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Document 62005CC0192

    Conclusioni dell'avvocato generale Kokott del 30 marzo 2006.
    K. Tas-Hagen e R. A. Tas contro Raadskamer WUBO van de Pensioen- en Uitkeringsraad.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Centrale Raad van Beroep - Paesi Bassi.
    Prestazione concessa alle vittime di guerra civili da parte di uno Stato membro - Requisito residenza sul territorio di tale Stato alla data di presentazione della domanda di prestazione -Art. 18, n. 1, CE.
    Causa C-192/05.

    Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-10451

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:223

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    JULIANE KOKOTT

    presentate il 30 marzo 20061(1)

    Causa C-192/05

    K. Tas-Hagen

    R. A. Tas

    [domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Centrale Raad van Beroep (Paesi Bassi)]

    «Libera circolazione dei cittadini dell’Unione (art. 18 CE) – Limitazioni al diritto alla libera circolazione – Indennità delle vittime di guerra civili – Requisito di residenza nello Stato membro che concede l’indennità al momento della presentazione della domanda»





    I –    Introduzione

    1.     Il presente procedimento pregiudiziale consente di precisare ulteriormente la portata dell’art. 18, n. 1, CE: ci si chiede se, affinché un cittadino dell’Unione possa far valere tale disposizione, sia sufficiente che egli abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione oppure se sia necessario un ulteriore elemento di collegamento con il diritto comunitario. Ci si chiede inoltre quale margine discrezionale il diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione lasci eventualmente agli Stati membri nell’elaborazione dei regimi di prestazioni sociali non disciplinate dal diritto comunitario. Queste sono sostanzialmente le questioni sottoposte alla Corte dal Centrale Raad van Beroep (in prosieguo anche: il «giudice del rinvio»).

    2.     Due cittadini olandesi, che sono stati riconosciuti vittime di guerra civili hanno inoltrato alle competenti autorità olandesi un’istanza per l’assegnazione dell’indennità prevista in questi casi. La concessione dell’indennità è stata negata solo perché, al momento della presentazione della domanda essi non erano residenti nei Paesi Bassi, bensì in Spagna.

    II – Contesto normativo

    A –    Il diritto comunitario

    3.     L’art.17 CE recita come segue:

    «1.      È istituita una cittadinanza dell’Unione. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione costituisce un complemento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest’ultima.

    2.       I cittadini dell’Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti dal presente Trattato».

    4.     Il diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione è disciplinato come segue dall’art. 18, n. 1, CE:

    «Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal presente Trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso».

    5.     L’art. 12, primo comma, CE contiene inoltre il seguente divieto di discriminazione:

    «Nel campo di applicazione del presente Trattato, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dallo stesso previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità».

    B –    Il diritto nazionale

    6.     Per quanto riguarda il diritto olandese applicabile, il giudice del rinvio comunica tra l’altro quanto segue:

    7.     Secondo la legge 10 marzo 1984 sulle indennità a favore delle vittime civili della guerra 1940-1945 (2) (in prosieguo: la «WUBO») le vittime di guerra civili (3) o i loro parenti prossimi possono far valere, tra l’altro, un’indennità periodica (art.7 e segg. della WUBO) e sussidi finalizzati al miglioramento delle condizioni di vita delle vittime di guerra civili (art. 19 della WUBO). Lo scopo dell’indennità periodica è quello di compensare, entro limiti ragionevoli, la diminuzione del reddito conseguente all’invalidità provocata dagli eventi bellici.

    8.     Ai sensi del suo art. 3, la WUBO è applicabile solo a vittime di guerra civili che sono in possesso della cittadinanza olandese e che alla data di presentazione della domanda di indennità sono residenti nei Paesi Bassi (art. 3 della WUBO). Tale criterio di cittadinanza e di territorialità si basa sul presupposto che lo specifico dovere di solidarietà del popolo olandese nei confronti delle vittime di guerra civili ha una portata delimitata dalla loro cittadinanza e dal loro paese di residenza.

    9.     Se un’indennità o un sussidio sono stati autorizzati una volta ai sensi della WUBO, l’interessato conserva in via di principio i diritti riconosciutigli anche qualora viva all’estero. Per evitare tuttavia che soggetti residenti all’estero si trasferiscano nei paesi Bassi solo per un breve periodo allo scopo di ottenere le indennità ai sensi della WUBO, è prevista la perdita dei diritti loro riconosciuti per quei soggetti che si stabiliscano nei Paesi Bassi solo dopo l’entrata in vigore della WUBO e che ritrasferiscano la loro residenza all’estero entro un termine di cinque anni a partire dalla data in cui essi si erano stabiliti nei Paesi Bassi (art. 3, n. 3, della WUBO).

    10.   L’applicazione della WUBO è attribuita alla Raadskamer WUBO van de Pensioen- en Uitkeringsraad (camera di consiglio della WUBO, competente a decidere sulle domande di pensione e di indennità; in prosieguo: la «PUR»).

    11.   In casi di manifesta iniquità il legislatore ha attribuito alla PUR il potere di dichiarare comunque applicabile la WUBO alle vittime di guerra civili, malgrado esse non soddisfino i criteri di cittadinanza o di territorialità (art. 3, n. 6, della WUBO). Tale disciplina delle situazioni di manifesta iniquità è tuttavia di applicazione discrezionale.

    12.   Presupposto principale per l’applicazione della disciplina dei casi di manifesta iniquità nella prassi amministrativa della PUR è che ricorra un collegamento con la società olandese, sia all’epoca degli eventi bellici sia alla data di presentazione della domanda (4). Nell’ipotesi in cui vengano soddisfatti questi requisiti, si esamina caso per caso in che misura si possa parlare di manifesta iniquità. Come criterio generale si è stabilito al riguardo che il fatto di aver stabilito la propria residenza fuori dei Paesi Bassi deve derivare da circostanze che appaiano come obiettivamente poste al di fuori della sfera di influenza diretta dell’interessato, per cui dal medesimo non ci si può ragionevolmente aspettare che egli stabilisca la propria residenza nei Paesi Bassi. A tale riguardo, si fa in particolare riferimento ad ipotesi di correzione di confini e a ragioni sanitarie. Qualora invece il trasferimento all’estero sia conseguenza di un matrimonio o di motivi economici che abbiano spinto a tale scelta, secondo il parere della PUR non sussistono i presupposti per applicare la disciplina dei casi di manifesta iniquità. Qualora l’interessato fosse residente nei Paesi Bassi all’epoca della calamità e sia rimasto ininterrottamente in tale Stato sino alla data di presentazione della domanda, benché egli non sia mai stato in possesso della cittadinanza olandese, la PUR ritiene comunque applicabile la disciplina dei casi di manifesta iniquità.

    13.   Con effetto a partire dal 1° luglio 2004 la PUR ha modificato la sua prassi relativa all’applicazione della disciplina dei casi di manifesta iniquità. I cittadini olandesi residenti all’estero possono ormai richiedere un’indennità ai sensi della WUBO anche qualora, tra l’altro, alla data di presentazione della domanda siano in possesso della cittadinanza olandese, abbiano risieduto per un certo tempo nei Paesi Bassi e (cumulativamente con il loro coniuge o convivente) siano titolari di un reddito lordo inferiore a EUR 1 741,56.

    III – Fatti e procedimento principale

    14.   La sig.ra Tas‑Hagen, nata nel 1943 nelle allora denominate Indie olandesi, nel 1954 si è trasferita nei Paesi Bassi. Nel 1961 essa ha ottenuto la cittadinanza olandese. Nel 1986 la sig.ra Tas‑Hagen ha interrotto la sua attività di segretaria di direzione presso il Gemeenntelijke Dienst Verpleging en Verzorging (ufficio comunale di cura e d’assistenza) all’Aia per invalidità.

    15.   Nel dicembre 1986, quando ancora risiedeva nei Paesi Bassi, la sig.ra Tas‑Hagen ha inoltrato una prima istanza per l’assegnazione di un’indennità periodica e di un sussidio in forza della WUBO. Tale istanza è stata respinta in quanto la medesima non ha sofferto nessuna lesione che potesse provocarle un’invalidità permanente, cosicché non poteva essere qualificata come vittima di guerra civile ai sensi della WUBO.

    16.   Nel 1987 la sig.ra Tas‑Hagen si è stabilita in Spagna. Nel 1999 ha riproposto un’istanza volta al riconoscimento dello status di vittima di guerra civile e all’assegnazione, tra l’altro, di un’indennità periodica e di sussidi volti al miglioramento delle sue condizioni di vita ai sensi della WUBO. Con decisione 29 dicembre 2000 anche quest’istanza è stata respinta. Sebbene la PUR riconoscesse ormai la sig.ra Tas‑Hagen come vittima di guerra civile, tuttavia, alla data di presentazione della sua domanda, essa era residente in Spagna, cosicché non soddisfaceva il requisito di territorialità imposto dalla WUBO. Anche i presupposti per l’applicazione alla medesima della disciplina dei casi di manifesta iniquità sono stati considerati come non soddisfatti. Con decisione 28 dicembre 2001 la PUR ha dichiarato infondato il reclamo proposto avverso la sua decisione 29 dicembre 2000.

    17.   Il sig. Tas, nato nelle Indie olandesi nel 1931, è giunto nei Paesi Bassi nel 1947. Nel periodo 1951-1971 il sig. Tas ha avuto la cittadinanza indonesiana. Nel 1971 egli ha riacquistato la cittadinanza olandese. Nel 1983 il sig. Tas ha interrotto la sua attività lavorativa come funzionario presso il Comune dell’Aia ed è stato dichiarato totalmente invalido per problemi psichici. Nel 1987 egli si è trasferito in Spagna.

    18.   Nell’aprile del 1999, il sig. Tas ha inoltrato un’istanza per l’assegnazione, tra l’altro, di un’indennità periodica e di sussidi volti al miglioramento delle sue condizioni di vita, in forza della WUBO. Con decisione 28 dicembre 2000 la PUR ha respinto la detta istanza. Al sig. Tas sarebbe stato riconosciuto lo status di vittima di guerra civile, ma egli non soddisfarebbe il requisito di territorialità imposto dalla WUBO, poiché alla data di presentazione della domanda era residente in Spagna. Non sussistono inoltre nemmeno le particolari circostanze che potrebbero giustificare l’applicazione della disciplina dei casi di manifesta iniquità. Con decisione 28 dicembre 2001 la PUR ha dichiarato infondato anche il reclamo proposto dal sig. Tas avverso la sua decisione 28 dicembre 2000.

    19.   Contro le decisioni di rigetto la sig.ra Tas‑Hagen ed il sig. Tas hanno proposto ricorso. Dinanzi al giudice hanno fatto tra l’altro valere che il requisito di territorialità ai sensi dell’art. 3 della WUBO è in conflitto con le disposizioni concernenti la cittadinanza dell’Unione.

    IV – Procedimento pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

    20.   Con ordinanza 22 aprile 2005 il Centrale Raad van Beroep ha sospeso il procedimento dinanzi ad esso pendente e ha sottoposto alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

    «Se il diritto comunitario, in particolare l’art. 18 CE, osti ad una disciplina nazionale ai sensi della quale, in circostanze quali quelle di cui alla causa principale, l’assegnazione di un’indennità a favore di vittime di guerra civili venga negata esclusivamente in base al fatto che l’interessato, il quale è in possesso della cittadinanza dello Stato membro di cui trattasi, alla data di presentazione della domanda non risiede nel territorio del detto Stato membro, bensì nel territorio di un altro Stato membro».

    21.   Hanno presentato osservazioni scritte alla Corte il governo olandese, il governo del Regno Unito, il governo lituano nonché la Commissione delle Comunità europee. La PUR, in quanto convenuta nel procedimento principale, ha rinviato alle osservazioni scritte del governo olandese. All’udienza del 16 febbraio 2006, il governo olandese, il governo del Regno Unito e la Commissione hanno preso posizione su tale causa.

    V –    Valutazione

    22.   Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio vuole sostanzialmente sapere se l’art. 18, n. 1, CE osti ad una disciplina nazionale ai sensi della quale uno Stato membro neghi ai suoi cittadini l’assegnazione di un’indennità a favore di vittime di guerra civili esclusivamente in base al fatto che l’interessato alla data di presentazione della domanda non risiede nel territorio del detto Stato membro, bensì nel territorio di un altro Stato membro.

    A –    Ambito di applicazione del diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione

    1.      Rapporto dell’art. 18, n. 1, CE con le altre libertà fondamentali

    23.   Secondo una costante giurisprudenza il diritto alla libera circolazione di cui all’art. 18, n. 1, CE trova applicazione solo qualora non siano pertinenti diritti più specifici come quelli che derivano dagli artt. 39 CE, 43 CE e 49 CE (5).

    24.   Questa è la fattispecie di cui trattasi: i fatti del procedimento principale non contengono alcun riferimento alla circostanza che la sig.ra Tas‑Hagen ed il sig. Tas esercitino un’attività commerciale in Spagna per cui potrebbe essere loro applicabile una delle libertà di circolazione delle persone più specifiche. Inoltre, la sig.ra Tas‑Hagen ed il sig. Tas non si avvalgono di forniture di servizi in Spagna ai sensi dell’art. 49 CE, in quanto vi si trattengono non solo temporaneamente, ma si sono trasferiti stabilmente in tale paese (6).

    2.      Ambito di applicazione ratione personae e ratione materiae

    25.   I cittadini olandesi come la sig.ra Tas‑Hagen ed il sig. Tas sono cittadini dell’Unione ai sensi dell’art 17, n. 1, CE e godono, di conseguenza, del diritto alla libera circolazione previsto dall’art. 18, n. 1, CE.

    26.   La sig.ra Tas‑Hagen ed il sig. Tas possono far valere tale libertà di circolazione anche nei confronti del Regno dei Paesi Bassi, di cui essi posseggono la cittadinanza. La cittadinanza dell’Unione non ha lo scopo di estendere l’ambito di applicazione ratione materiae del Trattato a fattispecie puramente interne che non presentano alcun collegamento con il diritto comunitario (7). Tuttavia, nella presente causa, la fattispecie presenta un elemento transfrontaliero in quanto la sig.ra Tas‑Hagen ed il sig. Tas, alla data della loro domanda di indennità per vittime di guerra civili, abitavano in Spagna, in esercizio del diritto alla libera circolazione di cui all’art. 18, n. 1, CE. In tal modo sussiste un collegamento col diritto comunitario.

    27.   È tuttavia controverso se un cittadino dell’Unione possa invocare l’art. 18, n. 1, CE ogniqualvolta abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione oppure se sia inoltre necessario che sia interessata anche una materia per la quale il diritto comunitario prevede una disciplina, anche quando essa si limita solo a fissare degli obiettivi.

    28.   Secondo una tesi caldeggiata in particolar modo dal governo del Regno Unito, il ricorso all’art. 18, n. 1, CE presuppone che, oltre al semplice esercizio del diritto alla libera circolazione, i fatti in questione riguardino una materia disciplinata dal diritto comunitario e che quest’ultimo sia applicabile anche a tal proposito «ratione materiae». Qualora si seguisse tale tesi, nel presente procedimento, la sig.ra Tas‑Hagen ed il sig. Tas non potrebbero far valere una violazione dell’art. 18, n. 1, CE. Infatti, la prestazione sociale qui richiesta per le vittime di guerra civili non è disciplinata né dal diritto comunitario primario né da quello derivato (8). Dall’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71 (9) (v. ivi, art. 4, n. 4) e del regolamento n. 883/2004 (10) (v. ivi art. 4, n. 5) le indennità a favore delle vittime di guerra sono addirittura espressamente escluse.

    29.   È vero che la Corte, in una serie di casi relativi al diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione, ha motivato il risultato cui essa è giunta oltre che fondandosi sull’art. 18 CE (ex art. 8 A del Trattato CE) anche rinviando ad altre disposizioni comunitarie. In particolare, essa ha constatato che le prestazioni sociali interessate in tali casi rientravano, da parte loro, nell’ambito di applicazione del diritto comunitario (11).

    30.   Indipendentemente da ciò, la Corte presuppone pur sempre che ricorrano «situazioni che rientrano nel campo di applicazione ratione materiae del diritto comunitario» quando un cittadino dell’Unione abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione ai sensi dell’art. 18, n. 1, CE:

    «Tali situazioni comprendono, in particolare, quelle che rientrano nell’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato e quelle che rientrano nell’esercizio del diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri quale conferito dall’art. 18 CE» (12).

    31.   La Corte procede nello stesso modo anche in quei casi in cui l’esercizio del diritto alla libera circolazione oppure lo status dell’interessato come cittadino dell’Unione siano gli unici criteri di collegamento con il diritto comunitario (13).

    32.   Per tale motivo, potrebbe tutt’al più costituire un ulteriore elemento nell’ambito della valutazione dei singoli casi (14) la circostanza che la materia interessata o la prestazione sociale richiesta siano, da parte loro, disciplinate dal diritto comunitario o siano strumentali agli scopi della Comunità. Considerazioni di questo tipo si trovano in particolare nelle sentenze relative alla libertà di circolazione degli studenti (15). In tali sentenze, la Corte si è dovuta però confrontare con la sua giurisprudenza precedente, risalente ancora ad un periodo in cui né la cittadinanza dell’Unione né le più recenti disposizioni del Trattato in materia di politica dell’istruzione (16) offrivano elementi per l’applicazione del diritto comunitario alle fattispecie interessate.

    33.   Considerazioni aggiuntive di questo tipo non costituiscono tuttavia una condizione imperativa per l’applicazione dell’art 18, n. 1, CE (17). Al contrario, i cittadini dell’Unione possono avvalersi del loro diritto alla libertà di circolazione anche qualora la materia interessata o la prestazione richiesta non siano disciplinate dal diritto comunitario (18).

    34.   Trova così espressione la natura del diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione come libertà fondamentale (19). In quanto libertà fondamentale l’art. 18, n. 1, CE è direttamente applicabile (20) e va interpretato estensivamente (21). In particolare, tale disposizione, come anche le libertà fondamentali classiche del mercato interno (22), ha un ambito di applicazione non limitato a singole materie.

    35.   Così le classiche libertà fondamentali valgono anche per quelle materie per le quali il Trattato della Comunità non prevede competenze proprie o altro tipo di regolamentazione. Qualora, infatti, si escludessero tali materie non disciplinate dal diritto comunitario dall’ambito di applicazione delle libertà fondamentali, non si potrebbe attuare in modo ragionevole uno dei compiti principali della Comunità, la realizzazione di un mercato interno senza ostacoli alla libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali [art. 3, n. 1, lett. c), CE]. Il mercato interno non avrebbe più la natura comprensiva di uno spazio senza frontiere interne (art. 14, n. 2, CE), ma avrebbe solo un carattere frammentario, perché verrebbe limitato a singoli prodotti e attività per cui vi sono concrete disposizioni del diritto comunitario.

    36.   A maggior ragione l’ambito di applicazione delle libertà fondamentali non può essere limitato solo a quelle materie per cui la Comunità ha già esercitato le sue competenze, in particolare mediante l’adozione di misure di armonizzazione (23). Al contrario, corrisponde al senso e allo scopo delle libertà fondamentali ed è proprio espressione della loro applicabilità immediata il fatto che esse possano spiegare i loro effetti soprattutto in settori non – o non ancora – armonizzati. Il far dipendere l’applicazione di una libertà fondamentale dall’esistenza di una misura di armonizzazione significherebbe, in ultima analisi, privarla dell’effetto diretto.

    37.   Conseguentemente, secondo una costante giurisprudenza della Corte, le libertà fondamentali devono essere osservate anche dove il diritto comunitario non prevede (ancora) una disciplina e gli Stati membri conservano le rispettive competenze. Questo è quel che avviene, ad esempio, nei settori della fiscalità diretta (24), del diritto penale e della procedura penale (25) nonché nella disciplina dei regimi di sicurezza sociale (26). La Corte ha proceduto in modo analogo in un caso relativo al diritto al nome (27).

    38.   Allo stesso modo contrasterebbe però con la nozione di cittadinanza dell’Unione come status fondamentale di tutti i cittadini dell’Unione (28), spettante loro indipendentemente da qualsiasi attività economica (29), l’eventualità che gli Stati membri non dovessero osservare il diritto alla libera circolazione previsto dall’art. 18, n. 1, CE in tutti i settori, ma solo con riferimento a singole materie per le quali i trattati comunitari prevedono competenze proprie o altre disposizioni di diritto comunitario.

    39.   A ciò non osta la circostanza che ai cittadini dell’Unione il diritto alla libera circolazione ai sensi dell’art. 18, n. 1, CE spetta solo «fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal presente Trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso». Da tale clausola non deriva infatti una delimitazione dell’ambito di applicazione ratione materiae di tale libertà fondamentale a determinati settori. Diversamente dagli artt. 39, n. 4, CE e 45 CE, tale clausola non contiene deroghe espresse per taluni settori. Si tratta invece semplicemente di una riserva di limitazione prevista, in forma uguale o analoga, per tutte le altre libertà fondamentali, in particolare dagli artt. 30 CE, 39, n. 3, CE, 46, n. 1, CE e 58 CE.

    40.   La Corte ha correttamente affermato, ad esempio con riferimento alla fiscalità diretta (30) e alla disciplina dei sistemi di sicurezza sociale (31), l’applicabilità dell’art. 18, n. 1, CE alla stessa stregua di quella delle altre libertà fondamentali (32). Lo stesso vale, ad esempio, anche per il diritto al nome. Sebbene anche questo settore, allo stato attuale del diritto comunitario, rientri nella competenza degli Stati membri e non sia disciplinato dal diritto comunitario, gli Stati membri nell’esercizio della loro competenza devono tener conto anche del diritto comunitario e, in particolare, del diritto alla libera circolazione dell’art. 18, n. 1, CE (33). Per lo stesso motivo tale disposizione va osservata, in definitiva, anche quando, in occasione di misure di esecuzione forzata secondo il diritto nazionale, deve essere calcolato il reddito pignorabile di un cittadino dell’Unione (34).

    41.   Ciò premesso, l’art. 18, n. 1, CE deve essere applicato anche in un caso in cui un cittadino dell’Unione, che ha trasferito la sua residenza in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, chieda un’indennità a favore delle vittime di guerra civili presso le autorità competenti dello Stato membro di cui ha la cittadinanza. Il fatto che tali prestazioni sociali non siano disciplinate dal diritto comunitario ha tuttavia la conseguenza naturale che gli Stati membri hanno un’ampia discrezionalità quanto alla determinazione del regime delle medesime (35).

    42.   Non è in contrasto con l’applicazione dell’art. 18, n. 1, CE nemmeno la sentenza Baldinger (36), in cui la Corte ha dovuto recentemente occuparsi del caso di una normativa austriaca relativa alle indennità agli ex prigionieri di guerra. In tale sentenza la Corte si è infatti limitata a constatare che le indennità a favore delle vittime di guerra non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71, che non costituiscono condizioni di impiego dei lavoratori migranti ai sensi dell’art. 39, n. 2, CE e non fanno nemmeno parte dei vantaggi sociali che spettano ad un lavoratore migrante ai sensi dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68.

    43.   In detta causa, la Corte non ha preso posizione sull’applicabilità dell’art. 18, n. 1, CE, e non era nemmeno tenuta a farlo, in quanto il giudice del rinvio non aveva chiesto l’interpretazione di tale disposizione (37). Tuttavia, l’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nelle sue conclusioni nella causa Baldinger ha trattato in modo approfondito l’applicabilità dell’art. 18, n. 1, CE e si è espresso a favore di questa (38). Ad ogni modo, la Corte, da parte sua, non ha adottato nella causa Baldinger un’esplicita decisione in senso contrario. Considerando la restante giurisprudenza della Corte relativa al diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione (39) non sussiste alcun motivo per interpretare il suo semplice silenzio nella sentenza Baldinger come indizio decisivo contro l’applicabilità dell’art. 18, n. 1, CE.

    3.      Ambito di applicazione temporale

    44.   Solo per completezza si osserva che l’applicazione dell’art. 18, n. 1, CE non costituisce un ostacolo nemmeno dal punto di vista temporale. La sig.ra Tas‑Hagen ed il sig. Tas hanno trasferito la loro residenza in Spagna già nel 1987, prima dunque dell’entrata in vigore delle disposizioni sulla cittadinanza dell’Unione introdotte dal Trattato di Maastricht (40). Tuttavia, tali disposizioni sono, in ogni caso, applicabili agli effetti attuali di fattispecie che si erano già costituite prima di tale momento (41). Di conseguenza, esse possono essere richiamate anche quando si tratta di valutare gli effetti di un trasferimento in Spagna della sig.ra Tas‑Hagen e del sig. Tas già avvenuto precedentemente sui loro diritti attuali ad ottenere le indennità a favore delle vittime di guerra civili ai sensi della WUBO.

    B –    Limitazioni alla libertà di circolazione

    45.   Quindi, un requisito di residenza, come quello che è stato opposto alla sig.ra Tas‑Hagen e al sig. Tas, va misurato in base al diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione ai sensi dell’art. 18, n. 1, CE.

    46.   Come già osservato (42), lo status di cittadino dell’Unione, secondo la giurisprudenza costante, è destinato «ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri che consente a chi tra di essi si trovi nella medesima situazione di ottenere, indipendentemente dalla cittadinanza e fatte salve le eccezioni a tal riguardo espressamente previste, il medesimo trattamento giuridico» (43).

    47.   Un cittadino dell’Unione che si è avvalso del suo diritto alla libera circolazione ai sensi dell’art. 18, n. 1, CE si muove nell’ambito di applicazione del Trattato e, di conseguenza, può invocare il generale divieto di discriminazione previsto dall’art. 12, primo comma, CE, secondo cui è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità (44).

    48.   Cittadini dell’Unione come la sig.ra Tas‑Hagen ed il sig. Tas, tuttavia, non vengono discriminati in base alla loro nazionalità. Una discriminazione diretta è già esclusa perché le indennità qui in questione a favore delle vittime di guerra civili sono comunque previste solo per i cittadini olandesi ed entrambi i ricorrenti hanno proprio tale nazionalità. Viene così esclusa, nella presente fattispecie, anche una discriminazione indiretta in base alla nazionalità. Il fatto che una disposizione faccia riferimento alla residenza dell’interessato può forse costituire spesso un indizio di una discriminazione indiretta basata sulla nazionalità. Tuttavia, con il requisito di residenza dell’art. 3 della WUBO viene effettuata una distinzione esclusivamente tra cittadini olandesi. In un caso come quello presente tale disciplina non può quindi condurre ad una discriminazione, né diretta né indiretta, dell’interessato ai sensi dell’art. 12, primo comma, CE.

    49.   Ma un cittadino dell’Unione che ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione di cui all’art. 18, n. 1, CE non gode solo della tutela da discriminazioni in base alla sua nazionalità ai sensi dell’art. 12, primo comma, CE. Devono essere invece valutate in base all’art. 18, n. 1, CE anche le disposizioni che hanno come conseguenza che un cittadino dell’Unione venga trattato meno favorevolmente quando si avvale del suo diritto alla libera circolazione rispetto a quando non esercita tale diritto. Ciò vale anche per quei casi in cui la disparità proviene dallo Stato membro a cui appartiene lo stesso cittadino dell’Unione (45).

    50.   Per le libertà fondamentali classiche la Corte ha generalmente considerato come casi di limitazione le corrispondenti disparità di trattamento fra fattispecie aventi elementi transfrontalieri e fattispecie puramente interne (46). Anche il generale diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione, come già osservato, costituisce una libertà fondamentale (47). Vi sono dunque molti elementi per classificare il trattamento sfavorevole di fattispecie con elementi transfrontalieri senza una contemporanea discriminazione in base alla nazionalità come limitazione anche qualora essa rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 18, n. 1, CE (48). Vanno dunque misurati in base all’art. 18, n. 1, CE tutti i provvedimenti che ostacolano il diritto del cittadino dell’Unione di muoversi e stabilirsi liberamente in un altro Stato membro (49), o che costituiscono altrimenti un ostacolo che potrebbe impedire al cittadino dell’Unione di esercitare tale generale diritto alla libera circolazione (50).

    51.   È invece chiaro, in ogni caso, che gli Stati membri non possono ostacolare i propri cittadini nell’esercizio del diritto alla libera circolazione garantito dall’art. 18, n. 1, CE associandovi conseguenze negative che non si produrrebbero in caso di permanenza sul territorio nazionale (51).

    52.   Un requisito di residenza come quello disciplinato dall’art. 3 della WUBO rende meno attraente per cittadini dell’Unione come la sig.ra Tas‑Hagen ed il sig. Tas l’esercizio del loro diritto alla libera circolazione e lo spostamento della loro residenza olandese in un altro Stato membro (52). Essi non potrebbero più proporre con successo un’istanza di indennità a favore delle vittime di guerra civili ai sensi della WUBO. Parimenti, diventerebbe meno attraente per l’interessato che abbia la residenza all’estero non spostare quest’ultima, in quanto solo una residenza nei Paesi Bassi gli dà la possibilità di chiedere le indennità ai sensi della WUBO (53).

    53.   Di conseguenza, un tale requisito di residenza costituisce una limitazione del diritto generale alla libera circolazione ai sensi dell’art. 18, n. 1, CE.

    C –     Giustificazione della limitazione

    54.   Rimane tuttavia da esaminare se tale limitazione del diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione sia giustificata.

    55.   Non vi sono, nella fattispecie, elementi per giustificare in base alle «limitazioni e condizioni previste dal[Trattato CE] e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso» l’esercizio del diritto alla libera circolazione (art. 18, n. 1, CE).

    56.   Inoltre, una limitazione del diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione può però essere giustificata anche qualora sia fondata su considerazioni oggettive e adeguatamente commisurate allo scopo legittimamente perseguito (54).

    57.   Il requisito della residenza nei Paesi Bassi previsto dall’art. 3 della WUBO si basa, come del resto anche il requisito della cittadinanza olandese, sull’idea che l’obbligo di solidarietà del popolo olandese nei confronti delle vittime di guerra civili ha portata differente a seconda del grado di integrazione nella società olandese. Come osservato dal giudice del rinvio e dal governo olandese, le prestazioni sociali, che vengono concesse alle vittime di guerra civili ai sensi della WUBO, sono espressione della particolare solidarietà del popolo olandese verso un gruppo di soggetti che si è distinto per il suo particolare legame con la società olandese.

    58.   Il legislatore olandese, intendendo limitare le prestazioni a favore delle vittime di guerra civili ai sensi della WUBO ad un gruppo di soggetti che si distingue per un particolare legame con la società olandese, persegue uno scopo legittimo.

    59.   In tale contesto, va innanzitutto ricordato che è riconosciuto che le indennità per gli ex prigionieri di guerra la cui prigionia è durata a lungo rappresentano una dimostrazione della riconoscenza della nazione per le prove subite e una contropartita per i servizi resi allo Stato rispettivo durante la guerra (55). Tali considerazioni non possono essere trasposte direttamente alle indennità a favore delle vittime di guerra civili in quanto le sofferenze da esse subite non sono in relazione con un servizio militare o di difesa prestato per il loro paese. Appare tuttavia legittimo che uno Stato membro eroghi determinate prestazioni sociali a civili con cui esso aveva al momento della guerra o anche successivamente un legame particolare per i danni materiali e morali da essi subiti durante la guerra, come espressione della solidarietà nazionale.

    60.   In secondo luogo, la Corte ammette generalmente che uno Stato membro conceda determinate prestazioni sociali, ad esempio assegni alimentari per gli studenti, solo a persone che abbiano dimostrato un certo grado di integrazione nella società di tale Stato (56). Questa considerazione si può applicare anche alla presente fattispecie poiché le indennità olandesi a favore delle vittime di guerra civili ai sensi della WUBO hanno la natura di assegni alimentari (a carattere non contributivo) aventi il fine di migliorare le condizioni di vita delle vittime di guerra civili e di aiutare a compensare la diminuzione del reddito conseguente all’invalidità provocata dagli eventi bellici.

    61.   Così come uno Stato membro è generalmente libero di determinare le condizioni per la concessione di prestazioni sociali non disciplinate dal diritto comunitario, esso dispone altresì di un ampio potere discrezionale quanto all’apprezzamento e alla determinazione del grado di integrazione che l’interessato deve dimostrare.

    62.   Come criterio per dimostrare il legame con la società dello Stato membro che concede la prestazione si può far riferimento, in linea di principio, alla residenza dell’interessato. La sua integrazione nella rispettiva società può quindi essere considerata dimostrata dall’accertamento che egli si è trattenuto per un determinato periodo in tale Stato membro (57).

    63.   A tale proposito lo Stato membro competente può stabilire, in via di principio, per quanto tempo l’interessato deve aver risieduto sul suo territorio prima di poter richiedere una determinata prestazione sociale. E laddove il diritto comunitario non disponga diversamente per quanto riguarda le misure di armonizzazione e coordinamento (58), tale Stato membro può inoltre esigere che l’integrazione dell’interessato nella sua società sussista all’inizio della riscossione della prestazione, che permanga eventualmente per tutta la durata della sua riscossione e che l’interessato dimostri ciò mantenendo la sua residenza sul territorio nazionale. Attraverso un requisito di residenza continuativa può anche essere interrotto, di regola, il trasferimento («esportazione») di prestazioni sociali all’estero (59).

    64.   Nonostante il suo ampio potere discrezionale quanto all’apprezzamento e alla determinazione del grado di integrazione necessario, il rispettivo Stato membro, tuttavia, deve perlomeno configurare il requisito di residenza in modo tale che esso rispecchi adeguatamente il grado di integrazione desiderato. Il criterio della residenza deve quindi essere idoneo e necessario, nella sua elaborazione concreta, a conseguire lo scopo legittimo (60), vale a dire quello di riservare le prestazioni sociali solo ad un gruppo di soggetti che dispone del grado di integrazione desiderato. Il criterio della residenza non può essere «troppo generale ed esclusivo» (61).

    65.   Nella fattispecie, il legislatore olandese, con l’art. 3 della WUBO, non presuppone espressamente che gli interessati debbano conservare la loro residenza nei Paesi Bassi per tutta la durata della riscossione delle prestazioni a favore delle vittime di guerra civili. Come è stato anche espressamente confermato in udienza dal governo olandese, quindi, una volta che le indennità sono state concesse, il loro trasferimento (l’«esportazione») all’estero non viene escluso da un trasferimento successivo della residenza (62). Dagli interessati si esige unicamente che essi, alla data della presentazione della domanda di indennità, risiedano nei Paesi Bassi. Dato che il criterio della residenza contenuto nell’art. 3 della WUBO si riferisce esclusivamente al momento della presentazione della domanda, esso equivale alla determinazione di una data di riferimento.

    66.   Due elementi contraddicono l’idoneità di un tale criterio di residenza a dimostrare l’integrazione dell’interessato nella rispettiva società.

    67.   Da una parte, un tale criterio non può comprendere sufficientemente tutti quei soggetti che nel passato hanno vissuto e lavorato per un lungo periodo nello Stato membro interessato e ora vogliono semplicemente godere della loro pensione in un altro Stato membro. Qualora la data della presentazione della domanda sia anche di poco precedente al loro trasferimento all’estero, essi conservano il loro diritto alle indennità ai sensi della WUBO e possono «esportare» le indennità concesse. Qualora essi abbiano invece presentato la loro domanda anche solo poco dopo il loro trasferimento all’estero non viene loro concessa alcuna prestazione. Per soggetti che per il passato possono dimostrare un grado simile di integrazione nella società olandese e che hanno deciso di trasferirsi all’estero, il criterio della residenza al momento della presentazione della domanda può dunque condurre a risultati abbastanza aleatori (63).

    68.   Dall’altra, sussiste il pericolo che un tale criterio dia diritti a soggetti che hanno trasferito la loro residenza nello Stato membro interessato solo poco prima della presentazione della domanda e la cui integrazione nella società di tale Stato membro potrebbe essere, quindi, notevolmente più ridotta rispetto al primo gruppo menzionato. È vero che tali persone perdono di nuovo i loro diritti di cui all’art. 3, n. 3, della WUBO se non mantengono la loro residenza per almeno cinque anni nei Paesi Bassi, tuttavia una tale disciplina favorisce al massimo l’integrazione futura degli interessati nella società olandese. Essa non dice invece nulla sul grado della loro integrazione alla data di riferimento qui rilevante, quella della presentazione della domanda.

    69.   Nemmeno il governo olandese, interrogato in tal senso, ha potuto fornire alla Corte informazioni più precise sulla rilevanza che può avere proprio la residenza dell’interessato al momento della presentazione della domanda per stabilire il suo grado di integrazione nella società olandese.

    70.   Sicuramente la residenza dell’interessato nel territorio nazionale dell’autorità competente può facilitare l’esame della legittimazione al diritto, almeno in casi come quello presente relativo alla dimostrazione di un’invalidità dovuta alla guerra. Nemmeno in tal caso, tuttavia, la semplice residenza nel territorio nazionale alla data di riferimento, quella della presentazione della domanda, è idonea a raggiungere lo scopo desiderato. Infatti, o – come nella fattispecie – l’invalidità dovuta alla guerra è comunque già accertata, oppure essa non potrà essere in ogni caso accertata direttamente il giorno della presentazione della domanda, ma solo qualche tempo dopo.

    71.   Anche tenendo in considerazione il potere discrezionale degli Stati membri quanto all’apprezzamento e alla determinazione del grado d’integrazione necessario nella loro società, non è dunque riconoscibile alcuna giustificazione oggettiva per un requisito di residenza come quello previsto dall’art. 3 della WUBO e per la limitazione del diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione che ne deriva. Un criterio di territorialità costituirebbe al massimo una misura idonea e necessaria nel caso in cui l’interessato avesse la possibilità di dimostrare all’occorrenza il suo legame con la società olandese anche indipendentemente dalla sua residenza alla data della presentazione della domanda.

    VI – Conclusione

    72.   Tenuto conto delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere come segue la questione sottopostale dal Centrale Raad van Beroep:

    L’art. 18 CE osta ad una disciplina nazionale ai sensi della quale uno Stato membro nega ad un suo cittadino l’assegnazione di un’indennità a favore di vittime di guerra civili, in linea di principio trasferibile anche all’estero, esclusivamente in base al fatto che l’interessato alla data di presentazione della domanda non risiedeva nel territorio del detto Stato membro, bensì nel territorio di un altro Stato membro.


    1 – Lingua originale: il tedesco.


    2 – Wet uitkeringen burger-oorlogsschlachtoffers 1940-1945 (Staatsblad 94).


    3 – Ai sensi dell'art. 2 della WUBO si tratta di civili che, con l’occupazione tedesca o giapponese nonché in conseguenza dei disordini scoppiati nel dopoguerra (sino al 27 dicembre 1949) in quelle che un tempo erano le Indie olandesi, hanno subito lesioni fisiche o psichiche, e che, a causa di tutto ciò, sono rimasti invalidi permanenti o sono deceduti.


    4 – Ricorre il caso di un collegamento all’epoca della guerra qualora l’interessato fosse in possesso della cittadinanza olandese oppure fosse soggetto alle leggi dei Paesi Bassi ai sensi della legge 10 febbraio 1910 (Staatsblad 55) o qualora l’interessato fosse residente nei Paesi Bassi o nelle Indie olandesi. Ricorre il caso del collegamento alla data di presentazione della domanda qualora l’interessato possieda la cittadinanza olandese o sia residente nei Paesi Bassi.


    5 – Sentenze 29 febbraio 1996, causa C‑193/94, Skanavi e Chryssanthakopoulos (Racc. pag. I‑929, punto 22); 26 novembre 2002, causa C‑100/01, Oteiza Olazabal (Racc. pag. I‑10981, punto 26); 6 febbraio 2003, causa C‑92/01, Stylianakis (Racc. pag. I‑1291, punto 18); 16 dicembre 2004, causa C‑293/03, My (Racc. pag. I‑12013, punto 33), e 15 settembre 2005, causa C‑258/04, Ioannidis (Racc. pag. I‑8275, punto 37).


    6 – Sentenza 19 ottobre 2004, causa C‑200/02, Zhu e Chen (Racc. pag. I‑9925, punto 22); v. anche sentenza 5 ottobre 1988, causa 196/87, Steymann (Racc. pag. 6159, punti 15‑17), nonché – quanto alla libertà attiva di prestazione di servizi – sentenze 30 novembre 1995, causa C‑55/94, Gebhard (Racc. pag. I‑4165, in particolare punti 25 e 26), e 7 settembre 2004, causa C‑456/02, Trojani (Racc. pag. I‑7573, punto 28).


    7 – Sentenze 5 giugno 1997, cause riunite C‑64/96 e C‑65/96, Uecker e Jacquet (Racc. pag. I‑3171, punto 23); 2 ottobre 2003, causa C‑148/02, García Avello (Racc. pag. I‑11613, punto 26), e 12 luglio 2005, causa C‑403/03, Schempp (Racc. pag. I‑6421, punto 20); analogamente sentenze 29 aprile 2004, causa C‑224/02, Pusa (Racc. pag. I‑5763, punti 18 e 19), e 11 luglio 2002, causa C‑224/98, D’Hoop (Racc. pag. I‑6191, punti 30 e 31).


    8 – In tal senso, anche le sentenze 6 luglio 1978, causa 9/78, Gillard (Racc. pag. 1661, punti 13‑15); 31 maggio 1979, causa 207/78, Even (Racc. pag. 2019, punti 12‑14) e 16 settembre 2004, causa C‑386/02, Baldinger (Racc. pag. I‑8411, punti 16‑18).


    9 – Regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (GU L 149, pag. 2; in prosieguo: il «regolamento n. 1408/71»), da ultimo modificato con il regolamento (CE) n. 631/04 (GU L 100, pag. 1).


    10 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, n. 883, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166, pag. 1; rettifica in GU L 200, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 883/2004»). Tale regolamento sostituisce per il futuro il regolamento n. 1408/71.


    11 – Sentenze 12 maggio 1998, causa C‑85/96, Martínez Sala (Racc. pag. I‑2691, punti 28, 45, 57 e 61‑63); 20 settembre 2001, causa C‑184/99, Grzelczyk (Racc. pag. I‑6193, punto 27); D’Hoop (cit. alla nota 7), punti 17 e 32, e 15 marzo 2005, causa C‑209/03, Bidar (Racc. pag. I‑2119, punti 38‑43). Fuori dall'ambito delle prestazioni sociali v., ad esempio, sentenza 7 luglio 2005, causa C‑147/03, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑5969, punto 44).


    12 –      Sentenze Schempp (cit. alla nota 7), punti 17 e 18, e Bidar (cit. alla nota 11), punti 32 e 33. V., inoltre, sentenze Grzelczyk (cit. alla nota 11), punti 32 e 33, D’Hoop (cit. alla nota 7), punti 28 e 29, García Avello (cit. alla nota 7), punti 23 e 24, e Pusa (cit. alla nota 7), punti 16 e 17.


    13 – Sentenze García Avello (punti 23 e 24), Pusa (punti 16 e 17) e Schempp (punti 13 e segg.), rispettivamente citate alla nota 7.


    14 – V. ad esempio sentenza D’Hoop (cit. alla nota 7), punto 32: «Tale considerazione è particolarmente importante nel settore dell'istruzione (…)»; una formulazione corrispondente si trova anche nella sentenza Commissione/Austria (cit. alla nota 11), punto 44.


    15 – Sentenze Grzelczyk (cit. alla nota 11), punti 34‑36, e Bidar (cit. alla nota 11), punti 38 e 43. Analogamente, sentenze D’Hoop (cit. alla nota 7), punti 32 e 33, e 23 marzo 2004, causa C‑138/02, Collins (Racc. pag. I‑2703, punti 62 e 63).


    16 – Con il Trattato di Maastricht (Trattato sull'Unione europea) al titolo VIII (ora titolo XI) del Trattato CE è stato inserito un nuovo capo 3 relativo a «Istruzione, formazione professionale e gioventù».


    17 – Anche nelle sentenze Grzelczyk (cit. alla nota 11), punti 30‑37, e Bidar (cit. alla nota 11), punti 30‑37, la Corte ha ritenuto applicabile il combinato disposto dell'art. 12 CE e dell'art. 18 CE solo perché gli interessati avevano fatto uso del loro diritto alla libera circolazione in quanto cittadini dell'Unione. La circostanza che l'interessato seguisse una formazione in entrambi i casi non era un'ulteriore condizione per far valere il divieto di discriminazione, ma semplicemente non poteva, «Di per sé, privarlo della possibilità di avvalersi del divieto di qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, sancito dall'art. [12 CE]» (sentenza Grzelczyk, punto 36; v. anche sentenza Bidar, punti 34 e 46). Anche dalla sentenza Trojani (cit. alla nota 6) non emerge un'ulteriore condizione per l'applicazione degli artt. 12 CE e 18 CE. In essa al punto 42 viene semplicemente rinviato alla sentenza Grzelczyk la quale, come appena accennato, da parte sua non prevede ulteriori condizioni di tale tipo.


    18 – In tal senso, sentenze García Avello (punti 24 e 25), Pusa (punti 17 e 22) e Schempp (punti 18 e 19), rispettivamente citate alla nota 7.


    19 – Il diritto alla libera circolazione dei cittadini dell'Unione viene espressamente designato come libertà fondamentale nelle sentenze D’Hoop (cit. alla nota 7), punto 29, García Avello (cit. alla nota 7), punto 24, e Pusa (cit. alla nota 7), punto 17; analogamente, le sentenze Zhu e Chen (cit. alla nota 6), punto 31, e 23 marzo 2006, causa C‑408/03, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑2647, punto 40), secondo cui l'art. 18 CE contiene un principio fondamentale, vale a dire quello della libera circolazione.


    20 – Sentenze 17 settembre 2002, causa C‑413/99, Baumbast e R (Racc. pag. I‑7091, punti 84‑86 e 94), Zhu e Chen (cit. alla nota 6), punto 26, e Commissione/Belgio (cit. alla nota 19), punto 34.


    21 – Sentenze Zhu e Chen (cit. alla nota 6), punto 31, e Commissione/Belgio (cit. alla nota 19), punto 40.


    22 – Libera circolazione delle merci (art. 23 e segg. CE), libera circolazione dei lavoratori (art. 39 CE), libertà di stabilimento (artt. 43 CE e 48 CE), libera circolazione dei servizi (artt. 49 CE e 50 CE) nonché libera circolazione dei capitali e dei pagamenti (art. 56 CE).


    23 – V., ad esempio, sentenze 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe, «Cassis de Dijon» (Racc. pag. 649, punti 6, 8 e 15); 13 luglio 2004, cause C‑262/02, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑6569, punti 23 e 25), e C‑429/02, Bacardi France (Racc. pag. I‑6613, punti 32 e 34), nonché 13 dicembre 2005, causa C‑411/03, Sevic Systems (Racc. pag. I‑10805, punto 26).


    24 – Sentenze 14 febbraio 1995, causa C‑279/93, Schumacker (Racc. pag. I‑225, punto 21); 11 agosto 1995, causa C‑80/94, Wielockx (Racc. pag. I‑2493, punto 16); 11 marzo 2004, causa C‑9/02, De Lasteyrie du Saillant (Racc. pag. I‑2409, punto 44); 7 settembre 2004, causa C‑319/02, Manninen (Racc. pag. I‑7477, punto 19); 13 dicembre 2005, causa C‑446/03, Marks & Spencer (Racc. pag. I‑10837, punto 29); 19 gennaio 2006, causa C‑265/04, Bouanich (Racc. pag. I‑923, punto 28), e 23 febbraio 2006, causa C‑471/04, Keller Holding (Racc. pag. I‑2107, punto 28).


    25 – Sentenze 2 febbraio 1989, causa 186/87, Cowan (Racc. pag. I‑195, punto 19), e 24 novembre 1998, causa C‑274/96, Bickel e Franz (Racc. pag. I‑7637, punto 17).


    26 – Sentenze 28 aprile 1998, cause C‑120/95, Decker (Racc. pag. I‑1831, punti 21 e 23), e C‑158/96, Kohll (Racc. pag. I‑1931, punti 17 e 19); 23 novembre 2000, causa C‑135/99, Elsen (Racc. pag. I‑10409, punto 33), nonché 7 luglio 2005, causa C‑227/03, Van Pommeren-Bourgondiën (Racc. pag. I‑6101, punto 39).


    27 – Sentenza 30 marzo 1993, causa C‑168/91, Konstantinidis (Racc. pag. I‑1191).


    28 – Sentenze Baumbast e R (cit. alla nota 20), punto 82, García Avello (cit. alla nota 7), punto 22, nonché Zhu e Chen (cit. alla nota 6), punto 25; v. inoltre le sentenze Grzelczyk (cit. alla nota 11), punto 31, D’Hoop (cit. alla nota 7), punto 28, Collins (cit. alla nota 15) punto 61, Pusa (cit. alla nota 7), punto 16, Bidar (cit. alla nota 11), punto 31, Commissione/Austria (cit. alla nota 11), punto 45, e Schempp (cit. alla nota 7), punto 15.


    29 – Sentenza Baumbast e R (cit. alla nota 20), punti 81, 83 e 84; nello stesso senso le sentenze Trojani (cit. alla nota 6), punto 40, e Bidar (cit. alla nota 11), punto 37.


    30 – Sentenza Schempp (cit. alla nota 7), punto 19.


    31 – Sentenza Elsen (cit. alla nota 26), punto 33.


    32 – V., a tal proposito, quanto illustrato al paragrafo 37 di queste conclusioni.


    33 – Sentenza García Avello (cit. alla nota 7), punto 25; v. a tal proposito anche le conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 30 giugno 2005 nella causa C‑96/04 (Standesamt Stadt Niebüll, decisa con sentenza 27 aprile 2006, Racc. pag. I‑3561, in particolare paragrafo 50).


    34 – Sentenza Pusa (cit. alla nota 7), punti 22 e 23.


    35 – V., a tal proposito, infra i paragrafi 61‑64 di queste conclusioni.


    36 – Sentenza cit. alla nota 8, v. ivi in particolare punti 16‑21.


    37 – La questione pregiudiziale è stata riprodotta al punto 13 della sentenza Baldinger (cit. alla nota 8).


    38 – Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer dell'11 dicembre 2003 nella causa C‑386/02, Baldinger (Racc. pag. I‑8411, paragrafi 24‑47, in particolare paragrafo 31).


    39 – V. sopra, a tal proposito, il paragrafo 40 di queste conclusioni e in particolare la sentenza García Avello (cit. alla nota 7), che è stata pronunciata dalla Corte in seduta plenaria.


    40 – Il Trattato di Maastricht (Trattato sull'Unione europea) è entrato in vigore il 1º novembre 1993.


    41 – Sentenza D’Hoop (cit. alla nota 7), punto 25.


    42 – V. sopra il paragrafo 38 di queste conclusioni.


    43 – In tal senso le sentenze Collins (cit. alla nota 15), punto 61, Commissione/Austria (cit. alla nota 11), punto 45, e Schempp (cit. alla nota 7), punto 15; in senso analogo anche le sentenze Grzelczyk (cit. alla nota 11), punto 31, D’Hoop (cit. alla nota 7), punto 28, García Avello (cit. alla nota 7), punti 22 e 23, Pusa (cit. alla nota 7), punto 16, e Bidar (cit. alla nota 11), punto 31.


    44 – Sentenze Grzelczyk (cit. alla nota 11), punto 31, García Avello (cit. alla nota 7), punti 22, 23, 27, 29 e 30, Bidar (cit. alla nota 11), punti 31‑33, Commissione/Austria (cit. alla nota 11), punto 45, e Schempp (cit. alla nota 7), punto 15 e segg. Nello stesso senso, ma senza riferimento concreto all'art. 12 CE, le sentenze D’Hoop (punto 28), e Pusa (punto 16), citate alla nota 7.


    45 – In tal senso, le sentenze D’Hoop (punti 30 e 31), e Pusa (punti 18 e 19); analogamente, la sentenza Schempp (punti 16 e 26), rispettivamente citate alla nota 7.


    46 – V., in particolare, sentenza De Lasteyrie du Saillant (punto 45), analogamente le sentenze Manninen (punti 20 e segg. ) e Marks & Spencer (punto 34), rispettivamente citate alla nota 24.


    47 – V., a tal proposito, sopra il paragrafo 34 di queste conclusioni e la giurisprudenza cit. alla nota 19.


    48 – Nello stesso senso anche le conclusioni dell'avvocato generale Jacobs 20 novembre 2003, nella causa Pusa (cit. alla nota 7), paragrafi 18‑20 e 22, e 30 giugno 2005, nella causa Standesamt Stadt Niebüll (cit. alla nota 33), paragrafi 52 e segg., nonché le conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed 2 febbraio 2006, nella causa C‑406/04, De Cuyper (decisa con sentenza 18 luglio 2006, Racc. pag. I‑6947, paragrafi 104‑108). V. anche le mie conclusioni pronunciate in data odierna nella causa C‑470/04, N. (decisa con sentenza 7 settembre 2006, Racc. pag. I‑0000, paragrafo 65).


    49 – In tal senso, la sentenza Schempp (cit. alla nota 7, punto 43), in cui la Corte mediante l'uso del termine «ostacola» (in francese: «entrave») fa intendere per la prima volta una tale interpretazione.


    50 – In tal senso, anche la Sentenza Pusa (cit. alla nota 7), punto 19.


    51 – In tal senso le sentenze D’Hoop (punti 30 e 31) e Pusa (punti 18 e 19), rispettivamente citate alla nota 7. V. anche il paragrafo 22 delle conclusioni dell'avvocato generale Jacobs nella causa Pusa e paragrafo 66 delle mie conclusioni nella causa N., rispettivamente citate alla nota 48.


    52 – Analogamente le conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed nella causa De Cuyper (cit. alla nota 48, in particolare paragrafo 110).


    53 – Tali svantaggi non possono essere del tutto compensati da una disciplina dei casi di manifesta iniquità come quella prevista dall'art. 3, n. 6, della WUBO. Il ricorso alla medesima rientra infatti nella discrezionalità della PUR e secondo la prassi amministrativa della medesima non viene applicata proprio ai casi in cui vi sia stato un trasferimento volontario della residenza all'estero. Persino la prassi amministrativa della PUR meno restrittiva in vigore dal 1º luglio 2004 non ha esteso tale disciplina a tutti i casi di trasferimento volontario della residenza all'estero, in quanto vi è un limite di reddito. V., per tutto, i paragrafi 11‑13 di queste conclusioni.


    54 – Nello stesso senso, le sentenze D’Hoop (cit. alla nota 7), punti 26 e 36, García Avello (cit. alla nota 7), punti 39 e segg., Collins (cit. alla nota 15), punto 66, Pusa (cit. alla nota 7), punto 33, e Bidar (cit. alla nota 11), punto 54.


    55 – V. sentenze Baldinger (punto 17), Gillard (punto 13) e Even (punto 12) citate alla nota 8.


    56 – Sentenza Bidar (cit. alla nota 11), punto 57; v. anche sentenze D’Hoop (cit. alla nota 7), punto 38, Collins (cit. alla nota 15), punto 67, e Ioannidis (cit. alla nota 5), punto 30.


    57 – Sentenza Bidar (cit. alla nota 11), punto 59.


    58 – V. ad esempio l'annullamento di determinate clausole di residenza ai sensi dell'art. 10, n. 1, del regolamento n. 1408/71 nonché gli artt. 7 e 63‑65 del regolamento n. 883/2004. Sull'«esportabilità» di determinate prestazioni sociali in relazione all'art. 19 del regolamento n. 1408/71 v., inoltre, la recentissima sentenza 21 febbraio 2006, causa C‑286/03, Hosse (Racc. pag. I‑1771). Anche dagli artt. 7, n. 2, e 12 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2), può derivare l'«esportabilità» di talune prestazioni, v. a tal proposito, ad esempio, sentenze 13 novembre 1990, causa C‑308/89, Di Leo (Racc. pag. I‑4185, punti 10‑17); 26 febbraio 1992, causa C‑3/90, Bernini (Racc. pag. I‑1071, punti 20 e 29), e 8 giugno 1999, causa C‑337/97, Meeusen (Racc. pag. I‑3298, punti 23‑25 e 30).


    59 – V. in questo contesto anche le conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed nella causa De Cuyper (cit. alla nota 48).


    60 – La necessità di un tale criterio è stata ad esempio esaminata nelle sentenze D’Hoop (cit. alla nota 7), punto 39, in particolare l'ultima frase, Collins (cit. alla nota 15, punti 66 e 72, e Ioannidis (cit. alla nota 5), punto 31, in particolare l'ultima frase; analogamente la sentenza Bidar (cit. alla nota 11), punti 58 e 61.


    61 – Sentenza D’Hoop (cit. alla nota 7), punto 39, con riferimento al luogo di conseguimento del diploma di maturità; analogamente la sentenza Ioannidis (cit. alla nota 5), punti 31 e 33, con riferimento al luogo di conseguimento del diploma di maturità e della residenza dei genitori dell'interessato.


    62 – V. a tal proposito in dettaglio il paragrafo 9 di queste conclusioni.


    63 – Tale situazione non può essere sostanzialmente modificata nemmeno da una disciplina dei casi di manifesta iniquità come quella prevista dall'art. 3. n. 6, della WUBO. Il ricorso alla medesima rientra infatti nella discrezionalità della PUR e secondo la prassi amministrativa della medesima non viene applicata proprio ai casi in cui vi sia stato un trasferimento volontario della residenza all'estero. Anche in seguito alla prassi amministrativa della PUR meno restrittiva in vigore dal 1º luglio 2004 non vengono ancora compresi tutti i casi di trasferimento volontario della residenza all'estero, in quanto vi è un limite di reddito. V., per tutto, i paragrafi 11‑13 di queste conclusioni.

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