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Document 62004TJ0257

    Sentenza del Tribunale di primo grado (Prima Sezione ampliata) del 10 giugno 2009.
    Repubblica di Polonia contro Commissione delle Comunità europee.
    Agricoltura - Organizzazione comune dei mercati - Misure transitorie da adottarsi a causa dell’adesione di nuovi Stati membri - Regolamento (CE) n. 1972/2003 relativo alle misure transitorie da adottarsi per quanto riguarda gli scambi di prodotti agricoli - Ricorso di annullamento - Termine di ricorso - Dies a quo - Tardività - Modifica di una disposizione di un regolamento - Riapertura dei termini di ricorso contro tale disposizione e contro tutte le disposizioni che formano un insieme con essa - Ricevibilità parziale - Proporzionalità - Principio di non discriminazione - Legittimo affidamento - Motivazione.
    Causa T-257/04.

    Raccolta della Giurisprudenza 2009 II-01545

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2009:182

    SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

    10 giugno 2009 ( *1 )

    «Agricoltura — Organizzazione comune dei mercati — Misure transitorie da adottarsi a causa dell’adesione di nuovi Stati membri — Regolamento (CE) n. 1972/2003 relativo alle misure transitorie da adottarsi per quanto riguarda gli scambi di prodotti agricoli — Ricorso di annullamento — Termine di ricorso — Dies a quo — Tardività — Modifica di una disposizione di un regolamento — Riapertura dei termini di ricorso contro tale disposizione e contro tutte le disposizioni che formano un insieme con essa — Ricevibilità parziale — Proporzionalità — Principio di non discriminazione — Legittimo affidamento — Motivazione»

    Nella causa T-257/04,

    Repubblica di Polonia, rappresentata inizialmente dal sig. J. Pietras, successivamente dalla sig.ra E. Ośniecka-Tamecka, dai sigg. T. Nowakowski, M. Dowgielewicz e B. Majczyna, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. M. Szpunar,

    ricorrente,

    contro

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dalla sig.ra A. Stobiecka-Kuik, dai sigg. L. Visaggio e T. van Rijn, successivamente dal sig. M. van Rijn, dalle sig.re H. Tserepa-Lacombe e A. Szmytkowska, in qualità di agenti,

    convenuta,

    avente ad oggetto un ricorso di annullamento dell’art. 3 e dell’art. 4, n. 3 e n. 5, ottavo trattino, del regolamento (CE) della Commissione 10 novembre 2003, n. 1972, relativo alle misure transitorie da adottarsi per quanto riguarda gli scambi di prodotti agricoli in seguito all’adesione di Cipro, dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania, di Malta, della Polonia, della Repubblica ceca, della Slovacchia, della Slovenia e dell’Ungheria all’Unione europea (GU L 293, pag. 3), come modificato dal regolamento (CE) della Commissione , n. 230 (GU L 39, pag. 13), nonché dal regolamento (CE) della Commissione , n. 735 (GU L 114, pag. 13),

    IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione ampliata),

    composto dalla sig.ra V. Tiili (relatore), presidente, dal sig. F. Dehousse, dalle sig.re I. Wiszniewska-Białecka, K. Jürimäe e dal sig. S. Soldevila Fragoso, giudici,

    cancelliere: sig.ra K. Pocheć, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 giugno 2008,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Fatti all’origine della controversia

    1

    Il 10 novembre 2003, la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 1972/2003, relativo alle misure transitorie da adottarsi per quanto riguarda gli scambi di prodotti agricoli in seguito all’adesione di Cipro, dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania, di Malta, della Polonia, della Repubblica ceca, della Slovacchia, della Slovenia e dell’Ungheria all’Unione europea (GU L 293, pag. 3).

    2

    Tale regolamento è stato adottato sulla base dell’art. 2, n. 3, del Trattato tra il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, l’Irlanda, la Repubblica italiana, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d’Austria, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord (Stati membri dell’Unione europea) e la Repubblica ceca, la Repubblica di Estonia, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca relativo all’adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca all’Unione europea (GU L 236, pag. 17; in prosieguo: il «Trattato d’adesione»), firmato ad Atene il 16 aprile 2003 e ratificato dalla Repubblica di Polonia il , nonché sulla base dell’art. 41, primo comma, dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2003, L 236, pag. 33; in prosieguo: l’«Atto di adesione»), allegato al Trattato di adesione.

    3

    Detto regolamento, che è stato modificato dal regolamento (CE) della Commissione 10 febbraio 2004, n. 230 (GU L 39, pag. 13), e dal regolamento (CE) della Commissione , n. 753 (GU L 114, pag. 13), in sostanza e, per quanto riguarda la presente controversia, instaura in particolare un sistema di prelievi su taluni prodotti agricoli in deroga transitoria alle regole comunitarie generalmente applicabili.

    4

    Così, l’art. 3 di tale regolamento prevede quanto segue:

    «Regime sospensivo

    1.   Il presente articolo si applica in deroga all’allegato IV, [punto] 5, dell’Atto di adesione e agli articoli 20 e 214 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (…)

    2.   I prodotti elencati all’articolo 4, paragrafo 5, i quali, anteriormente al 1o maggio 2004, si trovavano in libera pratica nella Comunità dei quindici o in un nuovo Stato membro e, alla data del , risultano assoggettati al deposito temporaneo o ad uno dei regimi o procedure doganali di cui all’articolo 4, paragrafo 15, lettera b), e paragrafo 16, lettere da b) a g), del regolamento (CEE) n. 2913/92 nella Comunità allargata, o sono in viaggio previo espletamento delle formalità di esportazione nella Comunità allargata, sono sottoposti all’aliquota del dazio all’importazione erga omnes applicabile alla data dell’immissione in libera pratica.

    Il primo comma non si applica ai prodotti esportati dalla Comunità dei quindici se l’importatore fornisce la prova che non sono state richieste restituzioni all’esportazione per i prodotti del paese esportatore. Su richiesta dell’importatore, l’esportatore procura che l’autorità competente apponga un visto sulla dichiarazione d’esportazione, a convalida del fatto che non sono state richieste restituzioni all’esportazione per i prodotti del paese esportatore.

    3.   I prodotti elencati all’articolo 4, paragrafo 5, provenienti da paesi terzi e assoggettati, al 1o maggio 2004, al regime di perfezionamento attivo di cui all’articolo 4, paragrafo 16, lettera d), del regolamento (CEE) n. 2913/92 o all’ammissione temporanea di cui all’articolo 4, paragrafo 16, lettera f), del medesimo regolamento in un nuovo Stato membro, i quali sono immessi in libera pratica il o posteriormente a tale data, sono sottoposti al dazio all’importazione applicabile ai prodotti provenienti da paesi terzi alla data dell’immissione in libera pratica».

    5

    L’art. 4 di tale regolamento così recita:

    «Prelievi sulle merci in libera pratica

    1.   Fatto salvo l’allegato IV, [punto] 4, dell’Atto di adesione, se a livello nazionale non si applicano norme più rigorose, i nuovi Stati membri riscuotono prelievi a carico dei detentori di scorte eccedenti di prodotti in libera pratica al 1o maggio 2004.

    2.   Al fine di determinare l’eccedenza di ciascun detentore, i nuovi Stati membri tengono conto, in particolare, dei seguenti fattori:

    a)

    medie delle scorte disponibili negli anni precedenti l’adesione;

    b)

    assetto dei flussi commerciali negli anni precedenti l’adesione;

    c)

    circostanze che hanno determinato la costituzione delle eccedenze.

    La nozione di eccedenza si applica ai prodotti importati nei nuovi Stati membri od originari di questi ultimi. Essa si applica altresì ai prodotti destinati al mercato dei nuovi Stati membri.

    (…)

    3.   L’importo del prelievo di cui al paragrafo 1 è determinato dall’aliquota del dazio erga omnes applicabile il 1o maggio 2004. Il gettito del prelievo riscosso dalle autorità nazionali è imputato al bilancio nazionale del nuovo Stato membro.

    (…)

    5.   Il presente articolo si applica ai prodotti corrispondenti ai seguenti codici NC:

    (…)

    per la Polonia:

     

    02013000, 02023010, 02023050, 02023090, 02043000, 02044310, 02062991, 02071410, 02071470, 040210, 040221, 040510, 040590, 0406, 07032000, 07115100, 1001, 1002, 1003, 1004, 1005, 100610, 100620, 100630, 100640, 1007, 1008, 1101, 1102, 1103, 1104, 1107, 1108, 1509 , 1510, 16023211, 170230 [(ad eccezione del codice 17023010)], 170240 [(ad eccezione del codice 17024010)], 170290 [(esclusivamente per i codici 17029010, 17029050, 17029075 e 17029079)], 20031020, 20031030, 20083055, 20083075.

    (…)

    6.   La Commissione può aggiungere altri prodotti o eliminarne dall’elenco che figura al paragrafo 5».

    6

    Sette dei prodotti compresi nell’elenco di cui all’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003, come modificato, sono stati inseriti in tale articolo dal regolamento n. 735/2004, cioè i prodotti corrispondenti ai codici NC 02023010, 02023050, 02071410, 02071470, 16023211, 20083055 e 20083075. Il regolamento n. 735/2004 ha modificato esclusivamente l’elenco di cui trattasi e non il testo delle altre disposizioni del regolamento n. 1972/2003 contestate nell’ambito del presente ricorso.

    Procedura

    7

    Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 28 giugno 2004, la Repubblica di Polonia ha proposto il presente ricorso.

    8

    Poiché la presente causa fa sorgere una questione di interpretazione identica a quella sollevata nella causa C-273/04, Polonia/Consiglio, di cui è stata investita la Corte, il presidente della Terza Sezione del Tribunale, con ordinanza 11 luglio 2006, ha sospeso il procedimento nella presente causa fino alla pronuncia della sentenza della Corte, in conformità dell’art. 54, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, dell’art. 77, lett. a), e dell’art. 78 del regolamento di procedura del Tribunale.

    9

    Con sentenza 23 ottobre 2007, causa C-273/04, Polonia/Consiglio (Racc. pag. I-8925), la Corte ha deciso di respingere il ricorso sopramenzionato dopo essersi immediatamente pronunciata nel merito della causa senza decidere sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio.

    10

    Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Prima Sezione, alla quale la presente causa è stata di conseguenza attribuita.

    11

    Con decisione 8 gennaio 2008, il Tribunale, interpretando la domanda di rinvio della Repubblica di Polonia dinanzi alla Grande Sezione nel senso che essa mirava, in subordine, ad ottenere il rinvio della causa dinanzi ad una sezione composta da cinque giudici, ha rinviato la causa, su proposta della Prima Sezione, alla Prima Sezione ampliata, in applicazione dell’art. 51, n. 1, secondo comma, del regolamento di procedura, secondo cui la causa dev’essere trattata da una Sezione composta di almeno cinque giudici quando lo richieda uno Stato membro che è parte nel procedimento.

    12

    L’11 aprile 2008, il Tribunale ha rivolto taluni quesiti scritti alla Commissione, che ha ottemperato a tale richiesta entro il termine impartito.

    13

    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione ampliata) ha deciso di passare alla fase orale.

    14

    Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 16 giugno 2008.

    15

    La Repubblica di Polonia chiede che il Tribunale voglia:

    annullare l’art. 3 e l’art. 4, n. 3 e n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003, come modificato;

    condannare la Commissione alle spese.

    16

    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

    respingere integralmente il ricorso;

    condannare la Repubblica di Polonia alle spese.

    Sulla ricevibilità

    Argomenti delle parti

    17

    Pur non sollevando formalmente un’eccezione di irricevibilità, la Commissione ha affermato nel suo controricorso che il ricorso è stato proposto fuori termine e che è pertanto irricevibile.

    18

    La Commissione ricorda che, in conformità dell’art. 230, quinto comma, CE, qualsiasi ricorso contro un regolamento deve essere proposto nel termine di due mesi a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione. Pertanto, poiché il regolamento n. 1972/2003 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale l’11 novembre 2003, il termine per proporre un ricorso contro tale regolamento sarebbe scaduto il a mezzanotte.

    19

    La Commissione sottolinea che l’Atto di adesione non provede alcuna regola che consenta di derogare al termine fissato dall’art. 230 CE. Essa considera che fissare una data diversa da quella della pubblicazione del regolamento n. 1972/2003 come dies a quo del termine di ricorso per la Repubblica di Polonia avrebbe l’effetto di introdurre per i nuovi Stati membri una data di scadenza del termine di ricorso diversa da quella prevista per i vecchi Stati membri.

    20

    A sostegno della sua tesi la Commissione invoca la sentenza della Corte 29 aprile 2004, causa C-194/01, Commissione/Austria (Racc. pag. I-4579). A suo giudizio, in tale sentenza, la Corte ha dichiarato che i nuovi Stati membri non possono proporre un ricorso di annullamento contro un atto comunitario dopo la loro adesione, quando il termine per impugnarlo è scaduto prima del giorno della loro adesione (punto 41). Essa invoca anche la sentenza della Corte , cause riunite 39/81, 43/81, 85/81 e 88/81, Halyvourgiki e Helleniki Halyvourgia/Commissione (Racc. pag. 593, punti 9-15), in cui, a suo parere, la Corte ha giudicato che gli atti adottati tra la data della firma del Trattato di adesione e quella della sua entrata in vigore sono pienamente efficaci rispetto ai nuovi Stati membri a partire dal giorno dell’entrata in vigore di tale Trattato.

    21

    Infine, la Commissione ritiene che l’argomento esposto della Repubblica di Polonia nella memoria di replica — secondo cui, anche se il termine per un ricorso contro il regolamento n. 1972/2003 era scaduto, il ricorso sarebbe, in ogni caso, ricevibile per quanto riguarda i prodotti aggiunti dal regolamento n. 735/2004 — costituisca un motivo nuovo ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura e sia quindi irricevibile.

    22

    La Repubblica di Polonia ricorda che l’art. 2, n. 3, del Trattato di adesione prevede che le istituzioni dell’Unione possono adottare prima dell’adesione le misure previste all’art. 41 di tale Atto, che entrano in vigore solo con riserva dell’entrata in vigore del Trattato di adesione e alla data di quest’ultima. Quest’ultima circostanza distinguerebbe il regolamento n. 1972/2003 dagli altri atti adottati dalle istituzioni delle Comunità prima dell’adesione, come pure il fatto che l’espressione «Stati membri» contenuta in tale regolamento riguarda sia i vecchi sia i nuovi Stati membri.

    23

    Per tale ragione, senza rimettere in discussione il termine fissato dall’art. 230 CE per tutti gli atti adottati durante il periodo precedente l’adesione di un nuovo Stato membro, la Repubblica di Polonia considera che, poiché il regolamento n. 1972/2003 è stato adottato sul fondamento dell’Atto di adesione e le era indirizzato in quanto Stato membro, essa aveva il diritto di proporre un ricorso nel termine di due mesi dalla sua adesione.

    24

    In proposito, la Repubblica di Polonia rileva che le sentenze Halyvourgiki e Helleniki Halyvourgia/Commissione e Commissione/Austria, punto 20 supra, non riguardano, contrariamente al regolamento n. 1972/2003, atti giuridici adottati sulla base di un Atto di adesione.

    25

    La Repubblica di Polonia d’altronde ritiene che, essendo il regolamento n. 1972/2003 indirizzato agli Stati membri dell’Unione europea al 1o maggio 2004, la sua pubblicazione debba essere effettuata nelle venti lingue ufficiali dell’Unione europea in conformità dell’allegato II, punto 22, n. 1, dell’Atto di adesione. Pertanto, il processo di pubblicazione del summenzionato regolamento non si sarebbe concluso l’, ma il , data in cui o a partire dalla quale tale regolamento è stato pubblicato nelle venti lingue ufficiali.

    26

    Secondo la Repubblica di Polonia, la sua tesi risulta confermata dalla giurisprudenza secondo cui, poiché le diverse versioni linguistiche dei testi comunitari fanno fede nella stessa misura, la loro interpretazione comporta il raffronto di tali versioni (sentenza della Corte 6 ottobre 1982, causa 283/81, Cilfit e a., Racc. pag. 3415, punto 18). Infatti, alla data dell’, il regolamento n. 1972/2003 non sarebbe stato pubblicato in polacco e, quindi, non sarebbe stato possibile interpretarlo correttamente.

    27

    La Repubblica di Polonia afferma altresì che dal 1o maggio 2004 inizia a decorrere il termine di ricorso per tutti gli Stati membri e non solo per gli Stati membri che hanno aderito a tale data, con conseguente invalidità degli argomenti della Commissione vertenti su date diverse di scadenza dei termini di ricorso.

    28

    Inoltre, la Repubblica di Polonia rileva che la tesi della Commissione implica una tutela giurisdizionale inferiore per i nuovi Stati membri, peraltro particolarmente toccati dal regolamento n. 1972/2003. Orbene, essi dovrebbero, in quanto Stati membri, poter impugnare il regolamento di cui trattasi, poiché il medesimo è loro indirizzato in tale qualità.

    29

    La Repubblica di Polonia asserisce, in effetti, di non aver potuto proporre ricorso contro il regolamento n. 1972/2003 in qualità di parte non privilegiata, in base all’art. 230, quarto comma, CE, prima dell’adesione, poiché, da un lato, il regolamento in parola costituisce un atto di applicazione generale e non una decisione individuale nel senso di tale disposizione e, dall’altro lato, non la riguarda direttamente ed individualmente nel senso della giurisprudenza della Corte relativa ai ricorsi proposti da collettività territoriali (sentenze della Corte 22 novembre 2001, causa C-452/98, Nederlandse Antillen/Consiglio, Racc. pag. I-8973, e , causa C-142/00 P, Commissione/Nederlandse Antillen, Racc. pag. I-3483, punto 69). La Repubblica di Polonia ritiene, in effetti, che solo gli atti che impediscono a tali collettività territoriali di eseguire le loro funzioni nel modo che reputano adeguato possono essere considerati come se le riguardassero individualmente (sentenza del Tribunale , causa T-288/97, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia/Commissione, Racc. pag. II-1871). Orbene, il regolamento n. 1972/2003 non avrebbe limitato i suoi diritti a tale riguardo.

    30

    La Repubblica di Polonia afferma altresì che l’art. 241 CE non costituisce un mezzo di ricorso utile rispetto al regolamento n. 1972/2003, poiché non costituisce un diritto d’azione autonomo e può essere invocato solo incidentalmente nell’ambito di un procedimento avviato sul fondamento di un’altra base giuridica. Inoltre, le disposizioni di cui trattasi del regolamento n. 1972/2003 sarebbero così precise da non costituire una base per l’adozione di misure di esecuzione più dettagliate, con la conseguenza che non sarebbe consentito invocare la loro inapplicabilità in base all’art. 241 CE. D’altronde, uno Stato membro non può, dopo la scadenza del termine previsto all’art. 230 CE, rimettere in discussione la validità di un atto comunitario come mezzo di difesa in un procedimento diretto a far dichiarare che è venuto meno ai suoi obblighi per non averlo trasposto. Di conseguenza, la tesi della Commissione avrebbe l’effetto di privarla del diritto di proporre ricorso contro il regolamento n. 1972/2003.

    31

    In via subordinata, la Repubblica di Polonia sostiene nella memoria di replica che il presente ricorso, proposto il 28 giugno 2004, è comunque ricevibile per quanto riguarda i prodotti aggiunti dal regolamento n. 735/2004, il quale è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale il , poiché essa ha proposto un ricorso di annullamento contro il regolamento n. 1972/2003, come modificato dal regolamento n. 735/2004.

    Giudizio del Tribunale

    32

    Secondo l’art. 230, quinto comma, CE, i ricorsi «devono essere proposti nel termine di due mesi a decorrere (…) dalla pubblicazione dell’atto (…) ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza». Dalla formulazione stessa di questa disposizione emerge che il criterio della data in cui si è avuto conoscenza dell’atto come dies a quo del termine di ricorso è subordinato rispetto a quello della pubblicazione o della notifica dell’atto (sentenza della Corte 10 marzo 1998, causa C-122/95, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-973, punto 35).

    33

    Occorre altresì rilevare che l’applicazione rigida delle discipline comunitarie in tema di termini procedurali risponde all’esigenza di certezza del diritto e alla necessità di evitare qualsiasi discriminazione o trattamento arbitrario nell’amministrazione della giustizia (ordinanza della Corte 5 febbraio 1992, causa C-59/91, Francia/Commissione, Racc. pag. I-525, punto 8; sentenza della Corte , causa C-137/92 P, Commissione/BASF e a., Racc. pag. I-2555, punto 40; ordinanze della Corte , causa C-239/97, Irlanda/Commissione, Racc. pag. I-2655, punto 7, e , causa C-406/01, Germania/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-4561, punto 20). Inoltre, il rigoroso rispetto dei termini procedurali risponde ad esigenze di buona amministrazione della giustizia e di economia processuale (sentenza della Corte , causa C-310/97 P, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., Racc. pag. I-5363, punto 61). Infine, il carattere tardivo di un ricorso costituisce un’eccezione di ordine pubblico che deve essere rilevata d’ufficio (sentenza della Corte , causa 108/79, Belfiore/Commissione, Racc. pag. 1769, punto 3).

    34

    Nella fattispecie, il regolamento n. 1972/2003 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale l’11 novembre 2003. Occorre quindi calcolare la scadenza del termine di ricorso a partire da tale data.

    35

    Ai sensi dell’art. 101, n. 1, lett a), del regolamento di procedura, «se un termine espresso in giorni, in settimane, in mesi o in anni deve essere calcolato dal momento in cui si verifica un evento o si compie un atto, il giorno nel quale si verifica tale evento o si compie tale atto non è incluso nel termine». Inoltre, in applicazione dell’art. 102, n. 1, del regolamento di procedura, quando un termine per l’impugnazione di un atto di un’istituzione decorre dalla pubblicazione dell’atto, tale termine dev’essere calcolato, ai sensi dell’articolo 101, n. 1, lett. a), a partire dalla fine del quattordicesimo giorno successivo alla data della pubblicazione dell’atto nella Gazzetta ufficiale. Ne consegue che, nel caso di specie, il termine di ricorso di due mesi decorre dal 25 novembre 2003 a mezzanotte.

    36

    D’altra parte, l’art. 101, n. 1, lett. b), del regolamento di procedura dispone che un termine espresso in mesi scade con lo spirare del giorno che, nell’ultimo mese, ha lo stesso numero del giorno in cui si è verificato l’evento o è stato compiuto l’atto a partire dai quali il termine dev’essere calcolato. Il presente termine di ricorso è quindi scaduto il 25 gennaio 2004 a mezzanotte.

    37

    Tuttavia, in considerazione del termine forfettario di dieci giorni in ragione della distanza, che deve essere aggiunto ai termini di procedura ai sensi dell’art. 102, n. 2, del regolamento di procedura, il termine totale previsto per proporre un ricorso contro il regolamento n. 1972/2003 è scaduto il 4 febbraio 2004 a mezzanotte.

    38

    Orbene, la Repubblica di Polonia ha depositato il presente ricorso il 28 giugno 2004. Ne consegue che, per quanto riguarda il regolamento n. 1972/2003, tale ricorso è stato proposto tardivamente.

    39

    Nessuno degli argomenti della Repubblica di Polonia è idoneo a rimettere in discussione tale conclusione.

    40

    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento che la Repubblica di Polonia ha tratto dalla pubblicazione incompleta del regolamento n. 1972/2003, in quanto esso non sarebbe stato pubblicato nelle venti lingue ufficiali dell’Unione europea, occorre rilevare che l’art. 4, del regolamento del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385), come modificato, nel testo applicabile all’, prevede che «[i] regolamenti e gli altri testi di portata generale sono redatti nelle undici lingue ufficiali».

    41

    Infatti, poiché l’art. 1 del Trattato di adesione prevede che le disposizioni dell’Atto di adesione fanno parte integrante di tale Trattato, esse entrano in vigore alla stessa data di quest’ultimo. Pertanto, le modifiche apportate al regime linguistico previste dall’allegato II, punto 22, n. 1, dell’Atto di adesione, che includono le lingue dei nuovi Stati membri tra le lingue di lavoro delle istituzioni, sono entrate in vigore solo il 1o maggio 2004.

    42

    Ne consegue che la Commissione non era obbligata a pubblicare il regolamento n. 1972/2003 in lingua polacca l’11 novembre 2003 e che l’interpretazione di tale regolamento poteva avvenire a partire delle versioni linguistiche pubblicate a tale data.

    43

    In secondo luogo, trattandosi dell’argomento vertente sull’entrata in vigore del regolamento n. 1972/2003 con riserva dell’entrata in vigore del Trattato di adesione e alla data di quest’ultima, ossia il 1o maggio 2004, occorre non confondere l’opponibilità di un atto connessa all’adempimento di tutte le necessarie formalità di pubblicazione e che fa decorrere il termine di ricorso con l’entrata in vigore di detto atto che può essere posticipata (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa conclusasi con la sentenza Polonia/Consiglio, punto 9 supra, Racc. pag. I-8929, in particolare pag. I-8962, punto 23).

    44

    L’art. 230, quinto comma, CE non prevede come dies a quo del termine di ricorso la data di entrata in vigore dell’atto. Quand’anche il regolamento n. 1972/2003 si distinguesse, come asserisce la Repubblica di Polonia, dal resto dell’acquis comunitario, quanto al momento della sua attuazione e alla cerchia dei suoi destinatari, ciò non impedirebbe quindi che il termine di ricorso cominci a decorrere dalla pubblicazione del regolamento di cui trattasi.

    45

    In terzo luogo, deve essere respinto anche l’argomento secondo cui il regolamento n. 1972/2003 è stato indirizzato a tutti gli Stati membri, compresa la Repubblica di Polonia, per cui quest’ultima deve essere in grado di impugnarlo in tale qualità.

    46

    Infatti, in primo luogo, l’Atto di adesione prevede specificamente la possibilità per le istituzioni comunitarie di adottare talune misure tra la data della firma dell’Atto di adesione e la data di adesione dei nuovi Stati membri, senza peraltro prevedere deroghe temporanee al sistema di controllo della legittimità degli atti comunitari.

    47

    In secondo luogo, occorre ricordare che le norme comunitarie concernenti i termini di procedura devono essere applicate rigorosamente (v., in tal senso, sentenza della Corte 15 gennaio 1987, causa 152/85, Misset/Consiglio, Racc. pag. 223, punto 11) ed è possibile derogarvi solo in circostanze assolutamente eccezionali, di caso fortuito o di forza maggiore (ordinanza della Corte , causa C-369/03 P, Forum des migrants/Commissione, Racc. pag. I-1981, punto 16). Orbene, la Repubblica di Polonia non chiarisce in quale misura le presenti circostanze sarebbero, per quanto la riguarda, assolutamente eccezionali e richiederebbero una deroga al principio dell’applicazione rigorosa dei termini di procedura, violando in tal modo il principio della certezza del diritto.

    48

    In terzo luogo, se si dovesse intendere l’argomento della Repubblica di Polonia nel senso che essa riteneva di dover aspettare di acquisire la qualità di Stato membro per poter proporre il suo ricorso, occorrerebbe sottolineare che il termine di ricorso previsto dall’art. 230 CE è di applicazione generale. Per quanto riguarda la Repubblica di Polonia, non era richiesta la qualità di Stato membro. Tale termine di ricorso deve venirle comunque applicato in qualità di persona giuridica.

    49

    Infine, in merito all’argomento vertente sul diritto ad un’efficace tutela giurisdizionale, occorre anzitutto segnalare che il diritto ad un’efficace tutela giurisdizionale non è affatto compromesso dall’applicazione rigorosa dei regolamenti comunitari riguardanti i termini procedurali, che risponde in particolare ad un’esigenza di certezza del diritto (ordinanza Germania/Parlamento e Consiglio, punto 33 supra, punto 20).

    50

    D’altronde, se è vero che le condizioni di avvio di un’azione dinanzi al giudice comunitario devono essere interpretate alla luce del principio di un’efficace tutela giurisdizionale, ciò nondimeno tale interpretazione non può condurre ad escludere un requisito espressamente previsto dal Trattato, senza eccedere le competenze attribuite da quest’ultimo ai giudici comunitari (sentenza della Corte 25 luglio 2002, causa C-50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I-6677, punto 44; v. anche, per analogia, ordinanza della Corte , causa C-75/02 P, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, Racc. pag. I-2903, punto 34).

    51

    Infine, se è vero che i giudici comunitari hanno riconosciuto, per via di interpretazione dell’art. 230, secondo e quarto comma, CE, la legittimazione a proporre ricorsi di annullamento contro atti di cui all’art. 230, primo comma, CE a singoli che erano sprovvisti di qualsiasi efficace mezzo di ricorso rispetto a tali atti (v., in tal senso, sentenze della Corte 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts, Racc. pag. 1339, punto 23; , causa C-295/90, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-4193, e , causa C-65/90, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-4593), tuttavia il fatto che il termine di ricorso cominci a decorrere a partire dalla pubblicazione del regolamento n. 1972/2003 non impediva alla Repubblica di Polonia di rivolgersi al Tribunale per verificare la legittimità di tale regolamento. Essa poteva, contrariamente a quanto afferma, proporre un ricorso contro tale atto ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

    52

    Infatti, se gli Stati membri, ivi compresi i nuovi Stati membri prima dell’adesione, non possono rivendicare la «capacità di agire in giustizia» attribuita agli Stati membri dal sistema comunitario, essi beneficiano della possibilità di stare in giudizio concessa da tale sistema alle persone giuridiche (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa conclusasi con la sentenza Polonia/Consiglio, punto 43 supra, punto 40).

    53

    Tale interpretazione è confermata dalla giurisprudenza relativa alla legittimazione a proporre un ricorso di annullamento delle entità infrastatali secondo cui l’obiettivo dell’art. 230, quarto comma, CE è di concedere una tutela giurisdizionale adeguata a qualsiasi persona, fisica o giuridica, direttamente ed individualmente interessata dagli atti delle istituzioni comunitarie. La legittimazione ad agire deve quindi essere riconosciuta in funzione di questo solo scopo e tutti quelli che soddisfano le condizioni oggettive previste, vale a dire avere la personalità giuridica richiesta ed essere individualmente e direttamente interessati dall’atto impugnato, devono avere accesso al ricorso di annullamento. Tale soluzione si impone anche quando il ricorrente è un ente pubblico che risponde a tali criteri (sentenza Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia/Commissione, punto 29 supra, punto 41; v., anche, le conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa conclusasi con la sentenza Polonia/Consiglio, punto 43 supra, punto 41), come era il caso per i nuovi Stati membri prima della loro adesione all’Unione europea.

    54

    Nel caso di specie, il regolamento n. 1972/2003 costituisce effettivamente un atto di portata generale e non una decisione nel senso dell’art. 249 CE. Tuttavia, la portata generale di un atto non esclude che esso possa concernere direttamente ed individualmente determinate persone fisiche o giuridiche (sentenze della Corte 18 maggio 1994, causa C-309/89, Codorníu/Consiglio, Racc. pag. I-1853, punto 19, e Nederlandse Antillen/Consiglio, punto 29 supra, punto 55).

    55

    Secondo una giurisprudenza constante, un atto di portata generale, quale un regolamento, può riguardare individualmente persone fisiche o giuridiche solo qualora le tocchi a motivo di determinate qualità loro peculiari o di una situazione di fatto che le distingua da chiunque altro e, quindi, le identifichi in modo analogo a quello in cui lo sarebbe il destinatario di una decisione nel senso dell’art. 249 CE (sentenze della Corte 22 novembre 2001, causa C-451/98, Antillean Rice Mills/Consiglio, Racc. pag. I-8949, punto 49; Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, punto 50 supra, punto 36, e Commissione/Nederlandse Antillen, punto 29 supra, punto 65).

    56

    A tale proposito occorre sottolineare che un’entità infrastatale è direttamente ed individualmente interessata da un atto comunitario quando quest’ultimo le impedisce direttamente di esercitare come essa intende le sue competenze (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 30 aprile 1998, causa T-214/95, Vlaams Gewest/Commissione, Racc. pag. II-717, punto 29, e Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia/Commissione, punto 29 supra, punto 31).

    57

    Ciò deve applicarsi anche ai nuovi Stati membri prima della loro adesione all’Unione europea per quanto riguarda gli atti comunitari adottati dopo che hanno firmato il Trattato di adesione.

    58

    Orbene, occorre constatare che le disposizioni del regolamento n. 1972/2003 impongono diversi obblighi alla Repubblica di Polonia, andando così direttamente ad incidere sull’esercizio delle sue competenze proprie.

    59

    Infatti, la Repubblica di Polonia è tenuta in particolare, ai sensi dell’art. 4 del regolamento n. 1972/2003, ad effettuare senza indugio entro il 1o maggio 2004 un inventario delle scorte disponibili di taluni prodotti agricoli e a riscuotere prelievi a carico dei detentori di scorte eccedenti di prodotti in libera pratica per un importo equivalente all’aliquota del dazio all’importazione erga omnes applicabile a tale data.

    60

    Inoltre, l’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 obbliga la Repubblica di Polonia a riscuotere prelievi per un importo equivalente all’aliquota del dazio all’importazione erga omnes applicabile il giorno dell’immissione in libera pratica dei prodotti elencati all’art. 4, n. 5, ottavo trattino, di tale regolamento che sono stati immessi in libera pratica prima del 1o maggio 2004 nel suo territorio e che, alla data del , risultano assoggettati al deposito temporaneo o ad uno dei regimi o procedure doganali di cui all’art. 4, n. 15, lett. b), e n. 16, lett. b)-g), del regolamento (CEE) del Consiglio , n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1996, L 97, pag. 38), nella Comunità allargata, o sono in viaggio previo espletamento delle formalità di esportazione nella Comunità allargata.

    61

    Di conseguenza, occorre concludere che, prima di acquisire la qualità di Stato membro, la Repubblica di Polonia era direttamente ed individualmente interessata dal regolamento n. 1972/2003 e poteva proporre un ricorso di annullamento contro quest’ultimo in base all’art. 230, quarto comma, CE.

    62

    Da quanto precede risulta che l’applicazione rigorosa dei termini di ricorso a partire dalla data di pubblicazione del regolamento n. 1972/2003 non impediva nel caso di specie alla Repubblica di Polonia di far valere i suoi diritti e di beneficiare di una tutela giurisdizionale efficace.

    63

    In considerazione di quanto esposto, occorre concludere che, per quanto riguarda il regolamento n. 1972/2003, il presente ricorso è tardivo e deve pertanto essere respinto.

    64

    Occorre di conseguenza analizzare l’argomento invocato in subordine dalla Repubblica di Polonia secondo cui il presente ricorso, proposto il 28 giugno 2004, è comunque ricevibile per quanto riguarda i prodotti aggiunti dal regolamento n. 735/2004, che è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale il .

    65

    Occorre anzitutto ricordare che, nel caso della Repubblica di Polonia, il regolamento n. 735/2004 ha in particolare aggiunto alla lista dei prodotti assoggettati alle misure previste dal regolamento n. 1972/2003 sette prodotti che anteriormente non erano oggetto di misure di quel tipo (v. punto 6 supra).

    66

    Orbene, il presente ricorso è stato proposto dalla Repubblica di Polonia contro il regolamento n. 1972/2003 come modificato, segnatamente, dal regolamento n. 735/2004. Ne consegue che la Repubblica di Polonia ha contestato dal momento della proposizione del ricorso l’assoggettamento dei sette prodotti aggiunti dal regolamento n. 735/2004 alle stesse misure di quelle inizialmente introdotte per altri prodotti dal regolamento n. 1972/2003.

    67

    Occorre quindi respingere la tesi della Commissione secondo cui la Repubblica di Polonia, nell’esporre il suo argomento a titolo subordinato solo al momento della replica, avrebbe dedotto un motivo nuovo in corso di causa in violazione del divieto posto dall’art. 48, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura.

    68

    Poiché l’argomento di ordine procedurale che è stato appena respinto è l’unico invocato dalla Commissione contro la ricevibilità del ricorso per quanto riguarda l’assoggettamento a tali misure dei prodotti aggiunti dal regolamento n. 735/2004, occorre tuttavia esaminare la presente questione di ricevibilità da un punto di vista materiale, poiché, come è stato sottolineato al punto 33 supra, il carattere tardivo di un ricorso costituisce un’eccezione di ordine pubblico che deve essere rilevata d’ufficio.

    69

    Posto che la Repubblica di Polonia non contesta l’aggiunta in sé, per quanto la riguarda, di sette prodotti all’elenco di prodotti assoggettati alle misure previste dal regolamento n. 1972/2003, ma la legittimità di tali misure, occorre così esaminare se il presente ricorso non debba essere considerato irricevibile per quanto riguarda i prodotti aggiunti dal regolamento n. 735/2004, in quanto la Repubblica di Polonia non ha con tale motivo effettivamente contestato la legittimità delle modifiche apportate da detto regolamento, ma quella delle misure inizialmente introdotte dal regolamento n. 1972/2003 per altri prodotti, eludendo in tal modo il termine di prescrizione relativo a quest’ultimo.

    70

    Occorre rilevare a tale riguardo che, anche se il carattere definitivo di un atto che non è stato impugnato entro i termini riguarda non soltanto l’atto stesso, ma anche qualsiasi atto successivo che abbia un carattere meramente confermativo, giustificandosi tale soluzione con la necessaria stabilità giuridica e valendo per gli atti individuali come per quelli che hanno un carattere normativo, quale un regolamento, quando una disposizione di un regolamento è modificata, il ricorso è di nuovo esperibile, non soltanto contro questa sola disposizione, ma anche contro tutte quelle che, pur non modificate, formino con essa un insieme (v., in tal senso, sentenza della Corte 18 ottobre 2007, causa C-299/05, Commissione/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-8695, punti 29 e 30).

    71

    Orbene, un atto comunitario in forza del quale vengono aggiunti dei prodotti ad un elenco non può che formare un tutto unico con le disposizioni di un altro atto comunitario che prevedono le misure a cui i prodotti di tale elenco sono assoggettati, poiché, in caso contrario, l’atto in forza del quale sono stati aggiunti i prodotti sarebbe privo di qualsiasi effetto giuridico.

    72

    Occorre peraltro sottolineare che un soggetto che, pur essendo legittimato a proporre un ricorso contro un atto comunitario in forza del quale i prodotti di un elenco sono assoggettati a talune misure, si astenga dal farlo nel termine previsto non può per tale ragione essere escluso dalla possibilità di far valere nell’ambito di un ricorso contro un altro atto, in base al quale sono stati aggiunti taluni prodotti all’elenco di cui trattasi, l’illegittimità delle misure a cui tali prodotti aggiuntivi sono ormai assoggettati. Infatti, tali misure costituiscono, per quanto riguarda i prodotti aggiunti a tale elenco dal secondo atto adottato, misure nuove. Il secondo atto adottato non può quindi essere considerato come una mera conferma rispetto a tali misure.

    73

    Occorre quindi concludere che il presente ricorso è ricevibile nella misura in cui può essere interpretato come una domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004, in quanto esso assoggetta, nel caso della Repubblica di Polonia, sette prodotti aggiuntivi alle stesse misure di quelle inizialmente introdotte dal regolamento n. 1972/2003 per altri prodotti (in prosieguo: le «misure controverse»), che la Repubblica di Polonia considera illegittime con riferimento a questi sette prodotti aggiuntivi. I motivi e gli argomenti della Repubblica di Polonia contro le disposizioni contestate del regolamento n. 1972/2003 devono essere interpretati in tal senso.

    Nel merito

    74

    In sostanza il presente ricorso è diviso in quattro parti.

    75

    Nella prima parte la Repubblica di Polonia deduce cinque motivi a sostegno della sua domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004, in quanto esso assoggetta, per quanto la riguarda, sette prodotti aggiuntivi alle misure previste dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003, che tale Stato considera illegittime per quanto riguarda i prodotti di cui trattasi. Il primo motivo riguarda la violazione del principio della libera circolazione delle merci. Il secondo motivo verte sull’incompetenza della Commissione ad adottare tali misure e sulla violazione degli artt. 22 e 41 dell’Atto di adesione. Il terzo motivo concerne la violazione del principio di non discriminazione in base alla cittadinanza. Il quarto motivo riguarda un difetto o una carenza di motivazione. Infine, il quinto motivo si riferisce ad una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

    76

    Nella seconda parte la Repubblica di Polonia invoca due motivi a sostegno della sua domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004, in quanto esso assoggetta, per quanto la riguarda, sette prodotti aggiuntivi alla misura prevista all’art. 4, n. 3, del regolamento 1972/2003, che tale Stato considera illegittima rispetto ai prodotti di cui trattasi. Il primo motivo verte sulla violazione dell’art. 41 dell’Atto di adesione e del principio di proporzionalità. Il secondo motivo riguarda la violazione del principio di non discriminazione in base alla cittadinanza.

    77

    Nella terza parte la Repubblica di Polonia deduce un unico motivo a sostegno della sua domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004, in quanto esso aggiunge, per quanto la riguarda, sette prodotti all’elenco dei prodotti di cui all’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003, che tale Stato ritiene sia stato modificato in violazione dell’art. 41 dell’Atto di adesione e del principio di proporzionalità.

    78

    Infine, nella quarta parte la Repubblica di Polonia deduce un unico motivo a sostegno della sua domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004, in quanto esso assoggetta, per quanto la riguarda, sette prodotti aggiuntivi al complesso delle misure controverse, che tale Stato considera illegittime rispetto ai prodotti di cui trattasi. L’unico motivo riguarda uno sviamento di potere.

    79

    Occorre anzitutto esaminare i motivi invocati dalla Repubblica di Polonia nella seconda parte del ricorso e, successivamente, quelli invocati nella terza, prima e quarta parte del ricorso.

    Sulla seconda parte del ricorso, riguardante la domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004, in quanto assoggetta sette prodotti aggiuntivi alla misura di cui all’art. 4, n. 3, del regolamento n. 1972/2003

    80

    Dal primo ‘considerando’ del regolamento n. 1972/2003 risulta che occorreva adottare misure transitorie per evitare il rischio di distorsione degli scambi, a detrimento dell’organizzazione comune dei mercati agricoli, in seguito all’adesione di dieci nuovi Stati all’Unione europea, il 1o maggio 2004. Al terzo ‘considerando’ del medesimo regolamento viene anche segnalato che tali distorsioni sono spesso provocate da spedizioni artificiali di prodotti che non fanno quindi parte delle normali scorte dello Stato in questione, ma che le scorte eccedenti possono anche provenire dalla produzione nazionale. Infine, si precisa che si deve quindi imporre un prelievo dissuasivo sulle eccedenze situate nei nuovi Stati membri.

    81

    L’art. 4 del regolamento n. 1972/2003 istituisce tale prelievo. Così, dal combinato disposto dei nn. 1 e 2 di tale articolo risulta che, fermo restando l’allegato IV, punto 4, dell’Atto di adesione, e purché non si applichi una normativa più rigorosa a livello nazionale, i nuovi Stati membri riscuotono prelievi a carico dei detentori di eccedenze di prodotti in libera pratica al 1o maggio 2004, essendo tali eccedenze normalmente costituite da prodotti importati nei nuovi Stati membri nonché da prodotti originari di tali Stati il cui numero oltrepassa quello delle normali scorte dei loro detentori, tenuto conto, in particolare, della media delle scorte disponibili negli anni precedenti l’adesione.

    82

    Occorre altresì rilevare che l’allegato IV, punto 4, dell’Atto di adesione relativo all’agricoltura prevede quanto segue:

    «1.

    Le scorte pubbliche detenute dai nuovi Stati membri alla data dell’adesione e derivanti dalla politica da essi attuata a sostegno del mercato debbono essere prese a carico dalla Comunità al valore risultante dall’applicazione dell’articolo 8 del regolamento (CEE) n. 1883/78 del Consiglio relativo alle norme generali per il finanziamento degli interventi da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia, sezione “garanzia” (…). Tale presa a carico delle scorte pubbliche è operata a condizione che per i prodotti in questione sia previsto dalle norme comunitarie il ricorso all’intervento pubblico e che le scorte rispondano ai requisiti comunitari in materia di interventi.

    2.

    I nuovi Stati membri devono provvedere ad eliminare a proprie spese qualsiasi scorta, sia privata che pubblica, che si trovi in libera pratica nel loro territorio alla data dell’adesione e risulti quantitativamente superiore a quella che può essere considerata una scorta normale di riporto.

    La nozione di scorta normale di riporto è definita per ogni prodotto in funzione dei criteri e degli obiettivi specifici di ciascuna organizzazione comune dei mercati.

    3.

    Le scorte di cui al paragrafo 1 [supra] sono detratte dalla quantità che supera le scorte normali di riporto.

    (…)».

    83

    Ne consegue che, in forza di tali disposizioni, i nuovi Stati membri sono assoggettati all’obbligo di eliminare a loro spese le scorte eccedenti di taluni prodotti agricoli esistenti sul loro territorio e a quello di riscuotere prelievi su tali scorte.

    84

    Infine, l’art. 4, n. 3, del regolamento n. 1972/2003 dispone che l’importo del prelievo di cui al n. 1 (in prosieguo: il «prelievo controverso») è determinato dall’aliquota del dazio erga omnes applicabile il 1o maggio 2004 e che il gettito del prelievo riscosso è imputato al bilancio nazionale di ogni nuovo Stato membro.

    Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’art. 41 dell’Atto di adesione e del principio di proporzionalità

    — Argomenti delle parti

    85

    La Repubblica di Polonia ammette che la Commissione, nell’esercizio delle sue competenze in materia di politica agricola comune, può far uso di un ampio potere discrezionale, per cui solo il carattere manifestamente inadeguato di una misura disposta in tale settore, rispetto all’obiettivo che l’istituzione competente intende perseguire, può far venir meno la legittimità di tale misura. Tuttavia, essa ricorda che, in forza del principio di proporzionalità, l’attività delle istituzioni comunitarie non deve andare oltre quanto necessario per conseguire l’obiettivo fissato, e deve utilizzare i mezzi meno restrittivi adeguati all’obiettivo da realizzare.

    86

    Orbene, la Repubblica di Polonia sostiene che i dazi applicati ai detentori di scorte eccedenti di prodotti di cui trattasi dall’art. 4, n. 3, del regolamento n. 1972/2003 sono uguali ai dazi all’importazione erga omnes applicabili a tale data, vale a dire sono ad un livello superiore alla differenza tra i dazi comunitari e i dazi polacchi all’importazione in vigore al 30 aprile 2004. Ciò sarebbe manifestamente inadeguato allo scopo perseguito che, secondo la formulazione del terzo ‘considerando’ del regolamento n. 1972/2003, consisterebbe nel prevenire le manovre speculative.

    87

    La realtà di tale obiettivo sarebbe confermata dal fatto che le misure transitorie adottate sulla base dell’art. 41, primo comma, dell’Atto di adesione dovrebbero prevenire vantaggi ingiustificati collegati alla differenza tra i dazi all’importazione comunitari e quelli dei nuovi Stati membri. Tale articolo sarebbe pertanto anch’esso violato.

    88

    Così, la Repubblica di Polonia ammette che l’esistenza anteriormente al 30 aprile 2004 di dazi all’importazione nazionali nei nuovi Stati membri su taluni prodotti agricoli inferiori ai dazi comunitari potrebbe incentivare gli operatori a importare tali prodotti nei nuovi Stati membri allo scopo di farli confluire nel mercato comune dopo la loro adesione. Essa ammette altresì che la Commissione può adottare misure allo scopo di prevenire o di eliminare la costituzione di scorte di prodotti agricoli. Tuttavia, la sola misura adeguata e proporzionale per prevenire tale rischio sarebbe quella di istituire un prelievo il cui importo è fissato in funzione di un dazio corrispondente alla differenza di aliquota tra i dazi all’importazione comunitari e quelli dei nuovi Stati membri al .

    89

    Secondo la Repubblica di Polonia, la giurisprudenza suffraga la sua tesi. Essa invoca al riguardo la sentenza della Corte 15 gennaio 2002, causa C-179/00, Weidacher (Racc. pag. I-501), che riguarda la legittimità dell’art. 4, n. 3, del regolamento (CE) della Commissione , n. 3108, relativo alle misure transitorie da adottare, in seguito all’adesione dell’Austria, della Finlandia e della Svezia, per quanto riguarda gli scambi di prodotti agricoli (GU L 328, pag. 42). Tale disposizione fisserebbe l’importo di un prelievo analogo a quello applicabile nel caso di specie alla differenza tra il dazio doganale applicabile nella Comunità il e quello applicabile nei nuovi Stati membri alla stessa data. La Repubblica di Polonia sottolinea che, in tale contesto, la Corte ha affermato che, attraverso tale prelievo speciale che colpiva le scorte eccedenti, la Commissione mirava proprio a facilitare il passaggio dei nuovi Stati membri all’organizzazione comune dei mercati in quanto detto prelievo era diretto, da un lato, a prevenire la costituzione di scorte a fini speculativi e, dall’altro lato, ad annullare i vantaggi economici di cui avrebbero beneficiato gli operatori che avevano effettivamente costituito scorte eccedenti a basso prezzo (punto 22 della sentenza).

    90

    La posizione della Corte confermerebbe l’opinione esposta dall’avvocato generale Mischo che, nelle conclusioni presentate nella causa conclusasi con la sentenza Weidacher, punto 89 supra (Racc. pag. I-505, in particolare pag. I-524), avrebbe enunciato il parere secondo cui il prelievo in esame non violava il principio di proporzionalità, poiché aveva il solo risultato di far sparire un vantaggio ingiustificato senza penalizzare il detentore delle scorte (punto 58 delle conclusioni).

    91

    Nella fattispecie, il prelievo controverso non avrebbe potuto essere introdotto per scoraggiare la «produzione speculativa». Anzitutto, l’idea di speculazione sarebbe collegata in modo inscindibile al commercio e non alla produzione, in particolare non alla produzione agricola, che ha un ciclo lungo e dipende da una serie di fattori oggettivi. Del resto, a causa del ciclo lungo della produzione agricola, qualsiasi eventuale produzione speculativa avrebbe potuto avvenire solo nella stagione produttiva 2003 o negli anni precedenti. Infine, anche ammettendo l’esistenza di una produzione speculativa e la possibilità di prevenirla nel periodo compreso tra l’11 novembre 2003 e il , l’imposizione di dazi compensativi sarebbe stata sufficiente a realizzare l’obiettivo perseguito.

    92

    La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica di Polonia.

    — Giudizio del Tribunale

    93

    Con il presente motivo la Repubblica di Polonia fa valere in sostanza due argomenti. In primo luogo, essa osserva che i dazi applicati ai detentori di scorte eccedenti dei prodotti di cui trattasi immessi in libera pratica al 1o maggio 2004 in forza dell’art. 4, n. 3, del regolamento n. 1972/2003 vanno oltre la differenza tra il dazio comunitario e il dazio polacco all’importazione, in vigore al , il che sarebbe palesemente inadeguato rispetto allo scopo perseguito che consisterebbe nel prevenire le manovre speculative. Di conseguenza, la Commissione avrebbe violato il principio di proporzionalità.

    94

    In secondo luogo, la Repubblica di Polonia afferma che le misure transitorie adottate sulla base dell’art. 41, primo comma, dell’Atto di adesione dovrebbero esclusivamente prevenire vantaggi ingiustificati collegati alla differenza tra i dazi all’importazione comunitari e quelli dei nuovi Stati membri e che, pertanto, tale articolo verrebbe anch’esso violato.

    95

    Anzitutto è opportuno esaminare il secondo argomento della Repubblica di Polonia.

    96

    Occorre ricordare a tale proposito che il regolamento n. 1972/2003 è stato adottato, in particolare, sulla base dell’art. 2, n. 3, del Trattato di adesione e sulla base dell’art. 41, primo comma, dell’Atto di adesione.

    97

    L’art. 2, n. 3, del Trattato di adesione dispone quanto segue:

    «In deroga al paragrafo 2, le istituzioni dell’Unione possono adottare prima dell’adesione le misure di cui all’articolo (…) 41 dell’Atto di adesione [e] agli allegati da III a XIV di tale Atto (…). Queste misure prendono effetto con riserva dell’entrata in vigore del [Trattato di adesione] e alla data di quest’ultima».

    98

    L’art. 41, primo comma, dell’Atto di adesione così recita:

    «Qualora siano necessarie misure transitorie per facilitare il passaggio dal regime esistente nei nuovi Stati membri a quello risultante dall’applicazione della politica agricola comune alle condizioni stabilite dall’[Atto di adesione], tali misure sono adottate dalla Commissione secondo la procedura prevista dall’articolo 42, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1260/2001 del Consiglio relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero [GU L 178, (…) pag. 1] o, a seconda dei casi, dagli articoli corrispondenti degli altri regolamenti relativi all’organizzazione comune dei mercati agricoli, ovvero secondo la pertinente procedura di comitato determinata dalla legislazione applicabile. Le misure transitorie di cui al presente articolo possono essere adottate in un periodo di tre anni a decorrere dalla data di adesione e la loro applicazione è limitata a tale periodo (…)».

    99

    Occorre rilevare che il testo dell’art. 41, primo comma, dell’Atto di adesione è molto simile a quello dell’art. 149, n. 1, dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 1994, C 41, pag. 21), come modificato. Orbene, in seguito all’allargamento dell’Unione europea nel 1995, la Corte si è pronunciata sulla questione se un prelievo sulle scorte eccedenti di taluni prodotti agricoli esistenti nei nuovi Stati membri potesse essere considerato come una misura diretta a facilitare la transizione dal regime in vigore in tali Stati membri al regime risultante dall’applicazione della politica agricola comune ai sensi di detto art. 149, n. 1. Essa ha dichiarato che il prelievo di cui trattasi era diretto a facilitare tale transizione, poiché esso era volto, da un lato, a prevenire la costituzione di scorte a fini speculativi e, dall’altro, ad annullare i vantaggi economici di cui avrebbero beneficiato gli operatori che avevano effettivamente costituito scorte eccedenti a basso prezzo (sentenza Weidacher, punto 89 supra, punto 22).

    100

    D’altronde la Corte ha sottolineato che il prelievo delle scorte eccedenti consentiva di mitigare nel caso di specie l’onere derivante dall’obbligo per i nuovi Stati membri, previsto dall’art. 145, n. 2, dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea, come modificato, di distruggere tali scorte a loro spese (sentenza Weidacher, punto 89 supra, punto 23). Orbene, il testo di tale disposizione è molto simile a quello dell’allegato IV, punto 4, n. 2, dell’Atto di adesione.

    101

    Per analogia ne consegue, da un lato, che sia la prevenzione della costituzione di scorte a fini speculativi sia l’annullamento dei vantaggi economici degli operatori che hanno costituito scorte eccedenti a basso prezzo sono idonei a giustificare l’adozione da parte della Commissione di una misura ai sensi dell’art. 41, primo comma, dell’Atto di adesione e, dall’altro lato, che l’imposizione di un prelievo sulle scorte eccedenti deve essere considerata come diretta a facilitare il passaggio dei nuovi Stati membri all’organizzazione comune dei mercati, in quanto essa mitiga l’onere derivante dall’obbligo per i nuovi Stati membri, previsto dall’allegato IV, punto 4, n. 2, dell’Atto di adesione, di distruggere tali scorte a loro spese.

    102

    Di conseguenza, occorre concludere che l’art. 41, primo comma, dell’Atto di adesione permette alla Commissione di obbligare i nuovi Stati membri a riscuotere prelievi sulle scorte eccedenti dei prodotti di cui trattasi esistenti sui loro territori.

    103

    A tale stadio, occorre precisare che l’argomento della Repubblica di Polonia secondo cui il prelievo controverso viola la disposizione summenzionata in quanto quest’ultima permette esclusivamente di prevenire vantaggi collegati alla differenza tra i dazi all’importazione comunitari e quelli dei nuovi Stati membri costituisce una critica all’importo del prelievo controverso e non all’imposizione del prelievo in sé e per sé. Tale interpretazione è confermata dal fatto che la Repubblica di Polonia fa esclusivamente valere l’illegittimità dell’art. 4, n. 3, del regolamento n. 1972/2003, che riguarda l’importo del prelievo controverso, e non l’art. 4, nn. 1 e 2, di tale regolamento che riguardano, rispettivamente, l’istituzione stessa del prelievo controverso e il metodo di calcolo delle scorte eccedenti. Tuttavia, l’argomento della Repubblica di Polonia riguardante l’art. 41 dell’Atto di adesione, così interpretato, non è autonomo e deve essere considerato come parte del suo primo argomento, secondo cui il prelievo controverso non è proporzionale.

    104

    Per quanto riguarda tale argomento, occorre ricordare che il principio di proporzionalità è riconosciuto da costante giurisprudenza come parte dei principi generali del diritto comunitario. Per stabilire se una disposizione di diritto comunitario sia conforme al principio di proporzionalità è necessario controllare se i mezzi da essa contemplati siano idonei a realizzare lo scopo perseguito, senza andare oltre quanto è necessario per raggiungerlo (sentenze della Corte 18 marzo 1987, causa 56/86, Société pour l’exportation des sucres, Racc. pag. 1423, punto 28, e , causa 47/86, Roquette Frères, Racc. pag. 2889, punto 19).

    105

    In forza di tale principio la legittimità di provvedimenti che impongono oneri finanziari agli operatori è subordinata alla condizione che i detti provvedimenti siano idonei e necessari per il conseguimento degli obiettivi legittimamente perseguiti dalla normativa in causa, fermo restando che, qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate, è necessario ricorrere alla meno restrittiva e controllare che gli oneri imposti non siano sproporzionati in relazione agli scopi perseguiti (sentenza della Corte 26 giugno 1990, causa C-8/89, Zardi, Racc. pag. I-2515, punto 10).

    106

    Occorre tuttavia precisare che la Commissione, quando esercita le competenze che il Consiglio, o anche gli estensori dell’Atto di adesione, le attribuisce in materia di politica agricola comune, per l’esecuzione delle norme che esso adotta, può essere indotta ad utilizzare un ampio potere discrezionale, sicché solo il carattere manifestamente inidoneo di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di un siffatto provvedimento (v. sentenza Weidacher, punto 89 supra, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

    107

    Anzitutto occorre rilevare che la stessa Repubblica di Polonia ammette che la Commissione può adottare misure aventi lo scopo di prevenire la costituzione di scorte eccedenti di prodotti agricoli. Tuttavia, essa fa valere che, in forza del principio di proporzionalità, tali misure devono essere indispensabili per prevenire speculazioni legate all’allargamento dell’Unione europea al 1o maggio 2004 ed essa ritiene che pertanto sia sufficiente istituire un prelievo il cui importo è determinato in funzione della differenza tra i dazi all’importazione comunitari e quelli polacchi.

    108

    La Repubblica di Polonia invoca a sostegno della sua tesi la sentenza Weidacher, punto 89 supra. Tale sentenza avrebbe confermato l’opinione esposta dall’avvocato generale Mischo nelle sue conclusioni presentate in tale causa, punto 90 supra, secondo cui il prelievo di cui trattasi non era contrario al principio di proporzionalità poiché aveva esclusivamente il risultato di neutralizzare un vantaggio ingiustificato, senza peraltro penalizzare il detentore della scorta (paragrafo 58).

    109

    Occorre sottolineare che, a differenza di quanto previsto per il prelievo controverso, l’importo del prelievo in questione nella causa che ha dato origine alla sentenza Weidacher, punto 89 supra, corrispondeva alla differenza tra i dazi doganali comunitari e i dazi in vigore in quelli che al tempo erano nuovi Stati membri. Per tale ragione l’avvocato generale Mischo poteva limitarsi a ritenere che tale prelievo fosse diretto a far venir meno qualsiasi interesse per gli operatori di tali Stati membri a speculare in previsione dell’allargamento dell’Unione europea nel 1995, mediante l’acquisto prima di tale data di prodotti agricoli assoggettati ad un dazio all’importazione inferiore al dazio all’importazione comunitario e la successiva vendita all’interno della Comunità allargata.

    110

    Tuttavia, quanto precede non pregiudica la questione se un prelievo di un importo superiore potrebbe considerarsi ugualmente proporzionato all’obiettivo perseguito.

    111

    A tale riguardo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto afferma la Repubblica di Polonia, l’obiettivo perseguito dalla Commissione con il prelievo controverso non è esclusivamente la prevenzione della costituzione di scorte dei prodotti di cui trattasi a fini speculativi nel commercio, ma semplicemente la prevenzione della costituzione di scorte eccedenti, vale a dire di scorte che non fanno parte delle riserve abituali situate nei nuovi Stati membri. Ciò risulta chiaramente dal terzo ‘considerando’ del regolamento n. 1972/2003. Infatti, tale ‘considerando’ chiarisce che, benché tali distorsioni degli scambi suscettibili di perturbare le organizzazioni comuni dei mercati siano spesso provocate da spedizioni artificiali di prodotti in previsione dell’allargamento, le scorte eccedenti che le misure previste dal regolamento n. 1972/2003 intendono combattere possono anche provenire dalla produzione nazionale.

    112

    Occorre altresì osservare che il metodo seguito dalla Commissione è coerente con l’idea degli autori dell’Atto di adesione secondo la quale le scorte eccedenti devono essere eliminate a spese dei nuovi Stati membri. Infatti, risulta chiaramente dall’allegato IV, punto 4, nn. 1 e 2, dell’Atto di adesione che l’esistenza di scorte eccedenti derivanti dalla produzione nazionale nei nuovi Stati membri costituisce un elemento di perturbazione dell’organizzazione comune dei mercati agricoli. Gli autori dell’Atto di adesione non hanno affatto limitato il summenzionato obbligo alle sole scorte provenienti dal commercio.

    113

    Alla luce di quanto precede occorre esaminare se la Repubblica di Polonia sia riuscita a provare che la determinazione dell’importo del prelievo controverso in funzione del dazio all’importazione erga omnes applicabile al 1o maggio 2004 va manifestamente oltre quanto necessario per evitare la costituzione di scorte eccedenti a prescindere dalla loro origine.

    114

    A tale riguardo, la Repubblica di Polonia afferma anzitutto che un prelievo il cui importo è determinato in funzione di un dazio corrispondente alla differenza tra i dazi all’importazione polacchi e i dazi comunitari al 30 aprile 2004 sarebbe sufficiente ad evitare il rischio di costituzione di scorte eccedenti. Tuttavia, se tale prelievo può essere utile a prevenire la costituzione di scorte eccedenti tramite l’importazione, non è affatto evidente che essa sia altresì sufficiente a prevenire la costituzione di scorte eccedenti derivanti dalla produzione nazionale.

    115

    Infatti, se l’importazione dei prodotti di cui trattasi era assoggettata, prima del 1o maggio 2004, ad un dazio all’importazione polacco equivalente o persino superiore al dazio all’importazione comunitario oppure se la differenza tra i prezzi di detti prodotti in Polonia e i prezzi nella Comunità era tale che un dazio corrispondente alla differenza tra i dazi doganali comunitari e i dazi polacchi non avrebbe potuto compensarla, la determinazione dell’importo del prelievo controverso in base ad un dazio corrispondente a tale differenza non avrebbe alcun effetto dissuasivo rispetto alla costituzione di scorte eccedenti derivanti dalla produzione nazionale, come la stessa Repubblica di Polonia ha ammesso nel corso dell’udienza. Orbene, tali scorte avrebbero potuto essere costituite da operatori stabiliti nei nuovi Stati membri in previsione dell’allargamento dell’Unione europea al in particolare se, prima di tale data, il prezzo dei prodotti di cui trattasi era più elevato nella Comunità che in Polonia o se la loro produzione nella Comunità era assoggettata a limitazioni stabilite nell’ambito della politica agricola comune, dirette a determinare una data produzione totale.

    116

    Tali scorte eccedenti derivanti dalla produzione nazionale, che non sarebbero assoggettate ad alcun prelievo, potrebbero perturbare il mercato comunitario a partire dal 1o maggio 2004. Inoltre, la Repubblica di Polonia sarebbe obbligata ad eliminare le scorte summenzionate in virtù del punto 4 dell’allegato IV dell’Atto di adesione e, di conseguenza, gli operatori polacchi non si troverebbero necessariamente in una situazione migliore in assenza del prelievo controverso sulle scorte eccedenti dei prodotti di cui trattasi, mentre la Repubblica di Polonia perderebbe gli introiti provenienti da tale prelievo e dovrebbe finanziare l’eliminazione di dette scorte.

    117

    In secondo luogo, con riferimento ai prodotti di cui trattasi, la Repubblica di Polonia sostiene anche che non è possibile la costituzione di scorte eccedenti a partire dalla produzione nazionale, poiché il loro ciclo di produzione è lungo e non sarebbe stato possibile aumentare la produzione nei sei mesi compresi tra l’adozione del regolamento n. 735/2004 e la data di adesione per costituire scorte eccedenti.

    118

    Tuttavia e senza che vi sia bisogno di pronunciarsi sulla fondatezza di quest’ultima affermazione, occorre rilevare che la Repubblica di Polonia non ha provato che le scorte eccedenti non avrebbero potuto essere costituite prima dell’adozione del regolamento n. 735/2004. Orbene, per quanto riguarda i prodotti agricoli il cui prezzo nei nuovi Stati membri è inferiore al prezzo nella Comunità, gli operatori stabiliti in detti Stati membri hanno un interesse evidente, a partire dal momento in cui ritengono probabile che si verifichi l’allargamento il 1o maggio 2004 — il che può essere già avvenuto nel corso dell’anno agricolo precedente l’allargamento o addirittura prima — a limitare le vendite nei loro Stati di origine per costituire riserve che potranno successivamente collocare nel mercato comunitario allargato.

    119

    Gli operatori summenzionati hanno anche tutto l’interesse a indirizzare le loro produzioni sui prodotti che presentano una maggiore differenza di prezzo e su quelli più idonei ad essere stoccati, rispetto a quei prodotti che presentano un prezzo comunitario e un prezzo nazionale all’incirca allo stesso livello. Quest’ultima manovra potrebbe anch’essa generare, a causa di un aumento delle capacità di produzione disponibili prima dell’allargamento, una quantità anomala di scorte dei prodotti in parola.

    120

    Infine, occorre sottolineare che l’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1972/2003 lascia ai nuovi Stati membri un certo margine di discrezionalità per stabilire se le scorte di detti prodotti collocate nel loro territorio siano il risultato di un’attività giustificata da comportamenti normali sul mercato, permettendo loro, in tal caso di evitare di qualificarle come «scorte eccedenti». Ciò permette di limitare il prelievo a carico dei detentori di tali scorte ai soli casi in cui la loro costituzione determina un rischio di perturbazione sui mercati e rafforza il carattere proporzionale della misura di cui all’art. 4, n. 3, del regolamento n. 1972/2003 rispetto all’obiettivo perseguito.

    121

    In conclusione, occorre dichiarare che la Repubblica di Polonia non è riuscita a provare il carattere palesemente inadeguato o sproporzionato della determinazione dell’importo del prelievo controverso in funzione del dazio all’importazione erga omnes applicabile al 1o maggio 2004 rispetto all’obiettivo perseguito. Pertanto, il presente motivo deve essere respinto.

    Sul secondo motivo, vertente sulla violazione del principio di non discriminazione in base alla cittadinanza

    — Argomenti delle parti

    122

    La Repubblica di Polonia sottolinea che, al momento dell’allargamento dell’Unione europea nel 1995, quelli che al tempo erano nuovi Stati membri avevano ricevuto un trattamento diverso. Essa rileva che, contrariamente alle misure transitorie adottate in quel momento, l’importo del prelievo controverso applicato ai detentori di scorte eccedenti dei prodotti di cui trattasi immessi in libera pratica al 1o maggio 2004 supera quello corrispondente alla differenza tra i dazi doganali comunitari e quelli polacchi al . Di conseguenza essa ritiene che la misura prevista dall’art. 4, n. 3, del regolamento n. 1972/2003 sia stata adottata in violazione del principio di non discriminazione.

    123

    Infatti, la Repubblica di Polonia ritiene che l’imposizione di un dazio destinato ad eliminare i vantaggi ingiustificati che gli operatori dei nuovi Stati membri potrebbero ricavare dal possesso di scorte eccedenti e a porre tali operatori in una situazione identica a quella degli operatori stabiliti nella Comunità prima del 1o maggio 2004 giustificherebbe il trattamento diverso di questi due tipi di operatori. La situazione descritta sarebbe quella della sentenza Weidacher, punto 89 supra. Al contrario, il prelievo controverso metterebbe l’operatore polacco in una situazione più sfavorevole di quella degli operatori stabiliti nella Comunità prima del , senza che ciò abbia alcuna giustificazione.

    124

    Secondo la Repubblica di Polonia, la Commissione non può giustificare tale discriminazione con fattori come la dimensione dei mercati interessati, le differenze di prezzo dei prodotti di cui trattasi su tali mercati o il livello delle restituzioni all’esportazione poiché, se la Commissione avesse realmente tenuto conto di tali fattori per fissare l’importo del prelievo controverso, esso avrebbe dovuto variare da un nuovo Stato membro all’altro. Orbene, contrariamente alle misure transitorie adottate in occasione dell’allargamento dell’Unione europea nel 1995, l’importo del prelievo controverso sarebbe lo stesso per tutti gli operatori dei nuovi Stati membri.

    125

    Infine, secondo la Repubblica di Polonia, non è rilevante la circostanza che l’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1972/2003 lasci ai nuovi Stati membri una notevole discrezionalità per accertare se le scorte fossero il risultato di un’attività giustificata da comportamenti normali sul mercato o ugualmente di attività speculative, dal momento che il presente motivo riguarda l’importo del prelievo controverso a cui sono assoggettati i detentori di scorte eccedenti.

    126

    La Commissione contesta tali argomenti.

    — Giudizio del Tribunale

    127

    Nel contesto del presente motivo la Repubblica di Polonia rileva anzitutto che la disparità di trattamento tra gli operatori polacchi e gli operatori stabiliti nella Comunità anteriormente al 1o maggio 2004 costituisce una discriminazione in base alla cittadinanza.

    128

    Occorre ricordare a tale proposito che il divieto di discriminazione fra produttori o consumatori della Comunità sancito, riguardo all’organizzazione comune dei mercati agricoli, dall’art. 34, n. 2, secondo comma, del Trattato CE impone che situazioni analoghe non siano trattate in modo diverso e che situazioni diverse non siano trattate nello stesso modo, a meno che un siffatto trattamento sia obiettivamente giustificato. Le misure inerenti all’organizzazione comune dei mercati non possono quindi essere differenziate a seconda delle regioni o delle condizioni di produzione o di consumo, se non in funzione di criteri obiettivi che garantiscano una proporzionale ripartizione dei vantaggi e degli svantaggi fra gli interessati, senza distinguere fra i territori degli Stati membri (sentenza della Corte 20 settembre 1988, causa 203/86, Spagna/Consiglio, Racc. pag. 4563, punto 25).

    129

    Orbene, la situazione dell’agricoltura nei nuovi Stati membri era radicalmente diversa da quella esistente nei vecchi Stati membri (sentenza Polonia/Consiglio, punto 9 supra, punto 87). Infatti, queste due categorie di operatori erano assoggettate prima dell’allargamento dell’Unione europea nel 2004 a norme, quote e meccanismi di sostegno della produzione diversi. Del resto, mentre le istituzioni comunitarie potevano impedire la formazione di scorte eccedenti all’interno della Comunità per mezzo di misure proprie dell’organizzazione comune dei mercati agricoli, esse non potevano impedire la formazione di scorte eccedenti nel territorio dei futuri Stati membri. Per tale motivo l’allegato IV, punto 4, nn. 1-4, dell’Atto di adesione prevede l’obbligo per i nuovi Stati membri di eliminare a loro spese le loro scorte eccedenti senza peraltro prevedere un obbligo corrispondente per i vecchi Stati membri, il che è stato accettato dalla Repubblica di Polonia al momento della firma di tale Atto.

    130

    Pertanto, si deve constatare che la situazione degli operatori polacchi e quella degli operatori stabiliti nella Comunità anteriormente al 1o maggio 2004 non possono essere considerate comparabili.

    131

    In secondo luogo, la Repubblica di Polonia sottolinea la disparità di trattamento di cui è stata oggetto rispetto agli Stati che hanno aderito all’Unione europea nel 1995.

    132

    Orbene, è sufficiente rilevare a tale proposito che le misure transitorie da adottare in materia agricola in occasione di ogni allargamento dell’Unione europea devono essere adattate ai rischi concreti di perturbazione sui mercati agricoli che tale allargamento può comportare. Di conseguenza, le istituzioni non sono tenute ad applicare misure transitorie equivalenti nell’ambito di due successivi allargamenti.

    133

    In particolare, tra le differenze esistenti al momento degli allargamenti dell’Unione europea nel 1995 e nel 2004, la Commissione poteva considerare il fatto che l’obiettivo di evitare perturbazioni sul mercato comunitario a causa dell’accumulo di scorte eccedenti era più difficile da conseguire nel 2004, a causa delle dimensioni dei mercati dei nuovi Stati membri nel 2004 e della loro capacità di produzione nettamente superiore che la Commissione ha menzionato nelle sue memorie senza essere contraddetta sul punto dalla Repubblica di Polonia. Inoltre, le differenze di prezzo tra la Comunità e i nuovi Stati membri erano anch’esse maggiori. Il cumulo di questi due elementi rendeva il rischio di destabilizzazione dei mercati agricoli notevolmente più rilevante e giustificava, di conseguenza, l’adozione di misure transitorie più severe.

    134

    La Repubblica di Polonia afferma in proposito che, se la Commissione avesse veramente tenuto conto di tali fattori per fissare l’importo del prelievo controverso, esso avrebbe dovuto variare in funzione di ogni nuovo Stato membro. Tuttavia è evidente che in occasione dell’individuazione dei prodotti assoggettati al prelievo controverso è stata compiuta una valutazione delle circostanze proprie di ogni nuovo Stato membro, poiché, ai sensi dell’art. 4, n. 5, del regolamento n. 1972/2003, tale elenco è diverso per ogni Stato membro, il che rende inconferente l’argomento della Repubblica di Polonia.

    135

    Di conseguenza, occorre concludere che la Repubblica di Polonia non è riuscita a provare l’esistenza di una violazione del principio di non discriminazione in base alla cittadinanza. Il presente motivo deve quindi essere respinto.

    136

    In considerazione di quanto precede, la domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004, nella parte in cui assoggetta sette categorie di prodotti agricoli di origine polacca alla misura prevista dall’art. 4, n. 3, del regolamento n. 1972/2003, deve essere respinta.

    Sulla terza parte del ricorso, concernente una domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004 nella parte in cui aggiunge sette prodotti all’elenco di prodotti dell’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003

    Argomenti delle parti

    137

    La Repubblica di Polonia afferma anzitutto che lo scopo fondamentale delle misure transitorie che possono essere adottate sul fondamento dell’art. 41 dell’Atto di adesione consiste nel prevenire l’accumulo di scorte eccedenti nei nuovi Stati membri nonché le perturbazioni che ne derivano sui diversi mercati agricoli. Tali misure transitorie dovrebbero quindi facilitare l’attuazione da parte di tali Stati membri del loro obbligo di eliminare le scorte eccedenti in parola, previsto dall’allegato IV, punto 4, dell’Atto di adesione.

    138

    Orbene, secondo la Repubblica di Polonia, tale obbligo di eliminare le scorte eccedenti riguarda solo i prodotti che risultino su scala nazionale quantitativamente superiori a quella che può essere considerata una normale scorta di riporto. Pertanto, se è necessario individuare le scorte di prodotti di cui trattasi detenute dagli operatori individuali per verificare l’esistenza di scorte eccedenti nei nuovi Stati membri, tale verifica dovrebbe essere compiuta su scala nazionale alla data dell’adesione. Pertanto, se le scorte di un determinato prodotto su scala nazionale non superano un valore normale, l’obbligo di eliminarle e il prelievo a carico dei loro detentori sarebbero privati del loro oggetto in mancanza di rischio di perturbazione degli scambi di prodotti agricoli derivante dall’adesione, poiché la detenzione di un rilevante quantitativo dei prodotti di cui trattasi da parte di un operatore risulterebbe compensata dall’assenza di questi stessi prodotti presso altri operatori.

    139

    La Repubblica di Polonia rileva tuttavia che al 1o maggio 2004 e su scala nzionale non è stata constatata l’esistenza di scorte eccedenti dei prodotti compresi nell’elenco di prodotti di cui all’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003, inclusi prodotti rilevanti per la presente fattispecie aggiunti dal regolamento n. 735/2004. Esso comprenderebbe anche prodotti per cui la produzione polacca nel 2003 era inferiore alla norma. Di conseguenza, la Repubblica di Polonia ritiene che la Commissione, nell’adottare l’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003, abbia ecceduto la competenza attribuitale dall’art. 41, primo comma, dell’Atto di adesione e abbia introdotto una misura sproporzionata rispetto all’obiettivo da conseguire, consistente nell’impedire la costituzione di scorte eccedenti di prodotti a fini speculativi.

    140

    La Repubblica di Polonia indica altresì che l’obiettivo della misura controversa potrebbe essere quello di impedire che un operatore economico stabilito in Polonia ottenga un vantaggio economico ingiustificato rispetto agli operatori stabiliti nella Comunità anteriormente al 1o maggio 2004, nell’ipotesi in cui non esistesse un rischio di perturbazione degli scambi di prodotti agricoli in mancanza di scorte eccedenti nei nuovi Stati membri misurate su scala nazionale. Tuttavia, tale possibilità non sarebbe menzionata nel preambolo del regolamento n. 1972/2003 e non sarebbe autorizzata dall’art. 41 dell’Atto di adesione. Inoltre, essa non escluderebbe che tale misura sia sproporzionata in quanto non si limita ad annullare i vantaggi ingiustificati collegati all’esistenza di dazi all’importazione comunitari diversi da quelli dei nuovi Stati membri di cui beneficerebbero gli operatori polacchi che detengono scorte eccedenti di detti prodotti, ma penalizza questi ultimi, assoggettandoli al prelievo controverso.

    141

    Infine, la Repubblica di Polonia fa osservare che la principale ragione di stoccaggio di prodotti agricoli a fini speculativi consiste nella loro importazione collegata alla differenza tra i dazi all’importazione comunitari e i dazi nazionali in vigore nei nuovi Stati membri. Tuttavia, l’aggiunta dei prodotti di cui trattasi all’elenco di prodotti dell’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003 avrebbe la conseguenza di assoggettare i loro detentori ad un dazio all’importazione erga omnes applicabile al 1o maggio 2004, laddove alcuni prodotti sono già stati assoggettati in Polonia a dazi all’importazione che erano in vigore al e non erano inferiori ai dazi all’importazione comunitari applicati a tale data.

    142

    La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica di Polonia.

    Giudizio del Tribunale

    143

    La Repubblica di Polonia contesta la legittimità della modifica dell’elenco di prodotti dell’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003, esponendo una serie di argomenti che è opportuno analizzare in sequenza.

    144

    In primo luogo, la Repubblica di Polonia afferma che lo scopo fondamentale delle misure transitorie che possono essere adottate sul fondamento dell’art. 41 consiste nel prevenire l’accumulo di scorte eccedenti la cui esistenza deve essere accertata su scala nazionale, cosicché, se in uno Stato membro le scorte di un prodotto su scala nazionale non superano un valore normale, gli operatori che hanno costituito individualmente scorte in quantità superiore al loro livello abituale non sarebbero obbligati ad eliminarle, in mancanza di un rischio di perturbazione degli scambi. In tale contesto, l’aggiunta dei prodotti di cui trattasi all’elenco dei prodotti di cui all’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003 sarebbe illegittima, poiché riguarda prodotti per cui non è stata constatata su scala nazionale l’esistenza di scorte eccedenti e persino alcuni prodotti per cui la produzione polacca nel 2003 era inferiore alla norma.

    145

    Il Tribunale ritiene che la tesi della Repubblica di Polonia sia fondata su un’interpretazione erronea dell’allegato IV, punto 4, dell’Atto di adesione e che essa debba essere respinta.

    146

    Infatti, la formulazione del n. 2 di tale punto, ai sensi del quale qualsiasi scorta di prodotti, privata o pubblica, in libera pratica sul territorio dei nuovi Stati membri alla data di adesione e che sia quantitativamente superiore a quella che può essere considerata una normale scorta di riporto deve essere eliminata a spese dei nuovi Stati membri, obbliga allo stesso modo ad eliminare le scorte eccedenti, a prescindere dal fatto che esse siano determinate per ogni operatore individuale o per tutti gli operatori su scala nazionale.

    147

    D’altra parte, sia la prevenzione della costituzione di scorte a fini speculativi che l’eliminazione dei vantaggi economici degli operatori che hanno costituito scorte eccedenti a basso prezzo possono giustificare l’adozione da parte della Commissione di una misura ai sensi dell’art. 41 dell’Atto di adesione (v. punto 101 supra). Ne consegue che, tra le misure transitorie che la Commissione può adottate in virtù di tale disposizione, si trovano quelle destinate a impedire che gli operatori individuali stabiliti nei nuovi Stati membri costituiscano scorte eccedenti dei prodotti di cui trattasi anteriormente al 1o maggio 2004 per commercializzarli a prezzi più elevati a partire da tale data.

    148

    Analogamente, occorre sottolineare che, nella sentenza Weidacher, punto 89 supra, la Corte aveva considerato il prelievo di cui trattasi sulle scorte eccedenti proporzionato e conforme agli obiettivi definiti dall’Atto di adesione. Orbene, tale prelievo era stato riscosso a carico di un operatore individuale originario di quello che all’epoca era un nuovo Stato membro, a causa dell’eccedenza di cui disponeva, senza che fosse stata accertata l’esistenza di scorte su scala nazionale in tale Stato.

    149

    Infine, occorre rilevare che lo scopo del regolamento n. 1972/2003 era precisamente, come è stato sottolineato al punto 111 supra, quello di prevenire la costituzione di scorte eccedenti. Per tale motivo la Commissione ha affermato, senza essere contestata sul punto dalla Repubblica di Polonia, di aver preso in considerazione le statistiche fornite dalla stessa Repubblica di Polonia per identificare le categorie di prodotti che possono essere stoccati a fini speculativi. In tale contesto non si può muovere alla Commissione la censura che per taluni dei prodotti di cui trattasi non è stata contestata l’esistenza delle scorte eccedenti su scala nazionale al 1o maggio 2004. Infatti, tale circostanza può essere dovuta all’effetto dissuasivo dello stesso regolamento.

    150

    Infine, occorre rilevare che, se si facesse dipendere il prelievo sulle scorte eccedenti dei prodotti di cui trattasi detenute dagli operatori individuali dalla condizione che l’esistenza di tali scorte sia stata constatata su scala nazionale, ciò comporterebbe che le conseguenze della costituzione di scorte eccedenti non sarebbero né eque né prevedibili rispetto agli operatori stabiliti nei nuovi Stati membri.

    151

    Infatti, tale situazione potrebbe incitare taluni operatori stabiliti nei nuovi Stati membri a costituire scorte aggiuntive dei prodotti di cui trattasi anteriormente al 1o maggio 2004 per immetterle successivamente sul mercato comunitario nella speranza che le scorte su scala nazionale non superino il loro quantitativo abituale. In tale ipotesi, detti operatori si troverebbero al in una situazione più favorevole di quella di altri operatori stabiliti nello stesso Stato membro che non avessero costituito scorte supplementari dei prodotti di cui trattasi a fini speculativi, contribuendo in tal modo alla realizzazione degli obiettivi del regolamento n. 1972/2003 e a quella degli obiettivi dell’allegato IV, punto 4, dell’Atto di adesione, il che non sarebbe ammissibile.

    152

    D’altronde, se fosse stato necessario accertare l’esistenza di scorte eccedenti dei prodotti di cui trattasi su scala nazionale al 1o maggio 2004, gli operatori stabiliti nei nuovi Stati membri che avessero costituito scorte aggiuntive dei summenzionati prodotti non avrebbero potuto sapere prima di tale data se erano assoggettati al prelievo controverso, il cui importo potrebbe eventualmente rivelarsi significativo. Ciò introdurrebbe un elemento di incertezza non solo nella loro pianificazione economica, ma anche nel complesso dei mercati dei prodotti di cui trattasi, in quanto i prezzi potrebbero cambiare in modo significativo poiché una parte della produzione potrebbe eventualmente essere assoggettata ad un prelievo speciale.

    153

    In secondo luogo, la Repubblica di Polonia fa valere che l’imposizione del prelievo controverso ai prodotti di cui all’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003 è sproporzionata, poiché non si limita ad annullare i vantaggi ingiustificati collegati all’esistenza di dazi all’importazione comunitari diversi da quelli dei nuovi Stati membri di cui beneficerebbero gli operatori polacchi che detengono scorte eccedenti dei detti prodotti, ma li penalizza assoggettandoli al prelievo controverso.

    154

    Per respingere tale argomento, è sufficiente rammentare che l’annullamento di tali vantaggi non è il solo scopo legittimo delle misure istituite dal regolamento n. 1972/2003. Altri scopi legittimi sono la prevenzione della costituzione di scorte a basso prezzo da parte degli operatori dei nuovi Stati membri per commercializzarli successivamente ad un prezzo più elevato dopo l’allargamento.

    155

    Del resto, poiché l’argomento invocato dalla Repubblica di Polonia consiste, in sostanza, nell’invocare una violazione del principio di non discriminazione, occorre rinviare ai punti 127-136 della presente sentenza.

    156

    In terzo luogo, la Repubblica di Polonia afferma che la principale ragione dello stoccaggio di prodotti agricoli a fini speculativi risiede nella loro importazione collegata alla differenza tra i dazi doganali applicati nella Comunità a quindici e quelli applicati nei nuovi Stati membri e, a tale riguardo, rileva che, in forza dell’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003, come modificato, taluni prodotti sono assoggettati al prelievo controverso mentre i dazi all’importazione polacchi in vigore al 30 aprile 2004 non sarebbero inferiori ai dazi all’importazione comunitari.

    157

    Quest’argomento non può essere accolto.

    158

    Infatti, occorre sottolineare che la Repubblica di Polonia non fornisce alcuna ragione che consenta di concludere che il motivo principale dello stoccaggio speculativo dei prodotti agricoli risiede in un’eventuale disparità tra i dazi all’importazione applicati nella Comunità a quindici e quelli applicati nei nuovi Stati membri.

    159

    In ogni modo, anche se tale affermazione fosse corretta, ciò nondimeno, tra gli obiettivi delle misure previste dal regolamento n. 1972/2003, non si trova esclusivamente la prevenzione della costituzione delle scorte a fini speculativi collegata sia ad una differenza tra i dazi all’importazione applicabili per uno stesso prodotto rispettivamente nella Comunità e nei nuovi Stati membri, sia all’esistenza in tali Stati di contingenti all’importazione in franchigia di dazi, ma anche la prevenzione della costituzione di scorte eccedenti provenienti dalla produzione nazionale (v. punti 111-116 supra). Quest’ultimo obiettivo, che discende direttamente dall’allegato IV, punto 4, dell’Atto di adesione, non sarebbe pienamente realizzato se l’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003 si limitasse ad assoggettare al prelievo controverso i prodotti per cui i dazi all’importazione polacchi erano inferiori ai dazi all’importazione comunitari, come è stato ricordato ai punti 114 e 115 supra.

    160

    Alla luce delle considerazioni che precedono, il presente motivo deve essere respinto.

    Sulla prima parte del ricorso, riguardante una domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004 in quanto assoggetta sette prodotti aggiuntivi alle misure previste dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003

    161

    Occorre rilevare che l’allegato IV, punto 5, dell’Atto di adesione dispone quanto segue:

    «(…) I regolamenti n. 2913/92 e (CEE) n. 2454/93 si applicano ai nuovi Stati membri secondo le seguenti specifiche disposizioni:

    1.

    In deroga all’articolo 20 del regolamento (…) n. 2913/92, le merci che alla data di adesione sono in custodia temporanea o rientrano tra i regimi doganali di cui all’articolo 4, paragrafo 15, lettera b) e paragrafo 16, lettere da b) a g) di tale regolamento nella Comunità allargata, o che sono in fase di trasporto nella Comunità allargata dopo essere state assoggettate alle formalità di esportazione sono esenti da dazi doganali o da altre misure doganali quando sono immesse in libera pratica purché sia presente uno dei seguenti requisiti (…)».

    162

    Occorre ricordare che l’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 si applica precisamente in deroga alla disposizione summenzionata, nonché agli artt. 20 e 214 del regolamento n. 2913/92.

    163

    Così, in forza dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1972/2003, i prodotti elencati all’art. 4, n. 5, di detto regolamento, i quali, anteriormente al 1o maggio 2004, si trovavano in libera pratica nella Comunità dei quindici o in un nuovo Stato membro e, alla data del , risultano assoggettati al deposito temporaneo o ad uno dei regimi o procedure doganali di cui all’art. 4, n. 15, lett. b), e n. 16, lett. b)-g), del regolamento n. 2913/92 nella Comunità allargata, o sono in viaggio previo espletamento delle formalità di esportazione nella Comunità allargata, sono sottoposti all’aliquota del dazio all’importazione erga omnes applicabile alla data dell’immissione in libera pratica. Tuttavia, ciò non si applica ai prodotti esportati a partire dalla Comunità a quindici, se l’importatore fornisce la prova che non è stata chiesta alcuna restituzione all’esportazione per i prodotti del paese di esportazione.

    164

    Inoltre, in forza del n. 3 dell’articolo in esame, i prodotti elencati all’art. 4, n. 5, provenienti da paesi terzi e assoggettati, al 1o maggio 2004, al regime di perfezionamento attivo di cui all’art. 4, n. 16, lett. d), del regolamento n. 2913/92 o all’ammissione temporanea di cui all’art. 4, n. 16, lett. f), del medesimo regolamento in un nuovo Stato membro, i quali sono immessi in libera pratica al 1o maggio o posteriormente a tale data, sono sottoposti al dazio all’importazione applicabile ai prodotti provenienti da paesi terzi alla data dell’immissione in libera pratica.

    165

    Occorre sottolineare, da un lato, che la destinazione doganale menzionata all’art. 4, n. 15, lett. b), del regolamento n. 2913/92 è quella dell’introduzione in zona franca o in deposito franco e, dall’altro lato, che i regimi doganali previsti dall’art. 4, n. 16, lett. b)-g), del regolamento n. 2913/92 sono, nell’ordine, il transito, il deposito doganale, il perfezionamento attivo, la trasformazione sotto controllo doganale, l’ammissione temporanea e il perfezionamento passivo.

    166

    In forza dell’art. 166, lett. a), del regolamento n. 2913/92, le zone franche o i depositi franchi sono parti del territorio doganale della Comunità o aree situate in tale territorio, separate dal resto di esso, in cui le merci non comunitarie sono considerate, per l’applicazione dei dazi all’importazione e delle misure di politica commerciale all’importazione, come merci non situate nel territorio doganale della Comunità, purché non siano immesse in libera pratica o assoggettate ad un altro regime doganale, né utilizzate o consumate in condizioni diverse da quelle previste dalla regolamentazione doganale.

    167

    Ai sensi dell’art. 91 del regolamento n. 2913/92, il regime di transito esterno consente la circolazione da una località all’altra del territorio doganale della Comunità:

    «a)

    di merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e ad altre imposte, né alle misure di politica commerciale;

    b)

    di merci comunitarie che formano oggetto di una misura comunitaria implicante la necessità della loro esportazione verso paesi terzi e per cui sono espletate le corrispondenti formalità doganali d’esportazione».

    168

    In base all’art. 98 del regolamento n. 2913/92, il regime del deposito doganale consente l’immagazzinamento in un deposito doganale, da un lato, di merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e alle misure di politica commerciale e, dall’altro lato, di merci comunitarie per le quali una normativa comunitaria specifica prevede, a motivo del loro collocamento nel deposito doganale, il beneficio di misure connesse in genere con l’esportazione delle merci.

    169

    L’art. 114, lett. a), del medesimo regolamento dispone che il regime di perfezionamento attivo consente di sottoporre a lavorazione sul territorio doganale della Comunità, per far subire loro una o più operazioni di perfezionamento merci non comunitarie destinate ad essere riesportate fuori del territorio doganale della Comunità sotto forma di prodotti compensatori, senza essere soggette ai dazi all’importazione né a misure di politica commerciale.

    170

    Ai sensi dell’art. 130 del regolamento n. 2913/92, il regime della trasformazione sotto controllo doganale consente di utilizzare nel territorio doganale della Comunità merci non comunitarie per sottoporle ad operazioni che ne modificano la specie o lo stato senza che queste siano soggette ai dazi all’importazione e alle misure di politica commerciale e di immettere in libera pratica, dietro pagamento dei relativi dazi all’importazione, i prodotti risultanti da tali operazioni.

    171

    In virtù dell’art. 137 del regolamento n. 2913/92, il regime dell’ammissione temporanea permette l’utilizzazione nel territorio doganale della Comunità, in esonero totale o parziale dai dazi all’importazione e senza che esse siano soggette alle misure di politica commerciale, di merci non comunitarie destinate ad essere riesportate senza aver subìto modifiche, ad eccezione del loro deprezzamento normale dovuto all’uso che ne è fatto.

    172

    Ai sensi dell’art. 145, n. 1, del regolamento n. 2913/92, il regime di perfezionamento passivo consente di esportare temporaneamente fuori del territorio doganale della Comunità merci comunitarie per sottoporle ad operazioni di perfezionamento e di immettere i prodotti risultanti da queste operazioni in libera pratica in esenzione totale o parziale dai dazi all’importazione.

    173

    Risulta dai punti precedenti che le destinazioni e regimi doganali a cui fa riferimento l’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 riguardano, in particolare, situazioni in cui talune merci oltrepassano le frontiere comunitarie senza però essere gravate dai dazi doganali corrispondenti, sia perché la loro destinazione finale non è ancora decisa, sia perché esse sono destinate ad un mercato non comunitario. Tali merci, che avrebbero acquistato lo statuto di merci comunitarie al 1o maggio 2004, proprio come le merci che sono in viaggio nella Comunità allargata previo espletamento delle formalità di esportazione, sono assoggettate, in forza della misura prevista dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003, al dazio all’importazione erga omnes applicabile alla data dell’immissione in libera pratica.

    Sul primo motivo, vertente sulla violazione del principio della libera circolazione delle merci

    — Argomenti delle parti

    174

    La Repubblica di Polonia ritiene che i dazi istituiti dall’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1972/2003 siano dazi doganali, come attestato dal fatto che sono percepiti dai servizi delle dogane e nell’ambito di procedure doganali sui prodotti assoggettati ad un regime sospensivo al momento del passaggio delle frontiere della Comunità. Tale natura sarebbe altresì confermata, in primo luogo, dalla circostanza che tali misure costituiscono, in conformità della lettera del n. 1 della disposizione in esame, una deroga alle disposizioni dell’Atto di adesione che prevedono l’immissione in libera pratica dei prodotti in franchigia doganale, in secondo luogo, dalla giustificazione fondata sull’esistenza di una disposizione simile, cioè l’art. 5 del regolamento (CE) della Commissione 14 gennaio 2004, n. 60, recante misure transitorie nel settore dello zucchero in seguito all’adesione della Repubblica ceca, dell’Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell’Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia all’Unione europea (GU L 9, pag. 8), come esposta dalla Commissione al sesto ‘considerando’ di tale regolamento, e, in terzo luogo, dal fatto che l’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1972/2003 stabilisce espressamente che «i prodotti (…) sono sottoposti all’aliquota del dazio all’importazione erga omnes».

    175

    La Repubblica di Polonia rileva che, ai sensi dell’art. 25 CE, i dazi doganali all’importazione o le tasse di effetto equivalente — istituiti dagli Stati membri o dalle istituzioni comunitarie — sono vietati tra gli Stati membri, senza che sia possibile giustificarli a causa del loro obiettivo.

    176

    A causa del carattere assoluto di tale divieto la Corte avrebbe dichiarato che le competenze attribuite alle istituzioni comunitarie nell’ambito della politica agricola comune devono, in ogni caso dalla fine del periodo transitorio, essere esercitate ad esclusione di qualsiasi provvedimento che comprometta l’abolizione tra gli Stati membri dei dazi doganali e delle restrizioni quantitative o delle tasse o misure di effetto equivalente (sentenza della Corte 20 aprile 1978, cause riunite 80/77 e 81/77, Les Commissionnaires Réunis e Les Fils de Henri Ramel, Racc. pag. 927, punto 35). Analogamente, qualsiasi eccezione a tale divieto dovrebbe essere chiaramente prevista e interpretata restrittivamente (sentenza Les Commissionenaires réunis e Les Fils de Henri Ramel, cit., punto 24). In particolare, le deroghe al principio della libera circolazione delle merci introdotte dai Trattati di adesione dovrebbero essere accordate in maniera chiara e senza ambiguità, nonché essere interpretate in senso stretto (sentenza della Corte , causa C-233/97, KappAhl, Racc. pag. I-8069, punti 18 e 21).

    177

    Di conseguenza, la Repubblica di Polonia ritiene che la Commissione non possa giustificare i dazi introdotti con la necessità di evitare le conseguenze delle norme relative alle scorte eccedenti di cui all’art. 4 del regolamento n. 1972/2003. D’altronde, la Repubblica di Polonia fa osservare che quest’ultima misura è diretta ad evitare le manovre speculative e osserva che non esiste alcun nesso tra i dazi doganali istituiti e tali atti.

    178

    La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica di Polonia.

    — Giudizio del Tribunale

    179

    La tesi della Repubblica di Polonia non può essere accolta. Infatti, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica di Polonia, la riscossione del prelievo imposto dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 non osta al divieto di dazi doganali e di tasse di effetto equivalente enunciato dall’art. 25 CE, in quanto detto prelievo non costituisce un onere unilateralmente deciso da uno Stato membro, bensì un provvedimento comunitario adottato, a titolo transitorio, per ovviare a talune difficoltà risultanti, per la politica agricola comune, dall’adesione di dieci nuovi Stati all’Unione europea (v., in tal senso, sentenza della Corte 25 maggio 1978, causa 136/77, Racke, Racc. pag. 1245, punto 7).

    180

    Inoltre, occorre rilevare che la Commissione ha adottato il regolamento n. 1972/2003 e, di conseguenza, l’art. 3 di quest’ultimo sulla base di una disposizione che l’autorizza ad adottare misure transitorie necessarie per facilitare la transizione dal regime in vigore nei nuovi Stati membri al regime risultante dall’applicazione della politica agricola comune, cioè l’art. 41 dell’Atto di adesione. Orbene, tali misure transitorie possono costituire, segnatamente, deroghe alle norme altrimenti applicabili ad una determinata situazione giuridica, come l’art. 25 CE. Di conseguenza, l’esame del Tribunale deve semplicemente riguardare la questione se le misure disposte dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 costituiscano parte integrante delle misure transitorie che possono essere adottate in virtù di tale disposizione dell’Atto di adesione. Infatti, se così fosse, tale sistema non potrebbe essere censurato, nella sua essenza, poiché contrario alle disposizioni del Trattato e dell’Atto di adesione relative al divieto dei dazi doganali (v., in tal senso, sentenza della Corte 20 ottobre 1987, causa 119/86, Spagna/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 4121, punto 15).

    181

    Di conseguenza, la Repubblica di Polonia non può utilmente invocare una violazione del principio della libera circolazione delle merci e, in particolare, dell’art. 25 CE per contestare la legittimità dei dazi istituiti dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003. Essa potrebbe, al massimo, affermare che la deroga alle norme del Trattato disposta dall’art. 3 di tale regolamento oltrepassa i poteri attribuiti alla Commissione dall’art. 41 dell’Atto di adesione, come essa invoca nel contesto del secondo motivo, che occorre quindi esaminare direttamente.

    Sul secondo motivo, vertente sull’incompetenza della Commissione e sulla violazione degli artt. 22 e 41 dell’Atto di adesione

    — Argomenti delle parti

    182

    La Repubblica di Polonia afferma che l’Atto di adesione è il risultato delle negoziazioni tra Stati candidati all’adesione all’Unione europea e quest’ultima. Essa ricorda che, ai sensi dell’art. 22 di tale Atto, «le misure elencate nell’allegato IV [dell’Atto di adesione] sono applicate alle condizioni previste in detto allegato». Orbene, secondo la formulazione dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1972/2003, tale disposizione si applica «in deroga all’allegato IV, punto 5, dell’Atto di adesione», il che attesterebbe che la Commissione si attribuisce un diritto unilaterale di modificare le conclusioni dei negoziati di adesione, in violazione delle procedure di modificazione o di sospensione delle disposizioni dell’Atto di adesione che sono previste dagli artt.7-9 di tale Atto.

    183

    La Repubblica di Polonia ritiene che l’art. 41, primo comma, dell’Atto di adesione possa esclusivamente costituire il fondamento delle misure transitorie necessarie a facilitare la transizione verso il regime risultante dall’applicazione della politica agricola comune alle condizioni indicate nell’Atto di adesione. Orbene, lo scopo delle misure transitorie previste dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 non è di completare l’Atto di adesione, ma di introdurre soluzioni che se ne discostano, impedendole di adottare le misure previste all’allegato IV, punto 5, di detto Atto e modificando, a suo danno, le condizioni di adesione.

    184

    Secondo la Repubblica di Polonia, la Commissione non può affermare di avere esclusivamente precisato il contenuto dell’Atto di adesione, poiché la misura prevista all’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 introduce una deroga rispetto alle modalità di applicazione dei regimi sospensivi definiti dall’allegato IV, punto 5, dell’Atto di adesione.

    185

    La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica di Polonia.

    — Giudizio del Tribunale

    186

    È indubbiamente esatto che la Commissione non può modificare i termini dell’Atto di adesione al di fuori del quadro normativo che il Trattato e l’Atto di adesione hanno stabilito al riguardo. Tuttavia, come la Commissione giustamente rileva, è pur vero che l’art. 41 di tale Atto l’autorizza ad adottare qualsiasi misura necessaria per facilitare la transizione dal regime in vigore nei nuovi Stati membri al regime risultante dall’applicazione della politica agricola comune.

    187

    Occorre altresì ricordare che, come risulta da quanto esposto in precedenza nella presente sentenza, il sistema di prelievi sulle scorte eccedenti di prodotti in libera pratica al 1o maggio 2004 nei nuovi Stati membri, previsto dall’art. 4 del regolamento n. 1972/2003 e comprendente in particolare il prelievo sulle scorte eccedenti detenute dagli operatori individuali, è una delle misure transitorie che possono essere adottate dalla Commissione ai sensi dell’art. 41, primo comma, dell’Atto di adesione.

    188

    Di conseguenza, le misure necessarie per tutelare l’effetto utile di tale sistema di prelievi devono anch’esse rientrare in quest’ultima disposizione poiché, in caso contrario, gli obiettivi sul mercato comunitario perseguiti dal sistema in esame, pur necessari a facilitare la transizione dal sistema in vigore nei nuovi Stati membri al regime risultante dall’applicazione della politica agricola comune, non sarebbero realizzati.

    189

    Pertanto occorre esaminare se, come afferma la Commissione nella sua risposta al primo motivo, l’assoggettamento dei prodotti che si trovano in un regime sospensivo o che sono in viaggio nella Comunità allargata previo espletamento delle formalità di esportazione al dazio all’importazione erga omnes applicabile il giorno della loro immissione in libera pratica, secondo la formulazione dell’art. 3 del regolamento n. 1972/2003, sia indispensabile per assicurare l’effetto utile dell’art. 4 di tale regolamento.

    190

    Occorre ricordare a tale proposito che la Commissione dispone di ampi poteri, quando si tratta di adottare misure in materia di politica agricola comune (sentenze della Corte 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder HS Kraftfutter, Racc. pag. 2237, punto 22, e , causa C-445/00, Austria/Consiglio, Racc. pag. I-8549, punto 81). L’illegittimità dell’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 può quindi essere accertata solo se si è concluso che la misura prevista da tale disposizione è manifestamente inutile a garantire l’effetto utile dell’art. 4 di detto regolamento.

    191

    Come rileva la Commissione, in mancanza delle misure di cui all’art. 3 del regolamento n. 1972/2003, gli operatori stabiliti nei nuovi Stati membri potrebbero ridurre artificialmente le loro scorte eccedenti dei prodotti di cui trattasi assoggettandole al regime sospensivo in uno o più dei vecchi o dei nuovi Stati membri anteriormente al 1o maggio 2004. In tal modo, detti operatori non avrebbero l’obbligo di pagare il prelievo previsto dall’art. 4 del regolamento n. 1972/2003 nel loro paese d’origine, se non vi detenessero scorte eccedenti al .

    192

    I prodotti posti in un regime sospensivo continuerebbero però ad essere a loro disposizione in altri Stati membri e gli operatori interessati sarebbero in grado di immetterli in libera pratica nella Comunità allargata dopo il 1o maggio 2004 senza dover pagare il prelievo controverso, il che svuoterebbe di ogni contenuto l’art. 4 del regolamento n. 1972/2003.

    193

    Occorre quindi concludere che misure come quelle previste all’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 sono necessarie per conservare l’effetto utile dell’art. 4 di tale regolamento.

    194

    Di conseguenza, poiché la Repubblica di Polonia contesta, nell’ambito del presente motivo, la competenza stessa della Commissione ad obbligare gli Stati membri a riscuotere prelievi sui prodotti sottoposti ad un regime sopensivo che si trovano nel loro territorio al 1o maggio 2004 e non le modalità o il carattere proporzionale di tale prelievo, occorre concludere che il presente motivo deve essere respinto.

    Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio di discriminazione in base alla cittadinanza

    — Argomenti delle parti

    195

    La Repubblica di Polonia rileva che l’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1972/2003 dispone che l’assoggettamento al dazio all’importazione erga omnes non si applica ai prodotti esportati dalla Comunità a quindici verso la Polonia — se l’importatore fornisce la prova che non è stata chiesta alcuna restituzione all’esportazione per i prodotti del paese di esportazione —, ma nega la stessa esenzione ai prodotti esportati a partire dalla Polonia verso la Comunità a quindici.

    196

    La Repubblica di Polonia aggiunge che misure discriminatorie dello stesso tipo non sono state dispose dalla Commissione in seguito all’allargamento dell’Unione europea nel 1995.

    197

    La Repubblica di Polonia ritiene che tale discriminazione non possa essere giustificata dall’argomento secondo cui il rischio di speculazione era collegato soprattutto ai flussi di merci provenienti dalla Polonia verso la Comunità a quindici, il che non sarebbe affatto provato. Del resto, anche se esistesse effettivamente un rischio di speculazione collegato soprattutto ai flussi di merci provenienti dalla Polonia, ciò non legittimerebbe le misure adottate, poiché esse non riguardano soltanto le scorte eccedenti, ma anche qualsiasi quantità di tali prodotti. Orbene, se il rischio di speculazione consisteva nell’assoggettare prodotti agricoli polacchi a regime sospensivi, nell’intento di speculare sulla loro immissione in libera pratica nella Comunità allargata, il mantenimento dei dazi doganali preferenziali in vigore prima della data di adesione sui prodotti assoggettati al 1o maggio 2004 a regimi doganali sospensivi avrebbe rappresentato una misura preventiva sufficiente.

    198

    La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica di Polonia.

    — Giudizio del Tribunale

    199

    Come è stato rammentato ai punti 128-130 supra, se il principio di non discriminazione tra produttori agricoli della Comunità sancito dall’art. 34, n. 2, secondo comma, CE esige che situazioni analoghe non siano trattate in modo diverso e che situazioni diverse non siano trattate in modo analogo a meno che un simile trattamento non sia obiettivamente giustificato, ciò nondimeno, alla data del 1o maggio 2004, la situazione dell’agricoltura nei nuovi Stati membri era radicalmente diversa da quella esistente nei vecchi Stati membri.

    200

    Ciò comporta che dalla mera applicazione di norme diverse agli operatori dei nuovi Stati membri e agli operatori dei vecchi Stati membri non può risultare alcuna discriminazione.

    201

    Nel caso di specie, come giustamente rileva la Commissione, se le disposizioni menzionate all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1972/2003 hanno lo scopo, per quanto riguarda i prodotti provenienti dai nuovi Stati membri, di impedire che gli operatori possano, ricorrendo a uno dei tipi di regime sospensivo, fare abbassare artificialmente le scorte accumulate prima del 1o maggio 2004 per immetterle in libera pratica dopo questa data come prodotti non assoggettati ai dazi all’importazione, esse hanno palesemente un obiettivo diverso per quanto riguarda i prodotti provenienti dalla Comunità e che sono assoggettati ad un regime sospensivo o in viaggio all’interno della Comunità allargata previo espletamento delle formalità di esportazione.

    202

    Infatti, poiché questi ultimi prodotti non sono assoggettati al prelievo controverso di cui all’art. 4 del regolamento n. 1972/2003, l’obiettivo delle disposizioni menzionate all’art. 3, n. 2, di detto regolamento non può essere, per quanto le riguarda, quello di preservare l’effetto utile del prelievo di cui trattasi.

    203

    Proprio al contrario, l’obiettivo delle disposizioni menzionate all’art. 3, n. 2, di detto regolamento è in particolare quello di evitare che i prodotti agricoli esportati a partire dalla Comunità prima del 1o maggio 2004 e che hanno beneficiato di una restituzione all’esportazione siano successivamente assoggettati, previo espletamento delle formalità di esportazione, al regime sospensivo o trasportati all’interno della Comunità allargata e si trovino in libera pratica sul territorio dell’Unione europea senza aver pagato dazi, poiché tali prodotti potrebbero beneficiare nuovamente senza motivo di una restituzione all’esportazione. Tale obiettivo è enunciato al quarto ‘considerando’ del regolamento n. 1972/2003, ai sensi del quale:

    «Occorre evitare che le merci per le quali sono state pagate restituzioni all’esportazione anteriormente al 1o maggio 2004 fruiscano di una seconda restituzione in caso di esportazione verso paesi terzi dopo il ».

    204

    È esclusivamente per questa ragione che l’art. 3, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1972/2003 prevede un’esenzione se l’operatore fornisce la prova che tali prodotti non avevano beneficiato in precedenza di una restituzione all’esportazione.

    205

    Poiché i due obiettivi perseguiti dalle disposizioni contenute all’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 sono stati necessariamente realizzati attraverso sistemi diversi per i prodotti in regime sospensivo provenienti, da un lato, dai nuovi Stati membri e, dall’altro lato, dalla Comunità a quindici, l’applicazione di regimi diversi a queste due categorie di prodotti non può essere considerata discriminatoria.

    206

    Infine, per quanto riguarda l’argomento della Repubblica di Polonia secondo cui misure simili non sono state adottate dalla Commissione in seguito all’allargamento dell’Unione europea nel 1995, basta semplicemente constatare che, come è stato indicato al punto 132 supra, le misure transitorie da adottare in materia agricola al momento di ogni allargamento della Comunità devono essere adattate ai rischi concreti di perturbazione sui mercati agricoli che tale allargamento può comportare. Pertanto, le istituzioni non sono tenute ad applicare misure transitorie equivalenti nell’ambito di due allargamenti successivi.

    207

    Si deve quindi respingere il presente motivo.

    Sul quarto motivo, vertente sul difetto o sulla carenza di motivazione

    — Argomenti delle parti

    208

    La Repubblica di Polonia afferma che l’introduzione delle misure discriminatorie di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1972/2003 costituisce la parte essenziale dell’art. 3 di detto regolamento, senza che sia fornita alcuna spiegazione al riguardo.

    209

    La Repubblica di Polonia respinge, in particolare, l’idea che la motivazione della misura introdotta in virtù dell’art. 4 del regolamento n. 1972/2003 possa applicarsi per analogia alle misure introdotte in forza dell’art. 3 di detto regolamento, poiché tali disposizioni introducono misure transitorie diverse.

    210

    La Repubblica di Polonia ritiene che la motivazione delle misure introdotte dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 dovrebbe per lo meno comprendere la descrizione delle circostanze che giustificano l’introduzione, per un certo gruppo di prodotti, di disposizioni particolare in materia di regime sospensivo, la definizione del modo in cui la misura adottata serve a realizzare gli obiettivi definiti all’art. 41 dell’Atto di adesione e le cause che giustificano la disparità tra i cittadini della Comunità a quindici e quelli dei nuovi Stati membri.

    211

    La Repubblica di Polonia afferma altresì che la misura transitoria introdotta grazie al regolamento n. 3108/94 al momento dell’allargamento dell’Unione europea nel 1995 era accompagnata da una motivazione più precisa di quella delle misure introdotte dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003, contenuta nel secondo ‘considerando’ del regolamento di cui trattasi. Del resto, tale misura sarebbe meno restrittiva di quella introdotta dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003, il che rafforzerebbe l’obbligo di motivare quest’ultima dal momento che spetta all’autorità comunitaria svolgere il suo ragionamento in modo esplicito nell’ipotesi in cui la decisione vada notevolmente al di là delle decisioni precedenti (sentenze della Corte 26 novembre 1975, causa 73/74, Groupement des fabricants de papiers peints de Belgique e a./Commissione, Racc. pag. 1491, punto 31, e , causa C-350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punto 15).

    212

    Infine, una misura transitoria simile sarebbe stata disposta all’art. 5 del regolamento n. 60/2004 e sarebbe stata specificamente motivata al sesto ‘considerando’ di quest’ultimo.

    213

    La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica di Polonia.

    — Giudizio del Tribunale

    214

    In forza di una giurisprudenza costante, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo (v. sentenza della Corte 24 novembre 2005, cause riunite C-138/03, C-324/03 e C-431/03, Italia/Commissione, Racc. pag. I-10043, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

    215

    Tale requisito dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo riguardate direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza Italia/Commissione, punto 214 supra, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

    216

    Ove si tratti, come nella fattispecie, di un atto destinato ad un’applicazione generale, la motivazione può limitarsi ad indicare, da un lato, la situazione complessiva che ha condotto alla sua adozione e, dall’altro, gli obiettivi generali che esso si prefigge (sentenze della Corte 3 luglio 1985, causa 3/83, Abrias e a./Commissione, Racc. pag. 1995, punto 30, e , causa C-342/03, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I-1975, punto 55).

    217

    D’altra parte, se un atto di portata generale evidenzia nella sua essenza lo scopo perseguito dall’istituzione, sarebbe eccessivo pretendere una motivazione specifica per le diverse scelte d’indole tecnica operate (v. sentenza della Corte 7 settembre 2006, causa C-310/04, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I-7285, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

    218

    Alla luce di tali considerazioni occorre stabilire se la motivazione del regolamento n. 1972/2003 sia sufficiente per quanto riguarda l’assoggettamento dei prodotti provenienti dai nuovi Stati membri alle misure disposte dall’art. 3 del medesimo.

    219

    A tale proposito, occorre rilevare che l’essenziale della motivazione del regolamento n. 1972/2003 è contenuta nei ‘considerando’ primo-sesto di detto regolamento.

    220

    Il primo ‘considerando’ del regolamento n.1972/2003 chiarische che occorre adottare misure transitorie per evitare il rischio di distorsione degli scambi, a detrimento dell’organizzazione comune dei mercati agricoli, in seguito all’adesione.

    221

    I ‘considerando’ secondo e quarto riguardano le misure relative alle restituzione all’esportazione.

    222

    Il terzo ‘considerando’ spiega che le distorsioni degli scambi che rischiano di turbare le organizzazioni comuni di mercato sono spesso provocate da spedizioni artificiali, in previsione dell’allargamento, di prodotti che non fanno parte delle normali scorte dello Stato in questione. Detto ‘considerando’ aggiunge che anche la produzione nazionale può dare luogo ad eccedenze e che occorre quindi imporre un prelievo dissuasivo sulle eccedenze nei nuovi Stati membri.

    223

    Infine, i ‘considerando’ quinto e sesto si limitano ad esporre che le misure previste dal regolamento n. 1972/2003 sono necessarie, opportune e conformi al parere di tutti i comitati di gestione interessati e devono essere applicate in modo uniforme.

    224

    Ne consegue che nessuno dei ‘considerando’ precedentemente citati chiarisce esplicitamente i motivi specifici che hanno indotto la Commissione ad adottare le misure di cui all’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 rispetto a prodotti provenienti dai nuovi Stati membri.

    225

    A tale riguardo la Repubblica di Polonia ha sostenuto che la Commissione ha espressamente motivato altre misure simili a quelle dell’art. 3 del regolamento n. 1972/2003.

    226

    Anzitutto, la Repubblica di Polonia ha citato il secondo ‘considerando’ del regolamento n. 3108/94, che a suo dire riguarda l’art. 4, n. 3, secondo trattino, di detto regolamento. Tale disposizione — ai sensi della quale le merci non comunitarie che si trovino in regime di deposito doganale, di perfezionamento attivo o di ammissione temporanea alla data del 1o gennaio 1995 sono state assoggettate ad un prelievo addizionale che si applica, se del caso, in aggiunta al prelievo del nuovo Stato membro a tale data quando si proceda, a partire dalla medesima, ad un’immissione in libera pratica — sarebbe simile a quella dell’art. 3 del regolamento n. 1972/2003. Tuttavia, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica di Polonia, tale disposizione non è motivata con precisione nel secondo ‘considerando’ del regolamento n. 3108/94. Infatti, tale ‘considerando’ si limita a spiegare che, ai fini di una semplificazione, occorre applicare un regime basato sul principio secondo il quale un’operazione intracomunitaria che abbia avuto inizio anteriormente al resta assoggettata alle disposizioni esistenti prima di tale data.

    227

    Essa ha anche citato il sesto ‘considerando’ del regolamento n. 60/2004. A suo giudizio, esso fornirebbe una motivazione specifica all’art 5 di tale regolamento che introduce, nel settore dello zucchero, una misura simile a quella dell’art. 3 del regolamento n. 1972/2003. Così, il sesto ‘considerando’ del regolamento n. 60/2004 spiegherebbe che l’allegato IV, capitolo 5, dell’Atto di adesione prevede che le merci sottoposte a regimi sospensivi di vario tipo il giorno dell’adesione sono esonerate dai dazi doganali al momento dell’immissione in libera pratica, a determinate condizioni. Tale ‘considerando’ chiarirebbe anche che, nel settore dello zucchero, esiste un notevole rischio che tale possibilità sia utilizzata a fini speculativi e che ciò consentirebbe agli operatori di eludere l’obbligo prescritto dal presente regolamento di eliminare dal mercato, a proprie spese, le eccedenze di zucchero o d’isoglucosio constatate dalle autorità dei nuovi Stati membri, oppure di pagare una penale qualora non siano in grado di fornire la prova dell’avvenuta eliminazione delle eccedenze stesse. Infine, detto ‘considerando’ rileverebbe che i prodotti che implicano un simile rischio devono quindi essere assoggettati al dazio al momento dell’immissione in libera pratica.

    228

    Tuttavia, l’esistenza di una motivazione esplicita per una misura posteriore a quella di cui all’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 non pregiudica la questione se l’assenza di analoga precisione in quest’ultimo regolamento implichi necessariamente che la sua motivazione è insufficiente per quanto riguarda le misure di cui all’art. 3 del medesimo.

    229

    Per risolvere tale questione, occorre collocare tali misure nel loro contesto. Come risulta dal terzo ‘considerando’ del regolamento n. 1972/2003, uno degli obiettivi essenziali di tale regolamento è di evitare rischi di distorsione del commercio tali da perturbare le organizzazioni comuni dei mercati, generati dalla costituzione di scorte eccedenti.

    230

    Tale obiettivo à attuato nella logica del regolamento n. 1972/2003 attraverso la riscossione del prelievo di cui all’art. 4 di detto regolamento sulle scorte eccedenti esistenti nei nuovi Stati membri, con un riferimento espresso all’adeguatezza di tale prelievo rispetto al conseguimento di tale obiettivo effettuato al terzo ‘considerando’ del regolamento in esame.

    231

    Orbene, il ruolo dell’art. 3 del regolamento n. 1972/2003, per quanto riguarda i prodotti assoggettati ad un regime sospensivo provenienti dai nuovi Stati membri, è esclusivamente quello di completare il sistema di prelievo sulle scorte eccedenti istituito dall’art. 4 di detto regolamento e, più precisamente, di assicurare l’effetto utile di tale disposizione.

    232

    Infatti, per quanto riguarda i prodotti di cui trattasi provenienti dai nuovi Stati membri, la necessità delle misure di cui all’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 per completare il sistema di prelievo è evidente, poiché, come è stato sottolineato ai punti 191-193 supra, è evidente che, in assenza di tali misure, qualsiasi operatore che detenga prodotti che possono essere assoggettati al prelievo istituito dall’art. 4 di detto regolamento potrebbe sottrarsi all’obbligo di versare tale prelievo assoggettando i prodotti di cui trattasi ad uno dei regimi doganali menzionati all’art. 3 di detto regolamento in un altro Stato membro.

    233

    Ne consegue che, per quanto riguarda i prodotti di cui trattasi provenienti dai nuovi Stati membri, le misure di cui all’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 costituiscono esclusivamente una scelta tecnica della Commissione destinata ad assicurare l’effetto utile dell’art. 4 di detto regolamento, che costituisce a sua volta la principale scelta tecnica della Commissione per realizzare il suo obiettivo, cioè evitare la formazione di scorte eccedenti nei nuovi Stati membri.

    234

    Di conseguenza, occorre concludere che la Commissione non era obbligata a motivare più specificamente la necessità delle misure di cui all’art. 3 del regolamento n. 1972/2003, rispetto alla giurisprudenza citata ai punti 216-217 supra, dal momento che la motivazione di detto regolamento identifica espressamente l’obiettivo della prevenzione della costituzione di scorte eccedenti e la necessità di introdurre un sistema di prelievo su tali scorte (terzo ‘considerando’) nonché la situazione complessiva che ha determinato l’adozione del summenzionato regolamento (‘considerando’ primo e terzo, in combinato disposto). La summenzionata motivazione deve quindi essere considerata sufficiente al riguardo.

    235

    Tale conclusione è avvalorata dal contesto in cui è stato adottato il regolamento n. 1972/2003. Infatti, la Repubblica di Polonia non nega di essere stata strettamente associata al processo di adozione di detto regolamento, avendo partecipato in veste di osservatrice alle diverse riunioni del comitato che ha discusso della sua adozione. La Repubblica di Polonia ha per giunta avuto una fitta corrispondenza con la Commissione in merito a tale questione. Infine, risulta dal fascicolo che la Commissione ha fatto prova di disponibilità a discutere i diversi aspetti rilevanti di tale regolamento e ad ammettere eventuali modifiche prima dell’adozione del regolamento.

    236

    Occorre altresì sottolineare che dal fascicolo risulta che la Commissione ha specificamente discusso con la Repubblica di Polonia, da un lato, la questione se l’adozione delle misure di cui all’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 rientrasse tra le competenze di cui detta istituzione dispone in base all’art. 41 dell’Atto di adesione e, dall’altro lato, i motivi sottesi all’adozione di tali misure.

    237

    In base a quanto esposto occorre respingere il presente motivo.

    Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

    — Argomenti delle parti

    238

    La Repubblica di Polonia sostiene che le misure previste dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003, assoggettando taluni prodotti a dazi all’importazione superiori a quelli risultanti dal regime doganale preferenziale che esisteva durante il periodo immediatamente precedente alla sua adesione all’Unione europea, sono state adottate in violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

    239

    La Repubblica di Polonia afferma che essa, come gli operatori economici polacchi, poteva fare legittimo affidamento sul fatto che la procedura applicabile ai prodotti in deposito temporaneo o assoggettati ad uno dei regimi doganali o in viaggio all’interno della Comunità allargata al 1o maggio 2004 si sarebbe svolta in conformità dei principi definiti all’allegato IV, punto 5, dell’Atto di adesione e che, in ogni caso, i dazi doganali in vigore al non sarebbero aumentati dal giorno dell’adesione, seppure a titolo di misura transitoria.

    240

    In proposito la Repubblica di Polonia ritiene che, anche se il principio di tutela del legittimo affidamento non può escludere cambiamenti ed adattamenti a circostanze in futura evoluzione, le misure transitorie di cui trattasi vanno però al di là di un adattamento e costituiscono una nuova disciplina della situazione che in precedenza era disciplinata dall’Atto di adesione.

    241

    La Repubblica di Polonia considera che la Commissione, nel suo controricorso, ammette che gli operatori ben informati non potevano prevedere l’adozione dell’atto impugnato e rileva che la Commissione si limita ad affermare che essi potevano adattare la loro attività alle prescrizioni di tale atto. Orbene, da un lato, il regolamento n. 1972/2003 non era pubblicato in polacco prima dell’adesione e, dall’altro lato, l’eventuale adattamento degli operatori alla misura controversa poteva consistere sia nel limitare la loro attività commerciale, a danno quindi della loro normale attività commerciale, sia nel versare dazi all’importazione erga omnes.

    242

    Inoltre, gli argomenti della Commissione riguardanti l’obiettivo dell’introduzione dei dazi all’importazione di un importo corrispondente ai dazi erga omnes sarebbero privi di fondamento, poiché tali dazi non sarebbero collegati alla prevenzione di speculazioni.

    243

    Infine, qualsiasi riferimento alla sentenza Weidacher, punto 89 supra, per giustificare la misura impugnata sarebbe assolutamente infondato, poiché tale sentenza non riguarderebbe alcuna disposizione simile a quella dell’art. 3 del regolamento n. 1972/2003.

    244

    La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica di Polonia.

    — Giudizio del Tribunale

    245

    Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il principio della tutela del legittimo affidamento può essere fatto valere nei confronti di una normativa comunitaria solo se la Comunità stessa ha precedentemente determinato una situazione tale da ingenerare un legittimo affidamento (v. sentenza Weidacher, punto 89 supra, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

    246

    Orbene, occorre rilevare che la Comunità non ha precedentemente determinato, nel caso di specie, una situazione che potesse ingenerare un legittimo affidamento nella Repubblica di Polonia o in operatori polacchi.

    247

    Anzitutto, la Comunità non ha, in alcun modo, con un’azione o un’omissione, fatto trapelare negli ambienti interessati che non sarebbero state adottate, in occasione dell’allargamento avvenuto il 1o maggio 2004, misure transitorie che assicurassero in particolare l’effetto utile di misure destinate ad evitare perturbazioni sul mercato determinate dalla costituzione di scorte eccedenti.

    248

    Inoltre, è opportune rilevare che qualsiasi operatore normalmente diligente che abbia assoggettato taluni prodotti ad uno dei regimi di cui all’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 prima del 1o maggio 2004 doveva essere a conoscenza, dal momento della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Atto di adesione, che, in base all’art. 41, primo comma, di detto Atto, la Commissione era autorizzata ad adottare misure transitorie al fine di adattare i regimi esistenti nei nuovi Stati membri all’organizzazione comune dei mercati, misure che potevano, se del caso, avere ripercussioni sulle scorte eccedenti già costituite al momento della pubblicazione del regolamento n 735/2004 nonché sui prodotti assoggettati ad un regime sospensivo (v., in tal senso, sentenza Weidacher, punto 89 supra, punto 33). Le misure previste nel caso di specie erano inoltre state comunicate dalla Commissione alla Repubblica di Polonia nel quadro del comitato che ha discusso l’adozione del regolamento n. 1972/2003. La Repubblica di Polonia non può, quindi, lamentare che vi sia stata lesione del suo legittimo affidamento.

    249

    Di conseguenza, il motivo vertente su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento deve essere respinto.

    Sulla quarta parte del ricorso, riguardante una domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004 in quanto assoggetta sette prodotti aggiuntivi al complesso delle misure controverse

    Argomenti delle parti

    250

    La Repubblica di Polonia rileva che, contrariamente a quanto richiesto dall’art. 41 dell’Atto di adesione, le misure controverse non servono a facilitare la transizione della Polonia verso il sistema risultante dall’attuazione della politica agricola comune secondo le condizioni definite nell’Atto di adesione. Esse servirebbero esclusivamente a tutelare la Comunità a quindici dalla concorrenza collegata al flusso di prodotti agricoli provenienti dai nuovi Stati membri dato il loro potenziale agricolo.

    251

    In primo luogo, la Repubblica di Polonia sostiene che l’art. 3 del regolamento n. 1972/2003 comporta che sui prodotti agricoli importati nella Comunità a quindici a partire dalla Polonia vengano riscossi prelievi al livello dei dazi doganali comunitari erga omnes mentre nella situazione opposta tali prelievi non vengono riscossi. In secondo luogo, essa rileva che le misure previste dall’art. 4, n. 3, del regolamento n. 1972/2003 accollano ai detentori polacchi di scorte eccedenti dazi il cui importo supera di gran lunga i benefici che si possono realizzare con manovre speculative. In terzo luogo, essa sottolinea che le misure contenute nell’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003 la obbligano ad introdurre prelievi sui detentori di scorte eccedenti di prodotti agricoli per cui non esiste un rischio di manovre speculative e rispetto ai quali non è stata accertata l’esistenza di scorte eccedenti su scala nazionale. La Repubblica di Polonia ritiene che, in tali circostanze, non si possa fare a meno di concludere che il vero scopo delle misure controverse è quello di tutelare la Comunità a quindici dalla concorrenza legittima degli operatori dei nuovi Stati membri, il che costituirebbe uno sviamento di potere da parte della Commissione.

    252

    La Commissione ritiene che il presente motivo debba essere respinto.

    Giudizio del Tribunale

    253

    Occorre constatare che, nel quadro del presente motivo, la Repubblica di Polonia non fa altro che riprendere le affermazioni esposte nelle parti precedenti del suo ricorso e già esaminate nella presente sentenza.

    254

    Pertanto, occorre concludere che il presente motivo non presenta carattere autonomo e che, di conseguenza, deve essere respinto per le stesse ragioni per cui sono stati respinti i motivi di cui costituisce un riassunto.

    255

    Dall’insieme delle considerazioni esposte risulta che il ricorso deve essere respinto nel suo complesso.

    Sulle spese

    256

    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica di Polonia, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

     

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

    dichiara e statuisce:

     

    1)

    Il ricorso è respinto.

     

    2)

    La Repubblica di Polonia è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle della Commissione.

     

    Tiili

    Dehousse

    Wiszniewska-Białecka

    Jürimäe

    Soldevila Fragoso

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 giugno 2009.

    Firme

    Indice

     

    Fatti all’origine della controversia

     

    Procedura

     

    Sulla ricevibilità

     

    Argomenti delle parti

     

    Giudizio del Tribunale

     

    Nel merito

     

    Sulla seconda parte del ricorso, riguardante la domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004, in quanto assoggetta sette prodotti aggiuntivi alla misura di cui all’art. 4, n. 3, del regolamento n. 1972/2003

     

    Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’art. 41 dell’Atto di adesione e del principio di proporzionalità

     

    — Argomenti delle parti

     

    — Giudizio del Tribunale

     

    Sul secondo motivo, vertente sulla violazione del principio di non discriminazione in base alla cittadinanza

     

    — Argomenti delle parti

     

    — Giudizio del Tribunale

     

    Sulla terza parte del ricorso, concernente una domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004 nella parte in cui aggiunge sette prodotti all’elenco di prodotti dell’art. 4, n. 5, ottavo trattino, del regolamento n. 1972/2003

     

    Argomenti delle parti

     

    Giudizio del Tribunale

     

    Sulla prima parte del ricorso, riguardante una domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004 in quanto assoggetta sette prodotti aggiuntivi alle misure previste dall’art. 3 del regolamento n. 1972/2003

     

    Sul primo motivo, vertente sulla violazione del principio della libera circolazione delle merci

     

    — Argomenti delle parti

     

    — Giudizio del Tribunale

     

    Sul secondo motivo, vertente sull’incompetenza della Commissione e sulla violazione degli artt. 22 e 41 dell’Atto di adesione

     

    — Argomenti delle parti

     

    — Giudizio del Tribunale

     

    Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio di discriminazione in base alla cittadinanza

     

    — Argomenti delle parti

     

    — Giudizio del Tribunale

     

    Sul quarto motivo, vertente sul difetto o sulla carenza di motivazione

     

    — Argomenti delle parti

     

    — Giudizio del Tribunale

     

    Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

     

    — Argomenti delle parti

     

    — Giudizio del Tribunale

     

    Sulla quarta parte del ricorso, riguardante una domanda di annullamento del regolamento n. 735/2004 in quanto assoggetta sette prodotti aggiuntivi al complesso delle misure controverse

     

    Argomenti delle parti

     

    Giudizio del Tribunale

     

    Sulle spese


    ( *1 ) Lingua processuale: il polacco.

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