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Document 62006CJ0413

Sentenza della Corte (grande sezione) del 10 luglio 2008.
Bertelsmann AG e Sony Corporation of America contro Independent Music Publishers and Labels Association (Impala).
Impugnazione - Concorrenza - Controllo delle operazioni di concentrazione di imprese - Joint venture Sony BMG - Ricorso contro l’annullamento di una decisione della Commissione che dichiara compatibile con il mercato comune un’operazione di concentrazione - Sindacato giurisdizionale - Portata - Criteri in materia di prova - Funzione della comunicazione degli addebiti - Rafforzamento o costituzione di una posizione dominante collettiva - Motivazione delle decisioni che autorizzano un’operazione di concentrazione - Impiego di informazioni riservate.
Causa C-413/06 P.

Raccolta della Giurisprudenza 2008 I-04951

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2008:392

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

10 luglio 2008 ( *1 )

Indice

 

Contesto normativo

 

Fatti

 

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

 

Conclusioni delle parti

 

Sull’impugnazione

 

Sulla ricevibilità

 

Sull’eccezione generale d’irricevibilità

 

Sull’eccezione d’irricevibilità relativa al fatto che le ricorrenti hanno omesso di censurare un passo decisivo della sentenza impugnata

 

Nel merito

 

Sulla seconda parte del terzo motivo, relativa ad un errore di diritto in quanto il Tribunale avrebbe applicato criteri in materia di prova eccessivi con riferimento alle decisioni che autorizzano operazioni di concentrazione

 

— Sentenza impugnata

 

— Argomenti delle parti

 

— Giudizio della Corte

 

Sul primo motivo, relativo ad un errore di diritto, in quanto il Tribunale si è basato sulla comunicazione degli addebiti per valutare il contenuto della decisione controversa

 

— Sentenza impugnata

 

— Argomenti delle parti

 

— Giudizio della Corte

 

Sul secondo motivo nonché sulla prima parte del terzo motivo, relativi ad errori di diritto, in quanto il Tribunale ha posto a carico della Commissione l’obbligo di effettuare nuove verifiche a seguito della risposta alla comunicazione degli addebiti ed ha applicato criteri in materia di prova eccessivi agli elementi prodotti in risposta alla comunicazione degli addebiti

 

— Sentenza impugnata

 

— Argomenti delle parti

 

— Giudizio della Corte

 

Sul settimo motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto il Tribunale si sarebbe basato su elementi di prova non comunicati ai soggetti partecipanti all’operazione di concentrazione

 

— Sentenza impugnata

 

— Argomenti delle parti

 

— Giudizio della Corte

 

Sul quinto motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto il Tribunale avrebbe travisato i criteri giuridici rilevanti applicabili in materia di costituzione o rafforzamento di una posizione dominante collettiva

 

— Sentenza impugnata

 

— Argomenti delle parti

 

— Giudizio della Corte

 

Sul quarto motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto il Tribunale avrebbe violato i limiti del sindacato giurisdizionale ad esso spettante

 

— Sentenza impugnata

 

— Argomenti delle parti

 

— Giudizio della Corte

 

Sul sesto motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto il Tribunale avrebbe applicato una norma errata in materia di motivazione delle decisioni che autorizzano operazioni di concentrazione

 

— Sentenza impugnata

 

— Argomenti delle parti

 

— Giudizio della Corte

 

Sulla presunta impugnazione incidentale

 

Sul rinvio della causa dinanzi al Tribunale

«Impugnazione — Concorrenza — Controllo delle operazioni di concentrazione di imprese — Joint venture Sony BMG — Ricorso contro l’annullamento di una decisione della Commissione che dichiara compatibile con il mercato comune un’operazione di concentrazione — Sindacato giurisdizionale — Portata — Criteri in materia di prova — Funzione della comunicazione degli addebiti — Rafforzamento o costituzione di una posizione dominante collettiva — Motivazione delle decisioni che autorizzano un’operazione di concentrazione — Impiego di informazioni riservate»

Nel procedimento C-413/06 P,

avente ad oggetto un’impugnazione ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 3 ottobre 2006,

Bertelsmann AG, con sede in Gütersloh (Germania), rappresentata dai sigg. P. Chappatte e J. Boyce, solicitors,

Sony Corporation of America, con sede in New York (Stati Uniti d’America), rappresentata dal sig. N. Levy, barrister, nonché dai sigg. R. Snelders, avocat, e T. Graf, Rechtsanwalt,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

Independent Music Publishers and Labels Association (Impala), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata dal sig. S. Crosby e dalla sig.ra J. Golding, solicitors, nonché dal sig. I. Wekstein, advocate,

ricorrente in primo grado,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. A. Whelan e dalla sig.ra K. Mojzesowicz, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado

Sony BMG Music Entertainment BV, con sede in Vianen (Paesi Bassi), rappresentata dal sig. N. Levy, barrister, nonché dai sigg. R. Snelders, avocat, e T. Graf, Rechtsanwalt,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts, G. Arestis e U. Lõhmus, presidenti di sezione, dai sigg. E. Juhász, A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Klučka, E. Levits e A. Ó Caoimh (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 novembre 2007,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 dicembre 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il loro ricorso d’impugnazione, la Bertelsmann AG (in prosieguo: la «Bertelsmann») e la Sony Corporation of America (in prosieguo: la «Sony») chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 13 luglio 2006, causa T-464/04, Impala/Commissione (Racc. pag. II–2289; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha annullato la decisione della Commissione 19 luglio 2004, 2005/188/CE, che dichiara un’operazione di concentrazione compatibile con il mercato comune e con il funzionamento dell’accordo SEE (Caso COMP/M.3333 — Sony/BMG) (GU 2005, L 62, pag. 30; in prosieguo: la «decisione controversa»).

Contesto normativo

2

L’art. 2, nn. 2 e 3, del regolamento (CEE) del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 4064, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (GU L 395, pag. 1, e rettifica in GU 1990, L 257, pag. 13), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 30 giugno 1997, n. 1310 (GU L 180, pag. 1, e rettifica in GU 1998, L 40, pag. 17; in prosieguo, il «regolamento»), così dispone:

«2.   Le operazioni di concentrazione che non creano o non rafforzano una posizione dominante, da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata in modo significativo nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, devono essere dichiarate compatibili con il mercato comune.

3.   Le operazioni di concentrazione che creano o rafforzano una posizione dominante, da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata in modo significativo nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, devono essere dichiarate incompatibili con il mercato comune».

3

L’art. 6, n. 1, del regolamento prevede quanto segue:

«La Commissione procede all’esame della notificazione non appena questa le è pervenuta.

(…)

c)

(…) se la Commissione constata che l’operazione di concentrazione notificata rientra nel presente regolamento e suscita seri dubbi per quanto riguarda la sua compatibilità con il mercato comune, decide di avviare la procedura».

4

L’art. 8, rispettivamente nn. 2 e 3, del regolamento abilita la Commissione ad adottare, in sede di procedimento formale di esame della compatibilità dell’operazione di concentrazione con il mercato comune, avviato in applicazione dell’art. 6, n. 1, lett. c), di detto regolamento (in prosieguo: il «procedimento formale»), o una decisione di compatibilità, eventualmente dopo modifiche apportate dalle imprese interessate al loro progetto di concentrazione quale notificato, o una decisione di incompatibilità. In forza dell’art. 8, n. 5, lett. a), del regolamento, la Commissione può revocare la decisione presa ai sensi del n. 2 dello stesso articolo quando la decisione di compatibilità sia fondata su indicazioni inesatte di cui sia responsabile una delle imprese partecipanti, o sia stata ottenuta con frode.

5

Dall’art. 10, n. 1, del regolamento discende che, salvo che in determinate situazioni che non sono rilevanti nel caso di specie, la Commissione dispone del termine di un mese per decidere di avviare o meno un procedimento formale. Conformemente all’art. 10, n. 3, una decisione che dichiari l’operazione di concentrazione notificata incompatibile con il mercato comune dev’essere adottata entro un termine massimo di quattro mesi a partire dall’avvio del procedimento formale. Ai sensi dell’art. 10, n. 6, del regolamento l’operazione di concentrazione notificata è giudicata compatibile con il mercato comune quando la Commissione non ha adottato entro i termini fissati dall’art. 10, rispettivamente nn. 1 e 3, o una decisione di apertura del procedimento formale, o una decisione che statuisca sulla compatibilità di quest’operazione.

6

L’art. 11 del regolamento verte sulle domande di informazioni che la Commissione, nello svolgimento dei compiti che le sono assegnati dal regolamento, può rivolgere, in particolare, alle parti che hanno presentato la notifica e ad altre imprese o associazioni di imprese, eventualmente mediante decisioni. Gli artt. 14 e 15 del regolamento prevedono l’imposizione di ammende o di penalità di mora quando sono trasmesse informazioni inesatte o fraudolente.

7

L’art. 18, n. 3, del regolamento così dispone:

«La Commissione fonda le proprie decisioni soltanto sulle obiezioni in merito alle quali gli interessati hanno potuto fare osservazioni. Nello svolgimento della procedura i diritti della difesa sono pienamente garantiti. Almeno le parti direttamente interessate possono prendere conoscenza del fascicolo, rispettando l’interesse legittimo delle imprese a che non vengano divulgati i segreti relativi ai loro affari».

8

L’art. 19 del regolamento riguarda il collegamento tra la Commissione e le autorità competenti degli Stati membri. In forza del n. 3 di questa norma, un comitato consultivo in materia di concentrazioni di imprese dev’essere sentito prima di ogni decisione adottata a norma dell’art. 8, nn. 2-5, del regolamento. In conformità al n. 6 di questo stesso articolo, detto comitato consultivo emette il suo parere sul progetto di decisione della Commissione, eventualmente procedendo a votazione.

9

In forza dell’art. 3, n. 1, del regolamento (CE) della Commissione 1o marzo 1998, n. 447, relativo alle notificazioni, ai termini e alle audizioni di cui al regolamento n. 4064/89 (GU L 61, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento di applicazione»), la notifica dell’operazione di concentrazione programmata deve contenere le informazioni e i documenti richiesti nel formulario CO allegato allo stesso regolamento.

10

L’art. 13, n. 2, del regolamento prevede, in particolare, che la Commissione comunica le sue obiezioni per iscritto alle parti che hanno effettuato la notificazione, con indicazione del termine entro il quale esse possono trasmetterle le loro osservazioni per iscritto.

Fatti

11

I fatti all’origine della controversia sono stati esposti dal Tribunale nei punti 1-11 della sentenza impugnata nel modo seguente:

«1

L’Independent Music Publishers and Labels Association (Impala) è un’associazione internazionale di diritto belga che raggruppa 2500 società indipendenti di produzione musicale.

2

Il 9 gennaio 2004, la Commissione ha ricevuto notifica, [in conformità al regolamento], di un’operazione con cui le società Bertelsmann (…) e Sony (…) intendevano raggruppare le loro attività mondiali nel settore della musica registrata.

3

La Bertelsmann è una società internazionale del settore dei media che opera (…) nel settore della musica registrata attraverso la sua controllata al 100% Bertelsmann Music Group (BMG) (…).

4

(…) Nel campo della musica registrata [la Sony] opera attraverso la Sony Music Entertainment. (…)

5

L’operazione progettata consiste nel far confluire le attività a livello mondiale delle parti della concentrazione nel settore della musica registrata (ad eccezione delle attività della Sony in Giappone) in tre nuove società, o più, costituite secondo un «Business Contribution Agreement» (accordo sull’integrazione delle attività) concluso l’11 dicembre 2003. Tali imprese comuni dovrebbero essere gestite congiuntamente con la denominazione Sony BMG.

6

Secondo l’accordo, la Sony BMG si occuperà della scoperta e della promozione di artisti [attività di direzione artistica denominata A & R (artisti e repertorio)] e della successiva promozione e vendita di dischi. La Sony BMG non si occuperà di attività correlate quali l’edizione, la produzione e la distribuzione di musica.

7

Il 20 gennaio 2004, la Commissione ha inviato un questionario a un certo numero di operatori del mercato. [L’Impala] ha risposto a tale questionario e ha presentato una memoria separata in data 28 gennaio 2004 (…), nella quale ha esposto i motivi per cui, a suo parere, la Commissione avrebbe dovuto dichiarare l’operazione incompatibile con il mercato comune. In tale memoria, [l’Impala] esprimeva i suoi timori in ordine all’ulteriore concentrazione nel mercato e al suo impatto sull’accesso al mercato, compresi il settore della distribuzione, i media, Internet, nonché sulla scelta dei consumatori.

8

Con decisione 12 febbraio 2004, la Commissione ha concluso che l’operazione notificata sollevava seri dubbi in ordine alla sua compatibilità con il mercato comune e il funzionamento dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) e ha avviato la procedura [formale].

9

Il 24 maggio 2004, la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti alle parti della concentrazione, in cui concludeva provvisoriamente che l’operazione notificata era incompatibile con il mercato comune e il funzionamento dell’accordo SEE, in quanto avrebbe rafforzato una posizione dominante collettiva nel mercato della musica registrata e nel mercato all’ingrosso delle licenze per la musica on-line, e avrebbe coordinato il comportamento delle società controllanti in modo incompatibile con l’art. 81 CE.

10

Le parti della concentrazione hanno risposto alla comunicazione degli addebiti e il 14 e 15 giugno 2004 si è svolta un’audizione dinanzi al consigliere-uditore cui ha partecipato anche [l’Impala].

11

Con [la decisione controversa], la Commissione ha dichiarato l’operazione di concentrazione compatibile con il mercato comune ai sensi dell’art. 8, n. 2, del regolamento (…)».

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

12

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 dicembre 2004, l’Impala ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa. A sostegno del detto ricorso, l’Impala ha dedotto cinque motivi, divisi in diverse parti.

13

Riguardo al primo motivo di ricorso, relativo al rafforzamento di una preesistente posizione dominante collettiva, il Tribunale, dopo aver formulato preliminarmente talune osservazioni in merito alla nozione di «posizione dominante collettiva», ha esaminato l’argomento secondo il quale, in sostanza, la decisione controversa non spiegava in modo giuridicamente adeguato le ragioni per le quali gli sconti, in particolare quelli promozionali, ostano alla trasparenza necessaria per permettere lo sviluppo di una siffatta posizione.

14

Essendo giunto alla conclusione, contenuta nel punto 325 della sentenza impugnata, secondo la quale, in sostanza, la decisione controversa doveva essere annullata per insufficienza di motivazione, il Tribunale ha tuttavia esaminato, in via ultronea, nei punti 327-458 di questa sentenza, gli argomenti dell’Impala, secondo i quali gli elementi dedotti dalla Commissione per dimostrare la scarsa trasparenza dei mercati interessati della musica registrata erano viziati da errori manifesti di valutazione.

15

A tale riguardo, il Tribunale ha rilevato, in particolare, nel punto 373 della sentenza impugnata, che sia dalla decisione controversa sia dall’argomento sviluppato dalla Commissione dinanzi ad esso derivava che l’unico elemento dedotto di opacità del mercato risultava da una minore trasparenza degli sconti promozionali. Esso ha giudicato, nei punti 377 e 378 della sentenza impugnata, che, da un lato, gli elementi di prova, quali menzionati nella decisione controversa, non consentono di suffragare le conclusioni che ne ha tratto la Commissione e, dall’altro, che tali conclusioni si discostano parimenti in modo assai netto dagli accertamenti effettuati nella comunicazione degli addebiti.

16

Nei punti 475 e 476 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esposto le sue conclusioni sul primo motivo sollevato dinanzi ad esso nei termini seguenti:

«475

(…) L’asserzione secondo cui i mercati della musica registrata non sono sufficientemente trasparenti da consentire una posizione dominante collettiva non è sufficientemente motivata ed è viziata da un errore manifesto di valutazione, in quanto gli elementi su cui si basa sono incompleti e non tengono conto di tutti i dati pertinenti che avrebbero dovuto essere presi in considerazione dalla Commissione, e non sono tali da suffragare le conclusioni che ne vengono tratte. Poiché la suddetta asserzione costituisce (…) un motivo fondamentale in base al quale la Commissione ha concluso (…) che non sussisteva una posizione dominante collettiva, la decisione [controversa] dev’essere annullata per questo solo motivo.

476

Del pari, siccome l’analisi relativa ai mezzi di dissuasione è viziata da un errore di diritto o, quanto meno, da un errore manifesto di valutazione, e quest’analisi costituisce l’altro motivo fondamentale in base al quale la Commissione ha concluso, nella decisione [controversa], che non sussisteva una posizione dominante collettiva, anche tale vizio giustifica l’annullamento della decisione [controversa]».

17

Con il suo secondo motivo dedotto dinanzi al Tribunale, l’Impala ha sostenuto che la Commissione, non avendo ritenuto che la concentrazione programmata avrebbe creato una posizione dominante collettiva sul mercato della musica registrata, aveva violato l’art. 253 CE e aveva commesso un errore manifesto di valutazione, nonché un errore di diritto.

18

Nel punto 527 della sentenza impugnata, il Tribunale ha riproposto l’analisi dei rischi di creazione di una posizione dominante collettiva contenuta nella decisione controversa, prima di formulare, nel punto 528 della medesima sentenza, le seguenti considerazioni:

«(…) Queste poche osservazioni, estremamente superficiali, se non puramente formali, non bastano ad adempiere l’obbligo della Commissione di effettuare un’analisi prospettica (…), soprattutto quando, come nella fattispecie, la concentrazione sollevi gravi difficoltà. Infatti, a prescindere dal giudizio del Tribunale sul primo motivo, sia dalla circostanza che la Commissione ha dovuto elaborare argomenti complessi nella decisione [controversa] per concludere che non esisteva una posizione dominante collettiva prima della concentrazione, sia dal fatto che essa, nella comunicazione degli addebiti, dopo cinque mesi di indagini, aveva concluso nel senso che siffatta posizione esisteva già, discende che la questione se la fusione tra due delle cinque major [grandi case discografiche; in prosieguo, anche: le «majors»] rischi di creare una posizione dominante collettiva solleva a fortiori difficoltà che avrebbero richiesto un esame approfondito. Poiché tale esame non è stato effettuato, ne consegue, per questa sola ragione, che il secondo motivo è fondato».

19

Ad abundantiam, il Tribunale ha dichiarato, nel punto 539 della sentenza impugnata, che la Commissione non poteva, senza commettere un errore, basarsi sulla mancanza di prove dell’applicazione di misure di ritorsione in passato per concludere che la concentrazione in questione non rischiava di creare una posizione dominante collettiva.

20

Alla luce di ciò, il Tribunale ha deciso che i motivi primo e secondo dedotti dinanzi ad esso erano fondati ed ha annullato la decisione controversa, senza esaminare i motivi terzo-quinto sollevati dinanzi ad esso.

Conclusioni delle parti

21

Con il loro ricorso d’impugnazione, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

respingere la domanda di annullamento della decisione controversa proposta dall’Impala o, in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e

condannare l’Impala alle spese del presente procedimento.

22

Con i sette motivi di quest’atto d’impugnazione, alcuni dei quali si dividono in diverse parti, le ricorrenti sollevano una serie di errori di diritto in quanto, nella sentenza impugnata, il Tribunale:

si sarebbe basato sulla comunicazione degli addebiti per valutare il contenuto della decisione controversa;

avrebbe preteso che la Commissione avviasse nuovi accertamenti in seguito alla risposta alla comunicazione degli addebiti;

avrebbe applicato criteri in materia di prova eccessivi ed errati con riferimento alle decisioni che autorizzano operazioni di concentrazione;

avrebbe violato i limiti del sindacato giurisdizionale ad esso imposti;

avrebbe ignorato i criteri giuridici rilevanti applicabili in materia di costituzione o rafforzamento di una posizione dominante collettiva;

avrebbe applicato una norma errata in materia di motivazione delle decisioni che autorizzano operazioni di concentrazione; e

si sarebbe basato su elementi di prova non divulgati alle società partecipanti alla concentrazione.

23

La Sony BMG Music Entertainment BV fa interamente propri sia l’atto d’impugnazione sia le domande delle ricorrenti.

24

Le domande della Commissione si affiancano sostanzialmente a quelle delle ricorrenti. La Commissione sostiene i motivi primo, secondo e quarto, nonché la prima parte del terzo motivo.

25

L’Impala chiede alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare le ricorrenti alle spese. In via preliminare, essa eccepisce l’irricevibilità totale o parziale dell’impugnazione. Peraltro, secondo l’Impala, l’impugnazione non potrebbe comunque comportare l’annullamento della sentenza impugnata, dato che le ricorrenti avrebbero omesso di censurare il punto 528 della sentenza impugnata, il quale, già da solo, basterebbe a giustificare l’annullamento della decisione controversa.

26

Le ricorrenti nonché la Commissione chiedono il rigetto sia dell’eccezione d’irricevibilità sia dell’argomento relativo al punto 528 della sentenza impugnata, sintetizzato nei punti precedenti della presente motivazione.

27

Alla fine della sua comparsa di risposta, la Commissione ha formulato alcune «osservazioni supplementari in merito ai ‘motivi essenziali’ della decisione» controversa. L’Impala si oppone a tali osservazioni, ex art. 117, n. 2, del regolamento di procedura della Corte. Le ricorrenti aderiscono alle dette osservazioni.

Sull’impugnazione

Sulla ricevibilità

Sull’eccezione generale d’irricevibilità

28

In via preliminare, l’Impala eccepisce l’irricevibilità dell’impugnazione, in quanto essa costituirebbe un tentativo di far esaminare di nuovo questioni in fatto, relative all’insufficiente motivazione della decisione controversa e ad un errore manifesto di valutazione, che vizierebbero quest’ultima, già decise dal Tribunale. Infatti, in larghissima misura, l’impugnazione cercherebbe di far riesaminare talune questioni in fatto, che esulerebbero dalla competenza della Corte. L’Impala sostiene inoltre, a tal riguardo, che la questione relativa alla sufficiente motivazione di una decisione è una questione di fatto. Infine, essa aggiunge che alle sue risposte specifiche ai motivi dedotti dalle ricorrenti dev’essere attribuito valore subordinato.

29

A questo proposito, occorre ricordare che dagli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia risulta che l’impugnazione deve limitarsi ai motivi di diritto. Il Tribunale è pertanto il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Quando il Tribunale ha accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare il controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto. La Corte non è pertanto competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti. Infatti, una volta che tali prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura in materia di onere e di produzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (v., in particolare, sentenze 17 dicembre 1998, causaC-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I-8417, punti 23 e 24; 6 aprile 2006, causa C-551/03 P, General Motors/Commissione, Racc. pag. I-3173, punti 51 e 52, nonché 10 maggio 2007, causa C-328/05 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I-3921, punto 41).

30

Peraltro, ai sensi della giurisprudenza della Corte, la questione della portata dell’obbligo di motivazione costituisce una questione di diritto soggetta al controllo della Corte nel contesto di un’impugnazione, dato che il controllo della legittimità di una decisione che è esercitato in tale contesto deve necessariamente prendere in considerazione i fatti sui quali si è basato il Tribunale per giungere alla conclusione secondo la quale la motivazione è sufficiente o insufficiente (v. sentenze 20 novembre 1997, causa C-188/96 P, Commissione/V, Racc. pag. I-6561, punto 24, nonché 28 giugno 2005, cause riunite C-189/02 P, C-202/02 P, da C-205/02 P a C-208/02 P e C-213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I-5425, punto 453).

31

Per quanto concerne la presente controversia, come si evince, in particolare, dal punto 22 di questa motivazione, e contrariamente a quanto sostenuto dall’Impala, con la loro impugnazione le ricorrenti non mirano a rimettere in discussione in generale, come tali, gli accertamenti in fatto operati dal Tribunale. Viceversa, esse deducono essenzialmente alcune questioni di diritto che possono legittimamente essere oggetto di un’impugnazione. Occorre pertanto respingere l’eccezione generale d’irricevibilità dedotta dall’Impala. Alla luce di ciò, per quanto concerne i punti in cui l’Impala eccepisce in modo più preciso l’irricevibilità di determinate parti specifiche dell’impugnazione, occorrerà esaminare tali eccezioni in sede di analisi dei relativi motivi.

Sull’eccezione d’irricevibilità relativa al fatto che le ricorrenti hanno omesso di censurare un passo decisivo della sentenza impugnata

32

L’Impala afferma che, ad ogni modo, nel punto 528 della sentenza impugnata, il Tribunale ha accertato che la Commissione non aveva effettuato un’analisi prospettica della questione relativa all’eventuale realizzazione di una posizione dominante collettiva a seguito dell’operazione di concentrazione di cui trattasi, ed ha giudicato che in forza di questo solo motivo la seconda censura dedotta dall’Impala era fondata, circostanza che sarebbe bastata, già da sola, per annullare la decisione controversa. Di conseguenza, secondo l’Impala, anche qualora le ricorrenti riuscissero a dimostrare la fondatezza di una o più delle loro censure, l’impugnazione dovrebbe essere comunque respinta, in quanto esse non censurano l’accertamento secondo il quale non è stata effettuata nessuna analisi prospettica.

33

A tal proposito basta constatare che, nella memoria d’impugnazione, si fa espresso riferimento, nell’elencazione dei passi specificamente censurati della sentenza impugnata, al punto 528 della detta sentenza nonché ai punti 533, 539 e 541 della medesima, i quali sono parimenti dedicati alla questione della creazione di una posizione dominante collettiva.

34

Alla luce di ciò, non si può validamente sostenere che l’impugnazione sia limitata ai ragionamenti svolti dal Tribunale sulla questione del rafforzamento di una posizione dominante collettiva già esistente, per cui esso dovrebbe essere dichiarato integralmente irricevibile.

Nel merito

35

I sette motivi dedotti dalle ricorrenti si sovrappongono sotto diversi profili. In sostanza, i motivi primo-quarto, nonché il settimo vertono sulle modalità del controllo effettuato dal Tribunale, in particolare con riferimento alle questioni in materia di prova. Il quinto motivo verte sulla nozione di posizione dominante collettiva. Il sesto motivo riguarda la valutazione del Tribunale in merito all’insufficiente motivazione della decisione controversa.

36

Occorre iniziare l’esame nel merito della presente impugnazione dai motivi relativi ai criteri di trattamento degli elementi di prova applicati dal Tribunale e, in primo luogo, dalla seconda parte del terzo motivo.

Sulla seconda parte del terzo motivo, relativa ad un errore di diritto in quanto il Tribunale avrebbe applicato criteri in materia di prova eccessivi con riferimento alle decisioni che autorizzano operazioni di concentrazione

— Sentenza impugnata

37

Si evince, in particolare, dai punti 289, 366 e 459 della sentenza impugnata che il Tribunale ha verificato se gli elementi utilizzati a fondamento della decisione controversa fossero tali da giustificare la valutazione della Commissione contenuta nella detta decisione, secondo la quale i mercati di cui trattasi non erano tanto trasparenti da consentire una posizione dominante collettiva.

— Argomenti delle parti

38

Con il loro terzo motivo, le ricorrenti asseriscono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, applicando criteri in materia di prova errati ed eccessivi con riferimento alle decisioni che autorizzano operazioni di concentrazione. Nell’ambito della seconda parte di questo motivo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha interpretato scorrettamente i criteri in materia di prova applicabili a decisioni di tal genere.

39

Secondo le ricorrenti, posto che spetta alla Commissione di suffragare una decisione che vieta un’operazione di concentrazione, qualora essa non abbia potuto raccogliere prove che soddisfino la norma rigorosa posta dalla giurisprudenza comunitaria per giustificare un siffatto divieto, in particolare quando la Commissione si fonda sulla tesi di una posizione dominante collettiva, essa deve autorizzare l’operazione di concentrazione programmata. Infatti, dall’art. 10, n. 6, del regolamento si ricaverebbe che, qualora la Commissione non sia in grado di dimostrare un danno per la concorrenza in base a prove convincenti, la ratio del regolamento le impone di autorizzare tale operazione.

40

Per di più, le ricorrenti affermano a tal proposito che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, non riconoscendo che la Commissione deve conformarsi a criteri in materia di prova più rigorosi in caso di divieto di un’operazione di concentrazione rispetto all’ipotesi di autorizzazione di un’operazione siffatta, dato che il divieto costituisce un ostacolo grave alla libertà commerciale delle parti che effettuano la notifica e che le operazioni di concentrazione devono godere di una presunzione di compatibilità con il mercato comune. Dalla giurisprudenza si ricaverebbe che la Commissione deve dimostrare la fondatezza di una decisione che vieti un’operazione di concentrazione in base a un criterio più rigoroso di quello ricavato dalla semplice ponderazione delle probabilità e che, di conseguenza, la Commissione non sarebbe soggetta ai medesimi obblighi in materia di prova nel caso di una decisione che autorizzi un’operazione di concentrazione e in quello di una decisione che vieti un’operazione di tal genere. Infatti, in forza di una norma più rigorosa della mera ponderazione delle probabilità, la Commissione sarebbe obbligata, in realtà, a fornire unicamente la prova della fondatezza di una decisione che vieti un’operazione di concentrazione. Secondo le ricorrenti, il rifiuto di una siffatta norma «asimmetrica» in materia di prova impregna la valutazione effettuata dal Tribunale, vertente sulla decisione controversa, e l’analisi delle prove sulle quali la Commissione si è basata.

41

Le ricorrenti sostengono inoltre che il Tribunale ha commesso di conseguenza un errore di diritto, chiedendo alla Commissione di dimostrare la mancanza di trasparenza del mercato della musica registrata, laddove esso avrebbe dovuto esaminare se, alla data della decisione controversa, sussistessero prove sufficienti a dimostrare, in modo giuridicamente adeguato, l’esistenza della detta trasparenza. Tale errore vizierebbe tutta la sentenza impugnata e, in particolare, relativamente a diversi aspetti analizzati in dettaglio nella memoria d’impugnazione, i punti 381-387, 389, 420, 428, 429 nonché 433 della medesima.

42

Secondo l’Impala, seguire l’argomento sviluppato dalle ricorrenti a sostegno della seconda parte del terzo motivo, e riconoscere l’esistenza di una presunzione favorevole all’autorizzazione delle operazioni di concentrazione, potrebbe avere gravi ripercussioni sul regime di controllo di tali operazioni, quali il rischio di uno sfruttamento abusivo del sistema. Tale argomento ignorerebbe l’equilibrio delicato realizzato dalla normativa comunitaria, relativamente al controllo delle operazioni di concentrazione, tra gli interessi privati e gli interessi pubblici e il «doppio obbligo simmetrico» per la Commissione di vietare le operazioni di concentrazione incompatibili con il mercato comune e di autorizzare quelle compatibili con il medesimo. I criteri in materia di prova imposti a tal riguardo corrisponderebbero alla ponderazione delle probabilità e spetterebbe alla Commissione dimostrare cosa sia maggiormente probabile. Peraltro, l’Impala afferma che il Tribunale ha concluso, da un lato, nel senso che la Commissione aveva raccolto un insieme di elementi di prova convincenti a favore dell’esistenza della trasparenza dei mercati interessati, ma che quest’ultima ha tuttavia ritenuto, alla fine, che tale trasparenza fosse insufficiente, basandosi sull’esistenza di sconti promozionali «meno trasparenti». Dall’altro, il Tribunale avrebbe parimenti constatato che gli elementi di prova, che si supponeva dimostrassero tale scarsa trasparenza, non la corroboravano.

43

L’Impala peraltro ritiene che, con gli argomenti menzionati nel punto 41 della presente motivazione, sembri che le ricorrenti invitino la Corte a riesaminare le valutazioni in fatto effettuate dal Tribunale.

— Giudizio della Corte

44

In via preliminare, dalla giurisprudenza della Corte si evince che l’asserita violazione delle norme in materia di prova costituisce una questione di diritto, ricevibile in sede di impugnazione (v., in tal senso, sentenze 8 luglio 1999, causa C-199/92 P, Hüls/Commissione, Racc. pag. I-4287, punto 65, nonché 25 gennaio 2007, cause riunite C-403/04 P e C-405/04 P, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, Racc. pag. I-729, punto 40). Pertanto, quando l’Impala, nell’ambito della sua eccezione generale d’irricevibilità, eccepisce in modo specifico l’irricevibilità integrale del terzo motivo, tale argomento non può essere accolto.

45

Nel merito, come rilevato dall’Impala, la seconda parte del terzo motivo verte sulla tesi che i criteri in materia di prova siano diversi a seconda che si tratti di una decisione che autorizza un’operazione di concentrazione o di una decisione che vieti un’operazione del genere. A tal riguardo, è pacifico tra le parti che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha applicato nei confronti della decisione controversa, la quale costituisce una decisione che autorizza un’operazione di concentrazione, gli stessi criteri in materia di prova che esso avrebbe applicato a una decisione che vietasse un’operazione di tal genere.

46

A tal riguardo, occorre anzitutto ricordare che dall’art. 2, nn. 2 e 3, del regolamento non si evince che quest’ultimo imponga criteri di prova diversi in materia di decisioni che autorizzano un’operazione di concentrazione, da un lato, e di decisioni che vietano una siffatta operazione, dall’altro.

47

Così, come la Corte, in sostanza, ha già affermato, l’analisi prospettica necessaria in materia di controllo delle operazioni di concentrazione, che consiste nel verificare in che termini una tale operazione possa modificare i fattori che determinano lo stato della concorrenza in un determinato mercato, onde accertare se possa conseguirne un significativo ostacolo a un’effettiva concorrenza, impone di ipotizzare le varie concatenazioni causa-effetto, al fine di accogliere quella maggiormente probabile (v., in tal senso, sentenza 15 febbraio 2005, causa C-12/03 P,Commissione/Tetra Laval, Racc. pag. I-987, punto 43).

48

Pertanto, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, dal regolamento non si può dedurre una presunzione generale di compatibilità o di incompatibilità con il mercato comune di un’operazione di concentrazione notificata.

49

Quest’interpretazione del regolamento non è inficiata dall’art. 10, n. 6, di quest’ultimo, in forza del quale un’operazione di concentrazione notificata è considerata compatibile con il mercato comune quando la Commissione non ha adottato, nel termine stabilito, una decisione sulla compatibilità di detta operazione. Infatti, questa disposizione è una specifica espressione del dovere di celerità, che contraddistingue l’economia generale del regolamento e che impone alla Commissione di rispettare termini rigorosi per l’adozione della decisione definitiva (v., a tal proposito, sentenza 18 dicembre 2007, causa C-202/06 P, Cementbouw Handel & Industrie/Commissione, Racc. pag. I-12129, punto 39). Tuttavia, la disposizione menzionata costituisce un’eccezione all’economia generale del regolamento, quale si evince, in particolare, dagli artt. 6, n. 1, e 8, n. 1, di quest’ultimo, ai sensi della quale la Commissione adotta una decisione formale sulle operazioni di concentrazione che le vengono notificate.

50

D’altronde, è senz’altro vero che risulta dalla giurisprudenza della Corte che le decisioni della Commissione sulla compatibilità delle operazioni di concentrazione con il mercato comune devono essere suffragate da elementi di prova particolarmente rilevanti e concordanti (v., in tal senso, sentenza 31 marzo 1998, cause riunite C-68/94 e C-30/95, Francia e a./Commissione, detta «Kali & Salz», Racc. pag. I-1375, punto 228) e che, nel contesto dell’analisi di un’operazione di concentrazione di tipo «conglomerato», la qualità degli elementi di prova presentati dalla Commissione al fine di dimostrare la necessità di una decisione che dichiari l’operazione di concentrazione incompatibile con il mercato comune è particolarmente rilevante (v. sentenza Commissione/Tetra Laval, cit., punto 44).

51

Tuttavia, da ciò non si può dedurre che, in merito a decisioni che vietino operazioni di concentrazione, la Commissione debba conformarsi, in particolare quando quest’ultima si fonda su un’ipotesi di posizione dominante collettiva, a criteri in materia di prova più rigorosi rispetto al caso di decisioni che autorizzino operazioni di tal genere. Infatti, questa giurisprudenza riflette semplicemente la funzione essenziale della prova, che è di persuadere in merito alla fondatezza di una tesi o, come in materia di controllo delle operazioni di concentrazione, di suffragare le valutazioni che sono alla base delle decisioni della Commissione (v., in tal senso, sentenza Commissione/Tetra Laval, cit., punti 41 e 44). Inoltre, la circostanza che si tratti o meno di un’ipotesi di posizione dominante collettiva non può avere, di per sé, alcuna incidenza sui criteri applicabili in materia di prova. A tal riguardo, la complessità intrinseca di un’ipotesi di ostacolo alla concorrenza formulata nei confronti di un’operazione di concentrazione notificata costituisce un elemento di cui occorre tener conto in sede di valutazione della plausibilità delle diverse conseguenze di quest’operazione, al fine di individuare quelle maggiormente probabili, ma una siffatta complessità non ha, in quanto tale, nessuna influenza sul livello di prova richiesto.

52

Da quanto sin qui esposto discende che, quando è chiamata a pronunciarsi su un’operazione di concentrazione in applicazione del regolamento, la Commissione è obbligata, in linea di principio, a esprimersi nel senso di autorizzare o vietare una tale operazione, in base alla sua valutazione delle conseguenze economiche attribuibili all’operazione di cui trattasi che appaiano maggiormente probabili.

53

Di conseguenza, è a torto che le ricorrenti ritengono che, trattandosi di una decisione che ha autorizzato un’operazione di concentrazione, il Tribunale avrebbe dovuto esaminare unicamente se la Commissione, applicando criteri in materia di prova particolarmente rigorosi, potesse vietare l’operazione controversa. Pertanto, senza che occorra esprimersi sulla ricevibilità delle censure specifiche vertenti sui punti della sentenza impugnata elencati nel punto 41 della presente motivazione, è giocoforza concludere nel senso che, poiché la premessa alla base di tali censure è infondata, queste ultime, in ogni caso, non possono essere accolte.

54

Pertanto, in considerazione di quanto sin qui esposto, occorre respingere la seconda parte del terzo motivo.

Sul primo motivo, relativo ad un errore di diritto, in quanto il Tribunale si è basato sulla comunicazione degli addebiti per valutare il contenuto della decisione controversa

— Sentenza impugnata

55

In numerosi passi della sentenza impugnata, in particolare nei punti 379, 424 e 446 di quest’ultima, il Tribunale ha fatto rinvio alla comunicazione degli addebiti per suffragare il suo ragionamento, sia per quanto riguarda la censura relativa a un’insufficiente motivazione della decisione controversa, sia per quanto concerne quella riguardante errori manifesti di valutazione che vizierebbero la medesima.

56

Esaminando la censura relativa a un’insufficiente motivazione della decisione controversa, il Tribunale ha osservato, in particolare, quanto segue:

«282

Occorre esaminare anzitutto l’incidenza della circostanza, sottolineata dall[‘Impala], che, nella comunicazione degli addebiti, la Commissione aveva concluso molto chiaramente che la concentrazione era incompatibile con il mercato comune perché, in particolare, esisteva una posizione dominante collettiva già prima della concentrazione proposta e il mercato della musica registrata era molto trasparente e particolarmente favorevole al coordinamento.

283

È vero che questo capovolgimento della posizione della Commissione può sembrare sorprendente, visto in particolare il ritardo con cui è intervenuto. Infatti, come risulta dagli atti e dal dibattimento dinanzi al Tribunale, per tutto il procedimento amministrativo la Commissione, in base a tutte le informazioni fornitele durante cinque mesi di indagini sia da vari operatori del mercato che dalle parti della concentrazione, ha ritenuto che il mercato fosse sufficientemente trasparente da consentire un coordinamento tacito dei prezzi e solo dopo che le parti della concentrazione, assistite dal loro consulente economico, hanno esposto i propri argomenti durante l’audizione del [14] e del [15] giugno 2004 essa, senza effettuare nuove indagini sul mercato, ha adottato la posizione opposta e, in data 1o luglio 2004, ha trasmesso il progetto di decisione al comitato consultivo.

284

Tuttavia, come fa valere giustamente la Commissione, risulta dalla giurisprudenza (sentenza [17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84,] British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione[, Racc. pag. 4487]) che la stessa Commissione, quando respinge una domanda presentata a norma dell’art. 3 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), può limitarsi ad esporre i motivi per i quali non ha ritenuto possibile dimostrare l’esistenza di una trasgressione delle norme sulla concorrenza, senza dover spiegare eventuali differenze rispetto alla comunicazione degli addebiti, la quale costituisce un documento preparatorio le cui valutazioni sono di natura puramente provvisoria e destinate a delimitare l’oggetto del procedimento amministrativo nei confronti delle imprese cui il procedimento stesso si riferisce, né discutere tutti i punti di fatto e di diritto trattati durante il procedimento amministrativo. Nella sentenza [7 gennaio 2004, cause riunite C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P,] Aalborg Portland e a./Commissione, [Racc. pag. I-123], la Corte ha ricordato il carattere provvisorio della comunicazione degli addebiti e l’obbligo della Commissione di tenere conto delle risultanze del procedimento amministrativo, tra l’altro per rinunciare agli addebiti che si siano rivelati infondati.

285

Si deve rilevare, è vero, che tale giurisprudenza è stata elaborata in relazione a procedimenti di applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE e non nel settore specifico del controllo delle concentrazioni, nel cui ambito il rispetto dei termini tassativi cui è soggetta l’adozione delle decisioni da parte della Commissione non consente a quest’ultima di prorogare la sua indagine e rende quindi sempre meno probabile un cambiamento fondamentale di posizione man mano che avanza il procedimento amministrativo. Nelle sue osservazioni finali, inoltre, la Commissione ha sottolineato che le misure di indagine adottate dopo l’audizione consistono essenzialmente nel consultare gli operatori di mercato in merito agli impegni proposti e non riguardano gli addebiti formulati nei confronti dell’operazione di concentrazione notificata. Ciò non toglie, tuttavia, che la comunicazione degli addebiti costituisce solo un atto preparatorio e che la decisione finale dev’essere motivata solo per quanto riguarda tutte le circostanze e tutti gli elementi pertinenti ai fini della valutazione degli effetti della concentrazione proposta sul gioco della concorrenza nei mercati di riferimento. Ne consegue che, di per sé, il semplice fatto che la Commissione non abbia spiegato, nel testo della decisione, il suo cambiamento di posizione rispetto a quella contenuta nella comunicazione degli addebiti non può costituire un difetto o una carenza di motivazione».

— Argomenti delle parti

57

Le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, utilizzando la comunicazione degli addebiti quale punto di riferimento per valutare la decisione controversa nel merito, violando i diritti della difesa.

58

In tale contesto, le ricorrenti affermano che il confronto effettuato dal Tribunale tra la decisione controversa e le conclusioni provvisorie della Commissione, contenute nella comunicazione degli addebiti, non può giustificare le conclusioni contenute nella sentenza impugnata, relative alla motivazione della decisione controversa e alla valutazione della Commissione in essa contenuta. A tale proposito, esse citano i punti 300, 302 e 308 della sentenza impugnata per quanto riguarda la valutazione svolta dal Tribunale in merito alla motivazione della decisione controversa. Inoltre, per quanto concerne l’esame, svolto dal Tribunale, degli argomenti relativi ad errori manifesti di valutazione, le ricorrenti censurano nella loro impugnazione i punti 338, 339, 341, 362, 378, 379, 398, 402, 409, 419, 424, 446, 447, 451, 456, 467, 491, 532 e 538 della detta sentenza.

59

A sostegno delle ricorrenti su questo motivo, la Commissione afferma che, in una gran parte della sentenza impugnata, il Tribunale, contrariamente alla giurisprudenza citata da esso stesso nel punto 284 di questa sentenza, al quale esso fa un «riferimento meramente formale», non esamina la decisione controversa in quanto tale per quanto riguarda le questioni della sufficiente motivazione della medesima e, relativamente al motivo riguardante un errore di merito, della presenza in essa di errori di fatto o di errori manifesti di valutazione, ma si concentra piuttosto nella sua sentenza sulla questione della fondatezza o meno della comunicazione degli addebiti. Pertanto, secondo la Commissione, dato che alcuni fatti non erano stati menzionati nella comunicazione degli addebiti, il Tribunale ne deduce che essi non possono avere rilevanza ai fini della valutazione delle conseguenze dell’operazione di concentrazione in generale. Inoltre, mentre la Commissione ha precisato nella decisione controversa alcune conclusioni che erano formulate in uno stile più dichiarativo nella comunicazione degli addebiti, il Tribunale si sarebbe basato, per procedere al suo controllo, sulla valutazione contenuta nella detta comunicazione.

60

L’Impala asserisce che il Tribunale si è limitato a menzionare alcuni passi della comunicazione degli addebiti, al fine di sottolineare le incoerenze intrinseche della stessa decisione controversa e l’infondatezza delle constatazioni in essa formulate. Il Tribunale avrebbe espressamente riconosciuto che la comunicazione degli addebiti è un documento preparatorio, che gli accertamenti in essa contenuti sono meramente provvisori e che la Commissione non deve motivare le divergenze tra tale comunicazione e la decisione controversa.

— Giudizio della Corte

61

Emerge dalla giurisprudenza della Corte che il principio del contraddittorio, che costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, facente parte, in particolare, dei diritti della difesa, esige che l’impresa interessata sia stata messa in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace la propria posizione sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita infrazione del Trattato CE (v. segnatamente, in tal senso, sentenze 23 ottobre 1974, causa 17/74, Transocean Marine Paint Association/Commissione, Racc. pag. 1063, punto 15; 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 10; Kali & Salz, cit., punto 174, nonché Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punto 66).

62

Per i procedimenti di controllo delle operazioni di concentrazione a norma del regolamento, tale principio è stabilito dall’art. 18, n. 3, seconda frase, di quest’ultimo nonché, in modo più preciso, dall’art. 13, n. 2, del regolamento di applicazione. Queste ultime disposizioni impongono in particolare, in sostanza, la comunicazione per iscritto delle obiezioni della Commissione alle parti che hanno effettuato la notifica, con indicazione a queste ultime del termine entro il quale esse possono comunicare per iscritto la loro posizione.

63

Dalla giurisprudenza formatasi in merito agli artt. 81 CE e 82 CE si evince, per analogia, che la comunicazione degli addebiti è un documento di natura processuale e preparatoria che, al fine di garantire l’esercizio efficace dei diritti della difesa, circoscrive l’oggetto del procedimento amministrativo avviato dalla Commissione, impedendo così a quest’ultima di accogliere altre censure nella decisione con cui essa conclude il procedimento di cui trattasi (v., in particolare, ordinanza 18 giugno 1986, cause riunite 142/84 e 156/84, British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, Racc. pag. 1899, punti 13 e 14). Pertanto, la comunicazione degli addebiti è per sua natura provvisoria e soggetta a modifiche che la Commissione può apportare nell’ambito della propria successiva valutazione alla luce delle osservazioni presentatele dalle parti e di altre constatazioni di fatto (v., in tal senso, sentenza SGL Carbon/Commissione, cit., punto 62). Infatti, la Commissione deve tener conto degli elementi derivanti dall’intero procedimento amministrativo, o per abbandonare censure che sarebbero ingiustificate, o per rettificare ed integrare sia in fatto che in diritto i suoi argomenti a sostegno delle censure che essa accoglie. Pertanto, la comunicazione degli addebiti non impedisce assolutamente alla Commissione di modificare la propria posizione a favore delle imprese interessate (v. ordinanza British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, cit., punto 13).

64

Ne consegue che la Commissione non è tenuta alla conferma delle valutazioni in fatto o in diritto formulate in tale documento. Al contrario, essa deve motivare la sua decisione definitiva con le sue valutazioni conclusive basate sugli esiti dell’intera indagine quali essi risultano al momento della chiusura del procedimento formale (v., per analogia, ordinanza British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, cit., punto 15).

65

Peraltro, la Commissione non è tenuta a spiegare le eventuali differenze rispetto alle sue valutazioni provvisorie contenute nella comunicazione degli addebiti (v., in tal senso, ordinanza British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, cit., punto 15, e sentenza British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, cit., punto 70).

66

La circostanza che la Commissione sia soggetta, nell’ambito del controllo delle operazioni di concentrazione, a differenza di quanto avviene nella sfera d’applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE, a termini processuali rigorosi non ha alcuna incidenza sulla natura provvisoria della comunicazione degli addebiti. Infatti, l’esercizio efficace dei diritti della difesa impone che le argomentazioni dei soggetti partecipanti a una concentrazione notificata godano, in sede di procedimento di verifica delle operazioni di concentrazione, di una considerazione identica a quella di cui godono le argomentazioni delle parti coinvolte nei procedimenti avviati in applicazione degli artt. 81 CE o 82 CE.

67

È esatto che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha espressamente riconosciuto, in particolare nei punti 284 e 285 della sentenza impugnata, la natura preparatoria della comunicazione degli addebiti, compresa l’ipotesi del controllo delle operazioni di concentrazione. Esso ha inoltre riconosciuto che la Commissione, conformemente alla giurisprudenza sviluppatasi in merito agli artt. 81 CE e 82 CE, non è tenuta a spiegare le eventuali divergenze rispetto alla comunicazione degli addebiti.

68

Tuttavia, alla luce dell’argomentazione sviluppata dalle ricorrenti e dalla Commissione, illustrata nei punti 58 e 59 della presente motivazione, occorre esaminare le censure di queste ultime espresse nei confronti di una serie di rinvii specifici alla comunicazione degli addebiti, effettuati dal Tribunale in sede di esame della legittimità della decisione controversa.

69

A tale proposito, dalla giurisprudenza si evince che, benché, nell’ambito del controllo delle operazioni di concentrazione, materia nella quale la Commissione dispone di un margine di discrezionalità in materia economica, il controllo del Tribunale sia limitato alla verifica dell’esattezza materiale dei fatti e alla mancanza di errori manifesti di valutazione, ciò nondimeno la correttezza, completezza e affidabilità dei fatti a base di una decisione può costituire oggetto di un controllo giurisdizionale (v., in tal senso, sentenze Commissione/Tetra Laval, cit., punto 39, nonché 22 novembre 2007, causa C-525/04 P, Spagna/Lenzing, Racc. pag. I-9947, punti 56 e 57). Infatti, è proprio così che il giudice comunitario può accertare se esistessero tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari per l’esercizio del potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza 21 novembre 1991, causa C-269/90, Technische Universität München, Racc. pag. I-5469, punto 14). Ne consegue che, malgrado il carattere preparatorio e provvisorio della comunicazione degli addebiti e il fatto che la Commissione non sia tenuta a spiegare le eventuali divergenze rispetto alla medesima, non si può assolutamente vietare al Tribunale di utilizzare la comunicazione degli addebiti per procedere all’interpretazione di una decisione della Commissione, in particolare per quanto riguarda l’esame dei fondamenti in fatto di quest’ultima.

70

Così, per esempio, i rinvii alla comunicazione degli addebiti effettuati dal Tribunale, nei punti 300, 302 e 308 della sentenza impugnata, in sede di valutazione della motivazione della decisione controversa, sono effettuati, come rilevato sostanzialmente dall’avvocato generale nei paragrafi 165 e 166 delle sue conclusioni, a titolo meramente illustrativo, se non ultroneo. Lo stesso può dirsi per taluni punti della medesima sentenza citati dalle ricorrenti, i quali riguardano la valutazione effettuata dal Tribunale degli argomenti relativi ad errori manifesti di valutazione, ossia i punti 338, 339, 341, 362, 402, 456, 467, 532 e 538 della sentenza impugnata, che servono semplicemente ad illustrare e ad integrare ciò che il Tribunale aveva comunque già dedotto direttamente dalla decisione controversa.

71

Tuttavia, è giocoforza constatare che, nella sentenza impugnata, alcuni rinvii alla comunicazione degli addebiti rivelano che il Tribunale, nonostante quanto esso stesso afferma in merito al carattere provvisorio di questa comunicazione, ha conferito un carattere più affidabile e più decisivo a quanto esso qualifica, nel punto 410 della detta sentenza, come «accertamenti fattuali operati in precedenza» nella detta comunicazione rispetto gli accertamenti contenuti nella stessa decisione controversa.

72

Il Tribunale si è basato, in sostanza, a tal riguardo sulla distinzione tra, da un lato, «accertamenti fattuali operati in precedenza» di tal genere e, dall’altro, determinate«valutazioni», le quali, sì, potrebbero essere ulteriormente e validamente modificate. In particolare, nel punto 379 della sentenza impugnata, il Tribunale qualifica l’affermazione che figura nella comunicazione degli addebiti, secondo cui «sussistono prove sufficienti del fatto che le major sono al corrente delle rispettive condizioni commerciali», non come un «giudizio della Commissione, suscettibile di modifica, bensì (…) una constatazione di fatto basata sulla sua indagine». Quest’affermazione formulata dal Tribunale va letta alla luce di altre affermazioni espresse precedentemente nella sentenza impugnata. Così, nel punto 335 di questa sentenza, il Tribunale evidenzia segnatamente che «le valutazioni contenute nella decisione [controversa] devono essere compatibili con gli accertamenti di fatto effettuati nella comunicazione degli addebiti, quando non sia dimostrato che questi ultimi erano inesatti». Inoltre, nel punto 378 di detta sentenza, il Tribunale segnala che «le conclusioni che (…) vengono tratte [dagli elementi di prova, come menzionati] nella decisione [controversa] sono anche molto diverse rispetto ai riscontri operati nella comunicazione degli addebiti».

73

Pertanto, il Tribunale non si è limitato ad utilizzare la comunicazione degli addebiti come strumento per verificare la correttezza, completezza e affidabilità dei fatti a base della decisione controversa. Infatti, esso ha giudicato come dimostrata tutta una serie di conclusioni contenute in tale comunicazione, le quali però possono essere considerate solo come provvisorie.

74

Questa concezione della comunicazione degli addebiti si evince inoltre da altri punti della sentenza impugnata. Così, nei punti 409 e 410 di questa sentenza, il Tribunale critica il fatto che la Commissione non abbia smentito taluni «accertamenti fattuali operati in precedenza» nella comunicazione degli addebiti. Inoltre, nel punto 424 della sentenza citata, si rimprovera alle ricorrenti e alla Commissione di non aver affermato, «né a fortiori dimostrato», che un’«osservazione» che figura nella detta comunicazione fosse inesatta. Al punto 446 della sentenza impugnata si sostiene persino che «l’osservazione secondo cui non esisteva alcuna prova del fatto che gli sconti avessero inciso sensibilmente sui prezzi costituisce un accertamento fattuale, più che una valutazione». Peraltro, nei punti 398, 419, 447 e 451 di questa sentenza, la Commissione viene sostanzialmente criticata per essersi fondata in misura rilevante, ai fini della decisione controversa, sull’incidenza degli «sconti promozionali», laddove, come il Tribunale rileva nel punto 447 della detta sentenza, nella comunicazione degli addebiti, la Commissione «non ha nemmeno ritenuto necessario menzionare [tali sconti]».

75

Ebbene, come rileva la Commissione, può verificarsi che le parti che effettuano la notificazione, con la loro risposta alla comunicazione degli addebiti, integrino o chiariscano, alla luce della detta comunicazione, la loro «posizione» in merito al funzionamento del mercato, o dei mercati, di cui trattasi, di modo che nuovi elementi possono essere aggiunti o i fatti già esaminati dalla Commissione possono essere situati in una diversa prospettiva. In casi del genere, anche qualora non sia dimostrata l’infondatezza di taluni accertamenti provvisori specifici operati dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti, la valutazione dei detti accertamenti operata da quest’ultima nel contesto modificato può essere totalmente diversa. Nella sentenza impugnata, appare evidente che il Tribunale, focalizzando la sua attenzione sulle divergenze tra la decisione controversa, oggetto del ricorso promosso dinanzi ad esso, e gli «accertamenti fattuali operati in precedenza» nella comunicazione degli addebiti, ha escluso questa possibilità. Infatti, come sostiene la Commissione, il ragionamento seguito dal Tribunale, qual è ricavabile da alcuni punti della sentenza impugnata, pare fondato sull’ipotesi che le conclusioni provvisorie della Commissione nella detta comunicazione siano costantemente basate su elementi di prova inequivocabili. Ebbene, fatta eccezione, al limite, per taluni elementi non contestati che, per esempio, a causa della loro natura empirica e verificabile, sono a tal punto evidenti da essere incontrovertibili, non si può presumere che affermazioni contenute in una comunicazione degli addebiti non possano essere modificate alla luce delle risposte fornite a una siffatta comunicazione. Peraltro, anche ipotizzando che il Tribunale avesse il diritto di operare una distinzione tra gli accertamenti in fatto e le valutazioni contenute nella comunicazione degli addebiti, è giocoforza constatare che, nei punti 379 e 446 della sentenza impugnata, esso ha qualificato come accertamenti in fatto talune valutazioni complesse, che non possono in nessun caso essere considerate come accertamenti in fatto immodificabili.

76

Alla luce di ciò, occorre constatare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto in quanto, esaminando gli argomenti relativi all’esistenza di errori manifesti di valutazione, esso ha attribuito a taluni elementi contenuti nella comunicazione degli addebiti la natura di fatti accertati senza dimostrare le ragioni per le quali, a dispetto della posizione definitiva adottata dalla Commissione nella decisione controversa, tali elementi dovessero essere considerati incontestabilmente come tali.

77

Ciò posto, quest’errore non è di per sé tale da rimettere in discussione la valutazione del Tribunale, contenuta nel punto 377 della sentenza impugnata, secondo la quale «gli elementi di prova menzionati nella decisione [controversa] non consentono di confermare le conclusioni che ne vengono tratte». Di conseguenza, essa non può da sola portare all’annullamento della sentenza impugnata. È necessario quindi procedere all’esame degli altri motivi.

Sul secondo motivo nonché sulla prima parte del terzo motivo, relativi ad errori di diritto, in quanto il Tribunale ha posto a carico della Commissione l’obbligo di effettuare nuove verifiche a seguito della risposta alla comunicazione degli addebiti ed ha applicato criteri in materia di prova eccessivi agli elementi prodotti in risposta alla comunicazione degli addebiti

— Sentenza impugnata

78

In sede di esame del motivo relativo ad errori manifesti di valutazione per quanto concerne la trasparenza del mercato, il Tribunale, nel punto 414 della sentenza impugnata, afferma, in particolare, che «le parti della concentrazione non poss[o]no attendere l’ultimo momento per sottoporre elementi di prova alla Commissione allo scopo di confutare gli addebiti da essa contestati in tempo utile, dato che, in tal caso, la Commissione non sarebbe più in grado di effettuare le necessarie verifiche. In tal caso, occorre quanto meno che tali elementi di prova risultino particolarmente affidabili, oggettivi, pertinenti e persuasivi per potere validamente confutare gli addebiti mossi dalla Commissione».

79

Il Tribunale dichiara inoltre, nel punto 415 della sentenza impugnata, che la Commissione non può «spingersi fino a delegare senza controlli la responsabilità dello svolgimento di alcuni aspetti dell’indagine alle parti della concentrazione, soprattutto quando, come nel caso di specie, tali aspetti costituiscano l’elemento chiave su cui si basa la decisione [controversa] e i dati e le valutazioni sottoposti dalle parti della concentrazione siano diametralmente opposti alle informazioni raccolte dalla Commissione durante l’indagine e alle conclusioni che essa ne aveva tratto».

80

Inoltre, in diversi punti della sentenza impugnata, in particolare nei punti 398, 428 e 451 di quest’ultima, il Tribunale rileva che la Commissione non ha effettuato, a seguito della risposta fornita alla comunicazione degli addebiti dai soggetti partecipanti alla concentrazione, nuovi studi di mercato per verificare la fondatezza della sua scelta di un nuovo orientamento nella valutazione dell’operazione di concentrazione programmata.

— Argomenti delle parti

81

Con il secondo motivo, le ricorrenti asseriscono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto giudicando, in sostanza, che la Commissione ha l’obbligo di effettuare nuove indagini relative al mercato a seguito della risposta alla comunicazione degli addebiti. Di conseguenza, la sua conclusione secondo cui la Commissione ha commesso errori di valutazione e di motivazione, non avendo effettuato nuove verifiche, sarebbe infondata.

82

Con la prima parte del terzo motivo, che è opportuno trattare unitamente al secondo motivo, le ricorrenti asseriscono che il Tribunale, nel punto 414 della sentenza impugnata, ha suggerito in realtà che le prove a discarico, prodotte dalle parti che effettuano la notificazione in risposta alla comunicazione degli addebiti, sono soggette a criteri più rigorosi di quelli applicati agli elementi probatori indicati dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti per suffragare le sue obiezioni.

83

A sostegno delle ricorrenti, la Commissione asserisce, in primo luogo, che, tenuto conto dei termini ristretti ad essa imposti dal regolamento, essa deve avere la possibilità di basarsi sugli elementi di prova prodotti dalle ricorrenti nella risposta alla comunicazione degli addebiti, risposta che rientra nella procedura ufficiale. Al pari delle ricorrenti, essa ricorda che il regolamento prevede l’imposizione di ammende o di penalità di mora quando sono trasmesse informazioni inesatte o fuorvianti e legittima la Commissione a revocare una decisione, che sia fondata su indicazioni inesatte di cui sia responsabile una delle imprese o che sia ottenuta fraudolentemente.

84

In secondo luogo, la Commissione ritiene che il punto 414 della sentenza impugnata, che illustra la posizione adottata dal Tribunale nei punti 415-457 della medesima sentenza, vertenti su un complesso di elementi di prova, riveli una serie di errori di diritto collegati, riguardanti in particolare l’efficacia probatoria degli elementi di prova prodotti in risposta alla comunicazione degli addebiti.

85

L’Impala sostiene che il Tribunale ha tenuto conto dei termini rigorosi previsti dal regolamento. Esso avrebbe semplicemente constatato che la Commissione ha omesso di procedere alla benché minima indagine complementare relativa al mercato, senza precisare se, dopo l’audizione, sarebbe stato doveroso condurre altre indagini. Secondo l’Impala, la Commissione avrebbe dovuto indagare sulla problematica della trasparenza e degli sconti prima di formulare la comunicazione degli addebiti.

86

In relazione alla prima parte del terzo motivo, l’Impala sostiene che dal punto 414 della sentenza impugnata si evince che il Tribunale fa riferimento a una situazione teorica, in cui i soggetti partecipanti a un’operazione di concentrazione comunicano elementi di prova all’ultimo momento, non lasciando alla Commissione nessuna possibilità di procedere alle necessarie indagini. Secondo l’Impala, dal medesimo punto della sentenza impugnata si ricava parimenti che si deve presumere che il Tribunale ritenesse non che la Commissione dovesse indagare sulla detta problematica dopo l’audizione, ma che essa dovesse agire in tal senso in un precedente momento del procedimento formale.

— Giudizio della Corte

87

Occorre anzitutto respingere la tesi dell’Impala, illustrata nel punto 86 della presente motivazione, secondo la quale il punto 414 della sentenza impugnata riguarderebbe una situazione ipotetica. Infatti, una siffatta interpretazione del citato punto 414 è smentita dai termini stessi di quest’ultimo, dal quale risulta che le osservazioni del Tribunale, censurate nell’ambito della prima parte del terzo motivo, riguardavano il procedimento che ha condotto all’adozione della decisione controversa.

88

Occorre poi ricordare che, come si evince dai punti 61 e 62 della presente motivazione, il rispetto dei diritti della difesa prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa ledere le imprese interessate è un dovere imperativo nell’ambito dei procedimenti di controllo delle operazioni di concentrazione.

89

Di conseguenza, in linea di principio non si possono censurare le parti che effettuano la notificazione per il fatto di presentare taluni argomenti, fatti o elementi di prova, al limite anche decisivi, solo nell’ambito delle tesi da loro esposte in risposta alla comunicazione degli addebiti. Infatti, è solo con la detta comunicazione che i soggetti partecipanti all’operazione di concentrazione possono ottenere indicazioni dettagliate in merito alle riserve formulate dalla Commissione nei confronti del loro progetto di concentrazione, nonché in merito agli argomenti e agli elementi di prova sui quali essa si fonda a tal fine. Come si evince dal punto 62 della presente motivazione, dai diritti della difesa delle imprese che effettuano la notificazione, sanciti dall’art. 18, n. 3, seconda frase, del regolamento nonché dall’art. 13, n. 2, del regolamento di applicazione, discende che queste ultime hanno il diritto di presentare, in occasione della loro audizione scritta e orale dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, qualsiasi elemento che esse ritengano in grado di confutare le censure della Commissione e di indurre quest’ultima ad autorizzare la loro operazione di concentrazione proposta. Contrariamente a quanto il Tribunale fa capire, in particolare nel punto 414 della sentenza impugnata, un argomento illustrato in risposta alla comunicazione degli addebiti fa parte dell’indagine da svolgere in sede di procedimento formale. Un siffatto argomento non è tardivo, ma viene presentato nel momento previsto a tal fine nell’ambito della procedura di controllo delle operazioni di concentrazione.

90

Peraltro, occorre ugualmente ricordare che, come si ricava dal punto 49 della presente motivazione, il dovere imperativo di rapidità che contrassegna l’economia generale del regolamento impone alla Commissione di rispettare termini rigorosi per l’adozione della decisione definitiva.

91

Alla luce di ciò, in considerazione, in particolare, dei tempi ristretti imposti dalle scadenze processuali stabilite dal regolamento, la Commissione non può essere tenuta, in linea di principio, in ciascun caso specifico, ad inviare, dopo la comunicazione degli addebiti e a seguito dell’audizione delle imprese interessate, a numerosi operatori economici approfondite richieste di informazioni poco prima della trasmissione della sua bozza di decisione al comitato consultivo per il controllo delle concentrazioni di imprese, in osservanza dell’art. 19 del regolamento.

92

Inoltre, come rileva la Commissione, la risposta alla comunicazione degli addebiti può dedicare un’attenzione particolare ad elementi che le parti che effettuano la notificazione ritengono cruciali per l’esito del procedimento formale. Elementi di tal genere possono non essere stati considerati cruciali nella comunicazione degli addebiti. Ebbene, la mancata presa in considerazione di tali elementi può far parte delle critiche espresse dalle imprese che effettuano la notificazione nei confronti della valutazione preliminare della Commissione. Alla luce degli obblighi imposti dai diritti della difesa, l’argomentazione delle parti che effettuano la notificazione, esposta in risposta alla comunicazione degli addebiti, non può essere soggetta, riguardo alla sua efficacia probatoria e alla sua persuasività, a criteri più rigorosi di quelli applicati nei confronti dell’argomentazione dei concorrenti, dei clienti e di altri terzi interrogati dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo, o nei confronti degli elementi forniti dalle imprese che effettuano la notificazione in una fase precedente dell’indagine della Commissione.

93

Peraltro, quando la Commissione esamina nella sua decisione la tesi difensiva delle imprese che effettuano la notificazione e approfitta dell’occasione per rivedere le sue conclusioni provvisorie contenute nella comunicazione degli addebiti, al fine eventualmente di discostarsene, essa non procede ad una «delega» dell’indagine alle dette imprese. A tal riguardo occorre ricordare che gli artt. 14 e 15 del regolamento prevedono l’imposizione di ammende o di penalità di mora quando sono comunicate informazioni inesatte o fuorvianti e che l’art. 8, n. 5, lett. a), del medesimo regolamento legittima la Commissione a revocare una decisione fondata su indicazioni inesatte di cui sia responsabile un’impresa, oppure ottenuta fraudolentemente.

94

La Commissione è certamente tenuta ad esaminare con cura l’argomentazione dei soggetti partecipanti alla concentrazione per quanto riguarda la sua esattezza, completezza e persuasività, e ad ignorarla in caso di dubbi giustificati. È parimenti vero che, in forza dell’art. 3, n. 1, del regolamento d’applicazione, la notificazione dell’operazione di concentrazione programmata deve contenere informazioni esatte e complete e che, conformemente all’art. 11 del regolamento, le parti che effettuano la notificazione sono tenute a rispondere in modo completo, esatto e tempestivo ad eventuali richieste di informazioni della Commissione per cui, qualora ciò non avvenga, quando le informazioni di cui trattasi sono state chieste mediante decisione, la Commissione, ai sensi degli artt. 14 e 15 del regolamento, può infliggere ammende e penalità di mora. Nondimeno, è pur vero che quest’ultima, in occasione della risposta alla comunicazione degli addebiti, deve applicare, a pena di menomare i diritti della difesa delle parti che effettuano la notificazione, gli stessi criteri seguiti ai fini dell’esame dell’argomentazione di terzi o applicati in una fase precedente della sua indagine, pur potendo ricavare le opportune conseguenze nei casi in cui risulti, in una fase molto avanzata del procedimento, che la notificazione di cui trattasi non osserva gli obblighi imposti dall’art. 3, n. 1, del regolamento d’applicazione.

95

Ne consegue che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, da un lato, imponendo, in sostanza, alla Commissione di essere particolarmente rigorosa nei confronti del valore probatorio degli elementi di prova e delle argomentazioni prodotti dalle parti che effettuano la notificazione in risposta a una comunicazione degli addebiti e, dall’altro, traendone la conclusione che la mancanza di ulteriori studi di mercato in seguito alla comunicazione degli addebiti e la riproduzione, da parte della Commissione, della tesi difensiva delle ricorrenti equivaleva a una delega illegale dell’indagine ai soggetti partecipanti alla concentrazione.

96

Tuttavia, quest’errore di diritto non vizia integralmente la sentenza impugnata, in particolare la parte di quest’ultima vertente sulle insufficienze di motivazione della decisione controversa nonché la valutazione del Tribunale, contenuta nel punto 377 della sentenza impugnata, secondo la quale «gli elementi di prova menzionati nella [detta] decisione non consentono di confermare le conclusioni che ne vengono tratte». Di conseguenza, occorre procedere all’esame degli altri motivi.

Sul settimo motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto il Tribunale si sarebbe basato su elementi di prova non comunicati ai soggetti partecipanti all’operazione di concentrazione

— Sentenza impugnata

97

Nel punto 352 della sentenza impugnata, nell’ambito dell’esame effettuato dal Tribunale vertente sulla trasparenza dei prezzi e, in particolare, sulla possibilità di una sorveglianza del mercato al dettaglio da parte delle case discografiche tramite relazioni di controllo settimanali redatte dai loro rappresentanti commerciali, il Tribunale riprende una constatazione della Commissione contenuta nella decisione controversa, secondo la quale le ricorrenti avrebbero istituito un sistema di relazioni settimanali, contenenti parimenti informazioni sui concorrenti. Nei punti 356-360 della sentenza impugnata, il Tribunale fa rinvio a tal riguardo, per completezza, a determinati documenti prodotti dall’Impala e classificati come riservati. Infatti, i punti 356-360 della versione della sentenza impugnata pubblicata nella Raccolta sono semplicemente contrassegnati con la dicitura «[riservato]». Si fa parimenti riferimento alle relazioni settimanali di controllo nei punti 389 e 451 di questa sentenza; il citato punto 389 comprende una parte contrassegnata con la dicitura «[riservato]» nella versione pubblicata nella Raccolta.

— Argomenti delle parti

98

Le ricorrenti asseriscono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto basandosi, nei punti 356-360 della sentenza impugnata, su elementi di prova che non erano a disposizione della Commissione al momento dell’adozione della decisione controversa e che non erano stati mai loro trasmessi. A tal riguardo, sarebbe difficile immaginare per quale ragione il Tribunale abbia menzionato questi documenti in cinque punti della sua sentenza e abbia fatto riferimento ad essi altre due volte, nei punti 389 e 451 della sentenza impugnata, se esso non li avesse ritenuti rilevanti ai fini del risultato del suo controllo.

99

L’Impala sostiene che gli elementi di cui trattasi sono stati menzionati durante l’audizione svoltasi nei giorni 14 e 15 giugno 2004 in presenza delle parti e sono stati comunicati in via riservata alla Commissione a seguito di tale confronto. Secondo l’Impala, le ricorrenti sono state informate in tal modo, in occasione delle dette discussioni, che si trattava di prassi di controllo dei prezzi in Francia ed esse hanno presentato numerose osservazioni su questo aspetto del regime di fissazione dei prezzi nel corso sia del procedimento amministrativo, sia del giudizio dinanzi al Tribunale. Ad ogni modo, secondo l’Impala, anche qualora le censure formulate dalle ricorrenti nell’ambito di questo motivo fossero fondate, non se ne potrebbe tener conto poiché i detti elementi non hanno influito sul risultato della sentenza impugnata.

— Giudizio della Corte

100

Occorre anzitutto respingere l’argomento dell’Impala, illustrato nel punto 99 della presente motivazione, secondo il quale le ricorrenti sarebbero state sufficientemente informate in merito al contenuto dei documenti oggetto dei punti 356-360 della sentenza impugnata in occasione dell’audizione svoltasi dinanzi alla Commissione. Infatti, dal controricorso dell’Impala dinanzi alla Corte si evince che «quest’informazione è stata menzionata durante l’audizione (…) ed è stata poi comunicata alla Commissione in via riservata dopo l’audizione». Alla luce di ciò, non si può asserire che il contenuto di questi documenti sia stato descritto tempestivamente e con la precisione e la coerenza necessarie per consentire alle ricorrenti, eventualmente, di replicare efficacemente alle affermazioni che l’Impala avrebbe potuto formulare in base ai detti documenti dinanzi alla Commissione.

101

In conformità all’art. 18, n. 3, del regolamento, la Commissione può fondare le proprie decisioni adottate in forza del medesimo regolamento soltanto sulle obiezioni in merito alle quali gli interessati hanno potuto formulare osservazioni. Ne consegue che, siccome le ricorrenti non hanno potuto conoscere tempestivamente il contenuto dei documenti riservati di cui trattasi, la Commissione non poteva fondarsi su tali documenti ai fini della decisione controversa.

102

Di conseguenza, il Tribunale ha commesso un errore di diritto basandosi, ai fini dell’annullamento della decisione controversa, su documenti prodotti in via riservata dall’Impala, dal momento che la stessa Commissione non avrebbe potuto utilizzarli ai fini dell’adozione della detta decisione a causa della loro natura riservata.

103

Senza che occorra pronunciarsi sulla questione riguardante l’eventuale influenza dei detti documenti sul risultato dell’esame, svolto dal Tribunale, degli argomenti relativi ad errori manifesti di valutazione commessi dalla Commissione, basti rilevare che comunque l’errore di diritto individuato nell’ambito di questo settimo motivo non può mettere in discussione la conclusione del Tribunale, contenuta nel punto 325 della sentenza impugnata, secondo la quale, in sostanza, la decisione controversa dev’essere annullata per insufficienza di motivazione. Occorre pertanto procedere all’esame degli altri motivi.

Sul quinto motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto il Tribunale avrebbe travisato i criteri giuridici rilevanti applicabili in materia di costituzione o rafforzamento di una posizione dominante collettiva

— Sentenza impugnata

104

Nei punti 250-254 della sentenza impugnata, il Tribunale ha formulato, in particolare, le seguenti osservazioni quanto alla nozione di posizione dominante collettiva:

«250

(…) L’accertamento dell’esistenza di una posizione dominante collettiva deve fondarsi su una serie di elementi di fatto certi, pregressi o attuali, da cui emerga che sussiste un ostacolo significativo alla concorrenza sul mercato a causa del potere acquisito da alcune imprese di adottare congiuntamente la stessa linea d’azione nel mercato di cui trattasi, in misura significativa, indipendentemente dai concorrenti, dalla clientela e dai consumatori.

251

Ne consegue che, per valutare l’esistenza di una posizione dominante collettiva, le tre condizioni indicate dal Tribunale nella sentenza [6 giugno 2002, causa T-342/99,] Airtours/Commissione, [Racc. pag. II-2585], dedotte da un’analisi teorica della nozione di posizione dominante collettiva, se pure indubbiamente anch’esse necessarie, possono tuttavia desumersi indirettamente, se del caso, da un insieme di indizi e di elementi di prova, eventualmente anche molto eterogenei, relativi ai segni, alle manifestazioni e ai fenomeni inerenti alla presenza di una posizione dominante collettiva.

252

Pertanto, in particolare, uno stretto allineamento dei prezzi nel lungo periodo, soprattutto a un livello superiore a quello concorrenziale, unitamente ad altri fattori tipici di una posizione dominante collettiva, potrebbero essere sufficienti, in mancanza di altra spiegazione ragionevole, a dimostrare l’esistenza di una posizione dominante collettiva, anche qualora non sussistano solide prove dirette di una forte trasparenza del mercato, dato che quest’ultima, in siffatte circostanze, può essere presunta.

253

Ne consegue che, nella fattispecie, l’allineamento dei prezzi, sia lordi che netti, negli ultimi [sei] anni, anche se i prodotti non sono identici (dato che ogni disco ha un contenuto diverso), e il loro mantenimento a un livello piuttosto stabile e percepito come elevato nonostante una notevole riduzione della domanda, unitamente ad altri fattori (potenza delle imprese in situazione di oligopolio, stabilità delle quote di mercato, ecc.) riscontrati dalla Commissione nella decisione [controversa], in mancanza di altre spiegazioni, potrebbero suggerire o costituire un indizio nel senso che l’allineamento dei prezzi non è il risultato del normale gioco di una concorrenza effettiva e che il mercato è sufficientemente trasparente in quanto ha consentito un coordinamento tacito dei prezzi.

254

Tuttavia, poiché l’argomento dell[‘Impala] si basa su un’errata applicazione delle molteplici condizioni cui è subordinata l’esistenza di una posizione dominante collettiva, definite nella [citata] sentenza Airtours/Commissione, e, in particolare, di quella relativa alla trasparenza del mercato, più che sulla tesi secondo cui la constatazione di una politica comune nel lungo periodo, unitamente a una serie di altri elementi tipici di una posizione dominante collettiva, potrebbe essere sufficiente, in alcune circostanze e in mancanza di altre spiegazioni, a dimostrare l’esistenza di tale posizione, se non la creazione della stessa, senza che occorra dimostrare positivamente la trasparenza del mercato, il Tribunale si limiterà, nell’esame dei motivi dedotti, a verificare se la decisione [controversa] abbia applicato correttamente le condizioni risultanti dalla giurisprudenza Airtours. Infatti, senza che occorra stabilire se l’atteggiamento opposto indurrebbe il Tribunale a travalicare l’ambito della controversia definito dalle parti o costituirebbe una semplice applicazione del diritto nel contesto di un motivo dedotto dall[‘Impala], questo modus operandi s’impone, in virtù del principio del contraddittorio, in quanto tale questione non è stata discussa dinanzi al Tribunale».

105

Il punto 309 della sentenza impugnata si presenta nei seguenti termini:

«D’altro canto, emerge dall’ultima frase del punto 77 della decisione [controversa] che gli sconti non sono tali da incidere realmente sulla trasparenza del mercato in materia di prezzi risultante, tra l’altro, dai prezzi pubblici di catalogo, poiché si rileva che “[s]e le grandi case discografiche si fossero discostate in misura significativa dalle politiche concordate in materia di prezzi concedendo sconti, tale deviazione si sarebbe manifestata nei loro prezzi medi netti”».

106

Per quanto attiene alla questione dell’incidenza delle variazioni degli sconti sulla trasparenza del mercato, il Tribunale ha dichiarato, in particolare, nel punto 420 della sentenza impugnata, che, «come ha rilevato l[‘Impala], le differenze tra le gamme di sconti nel tempo potrebbero dipendere da differenze nei risultati e non escludono che gli sconti si basino su una serie nota di regole».

107

Nel punto 427 della sentenza impugnata, il Tribunale afferma che taluni elementi di prova sui quali la Commissione si fondava «non escludono che [alcune variazioni degli sconti per cliente] possano essere spiegate abbastanza facilmente, quanto meno per un professionista del settore, in base a un certo numero di norme generali o specifiche che regolano la concessione degli sconti».

108

Il punto 428 della sentenza impugnata così recita:

«Se è vero che, come ha sottolineato la Commissione, l[‘Impala] non ha spiegato con precisione quali sarebbero le varie norme che regolano la concessione degli sconti promozionali o, secondo la Commissione, ne ha menzionato un numero troppo elevato, il che renderebbe la loro applicazione complessa e quindi poco trasparente, ciò non toglie che, come si è già rilevato, la Commissione non abbia effettuato indagini di mercato a tale riguardo o che, quanto meno, non abbia prodotto alcun elemento di prova dell’opacità degli sconti promozionali, a parte le tabelle delle parti della concentrazione, le quali, oltre ad essere imprecise, sono comunque intese solo a provare l’esistenza di alcune variazioni dei suddetti sconti, ma non dimostrano che tali variazioni non possano essere spiegate più o meno facilmente da un professionista del settore (…)».

109

Nel punto 429 della sentenza impugnata, il Tribunale dichiara che, «[s]e è vero che l’aggregazione delle variabili ha necessariamente l’effetto di aumentare il numero di ipotesi, tuttavia la Commissione non ha dimostrato che tale operazione risulterebbe troppo difficile per un professionista del mercato».

— Argomenti delle parti

110

Le ricorrenti asseriscono che il Tribunale, concludendo che la Commissione aveva commesso errori manifesti di valutazione e aveva insufficientemente motivato la decisione controversa in merito alla trasparenza del mercato, ha travisato i risultati cui è giunto il diritto comunitario in merito alla nozione di posizione dominante collettiva. Secondo le ricorrenti, il criterio relativo alla trasparenza del mercato quale elemento indicativo di una posizione dominante collettiva sul mercato, quale annunciato dal Tribunale nella sua citata sentenza Airtours/Commissione, e che il Tribunale dichiara di seguire nella sentenza impugnata, imponeva alla Commissione di dimostrare, in primo luogo, che le case discografiche disponevano di una plausibile procedura di sorveglianza dei loro rispettivi prezzi netti all’ingrosso e, in secondo luogo, dato che la decisione controversa verteva essenzialmente sulla questione dell’esistenza di una tacita collusione, che le case discografiche avevano realmente applicato una siffatta procedura di sorveglianza.

111

Secondo le ricorrenti, in pratica, il Tribunale ha applicato un criterio mitigato per dimostrare la trasparenza del mercato, come si ricava, in particolare, dal punto 251 della sentenza impugnata, in quanto esso ha dedotto tale trasparenza da un certo numero di fattori i quali, in diritto, non sono sufficienti a dimostrare il grado richiesto di trasparenza. In particolare, ignorando la rilevanza degli sconti per valutare la trasparenza al livello dei prezzi netti all’ingrosso, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto, omettendo di individuare un metodo che consentisse di sorvegliare in modo sufficientemente preciso e adeguato le modifiche importanti dei prezzi netti all’ingrosso delle altre case discografiche per individuare con precisione e tempestivamente qualunque deviazione nei livelli di prezzo tacitamente convenuti.

112

Secondo le ricorrenti, l’ipotesi di una preesistente collusione tacita implica che le ricorrenti, nonché le altre case discografiche, avessero sorvegliato effettivamente i loro prezzi netti all’ingrosso e disponessero di informazioni sufficientemente precise ed adeguate sulle modifiche dei loro rispettivi prezzi netti all’ingrosso. Ebbene, né il Tribunale, né l’Impala, né la Commissione sarebbero riusciti ad individuare una procedura di sorveglianza dei prezzi netti all’ingrosso, seguita dalle case discografiche, oppure a dimostrare che una siffatta procedura sia stata utilizzata.

113

Al contrario, il Tribunale ha applicato, secondo le ricorrenti, un criterio errato nella sua valutazione del grado di trasparenza richiesto per poter giudicare dimostrata l’esistenza di una posizione dominante collettiva sul mercato della musica registrata di cui trattasi. Esso avrebbe accolto, infatti, elementi irrilevanti in relazione al criterio della trasparenza del mercato ed ignorato altri elementi, che sono invece manifestamente rilevanti a tale riguardo. A quest’ultimo proposito, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso, in particolare, alcuni errori di diritto:

nel punto 309 della sentenza impugnata, facendo discendere la trasparenza degli sconti dal loro impatto sui prezzi netti medi;

nel punto 429 della sentenza impugnata, considerando irrilevanti le strutture complesse dei prezzi in sede di valutazione della trasparenza; e

nei punti 298, 306, 310 e 395 della sentenza impugnata, considerando irrilevante la variazione dei prezzi per valutare la trasparenza.

114

L’Impala deduce anzitutto che il quinto motivo costituisce un tentativo da parte delle ricorrenti di rimettere in discussione le valutazioni in fatto formulate dal Tribunale, senza lamentare errori di diritto.

115

In subordine, l’Impala sostiene che il Tribunale ha applicato, nella sentenza impugnata, un criterio corretto per dimostrare la trasparenza del mercato, ossia il criterio enunciato nel punto 62 della citata sentenza del Tribunale Airtours/Commissione. A tale riguardo, l’Impala asserisce, in particolare, che l’unico elemento di cui la Commissione ha constatato una «minore» trasparenza era quello costituito dagli sconti promozionali. Nondimeno, il Tribunale avrebbe accertato che gli elementi di prova determinanti sui quali la Commissione ha basato i suoi accertamenti non corroboravano questi ultimi, malgrado esso abbia effettuato un esame esaustivo di questi elementi di prova. In realtà, il quinto motivo non avrebbe ad oggetto il criterio giuridico della trasparenza del mercato, bensì piuttosto la valutazione effettuata dal Tribunale degli elementi di prova in fatto di tale trasparenza. Secondo l’Impala, la sentenza impugnata non ha applicato erratamente il criterio enunciato nel punto 62 della citata sentenza del Tribunale Airtours/Commissione, poiché il Tribunale non ha né applicato un criterio mitigato, né ha omesso di esaminare la trasparenza al livello richiesto.

116

L’Impala si oppone inoltre alle asserzioni sintetizzate nel punto 113 della presente motivazione.

— Giudizio della Corte

117

Emerge dalla giurisprudenza della Corte che la questione relativa alla correttezza, o meno, della norma giuridica applicata dal Tribunale nell’esaminare elementi probatori costituisce una questione di diritto che può, in quanto tale, essere invocata nell’ambito di un’impugnazione (v. sentenza Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, cit., punto 40). In relazione al presente giudizio, gli argomenti delle ricorrenti illustrati nei punti 110-112 della presente motivazione sono pertanto ricevibili in sede di impugnazione.

118

Per quanto riguarda le tre critiche specifiche sintetizzate nel punto 113 della presente motivazione, sono ricevibili solo la seconda e la terza. Infatti, la prima critica specifica non riguarda la rilevanza di un elemento particolare utilizzato per dimostrare l’esistenza di una posizione dominante collettiva ma mira, in realtà, a una nuova valutazione dei fatti, cosa che, in forza della consolidata giurisprudenza ricordata nel punto 29 della presente motivazione, esula, in linea di principio, dalla competenza della Corte in sede di impugnazione (v. parimenti in tal senso, per analogia, sentenza 22 novembre 2007, causa C-260/05 P, Sniace/Commissione, Racc. pag. I-10005, punti 34 e 35). Viceversa, la seconda e la terza critica specifica consistono nella denuncia di errori di diritto.

119

Per quanto concerne la fondatezza di questo motivo, occorre anzitutto ricordare che la Corte ha già dichiarato, in sostanza, che la nozione di posizione dominante collettiva è inclusa in quella di «posizione dominante» ai sensi dell’art. 2 del regolamento (v., in tal senso, sentenza Kali & Salz, cit., punti 166 e 178). A tale proposito, l’esistenza di un accordo o di altri vincoli giuridici tra le imprese interessate non è indispensabile all’accertamento dell’esistenza di una posizione dominante collettiva. Un tale accertamento potrebbe risultare da altri fattori di correlazione e dipendere da una valutazione economica e, in particolare, da una valutazione della struttura del mercato di cui trattasi (v. sentenza 16 marzo 2000, cause riunite C-395/96 P e C-396/96 P, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, Racc. pag. I-1365, punto 45).

120

Nel caso si parli di creazione o rafforzamento di una posizione dominante collettiva, la Commissione è tenuta a valutare se, nella prospettiva del mercato di riferimento, l’operazione di concentrazione sottoposta al suo vaglio dia origine a una situazione nella quale una concorrenza effettiva nel mercato rilevante venga ostacolata in modo significativo da parte delle imprese partecipanti alla concentrazione e da una o più imprese terze che insieme hanno il potere, in particolare a causa dei fattori di correlazione tra esse esistenti, di adottare sul mercato una medesima linea d’azione (v. sentenza Kali & Salz, cit., punto 221) al fine di profittare di una situazione di potenza economica collettiva, e ciò senza che i concorrenti esistenti o potenziali, così come i clienti e i consumatori, possano reagire in modo efficace.

121

Simili fattori di correlazione includono, in particolare, la relazione di interdipendenza esistente tra i membri di un oligopolio ristretto all’interno del quale, in un mercato con le opportune caratteristiche, in particolare in termini di concentrazione del mercato, trasparenza e omogeneità del prodotto, essi sono in grado di prevedere i loro reciproci comportamenti e sono pertanto fortemente indotti ad allineare il loro comportamento sul mercato, in modo da rendere massimo il loro profitto comune aumentando prezzi, riducendo la produzione, la scelta o la qualità dei beni e dei servizi, riducendo l’innovazione od esercitando, in altro modo, un’influenza sui fattori della concorrenza. Infatti, in un contesto del genere ciascun operatore sa che un’azione decisamente concorrenziale da parte sua provocherebbe una reazione da parte degli altri, per cui esso non ricaverebbe nessun vantaggio dalla sua iniziativa.

122

Una condizione di posizione dominante collettiva che ostacoli in modo significativo la concorrenza effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di quest’ultimo può realizzarsi pertanto in seguito ad un’operazione di concentrazione quando, tenuto conto delle caratteristiche stesse del mercato di cui trattasi e della modifica che apporterebbe a tali caratteristiche la realizzazione dell’operazione, quest’ultima avrebbe come risultato che, acquistando consapevolezza degli interessi comuni, ciascun membro dell’oligopolio di cui trattasi riterrebbe possibile, economicamente razionale e pertanto preferibile adottare costantemente una medesima linea di condotta sul mercato al fine di vendere al di sopra dei prezzi concorrenziali, senza dover procedere alla conclusione di un accordo o ricorrere a una pratica concordata ai sensi dell’art. 81 CE, e ciò senza che i concorrenti esistenti o potenziali, così come i clienti e i consumatori, possano reagire in modo efficace.

123

La probabilità di un siffatto coordinamento tacito è più alta se i concorrenti possono facilmente giungere a una percezione comune del modo in cui debba funzionare il coordinamento, in particolare dei parametri che possono costituire oggetto di esso. Infatti, senza poter arrivare tacitamente a una comprensione condivisa delle modalità del coordinamento, i concorrenti dovrebbero far ricorso eventualmente a pratiche proibite dall’art. 81 CE per poter adottare una condotta comune sul mercato. Inoltre, tenuto conto, in particolare, dell’eventuale tentazione che può esistere per ciascun partecipante a un coordinamento tacito di discostarsene al fine di aumentare il suo profitto a breve termine, occorre valutare se un siffatto coordinamento possa essere duraturo. A tal proposito, le imprese che coordinano il loro comportamento devono essere in grado di sorvegliare sufficientemente se le modalità del coordinamento siano rispettate. Di conseguenza, la trasparenza sul mercato dovrebbe essere sufficiente per consentire a ciascuna impresa interessata, in particolare, di conoscere, in modo sufficientemente preciso ed immediato, l’evoluzione del comportamento sul mercato di ciascun altro partecipante al coordinamento. Inoltre, la disciplina impone che esista un qualche meccanismo di dissuasione credibile che possa essere posto in esecuzione qualora sia individuato un comportamento deviante. Per di più, le reazioni di imprese che non partecipano al coordinamento, quali i concorrenti esistenti o futuri, nonché le reazioni dei clienti non dovrebbero poter rimettere in discussione gli auspicati risultati del coordinamento.

124

Le condizioni enunciate dal Tribunale nel punto 62 della sua citata sentenza Airtours/Commissione, in merito alle quali il Tribunale ha concluso, nel punto 254 della sentenza impugnata, che dovevano essere applicate nel giudizio pendente dinanzi ad esso, non violano i criteri esposti nel punto precedente della presente motivazione.

125

Ebbene, in caso di applicazione di criteri del genere, occorre evitare di procedere meccanicamente, verificando separatamente ciascuno dei criteri menzionati preso isolatamente e ignorando il meccanismo economico globale di un ipotetico coordinamento tacito.

126

A tal proposito, la valutazione, ad esempio, della trasparenza su un determinato mercato dovrebbe essere effettuata non in modo isolato ed astratto, ma alla luce delle regole di funzionamento di un ipotetico coordinamento tacito. Infatti, è unicamente tenendo conto di una siffatta ipotesi che è possibile verificare se eventuali elementi di trasparenza, presenti in un mercato, siano effettivamente tali da agevolare la determinazione tacita di una condotta comune e/o a consentire ai concorrenti interessati di sorvegliare sufficientemente se le modalità di una siffatta condotta siano rispettate. A quest’ultimo riguardo, ai fini dell’analisi delle possibilità di durata di un ipotizzato coordinamento tacito, è necessario prendere in considerazione i sistemi di sorveglianza eventualmente alla portata dei partecipanti al presunto coordinamento tacito al fine di verificare se, in forza di tali sistemi, sarebbe loro possibile conoscere, in modo sufficientemente preciso ed immediato, l’evoluzione del comportamento sul mercato di ciascun altro partecipante a un coordinamento del genere.

127

Per quanto riguarda il presente giudizio, le ricorrenti asseriscono che, sebbene, nel punto 254 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia dichiarato di seguire il criterio adottato nella sua citata sentenza Airtours/Commissione, in pratica esso avrebbe commesso un errore di diritto, deducendo l’esistenza di una trasparenza sufficiente da un certo numero di fattori, i quali tuttavia non erano rilevanti ai fini dell’accertamento di una posizione dominante collettiva esistente. In tale contesto, le ricorrenti criticano segnatamente il fatto che il Tribunale abbia ammesso, nel punto 251 della sentenza impugnata, che le condizioni, elaborate nel punto 62 della citata sentenza Airtours/Commissione, possono «tuttavia desumersi indirettamente, se del caso, da un insieme di indizi e di elementi di prova, eventualmente anche molto eterogenei, relativi ai segni, alle manifestazioni e ai fenomeni inerenti alla presenza di una posizione dominante collettiva».

128

A questo proposito, occorre rilevare che, come sottolineato dalla Commissione in udienza, il citato punto 251 non è criticabile di per sé, trattandosi di una dichiarazione generale, la quale riflette la libera analisi compiuta dal Tribunale dei vari elementi di prova. Emerge infatti dalla costante giurisprudenza che, in linea di principio, spetta unicamente al Tribunale giudicare il valore da attribuire agli elementi che gli sono stati sottoposti (v., in particolare, sentenze 1o giugno 1994, causa C-136/92 P, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., Racc. pag. I-1981, punto 66, nonché 15 giugno 2000, causa C-237/98 P, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-4549, punto 50).

129

Parimenti, la ricerca di una preesistente posizione dominante collettiva, che si basi su una serie di elementi abitualmente ritenuti indicativi della presenza o della probabilità di un coordinamento tacito tra concorrenti, non può essere rimessa in discussione come tale. Tuttavia, come risulta dal punto 125 della presente motivazione, questa ricerca dev’essere condotta imperativamente con cautela e, soprattutto, nella cornice di una procedura basata sull’analisi delle eventuali strategie plausibili di coordinamento.

130

Ebbene, nel caso di specie è giocoforza constatare che il Tribunale, chiamato dall’Impala a valutare taluni argomenti, vertenti in particolare sulle parti della decisione controversa dedicate alla trasparenza del mercato, non ha effettuato la sua analisi delle dette parti alla luce di un presunto sistema di sorveglianza iscritto in una plausibile ipotesi di coordinamento tacito.

131

Nel punto 420 della sentenza impugnata, il Tribunale fa certamente riferimento alla possibilità di una «serie nota di regole» disciplinante la concessione di sconti da parte delle case discografiche. Tuttavia in seguito, come sottolineato giustamente dalle ricorrenti nell’ambito della seconda critica specifica menzionata nel punto 113 della presente motivazione, analizzando la questione dell’eventualità che determinate variazioni negli sconti, accertate dalla Commissione nella decisione controversa, potessero rimettere in discussione la possibilità di una sorveglianza adeguata del reciproco rispetto delle regole dell’eventuale coordinamento tacito, il Tribunale si accontenta, nei punti 427-429 della sentenza impugnata, di affermazioni non dimostrate riguardanti un ipotetico professionista del settore. Orbene, nel punto 428 di detta sentenza, il Tribunale stesso riconosce che l’Impala, ricorrente dinanzi ad esso, «non ha spiegato con precisione quali sarebbero le varie norme che regolano la concessione degli sconti promozionali».

132

A questo riguardo è importante ricordare che l’Impala rappresenta imprese le quali, pur non essendo membri dell’oligopolio formato dalle case discografiche, operano sugli stessi mercati. Alla luce di ciò, è giocoforza concludere che il Tribunale ha ignorato che l’onere della prova gravava sull’Impala per quanto concerne i presunti comportamenti di questi ipotetico «professionista del settore».

133

In considerazione di quanto sin qui esposto, senza che occorra esprimersi sulla fondatezza della terza critica specifica menzionata nel punto 113 della presente motivazione, occorre concludere che, ignorando i principi che devono guidare la sua analisi degli argomenti dedotti dinanzi ad esso riguardanti la trasparenza del mercato nel contesto di una presunta posizione dominante collettiva, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

134

Quest’errore vizia la parte della sentenza impugnata vertente sull’esame, da parte del Tribunale, degli errori manifesti di valutazione commessi dalla Commissione, ivi compreso l’accertamento del Tribunale contenuto nel punto 377 della sentenza impugnata. Tuttavia, esso non è di per sé tale da rimettere in discussione la conclusione del Tribunale, contenuta nel punto 325 della sentenza impugnata, secondo la quale, in sostanza, la decisione controversa dev’essere annullata per insufficienza di motivazione. Occorre pertanto procedere all’esame degli altri motivi.

Sul quarto motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto il Tribunale avrebbe violato i limiti del sindacato giurisdizionale ad esso spettante

— Sentenza impugnata

135

In determinati punti della sentenza impugnata, quali i punti 347 e 361, il Tribunale utilizza espressioni come «una forte trasparenza dei prezzi» o «una forte trasparenza del mercato». Inoltre, nel punto 299 della sentenza impugnata, il Tribunale definisce la conclusione contenuta nella decisione controversa, secondo la quale i prezzi di catalogo erano «piuttosto allineati», come «per lo meno prudente, dato che l’allineamento è effettivamente molto marcato». Nel punto 307 di questa sentenza, il Tribunale ha constatato che «la variazione dei livelli generali di sconto su fattura applicati dalle parti della concentrazione, rilevata al punto 78 della decisione [controversa], è molto modesta». Nel punto 317 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dedotto dalla decisione controversa che «gli sconti promozionali hanno solo un’incidenza limitata sui prezzi».

136

Nel punto 425 della sentenza impugnata, il Tribunale dichiara, con riferimento alla decisione controversa, che «il calcolo del differenziale tra gli sconti minimi e massimi per cliente (…) realizzato da ciascuna delle parti della concentrazione è stato erroneamente effettuato». Nel punto 427 di questa sentenza, il Tribunale afferma che «si può dubitare della rilevanza» dei dati sugli sconti forniti dalle imprese partecipanti alla concentrazione.

137

Nel punto 434 della sentenza impugnata, si afferma precisamente quanto segue:

«(…) Lo studio predisposto dagli economisti delle parti della concentrazione non presenta dati sufficientemente affidabili, pertinenti e comparabili (…). Se è indubbiamente probabile che i vari tipi di rivenditori (supermercati, indipendenti, catene di negozi specializzati, ecc.) applichino una politica di margine diversa e che esistano differenze all’interno di ciascuna categoria di operatori, e anche per ogni singolo operatore, in funzione del tipo di album o del suo grado di successo, tuttavia è assai poco probabile, e lo studio non contiene alcun dato in proposito, che un rivenditore applichi una politica di vendita diversa per lo stesso tipo di album (…)».

— Argomenti delle parti

138

Le ricorrenti, sostenute sotto questo profilo dalla Commissione, asseriscono che il Tribunale ha violato i limiti del sindacato giurisdizionale ad esso spettante, violando l’art. 230 CE ed una consolidata giurisprudenza, sostituendo la propria valutazione a quella della Commissione, e ciò senza provare la presenza di errori manifesti di valutazione vizianti la decisione controversa e senza chiedere perizie economiche.

139

Inoltre, nel suo esame della decisione controversa, il Tribunale avrebbe commesso esso stesso errori manifesti di valutazione ed interpretato in modo fondamentalmente errato gli elementi di prova, prodotti dinanzi ad esso, vertenti su aspetti essenziali della causa, ivi comprese, in particolare, la rilevanza, la complessità e la scarsa trasparenza degli sconti.

140

Peraltro, le ricorrenti ritengono che in tal modo il Tribunale, nei punti 425, 427 e 434 della sentenza impugnata, abbia parimenti snaturato taluni elementi di prova.

141

L’Impala ritiene che questo motivo costituisca, quanto meno in misura significativa, un tentativo di rimettere in discussione la valutazione in fatto compiuta dal Tribunale, senza che le ricorrenti dimostrino che il Tribunale abbia mal interpretato gli elementi di prova a sua disposizione.

142

In via subordinata, l’Impala sostiene che il Tribunale aveva ben presente la giurisprudenza rilevante in materia di portata del suo controllo quando ha esaminato la decisione controversa, facendo riferimento, nel punto 328 della sentenza impugnata, al punto 39 della citata sentenza Commissione/Tetra Laval, e che, di conseguenza, esso non ha violato l’ambito del sindacato giurisdizionale ad esso spettante.

— Giudizio della Corte

143

In via preliminare, occorre respingere l’argomento dell’Impala relativo all’irricevibilità del quarto motivo. Infatti, contrariamente a quanto sostiene quest’ultima, con il presente motivo le ricorrenti non si limitano a rimettere in discussione la valutazione dei fatti effettuata in primo grado, ma invocano questioni di diritto, ricevibili in sede di impugnazione.

144

Nel merito, occorre anzitutto ricordare che la Commissione dispone di un margine di discrezionalità in materia economica ai fini dell’applicazione delle norme sostanziali del regolamento, in particolare dell’art. 2 di quest’ultimo. Ne deriva che il sindacato del giudice comunitario su una decisione della Commissione in materia di operazioni di concentrazione si limita alla verifica dell’esattezza materiale dei fatti e alla mancanza di errori manifesti di valutazione (v. sentenze Kali & Salz, cit., punti 223 e 224, nonché Commissione/Tetra Laval, cit., punto 38).

145

Ciò premesso, sebbene non spetti al Tribunale sostituire la sua valutazione economica a quella della Commissione ai fini dell’applicazione delle norme sostanziali del regolamento, ciò non implica che il giudice comunitario debba astenersi dal controllare la qualificazione giuridica, effettuata dalla Commissione, di dati di natura economica. Infatti, detto giudice è tenuto in particolare a verificare non solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Tetra Laval, punto 39, nonché Spagna/Lenzing, punti 56 e 57).

146

Per quanto concerne il presente giudizio, è pertanto giocoforza constatare che il Tribunale, nel procedere, a fronte degli argomenti dedotti dinanzi ad esso, ad un esame approfondito degli elementi di prova a fondamento della decisione controversa, ha agito nel rispetto dei criteri giurisprudenziali illustrati nei punti 144 e 145 della presente motivazione.

147

Tuttavia questa conclusione, come tale, non basta per respingere il quarto motivo. Infatti, oltre alla questione dell’eventuale violazione, da parte del Tribunale, dei limiti del controllo ad esso spettante in relazione al livello di approfondimento del suo sindacato sul fondamento materiale della decisione controversa, le ricorrenti asseriscono per di più, come si evince dal punto 139 della presente motivazione, che il Tribunale, procedendo all’esame dei fattori a fondamento della decisione controversa, avrebbe commesso esso stesso errori manifesti di valutazione ed avrebbe interpretato in modo fondamentalmente errato gli elementi di prova prodotti dinanzi ad esso.

148

Queste ultime asserzioni coincidono in parte con altri motivi della presente impugnazione, ossia, da un lato, con i motivi primo, secondo e settimo, nonché con la prima parte del terzo motivo, relativi al trattamento riservato dal Tribunale a taluni elementi di prova prodotti dinanzi ad esso, e, dall’altro, con il quinto motivo, relativo alla violazione, da parte del Tribunale, dei criteri giuridici applicabili in materia di posizione dominante collettiva.

149

A tal proposito basta rilevare che, come si deduce dai punti 95, 102 e 133 della presente motivazione, il Tribunale, per quanto concerne l’esame da esso effettuato degli argomenti relativi all’esistenza di errori manifesti di valutazione, ha commesso alcuni errori di diritto per quanto riguarda sia il trattamento di determinati elementi di prova, sia i criteri giuridici applicabili in materia di posizione dominante collettiva derivante da un coordinamento tacito.

150

Di conseguenza, senza che occorra pronunciarsi né sulle asserzioni delle ricorrenti relative allo snaturamento degli elementi di prova, né sulla questione della effettiva sostituzione, o meno, da parte del Tribunale, nella sentenza impugnata, della propria valutazione economica a quella della Commissione, occorre dichiarare che quanto meno la parte della sentenza impugnata dedicata all’esame degli argomenti relativi all’esistenza di errori manifesti di valutazione è viziata da errori di diritto. Per quanto concerne la parte della sentenza impugnata vertente su un’insufficiente motivazione della decisione controversa, occorre ancora analizzare il sesto motivo.

Sul sesto motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto il Tribunale avrebbe applicato una norma errata in materia di motivazione delle decisioni che autorizzano operazioni di concentrazione

— Sentenza impugnata

151

Nei punti 255-276 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sintetizzato gli elementi rilevanti della decisione controversa ai fini dell’esame del primo motivo dedotto dinanzi ad esso. Il punto 275 di detta sentenza così recita:

«Risulta da quanto precede che la Commissione ha concluso nel senso che non sussisteva una posizione dominante collettiva sulla base dell’omogeneità del prodotto, della trasparenza del mercato e dell’esercizio delle misure di ritorsione».

152

Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato diverse sezioni della decisione controversa, per verificare se essa contenesse una motivazione sufficiente per l’accertamento della scarsa trasparenza del mercato di cui trattasi, rispondendo ogni volta in senso negativo.

153

Il Tribunale ha esaminato anzitutto la sezione della decisione controversa specificamente dedicata alla trasparenza del mercato. A tal riguardo, esso ha dichiarato, in particolare, nei punti 289, 290 e 294 della sentenza impugnata, quanto segue:

«289

Per quanto riguarda la sezione ad hoc, si deve osservare, in limine, che essa contiene solo tre punti, nonostante la trasparenza costituisca nella fattispecie, secondo la decisione e ancor più secondo la tesi sostenuta dalla Commissione nelle memorie presentate al Tribunale, il motivo fondamentale, se non l’unico, su cui si basa l’affermazione che non sussiste una posizione dominante collettiva nei mercati della musica registrata. Va inoltre rilevato che nella suddetta sezione non si è concluso che il mercato non è trasparente, né che esso non è sufficientemente trasparente da consentire una collusione tacita. Tutt’al più vi si rileva, da un lato, al punto 111 in fine, che l’esigenza di effettuare un controllo a livello di album, in particolare per gli sconti promozionali, «potrebbe ridurre la trasparenza nel mercato e rendere più difficili gli accordi taciti» e, dall’altro, al punto 113 in fine, che «la Commissione tuttavia non ha rilevato abbastanza elementi da dimostrare che, controllando i prezzi al dettaglio o utilizzando tali contatti con i rivenditori, le grandi case discografiche erano riuscite, in passato, a compensare la mancanza di trasparenza in materia di sconti promozionali, evocata in relazione ai cinque grandi Stati membri». È evidente che tali affermazioni, che sono vaghe e non forniscono la minima precisazione per quanto riguarda, in particolare, la natura degli sconti promozionali, le circostanze in cui essi possono essere applicati, il loro grado di opacità, la loro entità o il loro impatto sulla trasparenza dei prezzi, non bastano a giustificare la conclusione secondo cui il mercato non è sufficientemente trasparente da consentire una posizione dominante collettiva.

290

Risulta inoltre che, a parte i due estratti sopra menzionati, tutti i fattori rilevati ai punti 111-113 della decisione [controversa], lungi dal dimostrare l’opacità del mercato, ne evidenziano semmai la trasparenza.

(…)

294

Risulta da quanto precede che, nella sezione ad hoc della decisione [controversa] dedicata all’esame della trasparenza, non solo la Commissione non ha concluso che il mercato era opaco o non sufficientemente trasparente da consentire una posizione dominante collettiva, ma ha anche fatto riferimento solo a fattori idonei a determinare una forte trasparenza del mercato e a facilitare la verifica del rispetto di un accordo collusivo, con la sola eccezione dell’affermazione, di portata piuttosto limitata e non confermata, secondo cui gli sconti promozionali potevano ridurre la trasparenza e rendere più difficili gli accordi taciti. Si deve quindi rilevare che tale sezione è palesemente inidonea, di per sé, a giustificare la tesi secondo cui il mercato non sarebbe sufficientemente trasparente».

154

Il Tribunale ha esaminato poi i ragionamenti contenuti nella decisione controversa riguardo a un’eventuale «politica comune dei prezzi» tra le case discografiche e li ha analizzati, nei punti 295-324 della sentenza impugnata, alla ricerca di indizi tali da spiegare l’asserita scarsa trasparenza dei mercati di cui trattasi. A tal proposito, il Tribunale ha formulato, in particolare, le seguenti conclusioni:

«315

Risulta quindi che l’unico elemento di opacità rilevato nella decisione [controversa] consiste nell’affermazione, contenuta nel punto 80 (e nei punti corrispondenti per gli altri grandi paesi), secondo cui “risulta tuttavia che gli sconti promozionali sono meno trasparenti degli sconti ordinari e il loro controllo richiede anche un’osservazione rigorosa dell’evoluzione di questo tipo di sconti nel mercato al dettaglio”.

(…)

318

Va inoltre rilevato che nella decisione [controversa] non si afferma che il mercato è opaco, né che esso non è abbastanza trasparente da consentire il coordinamento dei prezzi, ma tutt’al più che gli sconti promozionali sarebbero meno trasparenti, peraltro senza che la decisione [controversa] fornisca alcun elemento d’informazione sulla loro natura, sulle circostanze in cui essi vengono concessi o sulla loro importanza concreta rispetto ai prezzi netti, né relativamente al loro impatto sulla trasparenza dei prezzi.

319

D’altro canto, si deve ricordare che, come si è osservato in precedenza, la Commissione ha rilevato nella decisione [controversa] molti elementi e fattori che favoriscono la trasparenza del mercato e facilitano la verifica del rispetto di un accordo.

320

Ne consegue che le scarse affermazioni relative agli sconti promozionali contenute nella sezione della decisione [controversa] dedicata all’esame del coordinamento dei prezzi nei grandi paesi, essendo imprecise e non confermate, se non addirittura contraddette da altre osservazioni figuranti nella decisione [controversa], non sono idonee a dimostrare l’opacità del mercato né quella degli sconti promozionali. Inoltre, tali affermazioni si limitano a precisare che gli sconti promozionali sarebbero meno trasparenti degli sconti ordinari, ma non spiegano perché sarebbero rilevanti per la trasparenza del mercato e non consentono di comprendere come, da soli, possano compensare tutti gli altri fattori di trasparenza del mercato individuati nella decisione [controversa] ed eliminare quindi la trasparenza necessaria perché sussista una posizione dominante collettiva.

(…)

324

Ne consegue che neanche la sezione relativa ai piccoli paesi spiega i motivi su cui si fonda la conclusione che il mercato non è trasparente a causa degli sconti promozionali. In ogni caso, la situazione esistente nei piccoli paesi non può costituire un valido fondamento della conclusione relativa al grado di trasparenza dei mercati dei grandi paesi.

325

Da tutto ciò che precede discende che la censura basata su una carenza di motivazione della conclusione relativa alla trasparenza del mercato è fondata e comporta di per sé l’annullamento della decisione [controversa]».

155

Il punto 411 della sentenza impugnata è redatto come segue:

«È vero che, nel controricorso, la Commissione ha fatto valere di aver esaminato gli sconti delle altre major, ma che, poiché tali cifre non potevano essere rivelate alle parti della concentrazione, era impossibile includerle nella decisione [controversa]. Tuttavia, tale argomento non può essere accolto».

156

Il punto 530 della sentenza impugnata così recita:

«Dal punto 157 della decisione [controversa], e in particolare dalla sua ultima frase, emerge che la conclusione della Commissione secondo cui la concentrazione non rappresenta una modifica sufficientemente importante da comportare la probabile creazione di una posizione dominante collettiva si basa espressamente sulle condizioni relative alla trasparenza del mercato e alle misure di ritorsione».

— Argomenti delle parti

157

Le ricorrenti sostengono, in via principale, che il sistema comunitario di controllo delle operazioni di concentrazione e, in particolare, l’art. 10, n. 6, del regolamento, vieta al Tribunale di annullare una decisione che autorizzi una siffatta operazione a causa di una motivazione insufficiente.

158

In subordine, le ricorrenti asseriscono che il Tribunale ha applicato una norma in materia di motivazione eccessivamente rigorosa, che è incompatibile con la giurisprudenza consolidata e non tiene conto del contesto particolare e della natura della procedura di controllo delle operazioni di concentrazione. Da un lato, il Tribunale sarebbe caduto in errore, imponendo alla Commissione di spiegare le divergenze rispetto alla comunicazione degli addebiti.

159

Dall’altro, il Tribunale avrebbe errato, esaminando la motivazione della decisione controversa, non tenendo conto del contesto particolare di una decisione che autorizza un’operazione di concentrazione. A tal proposito, le ricorrenti deducono numerose considerazioni. In primo luogo, esse ritengono che occorra applicare criteri meno rigorosi nei confronti della motivazione di una decisione che autorizza un’operazione di concentrazione rispetto a quella di una decisione che vieti una siffatta operazione. In secondo luogo, il Tribunale avrebbe omesso, a torto, di esaminare la motivazione della decisione controversa dal punto di vista dei professionisti in possesso di una buona conoscenza del settore. In terzo luogo, la brevità del termine che separa la comunicazione degli addebiti dall’adozione della decisione che autorizza un’operazione di concentrazione richiederebbe una certa cautela in sede di verifica della motivazione di una decisione di tal genere. In quarto luogo, la circostanza che le ricorrenti siano autorizzate a porre in esecuzione l’operazione di concentrazione notificata dovrebbe ostare all’annullamento, per insufficienza di motivazione, delle decisioni che autorizzano operazioni di concentrazione. In quinto luogo, il Tribunale, nel punto 411 della sentenza impugnata, avrebbe commesso un errore di diritto, imponendo alla Commissione di pubblicare determinati dettagli in materia di prezzi e sconti, in considerazione della loro natura riservata e delicata.

160

Ad ogni modo, contrariamente alla valutazione effettuata dal Tribunale, una giurisprudenza costante suggerisce, secondo le ricorrenti, che la decisione controversa è adeguatamente motivata, poiché ha consentito all’Impala di verificare le ragioni a fondamento della detta decisione e al Tribunale di esercitare il suo controllo giurisdizionale. A tal riguardo, le ricorrenti affermano, in particolare, che la constatazione formulata dal Tribunale, secondo la quale la decisione controversa era insufficientemente motivata, è difficilmente compatibile con la sua valutazione, secondo la quale la detta decisione sarebbe viziata da errori manifesti di valutazione.

161

Infine le ricorrenti sostengono che l’esame della motivazione della decisione controversa, effettuato dal Tribunale, è viziato a causa dell’uso di una norma errata in materia di prova, del travisamento della portata corretta del sindacato giurisdizionale e dell’applicazione di un criterio errato in merito alla trasparenza.

162

Pur confermando la sua eccezione generale d’irricevibilità, l’Impala ritiene, in primo luogo, che le ricorrenti non possano elevare al rango di norma generale l’eccezione disposta dall’art. 10, n. 6, del regolamento. In secondo luogo, secondo l’Impala, le ricorrenti asseriscono erroneamente, in sostanza, che l’art. 253 CE sia applicabile o meno a seconda che una decisione vertente su un’operazione di concentrazione programmata si esprima in senso negativo o affermativo. In terzo luogo, l’Impala sostiene che il livello di motivazione richiesto dipende dal contesto e dall’ambito giuridico in cui viene adottato un atto specifico. Sarebbe del tutto conforme a questo principio che i criteri in materia di motivazione vengano adeguati al tipo di pratica presa in esame. Ebbene, nella presente fattispecie si tratterebbe di un caso in cui era stata avviata la procedura formale e che aveva provocato una ferma opposizione da parte di un terzo e una comunicazione degli addebiti.

163

Per quanto riguarda l’argomento presentato in subordine dalle ricorrenti, relativo alla norma in materia di motivazione applicata dal Tribunale, l’Impala afferma, da un lato, che il Tribunale si limita a menzionare taluni passi della comunicazione degli addebiti al fine di sottolineare l’insufficiente motivazione della decisione controversa e le incoerenze intrinseche di quest’ultima, e fonda il suo accertamento di tale insufficiente motivazione sull’argomento illustrato nella stessa decisione controversa e non in base a un confronto con quello illustrato nella comunicazione degli addebiti. Dall’altro, l’Impala ritiene che il Tribunale non abbia travisato la natura della procedura di controllo delle operazioni di concentrazione.

164

Inoltre, dalla circostanza che il Tribunale fosse in grado di procedere a un esame esaustivo della decisione controversa non discende che la motivazione di quest’ultima fosse sufficiente. È del tutto evidente, secondo l’Impala, che il Tribunale non sia stato in grado di comprendere, in particolare, per quale ragione la Commissione, malgrado gli elementi di prova abbiano evidenziato l’esistenza di una trasparenza sufficiente per suffragare l’accertamento dell’esistenza di una posizione dominante collettiva, abbia concluso tuttavia nel senso che gli elementi di prova della trasparenza fossero insufficienti, poiché gli sconti promozionali erano meno trasparenti di altri tipi di sconti. Secondo l’Impala, le reali ragioni della decisione controversa rimangono sconosciute.

165

Per quanto concerne l’argomento delle ricorrenti sintetizzato nel punto 161 della presente motivazione, l’Impala afferma che le osservazioni formulate dal Tribunale in merito a taluni aspetti della motivazione della decisione controversa sono basate su un esame approfondito dell’analisi sviluppata dalla Commissione e, soprattutto, sulle incongruenze presenti all’interno della stessa decisione controversa.

— Giudizio della Corte

166

Secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La portata dell’obbligo di motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o soggetti terzi, da questo colpiti direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione, degli obblighi imposti dall’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in particolare, sentenze 2 aprile 1998, causa C-367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I-1719, punto 63; 22 giugno 2004, causa C-42/01, Portogallo/Commissione, Racc. pag. I-6079, punto 66, nonché 15 aprile 2008, causa C-390/06, Nuova Agricast, Racc. pag. I-2577, punto 79).

167

Tuttavia, l’autore dell’atto non è tenuto a prendere posizione su elementi che sono chiaramente secondari né ad anticipare potenziali obiezioni (sentenza 25 ottobre 2005, cause riunite C-465/02 e C-466/02, Germania e Danimarca/Commissione, detta «Feta», Racc. pag. I-9115, punto 106). Inoltre il grado di precisione della motivazione di una decisione dev’essere proporzionato alle possibilità materiali ed alle condizioni tecniche o al tempo disponibile per la sua adozione (v. sentenze 1o dicembre 1965, causa 16/65, Schwarze, Racc. pag. 909, in particolare pag. 924, nonché 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punto 16). Pertanto, la Commissione non viola l’obbligo di motivazione ad essa incombente se, quando esercita il suo potere di controllo delle operazioni di concentrazione, non include nella sua decisione motivazioni precise in merito alla valutazione di un certo numero di aspetti della concentrazione che appaiano ad essa manifestamente fuori luogo, privi di significato o chiaramente secondari ai fini della valutazione di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit., punto 64). Un obbligo del genere sarebbe infatti difficilmente compatibile con il dovere imperativo di rapidità e con i termini di procedura ristretti, imposti alla Commissione nell’esercizio del suo potere di controllo delle operazioni di concentrazione e che rientrano fra gli aspetti specifici di una procedura di controllo di tali operazioni.

168

Ne deriva che, quando la Commissione dichiara un’operazione di concentrazione compatibile con il mercato comune in base all’art. 8, n. 2, del regolamento, l’obbligo di motivazione è soddisfatto se questa decisione espone con chiarezza le ragioni per le quali la Commissione ritiene che la concentrazione di cui trattasi, eventualmente in seguito a modifiche apportate dalle imprese interessate, non realizzi o non rafforzi una posizione dominante che possa provocare ostacoli significativi a un’effettiva concorrenza nel mercato comune o in una parte sostanziale di quest’ultimo.

169

A tal riguardo, sebbene la Commissione non sia obbligata, nella motivazione delle decisioni adottate in applicazione del regolamento, a prendere posizione su tutti gli elementi ed argomenti presentati dinanzi ad essa, ivi compresi quelli chiaramente secondari per la valutazione da effettuare, ciò nondimeno essa deve esporre i fatti e le riflessioni giuridiche che rivestono un’importanza essenziale nell’economia della decisione. Inoltre, la motivazione dev’essere logica per cui, in particolare, non deve presentare contraddizioni interne (v., in tal senso, per analogia, sentenze 18 maggio 1962, causa 13/60, Geitling e a./Alta Autorità, Racc. pag. 165, in particolare pag. 218; 15 luglio 1970, ACF Chemiefarma/Commissione, causa 41/69, Racc. pag. 661, punto 78; 7 luglio 1981, causa 158/80, Rewe-Handelsgesellschaft Nord e Rewe-Markt Steffen, Racc. pag. 1805, punto 26, e 17 maggio 1988, causa 28/87, Arendt/Parlamento, Racc. pag. 2633, punti 7 e 8).

170

È alla luce di questi principi che occorre esaminare le censure formulate dalle ricorrenti nell’ambito del sesto motivo.

171

 In via principale, le ricorrenti sostengono che una decisione della Commissione che autorizzi un’operazione di concentrazione non può essere annullata per insufficienza di motivazione. Esse si fondano in particolare a tal riguardo sull’art. 10, n. 6, del regolamento.

172

Dal punto 49 della presente motivazione discende che quest’ultima disposizione mira a garantire la certezza del diritto nel caso in cui, eccezionalmente, la Commissione non abbia adottato una decisione nel termine prescritto. Infatti, le imprese interessate sarebbero libere di dare esecuzione alla loro concentrazione una volta ottenuta un’autorizzazione tacita.

173

Come rilevato dall’Impala, l’argomento delle ricorrenti basato sull’art. 10, n. 6, del regolamento fa pensare che le decisioni che autorizzino operazioni di concentrazione non debbano essere assolutamente motivate, in quanto non censurabili per omessa motivazione.

174

Orbene, si deve rammentare che l’insufficienza di motivazione tale da violare l’art. 253 CE rientra nell’inosservanza delle forme sostanziali ai sensi dell’art. 230 CE, e costituisce inoltre un motivo di ordine pubblico che può, e anzi deve, essere sollevato d’ufficio dal giudice comunitario (v., in tal senso, sentenza 20 febbraio 1997, causa C-166/95 P, Commissione/Daffix, Racc. pag. I-983, punto 24). Inoltre, secondo costante giurisprudenza, una norma di diritto comunitario derivato va interpretata, nei limiti del possibile, nel senso della sua conformità con le disposizioni del Trattato e con i principi generali del diritto comunitario (sentenza 4 ottobre 2007, causa C-457/05, Schutzverband der Spirituosen-Industrie, Racc. pag. I-8075, punto 22 nonché giurisprudenza ivi citata). Ne deriva che l’art. 10, n. 6, del regolamento dev’essere interpretato e applicato alla luce degli artt. 230 CE e 253 CE.

175

Pertanto, come si evince dal punto 49 della presente motivazione, il citato art. 10, n. 6, costituisce un’eccezione all’economia generale del regolamento, risultante, in particolare, dagli artt. 6, n. 1, e 8, n. 1, del medesimo, in forza della quale la Commissione si pronuncia espressamente sulle operazioni di concentrazione ad essa notificate, e ciò a prescindere dal fatto che la decisione sia in senso negativo o affermativo. Di conseguenza, così come l’art. 10, n. 6, del regolamento non può giustificare una presunzione generale a favore della compatibilità delle operazioni di concentrazione con il mercato comune, parimenti questa disposizione non può nemmeno dare fondamento a un’eccezione alla possibilità di censurare la legittimità di una decisione che autorizzi una siffatta operazione per violazione dell’obbligo di motivazione. Infatti, la legittima esigenza di certezza del diritto in situazioni eccezionali, riflessa della detta disposizione, non può giungere a sottrarre le decisioni relative ad operazioni di concentrazione, in tutto o in parte, al sindacato del giudice comunitario.

176

Pertanto, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti ex art. 10, n. 6, del regolamento.

177

In via subordinata, le ricorrenti asseriscono, in particolare, che, poiché la decisione controversa ha consentito all’Impala di verificare la motivazione dell’autorizzazione di cui trattasi e al Tribunale di effettuare il suo controllo giurisdizionale, il Tribunale non si è adeguato alla costante giurisprudenza dei giudici comunitari relativa agli obblighi di motivazione.

178

A tale proposito, come risulta dal punto 166 di questa sentenza, secondo una costante giurisprudenza, da un lato, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE è tesa a consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e a permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo e, dall’altro, tale obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione della natura dell’atto in questione e del contesto nel quale è stato adottato (v., parimenti, sentenze 7 aprile 1987, causa 32/86, SISMA/Commissione, Racc. pag. 1645, punto 8; 4 giugno 1992, causa C-181/90, Consorgan/Commissione, Racc. pag. I-3557, punto 14; 15 aprile 1997, causa C-22/94, Irish Farmers Association e a., Racc. pag. I-1809, punti 39-41; 19 settembre 2002, causa C-114/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I–7657, punti 62 e 63; 2 ottobre 2003, causa C-195/99 P, Krupp Hoesch/Commissione, Racc. pag. I-10937, punto 110, e Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punto 372).

179

Nel caso di specie, è vero che può apparire disdicevole una certa sproporzione, presente nella decisione controversa, tra l’illustrazione degli elementi a favore della tesi di una trasparenza sufficiente e la spiegazione dell’incidenza degli sconti promozionali, la quale parrebbe negare una siffatta trasparenza. Tuttavia, in considerazione, in primo luogo, del contesto in cui la decisione controversa è stata adottata, contrassegnato, in particolare, da un lasso di tempo ristretto tra, da un lato, la risposta scritta alla comunicazione degli addebiti nonché l’audizione svoltasi dinanzi alla Commissione e, dall’altro, la conclusione del procedimento formale e, in secondo luogo, dei criteri giurisprudenziali illustrati nei punti 166-169 della presente motivazione, con particolare riferimento ai punti 166 e 167 della medesima, il Tribunale non poteva dichiarare, senza commettere un errore di diritto, che la Commissione era venuta meno, nel caso di specie, all’obbligo di motivare in modo sufficiente la decisione controversa (v., per analogia, sentenze 28 ottobre 1981, cause riunite 275/80 e 24/81, Krupp Stahl/Commissione, Racc. pag. 2489, punto 13, e 13 marzo 1985, cause riunite 296/82 e 318/82, Paesi Bassi e Leeuwarder Papierwarenfabriek/Commissione, Racc. pag. 809, punto 21).

180

Infatti, in primo luogo, la decisione controversa rendeva evidente il ragionamento seguito dalla Commissione onde consentire di censurarne in seguito, come fatto dall’Impala, la fondatezza dinanzi al giudice competente. A tale proposito, sarebbe eccessivo pretendere, come fa il Tribunale nel punto 289 della sentenza impugnata, una descrizione dettagliata di ciascun aspetto alla base della decisione controversa, come la natura degli sconti promozionali, le circostanze nelle quali essi potevano essere applicati, il loro grado di opacità, la loro portata o il loro impatto specifico sulla trasparenza dei prezzi (v. in tal senso, per analogia, sentenze 16 novembre 2000, causa C-286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, Racc. pag.I-9925, punti 59-61, e 1o luglio 2008, cause riunite C-341/06 P e C-342/06 P, Chronopost e La Poste/UFEX e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 108). Ciò risulta tanto più corretto in quanto l’Impala, come si ricava, in particolare, dai punti 7 e 10 della sentenza impugnata, è stata significativamente coinvolta nel procedimento formale (v., per analogia, sentenze 25 ottobre 2001, causa C-120/99, Italia/Consiglio, Racc. pag. I–7997, punto 29, e 9 settembre 2004, causa C-304/01, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-7655, punto 50) e che, per di più, è stata perfettamente in grado di censurare dinanzi al Tribunale la validità della valutazione formulata nel merito dalla Commissione nella decisione controversa.

181

In secondo luogo, come si ricava, in particolare, dai punti 275, 289 e 530 della sentenza impugnata, il Tribunale conosceva le ragioni per le quali la Commissione ha deciso di autorizzare l’operazione di concentrazione di cui trattasi. Esso ha addirittura dedicato numerosi punti della sua sentenza all’analisi della fondatezza di tali ragioni. Orbene, si deve ricordare a tale proposito che l’obbligo di motivare le decisioni costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente alla legittimità nel merito dell’atto controverso (v. sentenze 7 marzo 2002, causa C-310/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I-2289, punto 48, nonché Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit., punto 67). Infatti, la motivazione di una decisione consiste nell’esprimere espressamente le ragioni su cui si fonda tale decisione. Qualora tali ragioni siano viziate da errori, questi ultimi viziano la legittimità nel merito della decisione, ma non la motivazione di quest’ultima, che può essere sufficiente pur illustrando ragioni errate. Di conseguenza, non si può asserire che fosse impossibile per il Tribunale esercitare il suo controllo giurisdizionale (v., per analogia, sentenza Chronopost e La Poste/UFEX e a., cit., punto 112).

182

Pertanto, occorre accogliere il sesto motivo dedotto dalle ricorrenti, senza che occorra pronunciarsi sulle censure illustrate nei punti 158, 159 e 161 della presente motivazione.

183

Alla luce del complesso delle considerazioni sin qui esposte, la presente impugnazione va dichiarata fondata.

Sulla presunta impugnazione incidentale

184

La comparsa di risposta della Commissione comprende una sezione distinta, contenente «osservazioni supplementari» riguardanti le «ragioni essenziali» della decisione controversa. In tal sede, la Commissione asserisce che il Tribunale avrebbe qualificato a torto, nei punti 474 e 476 della sentenza impugnata, le sue constatazioni riguardanti le misure di rappresaglia come ragioni essenziali della detta decisione. Secondo la Commissione, qualora dal presente giudizio risultasse che gli accertamenti svolti nella decisione controversa in merito alla scarsa trasparenza del mercato non fossero errati in diritto, la detta decisione dovrebbe essere giudicata legittima a prescindere dal fatto che essa contenga o meno errori di diritto per quanto concerne le misure di rappresaglia.

185

L’Impala ha interpretato questi ragionamenti contenuti nella comparsa di risposta della Commissione come un’impugnazione incidentale e ha replicato ad essi mediante una separata memoria, datata 23 marzo 2007, facendo richiamo all’art. 117, n. 2, del regolamento di procedura della Corte. Successivamente, le parti sono state autorizzate a depositare memorie supplementari a tale riguardo, l’ultima delle quali è stata depositata presso la cancelleria della Corte il 16 luglio 2007, mentre rimaneva aperta la questione relativa all’esistenza del diritto, in capo all’Impala, di invocare il detto art. 117, n. 2.

186

La qualificazione di un argomento quale impugnazione incidentale richiede, in forza dell’art. 117, n. 2, del regolamento di procedura, che la parte che lo invoca miri ad ottenere l’annullamento totale o parziale della sentenza impugnata per un motivo non invocato nell’impugnazione. Per dimostrare se tale è il caso della presente fattispecie occorre esaminare la lettera, lo scopo e il contesto del passo di cui trattasi della comparsa di risposta della Commissione.

187

Ebbene, è importante sottolineare a tal riguardo che la Commissione non utilizza mai nella sua memoria l’espressione «impugnazione incidentale». Inoltre, la stessa Commissione ha dichiarato chiaramente nel corso del giudizio, precisamente in udienza, che non aveva nessuna intenzione di presentare un’impugnazione incidentale mediante le sue «osservazioni supplementari».

188

Alla luce di ciò, è giocoforza concludere che le dette osservazioni non costituiscono un’impugnazione incidentale. Contrariamente a quanto sostenuto dall’Impala, non occorre pertanto esprimere un giudizio a tale riguardo.

Sul rinvio della causa dinanzi al Tribunale

189

Ai sensi dell’art. 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale, affinché sia decisa da quest’ultimo.

190

Dal momento che il Tribunale ha esaminato unicamente due delle cinque censure invocate dall’Impala a sostegno del suo ricorso, la Corte giudica che la presente controversia non è matura per la decisione. Pertanto, occorre rinviare la causa dinanzi al Tribunale.

191

Poiché la causa dev’essere rinviata dinanzi al Tribunale, occorre sospendere la decisione sulle spese relative al presente giudizio di impugnazione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

È annullata la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 13 luglio 2006, causa T-464/04, Impala/Commissione.

 

2)

La causa è rinviata dinanzi al Tribunale di primo grado delle Comunità europee.

 

3)

Le spese sono riservate.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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