Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62004CJ0441

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 23 febbraio 2006.
    A-Punkt Schmuckhandels GmbH contro Claudia Schmidt.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Landesgericht Klagenfurt - Austria.
    Libera circolazione delle merci - Artt. 28 CE e 30 CE - Misure d'effetto equivalente - Vendita porta a porta - Vendita di gioielli in argento - Divieto.
    Causa C-441/04.

    Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-02093

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:141

    Causa C‑441/04

    A-Punkt Schmuckhandels GmbH

    contro

    Claudia Schmidt

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landesgericht Klagenfurt)

    «Libera circolazione delle merci — Artt. 28 CE e 30 CE — Misure di effetto equivalente — Vendita porta a porta — Vendita di gioielli d’argento — Divieto»

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) 23 febbraio 2006 

    Massime della sentenza

    Libera circolazione delle merci — Restrizioni quantitative — Misure di effetto equivalente — Metodi di commercializzazione

    (Artt. 28 CE e 30 CE)

    L’art. 28 CE non osta ad una disposizione nazionale in forza della quale uno Stato membro vieti, sul proprio territorio, la vendita nonché la raccolta di ordinazioni di gioielli d’argento mediante vendita a domicilio, qualora tale disposizione trovi applicazione nei confronti di tutti gli operatori interessati, sempreché pregiudichi in pari misura, in diritto come in fatto, la commercializzazione dei prodotti nazionali e quella dei prodotti provenienti da altri Stati membri. Spetta al giudice nazionale verificare se l’applicazione della disposizione nazionale sia tale da impedire l’accesso al mercato dei prodotti provenienti da altri Stati membri o da ostacolare tale accesso in misura maggiore di quanto non ostacoli l’accesso al mercato dei prodotti nazionali e, in tal caso, verificare se il provvedimento in oggetto risulti giustificato in virtù di un obiettivo di interesse generale, ovvero in forza di uno degli obiettivi elencati dall’art. 30 CE, e se tale provvedimento sia proporzionato al detto obiettivo.

    (v. punto 30 e dispositivo)





    SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

    23 febbraio 2006 (*)

    «Libera circolazione delle merci – Artt. 28 CE e 30 CE – Misure di effetto equivalente – Vendita porta a porta – Vendita di gioielli d’argento – Divieto»

    Nel procedimento C‑441/04,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Landesgericht Klagenfurt (Austria), con decisione 13 agosto 2004, pervenuta in cancelleria il 20 ottobre 2004, nella causa

    A-Punkt Schmuckhandels GmbH

    contro

    Claudia Schmidt,

    LA CORTE (Terza Sezione),

    composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. J.‑P. Puissochet, U. Lõhmus (relatore), giudici,

    avvocato generale: sig. P. Léger

    cancelliere: sig. R. Grass

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    –       per la sig.ra Schmidt, dall’avv. A. Seebacher;

    –       per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

    –       per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. B. Schima, in qualità di agente,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di trattare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 28 CE e 30 CE.

    2       La detta domanda è stata sottoposta alla Corte nell’ambito di una controversia tra la società A‑Punkt Schmuckhandels GmbH (in prosieguo: la «A‑Punkt») e la sig.ra Schmidt al fine di ottenere la cessazione, da parte di quest’ultima, della sua attività di vendita a domicilio di gioielli in argento.

     Contesto normativo nazionale

    3       L’art. 57, § 1, del codice austriaco delle professioni artigianali, commerciali e industriali (Gewerbeordnung, BGBl, 194/1994, in prosieguo: la «GewO») vieta la vendita nonché la raccolta di ordinazioni a domicilio di talune merci, segnatamente di gioielli in argento, nei seguenti termini:

    «Sono vietate le visite a persone private al fine di ottenere ordinazioni relative alla vendita di integratori alimentari, veleni, medicinali, accessori medici, orologi da polso ed orologi in metalli preziosi, prodotti in oro, argento o platino, gioielli e pietre preziose, armi e munizioni, articoli pirotecnici, prodotti cosmetici, pietre tombali, monumenti funerari e loro accessori nonché di corone ed altre decorazioni tombali. Del pari, sono vietate le manifestazioni promozionali, ivi comprese le riunioni di promozione e di consulenza, relative a tali merci, organizzate in domicili privati e indirizzate a soggetti privati, indipendentemente dal fatto che la manifestazione promozionale sia organizzata dallo stesso operatore economico o da un terzo (…)».

     Causa principale e questioni pregiudiziali

    4       La sig.ra Schmidt dirige un’impresa la cui sede si trova in Germania e svolge attività di vendita itinerante di gioielli sul territorio dell’Unione europea, recandosi porta a porta dai privati nelle loro abitazioni, ove offre in vendita gioielli in argento e raccoglie le ordinazioni relative a tali gioielli. Il prezzo di vendita unitario dei detti gioielli non eccede la somma di EUR 40.

    5       In data 18 dicembre 2003, la sig.ra Schmidt organizzava in un domicilio privato un «party di gioielleria» a Klagenfurt, in Austria. A seguito di tale riunione, la A‑Punkt, che svolge un’attività concorrente, avviava un’azione legale contro la sig.ra Schmidt dinanzi al Landesgericht Klagenfurt al fine di ottenere la cessazione dell’attività di quest’ultima sulla base del rilievo che la detta attività è vietata dall’art. 57, n. 1, della GewO.

    6       La sig.ra Schmidt contesta le asserzioni della ricorrente nel giudizio principale, facendo valere che l’art. 57 della GewO è in contrasto con la libera circolazione delle merci quale prevista dall’art. 28 CE. Essa sottolinea, in particolare, che la vendita porta a porta di gioielli in argento è lecita sia in Germania che in Italia e nel Regno Unito.

    7       Ciò premesso, il Landesgericht Klagenfurt decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)       Se gli artt. 28 CE e 30 CE vadano interpretati nel senso che debba intendersi giuridicamente garantita la libertà della parte convenuta di vendere, nell’ambito della propria attività commerciale, gioielli in argento contattando persone private ai fini della vendita e della raccolta di ordinazioni di tali gioielli.

    2)      In caso di soluzione affermativa: se la normativa di uno Stato membro per effetto della quale sia vietata la vendita di gioielli in argento effettuata mediante contatti diretti con persone private ai fini della vendita e della raccolta di ordinazioni di tali gioielli costituisca un ostacolo alla libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE.

    3)      In caso di soluzione affermativa a tale ultima questione: se una normativa nazionale – che, in contrasto con gli artt. 28 CE e 30 CE, vieti la vendita di gioielli in argento effettuata avviando contatti diretti con persone private ai fini della vendita ovvero della raccolta di ordinazioni di tali gioielli – non sia in contrasto con il diritto del singolo di vendere i detti gioielli in tal modo».

     Sulle questioni pregiudiziali

    8       Con le questioni pregiudiziali, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se gli artt. 28 CE e 30 CE ostino ad una disposizione nazionale, come quella di cui all’art. 57 della GewO, che vieta la vendita e la raccolta di ordinazioni di gioielli in argento effettuate mediante vendita porta a porta.

    9       In limine, si deve rilevare che l’art. 57 della GewO è volto ad escludere un determinato metodo di commercializzazione per tale tipo di gioielli. La controversia principale trae peraltro origine da una situazione in cui un soggetto che dirige un’impresa la cui sede si trova in Germania ha organizzato una vendita di gioielli a domicilio in Austria. In tale contesto, il regime nazionale che vieta la vendita di gioielli a domicilio ricade nella sfera della libera circolazione delle merci.

    10     La direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU L 372, pag. 31), è volta ad armonizzare parzialmente le norme in materia di tutela dei consumatori per taluni metodi di commercializzazione, tra cui le vendite concluse nel contesto di una visita del commerciante presso un privato.

    11     Senza necessità di analizzare in modo approfondito il grado di armonizzazione realizzato con la detta direttiva, è pacifico che, in base all’art. 8 della direttiva medesima, gli Stati membri possono adottare o mantenere in vigore disposizioni volte a garantire una tutela dei consumatori più ampia di quella prevista da tale direttiva.

    12     Come emerge dalla giurisprudenza della Corte, gli Stati membri possono, in tal senso, introdurre o mantenere un divieto totale o parziale di conclusione di contratti al di fuori degli stabilimenti commerciali (v. sentenze 16 maggio 1989, causa 382/87, Buet e EBS, Racc. pag. 1235, punto 16, e 14 marzo 1991, causa C‑361/89, Di Pinto, Racc. pag. I‑1189, punto 21). Tale potere, tuttavia, deve essere esercitato nel rispetto del principio fondamentale della libera circolazione delle merci, che trova espressione nel divieto, dettato dall’art. 28 CE, di restrizioni quantitative all’importazione nonché di qualsiasi misura di effetto equivalente fra gli Stati membri (v., in tal senso, sentenza 25 marzo 2004, causa C‑71/02, Karner, Racc. pag. I‑3025, punto 34).

    13     La Corte si è già pronunciata in ordine alla compatibilità di varie disposizioni nazionali recanti disciplina dei metodi di commercializzazione con l’art. 28 CE (v., in particolare, sentenza 26 maggio 2005, causa C‑20/03, Burmanjer e a., Racc. pag. I‑4133, punto 22).

    14     Come ripetutamente affermato dalla Corte, ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari deve essere ritenuta quale misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative e ricade, a tale titolo, nel divieto sancito dal detto articolo (v., in particolare, sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, punto 5; 19 giugno 2003, causa C‑420/01, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑6445, punto 25, e Karner, cit., punto 36).

    15     Tuttavia, nella sentenza 24 novembre 1993, cause riunite C‑267/91 e C‑268/91, Keck e Mithouard (Racc. pag. I‑6097, punto 16), la Corte ha precisato che disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalità di vendita non sono tali da costituire ostacolo agli scambi commerciali tra gli Stati membri ai sensi della giurisprudenza inaugurata con la citata sentenza Dassonville sempreché tali disposizioni, da una parte, valgano nei confronti di tutti gli operatori interessati che svolgano la propria attività sul territorio nazionale e, dall’altra, incidano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri (v., parimenti, sentenze 13 gennaio 2000, causa C‑254/98, TK‑Heimdienst, Racc. pag. I‑151, punto 23; 11 dicembre 2003, causa C‑322/01, Deutscher Apothekerverband, Racc. pag. I‑14887, punto 68; Karner, cit., punto 37, e Burmanjer e a., cit., punto 24).

    16     Successivamente, la Corte ha qualificato come disposizioni che disciplinano le modalità di vendita, ai sensi della citata sentenza Keck e Mithouard, disposizioni relative a determinati metodi di commercializzazione (v., in particolare, sentenze 2 giugno 1994, cause riunite C‑401/92 e C‑402/92, Tankstation ’t Heukske e Boermans, Racc. pag. I‑2199, punti 12‑14; TK‑Heimdienst, cit., punto 24, e Burmanjer e a., cit., punti 25 e 26).

    17     Come emerge dal punto 9 della presente sentenza, il regime nazionale di divieto di vendita a domicilio in oggetto concerne un metodo di commercializzazione. È pacifico che esso non ha come obiettivo la disciplina degli scambi di merci tra Stati membri. Tuttavia, esso può sfuggire al divieto dettato dall’art. 28 CE solo ove soddisfi i due requisiti ricordati supra, al punto 15.

    18     Con riguardo al primo requisito, l’art. 57 della GewO sembra applicarsi a tutti gli operatori interessati che svolgano la propria attività sul territorio austriaco, indipendentemente dalla loro nazionalità. In tal modo, il primo requisito di cui alla sentenza Keck e Mithouard, cit., è soddisfatto.

    19     Quanto al secondo requisito, è pacifico che il regime di divieto di vendita di gioielli a domicilio non opera distinzioni in ragione dell’origine dei prodotti de quibus.

    20     Si deve quindi verificare se il divieto generale di vendere nonché di raccogliere ordinazioni di gioielli in argento mediante vendita a domicilio non sia, di fatto, tale da pregiudicare lo smercio dei prodotti di cui trattasi provenienti da altri Stati membri più di quanto non pregiudichi quello dei prodotti nazionali.

    21     Una disposizione nazionale come quella di cui alla causa principale è, in linea di principio, atta a restringere il volume totale delle vendite dei prodotti in questione nello Stato membro de quo e, conseguentemente, può pregiudicare il volume delle vendite di tali prodotti provenienti da altri Stati membri. Tale rilievo, tuttavia, non è sufficiente per qualificare la detta disposizione come misura di effetto equivalente (v., in particolare, sentenza Keck e Mithouard, cit., punto 13, e 20 giugno 1996, cause riunite da C‑418/93 a C‑421/93, da C‑460/93 a C‑462/93, C‑464/93, da C‑9/94 a C‑11/94, C‑14/94 e C‑15/94, C‑23/94, C‑24/94, e C‑332/94, Semeraro Casa Uno e a., Racc. pag. I‑2975, punto 24).

    22     È pur vero che, come rilevato dalla Commissione delle Comunità europee, la vendita a domicilio di gioielli di scarso valore può apparire maggiormente adeguata ed efficace di una vendita nel contesto di una struttura commerciale fissa. Infatti, per gli operatori economici specializzati in gioielli di tale valore, la vendita nel contesto di una struttura commerciale fissa può dar luogo a costi proporzionalmente molto elevati.

    23     Tuttavia, il fatto che un metodo di commercializzazione si riveli più efficace e più economico non costituisce un elemento sufficiente per affermare che la disposizione nazionale che lo vieti ricada nel divieto previsto dall’art. 28 CE. Tale disposizione, infatti, costituisce una misura di effetto equivalente solo ove l’esclusione del metodo di commercializzazione di cui trattasi pregiudichi i prodotti provenienti da altri Stati membri più dei prodotti nazionali.

    24     A tal riguardo, è pacifico che il divieto oggetto della causa principale non riguarda tutte le forme di commercializzazione delle merci de quibus, bensì solamente alcune di esse senza escludere, pertanto, la possibilità di vendere le dette merci sul territorio nazionale mediante altri metodi.

    25     Tuttavia, gli elementi di cui la Corte dispone non consentono di determinare con certezza se il divieto di vendita a domicilio previsto dall’art. 57 della GewO pregiudichi più pesantemente la commercializzazione dei prodotti originari di Stati membri diversi dall’Austria rispetto a quella dei prodotti provenienti dallo Stato membro medesimo. Ciò premesso, spetta pertanto al giudice del rinvio verificare se tale requisito sia soddisfatto, in particolare, alla luce delle considerazioni svolte ai punti 20‑24 della presente sentenza.

    26     Qualora, in esito a tale esame, il detto giudice rilevasse che il divieto previsto dall’art. 57 della GewO pregiudichi i prodotti provenienti da altri Stati membri in misura maggiore rispetto ai prodotti nazionali sotto il profilo dell’accesso al mercato nazionale, spetterà al giudice medesimo accertare se tale divieto si giustifichi in virtù di un obiettivo di interesse generale ai sensi della giurisprudenza inaugurata dalla sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe‑Zentral, detta «Cassis de Dijon» (Racc. pag. 649), ovvero in forza di uno degli obiettivi elencati dall’art. 30 CE, e se risulti necessario e proporzionato ai fini della realizzazione del detto obiettivo.

    27     A tal riguardo, la tutela dei consumatori può costituire una giustificazione del divieto oggetto della causa principale, alla duplice condizione che il detto divieto sia idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e che non vada oltre quanto necessario per raggiungere l’obiettivo medesimo.

    28     La valutazione dovrà tener conto del livello di tutela di cui godono i consumatori in forza della direttiva 85/577 nel contesto della vendita e della raccolta di ordinazioni per i prodotti di cui trattasi.

    29     Nel contesto di tale controllo, si dovrà anche tener conto delle peculiarità connesse alla vendita a domicilio di gioielli in argento, in particolare del rischio potenzialmente più elevato di frode dei consumatori conseguente a carenza di informazione, all’impossibilità di comparare i prezzi o ad insufficienti garanzie con riguardo all’autenticità dei detti gioielli, nonché alla pressione psicologica all’acquisto, più rilevante quando la vendita è organizzata in un contesto privato.

    30     Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, le questioni sollevate devono essere risolte nel senso che, con riguardo alla libera circolazione delle merci, l’art. 28 CE non osta ad una disposizione nazionale in forza della quale uno Stato membro vieti, sul proprio territorio, la vendita nonché la raccolta di ordinazioni di gioielli in argento mediante vendita a domicilio, qualora tale disposizione trovi applicazione nei confronti di tutti gli operatori interessati, sempreché pregiudichi in pari misura, in diritto come in fatto, la commercializzazione dei prodotti nazionali e quella dei prodotti provenienti da altri Stati membri. Spetta al giudice del rinvio verificare se, alla luce delle circostanze di cui alla causa principale, l’applicazione della disposizione nazionale sia tale da impedire l’accesso al mercato dei prodotti provenienti da altri Stati membri o da ostacolare tale accesso in misura maggiore di quanto non ostacoli l’accesso al mercato dei prodotti nazionali e, in tal caso, verificare se il provvedimento in oggetto risulti giustificato in virtù di un obiettivo di interesse generale, inteso nel senso che la giurisprudenza della Corte attribuisce a tale nozione ovvero in forza di uno degli obiettivi elencati dall’art. 30 CE, e se tale provvedimento sia proporzionato al detto obiettivo.

     Sulle spese

    31     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

    L’art. 28 CE non osta ad una disposizione nazionale in forza della quale uno Stato membro vieti, sul proprio territorio, la vendita nonché la raccolta di ordinazioni di gioielli in argento mediante vendita a domicilio, qualora tale disposizione trovi applicazione nei confronti di tutti gli operatori interessati, sempreché pregiudichi in pari misura, in diritto come in fatto, la commercializzazione dei prodotti nazionali e quella dei prodotti provenienti da altri Stati membri. Spetta al giudice del rinvio verificare se, alla luce delle circostanze di cui alla causa principale, l’applicazione della disposizione nazionale sia tale da impedire l’accesso al mercato dei prodotti provenienti da altri Stati membri o da ostacolare tale accesso in misura maggiore di quanto non ostacoli l’accesso al mercato dei prodotti nazionali e, in tal caso, verificare se il provvedimento in oggetto risulti giustificato in virtù di un obiettivo di interesse generale, inteso nel senso che la giurisprudenza della Corte attribuisce a tale nozione ovvero in forza di uno degli obiettivi elencati dall’art. 30 CE, e se tale provvedimento sia proporzionato al detto obiettivo.

    Firme


    * Lingua processuale: il tedesco.

    Top