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Document 62005TO0122

    Ordinanza del Tribunale di primo grado (Prima Sezione) del 19 settembre 2006.
    Robert Benkö e altri contro Commissione delle Comunità europee.
    Ricorso di annullamento - Direttiva 92/43/CEE - Conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche - Decisione 2004/798/CE - Elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica continentale - Soggetti direttamente e individualmente interessati - Irricevibilità.
    Causa T-122/05.

    Raccolta della Giurisprudenza 2006 II-02939

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2006:262

    Causa T‑122/05

    Robert Benkö e altri

    contro

    Commissione delle Comunità europee

    «Ricorso di annullamento — Direttiva 92/43/CEE — Conservazione degli habitat naturali nonché della flora e della fauna selvatiche — Decisione 2004/798/CE — Elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica continentale — Soggetti direttamente e individualmente interessati — Irricevibilità»

    Massime dell’ordinanza

    1.      Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente

    (Art. 230, quarto comma, CE; direttiva del Consiglio 92/43; decisione della Commissione 2004/798)

    2.      Comunità europee — Sindacato giurisdizionale della legittimità degli atti delle istituzioni

    (Artt. 230, quarto comma, CE, 234 CE e 241 CE)

    3.      Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente

    (Art. 230, quarto comma, CE; direttiva del Consiglio 92/43; decisione della Commissione 2004/798)

    1.      L’incidenza diretta sul ricorrente, quale presupposto per la ricevibilità di un ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, postula che il provvedimento comunitario contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del ricorrente e non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari del provvedimento stesso incaricati della sua applicazione, poiché tale applicazione ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie.

    La decisione 2004/798, che stabilisce, in applicazione della direttiva 92/43 sulla conservazione degli habitat naturali, l’elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografia continentale, non riguarda direttamente i proprietari fondiari. Infatti, il regime di protezione istituito dall’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva, cui la decisione impugnata assoggetta i lotti dei ricorrenti, non comporta direttamente effetti sulla loro situazione giuridica.

    A tal proposito, se è vero che l’art. 4, n. 5, della direttiva precisa che, non appena un sito è iscritto nell’elenco dei siti di importanza comunitaria di cui al n. 2, terzo comma, dello stesso articolo, esso è soggetto alle disposizioni dell’art. 6, nn. 2‑4, della stessa direttiva, queste ultime disposizioni lasciano un margine discrezionale alle autorità nazionali. Ne consegue che l’inclusione di un sito nell’elenco dei siti d’importanza comunitaria non fornisce alcuna indicazione precisa quanto alle misure che saranno adottate dalle autorità nazionali conformemente alle disposizioni della direttiva.

    Infine, anche supponendo che gravi conseguenze economiche, nonché inconvenienti giuridici, cioè l’aumento delle spese amministrative e la perdita di valore delle proprietà immobiliari dei ricorrenti, siano diretta conseguenza di tale decisione, tali effetti non agiscono sulla situazione giuridica, ma unicamente sulla situazione di fatto di tali proprietari fondiari e non permettono quindi di far ritenere che la detta decisione riguardi i ricorrenti direttamente.

    (v. punti 35, 38, 46-47)

    2.      Mediante gli artt. 230 CE e 241 CE, da un lato, e l’art. 234 CE, dall’altro, il Trattato ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni, affidandolo al giudice comunitario. Nell’ambito di tale sistema, non potendo impugnare direttamente, a causa dei requisiti di ricevibilità di cui all’art. 230, quarto comma, CE, gli atti comunitari di portata generale, le persone fisiche o giuridiche hanno la possibilità, a seconda dei casi, di far valere l’invalidità di tali atti, vuoi in via incidentale in forza dell’art. 241 CE, dinanzi al giudice comunitario, vuoi dinanzi ai giudici nazionali e di indurre questi ultimi, non competenti ad accertare direttamente l’invalidità di tali atti, a rivolgersi al riguardo alla Corte in via pregiudiziale.

    (v. punto 49)

    3.      La decisione 2004/798, che, in applicazione della direttiva 92/43 sulla conservazione degli habitat naturali, stabilisce l’elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica continentale, la quale designa come siti di importanza comunitaria alcune zone del territorio austriaco, non riguarda individualmente i comuni sul territorio dei quali si trovano tali siti.

    Infatti, anche supponendo che tali comuni siano competenti per l’esecuzione della direttiva, tale competenza non può identificarli ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, in quanto, da un lato, la loro situazione giuridica non è diversa da quella di qualsiasi altra autorità nazionale incaricata di dare esecuzione alla direttiva, in particolare al suo art. 6, nn. 2‑4, e, dall’altro, considerato il carattere generale e astratto della definizione dei siti classificati nella decisione, l’eventuale incidenza degli obblighi derivanti dalla direttiva sull’esercizio della competenza di tali comuni per l’organizzazione e la tutela del territorio si manifesta nello stesso modo nei confronti di tutti i comuni il cui territorio comprenda un sito classificato dalla decisione.

    L’interesse generale che un ente amministrativo regionale o locale può avere, in quanto autorità competente sul suo territorio per le questioni di indole economica e sociale, ad ottenere un risultato favorevole alla prosperità economica del suo territorio non è, di per sé, sufficiente affinché l’ente sia considerato interessato, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, da atti aventi portata generale.

    (v. punti 61-64, 72)







    ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

    19 settembre 2006 (*)

    «Ricorso di annullamento – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali nonché della flora e della fauna selvatiche – Decisione 2004/798/CE – Elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica continentale – Soggetti direttamente e individualmente interessati – Irricevibilità»

    Nella causa T‑122/05,

    Robert Benkö, residente in Kohfidisch (Austria),

    Nikolaus Draskovich, residente in Güssing (Austria),

    Alexander Freiherr von Kottwitz-Erdödy, residente in Kohfidisch,

    Peter Masser, residente in Deutschlandsberg (Austria),

    Alfred Prinz von und zu Liechtenstein, residente in Deutschlandsberg,

    Marktgemeinde Götzendorf an der Leitha (Austria),

    Gemeinde Ebergassing (Austria),

    Ernst Harrach, residente in Bruck an der Leitha (Austria),

    Schlossgut Schönbühel-Aggstein      AG, con sede in Vaduz (Liechtenstein),

    Heinrich Rüdiger Fürst Starhemberg’sche Familienstiftung, con sede in Vaduz,

    rappresentati dall’avv. M. Schaffgotsch,

    ricorrenti,

    contro

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. M. van Beek e B. Schima, in qualità di agenti,

    convenuta,

    avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 7 dicembre 2004, 2004/798/CE, che stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, l’elenco di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica continentale (GU L 382, pag. 1),

    IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
    DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

    composto dal sig. R. García‑Valdecasas, presidente, dal sig. J. D. Cooke e dalla sig.ra V. Trstenjak, giudici,

    cancelliere: sig. E. Coulon

    ha pronunciato la seguente

    Ordinanza

     Contesto normativo e fattuale

    1        Il 21 maggio 1992 il Consiglio ha adottato la direttiva del Consiglio 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7, in prosieguo: la «direttiva habitat»).

    2        La direttiva habitat, conformemente all’art. 2, n. 1, ha l’obiettivo di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il Trattato.

    3        Al suo art. 2, n. 2, essa precisa che le misure adottate per la sua esecuzione sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.

    4        Secondo il sesto ‘considerando’ della direttiva habitat, per assicurare il ripristino o il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario in uno Stato di conservazione soddisfacente occorre designare zone speciali di conservazione per realizzare una rete ecologica europea coerente secondo uno scadenzario definito.

    5        Ai sensi dell’art. 1, lett. l), della direttiva habitat, la zona speciale di conservazione è definita come «un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato».

    6        L’art. 3, n. 1, primo comma, della direttiva habitat prevede la costituzione di una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata «Natura 2000», formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II della stessa direttiva, e che deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat di specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.

    7        L’allegato I della direttiva habitat fissa i tipi di habitat naturali d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione; il suo allegato II fissa le specie animali e vegetali d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione.

    8        L’art. 4 della direttiva habitat prevede un procedimento in tre fasi per la designazione delle zone speciali di conservazione. Ai sensi del n. 1 di tale disposizione, ogni Stato membro propone un elenco di siti indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali specie locali di cui all’allegato II della direttiva habitat vi dimorano. Nel triennio successivo alla notifica della direttiva habitat, tale elenco è trasmesso alla Commissione, contemporaneamente alle informazioni su ogni sito.

    9        Secondo l’art. 4, n. 2, della direttiva habitat, la Commissione, a partire da tali elenchi e in base ai criteri di cui all’allegato III della stessa e d’accordo con ognuno degli Stati membri, elabora un progetto di elenco di siti di importanza comunitaria. L’elenco dei siti selezionati come siti di importanza comunitaria è fissato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’art. 21 della direttiva habitat.

    10      L’art. 4, n. 4, della direttiva habitat dispone che, quando un sito di importanza comunitaria è stato scelto a norma della procedura di cui al n. 2 della medesima disposizione, lo Stato membro interessato designa tale sito come zona speciale di conservazione il più rapidamente possibile ed entro un termine massimo di sei anni, stabilendo le priorità in funzione dell’importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat naturali di cui all’allegato I o di una o più specie di cui all’allegato II e per la coerenza di Natura 2000, nonché alla luce dei rischi di degrado e di distruzione che minacciano su detti siti.

    11      La direttiva habitat, al suo art. 4, n. 5, precisa che, non appena un sito è iscritto nell’elenco dei siti di importanza comunitaria elaborato dalla Commissione, esso è soggetto alle disposizioni dell’art. 6, nn. 2‑4.

    12      L’art. 6 della direttiva habitat riguarda misure necessarie per garantire la protezione delle zone speciali di conservazione. Esso dispone quanto segue:

    «1.      Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti.

    2.      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

    3.      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

    4.      Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

    Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

    13      Il 7 dicembre 2004, sulla base dell’art. 4 della direttiva habitat, la Commissione ha adottato la decisione 2004/798/CE, che, in applicazione della direttiva habitat, ha fissato l’elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica continentale (GU L 382, pag. 1; in prosieguo: la «decisione impugnata»). Tale elenco, riportato nell’allegato I della decisione impugnata, comprende i seguenti siti:

    –        AT1114813 Südburgenländisches Hügel- und Terassenland;

    –        AT1205A00 Wachau;

    –        AT1220000 Feuchte Ebene – Leithaauen;

    –        AT2242000 Schwarze und Weiße Sulm;

    –        AT3120000 Waldaist und Naarn;

    –        AT3122000 Oberes Donau- und Aschachtal.

    14      Tra i ricorrenti, il sig. Peter Masser conduce da diversi anni un progetto riguardante la creazione di una piccola centrale elettrica sul sito recante il riferimento AT2242000. Lo stesso dicasi per il sig. Alfred Prinz von und zu Liechtenstein, il quale è inoltre proprietario fondiario.

    15      Il sito recante il riferimento AT1220000 è situato nel territorio della Marktgemeinde Götzendorf an der Leitha e della Gemeinde Ebergassing. Tali due comuni si trovano nel Land dell’Austria Inferiore. Essi non fanno valere di essere proprietari di lotti situati sui siti classificati dalla decisione impugnata.

    16      Gli altri ricorrenti, infine, sono proprietari di lotti situati su siti menzionati dalla decisione impugnata e vi gestiscono aziende agricole e forestali. Si tratta dei sigg. Robert Benkö, Nikolaus Draskovich e Alexander Freiherr von Kottwitz-Erdödy per il sito recante il riferimento AT1114813, del sig. Ernst Harrach per il sito recante il riferimento AT1220000, della Schlossgut Schönbühel-Aggstein AG per il sito recante il riferimento AT1205A00 e della Heinrich Rüdiger Fürst Starhemberg’sche Familienstiftung per il sito recante il riferimento AT3122000.

     Procedimento

    17      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 marzo 2005, i ricorrenti hanno proposto il ricorso in esame.

    18      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 luglio 2005, la convenuta ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’art. 114 del regolamento di procedura del Tribunale. I ricorrenti hanno depositato le loro osservazioni su tale eccezione il 2 settembre 2005.

    19      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha sottoposto quesiti scritti alla Repubblica d’Austria e alla Commissione. Le risposte fornite a tali quesiti entro i termini impartiti sono state notificate all’insieme dei ricorrenti, che hanno presentato osservazioni al riguardo.

     Conclusioni delle parti

    20      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

    –        dichiarare il ricorso ricevibile;

    –        annullare integralmente la decisione impugnata;

    –        in via subordinata, annullare la decisione impugnata relativamente a tutti i siti austriaci d’importanza comunitaria (che recano il riferimento AT nell’allegato I della decisione impugnata);

    –        in via ancora più subordinata, annullare la classificazione operata dalla decisione impugnata dei siti recanti i riferimenti AT1114813, AT2242000, AT1220000, AT1205A00, AT3122000 e AT3120000 come siti d’importanza comunitaria;

    –        in via ancora più subordinata, annullare la classificazione dei siti designati all’allegato I della decisione impugnata come siti d’importanza comunitaria per gli habitat e le specie aventi un grado di rappresentatività ed una valutazione globale di B, C e D (in via subordinata, di C e D, e, in via ancora più subordinata, solo di D), conformemente ai formulari standard dei dati degli Stati membri, per:

    –        tutti i siti registrati nella decisione impugnata (conformemente all’allegato I);

    –        in via subordinata, tutti i siti austriaci (recanti il riferimento AT nell’allegato I);

    –        in via ancora più subordinata, i soli siti AT1114813, AT2242000, AT1220000, AT1205A00, AT3122000 e AT3120000;

    –        condannare la Commissione alle spese.

    21      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

    –        dichiarare il ricorso irricevibile;

    –        condannare i ricorrenti alle spese.

     In diritto

    22      Ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura, se una parte lo chiede, il Tribunale può statuire sull’irricevibilità senza impegnare la discussione nel merito. A norma del n. 3 dello stesso articolo, il procedimento prosegue oralmente, salvo contraria decisione del Tribunale. Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente informato dai documenti versati agli atti e che non si debba procedere alla fase orale.

    23      La Commissione, dopo aver contestato l’interesse ad agire dei ricorrenti, salvo i comuni, nonché la natura di atto impugnabile della decisione impugnata ai sensi dell’art. 230, primo comma, CE, concentra la sua eccezione di irricevibilità sull’interesse diretto e individuale dei ricorrenti ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. Quest’ultimo argomento dev’essere esaminato per primo.

    24      Ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, «qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre (…) un ricorso contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente e individualmente».

    25      Poiché non si contesta che i ricorrenti non sono i destinatari della decisione impugnata, destinata solo agli Stati membri, si deve esaminare se tale decisione li riguardi direttamente e individualmente.

    26      Dato che la situazione giuridica dei ricorrenti privati differisce sensibilmente da quella dei comuni che hanno proposto ricorso, che non sono proprietari di lotti situati su siti classificati come siti d’importanza comunitaria dalla decisione impugnata, occorre esaminare separatamente le loro rispettive situazioni.

     Sull’interesse dei ricorrenti privati

     Argomenti delle parti

    27      Dopo aver definito il contenuto della decisione impugnata in termini di regole generali aventi carattere normativo e pertanto la stessa decisione impugnata in termini di atto avente portata generale, la Commissione conferma che i ricorrenti privati non sono direttamente interessati ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. Poiché è la situazione giuridica, e non quella di fatto, che dev’essere presa in considerazione (sentenza del Tribunale 27 giugno 2000, cause riunite T‑172/98, da T‑175/98 a T‑177/98, Salamander e a./Parlamento e Consiglio, Racc. pag. II‑2487, punto 62), un eventuale deprezzamento dei beni dei ricorrenti privati provocato dalla decisione impugnata non sarebbe sufficiente a fondare il loro interesse diretto.

    28      Secondo la Commissione, le disposizioni controverse rappresentano sostanzialmente disposizioni simili a quelle di una direttiva, che non possono imporre obblighi ai singoli. Infatti, l’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva habitat crea obblighi solo a carico degli Stati membri, e non dei singoli.

    29      La Commissione rammenta che per determinare se un ricorrente è direttamente interessato occorre verificare se il contenuto dell’azione degli Stati membri possa essere dedotto dalle disposizioni impugnate, senza che essi dispongano di un potere discrezionale. Ora, nel caso di specie, non può essere determinato quando ed eventualmente in cosa la decisione impugnata modifichi i diritti dei ricorrenti privati. Infatti, l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat lascia agli Stati membri un margine discrezionale su almeno due punti: sapere quando una perturbazione può avere effetti significativi e la determinazione delle misure opportune per evitare i degradi e le perturbazioni. Allo stesso modo, l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat lascia agli Stati membri un margine discrezionale, in quanto il requisito dell’esame di compatibilità con gli obiettivi di tutela può svolgere i suoi effetti giuridici solo nell’ambito di un piano o di un progetto concreto.

    30      Facendo valere per analogia l’ordinanza del Tribunale 10 settembre 2002, causa T‑223/01, Japan Tobacco e JT International/Parlamento e Consiglio (Racc. pag. II‑3259), la Commissione sostiene che l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat non assoggetta i ricorrenti privati ad alcuna restrizione. Secondo la Commissione, purché si producano restrizioni per singoli basate sulla direttiva habitat, lo Stato membro deve sempre iniziare ad esaminare e approvare la necessità dell’intervento e decidere poi il tipo di intervento appropriato. Per quanto riguarda, ad esempio, l’uso di un certo bene fondiario, esso potrebbe vietarlo completamente, consentirlo accompagnandolo o meno ad oneri o condizioni, ovvero fissare esso stesso o tramite terzi misure destinate a compensare gli svantaggi dell’uso controverso. Da tutte queste considerazioni emerge, secondo la Commissione, che i ricorrenti privati non sono direttamente interessati dalla decisione impugnata.

    31      I ricorrenti privati ritengono di essere direttamente interessati in quanto gli Stati membri non hanno alcun potere discrezionale quanto alle decisioni essenziali. Da un lato, la decisione impugnata fisserebbe la selezione e la definizione dei siti. Dall’altro, la direttiva habitat disporrebbe gli obiettivi decisivi di conservazione, non lasciando agli Stati membri alcun margine di manovra. Infatti, secondo i ricorrenti privati, l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat contiene un divieto di degrado.

    32      Pur ammettendo che, ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat, gli Stati membri possono adottare le misure che sembrano loro opportune per il raggiungimento dei detti obiettivi, i ricorrenti privati sottolineano tuttavia che tali obiettivi sono già stati fissati. A loro avviso, per attuare la decisione impugnata, gli Stati membri devono adottare misure ad essi sfavorevoli, dato che sono tenuti almeno a trasporre, senza alcun potere discrezionale, il divieto di degrado ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat, e l’obbligo di effettuare una valutazione dell’incidenza sulla natura nei confronti dei ricorrenti privati ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva habitat. Infatti, l’accettazione di un piano o di un progetto sarebbe assoggettata al requisito della certezza scientifica che non vi saranno ripercussioni negative, il che corrisponderebbe ad un esame scientifico e non ad un potere discrezionale. La direttiva habitat, inoltre, non consentirebbe agli Stati membri di rendere più flessibili le regole applicabili o di derogarvi. Ciò implicherebbe conseguenze negative per i ricorrenti privati.

    33      I ricorrenti privati aggiungono che i singoli devono rispettare gli obiettivi di protezione fissati nell’ambito della direttiva habitat e gli obblighi che ne derivano. I singoli non sono in grado di sottrarsi alle norme e agli obiettivi fissati dalla direttiva habitat e dalla decisione impugnata avvalendosi della mancata adozione di norme nazionali di trasposizione, che rappresenta un mero problema di forma.

    34      Alla considerazione della Commissione secondo cui i ricorrenti, nel caso in cui il ricorso in esame fosse dichiarato irricevibile, conserverebbero la possibilità di far valere l’illegittimità della decisione impugnata dinanzi ai giudici nazionali, che hanno il dovere di interrogare la Corte di giustizia sulla legittimità della decisione impugnata ai sensi dell’art. 234 CE, i comuni ricorrenti, al pari dei ricorrenti privati, rispondono che tale rimedio non consentirebbe di chiarire problemi di fatto di cui trattasi nel caso di specie e sarebbe troppo lungo, in quanto durerebbe almeno sei anni. Infatti, gli Stati membri sarebbero obbligati a trasporre la direttiva habitat e ad applicare la normativa pertinente a zone che sono state erroneamente qualificate siti d’importanza comunitaria, di modo che il controllo di legittimità della decisione impugnata per via pregiudiziale interverrebbe troppo tardi. Essi sostengono quindi che rimarrebbero privi di un’effettiva tutela giurisdizionale, in violazione del principio di certezza del diritto e dell’efficacia del diritto comunitario.

     Giudizio del Tribunale

    35      Dalla giurisprudenza della Corte deriva che per incidere direttamente su un singolo il provvedimento comunitario contestato deve produrre direttamente effetti sulla sua situazione giuridica e non lasciare alcun potere discrezionale ai destinatari del provvedimento stesso incaricati della sua applicazione, poiché tale applicazione ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie (sentenza della Corte 5 maggio 1998, causa C‑386/96 P, Dreyfus/Commissione, Racc. pag. I‑2309, punto 43, e giurisprudenza ivi citata, e sentenza Salamander e a./Parlamento e Consiglio, cit., punto 52).

    36      Lo stesso vale qualora la possibilità per i destinatari di non dare seguito all’atto comunitario sia puramente teorica, dato che la loro volontà di trarre conseguenze conformi a quest’ultimo è fuori dubbio (sentenza Dreyfus/Commissione, cit., punto 44).

    37      I ricorrenti privati fanno valere, in particolare, che il regime di tutela previsto dall’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva habitat, al quale la decisione impugnata assoggetta i loro lotti, comporta a loro carico conseguenze negative dirette, come il divieto di degrado e l’obbligo di valutazione dell’incidenza dei progetti realizzati sul sito.

    38      Ora, se è vero che l’art. 4, n. 5, della direttiva habitat precisa che non appena un sito è iscritto nell’elenco di cui al n. 2, terzo comma, dello stesso articolo, esso è soggetto alle disposizioni dell’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva habitat, occorre verificare se queste ultime disposizioni lascino o meno un margine discrezionale alle autorità nazionali.

    39      L’art. 6, n. 2, della direttiva habitat obbliga gli Stati membri ad adottare, nelle zone speciali di conservazione, «le opportune misure per evitare (…) il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva». L’aggettivo «opportune» impiegato da tale disposizione indica chiaramente che gli Stati membri devono valutare caso per caso se debbano essere adottate delle misure e, eventualmente, che tipo di misure debba essere adottato per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché le perturbazioni degli habitat e delle specie per i quali le zone sono state designate ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat. Inoltre, le misure opportune per evitare la perturbazione degli habitat e delle specie per le quali le zone sono state designate devono essere adottate solo alla condizione che «tale perturbazione [possa] avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva». Il problema di sapere se una perturbazione possa avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della direttiva habitat è quindi lasciato alla valutazione delle autorità nazionali.

    40      Da queste considerazioni risulta che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti privati, l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat lascia agli Stati membri un potere discrezionale (v., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa decisa con sentenza della Corte 7 settembre 2004, causa C‑127/02, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, Racc. pag. I‑7405, in particolare pag. I‑7409, punto 133).

    41      In forza dell’art. 6, n. 3, della direttiva habitat, qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione di un sito, ma che possa avere incidenze significative su di esso, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, deve essere oggetto di un’opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito in questione, tenendo conto degli obiettivi di conservazione di quest’ultimo. Da questa disposizione deriva che solo i piani o i progetti che possono incidere significativamente su un sito devono formare oggetto di valutazione. Infatti l’art. 6, n. 3, della direttiva habitat subordina il requisito di un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che esso incida significativamente sul sito interessato (sentenza della Corte 20 ottobre 2005, causa C‑6/04, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑9017, punto 54).

    42      Un rischio siffatto sussiste dal momento che non si può escludere, sulla base di elementi oggettivi, che il detto piano o progetto incida significativamente sul sito di cui trattasi (sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit., punti 44 e 45, e Commissione/Regno Unito, cit., punto 54). Tuttavia, il problema di sapere se e sulla base di quali criteri un piano o un progetto soddisfi tale condizione implica necessariamente una valutazione da parte delle autorità nazionali (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa decisa con sentenza della Corte 10 gennaio 2006, causa C‑98/03, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑53, in particolare pag. I‑57, punto 38). Ne discende che gli Stati membri non sono tenuti a sottoporre ad un’opportuna valutazione della loro incidenza sul sito interessato tutti i piani o i progetti di cui sono titolari i ricorrenti privati.

    43      Se ritengono che un progetto possa incidere significativamente sui siti interessati, le autorità nazionali devono procedere ad un’opportuna valutazione dell’incidenza del detto progetto sui siti interessati, conformemente all’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva habitat in combinato disposto con il decimo ‘considerando’. L’aggettivo «opportuna» indica l’esistenza di un potere discrezionale degli Stati membri quanto al tipo di valutazione da svolgere. Ai sensi dell’art. 6, n. 3, seconda frase, della direttiva habitat, «[a]lla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica». Spetta alle autorità nazionali competenti, alla luce delle conclusioni della valutazione d’incidenza del piano o del progetto sul sito interessato, approvare tale piano o progetto solo dopo essersi accertate che esso non pregiudicherà l’integrità del detto sito. A tale riguardo, le autorità nazionali dispongono di un potere discrezionale, che esse esercitano secondo le modalità definite dall’art. 6, n. 3, della direttiva habitat (v., in tal senso, sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit., punti 67 e 70).

    44      Inoltre, l’art. 6, n. 4, della direttiva habitat, che fa salvo quanto previsto dall’art. 6, n. 3, seconda frase, di quest’ultima, prevede, a talune condizioni, la possibilità di autorizzare un piano o un progetto per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, anche in presenza di conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva habitat. Le autorità nazionali dispongono evidentemente di un margine discrezionale per quanto riguarda il problema di sapere se un piano o un progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

    45      Di conseguenza, gli Stati membri non sono tenuti a vietare i piani o i progetti di cui sono titolari i ricorrenti privati. Un eventuale divieto di uno di questi progetti non deriverebbe dalla direttiva habitat, bensì dalla decisione di ciascuno Stato membro di dare esecuzione alla decisione impugnata ed alla direttiva habitat caso per caso in un modo o nell’altro (v., in tal senso, ordinanze del Tribunale 22 giugno 2006, causa T‑136/04, Freiherr von Cramer-Klett e Rechtlerverband Pfronten/Commissione, Racc. pag. II‑1805, punti 47 e 52; causa T‑137/04, Mayer e a./Commissione, Racc. pag. II‑1825, punti 60 e 65, e Sahlstedt e a./Commissione, T‑150/05, Racc. pag. II‑1851, punti 54 e 59; v. altresì, in tal senso e analogamente, sentenza Salamander e a./Parlamento e Consiglio, cit., punto 68, e ordinanza del Tribunale Japan Tobacco e JT International/Parlamento e Consiglio, cit., punti 51 e segg.).

    46      Dalle considerazioni precedenti discende che l’inclusione di un sito nell’elenco dei siti d’importanza comunitaria non fornisce alcuna indicazione precisa quanto alle misure che saranno adottate dalle autorità nazionali conformemente alle disposizioni della direttiva habitat.

    47      I ricorrenti privati fanno valere che la decisione impugnata comporta gravi conseguenze economiche, nonché inconvenienti giuridici, cioè l’aumento delle spese amministrative e la perdita di valore delle loro proprietà immobiliari. Tali effetti, tuttavia, anche supponendoli conseguenze dirette della direttiva habitat e della decisione impugnata, e non dell’anticipazione, da parte degli operatori economici, della loro applicazione da parte degli Stati membri, non agiscono comunque sulla situazione giuridica, ma unicamente sulla situazione di fatto dei ricorrenti privati (v., in tal senso, sentenza Salamander e a./Parlamento e Consiglio, cit., punto 62; ordinanze Freiherr von Cramer-Klett e Rechtlerverband Pfronten/Commissione, cit., punto 47; Mayer e a./Commissione, cit., punto 60, e Sahlstedt e a./Commissione, cit., punto 54).

    48      Tutti i ricorrenti fanno infine valere, in sostanza, il loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

    49      Occorre rammentare, al riguardo, che mediante gli artt. 230 CE e 241 CE, da un lato, e l’art. 234 CE, dall’altro, il Trattato ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni, affidandolo al giudice comunitario (v., in tal senso, sentenza della Corte 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts/Parlamento, Racc. pag. 1339, punto 23). Nell’ambito di tale sistema, non potendo impugnare direttamente, a causa dei requisiti di ricevibilità di cui all’art. 230, quarto comma, CE, gli atti comunitari di portata generale, le persone fisiche o giuridiche hanno la possibilità, a seconda dei casi, di far valere l’invalidità di tali atti, vuoi in via incidentale in forza dell’art. 241 CE, dinanzi al giudice comunitario, vuoi dinanzi ai giudici nazionali e di indurre questi ultimi, non competenti ad accertare direttamente l’invalidità di tali atti (sentenza della Corte 22 ottobre 1987, causa 314/85, Foto‑Frost, Racc. pag. 4199, punto 20), a rivolgersi al riguardo alla Corte in via pregiudiziale (sentenza della Corte 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punto 40).

    50      Pertanto, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva (sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit., punto 41).

    51      In tale contesto, in conformità al principio di leale collaborazione sancito dall’art. 10 CE, i giudici nazionali sono tenuti, per quanto possibile, a interpretare e applicare le norme procedurali nazionali che disciplinano l’esercizio delle azioni in maniera da consentire alle persone fisiche e giuridiche di contestare in sede giudiziale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto comunitario di portata generale, eccependo l’invalidità di quest’ultimo (sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit., punto 42).

    52      Pertanto, pur non potendo chiedere l’annullamento dell’atto impugnato, i ricorrenti potranno impugnare gli atti nazionali di esecuzione della direttiva habitat e della decisione impugnata che li riguardano e, in tale contesto, conservano la facoltà di eccepirne l’illegittimità dinanzi ai giudici nazionali, chiamati a decidere in osservanza dell’art. 234 CE (v., in tal senso, sentenza della Corte 17 novembre 1998, causa C‑70/97 P, Kruidvat/Commissione, Racc. pag. I‑7183, punto 49; ordinanza del Tribunale 12 luglio 2000, causa T‑45/00, Conseil national des professions de l’automobile e a./Commissione, Racc. pag. II‑2927, punto 26).

    53      Dalle considerazioni che precedono discende che la decisione impugnata non riguarda direttamente i ricorrenti privati, senza che sia necessario esaminare se essa li riguardi individualmente.

     Sull’interesse dei comuni ricorrenti

     Argomenti delle parti

    54      Per quanto riguarda l’interesse individuale dei comuni ricorrenti, la Commissione, dopo aver sottolineato le differenze che caratterizzano la causa in esame rispetto a quelle all’origine della sentenza della Corte 18 maggio 1994, causa C‑309/89, Codorníu/Consiglio (Racc. pag. I‑1853), e della sentenza del Tribunale 11 settembre 2002, causa T‑13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio (Racc. pag. II‑3305), fa valere che l’interesse generale che una persona giuridica come un comune può avere, in quanto soggetto competente sul suo territorio per le questioni di indole economica e sociale, al fine di ottenere un risultato favorevole alla prosperità economica del suo territorio non è, di per sé, sufficiente a considerarlo interessato ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE (sentenza della Corte 10 aprile 2003, causa C‑142/00 P, Commissione/Nederlandse Antillen, Racc. pag. I‑3483, punto 69). Secondo la Commissione, qualsiasi atto avente portata generale di diritto generale che impone obblighi agli Stati membri può comportare, secondo la struttura istituzionale di questi ultimi, che diversi enti territoriali nazionali siano tenuti al rispetto di tali obblighi. Nel caso di specie, la situazione dei Comuni ricorrenti non sarebbe diversa da quella di altri organi nazionali di diritto pubblico competenti per territorio rispetto ai siti qualificati d’importanza comunitaria nella decisione impugnata.

    55      I Comuni ricorrenti Marktgemeinde Götzendorf an der Leitha e Gemeinde Ebergassing fanno valere la loro posizione di Comuni le cui zone abitative sono minacciate dalla designazione delle zone di conservazione e degli obiettivi di tutela. Tali Comuni sarebbero individualmente interessati, in quanto enti locali incaricati dell’organizzazione e della tutela delle zone abitative cui fa riferimento la decisione impugnata. A causa della decisione impugnata, essi sarebbero assoggettati, arbitrariamente e a torto, al regime giuridico della direttiva habitat, da cui deriverebbe una violazione delle loro competenze istituzionali.

    56      I Comuni ricorrenti fanno inoltre valere la sentenza Codorníu/Consiglio, cit., nonché il loro diritti ad essere sentiti.

    57      Infine, essi sostengono, sulla base delle considerazioni esposte al punto 34 della presente ordinanza, che una declaratoria di irricevibilità del ricorso in esame non garantirebbe loro una sufficiente tutela giurisdizionale. Sulla base delle considerazioni esposte al punto 34 della presente ordinanza, la Commissione è di avviso opposto.

     Giudizio del Tribunale

    58      Occorre verificare se i Comuni ricorrenti siano interessati dalla decisione impugnata a causa di determinate qualità loro peculiari o di una circostanza di fatto che li distingua da chiunque altro e, per questo motivo, li identifichi in modo analogo al destinatario della decisione impugnata (sentenze della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 197, in particolare pag. 223, e Commissione/Nederlandse Antillen, cit., punto 65).

    59      I Comuni ricorrenti intendono fondare il loro interesse individuale, in particolare, sulla loro competenza in materia di organizzazione e tutela del territorio sul quale si trovano i siti designati dalla decisione impugnata.

    60      Ora, come affermato dalla Repubblica d’Austria nella sua risposta del 6 aprile 2006 ad un quesito posto dal Tribunale, le disposizioni dell’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva habitat rientrano, secondo l’ordinamento austriaco, nella competenza legislativa ed esecutiva dei Länder, salvo per i Länder di Vienna e dell’Austria Superiore, per i quali tale competenza appartiene ai comuni, almeno parzialmente ed in taluni casi. I ricorrenti, nella loro posizione assunta il 16 maggio 2006 in merito alla risposta della Repubblica d’Austria, non contestano tale analisi. Ne discende che i Comuni ricorrenti, che si trovano nel Land dell’Austria Inferiore, non sono competenti ad eseguire l’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva habitat. Si deve pertanto escludere che una siffatta competenza li identifichi ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

    61      In ogni caso, anche supponendo che i Comuni ricorrenti siano competenti per l’esecuzione della direttiva habitat, tale competenza non può identificarli ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. Infatti, la loro situazione giuridica a tale riguardo non è diversa da quella di qualsiasi altra autorità nazionale incaricata di dare esecuzione alla direttiva habitat, e in particolare al suo art. 6, nn. 2‑4.

    62      È vero che le autorità competenti a livello nazionale per l’esecuzione della direttiva habitat sono obbligate, conformemente all’art. 6 della direttiva habitat, ad adottare le misure di conservazione necessarie, in particolare quelle intese ad evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie (n. 2) e quelle dirette a valutare in modo appropriato l’incidenza sui siti elencati dei piani o dei progetti che possono pregiudicarli significativamente (n. 3). Tuttavia, la definizione dei siti d’importanza comunitaria nella decisione impugnata è generale e astratta, dato che non riguarda soggetti determinati, bensì porzioni di territorio. Pur essendo molto ristrette, queste ultime sono comunque determinate esclusivamente sulla base della denominazione, della superficie e delle coordinate geografiche di un sito, criteri che sono generali e astratti.

    63      Ora, considerato il carattere generale e astratto della definizione dei siti classificati nella decisione impugnata, l’eventuale incidenza degli obblighi derivanti dalla direttiva habitat sull’esercizio della competenza dei Comuni ricorrenti per l’organizzazione e la tutela del territorio si manifesta nello stesso modo nei confronti di qualsiasi altro comune il cui territorio comprenda un sito classificato dalla decisione impugnata. D’altronde, come giustamente rilevato dalla Commissione nella sua eccezione d’irricevibilità, qualsiasi atto generale di diritto comunitario che impone obblighi agli Stati membri può comportare, secondo la struttura istituzionale di questi ultimi, che diversi enti territoriali nazionali siano tenuti al rispetto di tali obblighi. Pertanto, la situazione in esame non distingue affatto i Comuni ricorrenti rispetto alla situazione di altri organi nazionali di diritto pubblico competenti per territorio rispetto a siti definiti d’importanza comunitaria nella decisione impugnata.

    64      A tale riguardo, si deve rammentare che l’interesse generale che un ente amministrativo regionale o locale può avere, in quanto autorità competente sul suo territorio per le questioni di indole economica e sociale, ad ottenere un risultato favorevole alla prosperità economica del suo territorio non è, di per sé, sufficiente affinché l’ente sia considerato interessato, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE da atti aventi portata generale (v., in tal senso, sentenze della Corte 22 novembre 2001, causa C‑452/98, Nederlandse Antillen/Consiglio, Racc. pag. I‑8973, punto 64, e Commissione/Nederlandse Antillen, cit., punto 69).

    65      I Comuni ricorrenti fanno valere la sentenza Codorníu/Consiglio, cit., per fondare la loro legittimazione attiva. Tuttavia, essi non hanno dimostrato che la decisione impugnata arrechi loro un pregiudizio tale da impedire l’esercizio di un diritto specifico ai sensi della detta sentenza.

    66      I Comuni ricorrenti affermano che la decisione impugnata li ha arbitrariamente ed erroneamente assoggettati al regime giuridico della direttiva habitat. Ora, tale asserito errore della Commissione nella designazione di una porzione dei territori dei Comuni ricorrenti come siti d’importanza comunitaria riguarda solo il merito del ricorso in esame e non può quindi individuare i comuni ricorrenti ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, come interpretato dalla giurisprudenza.

    67      Inoltre, i comuni ricorrenti non sono titolari di un diritto di partecipazione al procedimento che potrebbe individuarli ai sensi della sentenza della Corte 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Van der Kooy e a./Commissione (Racc. pag. 219, punto 22), o della sentenza del Tribunale 11 luglio 1996, cause riunite T‑528/93, T‑542/93, T‑543/93 e T‑546/93, Métropole télévision/Commissione (Racc. pag. II‑649, punti 61 e 62).

    68      A tale riguardo, secondo costante giurisprudenza, in linea di principio, né il processo di elaborazione degli atti di portata generale né gli atti di portata generale medesimi esigono, sulla base dei principi generali del diritto comunitario come il diritto di essere sentiti, la partecipazione delle persone lese, dato che si presume che gli interessi di queste ultime siano rappresentati dalle istituzioni politiche cui compete l’adozione di tali atti (ordinanze del Tribunale 15 settembre 1998, causa T‑109/97, Molkerei Großbraunshain e Bene Nahrungsmittel/Commissione, Racc. pag. II‑3533, punto 60, e 9 novembre 1999, causa T‑114/99, CSR Pampryl/Commissione, Racc. pag. II‑3331, punto 50).

    69      Dalla giurisprudenza della Corte (sentenza 14 maggio 1998, causa C‑48/96 P, Windpark Groothusen/Commissione, Racc. pag. I‑2873, punto 47; v. altresì, in tal senso, sentenza della Corte 29 giugno 1994, causa C‑135/92, Fiskano/Commissione, Racc. pag. I‑2885, punti 39 e 40) risulta altresì che il dovere di sentire gli interessati prima dell’emanazione dell’atto che li interessa sussiste solamente quando la Commissione preveda l’applicazione di una sanzione o l’adozione di un provvedimento che possa incidere sulla loro situazione giuridica. Il diritto di audizione nel contesto di un procedimento amministrativo che riguarda un soggetto determinato non può essere trasposto nel contesto di una procedura legislativa che conduce all’adozione di misure di carattere generale. La costante giurisprudenza in materia di concorrenza, secondo la quale le osservazioni delle imprese cui viene contestata la violazione di norme del Trattato devono essere sentite prima che vengano adottati provvedimenti, in particolare sanzioni, nei loro riguardi, dev’essere valutata nel suo contesto appropriato e non può venire estesa alle procedure legislative comunitarie che culminano nell’adozione di provvedimenti normativi che implicano scelte di politica economica e si applicano alla generalità degli operatori interessati (sentenza del Tribunale 11 dicembre 1996, causa T‑521/93, Atlanta e a./CE, Racc. pag. II‑1707, punto 70).

    70      Per fondare la loro legittimazione attiva, i Comuni ricorrenti, come d’altronde i ricorrenti privati, fanno infine valere, in sostanza, il loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

    71      Per i motivi già esposti ai punti 48 e seguenti della presente ordinanza, tale argomento non può essere accolto.

    72      Dalle considerazioni che precedono discende che la decisione impugnata non riguarda individualmente i Comuni ricorrenti, senza che sia necessario esaminare se essa li riguardi direttamente.

    73      Da tutto quanto sopra esposto consegue che il ricorso è irricevibile e va respinto.

     Sulle spese

    74      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché i ricorrenti sono rimasti soccombenti, devono essere condannati alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

    così provvede: 

    1)      Il ricorso è irricevibile.

    2)      I ricorrenti sono condannati a sopportare, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Commissione.

    Lussemburgo, 19 settembre 2006

    Il cancelliere

     

           Il presidente

    E. Coulon

     

           R. García-Valdecasas


    * Lingua processuale: il tedesco.

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