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Document 62006CC0001
Opinion of Advocate General Trstenjak delivered on 6 March 2007. # Bonn Fleisch Ex- und Import GmbH v Hauptzollamt Hamburg-Jonas. # Reference for a preliminary ruling: Finanzgericht Hamburg - Germany. # Agriculture - System of export refunds on agricultural products - Regulation (EEC) No 3665/87 - Furnishing of proof of export of the products - Production of equivalent proof - Article 47(3) - Recognition by the authorities of their own motion as equivalent proof of documents not accompanied by an express reasoned request for them to be regarded as equivalent - Not applicable to direct export - National procedural rules - Obligations of the competent national authorities. # Case C-1/06.
Conclusioni dell'avvocato generale Trstenjak del 6 marzo 2007.
Bonn Fleisch Ex- und Import GmbH contro Hauptzollamt Hamburg-Jonas.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Finanzgericht Hamburg - Germania.
Agricoltura - Regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli - Regolamento (CEE) n. 3665/87 - Produzione della prova dell’esportazione dei prodotti - Produzione della prova equivalente - Art. 47, n. 3 - Riconoscimento d’ufficio come prova equivalente di documenti giustificativi non collegati ad una domanda espressa di riconoscimento dell’equivalenza - Non applicazione all’esportazione diretta - Modalità procedurali nazionali - Obblighi che incombono alle autorità nazionali competenti.
Causa C-1/06.
Conclusioni dell'avvocato generale Trstenjak del 6 marzo 2007.
Bonn Fleisch Ex- und Import GmbH contro Hauptzollamt Hamburg-Jonas.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Finanzgericht Hamburg - Germania.
Agricoltura - Regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli - Regolamento (CEE) n. 3665/87 - Produzione della prova dell’esportazione dei prodotti - Produzione della prova equivalente - Art. 47, n. 3 - Riconoscimento d’ufficio come prova equivalente di documenti giustificativi non collegati ad una domanda espressa di riconoscimento dell’equivalenza - Non applicazione all’esportazione diretta - Modalità procedurali nazionali - Obblighi che incombono alle autorità nazionali competenti.
Causa C-1/06.
Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-05609
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:137
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
VERICA TRSTENJAK
presentate il 6 marzo 2007 1(1)
Causa C‑1/06
Bonn Fleisch Ex-und Import GmbH
contro
Hauptzollamt Hamburg-Jonas
[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Hamburg (Germania)]
«Esportazione – Regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli – Art. 47, n. 3, del regolamento (CEE) n. 3665/87 – Produzione della prova dell’avvenuta esportazione dei prodotti – Produzione di una prova equivalente – Riconoscimento d’ufficio come prova equivalente di documenti non collegati ad una domanda espressa di riconoscimento dell’equivalenza»
I – Introduzione
1. Il presente procedimento pregiudiziale riguarda, da un lato, il problema se l’organismo nazionale competente, nell’ambito della procedura di concessione delle restituzioni all’esportazione di cui all’art. 47, n. 3, del regolamento (CEE) della Commissione 27 novembre 1987, n. 3665, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli (2) (in prosieguo: il «regolamento n. 3665/87»), sia obbligato a riconoscere anche d’ufficio l’equivalenza di documenti di altro tipo qualora l’esportatore, a causa di circostanze a lui non imputabili, non possa produrre l’esemplare di controllo T 5, e, dall’altro lato, la questione se un esportatore possa presentare domanda di riconoscimento dell’equivalenza ex art. 47, n. 3, del citato regolamento anche in via cautelativa mediante comportamento concludente.
2. Le suddette questioni, concernenti l’interpretazione dell’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87, sono sorte nell’ambito di una lite pendente dinanzi al Finanzgericht Hamburg tra la Bonn Fleisch Ex- und Import GmbH (in prosieguo: la «Bonn Fleisch») e l’Hauptzollamt [Ufficio doganale centrale] di Hamburg-Jonas (in prosieguo: l’«Hauptzollamt»), in cui oggetto di controversia è la legittimità di alcune ingiunzioni con le quali si chiede il rimborso di una restituzione all’esportazione pagata in anticipo, in quanto la merce non sarebbe stata esportata fuori del territorio doganale della Comunità verso la Russia entro il termine di sessanta giorni.
II – Contesto normativo
A – Normativa comunitaria
3. Il regolamento n. 3665/87 – modificato tra l'altro dal regolamento della Commissione n. 1829/94 e, da ultimo, dal regolamento (CE) della Commissione n. 604/98 – fissava le modalità comuni di applicazione per le esportazioni dei prodotti agricoli per i quali sono concesse restituzioni. Tale regolamento è stato abrogato e sostituito dal regolamento (CE) della Commissione 15 aprile 1999, n. 800, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli (3), in vigore dal 1° luglio 1999.
4. L’art. 4, n. 1, del regolamento n. 3665/87 stabilisce quanto segue:
«Fatto salvo il disposto degli articoli 5 e 16, il pagamento della restituzione è subordinato alla presentazione della prova che i prodotti per i quali è stata accettata la dichiarazione di esportazione hanno, nel termine massimo di 60 giorni da tale accettazione, lasciato [senza subire lavorazioni] il territorio doganale della Comunità».
5. L’art. 6, n. 1, del regolamento n. 3665/87 stabilisce quanto segue:
«Se, prima di lasciare il territorio doganale della Comunità, un prodotto per il quale è stata accettata la dichiarazione di esportazione attraversa territori comunitari diversi da quello dello Stato membro nel cui territorio tale dichiarazione è stata accettata, la prova che il prodotto ha lasciato il territorio doganale della Comunità, viene fornita mediante presentazione dell’originale debitamente annotato dell’esemplare di controllo T 5 di cui all’articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2823/87».
6. L’art. 47 del regolamento n. 3665/87, collocato nel titolo 4 («Procedura di versamento della restituzione»), stabilisce quanto segue:
«1. La restituzione viene versata unicamente su richiesta scritta dell’esportatore dallo Stato membro nel cui territorio è stata accettata la dichiarazione d’esportazione.
(…)
2. La pratica relativa al versamento della restituzione o allo svincolo della cauzione deve essere presentata, salvo forza maggiore, entro 12 mesi dalla data di accettazione della dichiarazione d’esportazione.
3. Qualora l’esemplare di controllo T 5 di cui all’articolo 6 non venga restituito all’ufficio di partenza o all’organismo centrale entro tre mesi dal rilascio a causa di circostanze non imputabili all’esportatore, quest’ultimo può presentare all’organismo competente una domanda motivata di equivalenza.
I documenti giustificativi che devono corredare tale domanda comprendono:
a) se un esemplare di controllo è stato rilasciato per comprovare che i prodotti hanno lasciato il territorio doganale della Comunità:
– il documento di trasporto,
e
– un documento dal quale risulti che il prodotto è stato presentato a un ufficio doganale di un paese terzo ovvero uno o più dei documenti di cui all’articolo 18, paragrafi 1, 2 e 4;
(…)
Per la presentazione della prova [equivalente] si applica il disposto del paragrafo 4.
4. Se i documenti richiesti ai sensi dell’articolo 18 non hanno potuto essere presentati entro il termine indicato al paragrafo 2, sebbene l’esportatore si sia fatto parte diligente per procurarseli e inoltrarli entro il termine suddetto, allo stesso possono essere concessi termini di presentazione supplementari.
5. La domanda di equivalenza di cui al paragrafo 3, anche se non corredata dei documenti giustificativi, e la domanda di concessione di termini supplementari di cui al paragrafo 4, devono venir presentate entro i termini fissati al paragrafo 2».
7. L’art. 54, n. 1, primo trattino, del regolamento n. 800/1999 stabilisce che il regolamento n. 3665/87 continua ad applicarsi alle esportazioni per le quali le relative dichiarazioni sono state accettate prima che divenisse applicabile il detto regolamento n. 800/1999.
B – Normativa nazionale
8. Il regolamento tedesco 24 maggio 1996 sulle restituzioni all’esportazione (4) (in prosieguo: l’«AEVO») contiene la seguente disciplina in materia di restituzioni all’esportazione.
9. Dall'art. 1 dell’AEVO risulta che quest'ultimo è stato adottato per l’attuazione degli atti normativi emanati dalla Comunità europea in materia di restituzioni all’esportazione nell’ambito delle organizzazioni comuni di mercato e della disciplina del commercio.
10. Ai sensi dell’art. 3, n. 1, dell’AEVO (nella versione antecedente all’entrata in vigore del regolamento n. 800/1999), come documento ai sensi dell’art. 3, n. 5, del regolamento n. 3665/1987 (nella versione all’epoca in vigore) dev’essere utilizzato il modulo unico (dichiarazione di esportazione a fini di restituzione) all’uopo pubblicato dal Ministero federale delle Finanze nella raccolta normativa dell’Amministrazione finanziaria federale – Gazzetta ufficiale del Ministero federale delle Finanze – (VSF) alla voce «Dichiarazione di esportazione (foglio supplementare) per restituzioni comunitarie all’esportazione».
11. L’art. 4, nn. 1 e 2, dell’AEVO (nella versione antecedente all’entrata in vigore del regolamento n. 800/1999) stabilisce quanto segue:
«1. Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, la conferma dell’effettiva uscita della merce spedita dal territorio doganale della Comunità (conferma d’uscita) viene rilasciata nella dichiarazione di esportazione a fini di restituzione dall’ufficio doganale di uscita individuato ai sensi dell’art. 793, n. 2, del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 253, pag. 1) (versione vigente).
2. Nel caso di spedizioni di merci per le quali la dichiarazione di esportazione è stata accettata in un altro Stato membro dell’Unione europea, la conferma d’uscita viene rilasciata, ai fini dell’applicazione del presente regolamento, nell’esemplare di controllo T 5».
III – Fatti principali, procedimento a quo e questioni pregiudiziali
A – Fatti
12. Dinanzi al Finanzgericht Hamburg è pendente una lite tra la Bonn Fleisch e l’Hauptzollamt, concernente la legittimità delle ingiunzioni di restituzione emesse nei confronti della detta società.
13. La Bonn Fleisch, annunciando una successiva esportazione di merci verso la Russia, nel dicembre 1997 e nel gennaio 1998 faceva trasferire alcuni quantitativi di carne di manzo in regime di deposito doganale, ottenendo, conformemente alla propria richiesta, con quattro decreti di pagamento in data 21 e 23 gennaio 1998, una restituzione all’esportazione a titolo di anticipo per un importo pari a complessivi EUR 47 597,81.
14. In data 8 aprile 1998 la Bonn Fleisch presentava la dichiarazione di esportazione per la carne di manzo.
15. Il 9 aprile 1998, presso la stazione di spedizione di Mukran, il documento di trasporto veniva munito di una conferma di sdoganamento. All’udienza svoltasi dinanzi alla Corte la Bonn Fleisch ha sostenuto che da un documento rilasciato il 13 ottobre 2000 dall’ufficio doganale di Mukran risulta che i prodotti destinati all’esportazione erano stati regolarmente presentati a tale ufficio doganale.
16. In data non meglio precisata l’Ufficio doganale centrale di Stralsund, a cui fa capo l’Ufficio doganale di Mukran, spediva per posta la dichiarazione di esportazione all’Hauptzollamt. Consta tuttavia che tale dichiarazione di esportazione, necessaria per ottenere la restituzione all’esportazione, non si trova nel fascicolo amministrativo dell’Hauptzollamt. All’udienza svoltasi dinanzi alla Corte è stato affermato che presumibilmente il documento è andato perso durante la sua trasmissione tra uffici.
17. In base a quanto risulta dal documento di importazione della dogana russa, il 20 maggio 1998 la carne di manzo esportata dalla Bonn Fleisch veniva immessa in libera pratica nel territorio russo.
18. Il 13 luglio 1998 la Bonn Fleisch spediva all’Hauptzollamt il documento di trasporto munito della conferma di sdoganamento del 9 aprile 1998 e il documento di importazione della dogana russa datato 20 maggio 1998.
19. Il 21 luglio 1998 e il 18 novembre 1999 l’Hauptzollamt informava telefonicamente la Bonn Fleisch di non aver ricevuto la dichiarazione di esportazione con la conferma dell'avvenuta esportazione.
20. Il 23 giugno 2000 l’Hauptzollamt, mediante quattro ingiunzioni, chiedeva il rimborso della restituzione all’esportazione pagata in anticipo, maggiorata di un supplemento del 20 %, in quanto la Bonn Fleisch non avrebbe provato, per mezzo di una dichiarazione di esportazione munita della relativa conferma, l’effettiva esportazione al di fuori del territorio doganale della Comunità, entro il previsto termine di sessanta giorni, della merce che aveva beneficiato della restituzione. La Bonn Fleisch presentava opposizione contro queste quattro ingiunzioni. Essa motivava la propria opposizione sostenendo che la dichiarazione di esportazione viene automaticamente trasmessa all’Hauptzollamt all’interno della stessa amministrazione doganale. Inoltre, il regolamento n. 3665/1987 non fisserebbe alcun obbligo a carico dell’esportatore di presentare la dichiarazione di esportazione all’Hauptzollamt.
21. Nell’ulteriore corso del procedimento d’opposizione, il 2 novembre 2000 la Bonn Fleisch con una propria memoria faceva presente all’Hauptzollamt di aver trasmesso il documento di trasporto e il documento doganale di importazione in data 13 luglio 1998, vale a dire entro il termine di dodici mesi previsto dall’art. 47, n. 2, del regolamento n. 3665/87. Con la trasmissione di tali documenti sarebbe stata congiunta la domanda, espressa mediante comportamento concludente, di riconoscere tali documenti come prova equivalente dell’avvenuta esportazione della merce al di fuori del territorio doganale della Comunità, nel caso in cui la dichiarazione di esportazione non fosse pervenuta agli atti. In pari data la Bonn Fleisch presentava, in via cautelativa, domanda di riconoscimento dell’equivalenza del documento di trasporto e del documento doganale di importazione, trasmessi il 13 luglio 1998.
22. Tale domanda veniva respinta il 13 dicembre 2001 in quanto ritenuta tardiva ai sensi dell’art. 47, n. 5, del regolamento n. 3665/87. Nella motivazione del decreto di rigetto si esponeva che la domanda di riconoscimento dell’equivalenza avrebbe dovuto essere presentata espressamente e che l’Hauptzollamt non è tenuto a riconoscere d’ufficio l’equivalenza. Contro tale decreto e contro le ingiunzioni del 23 giugno 2000 la Bonn Fleisch presentava un ricorso in opposizione, che veniva respinto con decisione in data 20 febbraio 2003. Quest’ultimo provvedimento di rigetto è stato impugnato dalla Bonn Fleisch dinanzi al Finanzgericht Hamburg con ricorso del 20 marzo 2003.
B – Procedimento a quo e questioni pregiudiziali
23. Il giudice a quo, fondandosi sull’art. 4, n. 1, del regolamento n. 3665/87, ritiene che l’esportazione dei prodotti entro sessanta giorni dall’accettazione della dichiarazione di esportazione costituisca un presupposto sostanziale e che l’onere di allegazione e di prova dell’avvenuta esportazione gravi sull’esportatore.
24. A proposito dell’onere della prova, il giudice a quo rileva che l’art. 6 del regolamento n. 3665/87 dispone che – nel caso in cui la merce che beneficia della restituzione attraversi, prima di lasciare il territorio doganale della Comunità, territori comunitari diversi da quello dello Stato membro di esportazione (esportazione in transito o indiretta) – la prova dell’esportazione venga fornita mediante l’originale debitamente annotato dell’esemplare di controllo T 5. Il legislatore comunitario non avrebbe invece stabilito le modalità con le quali deve essere fornita la prova dell’esportazione in caso di esportazione diretta, come nella fattispecie in questione nel procedimento a quo. Per questo motivo il legislatore tedesco avrebbe colmato tale lacuna con l’art. 4, n. 1, dell’AEVO, in base al quale la conferma dell’avvenuta esportazione della merce al di fuori del territorio doganale della Comunità viene rilasciata nella dichiarazione di esportazione a fini di restituzione.
25. Il giudice a quo sottolinea, inoltre, che la particolarità del procedimento a quo consiste nel fatto che la Bonn Fleisch con lettera 13 luglio 1998 – vale a dire entro il termine di dodici mesi previsto dall’art. 47, n. 2, del regolamento n. 3665/87 – ha trasmesso sia il documento di trasporto che il documento di importazione della dogana russa. Da tali documenti si potrebbe indubbiamente desumere che la merce beneficiaria della restituzione ha lasciato il territorio doganale della Comunità entro sessanta giorni. Entrambi tali documenti, in effetti, potrebbero rilevare, in via di principio, quali documenti equivalenti ai sensi dell’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87. Il giudice a quo, pertanto, propende a ritenere che, in presenza di determinate condizioni, l’autorità competente possa prendere in esame il riconoscimento dell’equivalenza anche d’ufficio.
26. A parere del giudice a quo, l’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87, collocato nel titolo 4 di tale regolamento («Procedura di versamento della restituzione»), costituisce semplicemente una norma di natura procedurale, e non configura un presupposto sostanziale del diritto alla restituzione. Da tale disposizione non potrebbe dedursi che un riconoscimento d’ufficio dell’equivalenza debba essere escluso a priori.
27. A parere del giudice a quo, la domanda di riconoscimento dell’equivalenza può essere presentata solo espressamente. Tuttavia, secondo il detto giudice, ciò non esclude che nel singolo caso possa darsi rilievo ad una domanda proposta mediante comportamento concludente e in via cautelativa, qualora una corrispondente volontà dell’esportatore emerga chiaramente dalle circostanze di specie, in virtù della presentazione di altri documenti equivalenti i quali comprovino che la merce beneficiaria della restituzione è stata esportata entro i termini previsti fuori del territorio doganale della Comunità.
28. Il Finanzgericht Hamburg, nutrendo dubbi in ordine all’interpretazione dell’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87, ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le due seguenti questioni pregiudiziali:
«1. Se, ai sensi dell’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87, l’organismo competente sia autorizzato e obbligato a riconoscere l’equivalenza anche d’ufficio.
2. Se la domanda di riconoscimento dell’equivalenza di cui all’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87 possa essere presentata anche in via cautelativa mediante comportamento concludente».
IV – Analisi
A – Sulla prima questione pregiudiziale
1. Argomenti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte
29. Ad avviso della Bonn Fleisch la prima questione pregiudiziale deve essere risolta in senso affermativo. Tale soluzione affermativa si impone, a parere della Bonn Fleisch, alla luce della lettera e della ratio dell’art. 47, n. 3, del regolamento. Secondo la detta società, infatti, dalla lettera di tale disposizione non può desumersi che la domanda dell’esportatore costituisca l’unica modalità attraverso la quale si può ottenere il riconoscimento dell’equivalenza nel procedimento doganale. Inoltre, l’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87, tenuto conto di quanto affermato nel cinquantesimo ‘considerando’, mira a tutelare l’esportatore dai rischi connessi alla gestione amministrativa dell’esemplare di controllo – rischi di cui egli non ha notizia, che non sono a lui imputabili e sui quali non può in alcun modo intervenire.
30. L’Hauptzollamt propone di risolvere negativamente la prima questione. Esso ritiene, infatti, che sull’organismo competente non incomba alcun obbligo generale di verificare se i documenti trasmessi possano costituire documenti equivalenti ai sensi dell’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87. Una verifica in tal senso sarebbe subordinata ad una esplicita domanda.
31. Secondo la Repubblica ellenica, invece, l’organismo competente al versamento della restituzione può riconoscere d’ufficio l’equivalenza dei documenti qualora questi siano stati presentati dall’esportatore entro il termine di dodici mesi di cui all’art. 47 del regolamento n. 3665/87, e risultino altresì soddisfatti i presupposti sostanziali del diritto alla restituzione. In una siffatta ipotesi le stesse circostanze del caso di specie attesterebbero in termini chiari ed inequivoci che viene domandato il riconoscimento dell’equivalenza dei documenti presentati.
32. La Commissione è dell’avviso che l’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87 non possa essere applicato per analogiam al caso dell’esportazione diretta. All’udienza svoltasi dinanzi alla Corte, la Commissione ha affermato che nel caso di esportazione indiretta l’esportatore viene in contatto con almeno due sistemi amministrativi di diversi Stati membri. Poiché nel caso dell’esportazione indiretta vengono coinvolte le amministrazioni di più Stati membri e quindi anche più sistemi amministrativi, l’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87, è rivolto a prevenire le eventuali difficoltà che potrebbero sorgere nella gestione della pratica doganale da parte delle amministrazioni di più Stati membri.
33. Per contro, secondo la Commissione, il legislatore comunitario non ha ritenuto necessario prevedere un’analoga unificazione delle disposizioni procedurali dei singoli Stati membri anche nell’ipotesi di esportazione diretta. In caso di esportazione diretta mancherebbe infatti un elemento di collegamento a carattere transfrontaliero, sicché una disciplina al riguardo sarebbe sottoposta all’autonomia procedurale nazionale e, quindi, nel diritto tedesco sarebbe applicabile l’art. 4, n. 1, dell’AEVO. Tale interpretazione non sarebbe mutata nemmeno dopo il nuovo regolamento n. 800/1999.
34. Se, ciò nonostante, la Corte dovesse pervenire alla conclusione che l’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87 è applicabile per analogiam anche all’esportazione diretta, la Commissione sostiene in subordine la tesi che – tenuto conto del generale principio giuridico di legittimità dell’azione amministrativa – eventuali errori dell’autorità procedente non dovrebbero risolversi a danno dell’operatore economico, sicché l’esportatore dovrebbe avere la possibilità di dimostrare anche in altro modo che i prodotti sono stati esportati. L’autorità competente, pertanto, dovrebbe avviare d’ufficio la procedura di riconoscimento dell’equivalenza, oppure dovrebbe segnalare all’esportatore la mancanza del documento nazionale, oppure ancora dovrebbe prorogare il termine per la presentazione della documentazione prescritta.
2. Valutazione dell’avvocato generale
a) L’applicazione ratione materiae dell’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87 all’esportazione diretta
35. Benché secondo la più recente giurisprudenza le norme disciplinanti la procedura di versamento delle restituzioni prevedano mere formalità amministrative (5), queste devono essere osservate con lo stesso scrupolo riservato ai presupposti sostanziali. L’inosservanza di tali formalità, infatti, può comportare – al pari di quanto avviene in caso di mancato rispetto dei presupposti sostanziali – la riduzione o addirittura la perdita integrale della restituzione all’esportazione (6).
36. L’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87, a proposito dell’esemplare di controllo T 5, rinvia all’art. 6 del medesimo regolamento. Ai sensi dell’art. 6, n. 1, l’ambito d’applicazione dell’esemplare di controllo T 5 risulta limitato ratione materiae all’esportazione indiretta.
37. Il tratto caratteristico fondamentale di un’esportazione indiretta consiste nel fatto che il prodotto, per il quale è stata accettata la dichiarazione di esportazione, prima di lasciare il territorio doganale della Comunità attraversa territori comunitari diversi da quello dello Stato membro nel cui territorio tale dichiarazione è stata accettata.
38. L’esportazione diretta (7) non viene presa in considerazione dall’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87. Dai fatti della presente causa risulta chiaramente che la carne di manzo è stata esportata direttamente dalla Germania in Russia. I prodotti non hanno attraversato territori comunitari diversi da quello dello Stato membro nel cui territorio la dichiarazione di esportazione è stata accettata.
39. Si pone pertanto il quesito se debba essere negata l’applicazione dell’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87 in caso di esportazione diretta, oppure se l’art. 47, n. 3, di tale regolamento sia applicabile per analogia anche in tal caso.
40. Il silenzio dell’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87 riguardo all’ipotesi dell’esportazione diretta non va tuttavia inteso come una lacuna normativa. La procedura amministrativa relativa all’esportazione diretta e quella relativa all’esportazione indiretta si svolgono attraverso passaggi differenti, che non riguardano la medesima situazione. Nel caso dell’esportazione diretta, infatti, gli esportatori hanno a che fare soltanto con le autorità doganali di un unico Stato membro, nel senso che l’ufficio doganale di partenza e l’ufficio doganale di uscita si trovano nello stesso Stato membro.
41. Nel caso, invece, dell’esportazione indiretta, gli operatori economici vengono in contatto non solo con il sistema amministrativo dello Stato d’origine, ma anche con almeno un ulteriore sistema amministrativo di un altro Stato membro. Il medesimo esemplare di controllo T 5 passa per le mani di un ufficio doganale di uscita estero (cioè l’ufficio doganale di uscita di un altro Stato membro) e per quelle dell’organismo competente dello Stato d’origine. Il predetto ufficio doganale di uscita non consegna l’esemplare di controllo T 5 all’esportatore, ma lo trasmette all’organismo centrale dello Stato d’origine (8). Si deve pertanto ritenere che la ratio dell’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87 consista nel prevenire le difficoltà amministrative nelle quali possono imbattersi gli operatori economici a causa del fatto che la loro pratica doganale viene gestita dalle amministrazioni di più Stati membri.
42. Pertanto, occorre convenire con la Commissione che l’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87 non è applicabile per analogiam al caso dell’esportazione diretta di prodotti.
b) Sulla questione se l’organismo competente sia autorizzato e obbligato a riconoscere d’ufficio l’equivalenza
43. Tale questione concerne esclusivamente la prova dell’esportazione, e non i presupposti sostanziali di quest'ultima. Occorre ricordare che, secondo la dottrina, per ottenere il versamento della restituzione all’esportazione l’esportatore deve non soltanto soddisfare regolarmente i presupposti sostanziali all’uopo necessari, ma anche rispettare le relative condizioni procedurali (9).
44. In base al terzo ‘considerando’ (10), il pagamento di restituzioni all’esportazione è strettamente collegato alla prova dell’esportazione dei prodotti fuori della Comunità. La ratio legis consiste, pertanto, nell’esportazione dei prodotti al di fuori del territorio doganale della Comunità.
45. Nel caso dell’esportazione indiretta la prova viene fornita mediante la presentazione dell’esemplare di controllo T 5. In tal caso si tratta della prova originale dell’esportazione, fornita mediante la conferma dell’ufficio doganale di uscita (11). Poiché, tuttavia, il suddetto esemplare di controllo può andare perduto – indipendentemente dalla volontà dell’esportatore – nei passaggi tra gli uffici doganali dei vari Stati membri, il regolamento n. 3665/87 prevede la possibilità del riconoscimento dell’equivalenza di altri documenti, possibilità che, in base al quarantanovesimo ‘considerando’ del regolamento (cinquantesimo nella versione tedesca) (12), viene offerta all’esportatore per proteggerlo dai danni che possono sorgere a causa di errori nell’attività di servizio dell’autorità doganale. L’esportatore può, quindi, fornire la prova dell’esportazione servendosi della procedura di riconoscimento, e cioè presentando il documento di trasporto e il documento di importazione rilasciato dall’ufficio doganale di un paese terzo (13) entro il termine di dodici mesi. Occorre, tuttavia, sottolineare che tanto la domanda quanto il riconoscimento dell’equivalenza sono subordinati alla condizione che risultino soddisfatti i presupposti sostanziali dell’esportazione.
46. Se grazie a mezzi di prova diversi dalla prova formale risulta che sono soddisfatti i presupposti sostanziali del diritto alla restituzione all’esportazione, allora la contestazione della mancanza della prova formale, qual'è l’esemplare di controllo T 5, potrebbe dover essere considerata un mero cavillo formale, come tale inammissibile (14).
47. I presupposti sostanziali del diritto alla restituzione all’esportazione sono fissati dal legislatore comunitario. L’art. 4, n. 1, del regolamento n. 3665/87 impone che vengano provati due presupposti sostanziali del diritto alla restituzione all’esportazione, e cioè l’accettazione della dichiarazione di esportazione ed il fatto che la merce destinata all’esportazione abbia, nel termine massimo di sessanta giorni da tale accettazione, lasciato il territorio doganale della Comunità senza subire lavorazioni.
48. In caso di esportazione diretta la Germania richiede che la prova dei presupposti sostanziali del diritto alla restituzione all’esportazione venga fornita mediante un documento nazionale di esportazione. In siffatta ipotesi il relativo documento nazionale viene trasmesso dall’ufficio doganale nazionale di uscita direttamente all’organismo centrale nazionale, costituito, nel presente caso, dall’Hauptzollamt. In tal modo, anche nel caso di esportazione diretta i documenti sono sottratti alla sfera di controllo dell’esportatore.
49. Nella presente causa il legislatore tedesco, per regolare una situazione puramente interna, cioè l’esportazione diretta, rinvia, nel regolamento nazionale AEVO, al contenuto di una norma comunitaria (15). Benché le questioni sollevate nella presente causa riguardino l’esportazione diretta e, pertanto, l’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87 non trovi qui applicazione, i problemi interpretativi, al cui chiarimento mira il Finanzgericht remittente, concernono in sostanza il regime delle restituzioni all’esportazione disciplinato dal regolamento n. 3665/87.
50. Se le questioni sollevate dai giudici nazionali vertono sull’interpretazione di una norma di diritto comunitario, la Corte, secondo una costante giurisprudenza, è in linea di principio tenuta a pronunciarsi. Infatti, non risulta dal dettato dell’art. 234 CE, né dalle finalità del procedimento istituito da questo articolo che gli autori del Trattato abbiano inteso sottrarre alla competenza della Corte le domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su di una norma comunitaria nel caso specifico in cui il diritto nazionale di uno Stato membro rinvii al contenuto della norma in parola per determinare le norme da applicare ad una situazione puramente interna al detto Stato (16).
51. Infatti, quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne, a quelle adottate nel diritto comunitario, al fine, in particolare, di evitare che vi siano discriminazioni o eventuali distorsioni di concorrenza, esiste un interesse comunitario certo a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto comunitario ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate (17).
52. Competente per la procedura di riconoscimento dell’equivalenza è l’organismo centrale competente, nella specie l’Hauptzollamt. Tale procedura ha natura di procedimento amministrativo (18). Sotto tale profilo la presente causa si differenzia dalle cause riunite C‑430/93 e C‑431/93, in cui la Corte ha affrontato questioni relative ad un procedimento giudiziale nazionale (19).
53. Nella sentenza nelle cause riunite C‑430/93 e C‑431/93 era stata affrontata la questione se un giudice, per applicare d’ufficio le disposizioni comunitarie, debba rinunciare al principio dispositivo, alla cui osservanza è tenuto, esorbitando dai limiti della lite quale è stata circoscritta dalle parti e/o basandosi su fatti o circostanze diversi da quelli che la parte processuale che ha interesse all’applicazione delle disposizioni del Trattato ha posto a fondamento della propria domanda (20). Tale giurisprudenza, tuttavia, non può essere trasposta nella presente causa, giacché nella specie si tratta di un procedimento amministrativo doganale, che sottostà a parametri di legittimità diversi da quelli validi per un procedimento giudiziale.
54. Un procedimento amministrativo, qualora non sia espressamente stabilito altrimenti, può essere avviato sia d’ufficio che su domanda (21). La dottrina sottolinea che l’avvio d’ufficio del procedimento amministrativo va escluso soltanto nel caso in cui quest'ultimo possa essere avviato esclusivamente su domanda delle parti (22). Per questo motivo si deve condividere la tesi del giudice a quo secondo cui il riconoscimento d’ufficio dell’equivalenza non è escluso a priori.
55. Anche qualora il procedimento amministrativo sia stato avviato su domanda di parte, l’autorità amministrativa competente, in virtù del principio dell'iniziativa d'ufficio, deve attivarsi autonomamente per verificare se sussiste effettivamente la fattispecie rilevante ai fini della decisione (23). Il principio dell'allegazione di parte tipico del processo civile – in virtù del quale spetta alle parti del procedimento prospettare i fatti di causa, nella forma e nei limiti che a loro interessa, delimitando così l’oggetto del contendere e vincolando il giudice, che è tenuto a decidere secundum allegata et probata partium (sulla base delle allegazioni e delle prove fornite dalle parti) (24) – non vale all’interno di un procedimento amministrativo doganale. Sull’autorità competente grava invece l’obbligo di accertare i fatti rilevanti ai fini della decisione (25). Essa stabilisce il tipo e l'ampiezza delle indagini, ed in particolare anche se e quali mezzi di prova debbano essere utilizzati. I soggetti che partecipano al procedimento possono presentare richieste istruttorie, ma l’autorità non è vincolata ad esse. Infatti può sia respingere tali richieste, sia ricorrere ad altri mezzi di prova. Tuttavia, l'autorità non può procedere unilateralmente, ma è tenuta a considerare e prendere in esame tutte le circostanze rilevanti nel caso di specie (26).
56. È in questa prospettiva che occorre affrontare la questione dell’avvio della procedura di riconoscimento dell’equivalenza.
57. Il sistema di concessione delle restituzioni all’esportazione è caratterizzato, in particolare, dal fatto che l’aiuto comunitario è concesso solo a condizione che l’esportatore ne faccia domanda (27). Poiché il sistema è basato su dichiarazioni facoltative, l’esportatore che decide di propria volontà di beneficiarne deve fornire le pertinenti informazioni necessarie a dimostrare il diritto alla restituzione (28). Parimenti, l’art. 16, n. 1, seconda frase, dell’AEVO stabilisce che il richiedente deve esporre e provare i presupposti del suo diritto alla restituzione. Nondimeno, l’onere della prova in tali termini stabilito non incide per nulla sull’obbligo dell’ufficio doganale competente di accertare d’ufficio i fatti rilevanti ai fini della decisione.
58. Informazioni pertinenti ai sensi della citata giurisprudenza sono costituite dal documento di trasporto e dal documento di importazione rilasciato dall’ufficio doganale di un paese terzo qualora, a causa di circostanze non imputabili all’esportatore, l’esemplare di controllo T 5 o il documento doganale nazionale non si trovino nel fascicolo amministrativo. Con l’aiuto di tali documenti può essere facilmente dimostrato che i prodotti hanno lasciato il territorio doganale della Comunità e che sono stati presentati all’ufficio doganale di un paese terzo. In casi siffatti risultano soddisfatti i presupposti sostanziali del diritto alla restituzione all’esportazione. A seguito della trasmissione di tali documenti, pertanto, l’organismo competente può avviare d’ufficio la procedura di riconoscimento dell’equivalenza. Se l’esportatore trasmette i suddetti documenti, da un tale comportamento può desumersi, anche nell'ambito di una procedura standardizzata di massa, che, secondo la normale esperienza, egli intende fornire la prova dell’esportazione.
59. Ciò non significa, però, che gli esportatori possano presentare domande incomplete.
60. La nozione di prova in caso di esportazione diretta non è disciplinata a livello comunitario. In via di principio, pertanto, devono ritenersi ammissibili tutti i mezzi di prova consentiti dal diritto processuale tedesco in procedure analoghe. Spetta pertanto alle autorità nazionali, in una fattispecie come quella oggetto della causa principale, verificare, in base ai principi del loro diritto nazionale applicabili in materia di prove, se, nel caso concreto loro sottoposto, sia stata validamente offerta la prova dell’esportazione diretta (29). A mio avviso, il documento di trasporto munito della conferma di sdoganamento del 9 aprile 1998 ed il documento di importazione della dogana russa del 20 maggio 1998 costituiscono mezzi di prova idonei a dimostrare che sono stati soddisfatti i presupposti sostanziali del diritto alla restituzione.
61. Come ha giustamente rilevato il governo greco, i documenti equivalenti devono essere presentati entro il termine perentorio di dodici mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di esportazione ai sensi dell’art. 47, n. 2, del regolamento n. 3665/87.
62. Per questo motivo propongo alla Corte di risolvere la prima questione sollevata dal giudice a quo dichiarando che l’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3365/87 non è applicabile al caso dell’esportazione diretta di prodotti. Tuttavia, nel caso di esportazione diretta, l’organismo nazionale competente può avviare d’ufficio la procedura di riconoscimento dell’equivalenza di altri documenti, a condizione che risultino soddisfatti i seguenti presupposti minimi, ossia:
– la presentazione del documento nazionale di esportazione sia impossibile a causa di circostanze non imputabili all’interessato;
– le prove prodotte siano state presentate entro il termine di dodici mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di esportazione ai sensi dell’art. 47, n. 2, del regolamento n. 3665/87;
– i documenti prodotti provino senza alcun dubbio che sono soddisfatti i presupposti sostanziali per il versamento della restituzione all’esportazione. Tale prova certa può essere fornita mediante la presentazione del documento di trasporto e del documento doganale di un paese terzo.
B – Sulla questione se la domanda di riconoscimento dell’equivalenza possa essere presentata anche in via cautelativa mediante comportamento concludente
1. Argomenti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte
63. Secondo la Bonn Fleisch, la domanda di riconoscimento dell’equivalenza può essere presentata anche in via cautelativa mediante comportamento concludente. L’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87 non conterrebbe alcuna indicazione circa la forma in cui tale domanda deve essere presentata. Pertanto, sarebbe necessario soltanto che l’intenzione dell’esportatore di ottenere il riconoscimento dell’equivalenza risulti in termini sufficientemente chiari. Ad avviso della Bonn Fleisch, quindi, il regolamento n. 3665/87 non osta alla possibilità di presentare la domanda mediante comportamento concludente e in via cautelativa.
64. L’Hauptzollamt sostiene che per il riconoscimento dell’equivalenza c’è bisogno, in via generale, di una specifica domanda. In singoli casi particolari, tuttavia, una dichiarazione rilasciata congiuntamente alla trasmissione di documenti potrebbe essere intesa come domanda di riconoscimento presentata mediante comportamento concludente, ma in tal caso l’effettiva volontà del dichiarante dovrebbe essere inequivocabilmente accertabile in base al principio della buona fede e in base agli usi. Nel presente caso, invece, non risulterebbe possibile riconoscere una siffatta volontà. Da un lato, infatti, dalla trasmissione del documento di trasporto e del documento doganale del paese terzo non sarebbe possibile desumere se con essi si intendesse presentare anche domanda di riconoscimento dell’equivalenza. Dall’altro lato, occorrerebbe tener presente che la procedura per le restituzioni all’esportazione è una procedura standardizzata di massa, in cui si può procedere all’interpretazione delle dichiarazioni solo in presenza di fondati motivi. Secondo l’Hauptzollamt, pertanto, deve negarsi la possibilità di presentare la domanda in via cautelativa e mediante comportamento concludente attraverso la mera trasmissione dei predetti documenti.
65. Secondo la Grecia, se dai documenti presentati risulta univocamente il raggiungimento dello scopo perseguito dal regolamento, il fatto che l’esportatore non abbia presentato domanda espressa o formale di riconoscimento dell’equivalenza non può comportare il diniego di concessione a suo favore delle restituzioni all’esportazione, ove risultino soddisfatti i relativi presupposti sostanziali. A suo avviso, non va dimenticato che l’esportatore non può avere alcuna notizia certa circa il momento della spedizione dell’esemplare di controllo T 5 all’ufficio doganale di uscita o all’organismo pagatore. Pertanto, occorrerebbe riconoscere che l’esportatore, per tutelare i propri interessi, può, nel caso in cui non venga restituito l’esemplare di controllo T 5, presentare domanda di riconoscimento dell’equivalenza in via cautelativa.
66. La Commissione ribadisce la propria opinione secondo cui l’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87 non è applicabile al caso dell’esportazione diretta di prodotti.
2. Valutazione dell’avvocato generale
67. Dagli argomenti esposti dai soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte risulta che tra costoro non è controversa la possibilità teorica di presentare domanda di riconoscimento dell’equivalenza mediante comportamento concludente. Tra i suddetti soggetti vi è invece controversia su quali siano i presupposti che devono essere soddisfatti affinché l’organismo possa considerare un comportamento del richiedente quale domanda presentata in via cautelativa mediante comportamento concludente.
68. Anche una domanda di riconoscimento dell’equivalenza presentata mediante comportamento concludente costituisce una dichiarazione di volontà, il cui contenuto deve però essere ricostruito in via interpretativa. Nel diritto comunitario per l’interpretazione delle dichiarazioni di volontà si deve fare riferimento ai principi generali del diritto. Alcuni precetti attinenti ai principi generali del diritto in materia di interpretazione delle dichiarazioni di volontà possono essere desunti dal capitolo 5, intitolato «Interpretazione», dell’opera Principles of European Contract Law (Principi del diritto contrattuale comunitario) (30). Si tratta di un’opera che racchiude il nucleo comune del diritto contrattuale degli Stati membri.
69. In caso di presentazione di una domanda mediante comportamento concludente, il contenuto di tale domanda deve poter essere ricostruito in base alle circostanze della sua presentazione.
70. Nel diritto degli Stati membri, per indagare la volontà del dichiarante si fa prevalentemente ricorso ad una combinazione del metodo soggettivo e di quello oggettivo (31).
71. La componente soggettiva richiede, prima di tutto, che possa essere individuato lo scopo perseguito dalla parte con la propria dichiarazione di volontà. Nella presente causa un indizio fondamentale per l’individuazione dell’elemento soggettivo è costituito dalla domanda di versamento della restituzione all’esportazione. Se l’esportatore domanda la restituzione all’esportazione, corrisponde a normale esperienza il fatto che egli, a maiori ad minus, con tale domanda abbia presentato anche ogni ulteriore domanda accessoria necessaria per la concessione della restituzione all’esportazione. La procedura di riconoscimento dell’equivalenza costituisce un subprocedimento all’interno della procedura di versamento della restituzione all’esportazione, con il quale viene appurata la questione preliminare relativa all'avvenuta presentazione o meno delle prove necessarie per la restituzione all’esportazione. In mancanza di un corrispondente procedimento principale, tale subprocedimento di riconoscimento non può essere avviato né su domanda espressa né mediante comportamento concludente. Pertanto, costituisce requisito fondamentale per poter ritenere presente la componente soggettiva della presentazione della domanda il fatto che sia pendente una procedura per il versamento della restituzione all’esportazione e che la procedura di riconoscimento dell’equivalenza venga avviata all’interno del procedimento in corso per il pagamento della restituzione all’esportazione.
72. La componente oggettiva, di cui bisogna altresì tener conto, dà rilievo, ai fini dell’interpretazione, agli usi correnti, vale a dire a ciò che viene abitualmente praticato nel traffico giuridico ovvero a ciò che alla luce degli usi appare ragionevole ad un osservatore equanime (32).
73. La necessità del subprocedimento sorge dal fatto che il documento nazionale di esportazione ovvero l’esemplare di controllo T 5, a causa di circostanze non imputabili all’interessato, non è pervenuto nel fascicolo amministrativo dell’organismo competente. Il primo elemento oggettivo è dunque costituito dal fatto che il documento nazionale di esportazione ovvero l’esemplare di controllo T 5, a causa di circostanze non imputabili all’interessato, non si trova nel fascicolo amministrativo dell’organismo competente.
74. Il rispetto del termine di dodici mesi, entro il quale deve essere presentata la domanda di riconoscimento dell’equivalenza, costituisce un secondo elemento oggettivo, risultante dall’art. 47, n. 5, del regolamento n. 3665/87. Per tale ragione, una domanda presentata mediante comportamento concludente deve essere proposta entro tale termine.
75. In tale contesto, tanto la prova che i prodotti, nel termine di sessanta giorni dall’accettazione della dichiarazione di esportazione, hanno lasciato il territorio doganale della Comunità senza subire lavorazioni, quanto la prova che i prodotti sono stati presentati all’ufficio doganale di un paese terzo, debbono essere considerate idonee a dimostrare la sussistenza dei presupposti sostanziali del diritto alla restituzione.
76. Qualora risultino soddisfatte almeno queste quattro condizioni, appare ragionevole agli occhi di un osservatore o di un terzo equanimi, alla luce degli usi, che l’esportatore abbia chiesto in via cautelativa mediante comportamento concludente il riconoscimento dell’equivalenza in vista della restituzione all’esportazione.
77. Per questi motivi propongo alla Corte di risolvere la seconda questione dichiarando che nel caso di esportazione diretta, cui non è applicabile l’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87, la domanda di riconoscimento dell’equivalenza di altri documenti può essere presentata anche in via cautelativa mediante comportamento concludente, a condizione che siano soddisfatti i seguenti presupposti, vale a dire:
– sia stata previamente presentata domanda di versamento della restituzione all’esportazione ai sensi dell’art. 47, n. 1, del regolamento n. 3665/87;
– il documento nazionale di esportazione non si trovi nel fascicolo amministrativo dell’organismo competente a causa di circostanze non imputabili all’interessato;
– le prove prodotte siano state presentate entro il termine di dodici mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di esportazione ai sensi dell’art. 47, n. 2, del regolamento n. 3665/87;
– le prove presentate dimostrino che i prodotti, nel termine di sessanta giorni dall’accettazione della dichiarazione di esportazione, hanno lasciato il territorio doganale della Comunità senza subire lavorazioni e sono stati presentati all’ufficio doganale di un paese terzo.
V – Conclusione
78. Sulla base di quanto sopra considerato, propongo alla Corte di rispondere al Finanzgericht Hamburg nei seguenti termini:
1. Nel caso di esportazione diretta, cui non è applicabile l’art. 47, n. 3, del regolamento (CEE) della Commissione 27 novembre 1987, n. 3665, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli, l’organismo nazionale competente può avviare d’ufficio la procedura di riconoscimento dell’equivalenza di altri documenti, a condizione che risultino soddisfatti i seguenti presupposti minimi, ossia:
– la presentazione del documento nazionale di esportazione sia impossibile a causa di circostanze non imputabili all’interessato;
– le prove prodotte siano state presentate entro il termine di dodici mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di esportazione ai sensi dell’art. 47, n. 2, del regolamento n. 3665/87;
– i documenti prodotti provino senza alcun dubbio che sono soddisfatti i presupposti sostanziali per il versamento della restituzione all’esportazione. Tale prova certa può essere fornita mediante la presentazione del documento di trasporto e del documento doganale di un paese terzo.
2. Nel caso di esportazione diretta, cui non è applicabile l’art. 47, n. 3, del regolamento n. 3665/87, la domanda di riconoscimento dell’equivalenza può essere presentata anche in via cautelativa mediante comportamento concludente, a condizione che risultino soddisfatti i seguenti presupposti minimi, vale a dire:
– sia stata previamente presentata domanda di versamento della restituzione all’esportazione ai sensi dell’art. 47, n. 1, del regolamento n. 3665/87;
– il documento nazionale di esportazione non si trovi nel fascicolo amministrativo dell’organismo competente a causa di circostanze non imputabili all’interessato;
– le prove prodotte siano state presentate entro il termine di dodici mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di esportazione ai sensi dell’art. 47, n. 2, del regolamento n. 3665/87;
– le prove presentate dimostrino che i prodotti, nel termine di sessanta giorni dall’accettazione della dichiarazione di esportazione, hanno lasciato il territorio doganale della Comunità senza subire lavorazioni e sono stati presentati all’ufficio doganale di un paese terzo. Tale prova può essere fornita mediante la presentazione del documento di trasporto e del documento doganale di un paese terzo.
1 – Lingua originale: il tedesco.
2 – GU L 351, pag. 1.
3 – GU L 102, pag. 11.
4 – BGBl. I, pag. 766.
5 – Sentenza 14 aprile 2005, causa C‑385/03, Käserei Champignon Hofmeister (Racc. pag. I‑2297, punto 26).
6 – Così Reiche, K., «Das Zahlungsverfahren der Ausfuhrerstattung», in ZfZ 2006, pag. 110, commentando la sentenza Käserei Champignon Hofmeister, cit. alla nota 5. Nel prosieguo l’Autore analizza la reciproca interferenza tra aspetti sostanziali e aspetti procedurali all’interno della procedura di versamento della restituzione all’esportazione.
7 – Secondo Reiche, op. cit., pag. 111, si ha esportazione diretta quando il prodotto viene esportato in un paese terzo direttamente dal territorio dello Stato membro di esportazione.
8 – V. Reiche., op. cit., pag. 111, con rinvio agli artt. 912 e 912 quater, n. 4, del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 253, pag. 1). L’art. 912 quater, n. 4, del predetto regolamento così dispone: «L’ufficio di destinazione rispedisce l’originale dell’esemplare di controllo T 5 all’indirizzo indicato nella casella B “Da rispedire a” del formulario T 5 dopo aver espletato tutte le formalità e aver apposto le annotazioni richieste».
9 – Reiche, op. cit., pag. 110.
10 – Il terzo ‘considerando’ del regolamento n. 3665/87 è così formulato: «considerando che le norme generali adottate dal Consiglio dispongono che la restituzione venga pagata quando sia fornita la prova che i prodotti sono stati esportati fuori della Comunità (…)».
11 – Reiche, op. cit., pag. 111.
12 – Il quarantanovesimo ‘considerando’ del regolamento n. 3665/87 (cinquantesimo nella versione tedesca) enuncia quanto segue: «considerando che, in seguito a circostanze non imputabili all’esportatore, può darsi che l’esemplare di controllo non possa essere presentato anche se il prodotto ha lasciato il territorio doganale della Comunità o ha raggiunto una destinazione particolare; che una tale situazione può creare intralci al commercio; che in tali casi occorre riconoscere come equivalenti altri documenti».
13 – Reiche, op. cit., pag. 111. L’Autore segnala che nella procedura di riconoscimento vi è la possibilità di fornire di regola la prova dell’esportazione mediante il documento di importazione rilasciato dall’ufficio doganale di un paese terzo e la copia del documento di trasporto.
14 – Nello stesso senso Reiche, op. cit., pag. 116, il quale, dalla sua analisi della reciproca interferenza tra aspetti sostanziali e aspetti procedurali all’interno della procedura di versamento, conclude che la produzione della prova formale non deve essere confusa con un presupposto sostanziale della restituzione.
15 – In senso analogo, sentenza 8 novembre 1990, causa C‑231/89, Gmurzynska-Bscher (Racc. pag. I-4003, punto 25). In tale causa la Corte ha affermato la propria competenza ad interpretare il diritto comunitario in un caso in cui il diritto comunitario, per effetto del diritto di uno Stato membro, era applicabile al di fuori dell’ambito di applicazione stabilito dal diritto comunitario stesso. In tale causa la Corte ha statuito che né dai termini dell’art. 177 del Trattato CEE (ora art. 234 CE), né dallo scopo del procedimento stabilito da questo articolo emerge che gli autori del Trattato abbiano inteso escludere dalla competenza della Corte le domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su una disposizione di diritto comunitario nel caso particolare in cui il diritto nazionale di uno Stato membro rinvii al contenuto di questa disposizione per stabilire le norme da applicare ad una fattispecie meramente interna a detto Stato.
16 – Sentenza 16 marzo 2006, causa C‑3/04, Poseidon Chartering (Racc. pag. I‑2505, punto 15). In tale causa, che ha avuto origine nei Paesi Bassi, la Corte ha interpretato la direttiva del Consiglio 18 dicembre 1986, 86/653/CEE, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati Membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti (GU L 382, pag. 17). Il legislatore olandese ha trasposto tale direttiva nel diritto nazionale mediante gli artt. 428‑445 del Burgerlijk Wetboek (codice civile). L’art. 7:428, n. 1, del citato codice civile prevede quanto segue: «Il contratto di agenzia è quel contratto in cui una parte, il preponente, attribuisce all’altra parte, l’agente di commercio, l’incarico di promuovere la conclusione di contratti ed eventualmente di stipularli in nome e per conto del preponente medesimo, dietro compenso e per una durata determinata o indeterminata, senza alcun vincolo di subordinazione del secondo verso il primo». In questa causa la Corte ha statuito che nella nozione di agente di commercio, delineata dalla direttiva, rientra anche un contratto concluso con un intermediario incaricato di negoziare un contratto di servizi, e non un contratto di vendita o acquisto di merci. La Corte ha affermato che, benché la direttiva non possa disciplinare direttamente la situazione in esame, resta il fatto che il legislatore nazionale, in sede di trasposizione delle disposizioni della direttiva nell’ordinamento interno, ha deciso di applicare un trattamento identico a tali due tipi di situazioni.
17 – Sentenze Poseidon Chartering, cit. alla nota 16 (punto 16), e 17 luglio 1997, causa C‑130/95, Giloy, (Racc. pag. I‑4291, punto 21).
18 – Reiche, op. cit., pag. 113. L’Autore, nella sua analisi, fa riferimento all’art. 25 della legge tedesca 25 maggio 1976 sul procedimento amministrativo (BGBl. I, 1976, pag. 1253).
19 – Sentenza 14 dicembre 1995, cause riunite C‑430/93 e C‑431/93, van Schijndel (Racc. pag. I‑4705). In questa causa la Corte si è dovuta confrontare con la questione relativa alla competenza dei giudici nazionali a verificare d’ufficio la compatibilità di una norma giuridica nazionale con il diritto comunitario. Al punto 22 della sentenza la Corte ha statuito che il diritto comunitario non impone ai giudici nazionali di rilevare d’ufficio una questione attinente alla violazione di disposizioni comunitarie, qualora l’esame di tale questione li obblighi a rinunciare al principio dispositivo, alla cui osservanza sono tenuti, esorbitando dai limiti della lite quale è stata circoscritta dalle parti e basandosi su fatti e circostanze diversi da quelli che la parte processuale che ha interesse all’applicazione di dette disposizioni ha posto a fondamento della propria domanda.
20 – Sentenza van Schijndel, cit. alla nota 19 (punto 16).
21 – V. Thienel, R., Verwaltungsverfahrensrecht, Vienna, 2004, pag. 138; Wollf, H. A., e Decker, A., Studienkommentar VwGO und VwVG, Monaco di Baviera, 2005, pagg. 566 e 567; Maurer, H., Allgemeines Verwaltungsrecht, XV edizione, Monaco di Baviera, 2005, pag. 489.
22 – V. Thienel, op. cit., pag. 138.
23 – V. Thienel, op. cit., pag. 170.
24 – L’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer, nelle sue conclusioni presentate il 15 luglio 2004 nella causa C‑106/03 P, Vedial/UAMI, (Racc. pag. I‑3573, paragrafi 29 e 31), afferma che il principio dell'allegazione di parte può, in linea di principio, trovare applicazione anche nel procedimento amministrativo dinanzi all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli). A suo avviso l’applicazione di tale principio dipende dalla misura in cui le parti siano effettivamente i padroni della lite.
25 – V. Thienel, op. cit., pag. 171.
26 – Maurer, op. cit., pag. 490. L’Autore sottolinea l’importanza fondamentale rivestita dal principio dell'iniziativa d'ufficio nel procedimento amministrativo, dal momento che in tale procedimento la decisione dipende essenzialmente dalla correttezza ed adeguatezza dell’indagine sui fatti rilevanti ai fini della decisione stessa.
27 – Conclusioni dell’avvocato generale Phillipe Léger, presentate il 1° giugno 2006 nella causa C‑120/05, Schulze (Racc. pag. I‑0000, paragrafo 37). L’avvocato generale ha fatto tale affermazione in sede di interpretazione dell’art. 7, n. 1, terzo comma, del regolamento (CE) della Commissione 30 maggio 1994, n. 1222, che stabilisce, per taluni prodotti agricoli esportati sotto forma di merci non comprese nell’allegato II del trattato, le modalità comuni di applicazione relative alla concessione delle restituzioni all’esportazione e i criteri per stabilire il loro importo (GU L 136, pag. 5).
28 – Sentenza 1° dicembre 2005, causa C‑309/04, Fleisch-Winter (Racc. pag. I‑10349, punto 31). Tale causa verte sull’interpretazione degli artt. 13 e 11 del regolamento n. 3665/87, nella versione introdotta dal regolamento (CE) della Commissione 2 dicembre 1994, n. 2945, che modifica il regolamento (CEE) n. 3665/87 recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli, riguardo al recupero degli importi indebitamente versati e alle relative sanzioni (GU L 310, pag. 57).
29 – Nella sentenza 23 marzo 2000, cause riunite C‑310/98 e C‑406/98, Met-Trans e Sagpol (Racc. pag. I‑1797, punti 29 e 30) la Corte – in relazione all’accertamento di un'infrazione al regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 253, pag. 1) – ha stabilito che spetta alle autorità nazionali determinare, in base ai principi del loro diritto nazionale applicabili in materia di prova, se, nel caso concreto loro sottoposto, e alla luce dell’insieme delle circostanze, la prova del luogo in cui l’infrazione o l’irregolarità è stata commessa sia stata validamente offerta, ad esempio se una testimonianza debba o no essere ammessa e vedersi riconoscere efficacia probatoria.
30 – Lando, O., Beale, H., Principles of European Contract Law, Parts I and II, l'Aia, 2000, pagg. 287 e segg.; Ferreri, S., Chapter 5, Interpretation, in Antoniolli, L., Venezian, A., Principles of European Contract Law and Italian Law, l'Aia, 2005, pagg. 251 e segg..
31 – Lando, Beale, op. cit., Parts I and II, pag. 288, secondo i quali «following the majority of laws of EU Member states, the general rules on interpretation combine the subjective method, according to which pre-eminence is given to the common intention of the parties, and the objective method which takes an external view by reference to objective criteria such as reasonableness, good faith etc».
32 – In senso analogo Lando, Beale, op. cit., Parts I and II, pag. 289.