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Document 62005CJ0366

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 21 giugno 2007.
Optimus - Telecomunicações SA contro Fazenda Pública.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Supremo Tribunal Administrativo - Portogallo.
Imposte indirette sulla raccolta di capitali - Direttiva 69/335/CEE, come modificata dalla direttiva 85/303/CEE - Articolo 7, n. 1 - Imposta sui conferimenti - Esenzione - Presupposti - Situazione al 1º luglio 1984.
Causa C-366/05.

Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-04985

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:366

Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nel procedimento C‑366/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Supremo Tribunal Administrativo (Portogallo), con decisione 6 luglio 2005, pervenuta in cancelleria il 29 settembre 2005, nella causa tra

Optimus – Telecomunicações SA

e

Fazenda Pública,

in presenza di:

Ministério Público,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. E. Juhász (relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. G. Arestis e T. von Danwitz, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 26 ottobre 2006,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Optimus – Telecomunicações SA, dai sigg. J. Vieira Peres e C. Botelho Moniz, advogados;

– per il governo portoghese, dai sigg. L. Fernandes e S. Vasques nonché dalla sig.ra A. Ferreira, in qualità di agenti;

– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. R. Lyal e dalla sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 gennaio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU L 249, pag. 25), come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/303/CEE (GU L 156, pag. 23; in prosieguo: la «direttiva 69/335»).

2. Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la Optimus – Telecomunicações SA (in prosieguo: la «Optimus») e le autorità fiscali portoghesi, relativamente al pagamento di un tributo chiamato «imposta di bollo» richiesto in ragione di un aumento del capitale sociale effettuato in contanti.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3. Ai sensi del suo primo ‘considerando’ la direttiva 69/335 ha per obiettivo di promuovere la libera circolazione dei capitali, considerata come libertà fondamentale essenziale per la creazione di un mercato interno. Nell’ambito di tale obiettivo, come emerge dal sesto‑ottavo ‘considerando’ di tale direttiva, essa è diretta ad armonizzare l’imposta alla quale sono sottoposti i conferimenti a società nella Comunità economica europea con l’introduzione di un’imposta unica sulla raccolta di capitali applicabile una sola volta nel mercato comune e con la soppressione di tutte le altre imposte indirette aventi le stesse caratteristiche di tale imposta unica.

4. A tal fine gli artt. 1‑9 della direttiva 69/335 prevedono la riscossione di un’imposta armonizzata sui conferimenti versati a società di capitali, chiamata «imposta sui conferimenti».

5. L’art. 4, n. 1, di tale direttiva contiene un elenco di operazioni che gli Stati membri devono assoggettare all’imposta sui conferimenti. In tale elenco figurano, alla lett. c), «l’aumento del capitale sociale di una società di capitali mediante conferimento di beni di qualsiasi natura». Lo stesso art. 4 contiene, al n. 2, un elenco di operazioni che gli Stati membri possono sottoporre all’imposta sui conferimenti. Gli Stati membri avevano anche la facoltà, conformemente all’art. 7, n. 4, della direttiva 69/335, nella sua versione iniziale, di applicare alle operazioni rientranti nell’art. 4, n. 2, un’aliquota ridotta dell’imposta sui conferimenti.

6. Le aliquote dell’imposta sui conferimenti sono stabilite all’art. 7 della direttiva 69/335. Tale articolo della direttiva 69/335, nella sua versione iniziale, prevedeva, al suo n. 1, lett. a), che l’aliquota dell’imposta sui conferimenti «non può superare il 2%, né essere inferiore all’1%» e, alla lett. b), che «tale aliquota è ridotta del 50% almeno quando una o più società di capitali conferiscono la totalità dei loro patrimoni, o uno o più rami della loro attività, ad una o più società di capitali in via di creazione o già esistenti». In quest’ultimo caso, si tratta di operazioni di concentrazione di imprese e la riduzione dell’aliquota dell’imposta sui conferimenti è sottoposta a talune condizioni.

7. L’art. 8 della direttiva 69/335 consente agli Stati membri di esentare totalmente o parzialmente dall’imposta sui conferimenti le operazioni previste all’art. 4, nn. 1 e 2, concernenti le società di capitali che forniscono servizi di utilità pubblica, a condizione che lo Stato o altri enti locali possiedano almeno la metà del capitale sociale, e le società di capitali che perseguono unicamente e direttamente obiettivi culturali, di beneficenza, di assistenza o di educazione.

8. L’art. 9 della direttiva 69/335 contiene una clausola d’eccezione generale, secondo cui «[t]alune categorie di operazioni o di società di capitali possono essere oggetto di esenzioni, riduzioni o maggiorazioni delle aliquote per motivi di equità fiscale o di ordine sociale ovvero per permettere ad uno Stato membro di far fronte a situazioni particolari».

9. Infine, l’art. 10 della direttiva 69/335 dispone quanto segue:

«Oltre all’imposta sui conferimenti, gli Stati membri non applicano, per quanto concerne le società, associazioni o persone giuridiche che perseguono scopi di lucro, nessuna altra imposizione, sotto qualsiasi forma

a) per le operazioni previste all’articolo 4;

(…)

c) per l’immatricolazione o per qualsiasi altra formalità preliminare all’esercizio di un’attività, alla quale una società, associazione o persona giuridica che persegue scopi di lucro può essere sottoposta in ragione della sua forma giuridica».

10. La direttiva del Consiglio 9 aprile 1973, 73/79/CEE (GU L 103, pag. 13), ha esteso l’ambito di applicazione delle aliquote ridotte dell’imposta sui conferimenti. Essa ha inserito un punto b) bis all’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335 nella sua versione iniziale, lasciando agli Stati membri la possibilità di riservare lo stesso trattamento delle operazioni di concentrazione d’imprese, ossia la riduzione del 50% o più dell’aliquota dell’imposta sui conferimenti, «quando una società di capitali in via di costituzione o già esistente ottiene quote rappresentanti almeno il 75% del capitale sociale precedentemente emesso da un’altra società di capitali». Tale riduzione dell’aliquota dell’imposta sui conferimenti o tale esenzione da siffatta imposta era subordinata a talune condizioni.

11. La direttiva del Consiglio 9 aprile 1973, 73/80/CEE, che fissa le aliquote comuni dell’imposta sui conferimenti (GU L 103, pag. 15), ha introdotto, a partire dal 1° gennaio 1976, una riduzione generale delle aliquote dell’imposta sui conferimenti. Pertanto, l’aliquota generale è stata fissata all’1% e gli Stati membri avevano la facoltà di stabilire le aliquote ridotte previste dall’art. 7, n. 1, lett. b) e b) bis, della direttiva 69/335, come modificata dalla direttiva 73/79, dallo 0% allo 0,50%.

12. In ultimo luogo, la direttiva 85/303 ha apportato talune modifiche sostanziali alla direttiva 69/335. La direttiva 85/303 è fondata sulla constatazione che l’imposta sui conferimenti comporta effetti economici sfavorevoli al raggruppamento e allo sviluppo delle imprese particolarmente sensibili nella congiuntura di quel tempo, che necessitava il rilancio degli investimenti. Il terzo, quarto e quinto ‘considerando’ di tale direttiva affermano:

«considerando che la migliore soluzione per realizzare tali obiettivi consisterebbe nel sopprimere l’imposta sui conferimenti; che, peraltro, la diminuzione del gettito fiscale che ne deriverebbe risulta inaccettabile per alcuni Stati membri; che si deve quindi lasciare agli Stati membri la possibilità di esentare o di assoggettare all’imposta sui conferimenti, totalmente o parzialmente, le operazioni che rientrano nel campo d’applicazione di tale imposta (…);

considerando che è opportuno esentare obbligatoriamente le operazioni attualmente soggette all’aliquota ridotta dell’imposta sui conferimenti;

considerando che al 1° luglio 1984 non esisteva in Grecia un’imposta sui conferimenti; che dunque occorre prevedere la facoltà di introdurre in Grecia un’imposta di questo tipo e di esentare da essa talune operazioni».

13. Conformemente all’art. 1 della direttiva 85/303, le modifiche apportate alla direttiva 69/335 sono le seguenti:

«all’articolo 4, paragrafo 2:

– il testo della frase introduttiva è sostituito dal testo seguente:

“2. Le seguenti operazioni possono continuare ad essere assoggettate all’imposta sui conferimenti se, alla data del 1° luglio 1984, l’aliquota ad esse applicabile era dell’1%”;

– alla fine, è aggiunto il comma seguente:

“Tuttavia la Repubblica ellenica stabilisce quali tra le operazioni suddette essa assoggetta all’imposta sui conferimenti”.

2) il testo dell’articolo 7 è sostituito dal testo seguente:

“Articolo 7

1. Gli Stati membri esentano dall’imposta sui conferimenti le operazioni diverse da quelle di cui all’articolo 9 e che, alla data del 1° luglio 1984, erano esentate o assoggettate ad un’aliquota pari o inferiore a 0,50%.

L’esenzione è sottoposta alle condizioni che a tale data erano applicabili per la concessione dell’esenzione o, se del caso, per l’assoggettamento ad un’aliquota pari o inferiore a 0,50%.

La Repubblica ellenica stabilisce le operazioni che essa esenta dall’imposta sui conferimenti.

2. Gli Stati membri possono esentare dall’imposta sui conferimenti o assoggettare ad un’unica aliquota non superiore all’1% le operazioni diverse da quelle di cui al paragrafo 1.

(…)”

3) il testo della frase introduttiva dell’articolo 8 è sostituito dal testo seguente:

“Con riserva dell’articolo 7, paragrafo 1, gli Stati membri possono esentare dall’imposta sui conferimenti le operazioni di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, concernenti (…)”».

14. Il termine per il recepimento della direttiva 85/303 era stato fissato al 1° gennaio 1986.

La normativa nazionale

15. Dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che la normativa della Repubblica portoghese riguardo alla tassazione delle società di capitali (tariffa generale dell’imposta di bollo, allegata al Codice sull’imposta di bollo), come modificata dal decreto legge 1° settembre 1981, n. 257/81, assoggettava le operazioni di rafforzamento o di aumento del capitale delle società di capitali a un tributo, chiamato «imposta di bollo», equivalente all’1% dell’importo in questione.

16. Il decreto legge 16 maggio 1984, n. 154/84, entrato in vigore il 21 maggio 1984, ha introdotto una deroga a favore delle operazioni di aumento del capitale sociale effettuate in contanti, prevedendo la loro esenzione dall’imposta di bollo.

17. In ultimo luogo, il decreto legge 14 dicembre 2001, n. 322‑B/2001, entrato in vigore il 1° gennaio 2002, ha reintrodotto l’imposizione generalizzata delle operazioni di aumento di capitale delle società di capitali mediante conferimento di beni di ogni natura ad un’aliquota dello 0,40% del valore reale netto dei beni conferiti o da conferire da parte dei soci.

18. La Repubblica portoghese ha aderito alle Comunità europee il 1° gennaio 1986.

Causa principale e questioni pregiudiziali

19. La Optimus, la cui sede è in Portogallo, ha proceduto ad un aumento di EUR 100 000 000 del suo capitale sociale, effettuata interamente in contanti. Al momento della redazione, il 12 novembre 2002, dell’atto notarile con cui si registrava tale aumento di capitale, la detta società doveva pagare un’imposta di bollo dello 0,40%, ossia EUR 400 000, conformemente al decreto legge n. 322‑B/2001.

20. La Optimus impugnava dinanzi al Tribunal Tributário de Primeira Instância do Porto (Tribunale tributario di primo grado di Porto), al quale successivamente succedeva il Tribunal administrativo e fiscal do Porto (Tribunale amministrativo e tributario di Porto), l’atto di liquidazione dell’imposta di bollo in questione, facendo valere che essa era contraria alle disposizioni dell’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335. Infatti, l’obbligo previsto da tale disposizione impedirebbe alla Repubblica portoghese di assoggettare ad imposta, in applicazione del decreto legge n. 322‑B/2001, l’aumento di capitale sociale in causa, poiché, al 1° luglio 1984, data di riferimento stabilita nella disposizione comunitaria in questione, la normativa portoghese esentava dall’imposta di bollo le operazioni di aumento di capitale delle società commerciali effettuate in contanti.

21. Il Tribunal administrativo e fiscal do Porto rigettava il ricorso per il motivo che l’obbligo previsto all’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335 non si applica alle operazioni di cui all’art. 4, n. 1, di tale direttiva, ma unicamente alle operazioni di cui all’art. 4, nn. 2 e 8, di questa. Adito con ricorso proposto dalla Optimus contro tale decisione, il Supremo Tribunal Administrativo (Corte amministrativa suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335 (…), nella versione risultante dalla direttiva 85/303 (…), debba essere interpretato restrittivamente, nel senso che impone, come condizione dell’obbligo ivi imposto agli Stati membri, di esentare determinate operazioni di raccolta dei capitali, che si tratti di operazioni che ai sensi della versione della direttiva vigente prima del 1985 potevano essere esenti dall’imposta o soggette ad un’aliquota ridotta – vale a dire solo quelle previste dagli artt. 4, n. 2, e 8 – e che, inoltre, al 1° luglio 1984 si trovavano in tale situazione.

2) Se gli artt. 7, n. 1, e 10 della direttiva 69/335 (…), nella versione risultante dalla direttiva 85/303 (…), debbano essere interpretati nel senso che vietano l’applicazione dell’imposta di bollo previsto da una norma nazionale come quella del decreto legge 14 dicembre 2001, n. 322‑B, che ha inserito il punto 26 (“conferimenti di capitale”) nella Tariffa generale relativa all’imposta di bollo, ad una società per azioni di diritto portoghese per un aumento del capitale sociale effettuato in contanti, quando al 1° luglio 1984 tale operazione era sì soggetta a quell’imposta, ma ne risultava esente».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

22. Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335 debba essere interpretato nel senso che l’esenzione obbligatoria ivi prevista riguarda solo le operazioni rientranti negli artt. 4, n. 2, e 8 di tale direttiva e nei limiti in cui tali operazioni erano esentate o assoggettate ad imposta ad un’aliquota inferiore o uguale allo 0,50% alla data del 1° luglio 1984.

23. Il governo portoghese, seguito dalla Commissione delle Comunità europee, sostiene a tale riguardo che l’art. 4 della direttiva 69/335, nella sua versione iniziale, distingueva tra le operazioni rientranti nel n. 1, che erano obbligatoriamente soggette all’imposta sui conferimenti, e quelle rientranti nel n. 2, che erano soggette solo facoltativamente a tale imposta. Pertanto, l’obbligo di esenzione previsto all’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335, come modificato dalla direttiva 85/303, varrebbe solo per le operazioni che prima dell’entrata in vigore di quest’ultima direttiva potevano beneficare di un’esenzione o di un’imposizione ad aliquota ridotta, ossia le operazioni rientranti nell’art. 4, n. 2, della direttiva 69/335.

24. La Optimus sostiene al contrario che, oramai, a seguito delle modifiche apportate dalla direttiva 85/303, l’obiettivo principale della direttiva 69/335 è l’eliminazione dell’imposta sui conferimenti e non semplicemente l’armonizzazione dei regimi nazionali. Pertanto, alla luce di tale obiettivo e del principio della libera circolazione dei capitali, siffatto art. 7, n. 1, dovrebbe essere oggetto di un’interpretazione ampia, nel senso che l’obbligo di esenzione ivi previsto varrebbe anche per le operazioni rientranti nell’art. 4, n. 1, della direttiva 69/335 che, come quella in questione nella causa principale, erano esentate dall’imposta sui conferimenti al 1° luglio 1984. Tale interpretazione risulterebbe inoltre dal testo di tale art. 7, n. 1, il quale determinerebbe a tale riguardo un obbligo chiaro e incondizionato in capo agli Stati membri.

25. Al fine di risolvere questa questione del giudice del rinvio, occorre tener conto, quanto all’interpretazione e all’applicazione della direttiva 69/335, della situazione particolare di uno Stato, come la Repubblica portoghese, che è divenuto membro delle Comunità europee con effetto dal 1° gennaio 1986.

26. Deriva, in primo luogo, da tale constatazione che la direttiva 69/335 non era applicabile in detto Stato prima di tale data. Ogni misura in materia di imposizione o di esenzione delle operazioni rientranti nella nozione di raccolta di capitali era adottata nell’ordinamento giuridico portoghese, prima della summenzionata data, sulla base esclusivamente del diritto nazionale.

27. In secondo luogo, ne risulta che, ai fini dell’interpretazione e dell’applicazione della direttiva 69/335 per quanto concerne la Repubblica portoghese, un’interpretazione storica degli obiettivi di tale direttiva non può influenzare l’interpretazione della stessa come in vigore dopo l’adesione di detto Stato. In tale contesto le ragioni di bilancio che hanno impedito a taluni Stati membri, prima del 1° gennaio 1986, di consentire l’eliminazione dell’imposta sui conferimenti non possono essere fatte valere nel caso della Repubblica portoghese.

28. Occorre poi constatare che la data di adesione della Repubblica portoghese alle Comunità, ossia il 1° gennaio 1986, coincide con la scadenza fissata per il recepimento delle modifiche sostanziali apportate alla direttiva 69/335 dalla direttiva 85/303. Peraltro, nessuna disposizione dell’Atto relativo alle condizioni d’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese e agli adattamenti dei Trattati (GU 1985, L 302, pag. 23), né di alcun altro atto, fissa per tale ultimo Stato un termine diverso per il recepimento della direttiva 85/303. Di conseguenza, l’unica versione della direttiva 69/335 valida per la Repubblica portoghese è quella stabilita dalla direttiva 85/303.

29. Tale constatazione è corroborata dal fatto che gli artt. 4, n. 2, e 7, n. 1, terzo comma, della direttiva 69/335 comportano deroghe a favore della Repubblica ellenica riguardo all’applicazione di tale direttiva. Orbene, deroghe di tal genere non sono previste per la Repubblica portoghese.

30. L’art. 7, n. 1, primo comma, della direttiva 69/335 prevede l’obbligo chiaro e incondizionato degli Stati membri di esentare dall’imposta sui conferimenti le operazioni che, al 1° luglio 1984, erano esentate o assoggettate ad imposta ad un’aliquota pari o inferiore allo 0,50%. Tale obbligo, il cui significato è privo di ambiguità, vincola anche la Repubblica portoghese a partire dal 1° gennaio 1986.

31. Tale interpretazione corrisponde non solo alla chiara lettera del detto art. 7, n. 1, ma anche allo spirito e all’obiettivo primario della direttiva 69/335, che, come fa osservare in modo pertinente l’avvocato generale al punto 59 delle sue conclusioni, è volto a limitare il più possibile gli effetti dell’imposta sui conferimenti sulla libera circolazione dei capitali (v., in tal senso, sentenza 12 gennaio 2006, causa C‑494/03, Senior Engineering Investments, Racc. pag. I‑525, punto 43).

32. Occorre rilevare, infine, che la data del 1° luglio 1984, presa come data di riferimento in forza del richiamato art. 7, n. 1, della direttiva 69/335, è anche valida per la Repubblica portoghese. Infatti, in caso di adesione, un rinvio ad una data prevista nel diritto comunitario, in assenza di una disposizione contraria nell’atto di adesione o in qualunque altro atto comunitario, vale anche per lo Stato che aderisce, anche se tale data è anteriore a quella dell’adesione. Orbene, per ciò che riguarda la Repubblica portoghese non vi è a tale riguardo alcuna disposizione diversa né nell’atto di adesione né in un altro atto. Una tale disposizione sarebbe peraltro stata possibile, come lo dimostrano le norme derogatorie a favore della Repubblica ellenica.

33. Da quanto precede risulta che nel caso di uno Stato, come la Repubblica portoghese, che ha aderito alle Comunità europee con effetto dal 1° gennaio 1986, in mancanza di disposizioni derogatorie nell’atto di adesione di tale Stato o in un altro atto comunitario, l’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335 deve essere interpretato nel senso che l’esenzione obbligatoria ivi prevista vale per tutte le operazioni rientranti nell’ambito di applicazione di tale direttiva che, al 1° luglio 1984, erano esentate in tale Stato dall’imposta sui conferimenti o che erano soggette a tale imposta con un’aliquota ridotta inferiore o pari allo 0,50%.

Sulla seconda questione

34. Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se nel caso di uno Stato, come la Repubblica portoghese, che ha aderito alle Comunità con effetto dal 1° gennaio 1986, gli artt. 7, n. 1, e 10 della direttiva 69/335 devono essere interpretati nel senso che vietano l’introduzione, dopo il 1° gennaio 1986, di un’imposta di bollo su un’operazione di aumento del capitale sociale rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva che, al 1° luglio 1984, era esentata da tale imposta in forza del diritto nazionale.

35. È accertato che, al 1° luglio 1984, un aumento del capitale sociale effettuato in contanti era, ai sensi del diritto portoghese, esentato dall’imposta di bollo normalmente richiesta per gli aumenti di capitale sociale effettuati con altri mezzi.

36. Il governo portoghese afferma tuttavia che tale imposta di bollo non costituiva l’unico strumento d’imposizione delle operazioni di raccolta dei capitali esistente all’epoca nell’ordinamento giuridico portoghese. Tali operazioni sarebbero state, infatti, anche sottoposte in modo cumulativo a spese di registrazione e a spese notarili. Le prime di tali spese, ossia quelle richieste per l’iscrizione dell’atto relativo all’operazione in questione nel registro di commercio, costituirebbero una tassazione progressiva la cui aliquota sarebbe variata dall’1%, per le operazioni non superiori a PTE 200 000, allo 0,30% per quelle il cui importo eccedeva PTE 10 000 000. Le spese notarili presenterebbero lo stesso carattere progressivo.

37. Pertanto, secondo l’argomento del governo portoghese, le spese di registrazione e le spese notarili, in virtù del loro effetto cumulativo, rappresentavano, al 1° luglio 1984, un onere equivalente allo 0,60% degli importi in questione ed eccedevano pertanto il limite dello 0,50% previsto all’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335. Di conseguenza, dato che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, tali spese costituivano imposizioni aventi le medesime caratteristiche dell’imposta sui conferimenti, le autorità portoghesi avrebbero potuto reintrodurre, dopo il 1° gennaio 1986, un’imposta di bollo equivalente all’imposta sui conferimenti.

38. Tale argomento non può essere accolto.

39. A questo riguardo, occorre ricordare che, come risulta dai suoi secondo, sesto, settimo e ottavo ‘considerando’, la direttiva 69/335 ha per obiettivo, sin dalla sua versione iniziale, di introdurre al posto dell’imposta sui conferimenti e dell’imposta di bollo in vigore negli Stati membri un’imposta unica e armonizzata sulle operazioni di raccolta di capitali in seno al mercato comune nonché la soppressione di ogni altra imposta indiretta che presenti le stesse caratteristiche dell’imposta sui conferimenti o dell’imposta di bollo.

40. Tale distinzione netta tra l’imposta sui conferimenti, applicata ad aliquote armonizzate, e gli altri tributi che presentano le stesse caratteristiche di tale imposta, che sono vietati, è inequivocabilmente esplicitata nelle disposizioni della direttiva 69/335 sin dalla sua adozione. Pertanto, il suo art. 4 elenca le operazioni che devono o possono essere sottoposte all’imposta sui conferimenti e il suo art. 10 vieta agli Stati membri di percepire, oltre all’imposta sui conferimenti, qualsiasi altro tributo, sotto qualsiasi forma.

41. La distinzione in questione è stata chiaramente osservata durante tutte le fasi dell’evoluzione legislativa della direttiva 69/335. Pertanto, la direttiva 73/79 ha esteso l’ambito di applicazione delle aliquote ridotte dell’imposta sui conferimenti, la direttiva 73/80 ha comportato una diminuzione generale delle aliquote di tale imposta e la direttiva 85/303 denota una tendenza netta a estendere l’esenzione dell’imposta sui conferimenti al maggior numero possibile d’operazioni che rientrano nell’ambito di applicazione di tale imposta. Al contrario, tale evoluzione legislativa non ha per nulla modificato l’obiettivo iniziale consistente nella soppressione e nella proibizione totale di ogni altro tributo avente le stesse caratteristiche dell’imposta sui conferimenti.

42. Occorre rilevare, inoltre, che l’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335 è dedicato unicamente alla regolamentazione concernente l’applicazione dell’imposta sui conferimenti o dell’imposta di bollo, e non all’applicazione di tributi diversi da tali imposte. Pertanto, quando tale disposizione si riferisce alle operazioni «che, alla data del 1° luglio 1984, erano esentate o assoggettate ad un’aliquota pari o inferiore a 0,50%», essa si riferisce alle operazioni che, a tale data, erano esentate dall’imposta sui conferimenti o dall’imposta di bollo o soggette a tali imposte ad un’aliquota inferiore allo 0,50%.

43. Nella fattispecie è certo che le spese di registrazione e le spese notarili cui fa riferimento il governo portoghese non costituiscono un’imposta sui conferimenti, né un’imposta di bollo, ma un altro tipo di tributi.

44. Occorre evidenziare, a tale riguardo, che, nella sentenza 21 giugno 2001, causa C‑206/99, SONAE (Racc. pag. I‑4679), e nell’ordinanza 24 gennaio 2002, causa C‑45/00, SONAE Turismo (non pubblicata nella Raccolta), la Corte ha dichiarato che gli emolumenti richiesti in Portogallo per l’iscrizione nel registro nazionale del commercio di un aumento del capitale sociale di una società di capitali rientrante nella direttiva 69/335 costituivano un’imposizione ai sensi di tale direttiva e che, per tale ragione, erano vietati ai sensi del suo art. 10, lett. c). Nelle sentenze 29 settembre 1999, causa C‑56/98, Modelo (Racc. pag. I‑6427), e 21 settembre 2000, causa C‑19/99, Modelo (Racc. pag. I‑7213), la Corte è giunta alla stessa conclusione riguardo agli onorari richiesti in Portogallo per la redazione di un atto notarile attestante un aumento di capitale che rientra nella direttiva 69/335.

45. Sarebbe dunque contrario al testo dell’art. 7, n. 1, della direttiva 69/335 nonché al suo obiettivo reintrodurre nell’ordinamento giuridico portoghese, dopo il 1° gennaio 1986, un’imposta di bollo sugli aumenti del capitale sociale delle società di capitali, ai sensi della direttiva 69/335, effettuati in contanti, dal momento che una tale imposta non gravava su tali operazioni al 1° luglio 1984, facendo valere come giustificazione di tale reintroduzione il fatto che in tale Stato membro, a quest’ultima data, tali operazioni davano luogo alla riscossione di emolumenti che sono stati considerati dalla Corte proibiti in forza della direttiva 69/335.

46. Da quanto precede risulta, pertanto, che nel caso di uno Stato, come la Repubblica portoghese, che ha aderito alle Comunità europee con effetto dal 1° gennaio 1986, gli artt. 7, n. 1, e 10 della direttiva 69/335 vietano l’introduzione dopo il 1° gennaio 1986 di un’imposta di bollo su un’operazione di aumento del capitale sociale rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva, che, al 1° luglio 1984, era esentata da tale imposta in forza del diritto nazionale.

Sulle spese

47. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1) Nel caso di uno Stato, come la Repubblica portoghese, che ha aderito alle Comunità europee con effetto dal 1° gennaio 1986, in mancanza di disposizioni derogatorie nell’atto di adesione di tale Stato o in un altro atto comunitario, l’art. 7, n. 1, della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/303/CEE, deve essere interpretato nel senso che l’esenzione obbligatoria ivi prevista vale per tutte le operazioni rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 69/335 che, al 1° luglio 1984, erano esentate in tale Stato dall’imposta sui conferimenti o che erano soggette a tale imposta con un’aliquota ridotta inferiore o pari allo 0,50%.

2) Nel caso di uno Stato, come la Repubblica portoghese, che ha aderito alle Comunità europee con effetto dal 1° gennaio 1986, gli artt. 7, n. 1, e 10 della direttiva 69/335, come modificata dalla direttiva 85/303, vietano l’introduzione dopo il 1° gennaio 1986 di un’imposta di bollo su un’operazione di aumento del capitale sociale rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 69/335, che, al 1° luglio 1984, era esentata da tale imposta in forza del diritto nazionale.

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