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Document 62006CJ0003

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) dell'8 febbraio 2007.
Groupe Danone contro Commissione delle Comunità europee.
Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Concorrenza - Intesa - Ammende - Orientamenti per il calcolo dell'importo delle ammende - Comunicazione sulla cooperazione.
Causa C-3/06 P.

Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-01331

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:88

Causa C‑3/06 P

Groupe Danone

contro

Commissione delle Comunità europee

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Concorrenza — Intesa — Ammende — Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende — Comunicazione sulla cooperazione»

Massime della sentenza

1.        Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

2.        Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Potere discrezionale della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 17; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

3.        Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Motivazione insufficiente o contraddittoria — Ricevibilità

4.        Concorrenza — Ammende — Importo — Potere discrezionale della Commissione — Sindacato giurisdizionale — Competenza a conoscere della legittimità e del merito

(Art. 229 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 17)

5.        Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Competenza della Corte

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

6.        Diritto comunitario — Principi — Tutela del legittimo affidamento

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

1.        La gravità di un’infrazione alle regole comunitarie della concorrenza, che deve essere presa in considerazione per fissare l’importo delle ammende da irrogare, va accertata in funzione di molti elementi, in ordine ai quali la Commissione dispone di un margine di discrezionalità. Il fatto di tener conto di circostanze aggravanti, in sede di fissazione delle ammende, risponde al compito della Commissione di garantire la conformità del comportamento delle imprese alle norme sulla concorrenza.

Un’eventuale recidiva rientra fra gli elementi da prendere in considerazione in sede di analisi della gravità dell’infrazione di cui trattasi.

Di conseguenza, la tesi secondo cui, prima dell’entrata in vigore degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, la prassi della Commissione in materia era priva di chiarezza e prevedibilità è in contrasto con il rapporto giuridico esistente tra l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, che costituisce il fondamento normativo della decisione controversa, da un lato, e gli orientamenti, dall’altro.

Gli orientamenti, infatti, non costituiscono il fondamento normativo per la fissazione dell’importo dell’ammenda, bensì si limitano a precisare l’applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. In tale contesto, anche in assenza degli orientamenti, le imprese sono sempre state in grado di prevedere le conseguenze giuridiche dei loro comportamenti.

Pertanto, la Commissione, nell’esercizio del suo potere discrezionale, può legittimamente considerare l’elemento connesso alla recidiva come relativo alla gravità dell’infrazione commessa e qualificare questa recidiva come circostanza aggravante, senza violare il principio «nulla poena sine lege».

(v. punti 25‑30)

2.        Se né il regolamento n. 17, né gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA prevedono un termine massimo per constatare una recidiva, tale constatazione non può essere esclusa in forza del principio di certezza del diritto.

Infatti, la Commissione dispone di un potere discrezionale riguardo alla scelta degli elementi da prendere in considerazione ai fini della determinazione dell’importo delle ammende, quali, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza necessità di riferirsi ad un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione.

La constatazione e la valutazione delle caratteristiche specifiche di una recidiva – come la ripetizione di un comportamento illegale con un lasso di tempo relativamente breve a separare ciascuna di tali violazioni – rientrano nel detto potere della Commissione e quest’ultima non può essere vincolata ad un eventuale termine di prescrizione per una constatazione del genere.

Infatti, la recidiva rappresenta un elemento importante che la Commissione è chiamata a valutare, dato che la sua presa in considerazione è diretta a indurre le imprese che hanno dimostrato una tendenza a violare le regole della concorrenza a mutare il loro comportamento. Pertanto, la Commissione può, in ogni singolo caso, prendere in considerazione quei fattori che confermano tale tendenza, incluso, ad esempio, il tempo trascorso tra le infrazioni.

(v. punti 36‑40)

3.        Stabilire se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria o insufficiente è una questione di diritto che, in quanto tale, può essere sollevata in sede di impugnazione.

Per ottemperare all’obbligo di motivazione che gli incombe, il Tribunale non è tenuto a fornire nella sua sentenza una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per cui sono state adottate le misure di cui trattasi e al giudice competente di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo.

A tale proposito, nell’ambito dell’esame delle circostanze aggravanti, la recidiva è non solo un elemento rilevante, ma anche un elemento di particolare importanza ed un indizio molto significativo della gravità di un’infrazione ai fini della valutazione dell’importo dell’ammenda nell’ottica di una dissuasione effettiva. La recidiva costituisce la prova del fatto che la sanzione precedentemente imposta alla ricorrente non aveva prodotto effetti sufficientemente dissuasivi.

Per valutare la gravità dell’infrazione, il Tribunale può quindi ricorrere alla nozione di recidiva senza che la sua sentenza risulti viziata da una motivazione contraddittoria.

(v. punti 43, 45‑48)

4.        Conformemente all’art. 229 CE, i regolamenti adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea in virtù delle disposizioni del Trattato possono attribuire alla Corte una competenza giurisdizionale anche di merito per quanto riguarda le sanzioni previste nei regolamenti stessi.

Una siffatta competenza è stata attribuita al giudice comunitario dall’art. 17 del regolamento n. 17. Tale giudice è quindi abilitato, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta.

Ne discende che il giudice comunitario può esercitare la sua competenza anche di merito quando il problema dell’importo dell’ammenda è sottoposto alla sua valutazione e che tale competenza può essere esercitata tanto per ridurre quanto per aumentare il detto importo.

(v. punti 60‑62)

5.        Il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento che possa concludersi con l’irrogazione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che è stato sottolineato a più riprese dalla giurisprudenza della Corte.

Nell’ambito dell’impugnazione avverso una sentenza del Tribunale che ha fissato l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa per violazione delle regole comunitarie della concorrenza, il controllo della Corte è volto, da un lato, a esaminare in quale misura il Tribunale abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla luce degli artt. 81 CE e 82 CE, nonché dell’art. 15 del regolamento n. 17, e, dall’altro, ad appurare se il Tribunale abbia risposto in termini giuridicamente sufficienti all’insieme degli argomenti invocati dalla ricorrente per ottenere l’annullamento o la riduzione dell’ammenda.

Allorché, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, il Tribunale si è fondato esclusivamente sulle disposizioni degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA senza considerare altri elementi, circostanze o criteri di cui l’impresa considerata non avrebbe potuto prevedere l’esame, la detta impresa non può lamentare una violazione dei diritti della difesa.

(v. punti 68‑69, 82‑83)

6.        Il principio di irretroattività delle norme penali è un principio comune a tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e fa parte integrante dei principi generali del diritto di cui il giudice comunitario deve garantire l’osservanza.

In particolare, l’art. 7, n. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950, che consacra in particolare il principio di previsione legale dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), può opporsi all’applicazione retroattiva di una nuova interpretazione di una norma che descrive un’infrazione.

Ciò avviene, in particolare, nel caso si tratti di un’interpretazione giurisprudenziale il cui risultato non era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui l’infrazione è stata commessa, alla luce, in particolare, dell’interpretazione vigente a quell’epoca nella giurisprudenza relativa alla disposizione legale in questione.

Tuttavia, il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per diversi tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 17, se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica comunitaria della concorrenza. Al contrario, l’efficace applicazione delle norme comunitarie della concorrenza implica che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica.

Le imprese coinvolte in un procedimento amministrativo che può dare luogo ad un’ammenda non possono riporre un legittimo affidamento in un metodo di calcolo delle ammende applicato in passato.

(v. punti 87‑91)




SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

8 febbraio 2007 (*)

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Concorrenza – Intesa – Ammende – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende – Comunicazione sulla cooperazione»

Nella causa C‑3/06 P,

avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposto il 3 gennaio 2006,

Groupe Danone, società per azioni con sede in Parigi (Francia), rappresentato dai sigg. A. Winckler e S. Sorinas Jimeno, avocats,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. A. Bouquet e W. Wils, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dal sig. J. Klučka, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. J. Makarczyk e L. Bay Larsen, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig.ra K. Sztranc‑Sławiczek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 13 settembre 2006,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 novembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, il Groupe Danone chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione (Racc. pag. II‑4407; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), in quanto, con tale sentenza, esso ha respinto parzialmente il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione 5 dicembre 2001, 2003/569/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE (Caso IV/37.614/F3 PO/Interbrew e Alken Maes) (GU 2003, L 200, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»), nonché alla riduzione dell’ammenda inflittale all’art. 2 della detta decisione.

 Contesto normativo

2        L’art. 15 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 104), dispone quanto segue:

«1.       La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni d’imprese ammende varianti da cento a cinquemila unità di conto quando intenzionalmente o per negligenza:

(…)

b)       forniscano informazioni inesatte in risposta a una domanda rivolta a norma dell’articolo 11, paragrafi 3 e 5 (…).

2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille unità di conto ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest’ultimo importo fino al 10 per cento del volume d’affari realizzato durante l’esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all’infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettano una infrazione alle disposizioni dell’articolo [81], paragrafo 1 o dell’articolo [82] del Trattato (…)

(…)

Per determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

3        L’art. 17 del regolamento n. 17 così dispone:

«La Corte di giustizia statuisce con competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell’articolo 229 CE per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione commina una ammenda o una penalità di mora ed essa può sopprimere, ridurre o maggiorare l’ammenda o la penalità di mora inflitta».

4        La comunicazione della Commissione delle Comunità europee intitolata «Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA» (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), nel suo preambolo enuncia quanto segue:

«I principi indicati negli orientamenti (...) dovrebbero consentire di assicurare la trasparenza ed il carattere obiettivo delle decisioni della Commissione, di fronte sia alle imprese che alla Corte di giustizia, ponendo l’accento, nel contempo, sul margine discrezionale lasciato dal legislatore alla Commissione nella fissazione delle ammende, entro il limite del 10% del volume d’affari globale delle imprese. La Commissione intende tuttavia inquadrare tale margine in una linea politica coerente e non discriminatoria, che sia funzionale agli obiettivi perseguiti con la repressione delle infrazioni alle regole della concorrenza.

La nuova metodologia applicabile per la determinazione dell’ammontare dell’ammenda si baserà ormai sullo schema seguente, che consiste nella fissazione di un importo di base, al quale si applicano maggiorazioni in caso di circostanze aggravanti e riduzioni in caso di circostanze attenuanti».

5        Ai sensi del punto 1 degli orientamenti, «[tale] importo di base è determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione, che sono i soli criteri indicati all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17». In forza del punto 2, l’importo di base può essere aumentato in caso di circostanze aggravanti come, ad esempio, la recidiva della medesima impresa per un’infrazione del medesimo tipo. Secondo il punto 3 degli orientamenti, il detto importo può essere ridotto in caso di circostanze attenuanti.

6        La comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione») definisce le condizioni alle quali le imprese che cooperano con la Commissione nel corso delle sue indagini relative ad un’intesa potranno evitare l’imposizione di ammende che altrimenti sarebbero loro inflitte, o beneficiare di riduzioni del loro ammontare.

7        Il punto D della comunicazione sulla cooperazione è così formulato:

«D. Significativa riduzione dell’ammontare dell’ammenda

1.      Un’impresa che coopera senza che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui ai punti B o C beneficia di una riduzione dal 10% al 50% dell’ammontare dell’ammenda che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione.

2.      Ciò può verificarsi in particolare:

–        se, prima dell’invio di una comunicazione degli addebiti, un’impresa fornisce alla Commissione informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell’infrazione,

–        se, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, un’impresa informa la Commissione che non contesta i fatti materiali sui quali la Commissione fonda le sue accuse».

 Antefatti della controversia

8        Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha riassunto come segue i fatti relativi alla controversia:

«(…)

5      All’epoca dei fatti, la Interbrew NV (in prosieguo: la «Interbrew») e la Brouwerijen Alken-Maes NV (in prosieguo: la «Alken-Maes») erano, rispettivamente, il primo e il secondo operatore sul mercato belga della birra. Alken-Maes era una controllata del [Groupe] Danone SA (…), che operava anche sul mercato francese della birra attraverso un’altra controllata, la Brasseries Kronenbourg SA (in prosieguo: la «Kronenbourg»). Nel 2000 [il Groupe Danone] ha cessato le sue attività nel settore della birra.

6      Nel 1999 la Commissione ha aperto un’indagine, con il numero IV/37.614/F3, relativa a eventuali violazioni delle regole comunitarie di concorrenza nel settore belga della birra.

7      Il 29 settembre 2000, nell’ambito della detta indagine, la Commissione ha avviato un procedimento e ha adottato una comunicazione degli addebiti nei confronti [del Groupe Danone] e delle imprese Interbrew, Alken-Maes, NV Brouwerij Haacht (in prosieguo: la «Haacht») e NV Brouwerij Martens (in prosieguo: la «Martens»). Il procedimento avviato nei confronti [del Groupe Danone] e la comunicazione degli addebiti inviatale riguardavano unicamente la sua presunta partecipazione al cartello denominato «Interbrew/Alken-Maes», relativo al mercato belga della birra.

8      Il 5 dicembre 2001 la Commissione ha adottato la [decisione controversa] riguardante [il Groupe Danone] e le imprese Interbrew, Alken-Maes, Haacht e Martens (...).

9      Nella [decisione controversa] si constatano due distinte violazioni delle regole di concorrenza, vale a dire, da un lato, un complesso insieme di accordi e/o pratiche concordate nel settore belga della birra (in prosieguo: il «cartello Interbrew/Alken-Maes») e, dall’altro, pratiche concordate in relazione al mercato della birra a marchio privato. Nella [decisione controversa] si constata che [il Groupe Danone], la Interbrew e la Alken-Maes hanno partecipato alla prima infrazione, mentre la Interbrew, la Alken-Maes, la Haacht e la Martens hanno partecipato alla seconda.

10      Benché, all’epoca dei fatti, [il Groupe Danone] fosse la società controllante della Alken-Maes, nella [decisione controversa] [gli] viene imputata un’unica infrazione. Infatti, tenuto conto del suo ruolo attivo nel cartello Interbrew/Alken-Maes, [il Groupe Danone] è stat[o] ritenut[o] responsabile sia della propria partecipazione che di quella della Alken-Maes al suddetto cartello. Per contro, la Commissione ha considerato che non si poteva attribuire [al Groupe Danone] la responsabilità della partecipazione della sua controllata alla pratica concordata relativa al mercato della birra a marchio privato, dal momento che ess[o] non era direttamente coinvolt[o] in tale cartello.

11      L’infrazione contestata [al Groupe Danone] consiste nella sua partecipazione, diretta e tramite la controllata Alken-Maes, ad un insieme complesso di accordi e/o pratiche concordate riguardanti un patto generale di non aggressione, i prezzi e le promozioni nel commercio al dettaglio, la ripartizione dei clienti nel settore alberghiero e della ristorazione (in prosieguo: l’“horeca”), ivi compresi i clienti nazionali, la limitazione degli investimenti e della pubblicità sul mercato horeca, una nuova struttura tariffaria per il settore horeca e per il settore del commercio al dettaglio e lo scambio di informazioni sulle vendite per il settore horeca e per il settore del commercio al dettaglio.

12      Nella [decisione controversa] si constata che la suddetta infrazione si è protratta per un periodo compreso tra il 28 gennaio 1993 e il 28 gennaio 1998.

13      Ritenendo che un insieme di elementi le consentisse di concludere che l’infrazione era cessata, la Commissione non ha considerato necessario obbligare le imprese interessate a porre fine all’infrazione ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 17.

14      La Commissione ha invece ritenuto che si dovesse infliggere un’ammenda, in forza dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, alla Interbrew e [al Groupe Danone] per la loro partecipazione al cartello Interbrew/Alken-Maes.

15      A tale proposito, nella [decisione controversa] la Commissione ha rilevato che tutti i partecipanti al cartello Interbrew/Alken-Maes avevano commesso l’infrazione deliberatamente.

16      Ai fini del calcolo dell’ammenda da infliggere, nella [decisione controversa] la Commissione ha seguito la metodologia definita negli orientamenti e la comunicazione sulla cooperazione.

17      Il dispositivo della decisione impugnata è così formulato:

“Articolo 1 

[La Interbrew], [la Alken-Maes] e [il Groupe Danone] hanno violato l’articolo 81, paragrafo 1, [CE] per aver partecipato, nel periodo che va dal 28 gennaio 1993 al 28 gennaio 1998 incluso, a un complesso insieme di accordi e/o pratiche concordate riguardanti un patto generale di non aggressione, i prezzi e le promozioni nel settore del commercio al dettaglio, la ripartizione dei clienti sul mercato horeca (sia l’horeca “classico” che i clienti nazionali), la limitazione degli investimenti e della pubblicità sul mercato horeca, una nuova struttura tariffaria per il settore horeca e per il settore del commercio al dettaglio, e lo scambio di informazioni sulle vendite per il settore horeca e per il settore del commercio al dettaglio.

Articolo 2

Per le infrazioni di cui all’articolo 1 sono inflitte (…) le seguenti ammende:

(…)

b)      [al Groupe Danone]: un’ammenda di 44,043 milioni di EUR.

(…)”».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

9        Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 22 febbraio 2002, il Groupe Danone ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa. In via subordinata, ha chiesto al Tribunale la riduzione dell’ammenda irrogatagli all’art. 2 della detta decisione.

10      Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto tutti i motivi dedotti dal Groupe Danone, salvo il quinto. Esaminando tale motivo, il Tribunale ha dichiarato, ai punti 284‑290 della sentenza impugnata, che il Groupe Danone aveva formulato una minaccia e, ai punti 291‑294 della stessa sentenza, che la cooperazione era stata ampia, precisando, ai punti 295-310 della detta sentenza, che la minaccia in questione non era stata la causa determinante della portata dell’intesa. Di conseguenza, al punto 311 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la circostanza aggravante applicata a tal riguardo nella decisione controversa non poteva essere confermata. Pertanto, ai punti 313 e 519 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ridotto l’aumento per circostanze aggravanti dal 50 al 40%.

11      Per quanto riguarda il calcolo dell’importo definitivo dell’ammenda, il Tribunale ha rilevato, al punto 520 della sentenza impugnata, che la Commissione, nel calcolo dell’ammenda inflitta al Groupe Danone, si è discostata dalla metodologia enunciata negli orientamenti. Esso ha quindi ritenuto che, in virtù della sua competenza anche di merito, occorresse applicare l’aumento del 40% relativo alla circostanza aggravante della recidiva all’importo di base dell’ammenda inflitta alla ricorrente.

12      Al punto 525 della sentenza impugnata il Tribunale ha quindi calcolato come segue l’importo dell’ammenda inflitta:

«[A]ll’importo di base dell’ammenda (36,25 milioni di EUR) viene aggiunto anzitutto il 40% di tale importo (14,5 milioni di EUR) e sottratto il 10% dello stesso (3,625 milioni di EUR), il che conduce a un ammontare di 47,125 milioni di EUR. Tale importo viene quindi ridotto del 10% per tenere conto della cooperazione, ottenendo in tal modo un importo definitivo dell’ammenda pari a 42,4125 milioni di EUR».

13      Nella sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato e statuito quanto segue:

«1)      L’importo dell’ammenda inflitta [al Groupe Danone] è fissato in 42,4125 milioni di EUR.

2)      Il ricorso è respinto per il resto.

3)      [Il Groupe Danone] sopporterà le proprie spese e tre quarti delle spese sostenute dalla Commissione. La Commissione sopporterà un quarto delle proprie spese».

 Le domande presentate dalle parti nell’ambito dell’impugnazione

14      Il Groupe Danone chiede che la Corte voglia:

–        annullare parzialmente la sentenza impugnata, nella parte in cui respinge il motivo attinente all’infondata presa in considerazione della circostanza aggravante connessa alla recidiva nei suoi confronti e riforma il modo di calcolo dell’ammenda impiegato dalla Commissione;

–        accogliere le sue domande presentate in primo grado, a sostegno delle quali era dedotto il motivo attinente all’infondata presa in considerazione della circostanza aggravante connessa alla recidiva e ridurre conseguentemente l’ammenda inflitta dalla Commissione;

–        ridurre l’importo dell’ammenda proporzionalmente alla riduzione per circostanze attenuanti decisa dal Tribunale,

–        condannare la Commissione alle spese.

15      Il Groupe Danone chiede alla Corte di pronunciarsi definitivamente sulla controversia facendo uso della sua competenza anche di merito in materia di ammende, per ridurre di 1,3025 milioni di EUR l’importo finale dell’ammenda fissata dal Tribunale.

16      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sull’impugnazione

17      A sostegno delle sue domande dirette all’annullamento parziale della sentenza impugnata, il Groupe Danone fa valere quattro motivi in via principale e un motivo in via subordinata. Tali motivi attengono sostanzialmente all’interpretazione, da parte del Tribunale, della nozione di recidiva ed all’applicazione da esso operata del metodo di calcolo dell’importo dell’ammenda.

Sul primo motivo, attinente ad una violazione del principio di legalità derivante dal fatto che la recidiva è stata considerata una circostanza aggravante (nulla poena sine lege)

 Argomenti delle parti

18      Il Groupe Danone sostiene che un sistema di recidiva privo di base legale non può essere applicato nell’ambito degli artt. 81 CE e 82 CE. Di conseguenza, la valutazione svolta dal Tribunale sulla legittimità dell’applicazione della circostanza aggravante connessa alla recidiva sarebbe contraria ai principi di legalità e di irretroattività della legge penale.

19      Il Groupe Danone afferma che la possibilità per la Commissione di aumentare l’importo di un’ammenda in caso di recidiva non è espressamente prevista dal regolamento n. 17 e risulta solo dagli orientamenti. Orbene, tale ultimo testo costituirebbe solo una metodologia indicativa, senza un valore giuridico sufficiente per introdurre una siffatta causa aggravante.

20      Il Groupe Danone rileva che, anche qualora la Corte dovesse considerare che una norma avente valore legislativo non era necessaria affinché la recidiva potesse essere presa in considerazione in diritto della concorrenza, al momento dell’ultima violazione gli orientamenti non erano ancora stati adottati, di modo che la circostanza aggravante connessa alla recidiva non aveva alcun fondamento in diritto comunitario.

21      La Commissione ricorda che l’art. 15 del regolamento n. 17 dispone che le ammende sono fissate tenendo conto della gravità e della durata dell’infrazione, il che comporta la possibilità di prendere in considerazione il ruolo e l’importanza di ciascuna delle imprese, nonché le diverse circostanze aggravanti e attenuanti, senza che sia necessaria una base legale specifica relativa alle dette circostanze.

22      La Commissione sottolinea che la possibilità di considerare la recidiva come una circostanza aggravante è compresa nel suo potere discrezionale relativo alla fissazione dell’importo dell’ammenda.

 Giudizio della Corte

23      Occorre rammentare, in via preliminare, che, se è vero che la Corte ha dichiarato che gli orientamenti non costituiscono il fondamento normativo delle decisioni adottate dalla Commissione nella materia di cui trattasi (v. sentenze 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 209, e 21 settembre 2006, causa C‑167/04 P, JCB Service/Commissione, Racc. pag. I‑8935, punto 207), essa ha altresì giudicato che gli orientamenti garantiscono la certezza del diritto delle imprese, dato che determinano la metodologia che la Commissione si è imposta per la fissazione dell’importo delle ammende (v. sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 213, e JCB Service/Commissione, cit., punto 209).

24      Infatti, è l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 che costituisce il fondamento normativo rilevante in forza del quale la Commissione può infliggere ammende ad imprese ed associazioni d’imprese per violazioni degli artt. 81 CE e 82 CE. Ai sensi di tale disposizione, per determinare l’importo dell’ammenda devono essere prese in considerazione la durata e la gravità dell’infrazione.

25      Per quanto riguarda quest’ultimo elemento, la Corte ha dichiarato che, mentre l’importo di base dell’ammenda è fissato in ragione dell’infrazione, la gravità di quest’ultima va accertata in funzione di altri elementi, in ordine ai quali la Commissione dispone di un margine di discrezionalità. Secondo la Corte, il fatto di tener conto di circostanze aggravanti, in sede di fissazione delle ammende, risponde al compito della Commissione di garantire la conformità alle norme sulla concorrenza (v. sentenza 29 giugno 2006, causa C‑308/04 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑5977, punto 71).

26      Si deve aggiungere che, nella sentenza 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione (Racc. pag. I‑123, punto 91), la Corte ha precisato che un’eventuale recidiva rientra fra gli elementi da prendere in considerazione in sede di analisi della gravità dell’infrazione di cui trattasi.

27      Di conseguenza, l’argomento del Groupe Danone secondo cui, prima dell’entrata in vigore degli orientamenti, la prassi della Commissione nella materia era priva di chiarezza e prevedibilità è in contrasto con il rapporto giuridico esistente tra l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, che costituisce il fondamento normativo della decisione controversa e gli orientamenti.

28      Questi ultimi, infatti, non costituiscono il fondamento normativo per la fissazione dell’importo dell’ammenda, bensì si limitano a precisare l’applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (v. altresì la sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punti 211, 213 e 214). In tale contesto, come rilevato dall’avvocato generale al punto 24 delle sue conclusioni, anche in assenza degli orientamenti, la ricorrente è sempre stata in grado di prevedere le conseguenze giuridiche dei suoi comportamenti.

29      Pertanto, la Commissione, nell’esercizio del suo potere discrezionale, ha potuto legittimamente considerare l’elemento connesso alla recidiva come relativo alla gravità dell’infrazione commessa dal Groupe Danone.

30      Ne discende che, riprendendo al punto 351 della sentenza impugnata la constatazione fatta dalla Commissione dell’esistenza di una recidiva del Groupe Danone e la qualifica di questa recidiva come circostanza aggravante, il Tribunale non ha violato il principio «nulla poena sine lege».

31      Il primo motivo dedotto dal Groupe Danone, pertanto, dev’essere respinto.

Sul secondo motivo, attinente ad una violazione del principio di certezza del diritto

 Argomenti delle parti

32      Il Groupe Danone sostiene che, anche in assenza di disposizioni specifiche che prevedono un termine di prescrizione, la circostanza aggravante connessa alla recidiva derivante da due comportamenti precedenti viola il principio di certezza del diritto, dato che le decisioni precedenti della Commissione erano state pronunciate in contesti diversi.

33      Il Groupe Danone fa valere che una minaccia «perpetua» di considerare la recidiva una circostanza aggravante è contraria ai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri.

34      La Commissione sostiene che tale motivo è parzialmente fondato su una lettura erronea della sentenza impugnata, in quanto il Tribunale ha ritenuto la recidiva sufficientemente provata sulla base di una constatazione di fatti risalente al 1984, cioè meno di dieci anni prima dell’inizio della violazione di cui trattasi, commessa nel 1993. Peraltro, l’assenza di prescrizione legale per quanto riguarda la presa in considerazione di una situazione di recidiva non comporta che la Commissione consideri illimitatamente la circostanza aggravante connessa ad una situazione del genere.

35      Essa aggiunge che, nel caso di specie, la circostanza aggravante connessa alla recidiva è stata applicata in maniera del tutto moderata.

 Giudizio della Corte

36      Occorre osservare che, al punto 353 della sentenza impugnata, il Tribunale ha escluso qualsiasi violazione del principio di certezza del diritto attinente al fatto che né il regolamento n. 17 né gli orientamenti prevedono un termine massimo per constatare una recidiva.

37      Tale giudizio del Tribunale è conforme al diritto. Infatti, conformemente ad una consolidata giurisprudenza, la Commissione dispone di un potere discrezionale riguardo alla scelta degli elementi da prendere in considerazione ai fini della determinazione dell’importo delle ammende, come, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza necessità di riferirsi ad un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (v., segnatamente, ordinanza 25 marzo 1996, causa C‑137/95 P, SPO e a./Commissione, Racc. pag. I‑1611, punto 54, e sentenza 17 luglio 1997, causa C‑219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I‑4411, punto 33).

38      Dev’essere sottolineato che la constatazione e la valutazione delle caratteristiche specifiche di una recidiva rientrano nel detto potere della Commissione e che quest’ultima non può essere vincolata ad un eventuale termine di prescrizione per una constatazione del genere.

39      Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 30 delle sue conclusioni, la recidiva rappresenta un elemento importante che la Commissione è chiamata a valutare, dato che la sua presa in considerazione è diretta a indurre le imprese che hanno dimostrato una tendenza a violare le regole della concorrenza a mutare il loro comportamento. Pertanto, la Commissione può, in ogni singolo caso, prendere in considerazione quei fattori che confermano tale tendenza, incluso, ad esempio, il tempo trascorso tra le infrazioni.

40      A tal riguardo, il Tribunale ha accertato, ai punti 354 e 355 della sentenza impugnata, la cronologia delle violazioni alle regole di concorrenza constatate nei confronti del Groupe Danone precisando che, in ogni singolo caso, un breve lasso di tempo, vale a dire meno di dieci anni, aveva separato ciascuna di tali violazioni. Pertanto, il Tribunale ha potuto legittimamente concludere che la ripetizione, da parte del Groupe Danone, di un comportamento illegale testimonia la sua propensione a non trarre conseguenze appropriate da una constatazione nei suoi confronti di una violazione delle dette regole.

41      Inoltre, per quanto riguarda le caratteristiche dei comportamenti precedenti, il Tribunale ha giustamente rilevato, al punto 363 della sentenza impugnata, che la nozione di recidiva non comporta necessariamente la constatazione di una previa sanzione pecuniaria, ma solo quella di una violazione del diritto comunitario della concorrenza.

42      Il secondo motivo dedotto dal Groupe Danone non può quindi essere accolto.

Sul terzo motivo, attinente ad una violazione dell’obbligo di motivazione

 Argomenti delle parti

43      Il Groupe Danone sostiene che, per rispondere al suo motivo attinente ad una violazione del regolamento n. 17, il Tribunale ha collegato la nozione di dissuasione a quella di recidiva. Il Tribunale avrebbe giustificato la fondatezza del ricorso alla nozione di recidiva con la necessità di garantire un effetto dissuasivo. Considerato che, secondo il Tribunale, per valutare la gravità dell’infrazione, la nozione di dissuasione avrebbe dovuto essere distinta da quella di recidiva, la sentenza sarebbe viziata da una motivazione contraddittoria.

44      La Commissione ritiene che, con tale motivo, il Groupe Danone confonda le diverse fasi della valutazione della gravità dell’infrazione. Infatti, tanto gli elementi applicabili a tutte le imprese che hanno partecipato all’intesa quanto gli elementi individuali di tale valutazione farebbero parte di quest’ultima. La fissazione delle ammende in funzione della gravità dell’infrazione commessa avrebbe sempre l’obiettivo di ottenere un’effettiva dissuasione.

 Giudizio della Corte

45      Va ricordato, in via preliminare, che il problema di sapere se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria o insufficiente rappresenta una questione di diritto che, in quanto tale, può essere sollevata in sede di impugnazione (v. sentenze 7 maggio 1998, causa C‑401/96 P, Somaco/Commissione, Racc. pag. I‑2587, punto 53, e 13 dicembre 2001, causa C‑446/00 P, Cubero Vermurie/Commissione, Racc. pag. I‑10315, punto 20).

46      Quanto all’obbligo di motivazione che grava sul Tribunale, risulta da una costante giurisprudenza che esso non impone a quest’ultimo di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi ed al giudice competente di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (v., segnatamente, sentenza 21 settembre 2006, causa C‑105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, Racc. pag. I‑8725, punto 72).

47      Quanto al contenuto della motivazione della sentenza impugnata per quanto riguarda la valutazione delle circostanze aggravanti, il Tribunale ha giustamente dichiarato, ai punti 348‑350 di tale sentenza, che, nell’ambito dell’esame delle dette circostanze, la recidiva era non solo un elemento rilevante, ma anche un elemento di particolare importanza ed un indizio molto significativo della gravità dell’infrazione ai fini della valutazione dell’importo dell’ammenda nell’ottica di una dissuasione effettiva. A tal riguardo, il Tribunale ha sottolineato che la recidiva costituisce la prova del fatto che la sanzione precedentemente imposta alla ricorrente non aveva prodotto effetti sufficientemente dissuasivi.

48      Ne discende che la sentenza del Tribunale non è viziata da una motivazione contraddittoria.

49      Il terzo motivo dedotto dal Groupe Danone deve quindi essere respinto.

Sul quarto motivo, attinente ad un eccesso dei poteri giurisdizionali

–       Sulla prima parte del motivo, attinente alla violazione, da parte del Tribunale, dei limiti della sua competenza


 Argomenti delle parti

50      Secondo il Groupe Danone, riformando la decisione controversa, il Tribunale ha oltrepassato le sue competenze. Infatti, traendo le conseguenze dell’illegalità della detta decisione, nel caso di specie del metodo di calcolo dell’ammenda ai sensi della sua competenza anche di merito, il Tribunale avrebbe agito ultra vires.

51      Il Groupe Danone sostiene che il Tribunale, dopo aver constatato che la Commissione si era discostata dagli orientamenti, ha iniziato a determinare l’importo dell’ammenda sostituendo il suo metodo di calcolo a quello della Commissione.

52      La Commissione rileva che il Groupe Danone non rimette in discussione la fondatezza del metodo di calcolo utilizzato dal Tribunale, ma si limita a formulare una censura di ordine processuale. La sua impugnazione sarebbe invece diretta a far sì che la Corte sostituisca la sua valutazione ed il suo calcolo dell’ammenda all’analisi svolta dal Tribunale.

 Giudizio della Corte

53      Occorre osservare che, fissando il nuovo importo dell’ammenda, il Tribunale non ha agito nell’ambito dell’art. 230 CE, bensì nell’esercizio della sua competenza anche di merito ai sensi dell’art. 229 CE e dell’art. 17 del regolamento n. 17.

54      Di conseguenza, è inoperante l’argomento del Groupe Danone secondo cui, riformando il modo di calcolo dell’ammenda, il Tribunale avrebbe violato i limiti della competenza ad esso derivanti dall’art. 230 CE.

55      La prima parte del quarto motivo non può pertanto essere accolta.

–       Sulla seconda parte del motivo, attinente ad una modifica, da parte del Tribunale, delle modalità di applicazione del coefficiente per circostanze attenuanti in mancanza di qualsiasi domanda in proposito


 Argomenti delle parti

56      Il Groupe Danone ritiene che il Tribunale non possa statuire ultra petita, quale che sia il contenzioso di cui è investito. Si tratterebbe di un principio giurisdizionale fondamentale che garantisce alle parti le leve della controversia che le oppone. Lo stesso varrebbe nell’ambito dell’esercizio, da parte del Tribunale, della sua competenza anche di merito.

57      Il Groupe Danone sostiene che il problema della legittimità dell’applicazione del coefficiente correttore all’importo dell’ammenda derivante dalla presa in considerazione di circostanze attenuanti non era stato sollevato in primo grado. Modificando le modalità di tale applicazione ed aumentando l’importo dell’ammenda affinché fosse calcolato sulla base della metodologia utilizzata dalla Commissione, il Tribunale avrebbe statuito ultra petita.

58      La Commissione fa valere che non è con un annullamento parziale della decisione controversa che il Tribunale ha adottato il suo metodo di calcolo. Al contrario, nell’ambito della sua competenza anche di merito, il Tribunale avrebbe giustamente fondato su constatazioni di fatto la sua valutazione della circostanza attenuante dedotta.

59      La Commissione ricorda che, nell’esercizio della detta competenza, il Tribunale gode di un ampio potere discrezionale, che gli consente di valutare se l’ammenda sia appropriata, cioè, anche in assenza di annullamento della decisione adottata, di maggiorarla, di ridurla o di confermarla, eventualmente tenendo conto di elementi supplementari.

 Giudizio della Corte

60      Si deve rammentare che, conformemente all’art. 229 CE, i regolamenti adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea in virtù delle disposizioni del Trattato possono attribuire alla Corte una competenza giurisdizionale anche di merito per quanto riguarda le sanzioni previste nei regolamenti stessi.

61      Una siffatta competenza è stata attribuita al giudice comunitario dall’art. 17 del regolamento n. 17. Tale giudice è quindi abilitato, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta (v., in tal senso, sentenza 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punto 692).

62      Ne discende che il giudice comunitario può esercitare la sua competenza anche di merito quando il problema dell’importo dell’ammenda è sottoposto alla sua valutazione e che tale competenza può essere esercitata tanto per ridurre quanto per aumentare il detto importo.

63      L’esercizio della detta competenza da parte del Tribunale nella sentenza impugnata era pertanto legittima.

64      La seconda parte del quarto motivo è quindi infondata.

Sul quinto motivo, dedotto in via subordinata e attinente ad una violazione dei diritti della difesa, nonché del principio di irretroattività delle disposizioni repressive più severe

–       Sulla prima parte del motivo, attinente ad una violazione dei diritti della difesa


 Argomenti delle parti

65      Il Groupe Danone sostiene che, anche supponendo che il Tribunale abbia potuto riformare il metodo di calcolo dell’ammenda e diminuire l’importo della riduzione per circostanze attenuanti, il Tribunale stesso avrebbe dovuto sottoporre al dibattimento in contraddittorio la sua intenzione di procedere ad un siffatto adeguamento. Privandolo della possibilità di far valere il suo punto di vista sulla modifica prevista, il Tribunale avrebbe violato i diritti della difesa.

66      La Commissione ricorda che il Tribunale non ha maggiorato l’ammenda, ma l’ha ridotta e che, nella sua valutazione del carattere appropriato dell’importo dell’ammenda, il Tribunale ha applicato il suo metodo di calcolo relativo alla riduzione per circostanze attenuanti.

67      Peraltro, secondo la Commissione, presentando la sua domanda di annullamento e di riduzione dell’ammenda alla valutazione del Tribunale, il Groupe Danone l’avrebbe investito non solo dell’esame della legittimità della decisione, ma anche del giudizio sul carattere appropriato dell’importo dell’ammenda. Avrebbe quindi consapevolmente assunto il rischio di vedersi aumentare dal Tribunale l’importo dell’ammenda inflitta.

 Giudizio della Corte

68      Occorre ricordare, in via preliminare, che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento che possa concludersi con l’irrogazione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che è stato sottolineato a più riprese dalla giurisprudenza della Corte (v. sentenza 2 ottobre 2003, causa C‑194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. I‑10821, punto 30).

69      Nell’ambito dell’impugnazione, il controllo della Corte è volto, da un lato, a esaminare in quale misura il Tribunale abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla luce degli artt. 81 CE e 82 CE, nonché dell’art. 15 del regolamento n. 17 e, dall’altro, ad appurare se il Tribunale abbia risposto in termini giuridicamente sufficienti all’insieme degli argomenti invocati dalla ricorrente per ottenere l’annullamento o la riduzione dell’ammenda (v., segnatamente, sentenza 17 dicembre 1998, causa C‑185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I‑8417, punto 128).

70      Senza che occorra pronunciarsi sul problema di sapere se il giudice comunitario prima di esercitare la sua competenza anche di merito fosse tenuto ad invitare il Groupe Danone a presentare le sue osservazioni su un’eventuale riforma del metodo di calcolo, si deve constatare che il Groupe Danone ha potuto far valere utilmente il suo punto di vista per quanto riguarda la fissazione dell’importo dell’ammenda.

71      Ciò risulta, in primo luogo, dell’argomento dedotto dal Groupe Danone dinanzi al Tribunale, in secondo luogo dallo svolgimento del dibattimento dinanzi a quest’ultimo e, in terzo luogo, dalle considerazioni svolte nella sentenza impugnata.

72      In primo luogo, si deve constatare che sei degli otto motivi dedotti dal Groupe Danone dinanzi al Tribunale miravano alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta. Come risulta dal punto 25 della sentenza impugnata, tali motivi facevano riferimento, in particolare, al rispetto del principio di proporzionalità, nonché alle valutazioni svolte dalla Commissione sulle circostanze aggravanti e attenuanti.

73      Nell’ambito dei detti motivi, la ricorrente aveva segnatamente investito il Tribunale del problema di sapere se la Commissione avesse correttamente applicato la metodologia indicata negli orientamenti (v., in particolare, punti 46‑49 della sentenza impugnata) e, di conseguenza, del problema del carattere appropriato dell’importo dell’ammenda.

74      In secondo luogo, occorre rilevare che, come risulta dal punto 74 del controricorso della Commissione, non contraddetto dal Groupe Danone durante l’udienza, il Tribunale aveva posto alla Commissione un quesito attinente alla presa in considerazione delle circostanze attenuanti nel metodo di calcolo dell’ammenda.

75      In risposta a tale quesito, la Commissione aveva precisato che il metodo applicato nella decisione controversa non era conforme agli orientamenti, ma che tale circostanza aveva dato luogo ad un risultato finanziario più favorevole al Groupe Danone.

76      Quest’ultimo avrebbe quindi potuto prendere posizione su tale problema per far utilmente conoscere il suo punto di vista.

77      In terzo luogo, nella sentenza impugnata, e tenendo conto dell’insieme degli argomenti svolti, il Tribunale ha esaminato dettagliatamente gli elementi rilevanti relativi alla fissazione dell’ammenda.

78      Il Tribunale ha quindi dichiarato, al punto 521 della detta sentenza, che, tenuto conto della formulazione degli orientamenti, le percentuali corrispondenti agli aumenti o alle riduzioni, adottate in funzione delle circostanze aggravanti o attenuanti, dovevano essere applicate all’importo di base dell’ammenda, determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione, e non al risultato dell’attuazione di una prima maggiorazione o riduzione per effetto di una circostanza aggravante o attenuante.

79      Il Tribunale ha poi constatato, al punto 522 della sentenza impugnata, che, mentre la Commissione ha adeguato l’importo dell’ammenda in funzione, da un lato, di due circostanze aggravanti e, dall’altro, di una circostanza attenuante, dall’importo definitivo dell’ammenda inflitta emergeva che la Commissione aveva applicato uno di questi due adeguamenti all’importo che risultava dall’applicazione di una prima maggiorazione o riduzione. Il Tribunale ha quindi rilevato che tale metodo di calcolo aveva l’effetto di modificare l’importo definitivo dell’ammenda che risulterebbe dall’applicazione del metodo indicato negli orientamenti.

80      Il Tribunale ha pertanto concluso, al punto 523 di tale sentenza, che la Commissione, senza fornire alcuna giustificazione, si era discostata dagli orientamenti per quanto riguarda il metodo di calcolo dell’importo finale dell’ammenda.

81      Di conseguenza, e come risulta dal punto 524 della detta sentenza, il Tribunale, in virtù della sua competenza anche di merito, ha applicato all’importo di base dell’ammenda inflitta al Groupe Danone l’aumento del 40%, determinato in funzione della circostanza aggravante connessa alla recidiva.

82      Pertanto, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, il Tribunale si è fondato esclusivamente sulle disposizioni degli orientamenti senza considerare altri elementi, circostanze o criteri di cui il Groupe Danone non avrebbe potuto prevedere l’esame.

83      Ne discende che è infondata la censura attinente ad una violazione dei diritti della difesa da parte del Tribunale.

84      Pertanto, la prima parte del quinto motivo non può essere accolta.

Sulla seconda parte del motivo, attinente alla violazione del principio di irretroattività delle disposizioni repressive più severe

 Argomenti delle parti

85      Il Groupe Danone sostiene che, riformando il metodo di calcolo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, il Tribunale ha fondato il suo ragionamento su un chiarimento degli orientamenti da esso stesso effettuato in sentenze pronunciate successivamente all’adozione della decisione controversa.

86      La Commissione contesta il fatto che il Groupe Danone abbia potuto avere dubbi sulle modalità di esame delle circostanze attenuanti che potevano essere applicate per il calcolo dell’importo dell’ammenda. Infatti, come avrebbe dichiarato il Tribunale, dagli orientamenti risulterebbe che la riduzione per circostanze attenuanti è calcolata a partire dall’importo di base. Senza essere vincolato dagli orientamenti, il Tribunale avrebbe scelto tale metodo, nella sua valutazione del carattere appropriato dell’importo dell’ammenda.

 Giudizio della Corte

87      Occorre ricordare anzitutto che il principio di irretroattività delle norme penali è un principio comune a tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e fa parte integrante dei principi generali del diritto di cui il giudice comunitario deve garantire l’osservanza (v. sentenza 10 luglio 1984, causa 63/83, Kirk, Racc. pag. 2689, punto 22).

88      In particolare, l’art. 7, n. 1, della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, stipulata a Roma il 4 novembre 1950, che consacra in particolare il principio di previsione legale dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), può opporsi all’applicazione retroattiva di una nuova interpretazione di una norma che descrive un’infrazione (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 217).

89      Ciò avviene, in particolare, nel caso si tratti di un’interpretazione giurisprudenziale il cui risultato non era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui l’infrazione è stata commessa, alla luce, in particolare, dell’interpretazione vigente a quell’epoca nella giurisprudenza relativa alla disposizione legale in questione (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 218).

90      Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte emerge che il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per diversi tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 17, se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica comunitaria della concorrenza, ma che, al contrario, l’efficace applicazione delle norme comunitarie della concorrenza implica che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 227).

91      Pertanto, le imprese coinvolte in un procedimento amministrativo che può dare luogo ad un’ammenda non possono riporre un legittimo affidamento in un metodo di calcolo delle ammende (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 228).

92      Ne consegue che un metodo di calcolo delle ammende come quello adottato dal Tribunale nella sentenza impugnata era ragionevolmente prevedibile per un’impresa come il Groupe Danone all’epoca in cui sono state commesse le infrazioni di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 231).

93      Pertanto, il Tribunale non ha violato il principio di irretroattività.

94      La seconda parte del quinto motivo è quindi infondata.

95      Dalle considerazioni che precedono risulta che il ricorso del Groupe Danone dev’essere respinto integralmente.

 Sulle spese

96      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto dell’art. 118 del regolamento medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Groupe Danone è rimasto soccombente e la Commissione ne ha chiesto la condanna alle spese, esso dev’essere condannato alle spese del presente giudizio.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il Groupe Danone è condannato alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.

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