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Document 62004CJ0437

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 22 marzo 2007.
    Commissione delle Comunità europee contro Regno del Belgio.
    Inadempimento di uno Stato - Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità Europee - Immobili presi in locazione dalle Comunità - Regione di Bruxelles-Capitale - Imposta a carico dei proprietari.
    Causa C-437/04.

    Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-02513

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:178

    Causa C-437/04

    Commissione delle Comunità europee

    contro

    Regno del Belgio

    «Inadempimento di uno Stato — Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee — Immobili presi in locazione dalle Comunità — Regione di Bruxelles-Capitale — Imposta a carico dei proprietari»

    Massime della sentenza

    1.        Privilegi e immunità delle Comunità europee — Immunità fiscale delle Comunità — Imposte dirette — Nozione

    (Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, art. 3, primo comma; direttiva del Consiglio 77/799, art. 1, n. 2)

    2.        Privilegi e immunità delle Comunità europee — Immunità fiscale delle Comunità — Imposte dirette

    (Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, art. 3, primo comma)

    1.        Anche se il Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee non contiene una definizione dell’imposta diretta e a tal fine non esistono disposizioni adottate per l’applicazione del Protocollo, alcuni elementi interpretativi sono forniti, su detta nozione, dalla direttiva 77/799, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette. Detta direttiva, il cui ambito di applicazione prima della modifica della direttiva 79/1070 era unicamente destinato alle imposte dirette, ha definito, all’art. 1, n. 2, l’imposta sul reddito e sul patrimonio incorporando in tale nozione, qualunque sia il sistema di riscossione, le imposte sul patrimonio complessivo e sugli elementi del patrimonio.

    Di conseguenza, presenta le caratteristiche di un’imposta diretta ai fini dell’art. 3, primo comma, del detto Protocollo un’imposta regionale relativa ai titolari di diritti reali su immobili e che colpisce direttamente soggetti in funzione del loro patrimonio o dei loro diritti reali aventi valore patrimoniale, in quanto essa potrebbe considerarsi percepita su un elemento del patrimonio, ai sensi della direttiva 77/799. Inoltre, le caratteristiche della detta imposta devono essere stabilite tenendo conto di tutti i soggetti passivi, e cioè le persone fisiche e giuridiche a carico delle quali essa è istituita, e non in funzione delle conseguenze finanziarie che derivano eventualmente e indirettamente alle Comunità da tale imposta.

    (v. punti 44-46)

    2.        Se è pacifico che l’art. 3, primo comma, del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee esenta le Comunità dalle imposte dirette, esso, invece, non prevede una tale esenzione per le controparti contrattuali di queste ultime. Inoltre, tale disposizione non prevede nulla in merito alla ripercussione economica delle imposte dirette cui sono assoggettate le dette controparti. Pertanto, la traslazione di un’imposta regionale applicata all’interno di uno Stato membro non può essere contestata dalla Commissione e dal Consiglio sul fondamento dell’art. 3, primo comma, del Protocollo.

    Infatti, da una parte, qualora tale traslazione venga operata attraverso una clausola contrattuale che figura nel contratto di locazione, essa è necessariamente conforme alla volontà delle parti contraenti, dato che l’inclusione di una tale clausola rientra nella libertà contrattuale di queste ultime. D’altra parte, quando la traslazione della detta imposta è operata attraverso l’aumento del prezzo del canone, rientra anch’essa nella libertà contrattuale delle parti, poiché la definizione del contenuto del contratto, ivi compresa la determinazione di un elemento del contratto quale quello relativo all’importo del canone, esige anche il loro consenso. In quest’ultimo caso, inoltre, la stessa imposta messa a carico dei proprietari non sarebbe giocoforza traslata, automaticamente e integralmente, da questi ultimi ai locatari.

    (v. punti 50-51)







    SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

    22 marzo 2007 (*)

    «Inadempimento di uno Stato – Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee – Immobili presi in locazione dalle Comunità – Regione di Bruxelles-Capitale – Imposta a carico dei proprietari»

    Nella causa C‑437/04,

    avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 15 ottobre 2004,

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J.‑F. Pasquier, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    sostenuta da

    Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dal sig. G. Maganza e sig.ra A.‑M. Colaert, in qualità di agenti,

    interveniente,

    contro

    Regno del Belgio, rappresentato dalla sig.ra E. Dominkovits, in qualità di agente,

    convenuto,

    LA CORTE (Prima Sezione),

    composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. K. Lenaerts, E. Juhász (relatore), J.N. Cunha Rodrigues e M. Ilešič, giudici,

    avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl

    cancelliere: sig. R. Grass

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 giugno 2006,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1        Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che, avendo istituito un’imposta (in prosieguo: l’«imposta regionale») che viola l’immunità fiscale delle Comunità europee, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 3 del Protocollo 8 aprile 1965 sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, allegato inizialmente al Trattato che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee (GU 1967, n. 152, pag. 13) e in seguito, in forza del Trattato di Amsterdam, al Trattato CE (in prosieguo: il «Protocollo»).

     Contesto normativo

     La disciplina comunitaria

    2        In forza dell’art. 28, n. 1, del Trattato che istituisce un Consiglio unico e una Commissione unica delle Comunità europee e poi, in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, dell’art. 291 CE nonché dell’unico ‘considerando’ del Protocollo, la Comunità europea gode sul territorio degli Stati membri dei privilegi e delle immunità necessari all’assolvimento dei suoi compiti alle condizioni definite dal Protocollo.

    3        L’art. 3 del Protocollo prevede che:

    «Le Comunità, i loro averi, entrate ed altri beni sono esenti da qualsiasi imposta diretta.

    I governi degli Stati membri adottano, ogni qualvolta sia loro possibile, le opportune disposizioni per l’abbuono o il rimborso dell’importo dei diritti indiretti e delle tasse sulla vendita compresi nei prezzi dei beni immobili o mobili, quando le Comunità effettuino, per loro uso ufficiale, acquisti considerevoli il cui prezzo comprenda diritti e tasse di tale natura. Tuttavia l’applicazione di tali disposizioni non deve avere per effetto di falsare la concorrenza all’interno della Comunità.

    Nessuna esenzione è concessa per quanto riguarda le imposte, tasse e diritti che costituiscono mera rimunerazione di servizi di utilità generale».

    4        Ai sensi dell’art. 13 del Protocollo:

    «Alle condizioni e secondo la procedura stabilite dal Consiglio, che delibera su proposta della Commissione, i funzionari e gli altri agenti delle Comunità saranno soggetti, a profitto di queste ultime, ad una imposta sugli stipendi, salari ed emolumenti dalle stesse versati.

    Essi sono esenti da imposte nazionali sugli stipendi, salari ed emolumenti versati dalle Comunità».

    5        L’art. 19 del Protocollo così recita:

    «Ai fini dell’applicazione del presente Protocollo, le istituzioni delle Comunità agiranno d’intesa con le autorità responsabili degli Stati membri interessati».

     La disciplina nazionale

    6        L’art. 2 dell’ordinanza del 23 luglio 1992 sull’imposta regionale a carico di chi ha in godimento fabbricati e di titolari di diritti reali su determinati immobili della Regione di Bruxelles-Capitale (Moniteur belge del 1° agosto 1992, pag. 17334; in prosieguo: l’«ordinanza») dispone che:

    «A partire dal periodo d’imposta 1993 viene stabilita un’imposta annuale a carico di chi ha in godimento fabbricati ubicati nel territorio della Regione di Bruxelles-Capitale e di titolari di diritti reali su immobili non adibiti ad uso abitativo; essa è dovuta secondo la situazione esistente al 1° gennaio del periodo d’imposta».

    7        L’art. 3, n. 1, di tale ordinanza prevede quanto segue:

    «Sono tenuti al versamento dell’imposta [regionale]:

    a)       ogni capofamiglia che utilizzi, in tutto o in parte, un fabbricato ubicato nel territorio della Regione di Bruxelles-Capitale come residenza principale o secondaria.

    (…)

    b)       chiunque occupi, in tutto o in parte, un fabbricato ubicato nel territorio della Regione di Bruxelles-Capitale e che vi eserciti, per proprio conto, un’attività con o senza scopo di lucro, ivi comprese le libere professioni, nonché una qualsiasi persona giuridica o associazione priva di capacità giuridica che vi abbia la propria sede legale, amministrativa, operativa o sociale.

    (…)

    c)       il proprietario esclusivo o, in mancanza di proprietario esclusivo, l’enfiteuta, l’usufruttuario, o il titolare di un diritto d’uso su tutto o parte del fabbricato, ubicato nel territorio della Regione di Bruxelles-Capitale, non adibito all’uso di cui alla lett. a) di cui sopra».

    8        Ai sensi dell’art. 8, n. 1, primo comma, di tale ordinanza, l’imposta regionale a carico dei soggetti passivi di cui all’art. 3, n. 1, lett. c), di detta ordinanza ammonta, per ogni fabbricato, a 6,36 euro al metro quadro di superficie pavimentata oltre i primi 300 metri quadri, o i primi 2 500 metri quadri qualora si tratti di aree adibite ad attività industriali o artigianali, senza che essa possa superare un importo pari al 14% della rendita catastale indicizzata, afferente alle superfici di tutto o parte dell’immobile assoggettate a tale imposta.

     Procedimento precontenzioso

    9        La Comunità e la SA Vita (in prosieguo: «Vita»), nei cui diritti e obblighi è subentrata la SA Zurich, il 3 febbraio 1988 hanno stipulato un contratto di locazione relativo ad un immobile sito a Ixelles (comune che fa parte della Regione di Bruxelles-Capitale, Belgio). Tale contratto prevede che a partire dalla sua decorrenza tutte le imposte e tasse, di qualsivoglia natura, gravanti sull’immobile locato a favore di ogni autorità pubblica, nonché tutti gli altri oneri della stessa natura saranno a carico del locatario, salvo il caso in cui quest’ultimo a motivo del suo particolare status, quale è disciplinato, in particolare, dall’art. 3 del Protocollo, ottenga l’esenzione del locatore da parte delle autorità pubbliche competenti.

    10      Fondandosi sull’ordinanza, la Regione di Bruxelles-Capitale poneva a carico di Vita diversi importi corrispondenti all’imposta regionale dovuta per gli anni dal 1992 al 1997. La Comunità, rappresentata dalla Commissione, sollecitata da Vita a pagare detti importi così posti a suo carico, si rifiutava. Vita introduceva allora un procedimento dinanzi al giudice di pace del primo cantone di Ixelles il quale, con sentenza 26 maggio 1998, condannava la Comunità a pagare a Vita gli importi pari a BEF 20 000 277 e BEF 290 211. Essendo stato respinto il suo ricorso in appello dal Tribunale di primo grado di Bruxelles, la Comunità proponeva ricorso per cassazione avverso tale sentenza, ma la sua impugnazione veniva respinta con sentenza della Corte di cassazione il 1° marzo 2002.

    11      Nel corso di tale procedimento la Corte di cassazione non riteneva necessario sottoporre alla Corte la questione pregiudiziale suggerita dalla Comunità diretta a sapere se l’art. 28 del Trattato che istituisce un Consiglio unico e una Commissione unica delle Comunità europee e l’art. 3 del Protocollo, eventualmente in combinato disposto con l’art. 23 della Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 sulle relazioni diplomatiche (in prosieguo: la «Convenzione di Vienna»), dovessero essere interpretati nel senso che ostano alla promulgazione di una legge o di qualsiasi altra normativa interna che preveda un’imposta diretta che, all’apparenza, riguarda le persone che hanno concluso un contratto con una persona giuridica di diritto internazionale (fra cui la Comunità europea), ma che, in realtà, necessariamente si prefigga o abbia per effetto di porre a carico di persone giuridiche di diritto internazionale (fra cui la Comunità europea) o di traslare su persone giuridiche di diritto internazionale (fra cui la Comunità europea) l’onere effettivo di detta imposta.

    12      Con lettera di diffida 2 aprile 2003 la Commissione avviava il procedimento di cui all’art. 226 CE ed invitava il Regno del Belgio a trasmetterle le sue osservazioni sull’inadempimento agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 3 de Protocollo.

    13      Nella loro risposta 3 giugno 2003 le autorità belghe ritenevano che l’imposta regionale non riguardasse né direttamente né indirettamente le istituzioni internazionali, ma qualsiasi proprietario di un fabbricato non adibito ad uso abitativo la cui superficie superasse una determinata soglia e che, pertanto, la Regione di Bruxelles-Capitale non violasse in alcun modo il principio di esecuzione in buona fede dei Trattati.

    14      Con parere motivato 16 dicembre 2003 la Commissione invitava il Regno del Belgio a conformarsi al detto parere entro un termine di due mesi a decorrere dalla sua ricezione. Con lettera 30 luglio 2004 le autorità belghe rispondevano che il Regno del Belgio manteneva la sua posizione.

    15      Pertanto, la Commissione decideva di proporre il presente ricorso.

    16      Con ordinanza del presidente della Corte 6 aprile 2005, il Consiglio è stato autorizzato ad intervenire a sostegno della Commissione.

     Sul ricorso

     Argomenti delle parti

    17      La Commissione e il Consiglio sostengono che la normativa in questione viola l’immunità fiscale di cui godono le Comunità. Detta immunità fiscale, consacrata dall’art. 28 del Trattato che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee e disciplinata dall’art. 3 del Protocollo, osterebbe agli effetti dell’ordinanza controversa.

    18      La Commissione e il Consiglio sottolineano che tale ordinanza consente di aggirare l’immunità fiscale di cui beneficiano le Comunità mettendo a loro carico indirettamente, in quanto locatari, un’imposta che detta immunità fiscale vieta di far pagare direttamente. La volontà del legislatore regionale risulterebbe sia dall’art. 3, n. 1, dell’ordinanza che definisce i soggetti passivi dell’imposta regionale sia dai lavori preparatori.

    19      Infatti, mentre la disciplina precedente avrebbe riguardato solo gli utilizzatori, l’ordinanza avrebbe aggiunto un’imposta i cui soggetti passivi sarebbero i proprietari di immobili adibiti ad attività professionali che superano una determinata superficie. Questa resterebbe tuttavia un’imposta che colpisce il godimento dell’immobile, dato che il pagamento finale da parte dell’utilizzatore sarebbe garantito dal fatto che il proprietario soggetto passivo traslerebbe tale imposta sul suo locatario.

    20      La Commissione considera rilevante che le esenzioni di cui può beneficiare il proprietario di un tale immobile attengano alle caratteristiche dell’utilizzatore. Pertanto, dal momento che è esonerato l’utilizzatore, lo sarebbe anche il proprietario. Dal fatto che le esenzioni sono determinate unicamente in funzione delle caratteristiche dell’utilizzatore, il Consiglio deduce anche che la disciplina mira, in realtà, a tassare gli utilizzatori di immobili.

    21      A tal riguardo, la Commissione fa riferimento alla relazione del Ministro delle Finanze, del Bilancio e della Funzione pubblica della Regione di Bruxelles-Capitale, il quale ha spiegato che anche il settore pubblico, ivi compreso quello di natura internazionale, contribuirebbe alla nuova imposta regionale, cosa che non era possibile in precedenza. L’obiettivo perseguito con l’introduzione di tale imposta sarebbe stato dunque il miglioramento del gettito fiscale, in particolare attraverso la tassazione di immobili per i quali nessuna imposizione sarebbe stata riscossa in quanto occupati da soggetti o istituzioni esenti da imposta.

    22      Inoltre, il Consiglio afferma che, contrariamente ai locatari privati, le Comunità non beneficiano della deduzione fiscale del canone e delle eventuali spese, di modo che tali spese rappresentano per le Comunità un onere relativamente alto. Parallelamente, la locazione di immobili alle Comunità sarebbe da un punto di vista fiscale particolarmente vantaggiosa per il Regno del Belgio, dato che quest’ultimo percepirebbe imposte sui canoni riscossi dal locatore, senza dover accordare deduzioni fiscali al locatario.

    23      Per quanto riguarda l’art. 23 della Convenzione di Vienna, il Consiglio rileva che esso consacra solo la versione restrittiva del principio di immunità fiscale e che il testo dell’art. 3 del Protocollo se ne discosta. Inoltre, l’immunità fiscale delle Comunità, nel contesto di un’organizzazione internazionale a carattere istituzionale, giustificherebbe, o addirittura richiederebbe, un’applicazione ampia di tale principio. Il Consiglio ricorda che i privilegi e le immunità delle Comunità hanno un carattere funzionale e mirano ad evitare che un ostacolo sia frapposto al loro funzionamento e alla loro indipendenza. Secondo il Consiglio, qualsiasi misura che colpisca le risorse di bilancio disponibili per l’esecuzione della sua missione dovrebbe essere considerata una misura che ostacola il funzionamento delle Comunità.

    24      Secondo la Commissione e il Consiglio, per quanto riguarda l’imposta regionale, lo stesso risultato potrebbe essere ottenuto tassando l’utilizzatore o il proprietario. Il legislatore regionale, quando ha scelto il suo soggetto passivo, avrebbe dovuto farlo in conformità all’obbligo di leale cooperazione con le Comunità, le cui risorse non devono servire a riassettare le entrate dello Stato membro ospite. Infatti, bisognerebbe evitare che lo Stato membro in cui hanno sede le Comunità tragga vantaggi ingiustificati rispetto agli altri Stati membri. Ad ogni modo, il caso degli immobili adibiti ad uso delle Comunità avrebbe dovuto essere aggiunto agli altri casi di esenzione dei proprietari previsti dall’ordinanza controversa.

    25      Il governo belga sottolinea che essendo le Comunità, in forza del Protocollo, esentate dall’imposta regionale sia quali utilizzatori sia quali proprietari o locatari, sono escluse dall’ambito di applicazione dell’ordinanza. Pertanto, non può trattarsi di un problema di imponibilità fiscale delle Comunità.

    26      Il governo belga ritiene che tale imposta non contravvenga per nulla al principio di esecuzione in buona fede dei trattati, nella misura in cui essa non viola l’immunità fiscale delle Comunità. Infatti, l’obbligo eventuale di pagamento in questione non avrebbe natura fiscale, ma risulterebbe da un contratto stipulato con il proprietario assoggettato all’imposta. Esso ricorda anche che la Corte di cassazione ha dichiarato che tale traslazione si fonda su un contratto di diritto privato e che sarebbe eccessivo se un’organizzazione internazionale potesse chiedere l’esenzione di una parte del canone risultante da un generale aumento delle imposte.

    27      Il governo belga ricorda che, ai sensi dell’art. 23, n. 2, della Convenzione di Vienna, l’esenzione fiscale non si applica se lo Stato accreditante è locatario e se l’imposta è a carico del locatore. L’immunità prevista dal Protocollo, ispirata a tale convenzione, che dev’essere interpretata alla luce del diritto internazionale generale, non può essere invocata contro il trasferimento dell’onere effettuato sulla base di una clausola contrattuale.

    28      Il governo belga aggiunge che l’esenzione fiscale di cui beneficiano le organizzazioni internazionali non mira ad alleggerire il costo dei loro canoni, ma indica semplicemente ch’esse non sono imponibili in quanto soggetti di diritto internazionale pubblico. Esso sottolinea che la Regione in questione non trae alcun vantaggio fiscale per la presenza delle organizzazioni internazionali, dato che non rileva se l’immobile è preso in locazione da un’istituzione comunitaria, da un privato o se non è dato affatto in locazione, l’imposta regionale è dovuta dal proprietario e da lui soltanto. Orbene, sarebbe l’immunità fiscale in materia a far venir meno la parità di trattamento tra i proprietari, poiché quelli che danno in locazione i loro beni immobili alle Comunità sarebbero avvantaggiati rispetto agli altri proprietari.

    29      Relativamente alla giurisprudenza richiamata dalla Commissione, il governo belga osserva che la Corte non si è mai pronunciata sulla presunta immunità fiscale delle Comunità nel caso in cui un’imposta venga posta a carico del proprietario di un bene il cui locatario è un’istituzione delle Comunità e in cui detto onere sia traslato sul prezzo della locazione. Tuttavia, in via generale, la giurisprudenza confermerebbe che i privilegi e le immunità riconosciuti alle Comunità dal Protocollo rivestirebbero carattere prettamente funzionale, in quanto diretti ad evitare che un ostacolo sia frapposto al funzionamento e all’indipendenza delle Comunità. La Commissione non avrebbe peraltro dimostrato in quale misura l’imposta regionale potrebbe costituire un ostacolo al funzionamento e all’indipendenza delle Comunità e il pagamento di un supplemento del canone da parte delle istituzioni europee non potrebbe in alcun modo essere considerato una misura che lede le risorse finanziarie disponibili per l’esecuzione delle loro missioni.

    30      Per quanto riguarda la giurisprudenza relativa all’art. 13 del Protocollo, il governo belga osserva che la Commissione sostiene che essa è applicabile all’art. 3 del medesimo Protocollo senza tuttavia precisare il nesso tra le due disposizioni o le differenze tra le loro finalità e il loro rispettivo ambito di applicazione materiale e personale. Invece, la Corte avrebbe esplicitamente distinto tra la giurisprudenza relativa all’art. 13 e quella relativa all’art. 3 del Protocollo.

    31      Per di più, secondo il governo belga, nel tentativo di sottrarsi all’imposta regionale, la Commissione ignorerebbe anche il principio di leale cooperazione di cui all’art. 10 CE, che comporterebbe non soltanto un obbligo per gli Stati membri di adottare tutte le misure atte a garantire la portata e l’efficacia del diritto comunitario, ma imporrebbe anche alle istituzioni comunitarie doveri reciproci di leale cooperazione con gli Stati membri.

     Giudizio della Corte

    32      Occorre precisare, in via preliminare, il contesto della presente controversia.

    33      Per quanto riguarda l’art. 23 della Convenzione di Vienna, cui fanno riferimento le parti, occorre ricordare che detta Convenzione è un accordo di diritto internazionale concluso tra gli Stati membri e Stati terzi nell’esercizio delle loro competenze in materia di relazioni diplomatiche. Essa concerne, in via di principio, le relazioni bilaterali tra gli Stati e non le relazioni tra la Comunità, che peraltro non è parte alla Convenzione, e lo Stato in cui ha sede un’istituzione delle Comunità, nella specie il Regno del Belgio.

    34      In ogni caso, come ha sottolineato l’avvocato generale ai paragrafi 35-37 delle sue conclusioni, anche se la Comunità deve esercitare le sue competenze nel rispetto del diritto internazionale (sentenza 24 novembre 1992, causa C‑286/90, Poulsen e Diva Navigation, Racc. pag. I‑6019, punto 9), la Convenzione di Vienna non assume un’importanza determinante nella presente controversia.

    35      La portata dell’immunità fiscale delle Comunità, che rientra nell’ambito del diritto comunitario, è anzitutto determinata dall’art. 3 del Protocollo, concepito in modo specifico riguardo alle caratteristiche delle Comunità.

    36      Occorre constatare che l’art. 3 del Protocollo prevede due regimi di immunità, a seconda che si tratti di imposte dirette o indirette. L’art. 3, primo comma, del Protocollo è dedicato all’immunità delle Comunità per quanto riguarda le imposte dirette, mentre il secondo comma di tale articolo è relativo alle tasse e diritti indiretti.

    37      Per quanto concerne il regime relativo alle imposte indirette, l’immunità è incondizionata e generale, dato che le Comunità nonché i loro averi, entrate ed altri beni sono esenti da qualsiasi imposta diretta a livello nazionale. Per quanto riguarda il regime relativo alle tasse e diritti indiretti, l’immunità non è illimitata; al contrario essa è circoscritta e soggetta a delle condizioni (v., in tal senso, sentenza 26 ottobre 2006, causa C‑199/05, Comunità europea, Racc. pag. I‑10485, punto 31).

    38      Dato che tale diversità di regime è essenziale per valutare un’immunità, è indispensabile sapere in quale di questi due regimi rientra una controversia che verte su una pretesa esenzione fiscale.

    39      Inoltre, nell’ambito di un procedimento per inadempimento, spetta alla Commissione indicare, già durante la fase precontenziosa, la precisa disposizione che comporta un obbligo di cui si contesta il mancato rispetto da parte dello Stato membro. Tale obbligo della Commissione deriva, in particolare, da due esigenze, e cioè la tutela dei diritti della difesa dello Stato membro coinvolto in un tale procedimento nonché la necessità di una delimitazione chiara dell’oggetto della controversia.

    40      Infatti, il procedimento precontenzioso ha lo scopo, in particolare, di offrire allo Stato membro interessato l’opportunità di far valere utilmente i suoi motivi di difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione (sentenze 15 gennaio 2002, causa C‑439/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑305, punto 10, e 24 giugno 2004, causa C‑350/02, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑6213, punto 18) e di garantire che l’eventuale procedimento contenzioso verta su una controversia chiaramente definita (sentenze 20 giugno 2002, causa C‑287/00, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑5811, punto 17, e Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 19).

    41      Per quanto riguarda l’oggetto della presente controversia, si deve rilevare che la Commissione, nel rinviare all’art. 3 del Protocollo nel suo parere motivato, nonché nel suo ricorso introduttivo, non specifica su quale dei tre commi di detto articolo essa fonda il suo ricorso. Tuttavia, benché la Commissione non precisi espressamente la disposizione che comporta l’obbligo che il Regno del Belgio non avrebbe rispettato, il parere motivato ed il ricorso contengono elementi che consentono di dedurre chiaramente il fondamento delle sue conclusioni.

    42      In primo luogo, occorre osservare che l’art. 3, terzo comma, del Protocollo non può manifestamente fungere da base ai fini di una qualunque immunità fiscale. In secondo luogo, occorre constatare che la Commissione non deduce né nel suo parere motivato né nel suo ricorso specifici argomenti a sostegno dell’inadempimento del Regno del Belgio agli obblighi derivanti dall’art. 3, secondo comma, di detto Protocollo. Per contro, durante il procedimento dinanzi alla Corte di cassazione, come emerge dal punto 11 della presente sentenza, la Commissione aveva suggerito di rivolgersi alla Corte di giustizia in merito al problema di sapere se l’immunità fiscale delle Comunità osti all’istituzione di un’imposta diretta, quale l’imposta regionale.

    43      In conseguenza del fatto che la Commissione riprende e cita nel suo parere motivato e nel suo ricorso la richiesta che essa aveva rivolto alla Corte di cassazione, nella quale qualifica chiaramente l’imposta regionale come «imposta diretta», risulta che l’addebito mosso dalla Commissione rientra nel contesto del regime di immunità sulle imposte dirette.

    44      Peraltro, anche se il Protocollo non contiene una definizione dell’imposta diretta e a tal fine non esistono disposizioni adottate per l’applicazione del Protocollo, alcuni elementi interpretativi sono forniti, su detta nozione, dalla direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15). Detta direttiva, il cui ambito di applicazione prima della modifica della direttiva del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/1070/CEE (GU L 331, pag. 8), era unicamente destinato alle imposte dirette, ha definito all’art. 1, n. 2, l’imposta sul reddito e sul patrimonio incorporando in tale nozione, qualunque sia il sistema di riscossione, le imposte sul patrimonio complessivo e sugli elementi del patrimonio. Per quanto riguarda l’imposta che, secondo la Commissione e il Consiglio, sarebbe posta a carico delle Comunità, è pacifico che essa si basa sull’art. 3, n. 1, lett. c), dell’ordinanza e che è relativa ai titolari di diritti reali su immobili. Poiché tale imposta colpisce direttamente soggetti in funzione del loro patrimonio o dei loro diritti reali aventi valore patrimoniale, essa potrebbe considerarsi percepita su un elemento del patrimonio, ai sensi della direttiva 77/799.

    45      In merito all’art. 3, n. 1, lett. c), dell’ordinanza, occorre altresì ricordare che le caratteristiche dell’imposta regionale devono essere stabilite tenendo conto di tutti i soggetti passivi, e cioè le persone fisiche e giuridiche a carico delle quali essa è istituita, e non in funzione delle conseguenze finanziarie che derivano eventualmente e indirettamente da tale imposta alle Comunità.

    46      Di conseguenza, l’imposta regionale in questione presenta le caratteristiche di un’imposta diretta e occorre valutare il ricorso della Commissione nel contesto dell’art. 3, primo comma, del Protocollo.

    47      È pacifico che le Comunità sono, in forza dell’art. 3, primo comma, di tale Protocollo, esentate dall’imposta istituita con l’ordinanza sia quali utilizzatori sia quali proprietari o locatori dell’immobile. Nell’ambito di applicazione di tale ordinanza esse non possono dunque essere considerate, in base al diritto fiscale, soggetti passivi.

    48      La Commissione e il Consiglio fanno tuttavia valere che la disciplina controversa, pur senza assoggettare espressamente le Comunità a tale imposta, ha per effetto e per scopo di far gravare anche indirettamente ma ciononostante necessariamente la detta imposta sulle Comunità, ed è quindi in contrasto con il principio dell’immunità fiscale. Ignorando detta immunità, l’autore dell’ordinanza farebbe partecipare le Comunità alla contribuzione fiscale per mezzo di clausole contrattuali che riversano in maniera generale e sistematica sulle Comunità l’onere delle imposte gravanti sui proprietari di immobili quando tali immobili sono dati in locazione a queste ultime ovvero attraverso la semplice traslazione dell’imposta sul prezzo del canone.

    49      Tale argomento non può essere accolto.

    50      Se è pacifico che l’art. 3, primo comma, del Protocollo esenta le Comunità dalle imposte dirette, esso, invece, non prevede una tale esenzione per le controparti contrattuali di queste ultime. Inoltre, tale disposizione non prevede nulla in merito alla ripercussione economica delle imposte dirette cui sono assoggettate le dette controparti. Pertanto, la traslazione dell’imposta regionale non può essere contestata dalla Commissione e dal Consiglio sul fondamento dell’art. 3, primo comma, del Protocollo.

    51      Infatti, da una parte, qualora tale traslazione venga operata attraverso una clausola contrattuale che figura nel contratto di locazione, essa è necessariamente conforme alla volontà delle parti contraenti, dato che l’inclusione di una tale clausola rientra nella libertà contrattuale di queste ultime. D’altra parte, quando la traslazione dell’imposta regionale è operata attraverso l’aumento del prezzo del canone, rientra anch’essa nella libertà contrattuale delle parti, poiché la definizione del contenuto del contratto, ivi compresa la determinazione di un elemento del contratto quale quello relativo all’importo del canone, esige il loro consenso. In quest’ultimo caso, inoltre, l’imposta regionale posta a carico dei proprietari non sarebbe giocoforza traslata, automaticamente e integralmente, da questi ultimi ai locatari.

    52      È vero che può esistere una situazione sul mercato della locazione immobiliare che inciti o costringa la Comunità ad accettare una tale clausola o a pagare un canone che neutralizzi o diminuisca per la sua controparte l’onere di un’imposta diretta.

    53      Tuttavia, una qualsiasi situazione di mercato non può generare un’immunità fiscale, dato che questa deve derivare da un atto di diritto internazionale, comunitario o nazionale.

    54      Inoltre, avallare l’argomento della Commissione e del Consiglio, potrebbe avere quale risultato di cancellare la delimitazione tra le situazioni che rientrano nell’immunità fiscale e quelle che non vi rientrano, aprendo la strada a richieste di esenzione fiscale per qualsiasi tipo di imposta diretta ivi compresa l’imposta sul reddito e l’imposta sulle società.

    55      Detta interpretazione dell’art. 3, primo comma, del Protocollo, secondo la quale tale disposizione non può servire da fondamento a un’esenzione dall’imposta regionale, non può essere inficiata, contrariamente a quanto sostengono la Commissione e il Consiglio, né dalla finalità dell’immunità fiscale delle Comunità né dalle circostanze relative all’istituzione di tale imposta.

    56      Per quanto riguarda la finalità di tale immunità, occorre ricordare che essa deriva dalla necessità di garantire l’indipendenza delle Comunità nei confronti degli Stati membri ed il loro corretto funzionamento (sentenza 28 marzo 1996, causa C‑191/94, AGF Belgium, Racc. pag. I‑1859, punto 19). Tuttavia, anche qualora l’esenzione delle controparti dall’imposta regionale costituisse un vantaggio finanziario a favore delle Comunità, occorre constatare che la Commissione non ha fornito alcun elemento decisivo atto a dimostrare che la traslazione di tale imposta su di essa sia idonea a minare l’indipendenza delle Comunità o ad ostacolare il suo buon funzionamento (sentenza Comunità europea, cit., punto 43). Inoltre, un’interpretazione alla luce della finalità di una disposizione non può avere quale risultato di privare di ogni effetto utile la formulazione chiara e precisa di tale disposizione (v., in tal senso, sentenza Comunità europea, cit., punto 42, e, per quanto riguarda i privilegi e le immunità della Banca centrale europea, sentenza 8 dicembre 2005, causa C‑220/03, BCE/Germania, Racc. pag. I‑10595, punto 31).

    57      Per quanto riguarda le circostanze relative all’istituzione dell’imposta regionale, si deve ammettere che l’obiettivo perseguito dal legislatore regionale è stato senza dubbio quello del miglioramento delle entrate fiscali. A tale proposito si deve rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, se è vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario (sentenze 26 ottobre 2006, causa C‑345/05, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑0000, punto 10, e 14 novembre 2006, causa C‑513/04, Kerckhaert e Morres, Racc. pag. I‑0000, punto 15). Orbene, a condizione che non vi sia una violazione di quest’ultimo, tale competenza consente agli Stati membri, in via di principio, d’introdurre nuove imposte, istituire nuove categorie di contribuenti e di esenzioni rispetto a quelle contemplate in una precedente disciplina analoga, ovvero di aumentare l’aliquota d’imposizione.

    58      Tale conclusione non è inficiata dal fatto che, durante la discussione che ha accompagnato l’adozione dell’ordinanza in questione, il ministro competente della Regione di Bruxelles-Capitale abbia menzionato la probabilità che le modifiche che tale ordinanza apporterebbe alla legislazione anteriore condurrebbero ad una situazione nella quale determinati proprietari di immobili sarebbero in grado di traslare detta imposta sul prezzo pagato, in particolare, dalle Comunità in quanto locatarie. Infatti, non si può rimproverare ad uno Stato membro di aumentare le proprie entrate fiscali includendo nell’ambito di applicazione di un’imposta soggetti che possono agire quali controparti delle Comunità per il solo motivo che questi, in alcune situazioni di mercato, potrebbero essere in grado di traslare una parte o la totalità di tale imposta sul prezzo di beni o servizi forniti alle Comunità.

    59      Occorre aggiungere che l’imposta regionale si applica, in base all’art. 3, n. 1, lett. c), dell’ordinanza, ai proprietari di immobili che superano una determinata superficie e che tale tipo di imposizione diretta introdotta dal legislatore regionale è diffusa negli Stati membri.

    60      Infine, occorre respingere gli argomenti della Commissione e del Consiglio desunti, da una parte, dalla giurisprudenza della Corte sull’art. 13 del Protocollo, che tutelerebbe l’esenzione fiscale contro i tentativi degli Stati membri di osteggiare tale principio in maniera diretta o indiretta (sentenze 24 febbraio 1988, causa 260/86, Commissione/Belgio, Racc. pag. 955, e 14 ottobre 1999, causa C‑229/98, Vander Zwalmen e Massart, Racc. pag. I‑7113), e, dall’altra, dal fatto che le Comunità sopporterebbero un onere finanziario molto più elevato rispetto a quello dei locatari privati che beneficiano di una deduzione fiscale del canone e delle spese.

    61      Infatti, come rileva il governo belga, detta giurisprudenza verte sull’interpretazione delle norme del Protocollo che esentano i dipendenti e gli altri agenti delle Comunità dalle imposte nazionali sui loro stipendi, salari ed emolumenti. Tale esenzione riguarda specificamente i dipendenti delle Comunità ed è limitata ai tributi nazionali che possono colpire i proventi dell’esercizio delle loro funzioni, i quali sono soggetti all’imposta comunitaria. Nel presente procedimento, invece, non esiste un’imposizione a livello comunitario e inoltre sono in questione soltanto le norme del Protocollo che esentano le stesse Comunità da ogni imposta diretta (v., in tal senso, sentenza AGF Belgium, cit., punto 14).

    62      Per quanto riguarda la deducibilità del canone e delle spese afferenti alla locazione di un immobile dalla base imponibile, in capo ai soggetti passivi dell’imposta sulle società, si deve constatare che tale argomento non può aver alcun effetto sull’esito del presente ricorso, dato che le istituzioni comunitarie non perseguono fini di lucro ed hanno una natura totalmente diversa da quella delle imprese assoggettate all’imposta sulle società.

    63      Alla luce di tali considerazioni, occorre constatare che l’introduzione dell’imposta regionale non contrasta né con la formulazione né con gli obiettivi dell’art. 3, primo comma, del Protocollo.

    64      Il ricorso della Commissione deve pertanto essere respinto.

     Sulle spese

    65      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Regno del Belgio ha chiesto la condanna della Commissione, quest’ultima, che è risultata soccombente, dev’essere condannata alle spese. In forza dell’art. 69, n. 4, primo comma, del regolamento medesimo, l’istituzione che è intervenuta nella causa sopporta le proprie spese. Il Consiglio, interveniente, sopporterà quindi le proprie spese.

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

    1)      Il ricorso è respinto.

    2)      La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese.

    3)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese.

    Firme


    * Lingua processuale: il francese.

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