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Document 62005CC0288

    Conclusioni dell'avvocato generale Sharpston del 5 dicembre 2006.
    Procedimento penale a carico di Jürgen Kretzinger.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesgerichtshof - Germania.
    Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen - Art. 54 - Principio "ne bis in idem" - Nozione di "medesimi fatti" - Sigarette di contrabbando - Importazioni in vari Stati contraenti - Procedimenti penali in diversi Stati contraenti - Nozione di "esecuzione" delle condanne penali - Sospensione dell’esecuzione della pena - Imputazione dei periodi di custodia cautelare di breve durata - Mandato d’arresto europeo.
    Causa C-288/05.

    Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-06441

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:759

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    SHARPSTON

    presentate il 5 dicembre 2006 1(1)

    Causa C-288/05

    Staatsanwaltschaft Augsburg

    contro

    Jürgen Kretzinger

    «Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen – Principio “ne bis in idem” – “Medesimi fatti” – Esecuzione delle condanne penali – Presa in considerazione di condanne precedenti – Sospensione della pena detentiva – Custodia cautelare – Decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri»





    1.        Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, la Quinta Sezione Penale del Bundesgerichtshof (Corte di cassazione federale) chiede chiarimenti in merito al significato dell’espressione «medesimi fatti» e della nozione di «esecuzione» di una condanna penale, di cui all’art. 54 della Convenzione 14 giugno 1985, di applicazione dell’accordo di Schengen (2) (in prosieguo: la «CAAS»). Il giudice nazionale vuole anche sapere se ai fini della definizione di «esecuzione» abbia rilevanza la trasposizione nel diritto nazionale della decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (3) (in prosieguo: la «decisione quadro»).

     Disposizioni pertinenti

     La CAAS

    2.        Conformemente all’art. 1 del Protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea (4) (in prosieguo: il «Protocollo»), tredici Stati membri, comprese l’Italia e la Germania, sono autorizzati a instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel campo di applicazione del cosiddetto «acquis di Schengen».

    3.        Secondo la definizione di cui all’allegato del Protocollo, l’«acquis di Schengen» include l’Accordo, firmato a Schengen il 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica del Benelux, la Repubblica federale di Germania e la Repubblica francese, relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (5) (in prosieguo: l’«Accordo di Schengen») e, in particolare, la CAAS.

    4.        Il Protocollo dispone che, a decorrere dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, ossia il 1° maggio 1999, l’acquis di Schengen si applica immediatamente ai tredici Stati membri menzionati all’art. 1 del medesimo Protocollo (6).

    5.        Gli artt. 54-58 della CAAS costituiscono il capitolo 3 (intitolato «Applicazione del principio ne bis in idem») del titolo III, che riguarda «Polizia e sicurezza».

    6.        L’art. 54 dispone che «[u]na persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita».

    7.        Conformemente all’art. 55, una Parte contraente può, «al momento della ratifica, dell’accettazione o dell’approvazione della presente convenzione dichiarare di non essere vincolata dall’articolo 54» quando i fatti oggetto della sentenza straniera sono avvenuti in tutto o in parte sul suo territorio, costituiscono un reato contro la sicurezza o contro altri interessi egualmente essenziali di quella Parte contraente e/o sono stati commessi da un pubblico ufficiale di quella Parte contraente in violazione dei doveri del suo ufficio.

    8.        L’art. 56 dispone che «[s]e in una Parte contraente un nuovo procedimento penale è instaurato contro una persona che è stata giudicata con sentenza definitiva per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente, ogni periodo di privazione della libertà scontato sul territorio di quest’ultima Parte contraente per quei fatti dovrà essere detratto dalla pena che sarà eventualmente inflitta. Si terrà altresì conto, nella misura consentita dalla legge nazionale, delle pene diverse da quelle privative della libertà che siano state eseguite».

     La decisione quadro

    9.        La decisione quadro è stata adottata conformemente al titolo VI del Trattato sull’Unione europea, «Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale», e in particolare sul fondamento degli artt. 31, lett. a) e b), e 34, n. 2, lett. b), di quest’ultimo.

    10.      Essa costituisce, come enuncia il sesto ‘considerando’, «la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo [di Tampere del 1999] ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria».

    11.      La decisione quadro persegue due obiettivi principali: in primo luogo, abolire le procedure di estradizione tra Stati membri per quanto riguarda le persone che si sottraggono alla giustizia dopo essere state condannate in via definitiva e, in secondo luogo, accelerare le procedure di estradizione per quanto riguarda le persone sospettate di avere commesso un reato. L’attuale sistema di estradizione tra Stati membri dev’essere sostituito da un nuovo sistema semplificato e più rapido di consegna delle persone rientranti nelle suddette categorie tra le autorità giudiziarie al fine dell’esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all’azione penale (7).

    12.      Ai sensi del decimo ‘considerando’, «il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri».

    13.      L’art. 1, n. 1, definisce il mandato d’arresto europeo come una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro (in prosieguo: lo «Stato membro emittente») in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro (in prosieguo: lo «Stato membro di esecuzione») di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà. Conformemente all’art. 1, n. 2, gli Stati membri devono dare esecuzione a ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della decisione quadro.

    14.      L’art. 2, n. 1, definisce l’ambito di applicazione del mandato d’arresto europeo: «[i]l mandato d’arresto europeo può essere emesso per dei fatti puniti dalle leggi dello Stato membro emittente con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà della durata massima non inferiore a dodici mesi oppure, se è stata disposta la condanna a una pena o è stata inflitta una misura di sicurezza, per condanne pronunciate di durata non inferiore a quattro mesi».

    15.      L’art. 2, n. 2, contiene un elenco di reati che danno luogo a consegna in base al mandato d’arresto europeo, se nello Stato membro emittente il massimo della pena o della misura di sicurezza privative della libertà per tali reati è pari o superiore a tre anni. L’art. 2, n. 4, dispone che «[p]er quanto riguarda i reati non contemplati dal paragrafo 2, la consegna può essere subordinata alla condizione che i fatti per i quali è stato emesso il mandato d’arresto europeo costituiscano un reato ai sensi della legge dello Stato membro di esecuzione indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica dello stesso».

    16.      L’art. 3 enuncia i motivi per i quali l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione deve rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo, tra i quali rientrano i casi in cui «risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna». (8)

    17.      L’art. 4 elenca i motivi per cui l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo. Il rifiuto è consentito, tra l’altro, nei seguenti casi:

    –        se contro la persona oggetto del mandato d’arresto europeo è in corso un’azione nello Stato membro di esecuzione per il medesimo fatto che è alla base del mandato d’arresto europeo [art. 4, punto 2)];

    –        se le autorità giudiziarie dello Stato membro dell’esecuzione hanno deciso di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del mandato d’arresto europeo oppure di porvi fine, o se la persona ricercata ha formato oggetto in uno Stato membro di una sentenza definitiva per gli stessi fatti che osta all’esercizio di ulteriori azioni [art. 4, punto 3)];

    –        se in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un paese terzo a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna [art. 4, punto 5)].

    18.      L’art. 5 disciplina le garanzie che lo Stato emittente deve fornire in casi particolari. L’art. 5, punto 1), dispone che «[s]e il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza comminate mediante decisione pronunciata “in absentia”, e se l’interessato non è stato citato personalmente né altrimenti informato della data e del luogo dell’udienza che ha portato alla decisione pronunciata in absentia, la consegna può essere subordinata alla condizione che l’autorità giudiziaria emittente fornisca assicurazioni considerate sufficienti a garantire alle persone oggetto del mandato d’arresto europeo la possibilità di richiedere un nuovo processo nello Stato membro emittente e di essere presenti al giudizio».

    19.      L’art. 34 impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della decisione quadro entro il 31 dicembre 2003.

    20.      La Commissione ha rilevato nelle sue osservazioni che, mentre l’Italia ha correttamente recepito la decisione quadro nel proprio ordinamento interno, il Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale), con sentenza 18 luglio 2005, aveva dichiarato nulla la legge che dava attuazione in Germania alla decisione quadro. Di conseguenza, una nuova legge di attuazione è stata adottata dal Bundestag il 20 luglio 2006, poco dopo che si era tenuta l’udienza nella presente causa. Essa è entrata in vigore il 2 agosto 2006 (9).

     Il procedimento nazionale e le questioni sottoposte alla Corte

    21.      L’appello del sig. Kretzinger contro la sentenza di condanna del Landgericht Augsburg (Tribunale di Augsburg) è pendente dinanzi al giudice del rinvio. Detto giudice espone come segue i fatti oggetto del procedimento principale.

    22.      In due occasioni, nel maggio 1999 e nell’aprile 2000, il sig. Kretzinger trasportava su autocarro sigarette importate da terzi in Grecia di contrabbando, attraverso l’Italia e la Germania con destinazione Regno Unito. Le sigarette erano nascoste sotto altre merci e non erano mai state presentate per lo sdoganamento.

    23.      Il primo carico, costituito da 34 500 stecche di sigarette di contrabbando, veniva sequestrato dagli agenti della Guardia di Finanza italiana il 3 maggio 1999. Il sig. Kretzinger veniva trattenuto brevemente in Italia agli arresti di polizia e/o in custodia cautelare. Il 22 febbraio 2001, accogliendo l’impugnazione della procura della Repubblica contro la sentenza di assoluzione in primo grado, la Corte d’Appello di Venezia lo condannava in contumacia per importazione e possesso di 6 900 chilogrammi di tabacco estero di contrabbando e per omesso pagamento dei relativi dazi doganali. Essa lo condannava, «(…) per i due reati ascrittigli, a una pena detentiva di un anno e otto mesi». Risulta che la condanna è stata sospesa. Conformemente al diritto italiano, tale sentenza è attualmente passata in giudicato.

    24.      Il secondo carico era costituito da 14 927 stecche di sigarette di contrabbando. Il sig. Kretzinger veniva fermato dalla Guardia di Finanza italiana il 12 aprile 2000. Egli veniva di nuovo trattenuto brevemente in Italia agli arresti di polizia e/o in custodia cautelare. Con sentenza 25 gennaio 2001, il Tribunale di Ancona lo condannava, nuovamente in contumacia e ai sensi delle stesse disposizioni di legge italiane, a una pena detentiva di due anni (senza sospensione). Anche tale sentenza è passata in giudicato ai sensi della legge italiana.

    25.      Il giudice del rinvio osserva che, nonostante i ripetuti tentativi di ottenere chiarimenti sulle suddette sentenze, esso non è stato in grado di stabilire con certezza quali dazi all’importazione siano esattamente stati considerati da ciascuna sentenza e, in particolare, se una di esse o entrambe abbiano tenuto conto di eventuali imputazioni o condanne per frode doganale.

    26.      Il sig. Kretzinger veniva imputato dinanzi al Landgericht Ausburg per evasione dei dazi doganali dovuti per la prima importazione di merci di contrabbando in Grecia (reato previsto dall’art. 374 del codice tributario tedesco) e veniva dichiarato colpevole. Il Landgericht lo condannava a una pena detentiva di un anno e dieci mesi in relazione al primo carico, e di un anno, in relazione al secondo.

    27.      Il Landgericht Augsburg era a conoscenza delle sentenze di condanna italiane, ma rilevava che le pene inflitte al sig. Kretzinger in Italia non erano state eseguite. Esso dichiarava che, sebbene i fatti oggetto delle due condanne in Italia e della sua decisione fossero costituiti dagli stessi due trasporti di sigarette, l’art. 54 della CAAS non era applicabile.

    28.      Le autorità italiane non adottavano alcun provvedimento in forza della decisione quadro al fine di eseguire le condanne in Italia.

    29.      Il sig. Kretzinger adiva la Sezione Penale del Bundesgerichtshof (il giudice del rinvio) mediante ricorso per cassazione. Detto giudice nutre dubbi circa la compatibilità con il diritto comunitario della motivazione adottata dal Landgericht Augsburg.

    30.      In particolare, esso ne pone in dubbio la conclusione secondo cui le condanne inflitte al sig. Kretzinger in Italia non determinano l’applicazione del principio ne bis in idem sancito dall’art. 54 della CAAS e, pertanto, non ostano all’ulteriore esercizio di un’azione penale in Germania. Il giudice del rinvio si domanda se un contrabbandiere, nel suo viaggio dalla Grecia al nord Europa, «possa essere punito in ciascuno Stato membro per un reato commesso ciascuna volta in ciascun attraversamento di frontiera nell’ambito di differenti procedimenti e, se del caso, debba eventualmente scontare cumulativamente ciascuna pena di volta in volta applicata ovvero se la consumazione dell’azione relativa “solo” a una parte di tale unitario viaggio contrabbandiero in uno Stato membro possa portare ad una consumazione nell’azione penale in tutta l’Europa».

    31.      Il giudice del rinvio ha quindi sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)   Se un procedimento penale ha ad oggetto “i medesimi fatti” ai sensi dell’art. 54 della [CAAS] qualora un imputato sia stato condannato da un Tribunale italiano per importazione e detenzione in Italia di tabacco estero di contrabbando nonché per omesso pagamento di dazi doganali per il detto tabacco importato e, successivamente, sia stato condannato da un giudice tedesco, avendo preso possesso in Grecia delle medesime merci in un momento precedente, per ricettazione relativamente ai dazi all’importazione (formalmente) greci sorti in occasione dell’importazione effettuata in precedenza da parte di terzi, nella misura in cui ab origine era intenzione dell’imputato trasportare le merci, dopo averle ricevute in Grecia, nel Regno Unito attraverso l’Italia.

    2)     Se una pena ai sensi dell’art. 54 della [CAAS] è “stata eseguita” o è “effettivamente in corso di esecuzione attualmente”

    a)      qualora l’imputato venga condannato ad una pena detentiva alla cui esecuzione ai sensi della normativa dello Stato di condanna sia stata applicata la sospensione condizionale;

    b)      qualora l’imputato sia stato posto in stato di arresto di polizia o di custodia cautelare e di tale detenzione debba essere tenuto conto ai sensi della normativa dello Stato di condanna ai fini di una successiva esecuzione della pena detentiva.

    3)     Se abbia rilevanza ai fini dell’interpretazione del concetto di esecuzione ai sensi dell’art. 54 della [CAAS]

    a)      il fatto che con la trasposizione nel diritto nazionale della decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190 del 18 luglio 2002) dipenda dallo Stato che per primo emette la sentenza di condanna dare esecuzione in ogni momento alla sua sentenza passata in giudicato secondo il diritto nazionale;

    b)      il fatto che alla domanda di assistenza giudiziaria dello Stato di condanna per la consegna del condannato o per l’esecuzione della sentenza nel territorio nazionale non si debba dar corso in via automatica in ragione del fatto che la sentenza è stata pronunciata in contumacia».

    32.      Hanno presentato osservazioni scritte i governi austriaco, ceco, polacco, svedese, spagnolo, tedesco e la Commissione. Il difensore del sig. Kretzinger è stato nominato solo dopo la scadenza del termine di presentazione delle osservazioni scritte. Per questo motivo gli argomenti principali del sig. Kretzinger sono stati presentati all’udienza del 4 luglio 2006, nel corso della quale hanno presentato osservazioni orali anche la Germania, i Paesi Bassi, la Spagna e la Commissione.

    33.      Va rilevato che le osservazioni scritte sono state presentate prima che fosse pronunciata la sentenza Van Esbroeck (10), mentre l’udienza ha avuto luogo dopo tale pronuncia.

     Analisi

     Sulla prima questione

    34.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza quale sia il significato dell’espressione «medesimi fatti» di cui all’art 54 della CAAS e, in particolare, se si possa considerare il trasporto su autocarro di merci di contrabbando dalla Grecia, attraverso l’Italia e la Germania, con destinazione il Regno Unito, come un medesimo fatto ai sensi della disposizione citata, nella misura in cui ab origine era intenzione dell’imputato trasportare le merci dalla Grecia al Regno Unito.

    35.      Ritengo che i problemi sollevati dalla prima questione siano già stati risolti dalla sentenza Van Esbroeck, confermata dalla giurisprudenza successiva (11).

    36.      Nella sentenza Van Esbroeck, la Corte ha dichiarato che l’«unico criterio pertinente» ai fini dell’art. 54 della CAAS è quello secondo cui deve sussistere «identità dei fatti materiali, intesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro» (12). I fatti materiali sono i «medesimi fatti» se costituiscono un «insieme di fatti inscindibilmente collegati nel tempo, nello spazio nonché per oggetto» (13). La Corte non ha specificato se occorra l’identità sia dell’interesse giuridico tutelato sia della qualificazione giuridica dei fatti, affinché questi ultimi possano essere considerati i «medesimi fatti» ai sensi dell’art. 54 della CAAS (14). Spetta al giudice nazionale accertare se, effettivamente, «i fatti materiali di cui trattasi costituiscano un insieme di fatti inscindibilmente collegati nel tempo, nello spazio nonché per oggetto» (15).

    37.      Dalla sentenza Van Esbroeck discende che spetta al giudice nazionale esaminare se le imputazioni poste a carico del sig. Kretzinger in Germania per avere contrabbandato le sigarette in Grecia, e in Italia per avere contrabbandato le stesse merci in detto Stato, abbiano per oggetto fatti inscindibilmente collegati nel tempo, nello spazio nonché per oggetto.

    38.      A tale riguardo, il giudice nazionale deve tener presente che, nella sentenza Van Esbroeck, la Corte ha rilevato che una serie di fatti consistenti in operazioni interconnesse di esportazione ed importazione «è idonea a costituire, in via di principio, un insieme di fatti i quali, per loro natura, sono inscindibilmente collegati» (16). Come ha correttamente sottolineato l’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella suddetta causa, «è sarcastico parlare di importazione ed esportazione in un ambito territoriale in cui vige un ordinamento giuridico che in sé tende ad abbattere le frontiere sia per le persone sia per i beni» (17).

    39.      Lo stesso ragionamento è applicabile per analogia alla fattispecie in esame. Il giudice del rinvio rileva che il sig. Kretzinger intendeva trasportare le merci di contrabbando in questione via terra dal punto di ingresso nella Comunità (la Grecia) alla destinazione finale (il Regno Unito) con un unico viaggio. Ciò comportava necessariamente più attraversamenti successivi delle frontiere interne dell’Unione europea. Tali attraversamenti costituiscono fasi diverse di un’unica condotta complessiva e non possono essere separati artificialmente. Essi, in linea di massima, possono essere considerati connessi nel tempo, nello spazio nonché (dati l’obiettivo finale del trasporto di cui fanno parte e l’unità dello scopo perseguito) per oggetto. Il contrabbando di sigarette in Grecia (oggetto dell’imputazione in Germania) e il contrabbando delle medesime sigarette in Italia nel momento in cui l’autocarro ha attraversato il confine italiano durante il viaggio verso la destinazione finale nel Regno Unito (oggetto delle imputazioni in Italia) risultano quindi basati sui «medesimi fatti» ai sensi dell’art. 54 della CAAS.

    40.      Propongo quindi alla Corte di risolvere come segue la prima questione:

    «L’espressione “i medesimi fatti” di cui all’art. 54 della CAAS si riferisce all’identità dei fatti materiali, intesi come un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate nel tempo, nello spazio nonché per oggetto. Spetta al giudice nazionale competente stabilire se i fatti oggetto del procedimento principale presentino tale collegamento. Tuttavia, qualora un imputato intendesse sin dall’inizio trasportare merci di contrabbando dal punto di ingresso a una destinazione finale all’interno della Comunità con un’unica operazione, tutti i successivi attraversamenti di frontiere interne nel corso di tale operazione, in linea di principio, possono essere considerati fatti inscindibilmente connessi diretti al suddetto scopo».

     Sulla seconda questione

    41.      La seconda questione consta di due parti.

     2(a) Sulla prima parte

    42.      Il giudice nazionale chiede se una pena detentiva sospesa inflitta al diritto nazionale possa essere considerata come se sia «stata eseguita» o sia «effettivamente in corso di esecuzione attualmente» ai sensi dell’art. 54 della CAAS. In prosieguo farò riferimento a questi due requisiti come alla «condizione dell’esecuzione».

    43.      Concordo con tutte le parti che hanno presentato osservazioni sul fatto che, ai fini del principio ne bis in idem di cui all’art. 54 della CAAS, una pena detentiva sospesa equivale a una pena che è «stata eseguita» o che è «effettivamente in corso di esecuzione attualmente».

    44.      Anche da un breve esame di diritto comparato emerge che, sebbene le modalità possano variare da uno Stato membro all’altro, tutti ammettono la possibilità che la pena detentiva inflitta a un imputato dichiarato colpevole possa essere sospesa, in determinate circostanze, attenuando la severità della condanna. Il principio ispiratore è che, per pene detentive relativamente brevi inflitte a rei che presumibilmente non commetteranno altri reati, la società non ha interesse – come non ne ha il soggetto interessato – ad esporre i colpevoli all’impatto negativo della reclusione. La reintegrazione del reo viene meglio assicurata con la sospensione della pena, sempreché egli rispetti determinate condizioni durante il periodo di sospensione della pena.

    45.      Le circostanze in cui la condanna viene sospesa variano a seconda dei diversi ordinamenti giuridici nazionali, ma presentano analogie sostanziali di fondo. Esse riguardano la gravità del reato (e quindi la pena applicabile) e la situazione personale del condannato. Il giudice competente, di regola, dispone di un certo potere discrezionale nel valutare quest’ultimo elemento.

    46.      La sospensione di una pena detentiva è sempre subordinata al rispetto, da parte del reo, di alcune condizioni imposte dal giudice competente per il periodo di sospensione. Tali condizioni variano a seconda degli Stati membri e dipendono anche dalle circostanze della singola fattispecie. Le autorità competenti vigilano sul rispetto di tali condizioni da parte del reo e il giudice competente conserva il potere di attivare la sentenza sospesa nel caso in cui vengano violate. Di norma, l’attivazione è discrezionale, ma in alcuni casi può essere obbligatoria. In generale, la condanna per altri reati farà scattare l’applicazione della pena sospesa.

    47.      Se la pena sospesa viene attivata, dev’essere scontata l’intera pena detentiva inflitta originariamente.

    48.      Se, invece, il reo rispetta le condizioni applicabili durante il periodo di sospensione, si ritiene (a seconda dello Stato membro) che egli abbia scontato la pena o che il reato e la condanna non abbiano mai avuto luogo.

    49.      Dal punto di vista sostanziale, una condanna detentiva sospesa racchiude in sé una pena in corso di esecuzione. Una persona soggetta a una pena detentiva sospesa è stata processata, condannata e punita. Per effetto del periodo di sospensione, durante il quale tale persona deve rispettare alcune condizioni obbligatorie, la sua normale libertà di agire è temporaneamente limitata. La suddetta persona è inoltre consapevole che, qualora violi le condizioni della sospensione, sarà probabilmente tradotta in carcere per scontare la pena detentiva. Essa vive con questa spada di Damocle pendente sopra la testa.

    50.      È quindi chiaro che una pena detentiva sospesa «penalizza» effettivamente il reo, anche se in misura minore rispetto a una pena detentiva di immediata applicazione. Di conseguenza, essa dev’essere considerata, per tutta la sua durata, come una pena che è «stata eseguita o [è] effettivamente in corso di esecuzione attualmente» ai sensi dell’art. 54 della CAAS.

    51.      Rilevo inoltre che nel contesto nazionale, di regola, si ritiene che una persona condannata a una pena sospesa possa invocare il principio ne bis in idem. Essa è già stata esposta a un rischio una volta e non deve poter essere perseguita una seconda volta per i medesimi fatti (18). Non vedo alcun motivo per cui la conclusione dovrebbe essere diversa nel contesto dell’Accordo di Schengen.

    52.      Pertanto, propongo alla Corte di risolvere come segue la seconda questione, sub a):

    «Una pena detentiva la cui esecuzione sia stata sospesa purché, per un periodo di tempo predeterminato, il reo rispetti talune condizioni fissate ai sensi della legge dello Stato di condanna, costituisce una pena che è stata eseguita o è effettivamente in corso di esecuzione attualmente ai sensi dell’art. 54 della CAAS e, sempreché ricorrano le altre condizioni previste da tale articolo, dà luogo all’applicazione del principio ne bis in idem sancito dalla medesima disposizione».

     2b)   Sulla seconda parte

    53.      Il giudice del rinvio chiede se la condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS sia soddisfatta qualora l’imputato venga brevemente trattenuto in stato di arresto di polizia o di custodia cautelare e se di tale detenzione debba essere tenuto conto ai sensi della normativa dello Stato di condanna ai fini della successiva esecuzione della pena detentiva. Per comodità, farò riferimento alla seconda nozione come al «principio di compensazione».

    54.      Il giudice del rinvio ha espressamente limitato la portata della sua questione al caso in cui i periodi di custodia cautelare siano di breve durata. Tuttavia, dall’ordinanza di rinvio non emerge con chiarezza se i brevi periodi di detenzione del sig. Kretzinger in Italia (19) siano stati trascorsi in stato di arresto di polizia, ai fini dell’interrogatorio senza intervento di un giudice, o se egli sia anche stato trattenuto in stato di custodia cautelare per decisione del giudice competente. La questione formulata dal giudice del rinvio menziona espressamente entrambi i tipi di detenzione. Pertanto, e anche alla luce delle osservazioni scritte presentate alla Corte, esaminerò in primo luogo la custodia cautelare in generale, a prescindere dalla durata, e, in secondo luogo, il tempo trascorso in stato di arresto di polizia.

    –       Custodia cautelare

    55.      Può essere utile iniziare con due osservazioni preliminari.

    56.      In primo luogo, la custodia cautelare costituisce nelle società democratiche un settore delicato del diritto e della politica in materia penale, in quanto tutela l’interesse pubblico a spese della libertà individuale. La regola generale è che i cittadini non possono essere privati della libertà individuale, a meno che siano stati condannati per un reato da un giudice competente in seguito a un processo instaurato in base alla legge (20). Proprio per tale motivo, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU») subordina la custodia preventiva al rispetto di rigorose garanzie procedurali e sostanziali (21). Analogamente, le persone assoggettate a custodia preventiva e successivamente rilasciate senza imputazioni, o processate e assolte, possono avere diritto, in alcune circostanze, a un risarcimento (22).

    57.      In secondo luogo, lo scopo della custodia preventiva non consiste (né potrebbe consistere) nel punire l’imputato per un reato in relazione al quale non è stato ancora condannato. Come ha osservato la Corte europea dei diritti dell’uomo, lo scopo della custodia cautelare consiste nell’evitare il rischio che l’imputato non compaia al processo o che, se rilasciato, possa compiere atti diretti a pregiudicare l’amministrazione della giustizia, commettere ulteriori reati o perturbare l’ordine pubblico (23). Pertanto, come rilevano la Germania, la Spagna e l’Austria, la custodia preventiva precede la sentenza o la definizione del procedimento penale.

    58.      Passando ora ad esaminare la questione sollevata, concordo con tutte le parti che hanno presentato osservazioni (con l’ovvia eccezione del sig. Kretzinger) nel ritenere che i periodi di custodia cautelare non possano essere automaticamente considerati come esecuzione (parziale o totale) di una pena ai sensi dell’art. 54 della CAAS.

    59.      L’art. 54 della CAAS si applica solo nel caso in cui la persona interessata sia stata «giudicata con sentenza definitiva». La custodia cautelare viene disposta in pendenza del processo. Per definizione, quindi, essa ha luogo prima che venga emessa una «sentenza definitiva» ai sensi delle norme applicabili. In base ad un’interpretazione letterale, pertanto, l’art. 54 della CAAS non è applicabile a tali periodi, neanche qualora essi vengano presi in considerazione dalla legge nazionale ai fini di una successiva pena detentiva.

    60.      Inoltre, gli scopi della custodia cautelare sono del tutto diversi da quelli perseguiti dalla società con l’esecuzione di una pena (24).

    61.      Pertanto non posso accogliere l’argomento secondo cui una persona che sia stata assoggettata a custodia cautelare (soprattutto in caso di detenzione per un breve periodo) ha con ciò necessariamente soddisfatto la condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS.

    62.      Ciò premesso, come affermano il sig. Kretzinger, l’Austria, i Paesi Bassi e la Commissione, in alcune circostanze la custodia preventiva può determinare tale conseguenza. Se l’imputato assoggettato a custodia cautelare viene successivamente condannato a una pena detentiva, egli è stato giudicato con sentenza definitiva e – a partire da quel momento – sussiste la prima condizione di applicazione dell’art. 54 della CAAS. In tali circostanze, la questione è se si possa ritenere che il tempo trascorso in stato di custodia cautelare, che ai sensi della legge nazionale viene preso in considerazione ai fini dell’esecuzione della pena detentiva inflitta, soddisfi la condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS.

    63.      Per risolvere tale questione, occorre distinguere due ipotesi.

    64.      Nella prima ipotesi, il tempo trascorso in stato di custodia cautelare è almeno pari alla durata della pena detentiva definitiva. Per quanto è a mia conoscenza, tutti i sistemi penali degli Stati membri contemplano una versione del principio di compensazione (25) applicabile ai fini dell’esecuzione delle pene detentive. Come osservano giustamente il difensore del sig. Kretzinger e la Spagna, tale principio costituisce una manifestazione specifica del principio generale di proporzionalità nel diritto penale (e, si potrebbe aggiungere, del principio di equità): la sentenza dev’essere proporzionata al reato. Pertanto, conformemente al diritto nazionale, la durata della privazione della libertà personale in pendenza del processo va dedotta da quella della detenzione inflitta con la sentenza definitiva. Nel caso in cui la prima sia almeno pari alla seconda, la pena detentiva si considera già scontata per il tempo trascorso in stato di custodia cautelare. Se così non fosse, al reo verrebbe inflitta una pena più severa di quella che la società considera adeguata per il reato di cui trattasi.

    65.      La stessa conclusione vale ai fini dell’art. 54 della CAAS. Infatti, tale conclusione è inevitabile se si considera, come me, che il principio di compensazione discende da esigenze di equità e dall’applicazione del principio di proporzionalità nel diritto penale e che, pertanto, esso riveste lo status di principio generale del diritto comunitario (26). Ne consegue che, quand’anche il diritto nazionale non contemplasse alcun principio di compensazione (27), il diritto comunitario imporrebbe agli Stati membri di considerare soddisfatta la condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS nel caso in cui un imputato condannato sia stato posto in stato di custodia cautelare in uno Stato membro per un periodo pari o superiore alla durata della pena detentiva inflittagli in un altro Stato membro per gli stessi fatti. Di conseguenza, l’art. 54 della CAAS precluderebbe l’esercizio di un’altra azione penale nei confronti della stessa persona per i medesimi fatti materiali.

    66.      Nella seconda ipotesi, la durata del periodo trascorso in stato di custodia cautelare è inferiore a quella della pena detentiva definitiva. In tale contesto occorre distinguere due situazioni.

    67.      Nella prima, il reo continua a scontare il resto della pena detentiva (cioè la differenza tra la durata del periodo trascorso in stato di custodia cautelare e quella della pena detentiva inflitta) (28). È evidente che, poiché la pena è «effettivamente in corso di esecuzione attualmente», sussiste la condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS. Supponendo che siano soddisfatte le altre condizioni di cui all’art. 54 della CAAS, gli altri Stati membri devono astenersi dal perseguire l’interessato una seconda volta per gli stessi fatti.

    68.      Nella seconda situazione, il reo ha scontato periodi di custodia cautelare ma è in libertà nel momento in cui viene pronunciata la condanna a una pena detentiva. Non si può ritenere che la pena sia stata pienamente eseguita (dato che ne dev’essere ancora scontata una parte) né che sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente (dato che l’imputato non è detenuto). Pertanto, non ricorre la condizione dell’esecuzione. In tali circostanze, l’imputato non può invocare l’art. 54 della CAAS nel caso in cui venga sottoposto a un successivo procedimento penale in un altro Stato membro per i medesimi fatti.

    69.      Nel secondo caso, il reo potrebbe comunque invocare il principio di compensazione, in forza del diritto comunitario, affinché il periodo trascorso in stato di custodia cautelare nel primo Stato membro venga dedotto dalla pena detentiva inflitta con la condanna nel secondo Stato membro.

    70.      Come ho detto in precedenza, ritengo che il principio di compensazione sia un principio generale del diritto comunitario derivante dai principi di proporzionalità nel diritto penale e di equità, che va tenuto distinto dal principio ne bis in idem, pur essendo ad esso collegato. Come tale, il suddetto principio può essere invocato direttamente dal reo.

    71.      Quand’anche la Corte non accogliesse questa tesi, l’art. 56 della CAAS (29) obbligherebbe comunque uno Stato membro, come osservano la Commissione e la Svezia, a dedurre dalla pena detentiva che intenda infliggere tutti i periodi trascorsi dall’imputato in stato di detenzione in un altro Stato membro.

    72.      Dall’ampia formulazione dell’art. 56 della CAAS emerge che tale disposizione si applica nel caso in cui, per qualsiasi motivo, venga avviato un procedimento penale contro lo stesso imputato in uno Stato membro malgrado la incostanza che i medesimi fatti siano già stati giudicati con sentenza definitiva in un altro Stato membro (30). Si noti che ciò potrebbe accadere nel caso in cui fosse applicabile una delle deroghe previste all’art. 55 della CAAS, oppure qualora fosse stata pronunciata una «sentenza definitiva» ma non sussistesse la condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS. Diversamente, troverebbe applicazione il principio ne bis in idem di cui all’art. 54 della CAAS.

    –       Tempo trascorso in stato di custodia cautelare

    73.      Nella maggior parte degli Stati membri, la polizia può trattenere in custodia una persona sospetta per un breve periodo al fine di interrogarla o di svolgere indagini preliminari. Di regola, tali periodi non possono superare 48 o 72 ore, entro le quali il sospetto dev’essere condotto dinanzi al giudice competente, che deve decidere se autorizzare un ulteriore arresto di polizia, disporre che il sospetto sia posto in stato di custodia cautelare oppure ordinarne il rilascio, con o senza imputazioni a suo carico (31). Per quanto riguarda la custodia cautelare (e per gli stessi motivi attinenti alla supremazia della libertà individuale, ai valori democratici fondamentali e al rispetto del principio di legalità), l’arresto di polizia è soggetto alle condizioni restrittive di cui all’art. 5, n. 1, lett. c), e n. 3 della CEDU, quale interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (32).

    74.      Non scorgo alcun valido motivo per cui i periodi trascorsi in stato di arresto di polizia debbano essere trattati diversamente da quelli trascorsi in stato di custodia cautelare ai fini della condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS (33). Vale lo stesso ragionamento, mutatis mutandis.

    75.      Pertanto, propongo alla Corte di risolvere come segue la seconda parte della seconda questione:

    «I periodi trascorsi da un imputato in stato di arresto di polizia e/o di custodia cautelare in uno Stato membro non possono essere considerati come una pena che sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente ai sensi dell’art. 54 della CAAS, a meno che tali periodi non siano di durata quanto meno pari a quella della pena detentiva inflitta con sentenza definitiva in relazione ai fatti per i quali l’imputato è stato trattenuto in stato di arresto di polizia o di custodia cautelare».

     Sulla terza questione

    76.      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede se la decisione quadro sia eventualmente rilevante ai fini dell’interpretazione della «condizione dell’esecuzione» di cui all’art. 54 della CAAS. Anche la terza questione è suddivisa in due parti.

    77.      Come ho detto (34), la legge che dà attuazione alla decisione quadro in Germania è stata annullata dal Bundesverfassungsgericht il 18 luglio 2005, proprio un giorno prima che pervenisse alla Corte la presente domanda di pronuncia pregiudiziale. Attualmente la decisione quadro non risulta applicabile in Germania. Tuttavia, una nuova legge di attuazione è stata adottata il 20 luglio 2006 ed è entrata in vigore il 2 agosto 2006, dopo che si era tenuta l’udienza nella presente causa.

    78.      Come ha osservato la Repubblica ceca, non è chiaro perché la soluzione della seconda parte della terza questione – che riguarda gli effetti delle sentenze contumaciali e, più in particolare, dell’art. 5, punto 1), della decisione quadro, sull’art. 54 della CAAS – sia rilevante ai fini dell’esito del procedimento dinanzi al giudice nazionale. Le autorità italiane non hanno emesso un mandato di arresto europeo né, secondo l’ordinanza di rinvio, esse intendono farlo.

    79.      Di conseguenza, si potrebbe sostenere che la terza questione è meramente ipotetica e quindi, secondo la giurisprudenza, irricevibile (35).

    80.      Tuttavia, alla luce delle informazioni disponibili, può darsi che tali questioni, che indubbiamente sollevano un problema di interpretazione del diritto comunitario, siano rilevanti ai fini del procedimento principale. Tale valutazione compete esclusivamente al giudice nazionale. Pertanto la Corte, in linea di principio, è tenuta a pronunciarsi (36).

    81.      Inoltre, per quanto riguarda la seconda parte, il giudice a quo osserva nell’ordinanza di rinvio che, in Germania, lo status giuridico delle sentenze contumaciali dei giudici stranieri è controverso. Sembra quindi che la soluzione della questione possa effettivamente essere utile al giudice del rinvio al fine di stabilire come debbano essere trattate tali sentenze, a prescindere dall’art. 5, punto 1), della decisione quadro, nel contesto dell’art. 54 della CAAS.

    82.      Pertanto, propongo di risolvere entrambe le parti della terza questione.

    83.      Rilevo inoltre che la terza questione riguarda i casi in cui il mandato d’arresto europeo sia stato emesso ai fini «dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà» nei confronti della persona ricercata. La mia analisi riguarda solo tali circostanze.

     3a)   Sulla prima parte

    84.      Con la prima parte si chiede in sostanza se, ai fini dell’interpretazione del concetto di «esecuzione» ai sensi dell’art. 54 della CAAS, abbia rilevanza il fatto che, a norma della decisione quadro quale attuata nell’ordinamento nazionale, lo Stato membro emittente (nella fattispecie l’Italia) in cui è stata pronunciata la sentenza passata in giudicato possa chiedere l’arresto e la consegna dell’imputato da parte dello Stato membro di esecuzione (nella fattispecie la Germania) al fine di dare esecuzione in qualsiasi momento alla suddetta sentenza.

    85.      Non vedo come la decisione quadro possa incidere sull’interpretazione della condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS.

    86.      L’art. 1 della decisione quadro dispone che il mandato d’arresto viene emesso in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’«esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà».

    87.      L’art. 3, punto 2), della decisione quadro elenca espressamente, tra i motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato d’arresto europeo, il caso in cui all’«autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione (…) risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna».

    88.      Da tali disposizioni discende logicamente che, qualora il mandato d’arresto europeo in vista dell’esecuzione di una pena detentiva venga emesso dopo un processo e una condanna, la condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS, per definizione, non sussiste. È evidente che un mandato d’arresto europeo in vista dell’esecuzione di una pena detentiva viene emesso proprio perché la pena detentiva in questione non è stata eseguita né è in corso di esecuzione. Pertanto, l’art. 54 della CAAS non è applicabile. Ne consegue ineluttabilmente che, in tali circostanze, il principio ne bis in idem non osta a che uno Stato membro eserciti un’azione penale per gli stessi fatti, neanche qualora il reo interessato sia stato processato e condannato per i medesimi fatti in un altro Stato membro.

    89.      Pertanto, emerge chiaramente dalla stessa decisione quadro che l’effettiva emissione di un mandato d’arresto europeo, a parte la semplice possibilità che esso possa essere emesso in futuro, è irrilevante ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem. Invece, come dimostra l’art. 3, punto 2), il principio ne bis in idem determina se un mandato d’arresto europeo emesso in forza della decisione quadro debba essere eseguito o meno.

    90.      Tale conclusione è inoltre confermata dal fatto che, come ha rilevato l’Austria nelle sue osservazioni, le parti dell’Accordo di Schengen (37) non sono le stesse parti soggette alla decisione quadro. Se l’applicazione del principio del ne bis in idem di cui all’art. 54 della CAAS dipendesse dalle disposizioni della decisione quadro, ne conseguirebbe una mancanza di certezza del diritto.

    91.      Pertanto, propongo alla Corte di risolvere nei termini seguenti la prima parte della terza questione:

    «Ai fini della nozione di esecuzione ai sensi dell’art. 54 della CAAS è irrilevante il fatto che lo Stato membro in cui l’imputato è stato giudicato con sentenza passata in giudicato ai sensi della legge nazionale possa emettere in qualsiasi momento un mandato d’arresto europeo per europeo per la consegna del medesimo imputato in modo da dare esecuzione alla suddetta sentenza ai sensi della decisione quadro del Consiglio relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri».

     3b)   Sulla seconda parte

    92.      Con la seconda parte della terza questione si chiede in sostanza se, ai fini dell’interpretazione della condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS, abbia rilevanza il fatto che la sentenza alla base del mandato d’arresto europeo sia stata pronunciata in contumacia.

    93.      Il giudice del rinvio esamina tale questione alla luce dell’art. 5, punto 1), della decisione quadro. Esso ritiene che la possibilità di promuovere un nuovo procedimento, quale condizione preliminare per la consegna nelle circostanze indicate dalla suddetta disposizione, possa far dubitare che le condanne italiane debbano essere correttamente qualificate come «sentenze definitive» ai sensi dell’art. 54 della CAAS (partendo dal presupposto che il termine «definitivo» non vada interpretato esclusivamente con riferimento al diritto interno). Il giudice del rinvio richiama l’attenzione sul rischio che fatti rilevanti per più Stati membri e lesivi anche degli interessi finanziari della Comunità possano, di fatto, restare impuniti. Ciò accadrebbe se la sentenza contumaciale di uno Stato membro avesse l’effetto di impedire l’esercizio dell’azione penale in altri Stati membri ma non venisse mai eseguita e lo Stato di condanna non intraprendesse alcuna iniziativa per darle esecuzione (38).

    94.      La questione, così come è formulata, si incentra sulla possibile rilevanza delle sentenze contumaciali pronunciate nel primo Stato membro ai fini dell’interpretazione della condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS. Tuttavia, come hanno giustamente rilevato molti dei soggetti che hanno presentato osservazioni, sembra che con tale questione, in sostanza, il giudice del rinvio chieda piuttosto se le sentenze contumaciali debbano essere considerate decisioni «definitive» ai sensi dell’art. 54 della CAAS.

    95.      L’art. 5, punto 1), della decisione quadro prende espressamente in considerazione le implicazioni delle sentenze contumaciali ai fini del mandato d’arresto europeo. L’art. 5, punto 1), dispone che, se il soggetto ricercato «non è stato citato personalmente né altrimenti informato della data e del luogo dell’udienza che ha portato alla decisione pronunciata in absentia», lo Stato membro dell’esecuzione può consegnare tale persona a condizione che «l’autorità giudiziaria emittente fornisca assicurazioni considerate sufficienti a garantire alle persone oggetto del mandato d’arresto europeo la possibilità di richiedere un nuovo processo nello Stato membro emittente e di essere presenti al giudizio».

    96.      Tale disposizione rispecchia le condizioni stabilite dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella giurisprudenza relativa all’art. 6 della CEDU (diritto a un processo equo). Secondo tale giurisprudenza (e contrariamente alla tesi sostenuta dalla Polonia), i processi in contumacia, di per sé, non sono incompatibili con l’art. 6 della Convenzione. Essi, tuttavia, devono essere celebrati nel rispetto delle rigorose condizioni processuali e sostanziali stabilite dalla CEDU in modo tale da evitare un diniego di giustizia. In sostanza, i processi in contumacia sono consentiti dalla CEDU solo qualora sia stato inequivocabilmente accertato che l’imputato ha rinunciato al diritto di essere presente al processo o si è volontariamente sottratto al giudizio (39).

    97.      Se si interpreta la seconda parte della terza questione in modo letterale, la risposta immediata (come osserva giustamente la Spagna) dev’essere che il fatto che le sentenze definitive siano pronunciate in un processo in contumacia è irrilevante ai fini della condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS. L’emissione di un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esecuzione di una sentenza contumaciale presuppone, per definizione, che non ricorra la condizione dell’esecuzione di cui all’art. 54 della CAAS. La circostanza che tale condizione non ricorra in quanto l’imputato è stato condannato in contumacia (per cui vi sono sempre state scarse probabilità che la sentenza venisse eseguita) oppure in quanto l’imputato si è reso irreperibile dopo la sentenza è irrilevante rispetto al fatto in sé che la sentenza non è stata eseguita. Ne consegue necessariamente che l’eventuale rilevanza dell’art. 5, punto 1), della decisione quadro ai fini dell’esecuzione o della non esecuzione del mandato d’arresto non ha nulla a che vedere con la corretta interpretazione dell’art. 54 della CAAS (40).

    98.      Come ho detto, dietro la questione effettivamente sollevata si cela il problema di stabilire se, alla luce dell’art. 5 della decisione quadro, una sentenza contumaciale debba essere considerata una decisione «definitiva» ai sensi dell’art. 54 della CAAS. Parte della soluzione di tale questione si può rinvenire nella sentenza Gözütok e Brügge (41). In quella causa, la Corte ha dichiarato che decisioni che ai sensi della legge nazionale ostano definitivamente all’ulteriore esercizio dell’azione penale o determinano l’estinzione definitiva dell’azione penale dovevano essere considerate «definitive» ai sensi dell’art. 54 della CAAS.

    99.      Ovviamente, come implicano sia la sentenza della Corte nelle cause riunite Gözütok e Brügge sia la stessa formulazione dell’art. 54 della CAAS, spetta all’ordinamento giuridico nazionale dello Stato membro di condanna stabilire se, e in quali circostanze, una sentenza, compresa una sentenza contumaciale, determini l’estinzione definitiva dell’azione penale per i medesimi fatti ai sensi del diritto nazionale e costituisca una sentenza definitiva. Tale conclusione è in linea con altri atti internazionali, e in particolare con l’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, che disciplina l’applicazione del principio ne bis in idem sul piano nazionale. Tutti i suddetti atti lasciano all’ordinamento interno in questione la competenza a stabilire che cosa costituisca una sentenza penale definitiva (42).

    100. Pertanto, nel valutare una domanda basata sull’art. 54 della CAAS da parte di un imputato condannato in contumacia in uno Stato membro, tutti gli altri Stati membri sono vincolati dal fatto che lo Stato membro di condanna consideri o meno una sentenza contumaciale come una decisione «definitiva». In caso affermativo, e se ricorrono tutte le altre condizioni previste dall’art. 54 della CAAS, tale sentenza farà scattare l’applicazione del principio ne bis in idem nel contesto sovranazionale di Schengen, conformemente al principio della fiducia reciproca su cui si fonda l’art. 54 della CAAS (43).

    101. Tale conclusione è subordinata a un’importante condizione. Il processo in contumacia sfociato nella sentenza dev’essere stato conforme alle condizioni previste dall’art. 6 della CEDU. In base ai principi generali di diritto comunitario e all’art. 6, nn. 1 e 2, UE, tali condizioni sono applicabili estensivamente nel contesto dell’Unione europea. Una sentenza contumaciale pronunciata in violazione della CEDU, quand’anche dovesse essere considerata valida e definitiva in base alla legge nazionale, contravverrebbe ipso facto ai suddetti principi generali del diritto comunitario, che racchiudono i basilari e fondamentali diritti dell’uomo. Di conseguenza, tale sentenza non può essere legittimamente considerata una sentenza «definitiva» ai sensi dell’art. 54 della CAAS.

    102. È precisamente per tale motivo che il testo dell’art. 5, punto 1), della decisione quadro riecheggia le condizioni poste dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in relazione all’art. 6 della CEDU per stabilire se una sentenza contumaciale sia valida.

    103. Pertanto, propongo alla Corte di risolvere come segue la seconda parte della terza questione:

    «Ai fini della nozione di esecuzione ai sensi dell’art. 54 della CAAS è irrilevante che, a norma dell’art. 5, n. 1, della decisione quadro, le autorità giudiziarie delle Stato membro dell’esecuzione non debbano dare corso in via automatica a un mandato d’arresto europeo emesso per dare esecuzione a una sentenza di condanna pronunciata in contumacia.

    Qualora, in base all’ordinamento giuridico dello Stato membro di condanna, una sentenza contumaciale osti definitivamente all’ulteriore esercizio di un’azione penale, tale decisione è definitiva ai sensi dell’art. 54 della CAAS, sempreché il processo sia stato conforme alle condizioni di cui all’art. 6 UE e ai principi generali di diritto comunitario che garantiscono il rispetto dei diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali».

     Conclusione

    104. Alla luce di quanto precede, ritengo che la Corte debba risolvere come segue le questioni pregiudiziali sottopostele dal giudice del rinvio:

    1)      L’espressione “i medesimi fatti” di cui all’art. 54 della CAAS si riferisce all’identità dei fatti materiali, intesi come un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate nel tempo, nello spazio nonché per oggetto. Spetta al giudice nazionale competente stabilire se i fatti oggetto del procedimento principale presentino tale collegamento. Tuttavia, qualora un imputato intendesse fin dall’inizio trasportare merci di contrabbando dal punto di ingresso a una destinazione finale all’interno della Comunità con un’unica operazione, tutti i successivi attraversamenti di frontiere interne nel corso di tale operazione, in linea di principio, possono essere considerati fatti inscindibilmente connessi diretti al suddetto scopo.

    2a)      Una pena detentiva la cui esecuzione sia stata sospesa purché, per un periodo di tempo predeterminato, il reo rispetti talune condizioni fissate ai sensi della legge dello Stato di condanna, costituisce una pena che è stata eseguita o è effettivamente in corso di esecuzione attualmente ai sensi dell’art. 54 della CAAS e, sempreché ricorrano le altre condizioni previste da tale articolo, dà luogo all’applicazione del principio ne bis in idem sancito dalla medesima disposizione.

    2b)      I periodi trascorsi da un imputato in stato di arresto di polizia e/o di custodia cautelare in uno Stato membro non possono essere considerati come una pena che sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente ai sensi dell’art. 54 della CAAS, a meno che tali periodi non siano di durata quanto meno pari a quella della pena detentiva inflitta con sentenza definitiva in relazione ai fatti per i quali l’imputato è stato trattenuto in stato di arresto di polizia o di custodia cautelare.

    3a)      Ai fini della nozione di esecuzione ai sensi dell’art. 54 della CAAS è irrilevante il fatto che lo Stato membro in cui nei confronti dell’imputato è stata pronunciata una sentenza passata in giudicato ai sensi della legge nazionale possa emettere in qualsiasi momento un mandato d’arresto europeo per la consegna del medesimo imputato in modo da dare esecuzione alla suddetta sentenza ai sensi della decisione quadro del Consiglio relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.

    3b)      Ai fini della nozione di esecuzione ai sensi dell’art. 54 della CAAS è irrilevante che, a norma dell’art. 5, n. 1, della decisione quadro, le autorità giudiziarie delle Stato membro dell’esecuzione non debbano dare corso in via automatica a un mandato d’arresto europeo emesso per dare esecuzione a una sentenza di condanna pronunciata in contumacia.

    Qualora, in base all’ordinamento giuridico dello Stato membro di condanna, una sentenza contumaciale osti definitivamente all’ulteriore esercizio di un’azione penale, tale decisione è definitiva ai sensi dell’art. 54 della CAAS, sempreché il processo sia stato conforme alle condizioni di cui all’art. 6 UE e ai principi generali di diritto comunitario che garantiscono il rispetto dei diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali».


    1 – Lingua originale: l’inglese.


    2 – GU 2000, L 239, pag. 19.


    3 – GU 2002, L 190, pag. 1.


    4 – Allegato dal Trattato di Amsterdam al Trattato sull’Unione europea (in prosieguo: il «TUE») e al Trattato che istituisce la Comunità europea.


    5 – GU 2000, L 239, pag. 13.


    6 – Art. 2, n. 1, primo comma.


    7 – Quinto ‘considerando’.


    8 – Art. 3, punto 2).


    9 – Bundesgesetzblatt 2006, Parte I, n. 6 del 25.7.2006.


    10 – La sentenza della Corte nella causa C-436/04, Van Esbroeck (Racc. pag. I‑2333), è stata pronunciata il 9 marzo 2006. L’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer aveva presentato le sue conclusioni il 20 ottobre 2005.


    11 – V. sentenze 28 settembre 2006, causa C-150/05, Van Straaten (Racc. pag. I-0000) e causa C-467/04, Gasparini e a. (Racc. pag. I-0000).


    12 – Punto 36.


    13 – Punto 38.


    14 – Sentenza Van Esbroeck, citata alla nota 9, punti 31, 32 e 35. Nel caso di sanzioni comunitarie e nazionali concorrenti per gli stessi fatti nel settore del diritto della concorrenza, la Corte ha anche subordinato l’applicazione del principio ne bis in idem all’identità dell’interesse giuridico tutelato dalla Comunità e dalle norme nazionali. Per i motivi esposti nelle mie conclusioni nella causa Gasparini e a., citata alla nota 10, paragrafi 155‑158, ritengo che l’apparente contraddizione tra i due orientamenti giurisprudenziali possa essere risolta.


    15 – Punto 38.


    16 – Punto 37.


    17 – Paragrafo 52 delle conclusioni, citate alla nota 9.


    18  – V. l’analisi del rapporto tra la regola contro il «doppio rischio» e il principio ne bis in idem descritto ai paragrafi 72‑77 delle mie conclusioni nella causa Gasparini e a., citata alla nota 10.


    19 – L’ordinanza di rinvio precisa che il sig. Kretzinger ha trascorso solo un giorno in stato di arresto di polizia in relazione al primo procedimento. Su questo punto non sono state fornite informazioni relativamente al secondo procedimento ad Ancona.


    20 – V. art. 5, n. 1, lett. c), e n. 3, della CEDU.


    21 – Sull’art. 5, n. 1, lett. c), e n. 3, della CEDU esiste un’abbondante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. V., in particolare, sentenza Ječius c. Lituania, n. 34578/97, CEDU, 2000‑IX.


    22 – Come avviene, ad esempio, in Francia.


    23 – V., ad es., sentenza Smirnova c. Russia, nn. 46133/99 e 48183/99 (CEDU 2003-IX), par. 59 e giurisprudenza ivi citata.


    24  – V. precedente paragrafo 57.


    25 – Tale principio è denominato principe d'imputation nel diritto penale francese e Anrechnungsprinzip in quello tedesco. V. anche la sentenza della House of Lords nella causa Regina v Governor of Her Majesty’s Prison Brockhill, Ex parte Evans (n. 2) (2001) 2AC 19, in cui Lord Hope of Craighead ha fatto riferimento al «principio generale (…) secondo cui il tempo trascorso in stato di custodia cautelare prima del processo o della sentenza, che è riferibile esclusivamente al reato per cui l’imputato è sottoposto a giudizio, dev’essere preso in considerazione al fine di calcolare la durata della pena detentiva da infliggere in caso di condanna». Tale principio trova riscontro anche nell’art. 26, n. 1, della decisione quadro (che fa parte del capo 3, intitolato «Effetti della consegna»), secondo cui «[l]o Stato membro emittente deduce il periodo complessivo di custodia che risulta dall’esecuzione di un mandato d’arresto europeo dalla durata totale della detenzione che dovrà essere scontata nello Stato emittente in seguito alla condanna a una pena o a una misura di sicurezza privative della libertà». In alcuni Stati membri, quali la Germania e parti del Regno Unito, le norme in materia di condanne consentono al giudice competente di rifiutare l’applicazione del principio in considerazione del comportamento tenuto dal reo durante la custodia cautelare. Ogni deroga, tuttavia, dev’essere debitamente motivata.


    26 – V. l’analisi svolta ai paragrafi 53‑64 delle mie conclusioni nella causa C‑367/05, Kraaijenbrink, anch’esse presentate in data odierna.


    27 – Naturalmente, tale possibilità è puramente teorica. Come ho detto, tutti i sistemi penali nazionali riconoscono il principio di compensazione dei periodi di custodia cautelare.


    28 – O porta a termine il periodo di prova prescritto con la sentenza di condanna a una pena detentiva (sospesa), come si è detto sopra.


    29 – Ritengo che l’art. 56 della CAAS si limiti ad enunciare il principio generale di compensazione (che si applica a tutte le precedenti pene inflitte per i medesimi fatti, a prescindere dalla loro natura) ai fini dell’Accordo di Schengen e solo nel caso in cui si tratti di pene privative della libertà personale. A mio parere, il fatto che gli artt. 54 e 56 rientrino entrambi nel capitolo 3 del titolo III della CAAS, intitolato «Applicazione del principio ne bis in idem», non significa che essi non siano due principi autonomi del diritto comunitario. Ho esaminato il principio di compensazione nelle conclusioni relative alla causa Kraaijenbrink, citata alla nota 26, paragrafi 53‑64, alle quali rinvio.


    30 – Nella causa Kraaijenbrink, citata alla nota 26, il governo olandese si è opposto con forza alle osservazioni orali formulate in tal senso dalla Commissione. V. paragrafo 54 delle mie conclusioni nella medesima causa.


    31 – Gli accordi relativi al trattenimento in stato di arresto di polizia dei sospetti di atti di terrorismo possono essere meno liberali.


    32 – Il precedente di riferimento è la sentenza 29 novembre 1988, Brogan e a. c. Regno Unito, serie A n. 145‑B.


    33 – È vero che, secondo alcuni ordinamenti nazionali, alcuni periodi di detenzione in stato di arresto di polizia (di norma quelli non superiori a 24 ore) non vanno dedotti dalla pena detentiva inflitta. Si tratta di una deroga trascurabile alla regola generale.


    34 – Supra, paragrafo 20.


    35 – V., ad es., sentenza Van Straaten, citata alla nota 10, punto 34.


    36 – Ibid., punto 33.


    37  – Mentre la decisione quadro si applica a tutti gli Stati membri dell’Unione europea, la CAAS è applicabile solo agli Stati membri che hanno dato piena attuazione all’acquis di Schengen, più la Norvegia e l’Islanda, quali parti contraenti della CAAS, e il Regno Unito e l’Irlanda per quanto riguarda, tra l’altro, gli artt. 54‑58 della CAAS. V. le mie conclusioni nella causa Gasparini e a., citata alla nota 10, paragrafo 75.


    38  – Secondo il giudice del rinvio, ciò è esattamente quanto è accaduto per le condanne inflitte in Italia.


    39 – I principi applicabili ai processi in contumacia sono stati recentemente riassunti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Sejdovic c. Italia, [Grande Sezione], n. 56581/00, § 81 e segg., CEDU 2006.


    40  – V. l’analisi svolta ai precedenti paragrafi 85‑90 in relazione alla prima parte della terza questione, analisi che vale anche in quest’ambito.


    41 – Sentenza 11 febbraio 2003, causa C‑187/01 (Racc. pag. I-1345).


    42 – V. anche art. 14, n. 7 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, secondo cui «nessuno può essere sottoposto a nuovo giudizio o a nuova pena, per un reato per il quale sia stato già assolto o condannato con sentenza definitiva in conformità del diritto e della procedura penale di ciascun Paese».


    43 – V. sentenza Gözütok e Brügge, cit. supra, alla nota 41.

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