società italiana, attualmente in liquidazione, avente come attività principale la prima trasformazione del tabacco greggio. All’epoca dei fatti che formano oggetto della presente causa, la Transcatab era la controllata italiana, al 100%, della Standard Commercial Corp. (in prosieguo: la «SCC»), uno dei più grandi operatori commerciali indipendenti al mondo nel settore del tabacco in foglie. Il 13 maggio 2005, vale a dire durante il procedimento amministrativo, la SCC ha proceduto ad una fusione con la Dimon, Inc., creando così un nuovo soggetto denominato Alliance One International, Inc. (in prosieguo: la «Alliance One»), che controlla al 100% la Transcatab.

1.     Procedimento amministrativo

2        Il 15 gennaio 2002, ai sensi dell’art. 11 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), la Commissione delle Comunità europee ha rivolto talune domande di informazioni relative al mercato italiano del tabacco greggio alle associazioni professionali dei trasformatori e dei produttori italiani di tabacco, cioè rispettivamente all’Associazione professionale trasformatori tabacchi italiani (APTI) e all’Unione italiana tabacco (Unitab).

3        Il 19 febbraio 2002 la Commissione ha ricevuto dalla Deltafina SpA, un trasformatore membro dell’APTI, una richiesta di immunità in materia di ammende in applicazione della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»).

4        Il 4 aprile 2002 si è svolta una riunione del consiglio direttivo dell’APTI. Nell’ambito di tale riunione la Deltafina ha informato i partecipanti, tra i quali la Transcatab e la Dimon Italia Srl (controllata della Dimon, divenuta Mindo Srl) della propria richiesta di immunità e della decisione della Commissione di accordarle l’immunità condizionale.

5        Lo stesso giorno la Commissione ha ricevuto dalla Dimon Italia una richiesta di immunità in materia di ammende, ai sensi del punto 8 della comunicazione sulla cooperazione, e, in via subordinata, una richiesta di riduzione di qualsiasi ammenda, ai sensi dei punti 20‑27 di detta comunicazione, nonché, qualche ora dopo, una richiesta di riduzione di qualsiasi ammenda, allo stesso titolo, da parte della Transcatab.

6        Il 9 aprile 2002 la Commissione ha accusato ricevimento della richiesta presentata dalla Transcatab ai sensi del punto 25 della comunicazione sulla cooperazione. Il 10 aprile 2002 la Transcatab ha inviato una nuova richiesta consistente in una nota esplicativa e in 44 allegati. Il 30 aprile 2002, la Commissione ne ha altresì accusato ricevimento, conformemente al punto 25 della comunicazione sulla cooperazione. 

7        Il 18 e il 19 aprile 2002 la Commissione ha effettuato accertamenti, ai sensi dell’art. 14 del regolamento n. 17, nelle sedi della Dimon Italia e della Transcatab nonché nelle sedi della Trestina Azienda Tabacchi Spa e della Romana Tabacchi SpA.

8        L’8 ottobre 2002 la Commissione ha informato la Dimon Italia e la Transcatab che, poiché le stesse erano state rispettivamente la prima e la seconda impresa ad avere presentato elementi di prova dell’infrazione ai sensi della comunicazione sulla cooperazione, essa intendeva concedere loro, al termine del procedimento amministrativo, una riduzione compresa, rispettivamente, tra il 30 e il 50% e tra il 20 e il 30% dell’importo dell’ammenda che sarebbe stata loro inflitta a titolo delle infrazioni eventualmente accertate in assenza di cooperazione.

9        Il 25 febbraio 2004 la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti, che ha indirizzato a dieci imprese o associazioni d’imprese, tra le quali la Transcatab, la Deltafina, la Dimon Italia e la Romana Tabacchi (in prosieguo: i «trasformatori») e le società controllanti di alcune di esse, in particolare la SCC, la Dimon e la Universal Corp., controllante della Deltafina. I destinatari della comunicazione degli addebiti hanno avuto la possibilità di rispondere per iscritto e nel corso dell’audizione svoltasi il 22 giugno 2004.

10      In seguito all’adozione, il 21 dicembre 2004, di un addendum a detta comunicazione degli addebiti relativo alla violazione da parte della Deltafina dell’obbligo di cooperazione previsto dalla comunicazione sulla cooperazione, in rapporto alla divulgazione della sua richiesta di immunità (v. punto 4 supra), il 1° marzo 2005 si è svolta una seconda audizione.

11      Dopo aver sentito il Comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti e alla luce della relazione finale del consigliere auditore, il 20 ottobre 2005 la Commissione ha adottato la decisione C (2005) 4012 def., relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, [CE] (caso COMP/C.38.281/B.2 – Tabacco greggio – Italia) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), di cui è pubblicata una sintesi sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 13 febbraio 2006 (GU L 353, pag. 45).

2.     La decisione impugnata

12      La decisione impugnata riguarda innanzitutto un’intesa orizzontale attuata dai trasformatori sul mercato italiano del tabacco greggio.

13      Nell’ambito di tale intesa, nel periodo compreso tra il 1995 e gli inizi del 2002, i trasformatori hanno fissato le condizioni per l’acquisto del tabacco greggio in Italia, per quanto riguarda tanto gli acquisti diretti presso i produttori quanto gli acquisti presso «imballatori terzi», in particolare mediante la fissazione dei prezzi e mediante la ripartizione del mercato.

14      La decisione impugnata riguarda inoltre due altre infrazioni distinte dall’intesa attuata dai trasformatori, verificatesi tra gli inizi del 1999 e la fine del 2001, consistenti nella fissazione da parte dell’APTI dei prezzi contrattuali che avrebbe negoziato, per conto dei suoi aderenti, in vista della conclusione di accordi interprofessionali con la Unitab, e nella fissazione da parte di quest’ultima dei prezzi che avrebbe negoziato con l’APTI, per conto dei suoi aderenti, in vista della conclusione di tali stessi accordi.

15      Nella decisione impugnata la Commissione ha considerato che le pratiche dei trasformatori configuravano un’infrazione unica e continuata all’art. 81, n. 1, CE (v., in particolare, punti 264‑269 della decisione impugnata).

16      All’art. 1, n. 1, della decisione impugnata, essa ha imputato la responsabilità dell’intesa ai trasformatori, nonché alla Universal e alla Alliance One, in quanto società derivante dalla fusione tra la Dimon e la SCC.

17      All’art. 2 della decisione impugnata, la Commissione ha inflitto ammende alle imprese menzionate al punto precedente, nonché all’APTI e all’Unitab (v. punto 71 infra).

 Destinatari della decisione impugnata

18      I punti 325‑351 della decisione impugnata riguardano la determinazione dei destinatari della stessa.

19      La Commissione si è riferita, in via preliminare, alla costante giurisprudenza secondo cui la nozione di «impresa», nell’ambito del diritto della concorrenza, dev’essere intesa nel senso che essa si riferisce a un’unità economica dal punto di vista dell’oggetto dell’accordo in questione, anche qualora, sotto il profilo giuridico, tale unità economica sia costituita da più persone, fisiche o giuridiche (punto 325 della decisione impugnata).

20      La Commissione ha poi affermato che era dimostrato che la Deltafina, la Dimon Italia, la Transcatab e la Romana Tabacchi, nonché l’APTI e la Unitab, nel corso delle rispettive infrazioni, avevano partecipato direttamente alle infrazioni accertate e che, di conseguenza, ciascuna di tali imprese e associazioni era destinataria della decisione impugnata (punto 327 della decisione impugnata).

21      La Commissione ha proseguito la propria analisi esaminando la questione dell’imputabilità del comportamento illecito di talune controllate (Deltafina, Dimon Italia e Transcatab) alla loro rispettiva società controllante. A tal riguardo, essa ha ricordato che, durante le infrazioni, la Deltafina era una controllata al 100% della Universal, la Dimon Italia una controllata al 100% della Dimon, e la Transcatab una controllata al 100% della SCC (punto 328 della decisione impugnata).

22      La Commissione ha affermato segnatamente che, secondo la giurisprudenza, una controllante può essere considerata responsabile del comportamento illecito della propria controllata, allorché quest’ultima non sia in grado di determinare autonomamente il proprio comportamento sul mercato. A tal riguardo, essa ha ricordato che si poteva presumere che quando una società controllante detiene l’intero capitale di una controllata, influisce in modo determinante sul comportamento di tale controllata qualora essa commetta un’infrazione all’art. 81, n. 1, CE (punti 329 e 330 della decisione impugnata).

23      Al punto 331 della decisione impugnata, essa ha concluso che, per quanto riguarda la Deltafina, la Dimon e la Transcatab, si poteva legittimamente presumere un’«assenza di autonomia» dato che esse erano o, nel caso della Dimon Italia, erano state detenute al 100% dalle loro società controllanti rispettive.

24      Pur respingendo la tesi, sostenuta da dette società nelle loro risposte alla comunicazione degli addebiti, secondo cui sarebbero necessari altri elementi, oltre a quello del controllo al 100%, per indicare l’esercizio di un’influenza decisiva, la Commissione ha precisato che qualsiasi presunzione di una siffatta influenza nel caso di una controllata al 100% era confutabile. La prova contraria dovrebbe essere fornita dalla parte che intende contestare una presunzione del genere mediante «prove concrete» che non possono consistere in affermazioni generiche non corroborate da elementi di prova convincenti (punto 334 della decisione impugnata).

25      A tal riguardo, la Commissione ha poi esaminato gli argomenti presentati dalle società controllanti destinatarie della decisione impugnata.

26      La Commissione ha anzitutto respinto l’argomento generale sviluppato dalle società controllanti in merito alla piena responsabilità della direzione locale per quanto riguarda le attività delle loro rispettive controllate. A suo avviso, il fatto che la Dimon e la SCC abbiano mantenuto la direzione esistente al momento dell’acquisizione al 100% delle loro rispettive controllate non può escludere l’esercizio, da parte di dette società controllanti, di un’influenza decisiva sulle loro rispettive controllate italiane, poiché l’attribuzione dell’attività quotidiana alla direzione locale di una controllata al 100% è una caratteristica comune a molti settori (punto 338 della decisione impugnata).

27      Secondo la Commissione, nessuna di tali imprese ha dimostrato, in generale, una caratteristica specifica all’interno del proprio gruppo che avrebbe reso le attività delle loro controllate in gran parte indipendenti dalla sua influenza (punto 339 della decisione impugnata).

28      A tal riguardo, la Commissione ha analizzato la solidità dei collegamenti economici esistenti tra la Deltafina, la Dimon Italia, la Transcatab e le loro rispettive controllanti, la quale dimostrerebbe che le controllate italiane costituivano un’unità economica con il resto del loro gruppo. La Commissione ha rilevato a tal fine che i gruppi in questione erano i principali mercanti di tabacco in foglie a livello mondiale e che essi spesso acquistavano e commerciavano il tabacco comperato dalle loro controllate italiane (punto 340 della decisione impugnata).

29      Per quanto riguarda la SCC, la Commissione ha rilevato che, prima di acquisire l’intero capitale della Transcatab, essa già controllava quest’ultima insieme al suo partner italiano. Pertanto, il fatto che la SCC non abbia «cambiato il management» della sua controllata a seguito di tale acquisizione non poteva essere considerato come una prova del fatto che essa, dopo averne acquisito la piena proprietà, non avesse esercitato alcuna influenza sui dirigenti. Per quanto attiene, in particolare, alla delega dei poteri esecutivi all’amministratore delegato della Transcatab, la Commissione ha dichiarato di non avere alcuna informazione che le consenta di dedurre che questi non fosse stato designato dalla SCC, analogamente agli altri membri del consiglio d’amministrazione (punti 341 e 342 della decisione impugnata).

30      La Commissione ha poi respinto l’argomento della SCC secondo cui non esisterebbe alcuna linea di comunicazione tra sé stessa e la propria controllata (punti 343 e 344 della decisione impugnata).

31      A tal riguardo, essa ha osservato che le attività della Transcatab erano state considerate come attività della Standard Commercial Tobacco Co., Inc., una holding appartenente al gruppo SCC, detenuta al 100% dalla SCC, e sono state analizzate nell’ambito delle attività del gruppo, incluse le vendite del gruppo SCC ai produttori di sigarette. Essa ne ha dedotto che i risultati delle attività della Transcatab erano stati riferiti ai livelli più elevati nell’ambito del gruppo e ivi consolidati (punto 344 della decisione impugnata).

32      La Commissione ha precisato che, dal momento che i gruppi ai quali la Transcatab e la Dimon Italia appartenevano durante la durata dell’infrazione avevano cessato di esistere in seguito alla loro fusione in una nuova entità denominata Alliance One, quest’ultima, in qualità di successore legale di tali due gruppi, era destinataria della decisione impugnata (punto 349 della decisione impugnata).

33      Dai suddetti diversi elementi la Commissione ha concluso, al punto 351 della decisione impugnata, che la Deltafina, la Universal, la Mindo (già Dimon Italia), la Transcatab, la Alliance One, la Romana Tabacchi, l’APTI e la Unitab dovevano essere ritenute responsabili per le infrazioni e dovevano essere destinatarie della decisione impugnata.

 Determinazione dell’importo dell’ammenda

34      Ai punti 356‑404 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato la questione concernente la determinazione delle ammende da infliggere ai destinatari della decisione.

35      Gli importi delle ammende sono stati determinati dalla Commissione in funzione della gravità e della durata delle infrazioni di cui trattasi, cioè i due criteri espressamente menzionati all’art. 23, n. 3, del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ed all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (punti 356 e 357 della decisione impugnata).

 Determinazione dell’importo di partenza delle ammende

36      Quanto alla gravità dell’infrazione, la Commissione ha ricordato che, per valutarla, essa doveva prendere in considerazione la natura dell’infrazione stessa, il suo impatto concreto sul mercato laddove possa essere valutato, nonché l’estensione del mercato geografico interessato (punto 365 della decisione impugnata).

37      La Commissione ha poi indicato che la produzione di tabacco greggio in Italia rappresentava circa il 38% della produzione in quota all’Unione europea, pari a EUR 67,338 milioni nel 2001, cioè l’ultimo anno intero dell’infrazione (punto 366 della decisione impugnata).

38      Quanto alla natura dell’infrazione, la Commissione ha constatato che essa era molto grave, dato che era consistita nella fissazione dei prezzi di acquisto delle varietà di tabacco greggio in Italia e nella ripartizione dei quantitativi acquistati. La Commissione ha aggiunto, riferendosi alla parte della decisione impugnata relativa all’analisi della restrizione della concorrenza (punti 277 e segg. della decisione impugnata), che un’intesa in materia di acquisto può alterare la disponibilità dei produttori a produrre, oltre che limitare la concorrenza tra i trasformatori nei mercati a valle. Essa ha altresì affermato che ciò si verifica in particolare nei casi in cui, come nel caso in esame, il prodotto oggetto dell’intesa, cioè il tabacco greggio, costituisce un «input» sostanziale delle attività svolte dai partecipanti a valle, nella fattispecie la prima trasformazione di tabacco e la vendita di tabacco trasformato (punti 367 e 368 della decisione impugnata).

39      Al punto 369 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso dalle considerazioni che precedono che l’infrazione commessa dai trasformatori doveva essere considerata molto grave.

40      Ai punti 370‑376 della decisione impugnata, poi, la Commissione ha esaminato la questione del «peso specifico» e della «deterrenza». A tal riguardo, essa ha indicato che, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, occorreva tener conto del «peso specifico di ciascuna impresa e del probabile effetto del suo comportamento illecito» (punto 370 della decisione impugnata).

41      Pertanto, la Commissione ha ritenuto che le ammende dovessero essere fissate in funzione della posizione detenuta sul mercato dalle singole parti interessate (punto 371 della decisione impugnata).

42      A tal riguardo, la Commissione ha considerato che l’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla Deltafina doveva essere più elevato, poiché essa risultava essere il maggiore acquirente, con una quota di mercato del 25% circa nel 2001 (punto 372 della decisione impugnata).

43      Dato che detenevano quote del mercato in questione più piccole (circa il 9‑11% nel 2001), la Commissione ha considerato che la Transcatab, la Dimon Italia e la Romana Tabacchi dovevano «essere considerate congiuntamente» e che l’importo di partenza dell’ammenda nei loro confronti doveva essere più basso (punto 373 della decisione impugnata).

44      La Commissione ha tuttavia considerato che un importo di partenza che riflettesse semplicemente la posizione di mercato non avrebbe avuto un effetto deterrente sufficiente sulla Deltafina, sulla Dimon Italia (Mindo) e sulla Transcatab, in quanto, nonostante il loro fatturato piuttosto modesto, ciascuna di esse apparteneva – o, nel caso della Mindo, era appartenuta – a gruppi multinazionali di considerevole forza economica e finanziaria, che rappresentavano i maggiori commercianti mondiali di tabacco e che operavano a livelli diversi di attività nel settore del tabacco e su diversi mercati geografici (punto 374 della decisione impugnata).

45      Di conseguenza, al fine di garantire il carattere deterrente dell’ammenda, la Commissione ha considerato che occorreva applicare un fattore moltiplicatore di 1,5 – pari ad una maggiorazione del 50% – all’importo di partenza determinato per la Deltafina, e un fattore moltiplicatore di 1,25 – pari ad una maggiorazione del 25% – all’importo di partenza determinato per la Dimon Italia (Mindo) e per la Transcatab (punto 375 della decisione impugnata).

46      Pertanto, la Commissione ha fissato l’importo di partenza delle ammende, al punto 376 della decisione impugnata, come segue:

–        Deltafina:                    EUR 37,5 milioni;

–        Transcatab:                    EUR 12,5 milioni;

–        Dimon Italia (Mindo):           EUR 12,5 milioni;

–        Romana Tabacchi:           EUR 10 milioni.

 Determinazione dell’importo di base delle ammende

47      Ai punti 377 e 378 della decisione impugnata la Commissione ha esaminato la questione della durata dell’infrazione.

48      Essa ha considerato che l’intesa realizzata dai trasformatori era iniziata il 29 settembre 1995 ed era cessata, secondo le dichiarazioni degli stessi trasformatori, il 19 febbraio 2002. La Commissione ha quindi ritenuto che occorresse applicare una maggiorazione del 60% all’importo di partenza delle ammende inflitte ai trasformatori, tranne alla Romana Tabacchi, la cui partecipazione era stata più breve.

49      Gli importi di base delle ammende inflitte ai destinatari della decisione impugnata sono stati pertanto stabiliti come segue:

–        Deltafina:                   EUR 60 milioni;

–        Transcatab:                   EUR 20 milioni;

–        Dimon Italia (Mindo):          EUR 20 milioni;

–        Romana Tabacchi:          EUR 12,5 milioni.

 Circostanze attenuanti

50      Ai punti 380‑398 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato se occorresse prendere in considerazione talune circostanze attenuanti.

51      Per quanto riguarda segnatamente la Transcatab, la Commissione ha respinto l’insieme dei suoi argomenti diretti a farle beneficiare di circostanze attenuanti.

52      Innanzitutto, la Commissione ha osservato che l’attuazione dell’intesa dei trasformatori non aveva un nesso con gli accordi interprofessionali conclusi nell’ambito dell’APTI. Essa ne ha dedotto che il contesto regolamentare italiano non aveva incoraggiato il comportamento dei trasformatori, i quali, di conseguenza, non potevano beneficiare di alcuna riduzione dell’importo della loro ammenda sulla base di tale argomento (punto 381 della decisione impugnata).

53      La Commissione ha poi contestato l’argomento dei trasformatori secondo cui essi dovrebbero beneficiare di una riduzione dal momento che gli stessi avevano cessato l’infrazione prima dell’intervento della Commissione. A tal riguardo, la Commissione ha ricordato la giurisprudenza secondo cui, in casi di infrazioni gravi alle regole di concorrenza, in cui le parti erano al corrente, o avrebbero dovuto esserlo, del fatto che il loro comportamento era fondamentalmente illecito, la cessazione di siffatto comportamento prima dell’intervento della Commissione non può, in linea di principio, dar luogo ad una riduzione ai fini del calcolo dell’ammenda (punto 382 della decisione impugnata).

54      La Commissione ha altresì affermato di non poter considerare che non sia mai stata data attuazione all’intesa, poiché dalla descrizione dei fatti risulterebbe che le parti avevano assicurato l’attuazione dell’intesa grazie, in particolare, alla loro partecipazione a riunioni regolari e a scambi regolari di informazioni concernenti prezzi e quantitativi durante il periodo degli acquisti (punto 383 della decisione impugnata).

55      La Commissione ha infine respinto l’argomento dedotto dalla Transcatab secondo cui il contesto economico e sociale specifico del mercato del tabacco greggio in Italia doveva essere preso in considerazione per determinare l’importo dell’ammenda ai sensi del punto 5, lett. b), degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»). La Commissione ha osservato che il citato punto 5, lett. b), degli orientamenti sarebbe applicato eccezionalmente e che il caso di cui trattasi non presentava caratteristiche identiche o analoghe a quelle del caso citato dalla Transcatab a sostegno del suo argomento. La Commissione ha anche aggiunto che era inammissibile che l’esistenza di pratiche illecite aventi un’incidenza sul settore del tabacco in determinate regioni italiane avesse potuto avere un effetto determinante causando le pratiche in questione e che la riforma dell’organizzazione comune dei mercati aveva effetti troppo remoti e incerti per giustificare l’applicazione di una circostanza attenuante (punto 384 della decisione impugnata).

56      La Commissione ha poi considerato la particolare situazione della Deltafina ed ha concluso che occorreva ridurre la sua ammenda del 50%, considerata la cooperazione fornita da quest’ultima (punti 385‑398 della decisione impugnata).

57      La Commissione ha fissato l’importo delle ammende in seguito all’applicazione delle circostanze attenuanti come segue (punto 399 della decisione impugnata):

–        Deltafina:          EUR 30 milioni;

–        Dimon Italia (Mindo): EUR 20 milioni;

–        Transcatab:          EUR 20 milioni;

–        Romana Tabacchi: EUR 8,75 milioni.

58      Infine, la Commissione ha ricordato che ai sensi dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente. Essa ha aggiunto che, dato che le imprese di cui si tratta appartengono ad un gruppo, che è dimostrato che agivano sotto l’influenza determinante delle rispettive società madri e che, di conseguenza, queste ultime sono congiuntamente responsabili delle ammende inflitte alle loro affiliate, per determinare il limite del 10% si doveva tener conto del fatturato del gruppo a livello mondiale (punti 400 e 401 della decisione impugnata).

59      Per tale ragione, essa ha dichiarato che l’ammenda inflitta alla Romana Tabacchi non doveva eccedere EUR 2,05 milioni e che non era necessario ridurre le altre ammende in forza della citata disposizione (punti 402 e 403 della decisione impugnata).

 Applicazione della comunicazione sulla cooperazione

60      Ai punti 405‑500 della decisione impugnata, la Commissione si è pronunciata sull’applicazione nel caso di specie della comunicazione sulla cooperazione. 

61      La Deltafina, la Dimon Italia e la Transcatab hanno chiesto di beneficiare tutte e tre dell’applicazione di detta comunicazione. Per quanto riguarda la Deltafina, la Commissione ha ricordato di averle accordato l’immunità condizionale. La Commissione ha inoltre precisato di essere giunta alla conclusione preliminare che la Dimon Italia e la Transcatab erano state, rispettivamente, la prima e la seconda impresa ad aver fornito elementi di prova della presunta infrazione che costituivano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in suo possesso, ai sensi del punto 22 della comunicazione sulla cooperazione (punti 405‑407 della decisione impugnata).

62      Dopo aver esaminato la situazione della Deltafina ed aver concluso che l’immunità non poteva esserle accordata, data la sua violazione dell’obbligo di cooperazione previsto dalla comunicazione sulla cooperazione (v. punti 408‑484 della decisione impugnata e punti 4 e 10 supra), la Commissione ha esaminato il caso della Dimon Italia e della Transcatab.

63      In primo luogo, la Commissione ha concluso che la mancata concessione dell’immunità definitiva alla Deltafina non aveva alcuna incidenza diretta sul modo in cui la comunicazione sulla cooperazione doveva essere applicata alla Dimon Italia e alla Transcatab (punti 485‑491 della decisione impugnata).

64      In secondo luogo, essa ha determinato la riduzione delle ammende che poteva essere accordata, segnatamente, alla Transcatab ai sensi di detta comunicazione.

65      A tal riguardo, la Commissione, da un lato, ha constatato che la Transcatab si era attenuta alle condizioni che le erano state imposte, vale a dire che aveva posto fine alla sua partecipazione all’infrazione non oltre la data di presentazione degli elementi di prova (punti 492 e 493 della decisione impugnata).

66      Dall’altro, la Commissione ha affermato che per determinare il livello di riduzione, essa teneva conto della data in cui le sono stati presentati gli elementi di prova e del grado di valore aggiunto che detti elementi hanno rappresentato, nonché dell’entità e della continuità della cooperazione dimostrata dalle imprese dopo la data di comunicazione degli elementi di prova (punto 494 della decisione impugnata).

67      Pertanto, la Commissione ha anzitutto osservato che la Transcatab aveva presentato la propria richiesta di trattamento favorevole prima che essa decidesse qualsiasi misura di indagine attiva nei suoi confronti, che la sua richiesta copriva tutta la durata dell’infrazione e che gli elementi di prova forniti avevano corroborato per molti aspetti quelli già in possesso della Commissione (punto 495 della decisione impugnata).

68      Per quanto riguarda poi specificamente i documenti forniti dalla Transcatab, la Commissione ha riconosciuto che il resoconto dei fatti che ne derivava era particolarmente accurato ed era stato particolarmente utile per comprendere l’infrazione e segnatamente taluni suoi elementi (come la conclusione nel 1999 di un accordo interprofessionale per la produzione di tabacco eccedentario nel 1998). Essa ha tuttavia rilevato che non ignorava nessuno dei fatti su cui la Transcatab aveva fornito elementi di prova (punto 497 della decisione impugnata).

69      Infine, la Commissione ha altresì riconosciuto che la Transcatab ha dato prova di cooperazione durante l’intero procedimento e che non ha contestato i fatti sui quali la Commissione si era basata nella comunicazione degli addebiti (punto 498 della decisione impugnata).

70      La Commissione ha quindi concluso che la Transcatab doveva beneficiare della riduzione più elevata dell’importo dell’ammenda entro la forbice corrispondente, cioè una riduzione del 30% (punto 499 della decisione impugnata).

71      Conformemente all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione ha quindi fissato (v. art. 2 della decisione impugnata) gli importi delle ammende da infliggere alle imprese e alle associazioni d’imprese destinatarie della decisione impugnata come segue:

–        Deltafina e Universal, in solido: EUR 30 milioni;

–        Dimon Italia (Mindo) e Alliance One: EUR 10 milioni, Alliance One essendo responsabile per l’intero e Mindo responsabile in solido nel limite di EUR 3 990 000;

–        Transcatab e Alliance One, in solido: EUR 14 milioni;

–        Romana Tabacchi: EUR 2 050 000;

–        APTI: EUR 1 000;

–        Unitab: EUR 1 000.

 Procedimento e conclusioni delle parti

72      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 gennaio 2006 la Alliance One ha proposto un ricorso diretto, in particolare, all’annullamento parziale della decisione impugnata (causa T‑25/06). Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 febbraio 2006 la Transcatab ha proposto il presente ricorso.

73      Nel suo ricorso, la Alliance One ha chiesto la riunione di detta causa con la presente. Tale richiesta è stata altresì formulata dalla Transcatab nel suo ricorso.

74      Il Tribunale non ha accolto l’istanza di riunione.

75      Il 24 novembre 2009 il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha posto un quesito scritto alla Transcatab, la quale ha risposto nel termine impartito. Il 4 febbraio 2010 la Commissione ha presentato le proprie osservazioni relative alla risposta della Transcatab.

76      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha chiesto alla Transcatab la produzione di un documento. Il documento è stato prodotto entro il termine impartito.

77      Le parti hanno svolto le proprie difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 30 novembre 2010.

78      Durante l’udienza, il Tribunale ha invitato la Transcatab a produrre un altro documento, ai sensi dell’art. 64 del regolamento di procedura. La Transcatab ha prodotto tale documento il 22 dicembre 2010.

79      La Transcatab chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare parzialmente la decisione impugnata;

–        ridurre l’ammenda irrogatale;

–        condannare la Commissione alle spese.

80      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        fissare l’importo dell’ammenda in EUR 15 milioni, in virtù dei poteri ad esso conferiti dall’art. 229 CE;

–        condannare la Transcatab alle spese.

 In diritto

81      A sostegno del proprio ricorso, la Transcatab deduce cinque motivi, alcuni dei quali sono suddivisi in diverse parti. Nell’ambito del primo motivo, la Transcatab fa valere, sostanzialmente, che la Commissione ha commesso errori di diritto dichiarando la Alliance One responsabile del suo comportamento, che la Commissione non ha sufficientemente motivato la propria posizione a tal riguardo e che ha altresì violato i suoi diritti della difesa. Il secondo motivo attiene ad un errore di diritto, ad un difetto di motivazione e ad un’illogica motivazione, alla violazione dei diritti della difesa, nonché alla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di tutela del legittimo affidamento in sede di fissazione dell’ammenda. Il terzo motivo riguarda un errore di diritto e un difetto di motivazione in sede di fissazione dell’importo dell’ammenda, alla luce della valutazione della durata dell’infrazione, la violazione del principio ne bis in idem rispetto all’ammenda irrogata all’APTI, nonché la violazione del principio di parità di trattamento. Nell’ambito del quarto motivo, la Transcatab fa valere che la Commissione ha erroneamente considerato nella decisione impugnata che nessuna delle circostanze attenuanti da essa invocate era applicabile. Nell’ambito del quinto motivo, infine, essa fa valere che la Commissione ha commesso errori nell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

82      La Commissione ritiene che la Transcatab, con il suo terzo motivo, abbia riconsiderato la propria cooperazione precedente, diretta a non contestare i fatti accertati nella comunicazione degli addebiti. Pertanto, in via riconvenzionale, la Commissione chiede al Tribunale di diminuire la riduzione dell’ammenda della Transcatab dal 30% al 25% e di fissare quindi tale ammenda, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, in EUR 15 milioni.

1.     Sul primo motivo, attinente all’imputazione dell’infrazione alla società controllante della Transcatab

 Sulla prima parte del primo motivo, attinente ad una lettura errata della giurisprudenza, al travisamento degli elementi di prova forniti e ad una violazione dei diritti della difesa

 Argomenti delle parti

83      In primo luogo, la Transcatab contesta le conclusioni della decisione impugnata secondo cui il mero fatto che la SCC deteneva, durante il periodo dell’infrazione, il 100% del suo capitale sarebbe sufficiente per presumere la responsabilità di quest’ultima per il comportamento illecito della sua controllata. Una presunzione siffatta sarebbe contraria alla giurisprudenza. Ad avviso della Transcatab, la Commissione deve provare l’esistenza di altri indizi che facciano ritenere che una società capogruppo abbia effettivamente esercitato un’influenza determinante nei confronti di una sua controllata. Nella fattispecie, la Commissione si sarebbe limitata a presumere la responsabilità della SCC e non avrebbe fornito altri indizi idonei a fondare siffatta responsabilità. Essa avrebbe così invertito l’onere della prova, che non incomberebbe alla Transcatab o alla sua controllante, bensì alla stessa Commissione.

84      In secondo luogo, la Transcatab deduce che la SCC ha fornito alla Commissione elementi sufficienti a provare la propria totale estraneità al comportamento della Transcatab. Tali elementi riguarderebbero sia la descrizione della realtà locale del mercato italiano sia le caratteristiche della struttura del gruppo SCC, le quali mostrerebbero l’indipendenza delle sue controllate. Inoltre, essi attesterebbero l’autonomia del suo consiglio d’amministrazione nonché del suo amministratore delegato.

85      Nella sua replica, la Transcatab fa valere, inoltre, che è contraria alla giurisprudenza l’affermazione della Commissione secondo cui sarebbe possibile confutare la presunzione di influenza decisiva solo qualora la partecipazione sia di natura meramente finanziaria. A suo avviso, la Commissione non ha valutato attentamente le prove presentate nel corso del procedimento amministrativo e si è limitata a contestare tutti gli argomenti sulla base di pregiudizi infondati. Anzitutto, sarebbe infondata l’affermazione secondo cui è inverosimile che una controllante possa delegare interamente la gestione di una sua controllata. Infatti, come la Transcatab avrebbe dimostrato durante il procedimento amministrativo, la struttura ramificata del gruppo impediva una gestione unitaria. La Commissione, poi, avrebbe applicato la presunzione di influenza decisiva anche per il periodo in cui la SCC deteneva solo il 50% del capitale della Transcatab, sebbene quest’ultima e la SCC avessero provato che il consiglio d’amministrazione e l’amministratore delegato della Transcatab, cui erano devoluti tutti i poteri di gestione della società, erano stati nominati prima che la SCC ottenesse il controllo esclusivo della Transcatab. Infine, il fatto che alcuni documenti siano stati redatti in inglese non sarebbe sufficiente a provare l’influenza della controllante sulla gestione dell’attività commerciale della Transcatab. In conclusione, la Commissione avrebbe erroneamente respinto le prove presentate, senza una motivazione sufficiente o logica e senza confrontarle con altri documenti aventi valore probatorio almeno equivalente. Quindi, la Commissione non avrebbe rispettato il proprio obbligo di condurre un’istruttoria imparziale.

86      In terzo luogo, la Commissione avrebbe violato i diritti della difesa della Alliance One, in quanto essa avrebbe utilizzato nella decisione impugnata documenti del fascicolo che non erano menzionati nella comunicazione degli addebiti, impedendo così alla SCC di pronunciarsi in merito, violando in tal modo il legittimo affidamento del suo successore legale, la Alliance One. La Transcatab ammette che si trattava di documenti noti alle parti. Tuttavia, poiché tali documenti non erano stati menzionati nella comunicazione degli addebiti, le parti avrebbero potuto legittimamente ritenere che essi fossero irrilevanti ai fini della causa, e che non fosse dunque necessario pronunciarsi sugli stessi. Nella replica e in udienza la Transcatab ha affermato di far valere una violazione dei propri diritti della difesa.

87      La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti. Per quanto riguarda in particolare la censura relativa alla violazione dei diritti della difesa della Alliance One, la Commissione dubita della sua ricevibilità, in quanto la Transcatab non lamenta una violazione dei propri diritti, ma di quelli di un’altra parte. L’estensione della censura ai propri diritti di difesa sarebbe tardiva, e quindi irricevibile.

 Giudizio del Tribunale

–       Sul travisamento delle regole che disciplinano l’imputabilità alla controllante delle pratiche della sua controllata

88      Per quanto riguarda la prima censura dedotta dalla Transcatab, va ricordato che il diritto in materia di concorrenza riguarda le attività delle imprese (sentenza della Corte 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 59), e che la nozione di impresa si riferisce a qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico del soggetto stesso e dalle sue modalità di finanziamento (sentenze della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 112, e 10 settembre 2009, causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione, Racc. pag. I‑8237, punto 54).

89      Risulta dalla giurisprudenza che la nozione di impresa, nell’ambito di tale contesto, dev’essere intesa nel senso che essa si riferisce ad un’unità economica anche qualora, sotto il profilo giuridico, questa unità economica sia costituita da più persone, fisiche o giuridiche (sentenze della Corte 14 dicembre 2006, causa C‑217/05, Confederación Española de Empresarios de Estaciones de Servicio, Racc. pag. I‑11987, punto 40, e Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra, punto 55; sentenza del Tribunale 15 settembre 2005, causa T‑325/01, DaimlerChrysler/Commissione, Racc. pag. II‑3319, punto 85).

90      Quando un simile ente economico contravviene alle regole di concorrenza, esso ha l’obbligo di rispondere di tale violazione secondo il principio della responsabilità personale (v., in tal senso, sentenze della Corte 8 luglio 1999, causa C‑49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I‑4125, punto 145; 11 dicembre 2007, causa C‑280/06, ETI e a., Racc. pag. I‑10893, punto 39, e Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra, punto 56).

91      La violazione del diritto della concorrenza deve essere imputata inequivocabilmente ad una persona giuridica passibile di un’ammenda. Per l’applicazione e l’esecuzione delle decisioni della Commissione in materia di diritto della concorrenza, è infatti necessario identificare un’entità dotata della personalità giuridica che sarà destinataria dell’atto (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, detta «PVC II», Racc. pag. II‑931, punto 978).

92      Secondo costante giurisprudenza, il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra i due enti giuridici (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra, punto 58, e giurisprudenza ivi citata).

93      Infatti, in tale situazione, la società controllante e la sua controllata fanno parte di una stessa unità economica e formano così una sola impresa ai sensi dell’art. 81 CE e, pertanto, la Commissione può emanare una decisione che infligge ammende nei confronti della società controllante, senza necessità di dimostrare il coinvolgimento personale di quest’ultima nell’infrazione (v., in tal senso, sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra, punto 59).

94      Emerge altresì dalla giurisprudenza che, con riferimento al caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata, la quale abbia infranto le norme in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra, punto 60 e giurisprudenza citata).

95      Ciò premesso, è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla società controllante per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale della controllata medesima. La Commissione potrà conseguentemente considerare la società controllante responsabile in solido per il pagamento dell’ammenda inflitta alla sua controllata, a meno che questa società controllante, sulla quale incombe l’onere di confutare tale presunzione, non fornisca elementi di prova sufficienti, idonei a dimostrare che la sua controllata tiene un comportamento autonomo nel mercato (v., in tal senso, sentenze dalla Corte 16 novembre 2000, causa C‑286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, Racc. pag. I‑9925, punto 29, e Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra, punto 61).

96      Sebbene sia vero che ai punti 28 e 29 della sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, cit. supra al punto 95, la Corte abbia indicato, oltre al possesso del 100% del capitale della controllata, altre circostanze, quali la non contestazione dell’influenza esercitata dalla società controllante sulla politica commerciale della sua controllata e la comune rappresentanza delle due società durante il procedimento amministrativo, ciò non toglie che dette circostanze siano state rilevate dalla Corte soltanto al fine di esporre tutti gli elementi sui quali il Tribunale aveva basato il suo ragionamento, e non già per subordinare l’applicazione della presunzione citata al precedente punto 94 al fatto che siano prodotti indizi supplementari relativi all’effettivo esercizio di un’influenza della società controllante (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra, punto 62, e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale 8 ottobre 2008, causa T‑69/04, Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, Racc. pag. II‑2567, punto 57).

97      Emerge dalla decisione impugnata che per imputare ad una controllante la responsabilità dell’infrazione commessa dalla sua controllata, la Commissione è partita dalla premessa che una siffatta imputazione è possibile allorché la controllante e la sua controllata fanno parte di una medesima unità economica e, di conseguenza, costituiscono una sola impresa ai sensi dell’art. 81 CE (punto 325 della decisione impugnata).

98      L’elemento centrale sul quale la Commissione si è basata per stabilire che alla controllante poteva essere imputato il comportamento illecito della sua controllata consiste nella mancanza di autonomia di quest’ultima per quanto riguarda il suo comportamento sul mercato. Infatti, tale mancanza di autonomia è il corollario dell’esercizio di un «influsso determinante» della controllante sul comportamento della sua controllata, atteso che l’effettivo esercizio di un’influenza siffatta poteva essere presunto, secondo la giurisprudenza, nel caso in cui una controllante detenga l’intero capitale della sua controllata (v. punti 329 e 330 della decisione impugnata).

99      Al punto 331 della decisione impugnata, la Commissione ha quindi considerato che, nel caso di specie, per la Transcatab si poteva presumere un’«assenza di autonomia», poiché essa era posseduta al 100% dalla sua controllante, la SCC.

100    Contrariamente a quanto sostiene la Transcatab nella sua replica, cioè che, nel caso di specie, la Commissione avrebbe trasformato una presunzione «iuris tantum» in una presunzione «iuris et de iure», tale ragionamento non contraddice la logica di una presunzione confutabile. Pertanto, come nel caso di altre presunzioni ammesse nel diritto della concorrenza, se un fatto può essere legittimamente presunto dalla Commissione, esso è considerato accertato, a condizione che l’impresa interessata non confuti la presunzione presentando prove concludenti in senso contrario (sentenze della Corte Commissione/Anic Partecipazioni, punto 90 supra, punti 121 e 126, e 8 luglio 1999, causa C‑199/92 P, Hüls/Commissione, Racc. pag. I‑4287, punti 162 e 167). Peraltro, considerato il suo carattere vincibile, detta presunzione, che può essere confutata in ciascun caso di specie, non conduce ad un’attribuzione automatica della responsabilità alla controllante che detiene l’intero capitale sociale della sua controllata, ciò che sarebbe contrario al principio della responsabilità personale su cui si fonda il diritto della concorrenza.

101    La Commissione non ha quindi travisato le regole che disciplinano l’imputabilità ad una controllante del comportamento della sua controllata considerando sostanzialmente la SCC, di cui la Alliance One è il successore legale, responsabile dell’infrazione commessa dalla Transcatab.

102    È giocoforza constatare che una siffatta conclusione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti dedotti dalla Transcatab in risposta al quesito scritto del Tribunale relativo alle conseguenze da trarre dalla sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra. A suo avviso, in primo luogo, tale sentenza ha erroneamente interpretato la giurisprudenza precedente, in particolare la sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, punto 95 supra, e, in ogni caso, la giurisprudenza non è univoca a tale riguardo. In secondo luogo, l’ambito fattuale della causa che ha condotto a detta sentenza sarebbe diverso dall’ambito fattuale della fattispecie in esame, in quanto diverse controllate sarebbero state coinvolte nell’inchiesta e, di conseguenza, sarebbe stato più difficile dimostrare che la controllante non aveva conoscenza delle attività anticoncorrenziali. Orbene, quanto al primo argomento, è sufficiente constatare che dalla sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra (v. altresì, in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott presentate in tale causa, Racc. pag. I‑8241, paragrafi 60 e 61) risulta che la Corte non ha solo preso in considerazione la giurisprudenza su cui la Transcatab fonda una larga parte della sua argomentazione principale, e segnatamente la sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, punto 95 supra, ma ha anche fornito un’interpretazione univoca della giurisprudenza precedente (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra, punti 58‑62). Quanto al secondo argomento, è sufficiente constatare che l’asserita differenza tra le due cause è del tutto priva di pertinenza, dato che il criterio dell’imputabilità della responsabilità nella causa che ha condotto alla sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra, non era affatto quello della conoscenza diretta o indiretta, da parte della controllante, delle attività condotte dalla o dalle controllate. In ogni caso, come rileva giustamente la Commissione, tale sentenza non prende affatto in considerazione un elemento del genere. 

–       Sul travisamento degli elementi di prova forniti ai fini di confutare la presunzione

103    Come rilevato ai punti 94 e 95 supra, allorché l’intero capitale di una controllata è detenuto dalla sua controllante, la Commissione può presumere che quest’ultima eserciti un’influenza decisiva sul comportamento della sua controllata, senza essere tenuta a fornire prove supplementari a dimostrazione del fatto che la controllante ha effettivamente esercitato un’influenza siffatta ovvero che essa aveva una pur minima conoscenza dell’infrazione o del coinvolgimento di detta controllata in tale infrazione. Si tratta di un presunzione vincibile, che può essere confutata con la prova contraria. Contrariamente a quanto sostiene la Transcatab, spetta quindi alla SCC – la quale, durante il periodo dell’infrazione, deteneva il 100% del capitale della Transcatab (v. punto 336 della decisione impugnata) – confutare tale presunzione con elementi di prova idonei a dimostrare che la sua controllata determina autonomamente la propria linea d’azione sul mercato e che tali due società non costituiscono quindi un’unica entità economica. Altrimenti, l’esercizio di un controllo è dimostrato dal fatto che la presunzione derivante dal possesso dell’intero capitale non è stata confutata (v., in tal senso, sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra, punti 60‑62, e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale 30 settembre 2009, causa T‑175/05, Akzo Nobel e a./Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 93).

104    Nella fattispecie, la Commissione ha dedicato i punti 335‑344 della decisione impugnata all’esame degli argomenti e degli elementi di prova presentati dalla SCC nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, per provare l’assenza di esercizio di un’influenza decisiva sulla politica commerciale della Transcatab, e non li ha considerati idonei a confutare la presunzione.

105    È giocoforza constatare che, nel ricorso, la Transcatab si limita ad affermare, senza minimamente suffragare le sue affermazioni, che la SCC ha dimostrato durante il procedimento amministrativo che essa presentava una struttura decentralizzata, che disponeva di una propria direzione locale, totalmente indipendente, cui erano delegate tutte le funzioni, tenuto conto precisamente delle particolarità del mercato del tabacco greggio italiano, e che i membri del suo consiglio d’amministrazione nonché il suo amministratore delegato erano autonomi, non avevano alcun legame diretto o indiretto con la SCC. Tuttavia, la Transcatab non ha affatto identificato gli eventuali errori che la Commissione avrebbe commesso nella decisione impugnata per quanto riguarda la valutazione di tali elementi di prova. È solo in sede di replica, in risposta a taluni argomenti della Commissione, che essa presenta taluni argomenti intesi a criticare, indirettamente, la decisione impugnata.

106    In ogni caso, va anzitutto rilevato che, come giustamente constatato dalla Commissione al punto 338 della decisione impugnata, il fatto che una controllata disponga della propria direzione locale e dei propri mezzi non prova, di per sé, che essa determina il proprio comportamento sul mercato autonomamente rispetto alla propria controllante. Il fatto di affidare la gestione delle attività correnti alla direzione locale di una controllata al 100% è, infatti, una prassi corrente, e non è quindi idonea a dimostrare la reale autonomia delle società controllate. Lo stesso vale per l’argomento attinente alle asserite caratteristiche del mercato italiano del tabacco greggio, atteso che tali caratteristiche non impediscono ad una società controllante di esercitare pienamente un controllo effettivo sulla propria controllata.

107    Occorre inoltre constatare che, ai punti 341 e 342 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato, da un lato, che, prima di acquisire l’intero capitale della Transcatab, la SCC controllava già tale società con la propria partner italiana e che il fatto che essa non abbia modificato il suo management non può quindi essere considerato una prova del fatto che essa non esercitava alcuna influenza sulla propria controllata dopo esserne divenuta proprietaria al 100%. La Commissione ha rilevato, dall’altro, che la delega dei poteri esecutivi all’amministratore delegato della Transcatab, il quale, in assenza di prova contraria, poteva ragionevolmente essere ritenuto designato dalla SCC, non ha impedito agli altri membri del consiglio d’amministrazione di occupare posti esecutivi e di svolgere funzioni esecutive.

108    Orbene, si deve osservare che, in mancanza di chiarimenti da parte della SCC, la Commissione ha giustamente attribuito un significato al fatto che quest’ultima, che aveva tutti i poteri, quando è divenuta unica azionista, per procedere ad un rinnovo parziale o totale del consiglio d’amministrazione, non ha preso alcuna misura in tal senso. Ne consegue che la conferma delle funzioni dei membri del consiglio d’amministrazione e, in particolare, dell’amministratore delegato non può che essere ricondotta ad una decisione della SCC, nella sua qualità di unica azionista della Transcatab.

109    Inoltre, la circostanza che una sola persona, vale a dire l’amministratore delegato, disponga di importanti poteri che gli sono stati delegati dal consiglio d’amministrazione potrebbe, al contrario, confermare la volontà della controllante di semplificare l’esercizio del suo controllo sulla sua controllata, proprio limitando il ruolo del consiglio d’amministrazione ad attività marginali e concentrando tutti i poteri nelle mani di una «persona di fiducia». Non è infatti plausibile che una società multinazionale deleghi tutti i poteri di una controllata operativa su un mercato nazionale, come nel caso della Transcatab – ovvero accetti una delega di poteri preesistente all’acquisizione della totalità del controllo – ad una persona fisica che, operando in totale autonomia e senza essere stata asseritamente designata dall’unico azionista, scegliesse a sua volta i membri del consiglio d’amministrazione, privando qualsiasi altra persona di una qualsivoglia influenza sulla gestione della società, e, di fatto, non rendendo conto dei propri atti a nessuno.

110    Pertanto, e tenuto altresì conto del fatto che una delega di poteri all’amministratore delegato di una controllata non è affatto inconsueto, un siffatto argomento non è idoneo a confutare la presunzione di controllo esercitato dalla controllante sulla Transcatab.

111    Per quanto riguarda, poi, l’argomento diretto a criticare la presunta deduzione che la Commissione avrebbe tratto dalla circostanza che taluni documenti erano redatti in inglese, è sufficiente constatare che, contrariamente a quanto asserito dalla Transcatab, tali documenti, menzionati ai punti 343‑346 della decisione impugnata, non avevano lo scopo né di provare che le società controllanti erano in grado di influenzare ovvero hanno concretamente influito sul comportamento delle loro controllate italiane, né ancor meno di provare che le controllanti avevano conoscenza dell’intesa in questione. Al contrario, la Commissione si è limitata ad utilizzare taluni documenti che facevano parte del fascicolo amministrativo per stabilire quale fosse il livello di credibilità degli elementi di prova e degli argomenti dedotti dalla SCC nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti per confutare la presunzione di un’influenza decisiva sulla Transcatab.

112    Infine, va osservato che, contrariamente a quanto sostiene la Transcatab nella propria replica, dalla decisione impugnata non emerge affatto che la presunzione di influenza decisiva può essere confutata solo se la partecipazione della controllante è esclusivamente finanziaria.

113    Ne consegue che deve essere respinta la censura attinente al travisamento degli elementi di prova forniti al fine di confutare la presunzione.

–       Sulla violazione dei diritti della difesa

114    Per quanto riguarda la terza censura dedotta dalla Transcatab, va ricordato che il rispetto dei diritti della difesa durante i procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto dell’Unione il cui rispetto è garantito dai giudici dell’Unione (v. sentenza della Corte 3 settembre 2009, causa C‑534/07 P, Prym e Prym Consumer/Commissione, Racc. pag. I‑7415, punto 26, e la giurisprudenza ivi citata).

115    Per giurisprudenza consolidata, il rispetto dei diritti della difesa esige che l’impresa interessata sia stata posta in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita infrazione del Trattato (sentenze della Corte 7 giugno 1983, cause riunite da 100/80 a 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 10, e 6 aprile 1995, causa C‑310/93 P, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, Racc. pag. I‑865, punto 21).

116    L’art. 27, n. 1, del regolamento n. 1/2003 riflette tale principio prevedendo l’invio alle parti di una comunicazione degli addebiti che deve contenere in termini chiari tutti gli elementi essenziali su cui la Commissione si fonda in tale fase del procedimento (v., in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 88 supra, punto 67), per consentire agli interessati di prendere effettivamente conoscenza dei comportamenti loro contestati dalla Commissione e di far valere utilmente la loro difesa prima che essa adotti una decisione definitiva. Tale esigenza è rispettata quando la decisione finale non contesti agli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prenda in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati abbiano avuto modo di manifestare il proprio punto di vista (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 19 marzo 2003, causa T‑213/00, CMA CGM e a./Commissione, Racc. pag. II‑913, punto 109, e la giurisprudenza ivi citata).

117    Tuttavia, tale indicazione può farsi in modo sommario e la decisione non deve necessariamente ricalcare l’elenco degli addebiti (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit. al punto 115 supra, punto 14), poiché tale comunicazione rappresenta un documento preparatorio le cui valutazioni di fatto e di diritto hanno un carattere puramente provvisorio (v., in tal senso, sentenza della Corte 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84, British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, Racc. pag. 4487, punto 70). Sono quindi ammissibili supplementi alla comunicazione degli addebiti predisposti alla luce della memoria di risposta delle parti, i cui argomenti dimostrino che queste ultime hanno potuto effettivamente esercitare i loro diritti della difesa. La Commissione può altresì, alla luce del procedimento amministrativo, rivedere od aggiungere argomenti di fatto o di diritto a sostegno degli addebiti da essa formulati (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 28 febbraio 2002, causa T‑86/95, Compagnie générale maritime e a./Commissione, Racc. pag. II‑1011, punto 448, e 22 ottobre 2002, causa T‑310/01, Schneider Electric/Commissione, Racc. pag. II‑4071, punto 438).

118    La Corte ha peraltro precisato che la presa in considerazione di un argomento addotto da un’impresa nel corso del procedimento amministrativo, senza che essa fosse stata posta in grado di pronunciarsi in proposito prima dell’adozione della decisione definitiva, non può, in quanto tale, costituire una violazione dei suoi diritti della difesa (ordinanza della Corte 10 luglio 2001, causa C‑497/99 P, Irish Sugar/Commissione, Racc. pag. I‑5333, punto 24).

119    Infine, va altresì rammentato che, secondo la giurisprudenza, sussiste violazione dei diritti della difesa qualora sia ipotizzabile che, a causa di un’irregolarità commessa dalla Commissione, il procedimento amministrativo da quest’ultima instaurato avrebbe potuto giungere ad un risultato differente. Un’impresa ricorrente fornisce la prova del verificarsi di tale violazione quando dimostri in modo sufficiente non già che la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, bensì che essa avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità in questione, ad esempio per il fatto che avrebbe potuto utilizzare per la propria difesa documenti il cui accesso le era stato rifiutato nell’ambito del procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenze della Corte 2 ottobre 2003, causa C‑194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. I‑10821, punto 31, e la giurisprudenza ivi citata, e 1° luglio 2010, causa C‑407/08 P, Knauf Gips/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 28).

120    Nella fattispecie, si deve osservare che, nella comunicazione degli addebiti, per giustificare l’imputazione alla SCC della responsabilità dell’infrazione al diritto delle intese commessa dalla Transcatab, di cui essa deteneva il 100% del capitale, la Commissione avrebbe potuto limitarsi in linea di principio, alla luce dei principi giurisprudenziali menzionati ai punti 94‑96 supra, a stabilire quale fosse la ripartizione del capitale tra controllate e controllanti (v. punti 336‑338 della comunicazione degli addebiti). In applicazione di tali principi giurisprudenziali, nella sua decisione finale, la Commissione era quindi tenuta a prendere posizione sugli argomenti dedotti dalle parti, in risposta a detta comunicazione (v. punti 335 e segg. della decisione impugnata), diretti a confutare la presunzione di cui trattasi.

121    Inoltre, quanto all’affermazione della Transcatab secondo cui la Commissione avrebbe impiegato nella decisione impugnata documenti non menzionati nella comunicazione degli addebiti, va rilevato che è solo nell’ambito della valutazione degli argomenti e degli elementi di prova presentati dalle parti durante il procedimento amministrativo che la Commissione tratta effettivamente, ai punti 335‑344 della decisione impugnata, taluni aspetti e documenti specifici relativi ai rapporti tra la SCC e la Transcatab e, così facendo, si riferisce a documenti riportati nel fascicolo amministrativo. La presa in considerazione di tali aspetti e documenti non era tale da incidere sull’efficacia dell’esercizio dei diritti della difesa della Transcatab, tanto più che essa aveva accesso a detti documenti – di cui essa comunque già disponeva – durante il procedimento amministrativo.

122    Del resto, emerge dal fascicolo che tanto la SCC quanto la Transcatab sono state in grado di rispondere all’addebito, espressamente riportato nella comunicazione degli addebiti, che era stato loro rivolto e di esporre la loro difesa durante l’audizione dinanzi al consigliere auditore. Pertanto, durante il procedimento amministrativo è stato rispettato il principio del contraddittorio.

123    In ogni caso, occorre altresì ricordare che, come rilevato dalla Corte, dal momento che la Commissione non è tenuta, per quanto riguarda l’imputabilità dell’infrazione, a presentare, nella fase della comunicazione degli addebiti, elementi diversi dalla prova relativa al possesso, da parte della controllante, del capitale delle sue controllate, l’argomento relativo alla violazione dei diritti della difesa non può essere accolto (v., in tal senso, sentenza 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, punto 88 supra, punto 64).

124    Va quindi respinta nel merito la censura attinente alla violazione dei diritti della difesa senza che occorra pronunciarsi sul problema, sollevato dalla Commissione, della sua ricevibilità. 

125    In conclusione, alla luce di quanto precede, la prima parte del primo motivo deve essere integralmente respinta.

 Sulla seconda parte del primo motivo, attinente alla violazione dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003

 Argomenti delle parti

126    La Transcatab sostiene che per effetto dell’attribuzione della responsabilità alla Alliance One per le infrazioni in questione, la Commissione le ha inflitto un’ammenda che supera di gran lunga il limite del 10% del suo fatturato realizzato nell’esercizio finanziario precedente l’adozione della decisione impugnata, previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Infatti, l’ammenda inflittale ammonterebbe a circa il 43% del suo fatturato.

127    Per il resto, la Transcatab rinvia agli argomenti sviluppati dalla Alliance One nel suo ricorso (causa T‑25/06), di cui allega una copia.

128    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

129    In primo luogo, occorre rilevare che questa parte è strettamente collegata alla prima parte del presente motivo, nel senso che il rigetto di tale prima parte incide necessariamente sulla fondatezza della presente parte. Di conseguenza, alla luce delle considerazioni che hanno condotto al rigetto della prima parte del motivo in esame, si deve concludere che la Commissione non è incorsa in errore prendendo come riferimento il fatturato consolidato della SCC per il calcolo del limite del 10% del fatturato previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza 30 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, punto 103 supra, punto 114).

130    Infatti, tale limite deve essere calcolato sulla base del fatturato complessivo di tutte le società che costituiscono l’entità economica che agisce in qualità di impresa ai sensi dell’art. 81 CE, poiché solo il fatturato complessivo può rappresentare un’indicazione della dimensione e della potenza economica dell’impresa in questione (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑9/99, HFB e a./Commissione, Racc. pag. II‑1487, punti 528 e 529, e 30 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, punto 103 supra, punto 114).

131    Per quanto riguarda, in secondo luogo, il riferimento generale che la Transcatab fa agli argomenti sviluppati nel ricorso proposto dalla sua controllante, la Alliance One, va rilevato che un riferimento del genere, che riguarda il documento allegato solo in modo generico e non consente al Tribunale di identificare con precisione gli argomenti che potrebbe considerare integrativi dei motivi dedotti nelle memorie, deve essere considerato irricevibile.

132    Va rammentato infatti che, ai sensi dell’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia, nonché dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Secondo una costante giurisprudenza, affinché un ricorso sia ricevibile, occorre che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto di ricorso stesso. Sebbene tale testo possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi delle norme supra ricordate, devono figurare nel ricorso. Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono una funzione meramente probatoria e strumentale (v. sentenze del Tribunale 14 dicembre 2005, causa T‑209/01, Honeywell/Commissione, Racc. pag. II‑5527, punti 56 e 57, e 17 settembre 2007, causa T‑201/04, Microsoft/Commissione, Racc. pag. II‑3601, punto 94, e la giurisprudenza ivi citata).

133    Di conseguenza, anche la seconda parte del primo motivo deve essere respinta, in quanto in parte infondata e in parte irricevibile.

134    Con riguardo alle considerazioni che precedono, il primo motivo dev’essere integralmente respinto.

2.     Sul secondo motivo, attinente alla fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda;

 Sulla prima parte del secondo motivo, attinente alla gravità dell’infrazione

135    Nell’ambito della prima parte del secondo motivo, la Transcatab fa valere diverse censure relative alla qualificazione di «molto grave» dell’infrazione nella decisione impugnata.

136    In via preliminare occorre rammentare i principi generali che regolano la determinazione dell’importo delle ammende e, più in particolare, la valutazione della gravità dell’infrazione. 

137    L’art. 81, n. 1, lett. a) e b), CE dichiara espressamente incompatibili con il mercato comune gli accordi e le pratiche concordate consistenti nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione, o nel limitare o controllare la produzione o gli sbocchi. Le infrazioni di questo tipo, segnatamente quando si tratta di intese orizzontali, vengono qualificate dalla giurisprudenza come particolarmente gravi dal momento che esse comportano un intervento diretto sui parametri essenziali della concorrenza nel mercato considerato (sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T‑141/94, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. II‑347, punto 675), ovvero come violazioni manifeste delle regole di concorrenza (sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T‑148/89, Tréfilunion/Commissione, Racc. pag. II‑1063, punto 109, e 14 maggio 1998, causa T‑311/94, BPB de Eendracht/Commissione, Racc. pag. II‑1129, punto 303).

138    A termini dell’art. 23, n. 3, del regolamento n. 1/2003, per determinare l’importo dell’ammenda da infliggere per violazioni dell’art. 81, n. 1, CE occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata.

139    Secondo giurisprudenza costante, la gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza deve essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l’efficacia dissuasiva delle ammende, e ciò senza che a tal fine sia stato redatto un elenco vincolante o tassativo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenze della Corte Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 88 supra, punto 241; Prym e Prym Consumer/Commissione, punto 114 supra, punto 54, e 24 settembre 2009, cause riunite C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Erste Group Bank e a./Commissione, Racc. pag. I‑8681, punto 91).

140    Al fine di assicurare la trasparenza e il carattere obiettivo delle sue decisioni che fissano ammende per le violazioni delle norme in materia di concorrenza, la Commissione ha adottato gli orientamenti (primo comma degli orientamenti).

141    Gli orientamenti sono uno strumento volto a precisare, nel rispetto del diritto di rango superiore, i criteri che la Commissione intende applicare nell’ambito dell’esercizio del potere discrezionale nella determinazione delle ammende ad essa conferito dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Se è vero che gli orientamenti non costituiscono il fondamento normativo di una decisione che infligge ammende, essendo quest’ultima fondata sul regolamento n. 1/2003, essi stabiliscono tuttavia, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’importo delle ammende inflitte da detta decisione e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto delle imprese (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 88 supra, punti 209‑213, e sentenza del Tribunale 14 dicembre 2006, cause riunite da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, Racc. pag. II‑5169, punti 219 e 223).

142    In tal senso, anche se gli orientamenti non possono essere qualificati come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, essi enunciano pur sempre una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire giustificazioni (v., in tal senso, sentenze della Corte Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 88 supra, punti 209 e 210, e 18 maggio 2006, causa C‑397/03 P, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. I‑4429, punto 91).

143    L’autolimitazione del potere discrezionale della Commissione risultante dall’adozione degli orientamenti non è tuttavia incompatibile con il mantenimento di un margine di discrezionalità sostanziale per la Commissione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑44/00, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, Racc. pag. II‑2223, punti 246, 274 e 275). Invero, il fatto che con gli orientamenti la Commissione abbia precisato il proprio approccio nel valutare la gravità di un’infrazione non le impedisce di esaminare tale criterio in maniera globale, in funzione di tutte le circostanze pertinenti, compresi elementi che non sono espressamente menzionati negli orientamenti (sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, punto 141 supra, punto 237).

144    Secondo il metodo previsto dagli orientamenti, quale punto di partenza per il calcolo dell’importo delle ammende da infliggersi alle imprese interessate la Commissione fissa un importo determinato in funzione della gravità «intrinseca» dell’infrazione. Per valutare tale gravità, occorre prendere in considerazione la natura dell’infrazione, il suo impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante (punto 1 A, primo comma, degli orientamenti).

145    In tale ambito, le infrazioni sono classificate in tre categorie, vale a dire le «infrazioni poco gravi», per le quali l’importo delle ammende applicabili è compreso tra EUR 1 000 e EUR 1 milione, le «infrazioni gravi», per le quali l’importo delle ammende applicabili è compreso tra EUR 1 milione e EUR 20 milioni, e le «infrazioni molto gravi», per le quali l’importo delle ammende applicabili è di oltre EUR 20 milioni (punto 1 A, secondo comma, primo e secondo trattino, degli orientamenti). Per quanto riguarda le infrazioni molto gravi, la Commissione precisa che si tratta essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali cartelli di prezzi, e di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno, ad esempio quelle miranti a compartimentare i mercati nazionali, o di abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi-monopolio (punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti).

146    Si deve peraltro osservare che i tre aspetti della valutazione della gravità dell’infrazione menzionati al precedente punto 144 non hanno lo stesso rilievo nell’ambito dell’esame complessivo. La natura dell’infrazione ha un ruolo di primaria importanza, in particolare, nel caratterizzare le infrazioni «molto gravi» (sentenza Erste Group Bank e a./Commissione, punto 139 supra, punto 101, e sentenza del Tribunale 28 aprile 2010, cause riunite T‑456/05 e T‑457/05, Gütermann e Zwicky/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 137).

147    Per contro, né l’impatto concreto sul mercato né l’estensione del mercato geografico sono necessari per qualificare l’infrazione come molto grave nel caso di intese orizzontali dirette in particolare, come nel caso di specie, a fissare i prezzi. Infatti, se è vero che tali due criteri devono essere presi in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione, è altrettanto vero che si tratta di alcuni dei criteri da prendere in considerazione ai fini della valutazione globale della gravità (v., in tal senso, sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, punto 114 supra, punti 74 e 81, e sentenze del Tribunale Raiffeisen Zentralbank Österreich/Commissione, punto 141 supra, punti 240 e 311, e 8 ottobre 2008, causa T‑73/04, Carbone-Lorraine/Commissione, Racc. pag. II‑2661, punto 91).

148    In tal senso, secondo una giurisprudenza anch’essa ormai consolidata, risulta dagli orientamenti che le intese orizzontali miranti specificamente, come nel caso di specie, alla fissazione dei prezzi, possono essere qualificate come «molto gravi» sulla sola base della loro natura, senza che la Commissione sia tenuta a dimostrare un impatto concreto dell’infrazione sul mercato (sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, punto 114 supra, punto 75; v. altresì, in tal senso, sentenze del Tribunale 27 luglio 2005, cause riunite da T‑49/02 a T‑51/02, Brasserie nationale e a./Commissione, Racc. pag. II‑3033, punto 178, e 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. II‑4407, punto 150), e senza che l’estensione limitata del mercato geografico rilevante osti a una siffatta qualificazione (v., in tal senso, sentenza Erste Group Bank e a./Commissione, punto 139 supra, punto 103, e sentenza Carbone-Lorraine/Commissione, punto 147 supra, punto 91).

149    Tale conclusione è avvalorata dal fatto che, se nella descrizione delle infrazioni gravi si menzionano espressamente l’incidenza sul mercato e gli effetti su zone estese del mercato comune, in quella delle infrazioni molto gravi, invece, non è menzionata alcuna condizione relativa all’impatto concreto sul mercato o alla produzione di effetti su una determinata zona geografica (sentenza Gütermann e Zwicky/Commissione, punto 146 supra, punto 137; v. altresì, in tal senso, sentenza Brasserie nationale e a./Commissione, punto 148 supra, punto 178).

150    Inoltre, sussiste un’interdipendenza tra i tre aspetti della valutazione della gravità dell’infrazione, nel senso che un livello elevato di gravità in base all’uno o all’altro di tali aspetti può compensare la minor gravità dell’infrazione sotto altri aspetti (sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, punto 141 supra, punto 241).

151    Per quanto attiene più specificamente al caso di specie, dalla decisione impugnata emerge che la Commissione ha determinato l’importo dell’ammenda inflitta ai diversi destinatari in base al metodo generale che essa si è imposta negli orientamenti, sebbene in detta decisione non faccia esplicitamente menzione di questi ultimi.

 Argomenti delle parti

152    In primo luogo, la Transcatab fa valere che dal testo degli orientamenti, come riportato al punto 365 della decisione impugnata, al fine di valutare la gravità dell’infrazione, la Commissione deve tener conto di tre criteri, cioè la natura stessa dell’infrazione, il suo impatto concreto sul mercato, laddove possa essere valutato, e l’estensione del mercato geografico interessato. Pertanto, la Commissione non potrebbe qualificare l’intesa come «molto grave» in funzione della sola natura dell’infrazione, senza prendere in considerazione gli altri due criteri.

153    Tuttavia, malgrado le disposizioni degli orientamenti, la Commissione avrebbe considerato «molto grave» l’infrazione in questione. Una conclusione del genere sarebbe viziata da errore, in quanto non considererebbe la mancanza d’impatto concreto dell’infrazione sul mercato e la ridotta estensione del mercato geografico rilevante. Tenendo correttamente conto dei tre criteri menzionati, la Commissione avrebbe dovuto qualificare l’intesa solo come infrazione «grave». In diversi precedenti, la Commissione avrebbe considerato grave un cartello sui prezzi come quello della fattispecie in esame. Inoltre, nel caso di specie, la Commissione non si sarebbe fondata esclusivamente sulla natura dell’infrazione per qualificare l’infrazione come molto grave, come essa afferma, bensì avrebbe valutato la gravità dell’infrazione prendendo in considerazione i tre criteri sopra menzionati, come risulterebbe dai punti 365 e 368 della decisione impugnata. La circostanza che la Commissione abbia fissato la sanzione al di sotto della soglia minima di EUR 20 milioni prevista dagli orientamenti non consentirebbe di considerare che la Transcatab non ha interesse a dedurre il motivo, in quanto tale soglia costituirebbe solo un’indicazione dell’importo minimo delle ammende che possono essere inflitte.

154    In secondo luogo, la Transcatab solleva diverse censure relative specificamente alla mancanza di effetti dell’intesa sul mercato. Infatti, secondo la Transcatab, gli accordi sanzionati dalla decisione impugnata non avrebbero avuto alcun impatto sul mercato o, quantomeno, non avrebbero prodotto gli effetti convenuti. Risulterebbe, così, da diverse comparazioni dei prezzi svolte dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti che i prezzi indicati dalle parti nei loro accordi non avrebbero trovato «alcuna rispondenza» sul mercato. La Transcatab cita diversi esempi concreti e diversi dati che confermerebbero le sue affermazioni e sostiene altresì che, se l’accordo avesse avuto effetti, vi sarebbe stata una diminuzione e una stabilizzazione dei prezzi, che invece non si sarebbero prodotti. Del resto, la stessa decisione impugnata indicherebbe, ai punti 97 e segg., che i prezzi del tabacco greggio in Italia hanno subito un incremento tra il 1990 e il 2000 che non si è verificato in nessun altro Stato membro e che tali aumenti sono proseguiti fino al 2002, anno in cui i trasformatori hanno posto fine ai loro accordi. Inoltre, nel procedimento che ha condotto alla decisione della Commissione 20 ottobre 2004, C (2004) 4030 def., relativa ad una procedura di applicazione dell’art. 81, n. 1, [CE] (caso COMP/C.38.238/B.2 − Tabacco greggio – Spagna) (in prosieguo: la «decisione Tabacco greggio – Spagna»), la Commissione avrebbe considerato l’aumento del prezzo del tabacco, malgrado l’esistenza di un accordo fra i trasformatori, come una prova della mancata attuazione degli accordi. Peraltro, nella sua prassi decisionale precedente, la Commissione avrebbe tenuto conto del mancato impatto effettivo sul mercato dei comportamenti ritenuti particolarmente gravi, per qualificarli come violazioni «gravi» e non «molto gravi». La Commissione avrebbe altresì affermato erroneamente e immotivatamente, al punto 368 della decisione impugnata, che l’intesa poteva avere un effetto sul mercato a valle della trasformazione e della vendita del tabacco trasformato. Tuttavia, a valle, l’intesa avrebbe potuto avere tutt’al più l’effetto di diminuire i costi dei fabbricanti di sigarette.

155    Inoltre, la motivazione della decisione impugnata riguardante l’impatto dell’infrazione sul mercato sarebbe illogica in quanto la Commissione sosterrebbe che l’intesa era idonea a ridurre la produzione globale di tabacco a danno dei consumatori (punto 282 della decisione impugnata) mentre il problema di fondo dei mercati del tabacco europeo e italiano sarebbe stato rappresentato dalla produzione eccedentaria di tabacco di qualità scadente. Inoltre, nella comunicazione degli addebiti la Commissione non avrebbe affatto menzionato che l’intesa aveva avuto l’effetto di diminuire la produzione. Utilizzando tale argomento per la prima volta nella decisione impugnata, essa avrebbe violato i diritti della difesa della Transcatab, che non sarebbe stata posta in grado di rispondervi. La Commissione avrebbe altresì menzionato per la prima volta nella decisione impugnata l’effetto potenziale sul mercato a valle violando anche in tal modo i suoi diritti della difesa.

156    In terzo luogo, la Transcatab fa valere che il mercato geografico interessato dalle infrazioni sanzionate nella decisione impugnata ha un’estensione particolarmente ridotta, limitandosi a quattro regioni in Italia, come risulterebbe dal punto 84 della decisione impugnata. Si tratterebbe quindi di un mercato geograficamente molto più ristretto del mercato nazionale. La Commissione non avrebbe affatto considerato tale elemento per determinare la gravità dell’infrazione. La decisione impugnata sarebbe dunque viziata da un evidente difetto di motivazione a tal riguardo. Inoltre, in virtù della prassi decisionale della Commissione, l’infrazione avrebbe dovuto essere valutata come grave e non come molto grave. Inoltre, nella decisione relativa al caso Tabacco greggio – Spagna, la Commissione avrebbe tenuto conto, per la determinazione dell’ammenda, della dimensione relativamente ridotta del mercato di prodotti, che copriva solo talune regioni della Spagna.

157    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

158    Occorre anzitutto rilevare che la Transcatab contesta formalmente l’«importo di base» dell’ammenda, il quale corrisponde, conformemente al punto 1 B, quarto comma, degli orientamenti, alla somma degli importi determinati in funzione della gravità e della durata dell’infrazione. Tuttavia, emerge dalla sua argomentazione che l’importo dell’ammenda contestato è quello determinato in funzione della gravità dell’infrazione, di modo che l’importo di cui trattasi nell’ambito del presente motivo è l’importo di partenza dell’ammenda, come menzionato al punto 376 della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 30 settembre 2009, causa T‑161/05, Hoechst/Commissione, Racc. pag. II‑3555, punto 107).

–       Sulla qualificazione dell’infrazione come molto grave

159    Per quanto riguarda la censura della Transcatab attinente al fatto che la Commissione avrebbe commesso errori di diritto nella qualificazione dell’infrazione come «molto grave», occorre anzitutto rilevare che, come rammentato ai punti 146‑148 supra, risulta da costante giurisprudenza che, fra i tre criteri menzionati negli orientamenti per la valutazione della gravità dell’infrazione, la natura dell’infrazione ha un ruolo di primaria importanza per caratterizzare le infrazioni molto gravi. Di conseguenza, accordi o pratiche concordate dirette alla fissazione dei prezzi o alla ripartizione dei mercati possono essere qualificati, sulla sola base della loro natura, come infrazioni «molto gravi», senza che sia necessario che siffatti comportamenti siano caratterizzati da un particolare impatto concreto sul mercato o da una particolare estensione geografica.

160    Nella fattispecie, quanto alla natura dell’infrazione in questione, si deve constatare che essa aveva per oggetto, segnatamente, la fissazione in comune dei prezzi pagati dai trasformatori per il tabacco greggio nonché la ripartizione dei fornitori e dei quantitativi di tabacco greggio. Siffatte pratiche costituiscono restrizioni orizzontali del tipo «cartello di prezzi» ai sensi degli orientamenti e costituiscono quindi infrazioni «molto gravi» per natura. Le intese di questo tipo sono qualificate dalla giurisprudenza come violazioni manifeste delle regole di concorrenza o infrazioni particolarmente gravi dal momento che esse comportano un intervento diretto sui parametri essenziali della concorrenza nel mercato interessato (v. punto 137 supra).

161    Ne consegue che nel caso di specie la Commissione poteva qualificare l’intesa come infrazione molto grave sulla base della natura stessa dell’infrazione, indipendentemente dal suo impatto concreto sul mercato e dalla sua estensione geografica (v. la giurisprudenza ricordata ai punti 146‑149 supra e segnatamente la sentenza Erste Group Bank e a./Commissione, punto 139 supra, punto 103).

162    Inoltre, per quanto riguarda specificamente i diversi riferimenti fatti dalla Transcatab alle decisioni adottate precedentemente dalla Commissione, si deve ricordare che la prassi decisionale della Commissione non funge, di per sé, da contesto normativo di riferimento per le ammende in materia di concorrenza, giacché quest’ultimo è definito esclusivamente dal regolamento n. 1/2003, come applicato alla luce degli orientamenti, e la Commissione dispone, nel fissare l’importo delle ammende, di un ampio potere discrezionale e non è vincolata dalle proprie precedenti valutazioni (v., in tal senso, sentenze della Corte 19 marzo 2009, causa C‑510/06 P, Archer Daniels Midland/Commissione, Racc. pag. I‑1843, punto 82, e Erste Group Bank e a./Commissione, punto 139 supra, punto 123). Ne consegue che le allegazioni della Transcatab relative alla prassi decisionale precedente della Commissione non possono essere accolte.

163    Peraltro, nessuno degli argomenti sviluppati dalla Transcatab può rimettere in discussione la qualificazione dell’intesa come molto grave. È quindi ad abundantiam che essi vanno analizzati.

–       Sull’impatto concreto dell’infrazione sul mercato

164    Per quanto riguarda, specificamente, gli argomenti attinenti ad errori nella determinazione della gravità dell’infrazione, in ragione dell’asserita mancanza di impatto concreto dell’infrazione sul mercato, va rilevato che, contrariamente a quanto afferma la Transcatab, dalla lettura della decisione impugnata emerge che, sebbene al punto 365 di quest’ultima la Commissione, riprendendo i termini degli orientamenti, sia partita dalla premessa che per valutare la gravità dell’infrazione essa deve prendere in considerazione i tre elementi menzionati al primo comma del punto 1 A di detti orientamenti (v. punto 144 supra), essa non ha poi fondato la valutazione della gravità dell’infrazione sull’impatto concreto dell’infrazione sul mercato.

165    Infatti, la parte della decisione impugnata relativa alla valutazione della gravità dell’infrazione (punti 365‑369) non contiene alcuna analisi dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato. In particolare, contrariamente a quanto sostiene la Transcatab, una siffatta analisi non risulta dal punto 368 della decisione impugnata. Tale punto, strettamente collegato al punto che lo precede, relativo alla natura dell’infrazione, fa riferimento in generale alla capacità delle intese in materia di acquisto, analogamente a quanto avviene per il caso tipico dei «cartelli di vendita», di alterare la concorrenza. La Commissione vi afferma che tale tipo di intesa può alterare il comportamento concorrenziale delle imprese in questione, che si tratti dei produttori o delle imprese che svolgono attività a valle, poiché esso incide su un parametro fondamentale del comportamento concorrenziale delle imprese che intervengono in una filiera di trasformazione, vale a dire il prezzo di acquisto del prodotto oggetto della trasformazione. Nello stesso punto, la Commissione afferma poi che tale capacità di alterare la concorrenza è tanto più importante nel caso di un prodotto come quello di cui trattasi nella presente causa.

166    Inoltre, neanche la parte della decisione impugnata relativa all’analisi della restrizione della concorrenza (punti 277 e segg. della decisione impugnata), cui rinvia il punto 368, contiene un’analisi dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato. Infatti, contrariamente a quanto sostiene la Transcatab, nulla indica che sia possibile dedurre da tale parte della decisione impugnata, che analizza la portata restrittiva della concorrenza degli accordi tra i trasformatori, che la Commissione si sarebbe avvalsa dell’impatto concreto delle intese sul mercato per determinare la gravità dell’infrazione ai fini della fissazione dell’ammenda.

167    È peraltro nell’ambito delle considerazioni che riguardano la capacità dell’intesa in materia di acquisto di influenzare i comportamenti dei trasformatori che si trova il riferimento, in termini assai generici, ai possibili effetti sui mercati a valle, contestato dalla Transcatab (v. punto 154 supra, in fine). Orbene, poiché l’intesa determinava segnatamente i quantitativi di tabacco acquistati da ciascun trasformatore, la Transcatab non può sostenere che è erronea l’affermazione secondo cui l’intesa aveva la capacità di incidere sulle attività a valle della trasformazione e della vendita del tabacco trasformato. Infatti, stabilendo i quantitativi acquistati di prodotto greggio, l’intesa era necessariamente in grado di incidere sui comportamenti dei trasformatori a valle per quanto riguarda il prodotto trasformato. D’altronde, la Transcatab non ha dedotto alcun argomento e non ha fornito alcuna prova idonea a rimettere in discussione tale affermazione. Occorre inoltre rilevare che la decisione impugnata non menziona affatto eventuali effetti sul prezzo delle sigarette per i consumatori finali, di modo che devono essere disattesi gli argomenti presentati al riguardo dalla Transcatab.

168    Per quanto riguarda specificamente i dati presentati dalla Transcatab o i dati menzionati nella decisione impugnata che proverebbero la mancanza di effetti dell’intesa sul mercato (v. punto 154 supra), occorre rilevare che dalla giurisprudenza risulta che, per valutare la gravità dell’infrazione, è decisivo accertare che i membri dell’intesa avevano fatto tutto ciò che era in loro potere per rendere concrete le proprie intenzioni. Poiché ciò che si è verificato in seguito, per quanto riguarda i prezzi effettivamente realizzatisi sul mercato, poteva essere influenzato da altri fattori, fuori dal controllo dei membri dell’intesa, questi ultimi non possono addurre a proprio vantaggio, presentandoli come elementi atti a giustificare una riduzione dell’ammenda, fattori esterni che hanno controbilanciato gli sforzi da essi profusi (v. sentenze Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, punto 141 supra, punto 287; Carbone‑Lorraine/Commissione, punto 147 supra, punto 86, e Gütermann e Zwicky/Commissione, punto 146 supra, punto 130, e la giurisprudenza ivi citata).

169    Inoltre, secondo la giurisprudenza, non si può pretendere che la Commissione, una volta stabilita l’attuazione di un’intesa, dimostri sistematicamente che gli accordi hanno effettivamente consentito alle imprese interessate di raggiungere un livello di prezzi di transazione superiore o, come nel caso di specie, nel caso di intese sugli acquisti, inferiore a quello che sarebbe prevalso in assenza dell’intesa. Sarebbe sproporzionato esigere una siffatta dimostrazione che assorbirebbe risorse considerevoli, tenuto conto che essa renderebbe necessario il ricorso a calcoli ipotetici, basati su modelli economici la cui esattezza solo difficilmente potrebbe essere verificata dal giudice e la cui infallibilità non è affatto dimostrata (v., in tal senso, sentenze Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, punto 141 supra, punto 286; Carbone-Lorraine/Commissione, punto 147 supra, punto 85, e Gütermann e Zwicky/Commissione, punto 146 supra, punto 129, e la giurisprudenza ivi citata).

170    Nella fattispecie, l’analisi della parte della decisione impugnata relativa ai fatti contestati mostra che i trasformatori hanno consapevolmente tenuto i comportamenti anticoncorrenziali per i quali sono stati sanzionati (v., ad esempio, i punti 111, 124, 125, 141 e 158 della decisione impugnata). Tale considerazione è peraltro confermata dalla circostanza che l’intesa era segreta, come risulta dai punti 363 e 473 della decisione impugnata. Inoltre, secondo la decisione impugnata, i trasformatori hanno convenuto a più riprese misure destinate a garantire l’effettiva attuazione dell’intesa, come il reciproco invio delle fatture dei loro rispettivi fornitori (punti 122 e 129 della decisione impugnata), l’obbligo di consultazione in caso di acquisti al di fuori degli accordi (punto 139 della decisione impugnata), obblighi di controllo degli impiegati al fine di evitare che essi prendessero iniziative senza il necessario coordinamento (punto 140 della decisione impugnata), la creazione di una struttura diretta a garantire la realizzazione di obiettivi anticoncorrenziali (punto 187 della decisione impugnata). A tal riguardo, occorre ancora rilevare che dal punto 383 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha accertato che l’intesa era stata posta in atto.

171    Di conseguenza devono essere respinte le affermazioni relative ad errori della Commissione fondate sulla mancata applicazione sul mercato dei prezzi indicati dalle parti nei loro accordi e sulla circostanza che la Commissione disponeva di dati che mostrerebbero un aumento dei prezzi del tabacco greggio superiore a quello degli altri prodotti agricoli.

–       Sull’estensione geografica del mercato

172    Per quanto riguarda l’argomento attinente alla ridotta estensione geografica del mercato interessato dall’infrazione, emerge dalla giurisprudenza citata ai punti 147‑149 supra che l’estensione del mercato geografico non è un criterio autonomo, nel senso che solo infrazioni riguardanti un numero importante di Stati membri potrebbero ricevere la qualifica di infrazione «molto grave». Né il Trattato, né il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti, né la giurisprudenza permettono di considerare che solo restrizioni della concorrenza geograficamente molto estese possono essere qualificate in tal modo. D’altronde, come rammentato al punto 148 supra, accordi diretti specificamente, come nel caso di specie, alla fissazione dei prezzi di acquisto nonché alla ripartizione dei quantitativi acquistati, possono essere qualificati, sulla sola base della loro stessa natura, come infrazione molto grave, senza che sia necessario che siffatti comportamenti siano caratterizzati da una particolare estensione geografica. Ne consegue che le dimensioni del mercato geografico interessato, anche supponendo che siano limitate, non ostano alla qualificazione come «molto grave» dell’infrazione constatata nel caso di specie. La Commissione non ha pertanto commesso alcun errore qualificando come «molto grave» l’infrazione, considerata l’estensione geografica del mercato in questione.

173    Ad abundantiam, occorre rilevare che, sebbene sia pacifico che la produzione di tabacco greggio era concentrata in talune regioni italiane, è, tuttavia, giocoforza constatare che l’intesa riguardava il mercato dell’acquisto di tabacco greggio e non quello della produzione, di modo che il suo ambito di applicazione non era limitato a tali regioni, bensì copriva tutto il territorio italiano. Orbene, secondo una giurisprudenza costante, il territorio di uno Stato membro costituisce una parte sostanziale del mercato comune (v., in tal senso, sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 28; sentenza Groupe Danone/Commissione, punto 148 supra, punto 150). Pertanto, la Transcatab non può sostenere che l’estensione geografica del mercato interessato dall’infrazione era limitata.

–       Sulla violazione dell’obbligo di motivazione

174    Per quanto riguarda le censure attinenti alla violazione dell’obbligo di motivazione, va notato che secondo una giurisprudenza consolidata la motivazione di una decisione individuale deve far apparire in maniera chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui essa promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio sindacato. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato sulla scorta delle circostanze del caso di specie. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e la giurisprudenza citata).

175    Nel contesto della fissazione di ammende per violazione del diritto della concorrenza, l’obbligo di motivazione risulta soddisfatto allorché la Commissione indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione (v. sentenza della Corte 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punto 463, nonché la giurisprudenza ivi citata).

176    Nella presente fattispecie, per quanto riguarda la valutazione della gravità dell’infrazione, la Commissione ha indicato ai punti 365‑369 della decisione impugnata le ragioni che l’hanno condotta a concludere che l’infrazione doveva essere considerata molto grave. Come esposto ai punti 159 e segg. supra, la Commissione ha fondato tale conclusione sulla natura molto grave dell’infrazione in questione.

177    Orbene, si deve rilevare che, poiché l’impatto concreto sul mercato e l’estensione geografica del mercato interessato non costituiscono elementi necessari alla qualificazione dell’infrazione come molto grave nel caso di intese orizzontali dirette specificamente, come nel caso di specie, alla fissazione dei prezzi, la Commissione non era tenuta a motivare la mancata presa in considerazione di tali criteri. A tal riguardo, occorre rammentare che, nell’ambito delle analisi relative alle violazioni dell’art. 81 CE, l’art. 253 CE, non può essere interpretato nel senso che impone alla Commissione di chiarire, nelle sue decisioni, le ragioni per cui non ha scelto, per il calcolo dell’importo dell’ammenda, approcci alternativi a quello effettivamente scelto nella decisione impugnata (v. sentenza del Tribunale 19 maggio 2010, causa T‑18/05, IMI e a./Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 153, e la giurisprudenza ivi citata).

178    Di conseguenza, la Commissione non ha violato il proprio obbligo di motivazione per quanto riguarda l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato o la limitata estensione del mercato geografico.

179    Infine, per quanto riguarda specificamente la censura dedotta dalla Transcatab quanto all’illogica motivazione della decisione impugnata relativamente alla produzione eccedentaria di tabacco (v. punto 155 supra), occorre rilevare che l’esistenza di una sovrapproduzione non costituisce necessariamente una prova del fatto che l’attuazione dell’intesa destinata a ridurre tale produzione non abbia avuto effetto. Infatti, non si può escludere che, in mancanza dell’intesa, la produzione di tabacco sarebbe stata anche più elevata. Contrariamente a quanto sostiene la Transcatab, non vi è quindi una necessaria contraddizione tra l’esistenza di una sovrapproduzione e l’affermazione, contenuta nella decisione impugnata, secondo cui l’intesa era idonea a ridurre la produzione globale di tabacco. La Transcatab non può quindi sostenere, sulla base di tale argomento, che la motivazione della decisione impugnata su detto punto è illogica. Tale argomento va quindi disatteso.

–       Sulle violazioni dei diritti della difesa

180    Si deve osservare che, secondo consolidata giurisprudenza, dal momento che la Commissione, nella comunicazione degli addebiti, dichiara espressamente che vaglierà se sia il caso di infliggere ammende alle imprese interessate e indica le principali considerazioni di fatto e di diritto che possono comportare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione, ed il fatto di averla commessa intenzionalmente o per negligenza, essa adempie il suo obbligo di rispettare il diritto delle imprese ad essere sentite. In tal modo, essa fornisce loro le indicazioni necessarie per difendersi non solo contro l’accertamento dell’infrazione, ma altresì contro il fatto di vedersi infliggere un’ammenda (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, punto 115 supra, punto 21; sentenze del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II‑1705, punto 199, e 19 maggio 2010, causa T‑11/05, Wieland Werke e a./Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 129).

181    Per contro, la Commissione non è tenuta – una volta che abbia indicato gli elementi di fatto e di diritto su cui baserà il suo calcolo delle ammende – a precisare il modo in cui si avvarrà di ciascun elemento per la determinazione dell’entità dell’ammenda (sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, punto 141 supra, punto 369). Inoltre, nella sua decisione, la Commissione può altresì, alla luce del procedimento amministrativo, rivedere o aggiungere argomenti di fatto o di diritto a sostegno degli addebiti da essa formulati (v. sentenza Schneider Electric/Commissione, punto 117 supra, punto 438, e la giurisprudenza ivi citata).

182    Ne consegue che, per quanto riguarda la determinazione dell’ammontare dell’ammenda, i diritti della difesa delle imprese interessate vengono garantiti dinanzi alla Commissione attraverso la possibilità, di cui esse dispongono, di presentare osservazioni in ordine alla durata, alla gravità e al carattere anticoncorrenziale dei fatti loro addebitati (sentenze del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T‑83/91, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II‑755, punto 235, e Wieland‑Werke e a./Commissione, punto 180 supra, punto 131).

183    Nella fattispecie, è giocoforza constatare che nell’ambito del punto II A della comunicazione degli addebiti, la Commissione ha esposto, conformemente alla giurisprudenza, i principali elementi di fatto e di diritto che potevano portare all’irrogazione dell’ammenda alla Transcatab. In particolare, la Commissione vi ha indicato gli elementi di fatto e di diritto sui quali si è basata nella decisione impugnata per il calcolo dell’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla ricorrente. La Transcatab ha avuto la possibilità di presentare le sue osservazioni su tali elementi, di modo che si deve concludere che il suo diritto di essere sentita è stato debitamente rispettato a tal riguardo. D’altronde, come già rilevato nell’ambito della presente parte del presente motivo di ricorso, nella decisione impugnata la Commissione non ha fondato la qualificazione dell’infrazione come molto grave sugli effetti concreti dell’intesa sul mercato sia per quanto riguarda la diminuzione della produzione, che per quanto riguarda le attività svolte a valle, bensì essa ha fondato detta qualificazione sulla natura molto grave delle infrazioni in questione.

184    Alla luce di quanto precede, la prima parte del secondo motivo deve essere disattesa nel suo complesso.

 Sulla seconda parte del secondo motivo, attinente alla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di tutela del legittimo affidamento nella fissazione dell’importo di base dell’ammenda

 Argomenti delle parti

185    In primo luogo, la Transcatab fa valere che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità infliggendole un’ammenda di EUR 14 milioni. Tale ammenda sarebbe sproporzionata tanto rispetto al totale dei suoi acquisti annui sul mercato di riferimento, che non avrebbe raggiunto gli EUR 13 milioni, quanto rispetto al valore totale degli acquisti di tabacco che costituivano l’oggetto degli accordi, che non avrebbe superato gli EUR 50 milioni annui. La Commissione avrebbe dovuto tener conto delle dimensioni particolarmente ridotte del mercato nel determinare l’importo dell’ammenda. Inoltre, i nuovi orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006»), stabilirebbero che l’importo di base dell’ammenda debba essere fissato con riferimento al valore delle vendite dell’impresa nel mercato oggetto dell’intesa.

186    In secondo luogo, la Transcatab fa valere che la Commissione ha violato i principi di parità di trattamento e di tutela del legittimo affidamento nella fissazione dell’importo di base dell’ammenda. Essa avrebbe trattato diversamente, senza alcuna giustificazione, l’intesa di cui trattasi nella presente causa e quella oggetto della decisione nella causa Tabacco greggio – Spagna, sebbene le due cause presentassero importanti similitudini per quanto riguarda tanto l’oggetto dell’intesa quanto la sua estensione geografica limitata.

187    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

–       Sulla violazione del principio di proporzionalità

188    Va ricordato che il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza della Corte 5 maggio 1998, causa C‑180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I‑2265, punto 96, e sentenza del Tribunale 12 settembre 2007, causa T‑30/05, Prym e Prym Consumer/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 223).

189    Nell’ambito dei procedimenti intrapresi dalla Commissione per sanzionare le violazioni delle regole di concorrenza, l’applicazione di tale principio comporta che le ammende devono essere commisurate agli obiettivi perseguiti, cioè al rispetto di tali regole, e che l’importo dell’ammenda inflitta a un’impresa a seguito di un’infrazione in materia di concorrenza deve essere proporzionata all’infrazione, valutata nel suo complesso, tenuto conto, segnatamente, della sua gravità (v., in tal senso, sentenza 12 settembre 2007, Prym e Prym Consumer/Commissione, punto 188 supra, punti 223 e 224, e la giurisprudenza ivi citata). In particolare, il principio di proporzionalità comporta che la Commissione deve fissare l’ammenda in modo proporzionato rispetto agli elementi presi in considerazione ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione e che essa deve applicare al riguardo tali elementi in maniera coerente e obiettivamente giustificata (sentenze del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑43/02, Jungbunzlauer/Commissione, Racc. pag. II‑3435, punti 226‑228, e 28 aprile 2010, causa T‑446/05, Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 171).

190    Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura attinente al carattere sproporzionato dell’ammenda rispetto al valore complessivo degli acquisti sul mercato di cui trattasi, occorre osservare che non risulta né dal regolamento n. 1/2003, né dagli orientamenti che l’importo delle ammende debba essere stabilito direttamente in relazione alle dimensioni del mercato rilevante, essendo tale fattore non già un elemento obbligatorio, bensì solo uno tra più elementi pertinenti per valutare la gravità dell’infrazione (sentenze della Corte 25 gennaio 2007, causa C‑407/04 P, Dalmine/Commissione, Racc. pag. I‑829, punto 132, e 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, punto 114 supra, punto 55). Tali disposizioni, di per sé, non impongono quindi alla Commissione di tener conto delle dimensioni ridotte del mercato dei prodotti (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑322/01, Roquette Frères/Commissione, Racc. pag. II‑3137, punto 148).

191    Tuttavia, come rilevato al punto 139 supra, secondo la giurisprudenza, nel valutare la gravità di un’infrazione la Commissione deve tener conto di un gran numero di fattori il cui carattere e la cui importanza variano a seconda del tipo di infrazione e delle circostanze particolari della stessa. Fra tali fattori che attestano la gravità di un’infrazione non si può escludere che possano figurare, a seconda dei casi, le dimensioni del mercato del prodotto interessato (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, punto 115 supra, punto 120, e sentenza Gütermann e Zwicky/Commissione, punto 146 supra, punto 267).

192    Di conseguenza, se la dimensione del mercato può costituire un fattore da prendere in considerazione per accertare la gravità dell’infrazione, la sua importanza varia in funzione del tipo di infrazione e delle circostanze particolari della stessa.

193    Nel caso di specie, per quanto riguarda, anzitutto, il tipo di infrazione, occorre constatare che l’intesa in questione aveva per oggetto, in particolare, la fissazione in comune dei prezzi pagati dai trasformatori per il tabacco greggio nonché la ripartizione dei fornitori e dei quantitativi di tabacco greggio. Siffatte pratiche costituiscono restrizioni orizzontali del tipo «cartello di prezzi» ai sensi degli orientamenti e quindi infrazioni «molto gravi» per loro natura. Per tale tipo di intese, qualificate dalla giurisprudenza come violazioni manifeste delle norme in materia di concorrenza o come infrazioni particolarmente gravi, dal momento che esse incidono direttamente sui parametri essenziali della concorrenza nel mercato in questione (v. punto 137 supra), gli orientamenti prevedono una sanzione il cui importo minimo di partenza è superiore a EUR 20 milioni.

194    Per quanto riguarda, poi, le circostanze particolari dell’infrazione in questione, occorre constatare che le dimensioni del mercato di cui trattasi non erano affatto trascurabili, giacché dal punto 366 della decisione impugnata risulta che la produzione di tabacco greggio in Italia rappresentava il 38% della produzione in quota nell’Unione. Inoltre, dalla nota a piè di pagina n. 290 della decisione impugnata risulta che, poiché l’intesa si estendeva anche ad acquisti presso «imballatori terzi» – ossia intermediari che acquistano essi stessi il tabacco greggio dai produttori ed effettuano un trattamento iniziale del tabacco –, essa riguardava acquisti il cui valore eccedeva il mero valore degli acquisti di tabacco greggio prodotto in Italia.

195    Ciò considerato, la Transcatab non può dedurre che la sua ammenda sia sproporzionata rispetto al valore totale degli acquisti nel mercato rilevante.

196    In secondo luogo, per quanto riguarda la censura attinente al carattere sproporzionato dell’ammenda rispetto al valore degli acquisti della Transcatab sul mercato di cui trattasi, si deve anzitutto sottolineare che il diritto vigente non contiene un principio di applicazione generale in base al quale la sanzione deve essere proporzionata al fatturato realizzato dall’impresa nel mercato rilevante (v. sentenza Gütermann e Zwicky/Commissione, punto 146 supra, punto 277, e la giurisprudenza ivi citata).

197    Inoltre, secondo giurisprudenza costante, per determinare l’ammenda, è possibile prendere in considerazione tanto il fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione, sia pure approssimativa e imperfetta, delle dimensioni e della potenza economica dell’impresa stessa, quanto la frazione di quel dato proveniente dalle merci oggetto dell’infrazione, che è quindi atta a fornire un’indicazione dell’entità della medesima. Non si deve attribuire ad alcuno di questi due dati un peso eccessivo rispetto ad altri criteri di valutazione, sicché la determinazione di un’ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo. Ciò è particolarmente vero qualora le merci in questione costituiscano solo una piccola parte di tale fatturato (sentenze della Corte Musique diffusion française e a./Commissione, punto 115 supra, punto 121; Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 88 supra, punto 243, e 3 settembre 2009, cause riunite C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, Racc. pag. I‑7191, punto 114).

198    Orbene, è giocoforza constatare che, come risulta dai punti 40‑43 supra, nella decisione impugnata, la Commissione ha fissato l’ammenda in funzione della quota di mercato di ciascuna impresa calcolata considerando gli acquisti del prodotto in questione nel mercato in cui si è verificata l’infrazione. Il valore degli acquisti nel mercato rilevante è stato quindi un criterio del quale si è tenuto conto nella determinazione dell’ammenda nel caso di specie.

199    Risulta inoltre dalla giurisprudenza che se l’importo dell’ammenda definitiva non supera il 10% del fatturato complessivo dell’impresa interessata durante l’ultimo anno di infrazione, l’ammenda non può essere considerata sproporzionata per il solo fatto che essa supera il fatturato realizzato nel mercato di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑224/00, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. II‑2597, punto 200).

200    Peraltro, come osservato ai punti 160 e 193 supra, l’infrazione in questione aveva per oggetto pratiche che costituiscono restrizioni orizzontali del tipo «cartello di prezzi» ai sensi degli orientamenti e quindi restrizioni «molto gravi» per loro natura. Per tale tipo di intese particolarmente gravi, gli orientamenti prevedono una sanzione il cui importo minimo di partenza è superiore a EUR 20 milioni. Orbene, dal punto 376 della decisione impugnata emerge che l’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla Transcatab era nettamente inferiore a quello che, sulla base degli orientamenti, la Commissione avrebbe potuto prevedere per infrazioni molto gravi. In tale contesto, la Transcatab non può far valere che l’ammenda inflittale è sproporzionata rispetto alla presunta dimensione del mercato in questione ed al complesso dei suoi acquisti annui sul mercato di riferimento.

201    Infine, per quanto riguarda l’argomento che la ricorrente deduce dagli orientamenti del 2006, occorre sottolineare, come ammette la stessa Transcatab, che questi ultimi non erano applicabili ai fatti all’origine della controversia in esame (v., in tal senso, sentenza della Corte 17 giugno 2010, causa C‑413/08 P, Lafarge/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 108).

–       Sulla violazione del principio di parità di trattamento

202    Secondo costante giurisprudenza, il principio di parità di trattamento è violato solo quando situazioni analoghe vengono trattate in modo differente o situazioni differenti vengono trattate in modo identico, a meno che un siffatto trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenza della Corte 13 dicembre 1984, causa 106/83, Sermide, Racc. pag. 4209, punto 28, e sentenza Hoechst/Commissione, punto 158 supra, punto 79).

203    Occorre altresì rammentare che, come rilevato al punto 162 supra, secondo una giurisprudenza ben consolidata, la prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo di riferimento per le ammende in materia di concorrenza e la Commissione dispone, nel settore della fissazione dell’importo delle ammende, di un ampio potere discrezionale e non è vincolata dalle proprie precedenti valutazioni.

204    Il solo fatto che la Commissione abbia considerato, nella sua precedente prassi decisionale, che un comportamento giustificava un’ammenda di un certo importo non implica assolutamente che essa sia obbligata a procedere alla stessa valutazione in una successiva decisione (v. sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑329/01, Archer Daniels Midland/Commissione, Racc. pag. II‑3255, punto 110, e la giurisprudenza ivi citata).

205    Pertanto, nel caso di specie, occorre considerare che il semplice fatto che la Transcatab abbia invocato la decisione Tabacco greggio – Spagna è inoperante, tenuto conto che la Commissione non era tenuta a valutare il caso in esame allo stesso modo (v., in tal senso, sentenza 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, punto 162 supra, punto 83).

206    Per quanto riguarda specificamente l’applicazione del principio di parità di trattamento nel caso di specie, si deve sottolineare che le altre decisioni della Commissione intervenute in materia di ammende presentano in linea di principio solo un carattere indicativo, a maggior ragione allorché i dati circostanziali di tali altre decisioni non sono identici a quelli della decisione in questione (sentenza 27 settembre 2006, Archer Daniels Midland/Commissione, punto 204 supra, punto 112). Orbene, nel caso di specie, se è vero che esistono talune analogie tra il caso Tabacco greggio – Spagna e la presente causa, vi sono, tuttavia, importanti differenze tra di esse che non possono affatto essere trascurate. Infatti, da un lato, è pacifico che il mercato spagnolo aveva un’importanza e una dimensione minori rispetto a quelle del mercato italiano. Dall’altro, erano diversi gli ambiti normativi che regolano il settore in questione (v., più specificamente, punti 317 e segg. infra).

207    Orbene, alla luce di tali differenze non trascurabili, la Commissione aveva la facoltà, e anche l’obbligo, di trattare diversamente i due casi per quanto riguarda la determinazione della sanzione. Di conseguenza, la Transcatab non può validamente prendere come base la decisione della Commissione nel caso Tabacco greggio – Spagna per dimostrare nel caso qui in esame l’esistenza di una violazione del principio di parità di trattamento.

–       Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

208    Occorre rilevare che dalla giurisprudenza risulta che il diritto di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento presuppone la sussistenza di tre condizioni. In primo luogo, assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, devono essere state fornite all’interessato dall’amministrazione. In secondo luogo, tali assicurazioni devono essere idonee a generare fondate aspettative nel soggetto a cui si rivolgono. In terzo luogo, le assicurazioni devono essere conformi alle norme vigenti (v. sentenza del Tribunale 4 febbraio 2009, causa T‑145/06, Omya/Commissione, Racc. pag. II‑145, punto 117, e la giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del Tribunale 30 aprile 2009, causa T‑13/03, Nintendo e Nintendo of Europe/Commissione, Racc. pag. II‑947, punto 203, e la giurisprudenza ivi citata).

209    Nella fattispecie, è giocoforza constatare che non sussiste la prima condizione prevista dalla giurisprudenza. Infatti, dalla giurisprudenza si ricava che la determinazione dell’importo delle ammende dipende dall’ampio potere discrezionale della Commissione, con la conseguenza che gli operatori non possono riporre legittimo affidamento nella determinazione di siffatti importi (v. sentenza 27 settembre 2006, Archer Daniels Midland/Commissione, punto 204 supra, punto 109, e la giurisprudenza ivi citata). Pertanto, non si può considerare che il precedente relativo al caso Tabacco greggio – Spagna evocato dalla Transcatab abbia fornito a quest’ultima un’assicurazione precisa, incondizionata e concordante ai sensi della giurisprudenza menzionata al punto precedente.

210    Inoltre, è giocoforza constatare che la decisione nel caso Tabacco greggio – Spagna è stata adottata dalla Commissione nell’ottobre 2004, cioè più di due anni prima della presentazione da parte della Transcatab della sua richiesta di riduzione di ammenda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione. Di conseguenza, la Transcatab non può affatto far valere di aver agito fondandosi su un legittimo affidamento che avrebbe dedotto dalla fissazione dell’importo dell’ammenda in detto caso.

211    Alla luce di quanto sopra, la seconda parte del secondo motivo è infondata e va respinta in toto.

 Sulla terza parte del secondo motivo, attinente alla violazione del principio di proporzionalità nella presa in considerazione del carattere deterrente della sanzione e della situazione finanziaria della Transcatab

 Argomenti delle parti

212    La Transcatab contesta l’applicazione del coefficiente moltiplicatore nel fissare l’importo di partenza dell’ammenda. In primo luogo, essa contesta la premessa di tale applicazione, cioè l’attribuzione della responsabilità dell’infrazione alla sua controllante, la Alliance One.

213    In secondo luogo, essa fa valere che, nel caso di specie, l’effetto deterrente avrebbe potuto essere ottenuto senza l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore e grazie alla fissazione di un importo di partenza dell’ammenda inferiore a quello fissato dalla Commissione. 

214    In terzo luogo, essa sostiene che, conformemente al principio di proporzionalità, la Commissione avrebbe dovuto modulare l’importo dell’ammenda tenendo conto della situazione finanziaria precaria della Transcatab e dei rischi per il prosieguo della sua attività. Infatti, durante il periodo 1995‑2002, la Transcatab avrebbe accumulato perdite rilevanti e sarebbe stata costretta alla liquidazione in seguito all’ammenda inflitta dalla Commissione. Per di più, la Transcatab non sarebbe più presente sul mercato italiano e non sarebbe più stata attiva sul mercato alla data della decisione impugnata, in modo che non vi sarebbe stato alcun bisogno di deterrenza per quanto la riguarda. Analogamente, nel caso di specie, non vi sarebbe alcuna esigenza supplementare di deterrenza legata ad una produzione cosiddetta «multiprodotti». Infine, anche gli orientamenti del 2006 farebbero riferimento alla capacità dell’impresa di pagare l’ammenda, prendendo così in considerazione il rischio di compromettere la sua sopravvivenza economica.

215    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

216    Risulta dalla giurisprudenza che le sanzioni previste all’art. 23 del regolamento n. 1/2003 hanno lo scopo di reprimere comportamenti illeciti come pure di prevenire il loro ripetersi. Ne consegue che la deterrenza costituisce una finalità dell’ammenda (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 15 marzo 2006, causa T‑15/02, BASF/Commissione, Racc. pag. II‑497, punti 218 e 219, e la giurisprudenza ivi citata, e 30 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, punto 103 supra, punto 150).

217    La necessità di garantire un sufficiente effetto deterrente all’ammenda esige che l’importo dell’ammenda sia modulato al fine di tener conto dell’effetto perseguito sull’impresa cui essa è inflitta, e ciò affinché l’ammenda non sia resa insignificante, o al contrario eccessiva, con particolare riferimento alla capacità finanziaria dell’impresa in questione, in conformità alle esigenze derivanti, da un lato, dalla necessità di garantire l’efficacia dell’ammenda e, dall’altro, dal rispetto del principio di proporzionalità (sentenze del Tribunale 5 aprile 2006, causa T‑279/02, Degussa/Commissione, Racc. pag. II‑897, punto 283; 18 giugno 2008, causa T‑410/03, Hoechst/Commissione, Racc. pag. II‑881, punto 379, e 30 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, punto 103 supra, punto 154). Pertanto, se è vero che l’esigenza di garantire all’ammenda un sufficiente effetto deterrente costituisce un obiettivo legittimo che la Commissione ha il diritto di perseguire nella fissazione dell’importo di un’ammenda, nondimeno la Commissione è tenuta a rispettare i principi generali del diritto, e in particolare il principio di proporzionalità, non soltanto nella determinazione dell’importo di partenza, ma anche in caso di aumento di tale importo al fine di garantire un sufficiente effetto deterrente all’ammenda (sentenza Degussa/Commissione, cit., punto 316).

218    Gli orientamenti menzionano la finalità deterrente al loro punto 1 A, dedicato alla gravità delle infrazioni. Più precisamente, il quarto comma del detto punto enuncia che sarà necessario «fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo». Nella fattispecie, ai punti 374 e 375 della decisione impugnata, la Commissione ha motivato la necessità di applicare un coefficiente moltiplicatore di 1,25 con la volontà di garantire un effetto sufficientemente deterrente all’ammenda inflitta alla Transcatab considerando che essa apparteneva ad un gruppo multinazionale dotato di considerevole forza economica e finanziaria, tra i maggiori commercianti di tabacco al mondo, che operano a diversi livelli di attività nel settore del tabacco e su diversi mercati geografici.

219    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento relativo alla premessa dell’applicazione del coefficiente moltiplicatore, cioè l’attribuzione della responsabilità dell’infrazione alla sua controllante, la Alliance One, è sufficiente rilevare che, nell’ambito del primo motivo, si è giunti alla conclusione che la Commissione aveva giustamente considerato che la Alliance One doveva essere considerata corresponsabile dell’infrazione commessa dalla Transcatab (v. la prima parte del primo motivo). Pertanto tale argomento non può essere accolto.

220    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’argomento che la Transcatab fonda sul carattere già sufficientemente deterrente dell’importo di partenza di EUR 10 milioni, è giocoforza constatare che essa non suffraga affatto la propria affermazione secondo cui, se fosse stato determinato senza tener conto del coefficiente moltiplicatore relativo all’effetto deterrente, l’importo dell’ammenda sarebbe stato sufficiente per garantire all’ammenda un effetto del genere (v., in tal senso, sentenza Lafarge/Commissione, punto 201 supra, punto 107).

221    Per quanto riguarda, in terzo luogo, la censura attinente al fatto che la Commissione non avrebbe tenuto conto della sua situazione finanziaria precaria e avrebbe così violato il principio di proporzionalità, applicandole il coefficiente moltiplicatore, occorre anzitutto rilevare che, secondo la giurisprudenza, poiché lo scopo dissuasivo perseguito dalla Commissione riguarda la condotta delle imprese all’interno dell’Unione, il fattore di dissuasione non è determinato in funzione soltanto della situazione particolare dell’impresa interessata, bensì di una molteplicità di elementi (sentenza del Tribunale 30 aprile 2009, causa T‑12/03, Itochu/Commissione, Racc. pag. II‑883, punto 93; v. altresì, in tal senso, sentenza della Corte 29 giugno 2006, causa C‑289/04 P, Showa Denko/Commissione, Racc. pag. I‑5859, punto 23, e sentenza Jungbunzlauer/Commissione, punto 189 supra, punto 300).

222    Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, la Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda, a prendere in considerazione la situazione finanziaria deficitaria di un’impresa, dal momento che il riconoscimento di un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno adattate alle condizioni del mercato (v. sentenze della Corte Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 88 supra, punto 327, e 29 giugno 2006, causa C‑308/04 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑5977, punto 105, e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale 28 aprile 2010, causa T‑452/05, BST/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 95).

223    Pertanto, la Transcatab non può contestare l’applicazione del coefficiente moltiplicatore a fini dissuasivi fondandosi sulla circostanza che essa ha subito perdite rilevanti durante il periodo di attuazione dell’intesa, che l’hanno condotta a non essere più attiva sul mercato interessato dall’intesa fin dall’inizio del procedimento. Inoltre, alla luce dell’appartenenza della Transcatab ad un gruppo multinazionale dotato di notevole forza economica e finanziaria e dell’attribuzione della responsabilità alla sua controllante, non si può considerare che l’applicazione del coefficiente moltiplicatore ad un importo fissato in funzione del fatturato globale di tale gruppo renda l’ammenda sproporzionata.

224    Peraltro, è giocoforza constatare che, nel caso di specie, la Transcatab non ha dimostrato, né durante il procedimento amministrativo, né dinanzi al Tribunale, la propria affermazione secondo cui sarebbe stata costretta alla liquidazione a causa dell’avvio, da parte della Commissione, dell’indagine in questione e dell’ammenda prevista. Va altresì ricordato che il diritto dell’Unione non vieta che una misura adottata da un’istituzione provochi in quanto tale il fallimento o la liquidazione di una determinata impresa. Infatti, la liquidazione di un’impresa nella sua forma giuridica attuale può certo pregiudicare gli interessi finanziari dei proprietari, degli azionisti o dei detentori di quote, ma ciò non significa che gli elementi personali, materiali e immateriali da cui l’impresa è costituita perdano anch’essi il loro valore (v. sentenza del Tribunale 29 aprile 2004, cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, Racc. pag. II‑1181, punto 372, e la giurisprudenza ivi citata).

225    Quanto all’argomento relativo al requisito supplementare di deterrenza per imprese la cui produzione è detta «multiprodotti», è giocoforza constatare che la decisione impugnata non contiene alcun riferimento ad un siffatto requisito, di modo che tale argomento è irrilevante nel caso di specie. Per quanto riguarda, infine, l’argomento attinente agli orientamenti del 2006, si è già osservato che essi non erano applicabili ai fatti all’origine della presente controversia (v. punto 201 supra).

226    Alla luce di quanto sopra precede, si deve respingere la terza parte del secondo motivo e, quindi, il secondo motivo nel suo insieme.

3.     Sul terzo motivo, attinente alla fissazione dell’importo di base dell’ammenda

 Sulla prima parte del terzo motivo, attinente ad un’erronea maggiorazione dell’importo dell’ammenda ai sensi della durata dell’infrazione

 Argomenti delle parti

227    In primo luogo, la Transcatab contesta l’aumento del 60% dell’importo di partenza dell’ammenda sulla base della constatazione che i trasformatori avevano partecipato ad un’unica infrazione per una durata di sei anni e quattro mesi. Infatti, la Commissione non avrebbe tenuto conto del fatto che, durante il periodo compreso tra il 1999 e il 2002, gli accordi conclusi sul mercato italiano del tabacco greggio erano stati, in gran parte, accordi interprofessionali conclusi tra l’Unitab e l’APTI. La Commissione avrebbe quindi dovuto distinguere, nella determinazione dell’ammenda, tra i comportamenti che si sono svolti tra il 1995 e il 1998 e quelli che si sono svolti tra il 1999 e il 2002, per i quali la responsabilità sarebbe spettata esclusivamente all’APTI. D’altronde, la stessa Commissione rileverebbe che l’APTI aveva la responsabilità esclusiva delle sue decisioni (punto 253 della decisione impugnata). Di conseguenza, la Commissione avrebbe dovuto almeno astenersi dal maggiorare l’ammenda per i tre anni in questione.

228    In particolare, risulterebbe dai punti 152 e 154 della decisione impugnata, nonché da taluni documenti versati al fascicolo, che già a partire dal 1998 i contatti fra i trasformatori si sarebbero svolti nel contesto degli accordi interprofessionali e al fine di predisporli. Riunioni di tal tipo fra i trasformatori si sarebbero poi protratte per tutto il periodo durante il quale l’APTI era incaricata di negoziare accordi interprofessionali con la Unitab. La Transcatab fa riferimento specificamente ai punti 104, 143, 151‑153, 158 e 165 della decisione impugnata. Per quanto riguarda il 1999, solo i punti 158 e 159 della decisione impugnata non riguarderebbero direttamente accordi interprofessionali. Tuttavia, essi li riguarderebbero indirettamente. Anche dopo il 1999 i contatti fra i trasformatori sarebbero sempre intervenuti nell’ambito della definizione di una posizione comune da tenere all’interno dell’APTI. La Transcatab cita a titolo di esempio i punti 199 e 212 della decisione impugnata oppure, nell’ambito degli obiettivi perseguiti attraverso il Cogentab – l’associazione creata dall’APTI e dall’Unitab –, i punti 187‑189, 191 e 208 della decisione impugnata. Comunque, i contatti avvenuti fra i trasformatori al di fuori degli accordi interprofessionali si sarebbero limitati a taluni aspetti del mercato, concretizzandosi principalmente in semplici scambi di informazioni.

229    In secondo luogo, la Transcatab avrebbe dimostrato, nell’ambito del secondo motivo, che l’intesa non ha avuto alcun impatto sul mercato e che essa non ha potuto causare danni ai consumatori. Orbene, secondo gli orientamenti, lo scopo della maggiorazione nei casi di infrazioni di lunga durata sarebbe esattamente quello di «sanzionare realmente le restrizioni che hanno arrecato un pregiudizio durevole ai consumatori». Ne risulterebbe che, applicando automaticamente una maggiorazione del 10% per anno senza prendere in considerazione la situazione nel caso concreto, la Commissione avrebbe commesso un errore nell’applicazione dei criteri da essa stessa fissati per il calcolo dell’ammenda.

230    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

–       Sulla maggiorazione dell’ammenda in ragione della durata dell’accordo

231    Occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza, una violazione dell’art. 81, n. 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o persino da un comportamento continuato (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, punto 90 supra, punto 81). Ove le diverse azioni facciano parte di un piano d’insieme, a causa del loro identico oggetto, consistente nel distorcere il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 88 supra, punto 258).

232    Inoltre, qualora gli accordi e le pratiche concordate accertati si iscrivano, data l’identità dei loro scopi, in sistemi di riunioni periodiche, di fissazione di obiettivi in materia di prezzi e di quote, sistemi che si iscrivano a loro volta in una serie di iniziative delle imprese in questione miranti ad un unico scopo economico, ossia quello di falsare l’andamento dei prezzi, sarebbe artificioso frazionare tale comportamento continuato, caratterizzato da un’unica finalità, ravvisandovi più infrazioni distinte, mentre si tratta al contrario di un’infrazione unica che si è gradualmente concretata sia attraverso accordi sia attraverso pratiche concordate (v. in tal senso sentenza BST/Commissione, punto 222 supra, punto 33, e la giurisprudenza ivi citata).

233    Nella fattispecie, nella decisione impugnata, la Commissione ha considerato, senza che la Transcatab contesti tale analisi, che le pratiche dei trasformatori hanno dato luogo ad un’infrazione unica e continuata dell’art. 81, n. 1, CE in quanto esse si sono inserite nel contesto di un piano globale che definiva i comportamenti sul mercato in materia di acquisto, avendo un identico oggetto anticoncorrenziale ed una medesima finalità economica, ossia quella di falsare il normale andamento dei prezzi sul mercato del tabacco greggio e di controllare, con la loro ripartizione, gli approvvigionamenti. La Commissione ha evidenziato in particolare, senza che la Transcatab contesti tale punto, che l’intesa ha avuto gli stessi obiettivi durante tutta la sua durata e ha presentato la stessa struttura nel tempo nonché gli stessi meccanismi di funzionamento (v. punti 264‑269 della decisione impugnata).

234    La Commissione ha altresì constatato, senza essere contraddetta al riguardo dalla Transcatab, che dopo il 1999, contemporaneamente al coordinamento al di fuori degli accordi interprofessionali, i trasformatori si sono coordinati al fine di determinare il comportamento dell’APTI e che tale coordinamento rappresentava, in quegli anni, un elemento importante della strategia di intesa dei trasformatori (v. punto 244 della decisione impugnata). Pertanto, la preparazione delle riunioni dell’APTI perseguiva la medesima finalità anticoncorrenziale perseguita dalla conclusione di accordi fra i trasformatori, cioè quella di falsare il normale andamento dei prezzi sul mercato del tabacco greggio.

235    Orbene, in mancanza di contestazione di tali valutazioni, anche qualora, come sostiene la Transcatab, a partire dal 1999, le riunioni fra i trasformatori abbiano avuto soltanto carattere preliminare e preparatorio delle riunioni dell’APTI, la Commissione poteva legittimamente considerare che la partecipazione a dette riunioni rientrasse nell’ambito di un’infrazione unica e continuata, poiché essa ha accertato che il coordinamento fra trasformatori al fine di determinare il comportamento dell’APTI faceva parte della strategia di intesa e rientrava nella medesima unica finalità perseguita dai trasformatori prima del 1999.

236    Di conseguenza, anche supponendo che, come sostiene la Transcatab, dopo il 1999 i comportamenti dei trasformatori siano stati esclusivamente preliminari e preparatori delle riunioni dell’APTI, tale circostanza non può affatto incidere sulla durata dell’infrazione, di modo che la Commissione, anche in questo caso ipotetico, avrebbe comunque potuto considerare che l’infrazione commessa dai trasformatori aveva avuto una durata di circa sei anni e quattro mesi. Pertanto, la censura della Transcatab attinente al fatto che durante il periodo tra il 1999 ed il 2002 i comportamenti dei trasformatori avrebbero avuto natura esclusivamente preparatoria della conclusione degli accordi interprofessionali non può in alcun modo incidere sulla legittimità della decisione impugnata, e deve quindi essere considerata inoperante.

237    Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dall’argomento relativo al fatto che la Commissione ha ritenuto che fosse l’APTI, e non i suoi membri, a dover essere considerata responsabile dei suoi comportamenti (v. punto 253 della decisione impugnata). Infatti, i comportamenti dell’APTI hanno rappresentato un’infrazione diversa da quella commessa dai trasformatori che perseguiva una propria finalità anticoncorrenziale, anche se parzialmente coincidente con la finalità anticoncorrenziale perseguita dai trasformatori (v. punti 270‑273 della decisione impugnata). Tale constatazione non è contestata dalla Transcatab.

238    In ogni caso, va rilevato che la censura in esame è carente anche in fatto.

239    In primo luogo, la stessa Transcatab riconosce espressamente nelle sue memorie che, durante il periodo in questione, vi erano stati contatti fra i trasformatori «al di fuori degli accordi interprofessionali», che avrebbero riguardato «certi aspetti del mercato», e nell’ambito dei quali sarebbero avvenuti scambi di informazioni sensibili. La Transcatab afferma altresì che nello stesso periodo gli accordi conclusi sul mercato italiano del tabacco greggio sono stati «in massima parte» accordi interprofessionali conclusi tra l’Unitab e l’APTI, affermazione che lascia intendere che, durante tale periodo, vi sono stati anche altri accordi fra trasformatori oltre ai contatti relativi agli accordi interprofessionali.

240    In secondo luogo, risulta dalla decisione impugnata e dal fascicolo che durante tale periodo i contatti fra trasformatori sono andati ben al di là di semplici incontri preliminari diretti all’adozione di una linea di condotta comune all’interno dell’APTI per la negoziazione degli accordi interprofessionali. A tal riguardo, occorre rammentare che, conformemente alla legge 16 marzo 1988, n. 88, sulle norme sugli accordi interprofessionali e sui contratti di coltivazione e vendita dei prodotti agricoli (GURI n. 69 del 23 marzo 1988; in prosieguo: la «legge n. 88/88»), gli accordi interprofessionali riguardavano la fissazione dei prezzi minimi da inserire nei contratti di coltivazione (v. punti 68 e 253 della decisione impugnata), mentre l’oggetto degli accordi fra i trasformatori era molto più ampio, poiché l’intesa prevedeva segnatamente la fissazione dei prezzi di consegna massimi o medi, nonché i volumi di tabacco che dovevano essere acquistati dai singoli trasformatori e le rispettive fonti di approvvigionamento (punto 363 della decisione impugnata).

241    Orbene, emerge da diversi elementi contenuti nella decisione impugnata e nel fascicolo che, anche a partire dal 1999, i contatti fra i trasformatori hanno riguardato un oggetto più ampio del mero coordinamento della posizione dell’APTI per la conclusione degli accordi interprofessionali.

242    Infatti, ad esempio, risulta dal punto 186 della decisione impugnata che, secondo la Commissione, nell’ottobre 1999, i trasformatori hanno concluso un accordo segreto la cui struttura ed il cui contenuto erano molto simili all’accordo di Villa Grazioli del settembre 1998 (v. punto 142 della decisione impugnata). Tale accordo, allegato al controricorso, riguardava principalmente la fissazione dei prezzi di acquisto del tabacco greggio (Burley e Bright) presso «imballatori terzi», la ripartizione degli «imballatori terzi» secondo quantitativi ben definiti dai singoli trasformatori e il boicottaggio degli «imballatori terzi» che non avevano aderito alla Cogentab (v. punto 186 della decisione impugnata).

243    Inoltre, risulta dai punti 202‑204 della decisione impugnata che nel 2000 il coordinamento fra i trasformatori è stato continuo. Tuttavia, la Transcatab non dimostra affatto che tale coordinamento riguardasse esclusivamente le posizioni da adottare all’interno dell’APTI. Al contrario, emerge dal punto 204 della decisione impugnata che i trasformatori si erano incontrati il 21 settembre 2000 per creare un meccanismo di coordinamento fra i trasformatori al livello dei responsabili degli acquisti.

244    Emerge anche dal punto 212 della decisione impugnata che il 14 settembre 2001 si è svolta una riunione tra i presidenti ed i responsabili degli acquisti della Deltafina, della Dimon e della Transcatab il cui ordine del giorno proposto comprendeva non solo l’accordo interprofessionale tra l’APTI e l’Unitab, ma altresì il rapporto reciproco tra dette imprese, gli acquisti presso «imballatori terzi», i rapporti con la Romana Tabacchi nonché le strategie per il futuro.

245    Tutti tali esempi mostrano che, nel periodo compreso tra il 1999 e il 2002, i contatti fra i trasformatori non hanno avuto esclusivamente per oggetto gli accordi interprofessionali, come sostiene la Transcatab e che, al contrario, durante tale periodo, l’intesa fra i trasformatori ha continuato a funzionare parallelamente agli accordi interprofessionali. D’altronde, la Transcatab non ha dimostrato in alcun modo che la Commissione avrebbe commesso un errore non considerando che, durante il periodo compreso tra il 1999 e il 2002, i comportamenti dei trasformatori avevano avuto esclusivamente una natura preparatoria rispetto alla conclusione degli accordi interprofessionali.

246    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che deve essere respinta la prima censura della Transcatab sollevata nell’ambito della presente parte.

–       Sull’assenza di pregiudizio per i consumatori

247    L’argomento della Transcatab attinente ad un errore della Commissione nella maggiorazione del 10% annua alla luce della mancanza di pregiudizio per i consumatori derivante dall’infrazione è carente tanto in diritto quanto in fatto.

248    In primo luogo, non si può dedurre né dall’art. 23 del regolamento n. 1/2003, né dal punto 1 B, terzo comma, degli orientamenti, su cui si fonda la Transcatab, che questi ultimi subordinerebbero la maggiorazione dell’ammenda per le infrazioni di lunga durata alla produzione durevole di effetti pregiudizievoli nei confronti dei consumatori. Il passaggio degli orientamenti cui fa riferimento la Transcatab è diretto a giustificare in termini generali la politica in materia di ammende formulata con gli orientamenti, e in particolare le modifiche rispetto alla prassi precedente. La Transcatab non può quindi fondare il proprio argomento su tale disposizione degli orientamenti.

249    In secondo luogo, contrariamente a quanto sostiene la Transcatab, non è affatto dimostrato che l’intesa non abbia avuto un impatto sul mercato e, pertanto, ancor meno che essa non abbia prodotto effetti negativi per i consumatori. Infatti, i dati evocati dalla Transcatab nell’ambito del secondo motivo non consentono di provare un’assenza di effetti del genere, atteso che essi possono essere stati influenzati da altri fattori (v., in particolare, punto 168 supra). La circostanza che l’intesa sia durata diversi anni mostra d’altronde che i trasformatori non ritenevano che l’intesa fosse inutile e che essa non producesse effetti. È quindi erronea la premessa dell’argomento della Transcatab.

250    Alla luce di quanto precede, la prima parte del terzo motivo deve quindi essere disattesa nel suo insieme.

 Sulla seconda parte del terzo motivo, attinente alla violazione del principio ne bis in idem e ad un difetto di motivazione

 Argomenti delle parti

251    La Transcatab fa valere una violazione del principio ne bis in idem da parte della Commissione. Quest’ultima avrebbe considerato nella decisione impugnata che la responsabilità della conclusione degli accordi interprofessionali nel periodo compreso tra il 1999 ed il 2002 doveva essere imputata esclusivamente all’APTI. Tuttavia, non distinguendo il periodo 1995‑1998 dal periodo 1999‑2002, essa avrebbe attribuito ai trasformatori la responsabilità dei comportamenti tenuti nell’ambito degli accordi interprofessionali, comportamenti che aveva già imputato esclusivamente all’APTI.

252    Nella fattispecie, vi sarebbe un’identità tra i fatti contestati all’APTI e quelli contestati alla Transcatab per il periodo 1999‑2002, poiché le riunioni fra i trasformatori in detto periodo erano prodromiche alle riunioni dell’APTI. Inoltre, vi sarebbe un’identità di contravventori, in quanto sarebbe noto che le associazioni professionali sono l’espressione dei loro membri. La Commissione pertanto avrebbe sanzionato i trasformatori due volte per una medesima infrazione. Questi ultimi sarebbero stati sanzionati una prima volta in qualità di membri dell’APTI e successivamente a titolo individuale. Ne deriverebbe l’irrogazione di un’ammenda eccessiva ai trasformatori e una carenza di motivazione della decisione sul punto.

253    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

254    In via preliminare, occorre rammentare che il principio ne bis in idem, altresì sancito dall’art. 4 del protocollo n. 7 della convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione di cui il giudice garantisce il rispetto. Nel settore del diritto della concorrenza, tale principio vieta che un’impresa sia condannata o perseguita nuovamente dalla Commissione per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata già sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione della Commissione non più suscettibile di impugnazione (sentenze del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑224/00, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. II‑2597, punti 85 e 86, e Tokai Carbon e a./Commissione, punto 224 supra, punti 130 e 131). L’applicazione del principio del ne bis in idem è soggetta ad una triplice condizione di identità dei fatti, di unicità del contravventore e di unicità dell’interesse giuridico tutelato. Tale principio vieta quindi di sanzionare lo stesso soggetto più di una volta per un medesimo comportamento illecito, al fine di tutelare lo stesso bene giuridico (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 88 supra, punto 338, e sentenza del Tribunale 13 dicembre 2006, cause riunite T‑217/03 e T‑245/03, FNCBV e a./Commissione, Racc. pag. II‑4987, punto 340).

255    Nella fattispecie non sussiste il primo requisito, cioè l’identità dei fatti. Infatti, anche supponendo che vi sia stata una certa sovrapposizione tra una parte dei diversi comportamenti anticoncorrenziali contestati ai trasformatori, in particolare il coordinamento al fine di determinare il comportamento dell’APTI (punto 244 della decisione impugnata), e il comportamento contestato all’APTI, cioè la determinazione della posizione che essa avrebbe adottato durante i negoziati sui prezzi ai fini della conclusione di accordi interprofessionali con l’Unitab (punti 253 e 254 della decisione impugnata), è giocoforza constatare che si tratta di due comportamenti differenti. Infatti, il coordinamento che precede l’adozione di una decisione è diverso dall’adozione della decisione propriamente detta.

256    Inoltre, come si è rilevato nell’ambito della prima parte del presente motivo, il coordinamento fra trasformatori per determinare il comportamento dell’APTI rientrava nella più ampia strategia dell’intesa dei trasformatori, di cui esso costituiva un elemento importante (v. punto 244 della decisione impugnata). A tal riguardo, va altresì rilevato che, nella decisione impugnata, la Commissione ha esposto in modo chiaro e preciso che l’APTI e i trasformatori sono stati sanzionati per infrazioni diverse (v., per l’APTI, punti 253, 254 e 270‑273 e, per i trasformatori, punti 240‑252 nonché 264‑269 della decisione impugnata).

257    Pertanto, la Transcatab non può sostenere che nel caso di specie sussisteva un’identità tra i fatti contestati ai trasformatori e quelli contestati all’APTI.

258    Per quanto riguarda il secondo requisito, cioè l’identità dei contravventori, è giocoforza constatare che anch’esso non sussiste nel caso di specie. Infatti, anche se la Transcatab è un membro dell’APTI, si tratta di due diverse entità, poiché l’APTI ha una personalità giuridica, un oggetto ed obiettivi propri, indipendenti e distinti da quelli della Transcatab (v., in tal senso, sentenza FNCBV e a./Commissione, punto 254 supra, punto 128).

259    Ne consegue che, nella fattispecie, non sussiste né l’identità dei fatti, né l’identità dei contravventori, atteso che la decisione impugnata non sanziona ripetutamente le stesse entità o le stesse persone per gli stessi fatti. Pertanto, si deve concludere che il principio ne bis in idem non è stato violato.

260    Per quanto riguarda la censura attinente al difetto di motivazione, occorre rilevare che, poiché i comportamenti contestati ai trasformatori e quelli contestati all’APTI erano comportamenti diversi, tenuti da diversi soggetti giuridici, la Commissione non era tenuta a fornire motivazioni attinenti all’applicazione del principio ne bis in idem. Inoltre, nella decisione impugnata la Commissione non ha affatto confuso la responsabilità dell’APTI e quella dei trasformatori. In particolare, conformemente alla giurisprudenza riportata al punto 174 supra, i punti citati al punto 256 supra fanno apparire in maniera chiara e non equivoca l’iter logico seguito della Commissione a tal riguardo, consentendo così alla Transcatab di conoscere le ragioni del provvedimento adottato nei suoi confronti ed al Tribunale di esercitare il suo controllo.

261    Alla luce di quanto precede, la parte in esame deve essere integralmente respinta.

 Sulla terza parte del terzo motivo, attinente ad una violazione del principio di parità di trattamento

 Argomenti delle parti

262    In via subordinata, la Transcatab fa valere che i trasformatori, nel contrattare con la parte agricola, erano convinti di muoversi nell’ambito della legislazione nazionale, ed in particolare della legge n. 88/88 e degli accordi interprofessionali. Per quanto riguarda gli accordi interprofessionali, la Commissione avrebbe riconosciuto che l’ambito normativo applicabile poteva generare un notevole grado di incertezza quanto alla legittimità delle pratiche dell’APTI. Per tale ragione, essa avrebbe inflitto all’APTI un’ammenda simbolica di soli EUR 1 000. La Transcatab si interroga sulla mancata applicazione dello stesso iter logico al suo caso, nonostante l’ampia prova fornita a dimostrazione del fatto che i comportamenti contestati ai trasformatori negli anni 1999‑2002 si riferiscono quasi esclusivamente a pre-contatti finalizzati a determinare una posizione comune in seno all’APTI. La diversa valutazione dei comportamenti dell’APTI e della Transcatab comporterebbe una violazione del principio di parità di trattamento.

263    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

264    Va rammentato che, come emerge dalla giurisprudenza citata supra al punto 202, il principio della parità di trattamento viene trasgredito solo quando situazioni analoghe siano trattate in maniera differente o quando situazioni diverse siano trattate in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia oggettivamente giustificato.

265    Nella fattispecie, in primo luogo, va rilevato che, come già constatato nell’ambito della seconda parte del presente motivo (v. punto 256 supra), i trasformatori e l’APTI sono stati sanzionati per infrazioni diverse (v., rispettivamente, punti 240‑252 e 253 e 254 della decisione impugnata).

266    Orbene, per quanto riguarda specificamente il periodo a partire dal 1999, emerge dalla decisione impugnata che i trasformatori sono stati sanzionati per una serie di comportamenti anticoncorrenziali rientranti in una medesima strategia di intesa che era iniziata ben prima del 1999. I trasformatori sono stati, infatti, sanzionati tanto per il coordinamento dei loro prezzi al di fuori degli accordi interprofessionali, quanto per l’attività parallela di coordinamento diretta a determinare il comportamento dell’APTI (v., in particolare, punto 244 della decisione impugnata).

267    L’APTI, invece, è stata considerata responsabile solo per i comportamenti legati alla conclusione degli accordi interprofessionali. La Commissione ha ritenuto che l’APTI non potesse essere considerata responsabile dell’infrazione unica e continuata dei trasformatori, in quanto il fascicolo della Commissione non conteneva alcun elemento che indicasse che tale associazione avesse sottoscritto il piano complessivo messo in atto dai trasformatori e diretto a coordinare tutti i loro comportamenti in materia di acquisto, ovvero che ne fosse al corrente (v. punti 270 e 271 della decisione impugnata).

268    In secondo luogo, emerge dalla decisione impugnata che, anche dopo il 1999, la portata dell’intesa fra i trasformatori oltrepassava ampiamente l’ambito di applicazione della legge n. 88/88 (v. altresì punti 240‑245 supra). La Transcatab non può quindi sostenere che il contesto normativo avrebbe giustificato l’applicazione ai trasformatori di un’ammenda simbolica come quella inflitta all’APTI (v., a tal riguardo, le considerazioni svolte ai punti 298‑311 infra).

269    Di conseguenza, occorre concludere che la situazione dei trasformatori, e in particolare della Transcatab, e quella dell’APTI per quanto riguarda le infrazioni relative al periodo 1999‑2002 non sono paragonabili. Pertanto, la Transcatab non può far valere la violazione del principio di parità di trattamento.

270    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere integralmente il terzo motivo.

4.     Sul quarto motivo, attinente a talune circostanze attenuanti

 Sulla prima parte del quarto motivo, attinente alla circostanza attenuante relativa alla mancata attuazione dell’intesa

 Argomenti delle parti

271    La Transcatab contesta anzitutto alla Commissione di non averle accordato il beneficio della circostanza attenuante, prevista al punto 3, secondo trattino, degli orientamenti, relativa alla mancata applicazione effettiva degli accordi o delle pratiche illecite. Essa sostiene di aver già dimostrato, nell’ambito della prima parte del secondo motivo, che i trasformatori non avevano dato attuazione alla maggior parte dei loro accordi. Tale constatazione risulterebbe dall’assenza di effetti di tali accordi sul mercato.

272    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

273    in primo luogo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la circostanza attenuante prevista al punto 3, secondo trattino, degli orientamenti, relativa alla mancata applicazione degli accordi o delle pratiche illecite, è fondata sul comportamento individuale di ciascuna impresa. Ne discende che, ai fini della valutazione di detta circostanza attenuante, occorre prendere in considerazione non già gli effetti risultanti dall’infrazione nel suo complesso, di cui si deve tenere conto per valutare l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato ai fini della valutazione della sua gravità (punto 1 A, primo comma, degli orientamenti), bensì il comportamento individuale di ciascuna impresa, onde esaminare la gravità relativa della sua partecipazione all’infrazione (sentenze Groupe Danone/Commissione, punto 148 supra, punto 384, e Gütermann e Zwicky/Commissione, punto 146 supra, punto 178).

274    Di conseguenza, la Transcatab non può dedurre un errore della Commissione nell’applicazione della circostanza attenuante in questione fondandosi sul mancato impatto concreto dell’infrazione sui prezzi.

275    In secondo luogo, e in ogni caso, va altresì rammentato che dalla giurisprudenza emerge chiaramente che per beneficiare del punto 3, secondo trattino, degli orientamenti, i contravventori devono dimostrare di aver adottato un comportamento concorrenziale o, perlomeno, di aver chiaramente e significativamente infranto gli obblighi di attuazione dell’intesa, sì da perturbarne lo stesso funzionamento e di non aver dato l’impressione di aderire all’accordo, così da non istigare altre imprese ad attuare l’intesa di cui trattasi (sentenze del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑50/00, Dalmine/Commissione, Racc. pag. II‑2395, punto 292, e, in tal senso, 15 marzo 2006, causa T‑26/02, Daiichi Pharmaceutical/Commissione, Racc. pag. II‑713, punto 113).

276    Orbene, nella specie, la Transcatab non afferma affatto di essersi chiaramente e considerevolmente opposta all’attuazione dell’intesa di cui trattasi al punto da averne perturbato il funzionamento. Di conseguenza, essa non può far valere un errore della Commissione per il fatto che essa non le ha accordato il beneficio della circostanza attenuante in questione.

277    Occorre infine constatare, da un lato, che la Commissione ha accertato, al punto 383 della decisione impugnata, che l’intesa era stata posta in atto e, dall’altro, che, sostenendo essa stessa che la «maggior parte» degli accordi non era stata attuata, la Transcatab riconosce che le intese in questione sono state, quantomeno parzialmente, poste in atto (v. punto 239 supra).

278    Alla luce di quanto precede, la parte in esame deve essere respinta.

 Sulla seconda parte del quarto motivo, attinente alla circostanza attenuante relativa alla cessazione delle attività controverse prima dell’intervento della Commissione

 Argomenti delle parti

279    La Transcatab contesta alla Commissione di non averle accordato il beneficio della circostanza attenuante, prevista al punto 3, terzo trattino, degli orientamenti, attinente alla cessazione delle infrazioni sin dai primi interventi della Commissione. 

280    In primo luogo, gli orientamenti non collegherebbero in alcun modo l’applicazione di tale circostanza attenuante al carattere più o meno grave dell’infrazione, di modo che detta circostanza attenuante sarebbe stata applicata altresì in casi di infrazioni gravi e molto gravi. In secondo luogo, successivamente ai primi interventi della Commissione, la Transcatab non avrebbe posto in essere alcun comportamento che potesse costituire una violazione della normativa sulla concorrenza. In terzo luogo, la Commissione avrebbe trascurato le peculiarità del settore del tabacco greggio. In quarto luogo, la mancata applicazione di detta circostanza attenuante deriverebbe da un mutamento di giurisprudenza in materia di ammende, sancito dal Tribunale nella sentenza 15 giugno 2005, cause riunite T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, Tokai Carbon e a./Commissione (non pubblicata nella Raccolta). Tale orientamento giurisprudenziale, intervenuto dopo l’inizio del procedimento, lederebbe il legittimo affidamento della Transcatab, che si sarebbe aspettata di ottenere una riduzione dell’ammenda, avendo posto fine al proprio comportamento illecito sin dai primi interventi della Commissione. 

281    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

282    Si deve rammentare che, ai sensi del punto 3, terzo trattino, degli orientamenti, l’importo di base dell’ammenda fissata dalla Commissione può essere ridotto qualora l’impresa incriminata cessi l’infrazione sin dai primi interventi della Commissione.

283    Tuttavia, secondo la giurisprudenza, una riduzione dell’ammenda a seguito della cessazione di un’infrazione sin dai primi interventi della Commissione non può essere automatica, bensì dipende da una valutazione delle circostanze di specie da parte della Commissione, nell’ambito del suo potere discrezionale (v. sentenza Carbone‑Lorraine/Commissione, punto 147 supra, punto 228, e la giurisprudenza ivi citata). Le circostanze di specie possono quindi condurre la Commissione a non accordare una siffatta diminuzione dell’importo di base dell’ammenda a un’impresa che partecipa ad un accordo illecito (sentenza 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, punto 162 supra, punto 148).

284    Infatti la Corte ha dichiarato che riconoscere il beneficio di una circostanza attenuante in fattispecie in cui un’impresa sia parte di un accordo manifestamente illegittimo, di cui sapesse o non potesse ignorare che costituiva un’infrazione, potrebbe incitare le imprese a perseguire un accordo segreto fintantoché possibile, sperando che il loro comportamento non venga mai scoperto, nella consapevolezza che, nel caso in cui il loro comportamento fosse effettivamente scoperto, esse potrebbero comunque ottenere una riduzione dell’ammenda interrompendo a quel punto l’infrazione. Un siffatto riconoscimento priverebbe l’ammenda inflitta di qualsivoglia effetto dissuasivo e pregiudicherebbe l’effetto utile dell’art. 81, n. 1, CE (sentenza 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, punto 162 supra, punto 149). Inoltre, il Tribunale ha già espressamente considerato che la cessazione di una infrazione commessa intenzionalmente non può essere considerata una circostanza attenuante quando è stata determinata dall’intervento della Commissione (sentenze del Tribunale 11 marzo 1999, causa T‑157/94, Ensidesa/Commissione, Racc. pag. II‑707, punto 498, e Wieland‑Werke e a./Commissione, punto 180 supra, punto 229).

285    Nella fattispecie, l’infrazione in questione riguarda un’intesa segreta avente ad oggetto, segnatamente, la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei fornitori e dei quantitativi da acquistare. Pertanto, come si è rilevato al punto 137 supra, tale tipo di intesa è espressamente vietato dall’art. 81, n. 1, lett. a) e b), CE, e rappresenta un’infrazione che la giurisprudenza considera particolarmente grave dal momento che essa comporta un intervento diretto sui parametri essenziali della concorrenza nel mercato considerato. Inoltre, nel caso di specie, come si è rilevato al punto 170 supra, i trasformatori hanno consapevolmente tenuto i comportamenti anticoncorrenziali per i quali sono stati sanzionati e hanno convenuto a più riprese misure destinate a garantire l’effettiva attuazione dell’intesa.

286    Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza riportata ai punti 283 e 284 supra, la Transcatab non può sostenere che la Commissione ha commesso un errore non applicandole la circostanza attenuante fatta valere.

287    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti specifici formulati dalla Transcatab.

288    Infatti, alla luce della giurisprudenza sopra menzionata, la circostanza che la Transcatab non abbia tenuto alcun comportamento illecito dopo i primi interventi della Commissione non comporta che quest’ultima abbia l’obbligo di applicare la circostanza attenuante in questione. Inoltre, le peculiarità del settore, come l’assenza di precedenti fatta valere dalla Transcatab e la sua regolamentazione, se da un lato possono eventualmente svolgere un ruolo nella valutazione di altre circostanze attenuanti (v., in particolare, la terza e la quinta parte del motivo in esame), non costituiscono tuttavia elementi rilevanti nell’applicazione della circostanza attenuante in questione.

289    Quanto, infine, all’asserita violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, occorre rammentare che, come ricordato al punto 208 supra, secondo la giurisprudenza, il diritto di avvalersi di tale principio presuppone la sussistenza di tre condizioni. In primo luogo, assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, devono essere state fornite all’interessato dall’amministrazione. In secondo luogo, tali assicurazioni devono essere idonee a generare fondate aspettative nel soggetto a cui si rivolgono. In terzo luogo, le assicurazioni fornite devono essere conformi alle norme vigenti (v. giurisprudenza citata supra al punto 208).

290    A tal riguardo, è sufficiente rilevare che il primo di tali requisiti non sussiste nel caso di specie, poiché la Transcatab non può far valere alcuna assicurazione precisa, incondizionata e concordante, proveniente dalla Commissione, secondo cui essa avrebbe ottenuto una riduzione dell’ammenda ponendo fine al proprio comportamento illecito sin dai primi interventi della Commissione.

291    Inoltre, va ricordato che il mero fatto che la Commissione abbia considerato, nella sua prassi decisionale precedente, che taluni elementi rappresentavano circostanze attenuanti ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda non comporta che essa sia obbligata a svolgere la stessa valutazione in una decisione successiva (sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑347/94, Mayr-Melnhof/Commissione, Racc. pag. II‑1751, punto 368, e LR AF 1998/Commissione, punto 180 supra, punto 337). Pertanto, la Transcatab non può trarre argomenti dal fatto che detta circostanza attenuante è stata applicata in altri casi di infrazioni. Peraltro, la sentenza 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, punto 280 supra, cui fa riferimento il punto 382 della decisione impugnata, non costituisce affatto un mutamento giurisprudenziale, in quanto, come osserva giustamente la Commissione, il Tribunale aveva già espressamente considerato, prima di tale sentenza, che la cessazione d’una infrazione commessa intenzionalmente non può essere considerata come una circostanza attenuante quando sia stata determinata dall’intervento della Commissione (sentenze del Tribunale 11 marzo 1999, causa T‑156/94, Aristrain/Commissione, Racc. pag. II‑645, punto 137, e Ensidesa/Commissione, punto 284 supra, punto 498). Ne consegue che la Transcatab non può avvalersi di un legittimo affidamento a tale riguardo.

292    Alla luce delle considerazioni che precedono si deve pertanto respingere la seconda parte del quarto motivo.

 Sulla terza parte del quarto motivo, attinente alla circostanza attenuante relativa all’esistenza di un ragionevole dubbio quanto al carattere illecito del comportamento controverso

293    Nell’ambito della presente parte, la Transcatab solleva in sostanza due censure. Da un lato, essa fa valere un errore in quanto la Commissione non ha applicato la circostanza attenuante attinente all’esistenza di un ragionevole dubbio sul carattere illecito del comportamento controverso. Dall’altro, essa fa valere una violazione del principio di parità di trattamento rispetto al procedimento Tabacco greggio – Spagna.

 Sull’esistenza di un ragionevole dubbio quanto al carattere illecito del comportamento controverso

–       Argomenti delle parti

294    La Transcatab sostiene che l’esistenza di un contesto giuridico europeo e nazionale confuso ha creato un ragionevole dubbio riguardo al carattere illecito dei comportamenti dei trasformatori di tabacco greggio e dell’APTI in Italia. Di conseguenza, la Commissione avrebbe dovuto applicare la circostanza attenuante prevista al punto 3, quarto trattino, degli orientamenti e, quantomeno, ridurre l’ammenda inflitta ai singoli trasformatori. La Commissione non avrebbe motivato il rigetto della domanda di concessione di tale circostanza attenuante presentata dalla Transcatab.

295    In particolare, la Transcatab fa valere che il regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, n. 26, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (GU 1962, 30, pag. 993) prevede, a talune condizioni, un’esenzione degli accordi necessari per il conseguimento degli obiettivi enunciati all’art. 33 CE. Orbene, gli accordi tra i trasformatori sarebbero stati considerati necessari per realizzare gli obiettivi enunciati all’art. 33 CE. Infatti, tali accordi sarebbero stati necessari per garantire il razionale sviluppo della produzione agricola e per stabilizzare e mantenere in vita il mercato italiano. Essi avrebbero avuto la funzione di limitare gli introiti degli intermediari senza ridurre, ma anzi accrescendo, il reddito degli agricoltori. La Transcatab sostiene di aver dimostrato che, considerato il particolare contesto di fatto della fattispecie, gli accordi fra i trasformatori erano diretti a realizzare gli obiettivi enunciati all’art. 33 CE. Tali considerazioni, insieme agli altri interventi dell’Unione nel settore del tabacco avrebbero fatto sorgere nei trasformatori un ragionevole dubbio quanto alla compatibilità dei comportamenti controversi con le regole di concorrenza.

296    Secondo la Transcatab, anche la normativa nazionale, in particolare la legge n. 88/88, poteva generare un notevole grado di incertezza quanto alla liceità dei comportamenti contestati. Nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe dovuto riconoscere tale circostanza per i trasformatori come lo ha fatto per l’APTI e per l’Unitab, alle quali avrebbe inflitto una sanzione simbolica di EUR 1 000.

297    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

–       Giudizio del Tribunale

298    Occorre anzitutto rilevare che la causa in esame riguarda la partecipazione ad un’intesa orizzontale, di cui i membri hanno mantenuto la segretezza per diversi anni, relativa segnatamente alla determinazione dei prezzi. Si tratta quindi di un’infrazione manifesta e molto grave dell’art. 81 CE. Inoltre, l’impresa in questione è uno dei principali trasformatori italiani di tabacco greggio appartenente ad uno dei maggiori gruppi di commercianti indipendenti di tabacco in foglie al mondo. Si tratta quindi di un’impresa che disponeva di risorse materiali e intellettuali che le consentivano di valutare le caratteristiche del suo contesto normativo e le conseguenze che potevano derivare, al riguardo, dal suo comportamento, segnatamente sotto il profilo delle regole di concorrenza. Pertanto, non si può ragionevolmente ritenere che la Transcatab abbia potuto nutrire dubbi circa il carattere illecito del proprio comportamento (v., in tal senso, sentenze Groupe Danone/Commissione, punto 148 supra, punto 406, e Carbone‑Lorraine/Commissione, punto 147 supra, punto 229).

299    Per quanto riguarda, in primo luogo, specificamente il regolamento n. 26 evocato dalla Transcatab, occorre rilevare che detto regolamento e, segnatamente, il suo art. 2, dispone una deroga all’applicabilità dell’art. 81, n. 1, CE per gli accordi, le decisioni e le pratiche riguardanti la produzione o il commercio dei prodotti elencati all’allegato I del Trattato CE – tra cui, in particolare, il tabacco greggio – che costituiscono parte integrante di un’organizzazione nazionale di mercato o che sono necessari per il conseguimento degli obiettivi enunciati nell’art. 33 CE.

300    Risulta dalla giurisprudenza che, trattandosi di una deroga alla regola di applicazione generale dell’art. 81, n. 1, CE, l’art. 2 del regolamento n. 26 deve essere interpretato restrittivamente. Peraltro, secondo costante giurisprudenza, l’art. 2, n. 1, prima frase, del regolamento n. 26, che prevede l’eccezione evocata, si applica solo se l’accordo in questione favorisce il conseguimento di tutti gli obiettivi dell’art. 33 CE. Infine, come emerge dallo stesso tenore letterale dell’art. 2, n. 1, prima frase, del regolamento n. 26, l’accordo in questione deve essere «necessario» al conseguimento di detti obiettivi (v. sentenza FNCBV e a./Commissione, punto 254 supra, punto 199, e la giurisprudenza ivi citata).

301    A tal riguardo, si deve anzitutto constatare che, ai punti 303‑313 della decisione impugnata, la Commissione ha espressamente escluso l’applicazione, nella fattispecie in esame, delle deroghe all’art. 81, n. 1, CE disposte dall’art. 2 del regolamento n. 26. La Transcatab non contesta né tale analisi né la conclusione cui giunge la Commissione, bensì si limita a far valere che la normativa in questione le aveva fatto sorgere un ragionevole dubbio di cui la Commissione avrebbe dovuto tener conto.

302    Va poi rilevato che il regolamento n. 26 prevede all’art. 2, nn. 2 e 3, una specifica procedura che consente alla Commissione di accertare a quali accordi possono essere applicate le deroghe disposte dal n. 2. Tale procedura prevede, segnatamente, la consultazione, da parte della Commissione, degli Stati membri e delle imprese o associazioni d’imprese interessate.

303    Orbene, nulla nel fascicolo indica che gli accordi fra trasformatori siano stati notificati alla Commissione per ottenere un’esenzione nell’ambito di tale specifica procedura. D’altronde, la Transcatab non sostiene che tali accordi siano stati notificati alla Commissione. Al contrario, emerge esplicitamente da taluni appunti presi durante la riunione dell’APTI del 4 aprile 2002 (v. punto 4 supra) da parte dei rappresentanti della Dimon Italia che detti accordi non sono stati notificati alla Commissione, circostanza non contestata dalla Transcatab. In mancanza di notifica e di procedimento formale, la Transcatab non può far valere che i trasformatori avevano un dubbio quanto alla possibilità che i loro accordi rientrassero nell’ambito di applicazione della deroga prevista dal regolamento n. 26. Peraltro, in un sistema come quello previsto dal regolamento n. 26, è escluso che operatori privati possano pretendere di sostituire la propria valutazione a quella della Commissione riguardo agli strumenti più appropriati per conseguire gli obiettivi fissati dall’art. 33 CE ed intraprendere così iniziative illecite che sarebbero giustificate dal fatto che essi perseguivano tali obiettivi.

304    Emerge infine dalla decisione impugnata che l’obiettivo dell’intesa era, sin dall’inizio, chiaramente anticoncorrenziale (v., ad esempio, il punto 111 della decisione impugnata). Non risulta dalle circostanze della fattispecie, e d’altronde la Transcatab non lo dimostra affatto, che i trasformatori abbiano inteso perseguire, mediante accordi illeciti, obiettivi fissati dall’art. 33 CE.

305    A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che il mantenimento di una effettiva concorrenza sui mercati dei prodotti agricoli fa parte degli obiettivi della politica agricola comune e dell’organizzazione comune dei mercati di cui trattasi (v. punto 311 della decisione impugnata e sentenza della Corte 9 settembre 2003, causa C‑137/00, Milk Marque e National Farmers’ Union, Racc. pag. I‑7975, punto 57). Pertanto, la Transcatab non può far valere che accordi manifestamente anticoncorrenziali, come l’intesa fra i trasformatori nel caso di specie, perseguivano gli obiettivi fissati dall’art. 33, n. 1, CE.

306    Alla luce di tutte tali considerazioni, si deve concludere che la Transcatab non può ragionevolmente far valere che il regolamento n. 26 le ha fatto sorgere ragionevoli dubbi quanto al carattere illecito dell’intesa in questione.

307    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la normativa nazionale, occorre rilevare che, al punto 323 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che l’intesa dei trasformatori esulava dall’ambito di applicazione della legge n. 88/88, in quanto essa mirava essenzialmente a fissare i prezzi di consegna massimi o medi, nonché a ripartire i quantitativi ed i fornitori, mentre la legge citata aveva l’obiettivo di garantire prezzi minimi agli agricoltori.

308    Pertanto, poiché le attività dell’intesa non erano ricomprese nell’ambito di applicazione della normativa nazionale, i trasformatori non potevano avere dubbi quanto al carattere illecito dei loro comportamenti fondandosi su detta normativa. 

309    Di conseguenza, e alla luce delle considerazioni esposte al punto 298 supra, si deve concludere che la Commissione non ha commesso errori non concedendo una riduzione di ammenda ai sensi della circostanza attenuante in questione.

310    Quanto alla censura sollevata nella replica, attinente all’asserito difetto di motivazione riguardo al rigetto della circostanza attenuante in questione, va ricordato che, secondo costante giurisprudenza, se è vero che la Commissione è tenuta, ai sensi dell’art. 253 CE, a motivare le proprie decisioni menzionando i dati di fatto dai quali dipende la giustificazione della decisione e le considerazioni che l’hanno indotta a adottarla, tale disposizione non prescrive che la Commissione discuta tutti i punti di fatto e di diritto eventualmente trattati durante il procedimento amministrativo (sentenza Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, punto 173 supra, punti 14 e 15, e sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑319/94, Fiskeby Board/Commissione, Racc. pag. II‑1331, punto 127).

311    Pertanto, non si possono trarre argomenti dal fatto che, nella parte della decisione impugnata dedicata alle circostanze attenuanti, la Commissione non ha spiegato le ragioni per cui essa aveva ritenuto di non dover accogliere taluni elementi fatti valere a tale titolo dalla Transcatab nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti. D’altronde, è comunque giocoforza constatare, che, ai punti 303‑324 della decisione impugnata, la Commissione ha analizzato l’incidenza nella presente fattispecie tanto del regolamento n. 26 quanto della normativa nazionale.

 Sulla differenza di trattamento rispetto al caso Tabacco greggio – Spagna

–       Argomenti delle parti

312    La Transcatab afferma che la disapplicazione da parte della Commissione della circostanza attenuante di cui trattasi, in un contesto giuridico così confuso come quello del caso di specie, ha ingenerato una forte disparità di trattamento tra i trasformatori italiani e i trasformatori spagnoli. La motivazione della decisione impugnata a questo proposito sarebbe manifestamente illogica in quanto non avrebbe tenuto conto di alcune considerazioni accolte nel caso Tabacco greggio – Spagna, che sarebbe molto simile alla presente fattispecie. In particolare, nel caso spagnolo la Commissione aveva considerato che il contesto giuridico e il comportamento del governo erano idonei a ingenerare un’incertezza tale da giustificare una riduzione del 40% dell’ammenda non solo per le associazioni professionali, bensì anche nei confronti dei singoli trasformatori.

313    Nel caso di specie, invece, in una situazione pressoché identica, la Commissione avrebbe concluso che l’intesa dei trasformatori rientrava pienamente nell’ambito di applicazione dell’art. 81 CE in quanto essa mirava essenzialmente a fissare i prezzi di consegna massimi o medi, mentre la legge n. 88/88 stabiliva prezzi minimi. Orbene, anche nel caso Tabacco greggio – Spagna la legge avrebbe previsto solo la fissazione di prezzi minimi.

314    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

–       Giudizio del Tribunale

315    Con la censura in esame, la Transcatab fa valere una violazione del principio di parità di trattamento, in quanto in un caso simile a quello di specie, segnatamente il caso Tabacco greggio – Spagna, la Commissione avrebbe applicato ai trasformatori la circostanza attenuante di cui trattasi.

316    A tal riguardo, si è già ricordato ai punti 202 e 264 supra che, conformemente ad una giurisprudenza costante, il principio della parità di trattamento viene trasgredito solo quando situazioni analoghe sono trattate in maniera differente o quando situazioni diverse siano trattate in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia oggettivamente giustificato.

317    Nella fattispecie, una comparazione delle due decisioni di cui trattasi per quanto riguarda l’incidenza dell’ambito normativo nazionale sulle pratiche contestate mostra che le due situazioni erano caratterizzate da notevoli differenze. In particolare, emerge dai punti 52 e segg., 349 e segg., 426‑429, 437 e 438 della decisione sul caso Tabacco greggio – Spagna che, in Spagna, le autorità pubbliche avevano svolto un ruolo rilevante nei negoziati degli accordi tra produttori e trasformatori. Si trattava di negoziati considerati «pubblici». In Spagna esisteva anche una «prassi ministeriale diretta ad autorizzare e ad incoraggiare le parti a negoziare collettivamente le condizioni di acquisto e di vendita del tabacco, compresi i prezzi» (punto 60 della decisione nel caso Tabacco greggio – Spagna). La Commissione ne ha dedotto che «le contrattazioni pubbliche tra i rappresentanti dei produttori e i trasformatori [avevano] determinato, in certa misura almeno, il contesto materiale (specie riguardo alle occasioni di accordo e di adozione di una posizione comune) nell’ambito del quale i trasformatori [avevano] potuto sviluppare non solo la posizione comune che avrebbero adottato nel corso delle negoziazioni pubbliche, ma anche la strategia segreta sui prezzi di consegna medi (massimi) e sui quantitativi» (punto 438 della decisione nel caso Tabacco greggio – Spagna). È sostanzialmente per questa ragione che la Commissione ha concesso una riduzione del 40% dell’importo di base delle ammende inflitte ai trasformatori spagnoli.

318    Orbene, è giocoforza constatare che le autorità pubbliche non hanno svolto un ruolo del genere nei negoziati fra trasformatori e produttori nella presente fattispecie.

319    La Transcatab non può quindi far valere che, non applicando la circostanza attenuante in questione, la Commissione ha violato il principio di parità di trattamento.

320    Infine, per quanto riguarda l’argomento attinente ad un’illogica motivazione, è giocoforza constatare che la Transcatab si limita ad effettuare un rinvio molto generale alla decisione nel caso Tabacco greggio – Spagna, senza precisare quali sarebbero le considerazioni che non sono state accolte nella decisione impugnata e che renderebbero illogica la motivazione di tale decisione.

321    La terza parte del quarto motivo deve quindi essere respinta integralmente.

 Sulla quarta parte del quarto motivo, attinente alla circostanza attenuante relativa all’effettiva collaborazione della Transcatab nel corso del procedimento

 Argomenti delle parti

322    La Transcatab afferma, in primo luogo, che la Commissione avrebbe dovuto applicarle la circostanza attenuante prevista dal punto 3, sesto trattino, degli orientamenti, relativa alla collaborazione effettiva dell’impresa al procedimento al di fuori del campo di applicazione della comunicazione sulla cooperazione. Essa sostiene che la sua cooperazione con la Commissione è stata totale durante tutto il procedimento ed è andata al di là della cooperazione richiesta nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione. Essa fa specifico riferimento a dichiarazioni spontanee del suo amministratore delegato e del suo direttore degli acquisti a proposito del funzionamento dell’intesa, nonché alla valutazione positiva della sua cooperazione, svolta dai funzionari della Commissione che hanno effettuato la verifica. Inoltre, la Commissione, già in diverse occasioni, avrebbe ridotto l’importo iniziale dell’ammenda che intendeva infliggere in considerazione del comportamento cooperativo dell’impresa.

323    La Transcatab, in secondo luogo, fa valere che, non applicandole detta circostanza attenuante, ma applicandola alla Deltafina, la Commissione avrebbe violato il principio di parità di trattamento. La Commissione avrebbe concesso alla Deltafina una riduzione del 50% per la sua cooperazione in considerazione del fatto che non le era stata applicata alcuna riduzione dell’ammenda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione. Tuttavia, dalla decisione impugnata emergerebbe che la Deltafina non avrebbe osservato i propri obblighi di cooperazione derivanti dall’applicazione della comunicazione sulla cooperazione. Quindi, un’impresa che non rispetta il suo obbligo di cooperazione avrebbe ottenuto una riduzione della sua ammenda maggiore rispetto a quella ottenuta dalla Transcatab che, al contrario, avrebbe cooperato in modo costante e molto più rilevante dello strettamente necessario. Un siffatto comportamento vanificherebbe l’effetto di incentivo della comunicazione sulla cooperazione.

324    Secondo la Transcatab, il fatto che la Deltafina abbia deliberatamente violato il suo obbligo di cooperazione non connoterebbe la sua situazione come eccezionale. Quindi, secondo la Transcatab, vi sarebbero due possibilità: o il sistema della comunicazione sulla cooperazione e la circostanza attenuante attinente alla cooperazione possono coesistere, e allora la Commissione avrebbe giustamente ridotto l’ammenda della Deltafina, ma in tal caso avrebbe dovuto, per equità, applicare lo stesso trattamento alla Transcatab, che avrebbe cooperato almeno quanto la Deltafina; oppure i due sistemi non possono coesistere e quindi l’applicazione della circostanza attenuante alla Deltafina sarebbe esclusa, nel caso di specie, atteso che essa è stata la prima impresa a far valere l’applicazione della comunicazione sulla cooperazione. 

325    In via subordinata, la Transcatab chiede che le sia concessa una riduzione supplementare della sua ammenda, in misura almeno eguale a quella concessa alla Deltafina, in forza della sua collaborazione totale, al di fuori del sistema della comunicazione sulla cooperazione. 

326    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

327    Per quanto riguarda la prima censura della Transcatab, si deve ricordare che, secondo il punto 3, sesto trattino, degli orientamenti, l’importo di base di un’ammenda può essere ridotto in ragione della collaborazione effettiva dell’impresa alla procedura, al di là del campo di applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

328    Risulta dalla giurisprudenza che tale specifica circostanza attenuante si applica solo alle infrazioni che non rientrano nel campo di applicazione della comunicazione sulla cooperazione (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 88 supra, punto 380).

329    A tal riguardo, va rilevato che l’applicazione del punto 3, sesto trattino, degli orientamenti non può aver la conseguenza di privare la comunicazione sulla cooperazione del suo effetto utile. Infatti, si deve constatare che la comunicazione sulla cooperazione stabilisce le linee generali per ricompensare la cooperazione all’indagine della Commissione fornita da imprese che fanno o hanno fatto parte di cartelli segreti aventi ripercussioni negative sull’Unione. Risulta quindi dal tenore letterale e dalla ratio di detta comunicazione che le imprese, in linea di principio, possono ottenere una riduzione dell’ammenda per la loro cooperazione solo allorché soddisfino le condizioni restrittive previste da detta comunicazione.

330    Pertanto, al fine di preservare l’effetto utile della comunicazione sulla cooperazione, la Commissione può concedere una riduzione dell’ammenda ad un’impresa sulla base del punto 3, sesto trattino, degli orientamenti solo in situazioni eccezionali. Tale caso si presenta, in particolare, allorché la cooperazione di un’impresa, pur andando al di là del suo obbligo legale di cooperare senza tuttavia conferirle il diritto ad una riduzione dell’ammenda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione, riveste un’utilità obiettiva per la Commissione.

331    Nella fattispecie, risulta dai punti 493‑498 della decisione impugnata che la Commissione ha valutato, nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione, le prove fornite dalla Transcatab, nonché il suo comportamento e la durata della cooperazione durante tutto il procedimento. A tal riguardo, si deve ricordare che la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale per valutare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita da un’impresa (sentenza della Corte 10 maggio 2007, causa C‑328/05 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑3921, punto 88).

332    Poiché la Transcatab è stata la seconda impresa, dopo la Mindo, a soddisfare le condizioni previste dalla comunicazione sulla cooperazione per una riduzione dell’ammenda, la Commissione le ha accordato, sulla base della valutazione della cooperazione fornita, una riduzione della sua ammenda del 30% ai sensi di detta comunicazione, cioè una riduzione corrispondente al livello massimo della forbice prevista dalla comunicazione sulla cooperazione per la seconda impresa che soddisfa le condizioni previste per la riduzione. 

333     È quindi giocoforza constatare che la Commissione ha preso in considerazione la cooperazione fornita dalla Transcatab nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione. È peraltro innegabile che la presente fattispecie riguarda un’intesa e, di conseguenza, un’infrazione che rientra nel campo di applicazione di tale comunicazione (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 88 supra, punto 381).

334    Inoltre, la Transcatab non ha affatto dimostrato l’esistenza nel caso di specie di situazioni eccezionali che giustificassero la presa in considerazione della sua cooperazione al di fuori del campo di applicazione della comunicazione sulla cooperazione e quindi un’applicazione della circostanza attenuante prevista al punto 3, sesto trattino, degli orientamenti. Infatti, le circostanze evocate dalla Transcatab, quali le dichiarazioni spontanee o la valutazione positiva della sua cooperazione, non costituiscono elementi che possono giustificare l’applicazione di detta circostanza attenuante nel caso di specie.

335    Per quanto riguarda la seconda censura sollevata dalla Transcatab, attinente alla presunta violazione del principio di parità di trattamento in relazione all’applicazione di detta circostanza attenuante alla Deltafina, neanch’essa può essere accolta.

336    Si è già ricordato che, conformemente ad una giurisprudenza costante, il principio di parità di trattamento è violato solo quando situazioni analoghe sono trattate in modo differente o quando situazioni differenti sono trattate in modo identico a meno che un siffatto trattamento non sia oggettivamente giustificato (v. punti 202, 264 e 316 supra).

337    Orbene, è giocoforza constatare che, nel caso di specie, la situazione della Deltafina non è paragonabile a quella della Transcatab. Infatti, la Deltafina è stata la prima impresa a prendere contatto con la Commissione e a chiedere l’immunità ai sensi della comunicazione sulla cooperazione, mentre la Transcatab è stata la terza impresa a presentare una domanda alla Commissione ai sensi della stessa comunicazione. Pertanto, dopo aver concesso alla Deltafina l’immunità condizionale in forza di detta comunicazione, la Commissione, avendo constatato una violazione da parte di questa del suo obbligo di cooperazione, cui era soggetta in qualità di richiedente l’immunità, ha deciso, alla fine del procedimento, di non concederle l’immunità definitiva. La Commissione ha ritenuto che alla Deltafina non dovesse essere concessa alcuna riduzione dell’ammenda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione, la quale, a suo avviso, non le era più applicabile. È per questa ragione che la Commissione ha considerato che la situazione della Deltafina presentava caratteristiche eccezionali che giustificavano una concessione nei suoi confronti di una riduzione a titolo della circostanza attenuante in questione.

338    Discende da tali considerazioni che la situazione della Deltafina e quella della Transcatab erano alquanto diverse tra loro per quanto riguarda la valutazione della loro cooperazione, di modo che quest’ultima non può far valere una violazione del principio di parità di trattamento per il fatto che la Commissione non le ha applicato la circostanza attenuante attinente alla collaborazione effettiva durante il procedimento amministrativo.

339    La quarta parte del quarto motivo deve quindi essere respinta.

 Sulla quinta parte del quarto motivo, attinente alla circostanza attenuante relativa all’assenza di precedenti sul mercato del tabacco greggio nel momento in cui la Commissione ha iniziato le sue verifiche

 Argomenti delle parti

340    La Transcatab sostiene che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione, quale circostanza attenuante, il fatto che, nel momento in cui essa ha avviato il procedimento relativo al presente caso, non vi fosse alcun precedente relativo al mercato del tabacco greggio. La Commissione avrebbe respinto l’applicazione di tale circostanza attenuante senza fornire alcuna indicazione circa le ragioni di tale rigetto nella decisione impugnata, violando in questo modo il suo obbligo di motivazione. A sostegno del suo argomento, la Transcatab cita diversi precedenti.

341    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

342    Gli orientamenti non prevedono espressamente alcuna circostanza attenuante relativa all’assenza di precedenti sul mercato interessato dall’infrazione. L’ultimo trattino del punto 3 degli orientamenti prevede tuttavia la possibilità per la Commissione di prendere in considerazione circostanze diverse da quelle menzionate nei trattini precedenti per concedere una riduzione dell’importo di base dell’ammenda.

343    Al riguardo, va ricordato che la Commissione dispone di un potere discrezionale per quanto riguarda l’applicazione delle circostanze attenuanti (sentenza Mannesmannröhren-Werke/Commissione, punto 143 supra, punto 307). Inoltre, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione non è tenuta a ridurre le ammende qualora agisca per la prima volta in un settore particolare (sentenza del Tribunale 20 novembre 2005, causa T‑52/02, SNCZ/Commissione, Racc. pag. II‑5005, punto 84).

344    Orbene, è giocoforza constatare che la Transcatab non dimostra per quale ragione la Commissione avrebbe commesso un errore non considerando che l’assenza di precedenti nel settore del tabacco doveva condurla a ridurre la sua ammenda. La Transcatab si limita esclusivamente a far riferimento ad una serie di casi in cui la Commissione avrebbe tenuto conto, come circostanza attenuante, del fatto che l’art. 81 CE non era ancora mai stato applicato nel settore oggetto dell’ammenda.

345    Tuttavia, a tal riguardo, va rammentato che il mero fatto che la Commissione abbia considerato, nella sua prassi decisionale precedente, che taluni elementi rappresentavano circostanze attenuanti ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda non comporta che essa sia obbligata a svolgere la stessa valutazione in una decisione successiva (sentenze Mayr-Melnhof/Commissione, punto 291 supra, punto 368, e LR AF 1998/Commissione, punto 180 supra, punto 337).

346    Quanto alla censura attinente al difetto di motivazione, si è già ricordato, ai punti 310 e 311 supra, che l’art. 253 CE non prescrive che la Commissione discuta tutti i punti di fatto e di diritto eventualmente trattati durante il procedimento amministrativo e che, pertanto, non si possono trarre argomenti dal fatto che, nella parte della decisione impugnata dedicata alle circostanze attenuanti, la Commissione non ha spiegato le ragioni per cui essa aveva ritenuto di non dover accogliere taluni elementi fatti valere a detto titolo dalla Transcatab.

347    Alla luce di tali considerazioni, anche la quinta parte del quarto motivo deve essere respinta.

 Sulla sesta parte del quarto motivo, attinente alle caratteristiche socio-economiche del settore del tabacco greggio in Italia e alla crisi di tale settore

 Argomenti delle parti

348    La Transcatab sostiene che la Commissione avrebbe dovuto ridurre l’ammenda in applicazione del punto 5, lett. b), degli orientamenti in considerazione del contesto di crisi del mercato italiano e delle pressioni cui erano sottoposti i trasformatori da parte degli intermediari, anche attraverso attività illecite. Un contesto economico e sociale così particolare avrebbe reso necessaria l’adozione di provvedimenti per la sopravvivenza delle imprese di trasformazione. Vari documenti fornirebbero la prova delle enormi pressioni cui i trasformatori erano sottoposti e delle «tremende intimidazioni e minacce» che essi subivano. Inoltre, il comportamento dei trasformatori avrebbe risposto all’esigenza di contrastare il potere degli intermediari. I trasformatori avrebbero potuto resistere a tale situazione solo grazie ad intese aventi un concreto effetto dissuasivo. La Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione tale situazione accordando una riduzione dell’ammenda.

349    Inoltre, durante il periodo considerato, la Transcatab, come del resto altri trasformatori operanti in Italia, avrebbe subito perdite costanti e rilevanti e sarebbe stata posta in liquidazione. Tali constatazioni dimostrerebbero che le intese hanno avuto l’unico scopo di predisporre rimedi alla crisi nel settore e di garantirne la sopravvivenza.

350    La Transcatab sostiene che nella decisione della Commissione 2 aprile 2003, 2003/600/CE, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 81 [CE] (caso COMP/C.38.279/F3 – Carni bovine francesi) (GU L 209, pag. 12, punti 180‑185), quest’ultima ha considerato che la crisi del settore giustificava una riduzione dell’ammenda del 60%. Le peculiarità del mercato in questione sarebbero d’altronde state prese in considerazione nella giurisprudenza e in altri precedenti. Inoltre, secondo la Transcatab, il punto 5, lett. b), degli orientamenti non dovrebbe essere applicato soltanto in casi eccezionali. L’espressione «occorrerà prendere in considerazione» indicherebbe infatti che la Commissione non avrebbe alcun margine di discrezionalità riguardo alla necessità di prendere in considerazione gli elementi ivi menzionati.

351    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

352    Risulta da una giurisprudenza costante che la Commissione non è tenuta a considerare come circostanza attenuante la cattiva situazione finanziaria del settore in questione (v. sentenza 29 aprile 2004, Tokai Carbon e a./Commissione, punto 224 supra, punto 345, e la giurisprudenza ivi citata; sentenze del Tribunale 29 novembre 2005, causa T‑64/02, Heubach/Commissione, Racc. pag. II‑5137, punto 139, e Wieland‑Werke e a./Commissione, punto 180 supra, punto 227). Si è, infatti, rilevato che, generalmente, i cartelli nascono nel momento in cui un settore incontra delle difficoltà. Se si dovesse quindi seguire il ragionamento della Transcatab, l’ammenda dovrebbe essere ridotta nella quasi totalità dei casi di cartelli (v., in tal senso, sentenze Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, punto 141 supra, punto 510; 12 settembre 2007, Prym e Prym Consumer/Commissione, punto 188 supra, punto 207, e Wieland‑Werke e a./Commissione, punto 180 supra, punto 227).

353    È certamente vero che, nella prassi decisionale della Commissione, situazioni di crisi strutturale sono state talvolta considerate come circostanze attenuanti. Tuttavia, secondo la giurisprudenza citata al punto precedente, la presa in considerazione, da parte della Commissione, in casi precedenti, della situazione del settore come circostanza attenuante non implica che tale istituzione debba necessariamente continuare a osservare tale prassi (sentenze 12 settembre 2007, Prym e Prym Consumer/Commissione, punto 188 supra, punto 208, e Wieland‑Werke e a./Commissione, punto 180 supra, punto 227).

354    Pertanto, la Transcatab non può sostenere che la Commissione era tenuta a ridurre l’ammenda per la situazione di crisi del mercato italiano del tabacco greggio.

355    Inoltre, in applicazione della giurisprudenza menzionata ai punti 352 e 353 supra, nonché di quella menzionata ai punti 162 e 346 supra, occorre considerare che è irrilevante il riferimento alla decisione 2003/600. In ogni caso, va rilevato che la Commissione ha ben chiarito che la situazione in cui tale decisione era stata adottata era notevolmente diversa da quella della fattispecie in esame, in quanto, nel caso della carne bovina francese, il comportamento contestato rispondeva ad una crisi imprevista, derivante da un drammatico crollo della domanda dovuto a fattori totalmente indipendenti dalla situazione economica del settore, mentre, nel caso in esame, le difficoltà del settore esistevano da lungo tempo ed erano in gran parte di natura strutturale.

356    Per quanto riguarda l’argomento attinente al fatto che il comportamento dei trasformatori avrebbe risposto all’esigenza di contrastare il potere degli intermediari, la Commissione ha chiarito ai punti 289 e 290 della decisione impugnata le ragioni per cui essa ha disatteso tale argomento. In particolare, al punto 289 della decisione impugnata, essa ha giustamente affermato che non spettava alle imprese adottare provvedimenti contrari all’art. 81, n. 1, CE per contrastare comportamenti che, a torto o a ragione, esse consideravano illeciti.

357    Inoltre, è giocoforza constatare che la Transcatab non ha dimostrato le «tremende intimidazioni e minacce» cui sostiene di essere stata sottoposta. Infatti, come rileva la Commissione, il documento n. 2573 del fascicolo che essa ha inviato non è che un resoconto, redatto dai rappresentanti della Dimon Italia, di una riunione, svoltasi nel 1997 alla presenza, tra gli altri, della Deltafina, della Transcatab e dell’APTI, relativa al tabacco prodotto fuori quota e alla necessità che le autorità prendessero apposite iniziative al fine di assicurarne lo smaltimento. Tale documento attesta solo la possibilità che vi siano proteste da parte degli agricoltori a causa delle difficoltà del loro settore. Tuttavia, non emerge da tale documento che tali eventuali proteste, di cui non vi è alcuna prova che abbiano effettivamente avuto luogo, sarebbero state necessariamente dirette contro i trasformatori. Orbene, la mera possibilità dell’esistenza di proteste non è tale da costituire una situazione eccezionale di crisi che giustifichi comportamenti contrari all’art. 81 CE. Inoltre, il rapporto di indagine parlamentare fatto valere dalla Transcatab non menziona alcun fatto specifico relativo ad attività illegali sul mercato del tabacco e non è quindi pertinente nel presente contesto.

358    Infine, l’argomento attinente alla situazione finanziaria della Transcatab è stato analizzato nell’ambito della terz parte del secondo motivo.

359    Occorre dunque respingere anche la sesta parte del quarto motivo e, di conseguenza, detto motivo nella sua totalità.

5.     Sul quinto motivo, attinente all’applicazione della comunicazione sulla cooperazione

 Argomenti delle parti

360    In primo luogo, la Transcatab fa valere che, avendo considerato che la comunicazione sulla cooperazione non era applicabile alla Deltafina, la Commissione avrebbe dovuto trattarla come la prima società a beneficiare della riduzione dell’ammenda.

361    In secondo luogo, la Transcatab sostiene che, in applicazione del punto 23, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione, essa non avrebbe dovuto essere sanzionata per i suoi comportamenti nel periodo 1999‑2002. Infatti, essa sarebbe stata la prima impresa ad avere informato la Commissione dell’esistenza degli accordi intervenuti durante tale periodo. Il suo contributo sarebbe stato estremamente dettagliato, decisivo e completo. Prima che la Transcatab producesse tali informazioni, la Commissione avrebbe avuto a sua disposizione soltanto alcune informazioni fornite dalla Deltafina e dalla Dimon. La Transcatab menziona diversi esempi di informazioni prodotte relative a ciascun anno del periodo 1999‑2002.

362    Pertanto, con riferimento a tale periodo, la Transcatab avrebbe fornito «elementi di prova relativi a fatti precedentemente ignorati dalla Commissione» e tali fatti avrebbero avuto «un’incidenza diretta sulla gravità o la durata» dell’intesa, ai sensi del punto 23, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione. Tale comma sarebbe finalizzato a consentire alla Commissione di compensare la percentuale di riduzione che un’impresa rischia di non ottenere per essere giunta in ritardo rispetto ai suoi concorrenti a causa del tempo dedicato alla redazione di una dichiarazione completa.

363    La Commissione chiede che gli argomenti della Transcatab siano respinti.

 Giudizio del Tribunale

 Sulla qualità di prima società a beneficiare della riduzione dell’ammenda

364    Va ricordato che i presupposti di ricevibilità dei ricorsi rappresentano motivi di irricevibilità di ordine pubblico che il giudice dell’Unione deve rilevare d’ufficio all’occorrenza (v. sentenza Honeywell/Commissione, punto 132 supra, punto 53, e la giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza della Corte 29 novembre 2007, causa C‑176/06 P, Stadtwerke Schwäbisch Hall e a./Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 18).

365    Come si è ricordato ai punti 131 e 132 supra, ai sensi dell’art. 21 dello Statuto della Corte e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere, in particolare, l’«oggetto della controversia» e l’«esposizione sommaria dei motivi dedotti». Inoltre, secondo l’art. 48, n. 2, del detto regolamento, «[è] vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento». Risulta da tali disposizioni che qualsiasi motivo che non sia sufficientemente articolato nell’atto introduttivo deve essere considerato irricevibile. Inoltre l’esposizione sommaria dei motivi dedotti dal ricorrente dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente senza corredo di altre informazioni (sentenze del Tribunale 24 febbraio 2000, causa T‑145/98, ADT Projekt/Commissione, Racc. pag. II‑387, punto 66, e 16 marzo 2004, causa T‑157/01, Danske Busvognmænd/Commissione, Racc. pag. II‑917, punto 45). Requisiti analoghi vanno rispettati quando viene formulata una censura a sostegno di un motivo dedotto (sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑352/94, Mo Och Domsjö/Commissione, Racc. pag. II‑1989, punto 333).

366    D’altronde, per giurisprudenza consolidata, al fine di garantire la certezza del diritto ed una buona amministrazione della giustizia, occorre, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, quanto meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo del ricorso stesso (sentenza Honeywell/Commissione, punto 132 supra, punto 56). A tal proposito, pur se il contenuto del ricorso può essere suffragato e completato, su punti specifici, mediante il rinvio ad estratti della documentazione allegata, un rinvio complessivo ad altri documenti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi delle norme sopra ricordate, devono figurare nel ricorso (ordinanza del Tribunale 21 maggio 1999, causa T‑154/98, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II‑1703, punto 49). Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso potrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (v. sentenza del Tribunale 7 maggio 2009, causa T‑151/05, NVV e a./Commissione, Racc. pag. II‑1219, punto 61, e la giurisprudenza ivi citata).

367    Nella fattispecie, la presentazione della censura in esame è molto sommaria, dato che la Transcatab, nel suo ricorso, le dedica una sola frase.

368    In udienza, pur ammettendo che la censura era esposta laconicamente, la Transcatab ne ha chiarito la portata. Sostanzialmente, la Transcatab fa valere che, qualora il Tribunale dovesse dichiarare che la comunicazione sulla cooperazione non era applicabile alla Deltafina e, quindi, che la Mindo doveva essere considerata la prima impresa a beneficiare dell’immunità dalle ammende al posto della Deltafina essa dovrebbe essere considerata, sulla base di una sorta di «effetto domino», come la prima società a beneficiare della riduzione dell’ammenda ai sensi del punto 23, primo comma, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione. Di conseguenza, la riduzione dell’ammenda concessa dalla Commissione alla Transcatab dovrebbe essere aumentata.

369    A tal riguardo, è giocoforza constatare che l’accoglimento dell’argomento della Transcatab presuppone, anzitutto, che la Mindo abbia proposto un ricorso contro la decisione impugnata dinanzi al Tribunale, successivamente che essa abbia dedotto un motivo attinente al fatto che essa dovrebbe essere considerata una beneficiaria dell’immunità dalle ammende al posto della Deltafina, considerata la non applicazione della comunicazione sulla cooperazione a quest’ultima e, infine, che il Tribunale accolga tale motivo nella causa relativa alla Mindo.

370    La censura della Transcatab si fonda quindi su un rinvio implicito ad un motivo eventualmente dedotto in un’altra causa e al quale non si fa neanche riferimento in modo esplicito. Inoltre, una censura siffatta potrebbe essere accolta solo qualora il motivo eventualmente dedotto dalla Mindo nell’altra causa fosse accolto dal Tribunale.

371    Orbene, ammettere la ricevibilità di motivi non sufficientemente esposti nel ricorso, bensì facenti riferimento a motivi ipoteticamente dedotti da un terzo in un’altra causa, cui si rinvia implicitamente nel ricorso, equivarrebbe a consentire l’elusione delle esigenze imperative dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura ricordate al punto 365 supra (v., in tal senso, sentenza Honeywell/Commissione, punto 132 supra, punto 64).

372    Dalla giurisprudenza della Corte emerge comunque che il Tribunale è tenuto a respingere come irricevibile un capo di conclusioni del ricorso a lui presentato allorché gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali tale capo di conclusioni si fonda non risultano con coerenza e chiarezza dal testo del ricorso, e che l’assenza di tali elementi non può essere ovviata dalla loro presentazione all’udienza (sentenza della Corte 18 luglio 2006, causa C‑214/05 P, Rossi/UAMI, Racc. pag. I‑7057, punto 37).

373    Alla luce di tutte queste considerazioni, la censura in esame deve essere considerata irricevibile.

 Sul punto 23, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione

374    Quanto all’argomento della Transcatab attinente al fatto che, in applicazione del punto 23, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione, essa non avrebbe dovuto essere sanzionata per i suoi comportamenti durante il periodo 1999‑2002 in qualità di prima impresa ad aver informato la Commissione dell’esistenza degli accordi intervenuti durante tale periodo, occorre rammentare che, ai sensi di tale disposizione, «se un’impresa fornisce elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione che hanno un’incidenza diretta sulla gravità o la durata della presunta intesa, la Commissione non terrà conto di questi elementi nel determinare l’importo di eventuali ammende da infliggere all’impresa che li ha forniti».

375    Va altresì ricordato che, nell’ambito della valutazione della cooperazione fornita dai membri di un’intesa, solo un errore manifesto di valutazione da parte della Commissione può essere censurato, poiché essa gode di un ampio potere discrezionale per valutare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita da un’impresa (v., in tal senso, sentenza 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, punto 331 supra, punto 88).

376    Occorre, quindi, in primo luogo chiarire la portata del punto 23, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione e, in secondo luogo, verificare se nell’applicazione di tale disposizione, la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione sanzionando la Transcatab per i suoi comportamenti nel periodo 1999‑2002.

377    Va anzitutto respinta l’interpretazione proposta dalla Transcatab secondo cui il punto 23, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione avrebbe la finalità di consentire alla Commissione di compensare la percentuale di riduzione che un’impresa rischia di non ottenere per essere giunta in ritardo rispetto ai suoi concorrenti a causa del tempo dedicato alla redazione di una dichiarazione completa (v. punto 362 supra). Una siffatta interpretazione è contraria alla logica della comunicazione sulla cooperazione, poiché metterebbe a repentaglio l’obiettivo principale del sistema predisposto da tale comunicazione, cioè quello di incoraggiare i membri dell’intesa a «tradire» il cartello e a cooperare con la Commissione. 

378    Infatti, emerge dal preambolo della comunicazione sulla cooperazione che la logica di tale comunicazione è di incoraggiare le imprese partecipanti ad intese illegali a cooperare con la Commissione nell’ambito della lotta contro i cartelli, in quanto le intese di questo tipo costituiscono pratiche che rientrano tra le più gravi restrizioni della concorrenza. In tale contesto, al fine di favorire detta cooperazione, la Commissione prevede un sistema diretto a concedere alle imprese che cooperano l’immunità, ovvero riduzioni delle ammende che possono essere loro inflitte.

379    Orbene, è inerente a tale logica che l’effetto ricercato dalla comunicazione sulla cooperazione è di creare un clima di incertezza in seno alle intese incoraggiando la loro denuncia presso la Commissione. Tale incertezza scaturisce proprio dal fatto che i partecipanti all’intesa sanno che solo uno di essi potrà beneficiare dell’immunità da ammende denunciando gli altri partecipanti all’infrazione, esponendoli dunque al rischio che vengano loro inflitte ammende. Nell’ambito di tale sistema, secondo la stessa logica, le imprese più rapide nel fornire la loro cooperazione possono beneficiare di riduzioni più rilevanti delle ammende cui sarebbero altrimenti assoggettate rispetto a quelle delle imprese meno rapide nel cooperare.

380    L’ordine cronologico e la rapidità della cooperazione offerta dai membri del cartello costituiscono quindi elementi fondamentali del sistema predisposto dalla comunicazione sulla cooperazione. 

381    Orbene, l’interpretazione della finalità di una disposizione della comunicazione sulla cooperazione deve essere conforme alla logica propria di tale comunicazione. In questa prospettiva, il punto 23, ultimo comma, di tale comunicazione deve essere interpretato nel senso che esso è diretto a ricompensare un’impresa, anche se non è stata la prima a presentare la richiesta di immunità relativa all’intesa in questione, se essa è stata la prima a fornire alla Commissione elementi di prova riguardanti fatti ignorati dalla Commissione che hanno un’incidenza diretta sulla gravità o sulla durata dell’intesa. In altri termini, se gli elementi di prova forniti da un’impresa riguardano fatti che consentono alla Commissione di modificare la sua valutazione, in quel momento, della gravità o della durata dell’intesa, l’impresa che fornisce tali elementi di prova è ricompensata con l’immunità relativa alla valutazione dei fatti che tali elementi di prova sono in grado di dimostrare.

382    Pertanto, il punto 23, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione non riguarda i casi in cui un’impresa ha semplicemente presentato elementi di prova nuovi o più completi relativi a fatti di cui la Commissione è già al corrente. Il detto comma non si applica neanche ai casi in cui un’impresa porta a conoscenza fatti nuovi che, tuttavia, non sono in grado di modificare la valutazione della Commissione sulla gravità o sulla durata dell’intesa. Tale disposizione si applica invece esclusivamente ai casi in cui sono soddisfatte due condizioni: da un lato, l’impresa in questione è la prima a provare fatti precedentemente ignorati dalla Commissione, dall’altro, tali fatti, avendo un’incidenza diretta sulla gravità o sulla durata della presunta intesa, consentono alla Commissione di giungere a nuove conclusioni in merito all’infrazione. 

383    È quindi alla luce di tali considerazioni che occorre verificare se la Commissione abbia commesso un errore sanzionando la Transcatab per i suoi comportamenti nel periodo tra il 1999 ed il 2002. A tal riguardo, va rilevato, in primo luogo, che, al punto 497 della decisione impugnata, la Commissione ha espressamente affermato che non ignorava nessuno dei fatti di cui la Transcatab aveva fornito elementi di prova, e, in secondo luogo, che nell’ambito della censura in esame, gli argomenti della Transcatab attengono soltanto alla durata dell’intesa. Essi non riguardano invece fatti che potrebbero aver avuto un’eventuale incidenza sulla gravità dell’infrazione. 

384    Risulta dal fascicolo che, sin dalla presentazione della richiesta di immunità da parte della Deltafina, il 19 febbraio 2002, la Commissione era al corrente del fatto che l’intesa era iniziata nel 1995 ed era durata fino al 2001. Infatti, nella sua richiesta di immunità, la Deltafina aveva, da un lato, esplicitamente ammesso tale circostanza e, dall’altro, aveva presentato otto note manoscritte relative ad incontri e a discussioni fra i trasformatori per il 1999, due note manoscritte relative al 2000 e altre due relative al 2001. Peraltro, va rilevato che la Transcatab si limita ad affermare di essere stata la prima ad aver fornito la prova di diversi accordi e contatti intervenuti fra i trasformatori durante tale periodo. Essa non afferma invece che la Commissione non era già al corrente del fatto che l’intesa fra i trasformatori era operativa nel periodo tra il 1999 e il 2002.

385    Inoltre, un’analisi dettagliata della decisione impugnata mostra altresì che la Commissione ha fondato la propria decisione su diverse informazioni relative ai contatti intervenuti fra i trasformatori che provenivano dalla Deltafina e dalla Dimon Italia e, quindi, indipendentemente dalle informazioni fornite dalla Transcatab.

386    Per quanto riguarda, in particolare, il 1999, risulta dalla decisione impugnata che la Deltafina ha fornito diverse indicazioni dei contatti intervenuti fra i trasformatori durante tale anno, ad esempio ai punti 159 (nota a piè di pagina n. 181), 195 (nota a piè di pagina n. 206), 199 (nota a piè di pagina n. 212) e 200 (nota a piè di pagina n. 214). Orbene, risulta da tutte tali note a piè di pagina che la Deltafina aveva descritto il contenuto delle riunioni in dichiarazioni prodotte prima della presentazione della richiesta di riduzione dell’ammenda da parte della Transcatab.

387    Quanto all’estensione dell’intesa alla produzione eccedentaria, risulta dalla decisione impugnata che i punti 144 e 148 sono stati redatti sulla base di informazioni fornite dalla Deltafina. La Commissione ha precisato nella sua controreplica che tali punti si fondano su documenti forniti dalla Deltafina il 22 febbraio 2002, ovvero, ancora una volta, prima della presentazione della richiesta di riduzione dell’ammenda da parte della Transcatab. Il fatto che tale estensione sia stata formalizzata successivamente in un accordo fornito dalla Transcatab non modifica affatto la valutazione della censura della Transcatab in esame alla luce del punto 23, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione.

388    Per quanto riguarda il 2000, i punti 203 (nota a piè di pagina n. 216) e 204 (nota a piè di pagina n. 218) della decisione impugnata mostrano che la Deltafina ha fornito diverse prove dei contatti fra i trasformatori durante tale anno. La nota a piè di pagina n. 218 chiarisce, segnatamente, che la Deltafina aveva descritto il contenuto della riunione menzionata nel punto 204 della decisione impugnata in dichiarazioni precedenti alla presentazione della richiesta di riduzione dell’ammenda da parte della Transcatab, il che è stato confermato dalla Commissione nella controreplica. Inoltre, risulta dal fascicolo che, il 19 marzo 2002, la Deltafina aveva altresì fornito informazioni e documenti alla Commissione riguardanti i contatti svoltisi durante tale anno.

389    Per quanto riguarda il 2001, risulta dai punti 209 (nota a piè di pagina n. 223) e 211 (nota a piè di pagina n. 225) della decisione impugnata che, prima della presentazione della richiesta di riduzione da parte della Transcatab, la Deltafina aveva già fornito alla Commissione documenti che provavano l’esistenza di contatti fra trasformatori durante tale anno. In particolare, i documenti 495, 498, 524, e 614, menzionati in tali due note a piè di pagina, provano inequivocabilmente l’esistenza di contatti durante tale periodo fra i trasformatori. Tali documenti mostrano altresì che, prima della presentazione della richiesta di riduzione dell’ammenda da parte della Transcatab, la Commissione era già al corrente dei contatti illegali fra i trasformatori, tra i quali la Transcatab, almeno fino al 15 ottobre 2001.

390    Per quanto riguarda il 2002, la Commissione sostiene di essere già stata al corrente della prosecuzione dei contatti fra i trasformatori durante tale anno, in forza del fax menzionato alla nota a piè di pagina n. 235 della decisione impugnata, prodotto dalla Dimon. La Transcatab sostiene tuttavia che tale documento è stato prodotto dopo il 18 aprile 2002, data in cui essa ha presentato i documenti menzionati alla nota a piè di pagina n. 234 per quanto riguarda il 2002.

391    A tal riguardo, va rilevato che, anche supponendo che tale documento sia stato prodotto dalla Dimon Italia dopo la Transcatab e quindi che quest’ultima sia stata la prima impresa ad aver fornito prove degli incontri intervenuti all’inizio del 2002, tale circostanza non avrebbe alcuna conseguenza pratica.

392    Infatti, da un lato, come si è osservato al punto 389 supra, risulta dal fascicolo che, prima della presentazione della richiesta di riduzione dell’ammenda da parte della Transcatab, la Commissione disponeva di prove relative alla durata dell’intesa almeno fino al 15 ottobre 2001. Poiché l’intesa è iniziata il 29 settembre 1995 (v. punto 377 della decisione impugnata), e tale circostanza non è stata contestata dalla Transcatab, è giocoforza constatare che prima della produzione dei documenti da parte della Transcatab, la Commissione aveva già informazioni sufficienti per dimostrare che l’intesa aveva avuto una durata di più di sei anni. Tale constatazione consentiva quindi di per sé alla Commissione di aumentare l’importo di partenza dell’ammenda del 60%. Ne consegue che il fatto che la Commissione abbia constatato una durata più lunga di quattro mesi (fino al 19 febbraio 2002) non ha avuto alcuna incidenza sulla determinazione della sanzione finale.

393    Dall’altro va rammentato che, ai punti 256 e segg. della decisione impugnata, la Commissione ha considerato, senza che la Transcatab abbia contestato tale valutazione (v. punto 233 supra), che l’intesa era un’infrazione unica e continuata. La Commissione ha altresì accertato che tale infrazione era terminata il 19 febbraio 2002, cioè il giorno in cui la Deltafina ha presentato la sua richiesta di immunità. Orbene, la Transcatab non ha affermato, né dimostrato, che avrebbe cessato di partecipare all’infrazione prima di tale data.

394    A questo proposito va ricordato che un’impresa che abbia partecipato ad un’infrazione del genere attraverso comportamenti propri, rientranti nelle nozioni di accordo o pratica concordata aventi oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e diretti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, è responsabile, per tutta la durata della sua partecipazione alla detta infrazione, anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione (v. sentenza BST/Commissione, punto 222 supra, punto 33, e la giurisprudenza ivi citata).

395    Analogamente, un’impresa può essere ritenuta responsabile di un’intesa globale anche quando viene accertato che essa ha partecipato direttamente soltanto ad uno o a più elementi costituitivi di tale intesa, in quanto sapeva o doveva necessariamente sapere, da un lato, che la collusione alla quale partecipava si inseriva in un piano globale e, dall’altro, che tale piano globale integrava tutti gli elementi costitutivi dell’intesa (sentenze del Tribunale PVC II, punto 91 supra, punto 773; HFB e a./Commissione, punto 130 supra, punto 231, e 19 maggio 2010, causa T‑19/05, Boliden e a./Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 61).

396    In circostanze siffatte, occorre concludere che la Transcatab non ha fornito elementi di prova di fatti precedentemente ignorati dalla Commissione che abbiano un’incidenza diretta sulla gravità o sulla durata della presunta intesa che giustificherebbero l’applicazione dell’immunità parziale prevista dal punto 23, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione. Di conseguenza, la Transcatab non può far valere che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione e che essa non deve quindi essere considerata responsabile dell’infrazione nel suo complesso.

397    Devono pertanto essere integralmente respinte le domande dirette all’annullamento parziale della decisione impugnata. Per quanto riguarda le domande dirette alla riforma della decisione impugnata, il Tribunale ritiene che, poiché nessun elemento nel caso di specie è tale da giustificare una riduzione dell’importo dell’ammenda, non si debba accogliere detta domanda. Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che il ricorso deve essere integralmente respinto.

6.     Sulla domanda riconvenzionale della Commissione

 Argomenti delle parti

398    La Commissione fa valere che la Transcatab ha contestato i fatti, segnatamente la durata dell’intesa, come constatati dalla Commissione nella decisione impugnata. Affermando, nell’ambito della prima parte del terzo motivo, di essersi limitata, a partire dal 1999, a comportamenti da inquadrarsi esclusivamente nell’ambito degli accordi interprofessionali (v. punti 227 e 228 supra), la Transcatab non si sarebbe limitata a contestare l’interpretazione dei fatti data dalla Commissione, ma avrebbe rimesso in discussione fatti precedentemente ammessi. La contestazione, da parte della Transcatab, della durata dell’intesa, che costituirebbe un elemento essenziale della descrizione dei fatti, renderebbe parzialmente ingiustificata la riduzione del 30% concessale dalla Commissione. Pertanto, la Commissione chiede al Tribunale di diminuire la riduzione dell’ammenda dal 30 al 25% e di fissare quest’ultima, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, in EUR 15 milioni.

399    La Transcatab si oppone alla domanda riconvenzionale della Commissione. 

 Giudizio del Tribunale

400    Emerge dalla decisione impugnata che la circostanza che la Transcatab non abbia «contestato i fatti sui quali si è basata la Commissione nella comunicazione degli addebiti» ha costituito una delle considerazioni sulla base delle quali la Commissione le ha concesso una riduzione del 30% dell’ammenda (v. punti 498 e 499 della decisione impugnata).

401    Tuttavia, risulta dalla risposta della Transcatab alla comunicazione degli addebiti, che, benché questa non abbia espressamente risposto agli addebiti della Commissione riguardanti la durata dell’infrazione, essa ha cionondimeno fatto valere che, nei limiti in cui i trasformatori a partire dal 1999 avevano agito nel rispetto della legge n. 88/88, questi ultimi non dovevano essere considerati responsabili dei comportamenti anticoncorrenziali posti in atto a partire da tale anno.

402    Quindi, anche se la presentazione di tale argomento è in contraddizione con talune affermazioni formulate durante il procedimento amministrativo e con la mancata contestazione di taluni aspetti dell’analisi della Commissione, ciò non toglie nulla alla constatazione secondo cui l’argomento contenuto nel prima parte del terzo motivo è già stato sollevato durante il procedimento amministrativo. Di conseguenza, allorché la Commissione ha concesso la riduzione alla Transcatab, essa era già al corrente di tale argomento, di modo che esso non può costituire una contestazione della sostanza dei fatti che rimette in discussione la riduzione concessa nella decisione impugnata ai sensi della comunicazione sulla cooperazione.

403    La domanda riconvenzionale della Commissione va quindi respinta. 

404    Alla luce di quanto precede, vanno respinti tanto il ricorso nel suo insieme quanto la domanda riconvenzionale proposta dalla Commissione.

 Sulle spese

405    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’art. 87, n. 3, primo comma, di detto regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, ovvero per motivi eccezionali, il Tribunale può decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

406    Nel caso di specie, la Transcatab è risultata soccombente per quel che riguarda il suo ricorso, mentre la Commissione è risultata soccombente riguardo alla sua domanda riconvenzionale. Poiché quest’ultima era diretta ad aumentare solo marginalmente l’importo delle ammende, è giocoforza constatare che è essenzialmente la ricorrente a risultare soccombente sulle sue domande e sui suoi motivi. Ciò premesso, si deve disporre che la ricorrente sopporterà le proprie spese e il 90% delle spese sostenute dalla Commissione, mentre quest’ultima sopporterà il 10% delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La domanda riconvenzionale presentata dalla Commissione europea è respinta.


3)      La Transcatab SpA sopporterà le proprie spese e il 90% delle spese sostenute dalla Commissione. 

4)      La Commissione sopporterà il 10% delle proprie spese.

Azizi

Cremona

Frimodt Nielsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 ottobre 2011.

Firme

Indice


Fatti

1.  Procedimento amministrativo

2.  La decisione impugnata

Destinatari della decisione impugnata

Determinazione dell’importo dell’ammenda

Determinazione dell’importo di partenza delle ammende

Determinazione dell’importo di base delle ammende

Circostanze attenuanti

Applicazione della comunicazione sulla cooperazione

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sul primo motivo, attinente all’imputazione dell’infrazione alla società controllante della Transcatab

Sulla prima parte del primo motivo, attinente ad una lettura errata della giurisprudenza, al travisamento degli elementi di prova forniti e ad una violazione dei diritti della difesa

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  Sul travisamento delle regole che disciplinano l’imputabilità alla controllante delle pratiche della sua controllata

–  Sul travisamento degli elementi di prova forniti ai fini di confutare la presunzione

–  Sulla violazione dei diritti della difesa

Sulla seconda parte del primo motivo, attinente alla violazione dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

2.  Sul secondo motivo, attinente alla fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda;

Sulla prima parte del secondo motivo, attinente alla gravità dell’infrazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  Sulla qualificazione dell’infrazione come molto grave

–  Sull’impatto concreto dell’infrazione sul mercato

–  Sull’estensione geografica del mercato

–  Sulla violazione dell’obbligo di motivazione

–  Sulle violazioni dei diritti della difesa

Sulla seconda parte del secondo motivo, attinente alla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di tutela del legittimo affidamento nella fissazione dell’importo di base dell’ammenda

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  Sulla violazione del principio di proporzionalità

–  Sulla violazione del principio di parità di trattamento

–  Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

Sulla terza parte del secondo motivo, attinente alla violazione del principio di proporzionalità nella presa in considerazione del carattere deterrente della sanzione e della situazione finanziaria della Transcatab

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

3.  Sul terzo motivo, attinente alla fissazione dell’importo di base dell’ammenda

Sulla prima parte del terzo motivo, attinente ad un’erronea maggiorazione dell’importo dell’ammenda ai sensi della durata dell’infrazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  Sulla maggiorazione dell’ammenda in ragione della durata dell’accordo

–  Sull’assenza di pregiudizio per i consumatori

Sulla seconda parte del terzo motivo, attinente alla violazione del principio ne bis in idem e ad un difetto di motivazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla terza parte del terzo motivo, attinente ad una violazione del principio di parità di trattamento

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

4.  Sul quarto motivo, attinente a talune circostanze attenuanti

Sulla prima parte del quarto motivo, attinente alla circostanza attenuante relativa alla mancata attuazione dell’intesa

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla seconda parte del quarto motivo, attinente alla circostanza attenuante relativa alla cessazione delle attività controverse prima dell’intervento della Commissione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla terza parte del quarto motivo, attinente alla circostanza attenuante relativa all’esistenza di un ragionevole dubbio quanto al carattere illecito del comportamento controverso

Sull’esistenza di un ragionevole dubbio quanto al carattere illecito del comportamento controverso

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sulla differenza di trattamento rispetto al caso Tabacco greggio – Spagna

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sulla quarta parte del quarto motivo, attinente alla circostanza attenuante relativa all’effettiva collaborazione della Transcatab nel corso del procedimento

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla quinta parte del quarto motivo, attinente alla circostanza attenuante relativa all’assenza di precedenti sul mercato del tabacco greggio nel momento in cui la Commissione ha iniziato le sue verifiche

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla sesta parte del quarto motivo, attinente alle caratteristiche socio-economiche del settore del tabacco greggio in Italia e alla crisi di tale settore

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

5.  Sul quinto motivo, attinente all’applicazione della comunicazione sulla cooperazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla qualità di prima società a beneficiare della riduzione dell’ammenda

Sul punto 23, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione

6.  Sulla domanda riconvenzionale della Commissione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.

Top