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Document 62006CC0195

Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 24 maggio 2007.
Kommunikationsbehörde Austria (KommAustria) contro Österreichischer Rundfunk (ORF).
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundeskommunikationssenat - Austria.
Libera prestazione dei servizi - Esercizio delle attività televisive -Direttive 89/552/CEE e 97/36/CE - Nozioni di "televendita" e di "pubblicità televisiva" - Gioco a premi.
Causa C-195/06.

Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-08817

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:303

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

DÁMASO RUIZ-JARABO COLOMER

presentate il 24 maggio 2007 1(1)

Causa C‑195/06

Kommunikationsbehörde Austria (KommAustria)

contro

Österreichischer Rundfunk (ÖRF)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundeskommunikationssenat (Austria)]

«Trasmissione televisiva – Direttiva 89/552 nel testo di cui alla direttiva 97/36 – Interpretazione dell’art. 1, lett. c) e f) – Nozione di “pubblicità televisiva” e di “televendita” – Gioco d’azzardo per partecipare al quale è necessario comporre un numero telefonico a pagamento»





I –    Introduzione

1.     Al giorno d’oggi, il marketing si impone ed imperversa ovunque. Tutti i mezzi mediatici diffondono spot pubblicitari, offerte promozionali, affari convenienti. I giornali, il cinema, la televisione, la radio, Internet, perfino il telefono, elogiano le qualità di un qualsiasi prodotto, incitando l’utente ad acquistarlo, prospettandogli di agevolargli la vita o di renderlo più felice, anche a rischio di saturarne la capacità di recepire tali messaggi o di aggredirlo (2). La comparsa della pubblicità ha fomentato lo sviluppo del commercio moderno (3), che ha superato il suo ambito locale o nazionale, espandendosi fino a creare un mercato mondiale e interdipendente. La loquacità dei ciarlatani, dei venditori ambulanti, degli imbroglioni, degli inventori di elisir, di unguenti contro il dolore o degli scopritori di erbe prodigiose, degli imbonitori, dei distributori di lozioni per far crescere i capelli o di panacee, dei venditori di chincaglierie e dei ricettatori di ogni sorta, quando elogiavano i loro articoli nei mercati e nelle fiere del passato, è stata sostituita da campagne pubblicitarie che raggiungono milioni di consumatori (4).

2.     Probabilmente, unitamente alla rete informatica mondiale, la televisione offre il mezzo più provocatorio per diffondere i messaggi pubblicitari, sia per l’intensità, sia per la capacità di penetrazione e di stimolazione. Tale circostanza spiega la preoccupazione sottesa alla direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (5), nota come direttiva «televisione senza frontiere», che disciplina l’attività pubblicitaria, sottoponendola ad una serie di norme e di criteri considerati indispensabili, lasciando ai paesi dell’Unione la facoltà di stabilire norme più rigorose (ventiseiesimo ‘considerando’).

3.     Al contempo, la televisione apre una finestra attraverso la quale la vita, reale o immaginaria, entra in tutte le case, insieme al commercio, permettendo l’acquisto di beni e servizi senza dover scendere in strada. Le televendite proliferano in numerose emittenti, aprendo un importante mercato cui la Comunità non poteva voltare le spalle; per tale motivo, la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE (6) ha modificato la direttiva 89/552, al fine di disciplinare tale fenomeno e di assicurare la tutela del consumatore, mediante il controllo della forma e del contenuto delle trasmissioni dedicate alla televendita, per distinguerle dalla mera pubblicità televisiva (trentaseiesimo e trentasettesimo ‘considerando’ della direttiva 97/36).

4.     In tale contesto, sulla base dell’art. 234 CE, il Bundeskommunikationssenat (Consiglio superiore federale per la comunicazione) dell’Austria, sottopone alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione delle nozioni di «pubblicità televisiva» e di «televendita», impiegate, rispettivamente, all’art. 1, lett. c) e lett. f) della direttiva 89/552, nel testo di cui alla direttiva 97/36. Il detto organo nazionale solleva tali questioni interpretative, poiché la controversia a qua verte sulla corretta classificazione di uno spazio televisivo, incorporato in una trasmissione di maggiore ampiezza quanto alla sua durata ed ai suoi contenuti, in cui si invitano i telespettatori a partecipare ad un gioco componendo un numero telefonico a pagamento (7).

II – Contesto normativo

A –    Diritto comunitario

5.     La direttiva 89/552 intende eliminare gli ostacoli alla libera emissione ed alla libera circolazione delle informazioni e delle idee nella Comunità attraverso la televisione. Considerato che, abitualmente, tali ostacoli nascono dalle disparità tra le normative nazionali in materia, la direttiva è volta al loro coordinamento, stabilendo disposizioni minime (nono, undicesimo e tredicesimo ‘considerando’). Per tale ragione, l’art. 3, n. 1, riconosce agli Stati membri la facoltà di esigere dagli organismi nazionali di radiodiffusione il rispetto di norme più rigorose o più particolareggiate di quelle previste dalla direttiva.

6.     A termini dell’art. 1, lett. c), della suddetta direttiva, per «pubblicità televisiva» s’intende «ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro compenso o pagamento analogo da un’impresa pubblica o privata nell’ambito di un’attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro compenso, di beni o di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni».

7.     La lett. f) della medesima disposizione afferma che per «televendita» s’intendono «le offerte dirette trasmesse al pubblico allo scopo di fornire, dietro pagamento, beni o servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni».

8.     A tenore dell’art. 10 (8), sia la pubblicità televisiva che le televendite devono essere chiaramente riconoscibili e nettamente distinte dal resto della programmazione con mezzi ottici e/o acustici (n. 1); gli spot pubblicitari e di televendita isolati devono costituire eccezioni (n. 2), mentre la pubblicità e le televendite subliminali o clandestine sono vietate (nn. 3 e 4).

9.     Gli artt. 18 e 18 bis (9) limitano il tempo di trasmissione degli spot pubblicitari e delle finestre di televendita, indicando percentuali massime di tempo, quotidiane o orarie.

B –    Normativa austriaca

1.      Normativa organica sul Bundeskommunikationssenat

10.   Tale ente, posto alle dipendenze della Cancelleria federale, è stato istituito dal Bundesgesetz über die Einrichtung einer Kommunikationsbehörde Austria und eines Bundeskommunikationssenates (10) (legge federale relativa all’istituzione di un organo per le comunicazioni Austria e di un Consiglio superiore federale per le telecomunicazioni; in prosieguo: il «KOG») con funzioni di controllo sulle decisioni della Kommunikationsbehörde Austria (organo austriaco per le telecomunicazioni; in prosieguo: la «KommAustria») e sull’Österreichischer Rundfunk (ente austriaco di radiodiffusione; in prosieguo: l’«ÖRF»).

11.   L’art. 11, n. 2, del KOG attribuisce al detto organo la competenza a pronunciarsi, in qualità di ultima istanza amministrativa, sui ricorsi avverso le decisioni della KommAustria, eccezion fatta per la materia penale.

12.   Contro le decisioni del Bundeskommunikationssenat è ammesso ricorso giurisdizionale dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (11) (tribunale amministrativo) (art. 11, n. 3, del KOG).

13.   I cinque membri che lo compongono, di cui tre sono magistrati (tra i quali viene scelto il presidente), hanno un mandato di sei anni, prorogabile; i motivi di rimozione sono stabiliti per legge dall’art. 12 del KOG, che garantisce la loro indipendenza, dichiarandoli svincolati da ordini o indicazioni esterne.

14.   Agli effetti del procedimento, l’art. 14 del KOG rinvia all’Allgemeines Verwaltungsverfahrensgesetz (12) (legge sul procedimento amministrativo; in prosieguo: l’«AVG»).

2.      La legge sulla radiodiffusione

15.   A termini dell’art. 47, n. 1, del Bundesgesetz über den Österreichischen Rundfunk (13) (legge federale relativa alla radiodiffusione austriaca; in prosieguo: l’«ÖRF‑Gesetz»), tale strumento normativo intende dare recepimento alla direttiva 89/552, come modificata dalla direttiva 97/36.

16.   L’art. 13, n. 1, consente all’ÖRF di assegnare, nell’ambito della sua attività di programmazione e dietro corrispettivo, periodi di trasmissione per pubblicità commerciale, definendo quest’ultima con le stesse parole utilizzate dall’art. 1, lett. c), della direttiva televisione senza frontiere.

17.   Il n. 2, vieta la concessione di spazi per le televendite, che vengono definite con termini identici a quelli impiegati dall’art. 1, lett. f), della detta direttiva.

18.   Infine, il n. 3 riproduce esattamente, solo per la parte riguardante la pubblicità, l’art. 10, n. 1, della direttiva medesima.

III – Fatti, causa principale e questioni pregiudiziali

19.   Nel corso del programma «Quiz Express», trasmesso dall’ÖRF il 1° aprile 2005, il presentatore, nel momento in cui sullo schermo appariva in sovraimpressione un numero telefonico per l’accesso ad un servizio a pagamento, invitava il pubblico a partecipare ad un gioco a premi (in tedesco, «Gewinnspiel»), componendo tale numero telefonico. La società prestatrice del servizio telefonico percepiva un importo di EUR 0,70 per ciascuna chiamata, versandone all’ÖRF una percentuale (14).

20.   Il gioco era diviso in tre parti: nella prima parte, in modo puramente casuale, una sola telefonata entrava in diretta; nella seconda parte, il fortunato doveva rispondere alle domande rivoltegli dal presentatore; l’ultima parte dava nuovamente spazio alla fortuna, consentendo ai telespettatori che non erano stati selezionati di partecipare ad un sorteggio settimanale.

21.   La KommAustria presentava denuncia contro l’ÖRF dinanzi al Bundeskommunikationssenat, deducendo la violazione dell’art. 13, n. 2, della ÖRF‑Gesetz, in quanto alcuni minuti della detta trasmissione sarebbero stati dedicati alla televendita.

22.   Per poter risolvere tale controversia, il detto organo riteneva di dover sospendere il procedimento e sottoponeva alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 1, lett. f), della direttiva 89/552 (…) debba essere interpretato nel senso che sono da considerarsi “televendite” le trasmissioni, o parti di trasmissioni, in cui l’emittente televisiva offre ai telespettatori la possibilità di partecipare, componendo immediatamente numeri telefonici speciali – quindi a pagamento – ad un gioco a premi organizzato dalla detta emittente.

2)      Qualora la prima questione sia risolta in senso negativo, se l’art. 1, lett. c), della direttiva 89/552 (…) debba essere interpretato nel senso che sono da considerarsi “pubblicità televisiva” i messaggi diffusi in trasmissioni, o parti di trasmissioni, in cui l’emittente televisiva offre ai telespettatori la possibilità di partecipare, componendo immediatamente numeri telefonici speciali – quindi a pagamento – ad un gioco a premi organizzato dalla detta emittente».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

23.   La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta nella cancelleria della Corte di giustizia il 27 aprile 2006. L’ÖRF, la Commissione, al pari dei governi italiano e portoghese, hanno presentato osservazioni scritte; i rappresentanti dell’ÖRF e della Commissione sono intervenuti all’udienza del 29 marzo 2007 per svolgere osservazioni orali. All’udienza hanno assistito anche il governo del Regno Unito e la KommAustria.

V –    Sulla competenza della Corte di giustizia

24.   La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è la prima che il Bundeskommunikationssenat propone alla Corte di giustizia, motivo per cui ritengo opportuno verificare se tale organo possieda i requisiti di un «organo giurisdizionale» agli effetti dell’applicazione dell’art. 234 CE. Lo stesso organo austriaco, nell’ordinanza di rinvio, considera necessario giustificare il proprio status e, a tal fine, svolge taluni argomenti che vengono poi condivisi dalla Commissione nelle proprie osservazioni scritte.

25.   Al fine di stabilire se un determinato organo possieda carattere giurisdizionale, la Corte di giustizia si è limitata, fino ad ora, a fornire alcuni criteri di orientamento quali l’origine legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, l’indipendenza dei suoi membri, il carattere contraddittorio del procedimento attraverso il quale opera, la natura giurisdizionale delle decisioni e il fatto che applichi norme giuridiche (15).

26.   In via di principio, il Bundeskommunikationssenat riassume tali caratteristiche, alla luce dei seguenti elementi:

a)      La sua origine legale è indubbia, giacché è stato istituito con il KOG, come non vi sono dubbi quanto al suo carattere permanente e stabile, come si evince dall’art. 11 della medesima legge, che gli attribuisce il compito di controllare la KommAustria e di tutelare giuridicamente l’ÖRF.

b)      L’intervento di tale organo non è facoltativo ma obbligatorio, poiché esso si pronuncia sui ricorsi avverso le decisioni della KommAustria, con l’eccezione di quelli di rilevanza penale.

c)      Appare altresì indiscussa l’indipendenza di tale consiglio superiore audiovisivo dal punto di vista funzionale: esso è formato da cinque membri che includono tre magistrati (tra i quali viene eletto il presidente ed un vicepresidente), e che esercitano le loro funzioni senza ricevere istruzioni né ordini dall’esterno (16). I membri di tale organo sono nominati dal cancelliere federale, su proposta del governo, con un mandato di sei anni, rinnovabile.

d)      Il procedimento dinanzi a tale organo consente il dibattito in contraddittorio, poiché le parti svolgono i rispettivi argomenti (art. 37 dell’AVG), anche in occasione dell’udienza, che viene disposta d’ufficio o su richiesta (art. 39, n. 2, dell’AVG). L’amministrazione espone per iscritto le motivazioni a sostegno della propria posizione (art. 38 dell’AVG), citando i testimoni e i periti a comparire in udienza con gli interessati (artt. 40 e 41 dell’AVG), dove sono garantiti i diritti della difesa (art. 43, n. 3, dell’AVG).

e)      Infine, è altresì indiscutibile il fatto che la decisione finale sia conforme ai principi giuridici.

27.   Ciononostante, non dobbiamo lasciarci ingannare dalle apparenze. Nelle conclusioni del 28 giugno 2001, relative alla causa De Coster (17), ho sostenuto che l’atteggiamento della Corte di giustizia rispetto alla suddetta nozione di organo giurisdizionale di uno Stato membro ha generato una giurisprudenza eccessivamente flessibile e priva della necessaria coerenza, per cui suggerisco un mutamento di rotta radicale che porti a seguire percorsi più severi e decisi, i quali, ricollegandosi alla ragion d’essere dello strumento pregiudiziale, incrementino una produttiva cooperazione tra giudici.

28.   Con tale spirito, nelle suddette conclusioni ho suggerito che, come regola generale, vengano ricondotti alla nozione di cui all’art. 234 CE unicamente gli organi facenti parte del potere giudiziario di ciascuno Stato membro, allorché esercitino funzioni propriamente giurisdizionali includendo, a titolo d’eccezione, quegli organi che, pur senza far parte dell’ordinamento giudiziario, costituiscano organi inappellabili nel sistema giuridico interno, sempreché soddisfino le condizioni enunciate dalla giurisprudenza e, in particolare, quella relativa all’indipendenza ed al carattere contraddittorio del procedimento.

29.   In base a tale interpretazione più restrittiva, ritengo che il Bundeskommunikationssenat debba rimanere escluso dalla suddetta nozione di organo giurisdizionale, poiché è estraneo all’ordinamento giudiziario austriaco.

30.   È pur vero che il detto organo rientra nella categoria degli «organi collegiali con carattere giurisdizionale» (18), cui si riferisce l’art. 133, n. 4, della Costituzione austriaca (19), dei quali io stesso, in una causa precedente, ho ammesso il carattere giurisdizionale (20).

31.   Ciononostante, l’attribuzione del carattere giurisdizionale a livello dell’ordinamento interno, sebbene costituisca un indizio, non può rivelarsi determinante (21). Tuttavia, tenendo presente che, come ho avuto modo di sostenere nelle menzionate conclusioni nella causa De Coster, la nozione di organo giurisdizionale dev’essere delimitata in conformità del diritto comunitario in funzione delle esigenze strutturali proprie di quest’ultimo, occorre maggior rigore nell’esame della natura del Bundeskommunikationssenat per verificare se essa effettivamente risponda alle condizioni richieste per instaurare il dialogo pregiudiziale.

32.   Da un’analisi più accurata emerge che, a differenza degli altri organi menzionati all’art. 133 della Costituzione austriaca, come l’Oberster Patent-und Markesenat nella causa Häupl, le cui decisioni non sono impugnabili né in via amministrativa né giudiziale, le decisioni del Bundeskommunikationssenat possono essere riesaminate dal Verwaltungsgerichtshof.

33.   Tale peculiarità si spiega in base a ragioni storiche. Prima dell’adozione del KOG, la disciplina della radiodiffusione in Austria, conformemente al Regionalradio-Gesetz (legge relativa alla radiodiffusione regionale), era di competenza della Privatrundfunkbehörde (autorità per la radiodiffusione privata), istituito come organo collegiale ai sensi dell’art. 133, n. 4, della Costituzione e le cui decisioni non erano impugnabili dinanzi al Verwaltungsgerichtshof. Orbene, il Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale), con sentenza 29 giugno 2000 (22) ha dichiarato l’incostituzionalità della Privatrundfunkbehörde, ritenendo inammissibili, alla luce del menzionato art. 133, n. 4, l’immunità dal controllo giurisdizionale e la concezione di tale organismo quale unica istanza amministrativa. Tale sentenza, allineandosi alla giurisprudenza (23), ha accolto un’interpretazione restrittiva della possibilità di istituire organi collegiali, giacché essa implica una deroga puntuale al principio generale che assoggetta ogni attività amministrativa al sindacato di legittimità, motivo per cui deve essere giustificata caso per caso, esigenza questa che non risultava soddisfatta nel caso della Privatrundfunkbehörde. Per conformarsi a tale sentenza si è reso necessario modificare l’art. 13 del Regionalradio-Gesetz, prevedendo la possibilità di ricorrere dinanzi al Verwaltungsgerichtshof; tuttavia, le restanti disposizioni sono rimaste immutate. Chiamata nuovamente ad intervenire, la Corte costituzionale austriaca ha ritenuto che il vizio persisteva, poiché la circostanza che la Privatrundfunkbehörde agisse in via amministrativa come istanza esclusiva risultava incompatibile con i principi costituzionali (24). Il legislatore è dovuto intervenire, istituendo il Bundeskommunikationssenat, organo amministrativo di riesame, e lasciando aperta la possibilità del ricorso giurisdizionale dinanzi al Verwaltungsgerichtshof, impianto che è stato finalmente approvato dalla Corte costituzionale (25).

34.   Orbene, il controllo sulle decisioni del Bundeskommunikationssenat esercitato da un giudice per il contenzioso amministrativo cambia il panorama e osta alla qualificazione di quest’ultimo come organo giurisdizionale ai sensi dell’art. 234 CE.

35.   Il rischio di inconvenienti causati dall’intromissione di un’autorità amministrativa nel dialogo tra i giudici, che ho illustrato nei paragrafi 75‑79 delle conclusioni nella causa De Coster, appare evidente. Per quanto alto possa essere il livello tecnico giuridico di tale organo amministrativo, resta il fatto che il Verwaltungsgerichtshof, in sede di controllo della decisione amministrativa emanata successivamente alla risposta pregiudiziale della Corte di giustizia, potrebbe ritenere errato il rinvio a Lussemburgo o ritenere che esso avrebbe dovuto vertere su altri aspetti. Se tale organo dovesse giungere alla conclusione che non si discute né dell’interpretazione né dell’applicazione di norme dell’ordinamento giuridico comunitario, la domanda di pronuncia pregiudiziale e gli sforzi compiuti per risolverla sarebbero stati inutili, con la conseguente delegittimazione della Corte, le cui pronunce verrebbero rese superflue. Qualora ritenesse che la questione avesse dovuto essere diversamente formulata, il medesimo organo risulterebbe vincolato dalla questione realmente sottoposta alla Corte e dalla relativa sentenza, dovendosi ritenere probabile che, per ragioni di economia processuale, propenderebbe per rinunciare ad un altro rinvio pregiudiziale, accontentandosi di una consultazione in ambito amministrativo e di una risposta viziata all’origine, che avrebbe l’effetto di alterare la realizzazione di un autentico «dialogo tra giudici».

36.   L’intromissione di un organo amministrativo nella cooperazione giudiziaria di cui all’art. 234 CE mi appare sempre cosa grave, poiché la partecipazione di tale organo, anche se animato dalle migliori intenzioni, altera il procedimento. Nelle conclusioni nella causa De Coster (note 36 e 98) ho spiegato come la formulazione di una questione pregiudiziale possa determinare l’emananda soluzione da parte della Corte di giustizia, ragion per cui è importante assicurare il carattere puramente giurisdizionale dei soggetti che cooperano nell’ambito del rinvio pregiudiziale. Se la questione provenisse da un’istanza amministrativa, un eventuale successivo ricorso a livello giurisdizionale risulterebbe condizionato fin dall’origine, per i termini in cui la questione è stata risolta o per il momento in cui è stata formulata, talché l’organo giurisdizionale autentico si sentirebbe privato della facoltà di utilizzare il rinvio pregiudiziale; infatti, anche qualora, in teoria, risultasse opportuno rivolgere una nuova questione alla Corte, ciò imporrebbe alle parti un’ulteriore dilazione, intollerabile per un’amministrazione della giustizia già lenta di per sé.

37.   Tali riflessioni spiegano perché è opportuno ammettere al dialogo pregiudiziale gli organi non giurisdizionali solo nel caso in cui le decisioni di questi ultimi siano esenti da un successivo controllo giurisdizionale, vale a dire quando esprimano l’ultima parola per l’ordinamento nazionale, contesto in cui viene facilitato il loro accesso al rinvio pregiudiziale, allo scopo di scongiurare il rischio di lasciare scoperti alcuni settori del diritto comunitario dall’intervento uniformatore della Corte di giustizia.

38.   I recenti sviluppi della giurisprudenza (26) mostrano una maggior attenzione nella caratterizzazione degli elementi distintivi della nozione di organo giurisdizionale, specialmente con riferimento all’indipendenza, rivelando una posizione vicina a quella che ho esposto nelle conclusioni relative alla causa De Coster. Così, nella sentenza Schmid (27) la Corte di giustizia si è dichiarata incompetente a risolvere le questioni sottopostele dal Berufungssenat V der Finanzlandesdirektion (V sezione di ricorso della direzione finanziaria regionale) di Vienna, Austria meridionale e Burgenland, mentre nella sentenza Syfait e a. (28) è stato ritenuto ammissibile un rinvio pregiudiziale operato dall’Epitropi Antagonismou (commissione ellenica per la concorrenza).

39.   Tale tendenza appare evidente se si considera che, in passato, la Corte di giustizia ha risolto questioni sottopostele da organi simili a quelli menzionati, come i tribunali economico-amministrativi spagnoli (29) e il Tribunal de Defensa de la Competencia, anch’esso spagnolo (30).

40.   La mia posizione è rimasta immutata dal tempo delle conclusioni nella causa De Coster, motivo per cui, non soltanto per esigenze di coerenza, ma per piena convinzione, ritengo che al Bundeskommunikationssenat non spetti la qualifica di organo giurisdizionale ai sensi dell’art. 234 CE e propongo pertanto alla Corte di giustizia di dichiararsi incompetente a rispondergli.

41.   Nutro la speranza che i giudici cui mi rivolgo si persuadano dei meriti della proposta che ho formulato nell’ambito della causa De Coster; tuttavia, nell’eventualità in cui la mia tesi non dovesse essere seguita, passo ora ad analizzare, in subordine, il contenuto sostanziale della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, al fine di adempiere l’ufficio che mi è stato attribuito di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità ed in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle questioni sottoposte alla Corte di giustizia (art. 222 CE, secondo comma).

VI – Analisi in subordine delle questioni pregiudiziali

A –    Impostazione

42.   Il Bundeskommunikationssenat chiede alla Corte di giustizia di precisare le nozioni di «televendita» e di «pubblicità televisiva» nel diritto comunitario, per poter qualificare lo spot inserito nella trasmissione «Quiz Express». Qualora rientrasse nella nozione di televendita, tale spot sarebbe vietato in Austria, giacché, basandosi sul disposto di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva 89/552, l’art. 13, n. 2, dell’ORF‑Gesetz vieta tale tipo di trasmissioni commerciali, con la conseguenza che la posizione della KommAustria sarebbe corretta. Qualora, al contrario, lo si ritenesse destinato all’autopromozione, si applicherebbero parametri diversi, dato che la pubblicità televisiva è ammessa, sempreché sia chiaramente riconoscibile come tale e nettamente distinta dal resto del programma con mezzi ottici e/o acustici (art. 13, n. 3, della medesima legge).

43.   L’organo amministrativo remittente non formula, peraltro, i propri interrogativi in astratto, ma con riferimento ad un genere di intrattenimento che non è facile da qualificare; infatti, l’art. 1, lett. c) e f) della direttiva «televisione senza frontiere» inquadra tanto l’attività pubblicitaria quanto la televendita nell’ottica della fornitura di beni e servizi. Occorre pertanto accertare se la trasmissione controversa proponga una prestazione di servizi (indubbiamente non risponde alle caratteristiche di un’offerta di beni), motivo per cui è necessario verificare anzitutto se essa configuri gli estremi del gioco d’azzardo, e, in caso affermativo, comprenderne l’effettiva portata, per poi qualificarla come televendita ovvero come pubblicità televisiva.

44.   Ciononostante, prima di proseguire, dobbiamo scartare una terza possibilità, sottesa alle questioni formulate dal Bundeskommunikationssenat, vale a dire che non si tratti di pubblicità o di televendita, bensì di una semplice emissione sussumibile alla nozione di «trasmissione televisiva» di cui all’art. 1, lett. a), della direttiva de qua.

B –    Il «Gewinnspiel» controverso non è un quiz televisivo

45.   In tale contesto risultano illuminanti le osservazioni presentate dal governo italiano nella fase scritta del procedimento pregiudiziale. Diversamente da un quiz di domande e risposte che si svolge in uno studio televisivo, in cui i protagonisti, ossia il conduttore del gioco e i concorrenti, si trovano faccia a faccia, mentre il pubblico (sia quello presente in studio che il pubblico a casa) ha un ruolo meramente passivo, il «Gewinnspiel» della ÖRF è un passatempo in cui il giocatore, fino a qualche istante prima mero telespettatore, si trova all’altro capo del telefono, mentre gli altri telespettatori nutrono l’aspettativa di diventare protagonisti del gioco e di ottenere una ricompensa.

46.   Tale struttura pone in evidenza il fatto che, mentre in un programma di «quiz» di stampo tradizionale la televisione è un mezzo utilizzato per trasmettere il gioco che si svolge in studio, allo scopo di intrattenere il pubblico, il mini programma dell’ÖRF cerca di attrarre l’interessato con la prospettiva della vincita immediata di un premio, qualora la telefonata abbia la fortuna di venire selezionata ed egli risponda esattamente alle domande che gli vengono rivolte, ovvero, in seconda battuta, partecipando ad un’estrazione settimanale di premi.

47.   Tuttavia, la partecipazione al detto gioco implica il pagamento di una somma di denaro di cui beneficia l’emittente televisiva, i cui proventi crescono in proporzione al numero delle telefonate; per tale ragione, in linea di principio e restando ferma la possibilità di approfondire l’argomento in prosieguo, il programma di intrattenimento di cui trattasi nella causa principale è finalizzato a procurare all’ÖRF un finanziamento diretto. Si realizza, in tal modo, l’elemento del compenso, cui si riferisce l’art. 1, lett. c) e f), della direttiva 89/552.

48.   Infine, con tale spot di intrattenimento, l’ÖRF non manda in onda una «trasmissione televisiva» ai sensi dell’art. 1, lett. a), della citata direttiva, vale a dire, non trasmette un programma destinato al pubblico, ma utilizza la televisione in una funzione accessoria, sebbene rilevante, come strumento per procurarsi denaro.

49.   In tale contesto, come ho anticipato in precedenza, dobbiamo stabilire se tale funzione accessoria fornisca un servizio dietro compenso, indagine che ci impone di chiarire la natura della trasmissione in oggetto.

C –    Un gioco d’azzardo

50.   Ai paragrafi 92‑97 delle conclusioni nella causa Placanica e a. (31), ho analizzato il nesso intercorrente tra le nozioni di azzardo, gioco e diritto. Tali interrelazioni giustificano l’adozione di una legislazione comunitaria che sia in grado di tutelare l’individuo di fronte ai rischi per il patrimonio e per la salute legati alla passione per il gioco d’azzardo (32) e, al contempo, di salvaguardare gli interessi economici delle imprese e dei centri che offrono intrattenimenti di tal genere, una legislazione, in definitiva, in grado di garantire l’esercizio della libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi (33).

51.   L’ordinamento comunitario non contiene una nozione dettagliata del gioco d’azzardo, sebbene la giurisprudenza poc’anzi richiamata esamini le ripercussioni di quest’ultimo sull’instaurazione del mercato unico, evitando di definirlo. Ciononostante, il diritto comunitario riconosce che, dal punto di vista giuridico, la nozione di gioco d’azzardo evoca l’idea di una scommessa in denaro, il cui esito è affidato alla sorte (34).

52.   Partendo da tale indicazione, certamente vaga, possiamo elucubrare sulle innumerevoli varietà di giochi d’azzardo, poiché la fertilità della mente umana, quando si tratta di divertirsi e di competere, non conosce limiti (35). Tuttavia, individuo tre criteri che possono aiutarci a delineare tale nozione: il costo finanziario, l’incertezza ed il desiderio di vincere (36).

53.   L’incertezza del risultato è inerente al gioco d’azzardo, poiché l’elemento casuale sussiste in tutte le sue fasi, aggiungendo il condimento necessario per dare al gioco quel sapore irresistibile, e l’illusione di vincere un premio superiore al costo di partecipazione è l’esca che attrae il giocatore ingordo. Per di più, l’aspetto economico legittima l’intervento del diritto, volto a contenere tale fenomeno sociale: l’incidenza sul patrimonio delle persone appare un elemento indispensabile affinché l’ordinamento giuridico si occupi della materia (37). Un gioco senza scommesse, senza alcuna ripercussione sul capitale del giocatore, riguarderebbe esclusivamente la sfera privata di quest’ultimo, non richiedendo tutela giuridica.

54.   Senza dubbio, la casualità interviene nello spazio ritagliato all’interno della trasmissione «Quiz Express». La fortuna dei partecipanti si manifesta in due momenti: quando, tra le varie telefonate ricevute, ne viene selezionata una sola, che «dà diritto» al fortunato di parlare con il conduttore del programma; e al momento dell’estrazione settimanale, che permette agli altri concorrenti di aspirare ad un premio. L’abilità dello spettatore, le sue conoscenze o, semplicemente, la sua velocità di risposta, giocano un ruolo secondario nel tentativo di vincere.

55.   In sostanza, la volontà dello spettatore mentre compone il numero di telefono è già diretta a ricevere un premio, vuoi nel summenzionato primo momento, vuoi nel secondo momento, quello del sorteggio.

56.   Nel primo momento, il giocatore si impegna a pagare una somma (EUR 0,70) che, sebbene esigua, supera di gran lunga il costo di una normale telefonata in Austria, accettandolo nella speranza di ricevere un premio di valore stimato tra EUR 200 e 330 che compensi abbondantemente l’investimento effettuato.

57.   Di conseguenza, le particolari caratteristiche della prova inserita all’interno del programma «Quiz Express» inducono a qualificare la medesima come un gioco d’azzardo.

D –    Una prestazione di servizi

58.   Una volta constatato tale elemento, non vi sono difficoltà ad ammettere che l’ÖRF fornisce un servizio dietro compenso.

59.   La Corte di giustizia non ha esitato a qualificare l’organizzazione delle lotterie (sentenza Schindler) (38), l’esercizio, dietro compenso, di macchine da gioco (sentenza Läärä e a.) (39) nonché i giochi di sorte o d’azzardo (sentenza Anomar e a.) (40) come servizi ai sensi dell’art. 50 del Trattato CE (41).

60.   È pur vero che la Corte ha attribuito tale qualifica con riferimento ai giochi d’azzardo considerati in toto, praticati a titolo di attività autonoma e principale, nell’ambito dell’esame relativo a misure nazionali tendenti a limitarne l’esercizio, al fine di giustificare queste ultime alla luce di obiettivi quali la tutela dell’ordine sociale o la lotta contro la criminalità organizzata e la frode (42).

61.   Le pronunce poc’anzi richiamate non riguardano situazioni in cui l’esercizio del gioco si inserisce in un contesto di maggior ampiezza, come nella fattispecie oggetto della causa a qua, e come in quella esaminata nella sentenza Familiapress (43), collocata in uno scenario simile, in cui un settimanale tedesco, «Laura», distribuito in Austria, pubblicava cruciverba e indovinelli che i lettori dovevano risolvere, offrendo premi in denaro che sarebbero stati sorteggiati fra coloro che inviavano la risposta esatta. Non hanno certamente torto l’ÖRF e il governo tedesco quando sostengono che, secondo la detta sentenza, i sorteggi di tal genere, di scarso valore, non costituiscono un’attività economica autonoma, ma soltanto uno degli elementi, inter alia, del contenuto redazionale di una rivista (punto 23), e non rispondono pertanto alle caratteristiche della prestazione di servizi di cui all’art. 50 CE. Tuttavia, la Commissione rileva giustamente che tale valutazione voleva svincolarsi dalla giurisprudenza Schindler, elaborata nell’ambito del controllo di proporzionalità delle misure nazionali restrittive dei giochi d’azzardo su grande scala, come le lotterie.

62.   In sintesi, dalla giurisprudenza comunitaria non emergono elementi che ostino alla classificazione dello spot trasmesso dall’ÖRF come un gioco d’azzardo e, quindi, come un servizio.

63.   Prima di proseguire, occorre replicare ad un argomento sollevato dall’ÖRF nelle osservazioni scritte (punto 4) e sottolineare la non pertinenza del rilievo che la trasmissione «Quiz Express» viene ricevuta solo in Austria, poiché tale circostanza incide unicamente sull’applicazione dell’art. 49 CE, ma non agli effetti di negare a tale trasmissione una caratteristica che le è propria. Va tenuto presente che la direttiva «televisione senza frontiere» impiega i termini «prestazione di servizi» per qualificare un’attività e non per garantirne la libera circolazione. In altre parole, come emerge dal punto 27 della sentenza Läärä e a. (44), un servizio non cessa di essere tale poiché non oltrepassa le frontiere nazionali.

E –    Televendita versus pubblicità

64.   Ed ecco che arriviamo al nodo gordiano dell’attuale rinvio pregiudiziale, volto ad accertare se il gioco a premi inserito nel programma «Quiz Express» e, per estensione, l’intero programma, presentino le caratteristiche tipiche della televendita.

65.   L’art. 1, lett. f), della direttiva «televisione senza frontiere» menziona quattro elementi: (1) la trasmissione (2) di offerte dirette al pubblico (3) di beni o servizi (4) dietro pagamento.

66.   Sulla sussistenza del primo e degli ultimi due elementi nella fattispecie in esame non vi sono dubbi. È pacifico che il «Quiz Express» sia una trasmissione televisiva che propone un gioco a pagamento: chi chiama paga un prezzo (riscosso dall’ÖRF) per partecipare al gioco e fruire di tale servizio che consiste nell’aspirare ad una ricompensa in una delle due fasi del gioco.

67.   Siffatta proposta ricade nella nozione di «offerta diretta al pubblico», elemento che, peraltro, aiuta a distinguere la televendita dalla pubblicità, che ha lo scopo di promuovere e non di effettuare una fornitura di servizi.

1.      L’offerta diretta

68.   Nella sentenza RTI e a. (45) sono stati precisati i contorni di tale nozione, al fine di interpretare la direttiva 89/552 nella versione vigente prima che il suo testo contemplasse il fenomeno della televendita; tuttavia, l’idea della televendita era già implicita nell’art. 18, n. 3, che, nel disciplinare la durata massima di altre «forme di pubblicità», stabiliva che «le offerte fatte direttamente al pubblico ai fini della vendita, dell’acquisto o del noleggio di prodotti, oppure della fornitura di servizi, non devono superare un’ora al giorno».

69.   Il punto 31 della citata sentenza definisce le offerte fatte direttamente al pubblico come «messaggi promozionali di prodotti che possono essere direttamente ordinati per telefono, corrispondenza o videotext e consegnati ai telespettatori nel loro domicilio». Normalmente, l’editore espone in televisione i beni e i servizi in vendita, ne elogia le qualità e i vantaggi, indica il prezzo e le modalità di pagamento, facendo inoltre comparire sullo schermo, in sovraimpressione, i numeri di telefono, il sito web e le altre informazioni utili per effettuare l’ordine. Il regime contrattuale è lo stesso applicabile alla vendita a distanza (46) di cui alla direttiva 97/7/CE (47).

70.   Al contrario, la pubblicità televisiva esprime un’offerta «indiretta» poiché, sebbene, come la televendita, miri ad indurre il telespettatore ad acquistare i beni e i servizi reclamizzati, convincendolo attraverso la descrizione delle qualità degli stessi, la fase finale del negozio esula dagli obiettivi immediati della pubblicità, essendo infatti deferita ad un momento successivo, in cui il consumatore si rivolge al canale di distribuzione corrispondente per finalizzare l’acquisto.

71.   Di fatto, la televendita include un passaggio in più rispetto alla pubblicità, in quanto non si limita ad un annuncio, ma comprende la promozione e la vendita.

72.   Le suesposte considerazioni avvalorano la teoria secondo cui la trasmissione «Quiz Express» propone ai telespettatori di partecipare ad un gioco d’azzardo, fornendo loro le informazioni indispensabili per contattare l’operatore e andare in onda, e, ove essi non vi riescano, per partecipare al sorteggio settimanale, pagando una controprestazione, almeno indirettamente (48), mediante l’indicazione del numero telefonico speciale con un costo addizionale.

73.   Il conduttore del programma invita il telespettatore a prendere nota dei numeri indicati in sovraimpressione sullo schermo per partecipare al programma. La dimostrazione commerciale consiste nel valorizzare i premi in gioco. L’accettazione dell’invito avviene allorché l’utente digita il numero telefonico e i servizi dell’ÖRF raccolgono la chiamata, momento in cui, simultaneamente, scatta il processo di pagamento con il prezzo della telefonata che viene addebitato sulla bolletta telefonica del cliente il quale, in questo stesso istante, aspira a giocare in diretta ovvero acquista eventualmente il diritto di partecipare al sorteggio dei restanti premi.

74.   In tal senso, a tenore dell’art. 1, lett. f), della direttiva «televisione senza frontiere», la trasmissione controversa invita apertamente il pubblico ad acquistare un servizio dietro corresponsione di un prezzo, fornendogli tutti i dati necessari per concludere un contratto a distanza (49).

75.   Perciò, nulla vieta di classificare in astratto la trasmissione in esame come una modalità di televendita.

2.      Il peso specifico del gioco all’interno della trasmissione «Quiz Express»

76.   Tale elemento distintivo della televendita non opera peraltro in forma automatica. Se leggiamo le definizioni di televendita e di pubblicità televisiva di cui all’art. 1 della direttiva «televisione senza frontiere» in combinazione con le disposizioni del capitolo IV della medesima, si rileva una voluntas legis nel senso che tanto la pubblicità quanto la televendita siano riconoscibili e identificabili (art. 10), di guisa che possano essere inserite solo tra i programmi, ed eccezionalmente, anche nel corso di uno stesso programma, in modo tale che non ne siano pregiudicati l’integrità ed il valore – tenuto conto degli intervalli naturali dello stesso e delle sue parti autonome.

77.   Prima facie, il legislatore non contempla l’inserimento della pubblicità televisiva e della televendita in una trasmissione come quella di cui alla causa principale, omissione, questa, che spiega i dubbi dell’organo del rinvio in merito alla qualificazione esatta della stessa.

78.   Dobbiamo interrogarci sulla «quantità e la qualità dello spazio di televendita» all’interno di una trasmissione, al fine di attribuirle tale qualifica. Appare opportuno, a questo punto, riprendere l’orientamento accolto nella sentenza Familiapress, vale a dire considerare la rilevanza di tale attività per la produzione. Qualora abbia una funzione meramente secondaria – ossia, se costituisce un elemento aggiuntivo del programma al servizio dell’obiettivo di quest’ultimo –, la televendita si diluisce nel contenuto generale della trasmissione; quando, invece, la presenza della televendita ha maggior peso all’interno del programma, diventandone il leitmotiv, essa contagia il resto della trasmissione con il suo carattere particolare, trasformandola in una televendita. Tra i due estremi, come è ovvio, esistono situazioni intermedie.

79.   In sostanza, non spetta alla Corte di giustizia cimentarsi nell’impresa di acclarare la natura del gioco de quo; ancor meno se, come in questo caso, essa non dispone degli elementi di fatto necessari per esaminare la questione con garanzie di riuscita. Ciò premesso, la Corte può invece fornire all’organo del rinvio alcuni orientamenti, sebbene con la prudenza che ha raccomandato il rappresentante del Regno Unito all’udienza.

80.   La finalità del programma in cui si inserisce il mini concorso considerato fornisce il primo criterio di valutazione. Sembra evidente che quest’ultima cambia a seconda del fatto che il gioco sia inserito in un varietà televisivo, in uno spettacolo complessivamente finalizzato al divertimento del pubblico (50), al quale il mini concorso contribuisce, ovvero in una trasmissione di tutt’altro genere, che non presenta alcun elemento in comune con il detto gioco come, per esempio, un notiziario o un programma religioso (51). Tale valutazione esclude dalla nozione di televendita quelle situazioni in cui la partecipazione dei telespettatori, sebbene a pagamento e con la prospettiva di una ricompensa, è inserita nel palinsesto del programma per orientarne gli sviluppi, come accade nei «reality show» del tipo «Grande Fratello», «Operazione Trionfo» o «Mira quien baila» [Ballando con le stelle].

81.   Sulla stessa linea vi è un altro indizio, degno di rilievo, costituito dalla rilevanza economica diretta e indiretta del gioco all’interno dello spazio televisivo considerato. Con riguardo al primo aspetto, fornisce un importante criterio di valutazione la percentuale dei profitti dell’intero programma, pubblicità compresa, ascrivibili ai ricavi delle telefonate al detto numero speciale.

82.   Si deve ugualmente tenere conto dei segnali indiretti, come il tempo dedicato alla presentazione del gioco e a convincere i telespettatori a parteciparvi, componendo il numero telefonico indicato in sovraimpressione sullo schermo, così come il tempo dedicato a sorteggiare il fortunato che deve rispondere alle domande in diretta; vale a dire, lo sforzo impiegato per «vendere il prodotto». Gli artt. 18 e 18 bis della direttiva «televisione senza frontiere», che disciplinano la durata degli spot pubblicitari e di televendita, forniscono un metodo utile a tal fine.

83.   Per calcolare l’incidenza finanziaria del gioco in parola, la natura delle domande che vengono rivolte abitualmente ai telespettatori riveste un certo interesse, poiché, quanto più facili sono tali domande, maggiore è il numero dei potenziali concorrenti che vorranno partecipare, e maggiori saranno quindi i ricavi ottenuti attraverso tale canale di finanziamento.

84.   Ciò premesso, qualsiasi persona accorta individua facilmente se il gioco in oggetto sia volto all’intrattenimento del pubblico o semplicemente a procurare finanziamenti per la propria impresa audiovisiva, attraverso la vendita di un servizio.

85.   Infine, la percentuale dei telespettatori della trasmissione che compongono il numero di telefono indicato per partecipare al gioco, consente di intuire l’autentica natura del programma.

86.   Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di giustizia di risolvere la prima questione pregiudiziale nel senso che, a tenore dell’art. 1, lett. f), della direttiva 89/552, le trasmissioni o parti di trasmissioni in cui l’emittente televisiva inviti i telespettatori a partecipare ad un sorteggio, componendo direttamente un numero telefonico a pagamento, quindi, dietro corrispettivo, devono essere considerate quali forme di «televendita», qualora l’obiettivo principale delle stesse consista nel vendere la partecipazione al concorso. Sulla base di tale principio, il giudice nazionale dovrà prendere in considerazione i criteri illustrati ai paragrafi 77‑82 delle presenti conclusioni, vale a dire: a) l’obiettivo principale della trasmissione; b) il peso economico del gioco; c) il tempo ad esso dedicato; d) il numero di telespettatori che chiamano.

F –    Assenza, in ogni caso, dell’intento pubblicitario

87.   Nell’ipotesi in cui la prima domanda dovesse essere risolta in senso negativo, l’organo del rinvio chiede, in subordine, se i fatti di cui alla causa principale possano, in qualche modo, rientrare nella nozione di pubblicità televisiva, nella forma particolare dell’autopromozione, vale a dire come attività con cui l’emittente promuove i propri prodotti, servizi, programmi o canali (trentanovesimo ‘considerando’ della direttiva 97/36).

88.   Tale questione pregiudiziale presenta una differenza sensibile rispetto alla prima questione, non rilevata nelle osservazioni scritte, quanto alla sua portata sostanziale, poiché non si riferisce al programma controverso o a segmenti di esso, ma al messaggio vero e proprio, giacché una trasmissione non pubblicitaria può incorporare annunci di tal genere (52). Tale sfumatura è determinante ai fini della soluzione della questione in esame.

89.   Qualora si ritenesse che il programma «Quiz Express» non costituisca una forma di televendita, esso dovrebbe allora essere considerato quale trasmissione ricreativa (53). In tale contesto, i messaggi con cui vengono indicati il numero di telefono e le modalità di partecipazione al gioco non mirano a pubblicizzare quest’ultimo, ma a fornire informazioni indispensabili per chi intende partecipare e, quindi, per la produzione; per definitionem, le informazioni in tal modo fornite risultano utili al telespettatore solo nell’ambito della trasmissione attuale. In altre parole: quanto al messaggio recante il numero telefonico da comporre, si tratta di un’informazione inseparabile dalla trasmissione, intesa a facilitare lo svolgimento di quest’ultima e non già a promuovere un servizio complementare.

90.   In definitiva, il messaggio che compare in sovraimpressione sullo schermo durante la trasmissione «Quiz Express», indicando il numero telefonico da comporre per partecipare ad un gioco d’azzardo, non nasconde una finalità pubblicitaria, ragion per cui non può essere ricompreso nell’art. 1, lett. c), della direttiva «televisione senza frontiere».

VII – Conclusione

91.   Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di giustizia:

1)      di dichiararsi incompetente a risolvere le questioni pregiudiziali proposte dal Bundeskommunikationssenat austriaco, non essendo quest’ultimo un organo giurisdizionale ai sensi dell’art. 234 CE;

2)      in subordine, qualora la Corte dovesse ritenere il rinvio ammissibile, di dichiarare che:

«a)      ai sensi dell’art. 1, lett. f), della direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri concernenti l’esercizio delle attività televisive, nel testo di cui alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE, le trasmissioni o parti di trasmissioni in cui l’emittente televisiva inviti i telespettatori a partecipare ad un sorteggio, componendo direttamente un numero telefonico a pagamento, quindi, dietro corrispettivo, devono essere considerate quali forme di “televendita”, qualora l’obiettivo principale delle stesse consista nel vendere la partecipazione al concorso. Sulla base di tale principio, il giudice nazionale dovrà prendere in considerazione, tra gli altri, i seguenti criteri: a) l’obiettivo principale della trasmissione; b) il peso economico del gioco; c) il tempo ad esso dedicato; d) il numero di telespettatori che chiamano;

b)      il messaggio che appare in sovraimpressione sullo schermo nel corso di un programma televisivo, indicando i numeri di telefono per accedere ad un servizio a pagamento, che i telespettatori devono comporre per poter partecipare all’estrazione di un premio organizzata dall’emittente televisiva nel corso dello stesso programma, non persegue scopi pubblicitari bensì solo informativi, e non può essere pertanto ricompreso nell’art. 1, lett. c), della direttiva 89/552».


1 – Lingua originale: lo spagnolo.


2 – Beigbeder, F., 99 francs, Ed. Grasset, Parigi, 2000, denuncia che, per gli amanti della letteratura, la pubblicità è una delle peggiori catastrofi degli ultimi due millenni.


3 – Zola, E., Au bonheur des dames, Ed. Gallimard, collezione Folio, Parigi, 1980, pag. 480, condivide tale riflessione: «Fin dal mattino cresceva il brulichio. Nessun negozio, prima d’ora, aveva scosso la città con il fragore della pubblicità. Ora, i grandi magazzini Au Bonheur des dames spendevano quasi seicentomila franchi all’anno in cartelloni, annunci e pubblicità d’ogni genere; il numero dei cataloghi spediti ammontava a quattrocentomila, altri centomila franchi venivano investiti nell’esposizione della merce. Era la totale invasione dei giornali, delle affissioni, delle orecchie della gente, come se una gigantesca tromba di bronzo annunciasse fragorosamente ai quattro venti l’avvento delle grandi vendite e delle offerte» [trad. libera. Per la versione italiana, si può consultare «Al Paradiso delle signore», Rizzoli ed., 1959].


4 – Per esempio, il lancio pubblicitario del nuovo sistema operativo della società americana Microsoft è avvenuto attraverso 39 000 punti vendita dislocati in 45 paesi ed è costato 500 milioni di dollari (www.zdnet.fr/actualites/informatique).


5 – GU L 298, pag. 23.


6 – GU L 202, pag. 60.


7 – Tali abbonati ricevono dal prestatore del detto servizio di telecomunicazione una percentuale dell’importo fatturato per la chiamata.


8 – Nel testo risultante dalla direttiva 97/36.


9 – Sempre secondo il testo di cui alla direttiva 97/36.


10 – BGBl n. 32 del 2001.


11 – Tale tribunale, con sede a Vienna, svolge un controllo giurisdizionale sulla pubblica amministrazione. Esso si pronuncia sui ricorsi cosiddetti straordinari, in cui si esamina la legittimità dell’azione amministrativa, senza pronunciarsi sul fatto. Tale organo opera in qualità di giudice amministrativo di cassazione; esso si limita a operare quale garante della legalità elaborando la corretta interpretazione del diritto, ed è competente ad annullare gli atti amministrativi per violazione delle norme di diritto, sostanziali o processuali, nonché per eccesso o sviamento di potere, ma non a riesaminare il fatto.


12 – BGBl n. 51 del 1991.


13 – BGBl n. 83 del 2001, nel testo di cui al BGBl n. 159 del 2005.


14 – Nell’ordinanza di rinvio (punto 41) il Bundeskommunikationssenat fa presente che l’ÖRF non ha comunicato alcun dato in merito all’importo dei ricavi, tuttavia l’organo del rinvio dà per scontato che, grazie all’accordo in proposito con la società telefonica, l’ÖRF abbia ricavato cifre considerevoli.


15 – A titolo di esempio, v. sentenze 30 giugno 1966, causa 61/65, Vaassen-Göbbels (Racc. pag. 377); 17 settembre 1997, causa C‑54/96, Dorsch Consult (Racc. pag. I‑4961, punto 23), e 2 marzo 1999, causa C‑416/96, Nour Eddline El-Yassini (Racc. pag. I‑1209, punto 17).


16 –      La Costituzione austriaca garantisce l’indipendenza dei membri di tale organo che non appartengono alla magistratura; infatti l’art. 20, n. 2, afferma che «nel caso in cui, con legge federale o regionale, venga istituito un organo collegiale di ultimo grado le cui decisioni, secondo tale legge, non siano soggette a riforma o ad annullamento in via amministrativa e del quale faccia parte almeno un giudice, neppure gli altri membri del detto organo collegiale saranno soggetti ad istruzioni nell’esercizio della loro funzione».


17 – Da cui è scaturita la sentenza 29 novembre 2001, causa C‑17/00 (Racc. pag. I‑9445).


18 – In tedesco, «Weisungsfreie Kollegialbehörde mit richterlichem Einschlag».


19 – Tale norma esclude dalla competenza del Verwaltungsgerichtshof «le materie sulle quali spetti ad un organo collegiale decidere in ultima istanza, qualora, ai sensi della legge federale o regionale istitutiva di tale organo, i suoi membri includano per lo meno un magistrato; gli altri membri non siano sottomessi ad alcuna istruzione nell’esercizio delle loro funzioni; le decisioni di tale organo non possano essere annullate o riformate in via amministrativa, e, indipendentemente dalla circostanza che siano soddisfatte le precedenti condizioni, non sia espressamente ammessa l’impugnazione dinanzi al Verwaltungsgerichtshof».


20 – Conclusioni del 26 ottobre 2006, causa C‑246/05, Häupl, non ancora decisa con sentenza, con riferimento all’Oberster Patent-und Markensenat (organo superiore in materia di marchi e brevetti).


21 – La varietà degli organi collegiali in Austria e l’eterogeneità delle norme che ne disciplinano l’istituzione ed il funzionamento consigliano di astenersi da qualsiasi deduzione automatica. La Corte di giustizia ha ritenuto ammissibili, in passato, le questioni pregiudiziali proposte da alcuni di tali organi: la sentenza 15 gennaio 1998, nella causa C‑44/96, Mannesmann Anlagebau Austria e a. (Racc. pag. I‑73), ha risposto al Bundesvergabeamt (Ufficio federale per l’aggiudicazione degli appalti), senza esaminare il suo status di organo giurisdizionale; la sentenza 4 febbraio 1999, causa C‑103/97, Köllensperger e Atzwanger (Racc. pag. I‑1551), ha riconosciuto tale qualità al Tiroler Landesvergabeamt (Ufficio per i ricorsi in materia di appalti del Land Tirolo), al pari della sentenza 18 giugno 2002, causa C‑92/00, HI (Racc. pag. I‑5553), nel caso del Vergabekontrollsenat (commissione di controllo delle aggiudicazioni) del Land di Vienna.


22 – G175/95, VfSlg. 15.886.


23 – Sentenza 24 febbraio 1999 (B1625/98-32, VfSlg. 15.427).


24 – Sentenza 13 giugno 2001 (G141/00, VfSlg. 16.189).


25 – Sentenza 25 settembre 2002 (B110/02 e.al., VfSlg. 16.625).


26 – Come ho sottolineato nelle conclusioni della causa in cui è stata pronunciata la sentenza 30 marzo 2006, C‑259/04, Emanuel (Racc. pag. I‑3089, paragrafo 26).


27 – Sentenza 30 maggio 2002, causa C‑516/99 (Racc. pag. I‑4573).


28 – Sentenza 31 maggio 2005, causa C‑53/03 (Racc. pag. I‑4609).


29 – Sentenza 21 marzo 2000, cause riunite da C‑110/98 a C‑147/98, Gabalfrisa e a. (Racc. pag. I‑1577).


30 – Sentenza 16 luglio 1992, causa C‑67/91, Asociación Española de Banca Privada e a. (Racc. pag. I‑4785).


31 – Cause riunite C‑338/04, C‑359/04 e C‑360/04, definite con sentenza 6 marzo 2007 (Racc. pag. I‑1891).


32 – Nelle conclusioni del 13 febbraio 2007, relative alla causa C‑374/05, Gintec (non ancora decisa con sentenza) ho richiamato l’attenzione sui rischi per la sanità pubblica connessi all’impiego di metodi come il gioco d’azzardo per la propaganda di medicinali (paragrafo 72).


33 – Nella sentenza 6 novembre 2003, causa C‑243/01, Gambelli e a. (Racc. pag. I‑13031), è stato dichiarato che una normativa nazionale – nella specie quella italiana – che ponga il divieto, penalmente sanzionato, di esercitare attività nel settore del gioco d’azzardo nei confronti di chi non possieda una concessione o un’autorizzazione di pubblica sicurezza rilasciata dallo Stato, costituisce una restrizione ad entrambe le dette libertà (punto 59 e dispositivo). Tale giudizio é stato confermato nella sentenza Placanica e a. (punto 71 e dispositivo).


34 – L’art. 1, n. 5, lett. d), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CEE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (GU L 178, pag. 1), esclude dal suo ambito di applicazione «i giochi d’azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse».


35 – Huizinga, J., in Homo ludens, Ed. Alianza, Madrid, 1990, sostiene che la cultura umana nasce e si sviluppa nel gioco. Egli spiega che, quando ci si rese conto che il nominativo homo sapiens non si addiceva tanto a tale specie come si era creduto all’inizio, perché, in fondo, l’essere umano non è poi così razionale come pensavano con ingenuo ottimismo nel secolo XVIII, si è aggiunta all’uomo la qualifica di homo faber. Tuttavia, secondo l’autore, quest’ultima definizione è ancor meno appropriata della prima, poiché è detta di molti animali. Di conseguenza, egli propone di aggiungere il nome di homo ludens, in quanto, sebbene vi siano anche molti animali che giocano, la funzione del gioco è altrettanto fondamentale di quella del fabbricare e tutto il comportamento dell’uomo non sarebbe altro che uno svago.


36 – Nella sentenza 24 marzo 1994, causa C‑275/92, Schindler (Racc. pag. I‑1039), è stata descritta l’attività di esercizio della lotteria come le prestazioni effettuate dall’organizzatore della lotteria facendo partecipare gli acquirenti dei biglietti ad un gioco che offre loro una speranza di vincita, garantendo a tal fine la raccolta delle poste, l’organizzazione di estrazioni a sorte, la determinazione e il versamento dei premi. Il corrispettivo di queste prestazioni è costituito dal prezzo del biglietto (punti 27 e 28).


37 – Tale tesi è sottesa ai paragrafi 95‑98 delle mie conclusioni relative alle cause riunite Placanica e a., già richiamate in precedenza.


38 – Sentenza Schindler, cit. supra, (punti 19, 25 e 34).


39 – Sentenza 21 settembre 1999, causa C‑124/97, Läärä e a. (Racc. pag. I‑6067, punti 18 e 27).


40 – Sentenza 11 settembre 2003, causa C‑6/01, Anomar e a. (Racc. pag. I‑8621, punti 48 e 52).


41 – Per riferimenti più dettagliati rinvio al paragrafo 97 delle mie conclusioni nella causa Placanica e a.


42 – Ai punti 14 e 15 della sentenza 14 ottobre 1999, causa C‑67/98, Zenatti (Racc. pag. I‑7289) vengono elencati alcuni di questi obiettivi.


43 – Sentenza 26 giugno 1997, causa C‑368/95 (Racc. pag. I‑3689).


44 – Nella sentenza è stato rilevato: «[p]er quanto riguarda, in secondo luogo, le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi, esse, come statuito dalla Corte nella sentenza Schindler riguardo all’organizzazione delle lotterie, si applicano ad un’attività consistente nel permettere agli utenti di partecipare, a pagamento, ad un gioco a scopo di guadagno. Pertanto, tale attività rientra nel campo di applicazione dell’art. 59 del Trattato [divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE] se almeno uno dei prestatori è stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui il servizio viene offerto».


45 – Sentenza 12 dicembre 1996, cause riunite C‑320/94, C‑ 328/94, C‑329/94, C‑338/94 e C‑339/94 (Racc. pag. I‑6471).


46 – Retterer, S., Le télé-achat: une vente aux apparences publicitaires protégée des réglementations nationales, «Droit de la consommation», Ed. Juris-Classeur, hors série, dicembre 2000, pag. 306.


47 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU L 144, pag. 19).


48 – Non risulta che venga indicato il costo della telefonata.


49 – L’art. 2, n. 1, della direttiva 97/7, definisce i contratti a distanza nei seguenti termini: «qualunque contratto avente per oggetto beni o servizi stipulato tra un fornitore e un consumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impieghi esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso».


50 – Bastano pochi minuti di «zapping» televisivo per stufarsi di trasmissioni sportive e di varietà in cui si invitano i telespettatori a giocare e a vincere un premio, senza che ciò intacchi la vera natura del programma.


51 – Tale principio risulta dall’art. 11, n. 5, della direttiva «televisione senza frontiere» che vieta di iserire la pubblicità e le televendite durante la trasmissione di funzioni religiose, nonché durante i notiziari, i documentari e i programmi per bambini di durata inferiore a trenta minuti.


52 – La Commissione ha indicato tale possibilità ai punti 21 e 41 della sua comunicazione interpretativa relativa a taluni aspetti delle disposizioni della direttiva «televisione senza frontiere» riguardanti la pubblicità televisiva (GU 2004, C 102, pag. 2), nel menzionare i mini spot e lo schermo diviso, che consiste nella diffusione simultanea o parallela del contenuto redazionale e del contenuto pubblicitario.


53 – Ai precedenti paragrafi 41‑44 ho evidenziato le difficoltà inerenti alla qualificazione del «Gewinnspiel» di cui alla causa principale come concorso televisivo.

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