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Document 62005CJ0422

Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 14 giugno 2007.
Commissione delle Comunità europee contro Regno del Belgio.
Inadempimento di uno Stato - Direttiva 2002/30/CE - Trasporto aereo - Restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti della Comunità - Adozione da parte dello Stato membro, in pendenza del termine di recepimento, di misure tali da pregiudicare gravemente lo scopo prescritto dalla direttiva.
Causa C-422/05.

Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-04749

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:342

Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nella causa C‑422/05,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 28 novembre 2005,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. F. Benyon e M. Huttunen, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno del Belgio, rappresentato inizialmente dal sig. M. Wimmer, successivamente dalla sig.ra A. Hubert, in qualità di agenti,

convenuto,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. J. Klučka, J.N. Cunha Rodrigues, U. Lõhmus (relatore) e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 gennaio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che, avendo adottato il regio decreto del 14 aprile 2002 che disciplina le operazioni notturne di taluni aerei subsonici civili a reazione ( Moniteur belge del 17 aprile 2002, pag. 15570; in prosieguo: il «regio decreto del 14 aprile 2002»), il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi impostigli dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 marzo 2002, 2002/30/CE, che istituisce norme e procedure per l’introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti della Comunità (GU L 85, pag. 40; in prosieguo: la «direttiva») e dal combinato disposto degli artt. 10, secondo comma, CE, e 249, terzo comma, CE.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

2. Ai sensi del suo art. 17, la direttiva è entrata in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee , ossia il 28 marzo 2002. Tale direttiva ha introdotto, da un lato, il concetto di «approccio equilibrato» alla gestione del rumore e, dall’altro, orientamenti all’imposizione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti della Comunità europea.

3. L’art. 2 di tale direttiva dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

d) “velivolo marginalmente conforme”, un velivolo subsonico civile a reazione che soddisfa i limiti di certificazione definiti nel volume 1, parte II, capitolo 3, dell’allegato 16 della convenzione sull’aviazione civile internazionale con un margine cumulativo non superiore a 5 EPNdB (Effective Perceived Noise in decibels - unità di misura del livello effettivo di rumorosità percepita), intendendosi per margine cumulativo la cifra espressa in EPNdB ottenuta sommando le singole eccedenze (cioè le differenze fra il livello di rumore certificato e il livello di rumore massimo autorizzato) misurate in ciascuno dei tre punti di riferimento per la misurazione del rumore quali definiti nel volume 1, parte II, capitolo 3, dell’allegato 16 alla convenzione sull’aviazione civile internazionale;

e) “restrizioni operative”, le misure relative alle emissioni acustiche, mediante le quali viene limitato o ridotto l’accesso dei velivoli subsonici civili a reazione ad un determinato aeroporto. Vi rientrano le restrizioni operative intese a vietare l’esercizio di velivoli marginalmente conformi in aeroporti determinati, come pure le restrizioni operative parziali che incidono sull’esercizio dei velivoli subsonici civili a reazione secondo il periodo di tempo considerato;

(...)

g) “approccio equilibrato”, un approccio in base al quale gli Stati membri prendono in considerazione le misure disponibili per affrontare il problema del rumore in un aeroporto situato nel loro territorio, in particolare l’effetto prevedibile di una riduzione alla fonte del rumore degli aeromobili, la pianificazione e la gestione del territorio, procedure operative di riduzione del rumore e restrizioni operative».

4. L’art. 4 della direttiva, recante il titolo «Norme generali relative alla gestione del rumore prodotto dagli aeromobili», prevede quanto segue:

«1. Gli Stati membri adottano un approccio equilibrato nell’affrontare i problemi di inquinamento acustico negli aeroporti situati nel loro territorio. Possono anche prendere in considerazione incentivi economici quale misura per la gestione del rumore.

2. Quando prendono in considerazione l’adozione di restrizioni operative, le autorità competenti tengono pienamente conto dei costi e benefici probabili che conseguirebbero dalle diverse misure disponibili, nonché delle caratteristiche specifiche di ciascun aeroporto.

3. Le misure o le combinazioni di misure adottate in forza della presente direttiva non sono più restrittive di quanto risulti necessario per conseguire l’obiettivo ambientale definito per un determinato aeroporto. Esse non introducono discriminazioni basate sulla nazionalità o sull’identità del vettore aereo o del costruttore di aeromobili.

4. Le restrizioni operative basate sulle prestazioni sono fondate sulle emissioni acustiche dell’aeromobile determinate dalla procedura di certificazione applicata conformemente all’allegato 16, volume 1, della convenzione sull’aviazione civile internazionale, terza edizione (luglio 1993)».

5. L’art. 5 della direttiva, recante il titolo «Norme relative alla valutazione», così recita:

«1. Quando viene prevista una decisione in materia di restrizioni operative si tiene conto delle informazioni specificate nell’allegato II, per quanto opportuno e possibile, in relazione alle restrizioni operative di cui trattasi e alle caratteristiche dell’aeroporto.

(...)».

6. L’art. 7 della direttiva, recante il titolo «Restrizioni operative esistenti», così dispone:

«L’articolo 5 non si applica:

a) alle restrizioni operative già decise alla data di entrata in vigore della presente direttiva;

(...)».

7. L’art. 16 della direttiva è formulato come segue:

«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 28 settembre 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

(...)».

8. La direttiva ha abrogato il regolamento (CE) del Consiglio 29 aprile 1999, n. 925, relativo all’immatricolazione e all’impiego nella Comunità di alcuni tipi di aerei subsonici civili a reazione che sono stati modificati e ricertificati conformi alle norme del volume I, parte II, capitolo 3, dell’allegato 16 della convenzione sull’aviazione civile internazionale, terza edizione (luglio 1993) (GU L 115, pag. 1).

9. L’art. 1 di tale regolamento è così formulato:

«L’obiettivo del presente regolamento è di stabilire regole volte ad evitare il deterioramento dell’impatto complessivo delle emissioni sonore nella Comunità degli aerei subsonici civili a reazione ricertificati e nel contempo a limitare altri danni all’ambiente».

10. Ai sensi dell’art. 2 del detto regolamento, si intende per:

«1) “ velivolo subsonico civile a reazione ”, un velivolo subsonico civile a reazione con peso massimo certificato al decollo di 34 000 kg o più, o con un numero massimo certificato di posti a sedere per passeggeri per il tipo di aereo in questione superiore a diciannove, esclusi i sedili per l’equipaggio, e dotato di motori con coefficiente di diluizione inferiore a 3;

2) “ velivolo subsonico civile a reazione ricertificato ”, un velivolo subsonico civile a reazione originariamente certificato conforme alle norme del capitolo 2 o a norme equivalenti, o originariamente sprovvisto di certificato acustico, che sia stato modificato per soddisfare le norme del capitolo 3, sia direttamente mediante modifiche tecniche, sia indirettamente mediante restrizioni operative; i velivoli subsonici civili a reazione che originariamente potevano ottenere solo una duplice certificazione di conformità alle norme del capitolo 3 attraverso restrizioni di peso devono essere considerati come aeromobili ricertificati; i velivoli subsonici civili a reazione modificati per soddisfare le norme del capitolo 3 mediante la completa sostituzione dei motori con motori con coefficiente di diluizione pari o superiore a 3 non sono considerati aerei ricertificati;

(...)

4) “ restrizioni operative ”, le restrizioni di peso prescritte al velivolo e/o le limitazioni operative controllate dal pilota o dall’operatore, ad esempio posizionamento ridotto dei flap;

(...)».

11. L’art. 3 del medesimo regolamento disponeva, a proposito dei velivoli non conformi, quanto segue:

«1. I velivoli subsonici civili a reazione ricertificati non sono immatricolati nel registro nazionale di uno Stato membro a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento.

2. Il paragrafo 1 non si applica ai velivoli subsonici civili a reazione immatricolati nel registro di uno Stato membro alla data di applicazione del presente regolamento e che sono da allora immatricolati nella Comunità.

3. Fatte salve le disposizioni della direttiva 92/14/CEE, in particolare il paragrafo 2 dell’articolo 2, a decorrere dal 1° aprile 2002 non è consentito l’impiego, negli aeroporti del territorio della Comunità, di velivoli subsonici civili a reazione ricertificati, immatricolati in un paese terzo, a meno che l’operatore di tali velivoli possa provare che essi risultano immatricolati nel registro di tale paese terzo alla data di applicazione del presente regolamento e sono stati posti in esercizio nel territorio della Comunità anteriormente a tale data, tra il 1° aprile 1995 e la data di applicazione del presente regolamento.

4. I velivoli subsonici civili a reazione ricertificati immatricolati nei registri degli Stati membri non possono essere utilizzati negli aeroporti nel territorio della Comunità a decorrere dal 1° aprile 2002, a meno che essi siano stati utilizzati in tale territorio anteriormente alla data di applicazione del presente regolamento».

La normativa nazionale

12. Il regio decreto del 14 aprile 2002 è entrato in vigore il 1° luglio 2003. Si evince dal preambolo di tale regio decreto che, quando esso è stato adottato, il legislatore ha tenuto conto in particolare del regolamento n. 925/1999 e dell’esigenza imperativa di evitare l’incertezza giuridica che sarebbe risultata per gli operatori in seguito all’abrogazione del detto regolamento, il 28 marzo 2002.

13. Il regio decreto del 14 aprile 2002 ha introdotto restrizioni operative durante le ore notturne in tutti gli aeroporti situati nel territorio belga per determinate categorie di aerei subsonici civili a reazione ricertificati per soddisfare le norme definite nel volume 1, parte II, capitolo 3, dell’allegato 16 della convenzione sull’aviazione civile internazionale, firmata a Chicago il 7 dicembre 1944 ( Recueil des traités des Nations unies , vol. 15, n. 102).

14. L’art. 1 del regio decreto del 14 aprile 2002 dispone quanto segue:

«Durante i periodi notturni che vanno dalle ore 23.00 locali alle ore 6.00 locali, le operazioni degli aerei subsonici civili a reazione sono autorizzate unicamente qualora tali aerei effettuino voli in configurazione liscia (carrello d’atterraggio e ipersostentatori rientrati)».

15. Ai sensi dell’art. 2 di tale decreto:

«L’art. 1 non è applicabile:

1. agli aerei che sorvolano il territorio belga durante un volo rispetto al quale i punti di partenza e di arrivo sono situati all’estero;

2. agli aerei subsonici civili a reazione che:

a) siano muniti di motori il cui coefficiente di diluizione sia uguale o superiore a tre e siano conformi alle norme dell’allegato 16 della convenzione sull’aviazione civile internazionale, volume 1, parte II, capitolo 3, terza edizione (luglio 1993) o a norme più severe,

b) siano dall’origine, ovvero senza essere stati ricertificati, conformi alle norme indicate alla precedente lettera a) o a norme più severe».

16. Il regio decreto del 14 aprile 2002, ai sensi del suo art. 3, si applica fatte salve le disposizioni del regolamento n. 925/1999. L’art. 4 di tale decreto ha stabilito al 1° luglio 2003 la data della sua entrata in vigore.

Procedimento precontenzioso

17. Il 6 giugno 2002 la Commissione chiedeva alle autorità belghe informazioni sul regio decreto del 14 aprile 2002 e, in particolare, sui motivi che avrebbero giustificato la conservazione del riferimento al criterio del «coefficiente di diluizione» dei motori figurante nel regolamento n. 925/1999, quando, da un lato, all’epoca dell’adozione del detto decreto tale regolamento era già abrogato e, dall’altro, tale criterio non era stato ripreso nella direttiva.

18. La Commissione, non ritenendo soddisfacente la risposta delle autorità belghe del 28 giugno 2002, inviava al Regno del Belgio, il 24 ottobre 2002, una lettera di diffida, facendo presente che le misure prese in pendenza del termine di recepimento della direttiva erano tali da pregiudicare gravemente lo scopo da essa prescritto e, per questo motivo, violavano la menzionata direttiva nonché il combinato disposto degli artt. 10, secondo comma, CE e 249, terzo comma, CE.

19. Nella loro risposta del 23 dicembre 2003 le autorità belghe producevano più argomenti atti a dimostrare che il regio decreto del 14 aprile 2002 non rappresentava altro che il momento di formalizzazione di una misura già «decisa»», ai sensi dell’art. 7 della direttiva, prima dell’entrata in vigore della stessa.

20. Non concordando con le spiegazioni fornite, il 3 giugno 2003 la Commissione inviava un parere motivato al Regno del Belgio, invitandolo ad adottare, entro due mesi a decorrere dalla sua notifica, le misure necessarie per conformarvisi. Tale Stato membro rispondeva al menzionato parere con lettera in data 25 luglio 2003.

21. Il Regno del Belgio notificava alla Commissione di avere adottato, il 25 settembre 2003, il regio decreto che stabilisce norme e procedure sull’introduzione di restrizioni operative nell’aeroporto di Bruxelles-National ( Moniteur belge del 26 settembre 2003, pag. 47538). Tale regio decreto, che è finalizzato a recepire la direttiva, è entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione e non ha abrogato il regio decreto del 14 aprile 2002.

22. La Commissione ha infine proposto il presente ricorso ai sensi dell’art. 226 CE.

Sul ricorso

Sulla ricevibilità

23. Il governo belga contesta la ricevibilità del ricorso in quanto l’atto introduttivo richiama tanto il fatto che il regio decreto del 14 aprile 2002 non è stato abrogato quando sono state adottate le misure di recepimento della direttiva, il 25 settembre 2003, ossia tre giorni prima della scadenza del termine di recepimento, quanto il fatto di averlo mantenuto in vigore anche dopo la scadenza di tale termine. La Commissione avrebbe ampliato l’oggetto della controversia giacché la lettera di diffida e il parere motivato riguardano soltanto le misure adottate durante il periodo accordato per il re cepimento di tale direttiva, mentre, nell’atto di ricorso, la Commissione vi avrebbe aggiunto il comportamento tenuto dalle autorità belghe dopo il menzionato periodo.

24. Al riguardo, il governo belga sostiene che, poiché questo nuovo addebito non è stato menzionato nel parere motivato, lo Stato membro convenuto sarebbe stato privato della possibilità di porre fine all’inadempimento che gli era rimproverato o di fornire spiegazioni sul punto prima che la Corte venisse adita.

25. Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la lettera di diffida inviata dalla Commissione allo Stato membro e poi il parere motivato emesso da quest’ultima delimitano la materia del contendere, che quindi non può più essere ampliata. Infatti, la possibilità per lo Stato interessato di presentare osservazioni costituisce, anche qualora esso ritenga di non doverne fare uso, una garanzia essenziale voluta dal Trattato CE, la cui osservanza costituisce un requisito formale ad substantiam per la regolarità del procedimento volto ad accertare l’inadempimento di uno Stato membro. Di conseguenza, il parere motivato e il ricorso della Commissione devono vertere sugli stessi addebiti già mossi nella lettera di diffida che apre la fase precontenziosa (v., in particolare, sentenze 29 settembre 1998, causa C‑191/95, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑5449, punto 55, e 22 aprile 1999, causa C‑340/96, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑2023, punto 36).

26. Nel caso di specie, nel parere motivato la Commissione addebita al Regno del Belgio di avere preso, adottando il regio decreto del 14 aprile 2002, misure che pregiudicano gravemente lo scopo della direttiva.

27. È vero che la Commissione rileva nell’atto di ricorso che il Regno del Belgio non ha abrogato il regio decreto del 14 aprile 2002 quando ha recepito la direttiva e che, dopo il termine di recepimento, il menzionato regio decreto era ancora in vigore; ciò non toglie tuttavia che una simile osservazione, anche se è stata fatta soltanto nella fase dell’atto di ricorso, non può costituire un nuovo addebito. Infatti, da parte della Commissione si tratta di una mera constatazione di fatto di cui può avvalersi dal momento che la situazione descritta è in grado di provare, da un lato, che lo stato delle cose non è cambiato dopo la scadenza dei due mesi accordati dal parere motivato e, dall’altro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, che il regio decreto del 14 aprile 2002 non era una misura transitoria volta ad assicurare la continuità dopo l’abrogazione del regolamento n. 925/1999.

28. A questo proposito occorre rilevare che il 3 giugno 2003, quando la Commissione ha inviato il parere motivato, il termine per il recepimento della direttiva non era ancora scaduto, le misure per recepire la direttiva non erano state adottate e il regio decreto del 14 aprile 2002 non era ancora entrato in vigore.

29. Ciò premesso, non si può validamente rimproverare alla Commissione di non aver sollevato, nel parere motivato, né il fatto che il regio decreto del 14 aprile 2002 non era stato abrogato all’epoca dell’adozione delle misure di recepimento della direttiva né quello che era stato mantenuto in vigore anche dopo la scadenza del termine menzionato.

30. Pertanto il ricorso è ricevibile.

Nel merito

31. A sostegno del ricorso la Commissione deduce un unico addebito tratto dal fatto che il Regno del Belgio, in pendenza del termine concesso agli Stati membri per recepire la direttiva e quando quest’ultima era già in vigore, ha adottato il regio decreto del 14 aprile 2002 il quale, per quanto riguarda le restrizioni operative imposte a talune categorie di aerei, segue l’approccio adottato dal regolamento n. 925/1999, già abrogato, e non quello individuato dalla menzionata direttiva. Di conseguenza, lo scopo prescritto da tale direttiva – cioè l’adozione di un quadro omogeneo comunitario per introdurre restrizioni operative per gli aerei basato su una definizione unica di cosa occorra intendere per velivoli conformi alle norme definite nel volume 1, parte II, capitolo 3, dell’allegato 16 della convenzione sull’aviazione civile internazionale – ne è risultato gravemente pregiudicato.

32. Infatti, ai sensi dell’art. 4, n. 4, della direttiva, le restrizioni operative basate sulle prestazioni dovrebbero fondarsi sulle emissioni acustiche dell’aeromobile determinate dalla procedura di certificazione applicata conformemente all’allegato 16, volume 1, terza edizione (luglio 1993) della menzionata convenzione, mentre, per stabilire restrizioni operative, l’art. 2 del regio decreto del 14 aprile 2002 si riferisce, così come il regolamento n. 925/1999, al concetto di coefficiente di diluizione dei motori.

33. Il governo belga contesta l’inadempimento sulla base di tre motivi, vale a dire, in primo luogo, che il regio decreto del 14 aprile 2002 rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 7 della direttiva, in secondo luogo, che esso si inserisce nell’obiettivo del legislatore comunitario in quanto colma il vuoto giuridico conseguente all’abrogazione del regolamento n. 925/1999 e, in terzo luogo, che esso non pregiudica gravemente lo scopo prescritto dalla detta direttiva.

Il regio decreto del 14 aprile 2002 rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 7 della direttiva

34. Il governo belga sostiene che il regio decreto del 14 aprile 2002 rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 7 della direttiva, il quale prevede un’eccezione per le restrizioni operative che sono già decise alla data di entrata in vigore della direttiva.

35. A questo proposito, il menzionato governo aggiunge che il regio decreto del 14 aprile 2002 faceva parte delle «politiche consolidate» e delle «restrizioni operative esistenti» alle quali fanno riferimento, rispettivamente, la risoluzione A33‑7, adottata dalla 33 a assemblea dell’Organizzazione dell’aviazione civile internazionale (in prosieguo: l’«ICAO») nell’ottobre 2001, in cui è contenuta la «Relazione ricapitolativa della politica permanente e delle pratiche dell’ICAO nel settore della protezione ambientale», e l’art. 7 della direttiva. Infatti, al fine di limitare le emissioni acustiche notturne dell’aeroporto di Bruxelles, l’11 febbraio 2000 il Consiglio dei ministri belga avrebbe adottato l’«accordo aeroportuale» e avrebbe creato un gruppo di lavoro ad hoc incaricato di elaborare un insieme di progetti di regolamentazione . Tali disposizioni, facendo parte di una politica consolidata ed essendo state decise dalle autorità nazionali quantomeno nel corso del 2000, ossia prima dell’entrata in vigore della direttiva, dovrebbero poter beneficiare della deroga all’applicazione delle norme di valutazione meno vincolanti poste in essere dalla detta direttiva.

36. È pacifico che il regolamento n. 925/1999, applicabile dal 4 maggio 2000, aveva per oggetto, in particolare, l’adozione di misure di protezione volte ad evitare un ulteriore deterioramento della situazione sotto il profilo delle emissioni sonore nei pressi degli aeroporti comunitari, nonché a ridurre il consumo di combustibile e le emissioni inquinanti dei motori. Queste misure hanno dato luogo a imposizioni in tutti gli Stati membri di restrizioni operative dei velivoli subsonici civili a reazione ricertificati, prendendo come parametro il coefficiente di diluizione dei loro motori.

37. Anche la direttiva persegue lo scopo di evitare un aumento dell’inquinamento acustico e di tutelare l’ambiente mediante l’introduzione di restrizioni operative. Restrizioni del genere non sono tuttavia collegate al coefficiente di diluizione dei motori degli aerei, ma sono decise in base ad un approccio equilibrato alla gestione del rumore in ciascun aeroporto preso in considerazione dalla menzionata direttiva. Il vantaggio di questo approccio risiede nel fatto che in aeroporti che presentano problemi di inquinamento acustico paragonabili vengono applicate restrizioni operative dello stesso tipo.

38. Risulta dal decimo ‘considerando’ della direttiva che l’approccio equilibrato costituisce un metodo d’azione per affrontare il problema delle emissioni acustiche dei velivoli, comprese linee di indirizzo internazionali per l’introduzione di restrizioni operative specifiche per ogni aeroporto. Il concetto di «approccio equilibrato» definito dalla risoluzione A33‑7, adottata dalla 33 a assemblea dell’ICAO, comprende quattro principali elementi ed esige un’attenta valutazione di tutte le soluzioni possibili per attenuare le emissioni acustiche, in particolare la riduzione alla fonte del rumore prodotto dagli aerei, la pianificazione e la gestione del territorio, le procedure operative per l’«abbattimento del rumore» e le restrizioni operative, ferma restando l’osservanza dei pertinenti obblighi di legge, degli accordi in vigore, della normativa vigente e delle prassi consolidate.

39. Dal diciottesimo ‘considerando’ della direttiva risulta altresì che, in tale contesto, il legislatore comunitario ha ritenuto assolutamente necessario permettere che continuassero ad essere applicate le vigenti misure di gestione del rumore adottate in determinati aeroporti per poter rispettare i diritti acquisiti degli operatori economici interessati. Per questo motivo, ai sensi dell’art. 7 della direttiva, le norme da seguire quando viene prevista una decisione in materia di restrizioni operative, di cui all’art. 5 di tale direttiva, non si applicano alle restrizioni operative già in vigore.

40. Vero è che la formulazione dell’art. 7, lett. a), della direttiva riguarda le restrizioni operative già decise alla data di entrata in vigore della menzionata direttiva, tuttavia non ne deriva che gli obiettivi di tutela dell’ambiente elencati nell’accordo aeroportuale adottato dal Consiglio dei ministri belga l’11 febbraio 2000, che sono stati raggiunti man mano che venivano adottate varie decisioni concrete, possano essere considerati restrizioni operative ai sensi all’art. 7 di tale direttiva.

41. Infatti, la stessa intitolazione del detto art. 7 indica che tale disposizione riguarda le restrizioni già in vigore. Orbene, anche se risulta dal detto accordo aeroportuale che il Consiglio dei ministri aveva deciso di agire per limitare le emissioni sonore notturne negli aeroporti, un accordo del genere non ha introdotto restrizioni operative specifiche obbligatorie per gli operatori economici interessati.

42. A sostegno della sua argomentazione, il governo belga rinvia al testo dell’art. 7 come era formulato nella proposta di direttiva presentata dalla Commissione, secondo il quale l’art. 5 della direttiva non doveva applicarsi alle restrizioni operative già applicate alla data di entrata in vigore della direttiva. Quindi, il criterio iniziale, che prevedeva che le misure fossero applicate, sarebbe stato sostituito da un criterio più elastico, ossia che le misure fossero state semplicemente decise. Il detto governo sostiene che tale modifica verrebbe privata di qualsiasi utilità qualora, invece di interpretare rigidamente e letteralmente il testo dell’art. 7 della detta direttiva, occorresse interpretarlo nel senso che riguarda unicamente le misure che sono state non soltanto decise, ma anche promulgate e pubblicate.

43. Questo argomento non è però convincente.

44. Infatti, se, rispetto alla proposta di direttiva presentata dalla Commissione, il testo dell’art. 7 della direttiva ha subito un’evoluzione, ciò è dovuto al fatto che il legislatore ha deciso di ampliare la portata della deroga all’applicazione dell’art. 5 di tale direttiva. Così, la nozione di «restrizioni operative già decise alla data di entrata in vigore della direttiva» corrisponde meglio alla volontà del legislatore, espressa al diciottesimo ‘considerando’ della detta direttiva, di rispettare i diritti acquisiti degli operatori economici coinvolti rispetto alla nozione di «restrizioni operative già applicate» a quella data, che originariamente compariva nella detta proposta.

45. Per questo motivo, il testo dell’art. 7, lett. a), della direttiva include nel suo ambito di applicazione, oltre alle restrizioni operative già applicate negli Stati membri all’atto della sua entrata in vigore, quelle adottate e pubblicate, ma la cui concreta applicazione è stata differita ad una data successiva. Poiché queste ultime restrizioni, ancor prima che la loro applicazione divenisse obbligatoria, imponevano già agli operatori economici futuri vincoli operativi per certi tipi di velivoli, i preparativi intrapresi da tali operatori per adeguare la loro flotta hanno dovuto essere oggetto di una deroga sulla base del principio del rispetto dei diritti acquisiti.

46. Le restrizioni operative imposte con il regio decreto del 14 aprile 2002, non essendo state né promulgate né pubblicate il 28 marzo 2002, non potevano aver creato diritti in favore degli operatori economici alla data di entrata in vigore della direttiva. Ne consegue che esse non rientravano nella nozione di «restrizioni operative già decise alla data di entrata in vigore della direttiva», ai sensi dell’art. 7, lett. a), della medesima.

47. Il governo belga sostiene infine che è soltanto a causa della complessità inerente al sistema giuridico belga – con la conseguente ripartizione delle competenze tra l’ente federale e gli enti regionali, che esige il rispetto di una lunga procedura di concertazione e di consultazione prima di poter formalizzare determinati decisioni politiche – che la decisione del Consiglio dei ministri ha potuto essere formalizzata soltanto il 14 aprile 2002 con l’adozione del detto regio decreto che vieta, nelle ore notturne, le operazioni degli aerei ricertificati.

48. A questo proposito, occorre ricordare che uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del suo ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi risultanti dal diritto comunitario (v., in particolare, sentenze 26 giugno 2001, causa C‑212/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑4923, punto 34; 9 settembre 2004, causa C‑195/02, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑7857, punto 82, e 18 luglio 2006, causa C‑119/04, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑6885, punto 25).

49. Il regio decreto del 14 aprile 2002 non rientra quindi nell’ambito di applicazione dell’art. 7 della direttiva.

Il regio decreto del 14 aprile 2002 si inserisce nell’obiettivo del legislatore comunitario

50. In subordine, il governo belga sostiene che il regio decreto del 14 aprile 2002 è stato adottato per colmare il vuoto giuridico derivante dall’abrogazione del regolamento n. 925/1999 e che, pertanto, esso si inserisce nell’obiettivo del legislatore comunitario. Tale regio decreto fa riferimento nel suo preambolo al regolamento n. 925/1999, da un lato, perché le discussioni svoltesi in seno al Consiglio dei ministri dell’11 febbraio 2000 si riferivano al detto regolamento e, dall’altro, perché la politica seguita dal governo federale e dagli enti federati si inseriva nel quadro di tale regolamento. Poiché l’intenzione dichiarata del governo era quella di vietare prima possibile che nel territorio belga venissero utilizzati alcuni aerei civili subsonici a reazione, occorreva evitare che gli operatori economici potessero pensare che, per effetto dell’abrogazione della regolamento n. 925/1999, questo tipo di aereo potesse essere utilizzato.

51. Tale argomento non può essere accolto.

52. Infatti, in primo luogo, l’abrogazione del regolamento n. 925/1999 non ha creato un vuoto giuridico, perché tale regolamento è stato sostituito dalla direttiva il giorno stesso in cui quest’ultima è entrata in vigore. A questo proposito occorre rilevare, come segnalato dall’avvocato generale al paragrafo 82 delle sue conclusioni, che nulla impediva allo Stato membro di adottare normative nazionali compatibili con le disposizioni della direttiva.

53. In secondo luogo, è vero che, adottando la direttiva, il legislatore comunitario perseguiva l’obiettivo di ridurre le emissioni sonore prodotte dagli aerei, esattamente come con l’adozione del regolamento n. 925/1999, ciò non toglie tuttavia che i metodi operativi previsti dall’una e dall’altro siano radicalmente diversi. Infatti, ai sensi della direttiva, la riduzione delle emissioni sonore è il risultato di un approccio equilibrato alla gestione del rumore in ciascun aeroporto, mentre le disposizioni del regolamento n. 925/1999 sono volte ad evitare il deterioramento dell’impatto complessivo delle emissioni sonore imponendo restrizioni operative ai velivoli subsonici civili a reazione in funzione del coefficiente di diluizione dei loro motori.

54. In terzo luogo, secondo il suo art. 1, lett. a), la direttiva ha segnatamente l’obiettivo di stabilire norme comunitarie intese ad agevolare l’adozione di restrizioni operative coerenti a livello degli aeroporti e a tal fine prevede, all’art. 2, lett. d), la definizione di «velivoli marginalmente conformi» alle norme definite nel volume 1, parte II, capitolo 3, dell’allegato 16 della convenzione sull’aviazione civile internazionale, senza far riferimento ai velivoli ricertificati.

55. Orbene, il regio decreto del 14 aprile 2002, secondo il suo quinto ‘considerando’, è inteso a stabilire un quadro normativo armonizzato a livello nazionale per quanto riguarda questa stessa categoria di velivoli e, per ottenerlo, introduce restrizioni alle operazioni dei velivoli durante le ore notturne, restrizioni che riguardano aerei civili subsonici a reazione ricertificati, a prescindere dal fatto che questi siano stati modificati per soddisfare le norme definite nel volume 1, parte II, capitolo 3, dell’allegato 16 della convenzione sull’aviazione civile internazionale.

56. Il governo belga sostiene inoltre che l’ambito di applicazione del regio decreto del 14 aprile 2002 è generale e riguarda tutto il territorio nazionale, mentre l’aeroporto di Bruxelles-National, il quale, in considerazione del numero di movimenti, sarebbe il solo preso in considerazione dalla direttiva, era già sottoposto a restrizioni operative. Tali restrizioni sarebbero state decise dal decreto ministeriale del 26 ottobre 2000 recante approvazione del regolamento adottato dal consiglio d’amministrazione della BIAC, società per azioni di diritto pubblico, del 15 giugno 2000, che istituisce un sistema di quote acustiche durante la notte e determina la quantità massima di rumore autorizzata di notte all’aeroporto di Bruxelles-National ( Moniteur belge del 17 novembre 2000, pag. 38194). Quindi, questo decreto ministeriale avrebbe vietato il decollo di tutti gli aerei subsonici civili a reazione in partenza dal detto aeroporto e le disposizioni del regio decreto del 14 aprile 2002 si sovrapporrebbero ad una normativa già esistente.

57. Non si può condividere questo punto di vista.

58. Infatti, anche se l’unico aeroporto in Belgio preso direttamente in considerazione dalla direttiva era già sottoposto a restrizioni operative decise nel 2000, imposte da un decreto ministeriale specifico, non ne consegue tuttavia che il Regno del Belgio, all’epoca dell’adozione del regio decreto del 14 aprile 2002 applicabile a tutti gli aeroporti situati nel suo territorio indipendentemente dal volume del traffico, potesse prescindere dall’approccio imposto dalla menzionata direttiva, che era già in vigore, per istituire restrizioni operative finalizzate al contenimento dell’inquinamento acustico.

59. Al riguardo, occorre rilevare che, secondo costante giurisprudenza, l’inesistenza, in un determinato Stato membro, di una particolare attività presa in considerazione da una direttiva non può esentare questo Stato dall’obbligo che gli incombe di adottare provvedimenti legislativi o regolamentari che assicurino un’adeguata trasposizione dell’insieme delle disposizioni di tale direttiva (sentenze 15 marzo 1990, causa C‑339/87, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑851, punto 22; 16 novembre 2000, causa C‑214/98, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑9601, punto 22; 13 dicembre 2001, causa C‑372/00, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑10303, punto 11, e 30 maggio 2002, causa C‑441/00, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑4699, punto 15).

60. Ne consegue che il regio decreto dal 14 aprile 2002 non può essere considerato inserirsi nell’obiettivo del legislatore comunitario.

Il regio decreto del 14 aprile 2002 non pregiudica gravemente lo scopo prescritto dall a direttiva

61. In ulteriore subordine, il governo belga sostiene che l’adozione del regio decreto del 14 aprile 2002 in pendenza del termine accordato gli Stati membri per recepire la direttiva non soltanto non pregiudica gravemente lo scopo da essa prescritto, ma può anche facilitare l’attuazione della direttiva, perché tale decreto ha obbligato le compagnie aeree a effettuare gli investimenti necessari per il rinnovo della loro flotta.

62. Si deve rammentare al riguardo che, secondo la giurisprudenza della Corte, se gli Stati membri non sono tenuti ad adottare le misure di recepimento di una direttiva prima della scadenza del termine previsto a tal fine, dal combinato disposto degli artt. 10, secondo comma, CE e 249, terzo comma, CE nonché dalla direttiva stessa risulta che, in pendenza di tale termine, essi devono astenersi dall’adottare disposizioni che possano compromettere gravemente la realizzazione dello scopo prescritto dalla direttiva stessa (v., in particolare, sentenze 18 dicembre 1997, causa C‑129/96, Inter‑Environnement Wallonie, Racc. pag. I‑7411, punto 45, e 14 settembre 2006, causa C‑138/05, Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie, Racc. pag. I‑8339, punto 42).

63. Pertanto gli Stati membri non possono, senza compromettere gravemente lo scopo prescritto dalla direttiva, adottare, in pendenza del termine per il recepimento della direttiva stessa, disposizioni che, pur perseguendo lo stesso obiettivo, cioè la riduzione del numero di persone che subiscono i danni provocati dal rumore dei velivoli, impediscono l’introduzione di restrizioni operative omogenee in tutta la Comunità.

64. Orbene, è pacifico che il governo belga ha promulgato e pubblicato il regio decreto del 14 aprile 2002 in pendenza del termine di recepimento previsto dalla direttiva. Tale regio decreto non era volto a recepire la detta direttiva, ma ad istituire un quadro normativo armonizzato a livello nazionale per ridurre le emissioni sonore prodotte dai velivoli, fondato sull’approccio previsto dal regolamento n. 925/1999, ossia l’emanazione di restrizioni operative sulla base del coefficiente di diluizione dei motori con l’obiettivo di vietare definitivamente l’esercizio degli aerei subsonici civili a reazione ricertificati.

65. Ne consegue che l’adozione del regio decreto del 14 aprile 2002, che è entrato in vigore il 1° luglio 2003, ovvero meno di tre mesi prima della data di scadenza del termine per recepire la direttiva, ha causato un trattamento ingiustamente svantaggioso di talune categorie di velivoli e ha pregiudicato in maniera durevole i presupposti per il recepimento e l’applicazione della direttiva medesima nella Comunità. Infatti, a causa del divieto di utilizzare alcuni aerei in seguito all’applicazione del menzionato decreto, la determinazione dell’impatto del rumore prevista dalla detta direttiva non potrà tener conto delle emissioni prodotte da tutti gli aerei conformi alle norme definite nel volume 1, parte II, capitolo 3, dell’allegato 16 della convenzione sull’aviazione civile internazionale e, di conseguenza, il miglioramento ottimale della gestione del rumore non potrà essere perseguito in maniera conforme alle disposizioni della detta direttiva.

66. Il governo belga sostiene, inoltre, che la Commissione non ha dimostrato che il regio decreto del 14 aprile 2002 era in grado di provocare un simile effetto negativo, poiché, se fosse stato promulgato nel corso del marzo 2002, le restrizioni che esso impone sarebbero state accettate come misure in vigore all’epoca della pubblicazione della direttiva, soggette al regime derogatorio del suo art. 7. Pertanto, non sarebbe ragionevole affermare che, per il fatto di essere stato promulgato un mese più tardi, il regio decreto avrebbe prodotto effetti pregiudizievoli, quando il termine accordato per la trasposizione della direttiva non era scaduto.

67. A questo proposito basta rilevare, come sottolineato dalla Commissione nella sua replica, che il detto argomento è del tutto ipotetico e che la Corte, nell’ambito di un ricorso per inadempimento, deve pronunciarsi tenendo conto soltanto degli elementi di fatto della causa, escludendo qualsiasi supposizione. Si deve peraltro osservare che il governo belga presenta un’ipotesi, nella quale il regio decreto sarebbe stato adottato prima dell’adozione della direttiva.

68. Ne consegue che il regio decreto del 14 aprile 2002, adottato dal Regno del Belgio in pendenza del termine di trasposizione della direttiva, è idoneo a pregiudicare gravemente la realizzazione dello scopo prescritto da tale direttiva.

69. In tale contesto, occorre considerare fondato il ricorso proposto dalla Commissione.

70. Si deve pertanto dichiarare che, avendo adottato il regio decreto del 14 aprile 2002, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi impostigli dalla direttiva e dal combinato disposto degli artt. 10, secondo comma, CE, e 249, terzo comma, CE.

Sulle spese

71. A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Regno del Belgio, rimasto soccombente, va condannato alle spese.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1) Avendo adottato il regio decreto del 14 aprile 2002 che disciplina le operazioni notturne di taluni aerei subsonici civili a reazione, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi impostigli dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 marzo 2002, 2002/30/CE, che istituisce norme e procedure per l’introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti della Comunità e dal combinato disposto degli artt. 10, secondo comma, CE, e 249, terzo comma, CE.

2) Il Regno del Belgio è condannato alle spese.

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