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Document 62004CJ0309

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 1º dicembre 2005.
Fleisch-Winter GmbH & Co. KG contro Hauptzollamt Hamburg-Jonas.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesfinanzhof - Germania.
Restituzioni all'esportazione - Condizione di concessione - Carne bovina - Regolamento (CEE) n. 3665/87 - Encefalopatia spongiforme bovina - Divieto di esportazione - Qualità sana, leale e mercantile - Dichiarazione di esportazione - Domanda nazionale di pagamento - Sanzione.
Causa C-309/04.

Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-10349

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:732

Causa C-309/04

Fleisch-Winter GmbH & Co. KG

contro

Hauptzollamt Hamburg-Jonas

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)

«Restituzioni all’esportazione — Presupposto per la concessione — Carne bovina — Regolamento (CEE) n. 3665/87 — Encefalopatia spongiforme bovina — Divieto di esportazione — Qualità sana, leale e mercantile — Dichiarazione di esportazione — Domanda nazionale di pagamento — Sanzione»

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 1° dicembre 2005 

Massime della sentenza

1.     Agricoltura — Organizzazione comune dei mercati — Restituzioni all'esportazione — Presupposti per la concessione — Prodotti di qualità sana, leale e mercantile — Nozione — Carne che non può essere smerciata in condizioni normali — Esclusione — Carne assoggettata ad un divieto di esportazione a partire da un certo Stato membro — Amministrazione nazionale che dispone di indizi relativi alla provenienza del prodotto a partire da tale Stato — Obblighi dell'esportatore in materia di prova

(Regolamento della Commissione n. 3665/87, art. 13)

2.     Agricoltura — Organizzazione comune dei mercati — Restituzioni all'esportazione — Informazioni rilasciate conformemente alle disposizioni relative al calcolo della restituzione richiesta e al documento utilizzato per beneficiare di una restituzione — Assicurazione della qualità sana, leale e mercantile dei prodotti nella domanda di pagamento — Esclusione — Incidenza di una tale assicurazione dinanzi al giudice nazionale

(Regolamento della Commissione n. 3665/87, artt. 3, 11, n. 1, secondo comma, e 13, prima frase)

1.     L'art. 13 del regolamento n. 3665/87, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli, come modificato dal regolamento n. 2945/94, va interpretato nel senso che osta a che una carne bovina oggetto di un divieto di esportazione previsto dal diritto comunitario a partire da un certo Stato membro verso gli altri Stati membri e gli Stati terzi possa essere considerata di «qualità sana, leale e mercantile», e che esige, ai fini della concessione delle restituzioni, che l'esportatore dimostri che il prodotto esportato non provenga da uno Stato membro a partire dal quale sono vietate le esportazioni, qualora l'amministrazione nazionale disponga di indizi secondo i quali il prodotto è soggetto a un divieto di esportazione.

Infatti, da un lato, una tale carne, non potendo essere smerciata in condizioni normali, non soddisfa questi requisiti di qualità. D'altra parte, in quanto l'esportatore, nel presentare una domanda di restituzione, assicura sempre in modo esplicito o implicito che le condizioni di concessione della restituzione siano soddisfatte, compresa l'esistenza di una «qualità sana, leale e mercantile», spetta ad esso dimostrare, secondo le regole di diritto nazionale in materia probatoria, che tale condizione è senz'altro soddisfatta qualora la dichiarazione venisse posta in dubbio dalle autorità nazionali.

(v. punti 20, 25, 32, 35, 37-38, dispositivo 1)

2.     L'assicurazione fornita in una domanda nazionale di pagamento, di cui all'art. 47 del regolamento n. 3665/87, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli, come modificato dal regolamento n. 2945/1994, che un prodotto è di «qualità sana, leale e mercantile», ai sensi dell'art. 13, prima frase, del detto regolamento non rientra tra le informazioni rilasciate conformemente al combinato disposto di cui agli artt. 11, n. 1, secondo comma, e 3 di detto regolamento, che trattano rispettivamente del calcolo della restituzione richiesta e del documento utilizzato per beneficiare di una restituzione. Tuttavia, essa può essere considerata dal giudice nazionale un elemento di prova ai fini della valutazione della situazione dell'esportatore.

Infatti, innanzi tutto, la domanda di restituzione, ai sensi dell'art. 11, n. 1, del regolamento n. 3665/87, non è introdotta attraverso la presentazione della domanda di pagamento di cui all'art. 47 del detto regolamento, poiché questa domanda non costituisce il fondamento giuridico del diritto relativo ad un tale pagamento. Inoltre, sono i documenti di cui all'art. 3, n. 5, di questo stesso regolamento, ossia la dichiarazione di esportazione o qualsiasi altro diocumento utilizzato nel corso dell'esportazione, che possono, da un lato, costituire fondamento normativo di una restituzione, e, dall'altro, fare scattare il sistema di verifica della domanda di restituzione che può comportare l'applicazione di una sanzione, conformemente all'art. 11, n. 1, sopra menzionato.

(v. punti 40-41, 43, dispositivo 2)




SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

1° dicembre 2005 (*)

«Restituzioni all’esportazione – Presupposto per la concessione – Carne bovina – Regolamento (CEE) n. 3665/87 – Encefalopatia spongiforme bovina – Divieto di esportazione – Qualità sana, leale e mercantile – Dichiarazione di esportazione – Domanda nazionale di pagamento – Sanzione»

Nel procedimento C‑309/04,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania), con decisione 20 aprile 2004, pervenuta in cancelleria il 21 luglio 2004, nella causa

Fleisch-Winter GmbH & Co. KG

contro

Hauptzollamt Hamburg-Jonas,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues, E. Juhász (relatore) e E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig. P. Léger

cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 luglio 2005,

considerate le osservazioni presentate:

–       per la Fleisch-Winter GmbH & Co. KG, dagli avv.ti U. Schrömbges e J. Vagt, Rechtsanwälte;

–       per lo Hauptzollamt Hamburg-Jonas, dalla sig.ra G. Seber, in qualità di agente;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. T. van Rijn e F. Erlbacher, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 3, 11 e 13 del regolamento (CEE) della Commissione 27 novembre 1987, n. 3665, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli (GU L 351, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 2 dicembre 1994, n. 2945 (GU L 310, pag. 57; in prosieguo: il «regolamento n. 3665/87»).

2       Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Fleisch‑Winter GmbH & Co. KG (in prosieguo. la «Fleisch-Winter») e lo Hauptzollamt Hamburg‑Jonas (autorità doganale tedesca; in prosieguo: lo «Hauptzollamt») in merito alla domanda di rimborso di un anticipo sulla restituzione all’esportazione abbinata ad una sanzione pecuniaria, nonché al rifiuto di una restituzione richiesta.

 Il quadro giuridico comunitario

3       Il regolamento n. 3665/87, al nono e al sedicesimo ‘considerando’, prevede:

«È d’uopo che i prodotti siano di qualità tale da poter essere commercializzati in condizioni normali;

(…)

(…) per facilitare agli esportatori il finanziamento delle esportazioni, si devono autorizzare gli Stati membri ad anticipare, a partire dal momento dell’accettazione della dichiarazione di esportazione, la totalità o una parte della restituzione, sempreché venga costituita una cauzione a garanzia del rimborso dell’anticipo nell’eventualità che si constati in seguito che la restituzione non doveva essere pagata».

4       L’art. 3 di questo stesso regolamento dispone:

«1.      Per giorno dell’esportazione si intende il giorno in cui il servizio doganale accetta la dichiarazione d’esportazione nella quale è indicato che verrà richiesta una restituzione.

2      La data di accettazione della dichiarazione d’esportazione determina:

a)      il tasso della restituzione applicabile se la restituzione non è stata fissata in anticipo;

b)      gli adeguamenti del tasso della restituzione eventualmente necessari se la restituzione è stata fissata in anticipo.

3.      È assimilato all’accettazione della dichiarazione d’esportazione qualsiasi altro atto avente effetti giuridici equivalenti a tale accettazione.

4.      Il giorno di esportazione è determinante per stabilire la quantità, la natura e le caratteristiche del prodotto esportato.

5.      Il documento utilizzato all’atto dell’esportazione per beneficiare di una restituzione deve recare tutti i dati necessari per il calcolo dell’importo della restituzione, in particolare:

a)      la designazione dei prodotti secondo la nomenclatura utilizzata per le restituzioni;

b)      la massa netta dei prodotti o eventualmente la quantità espressa nell’unità di misura da prendere in considerazione per calcolare la restituzione;

c)      qualora risulti necessario per il calcolo della restituzione, la composizione dei prodotti in causa o un riferimento a tale composizione.

Qualora il documento contemplato nel presente paragrafo sia la dichiarazione d’esportazione, quest’ultima deve recare anche le indicazioni suddette nonché la dicitura «Codice restituzione».

6.      Al momento dell’accettazione o dell’intervento dell’atto i prodotti sono sottoposti a controllo doganale fino a quando lasciano il territorio doganale della Comunità».

5       L’art. 11, n. 1, del regolamento n. 3665/87 prevede sanzioni nel caso in cui l’esportatore abbia chiesto una restituzione superiore a quella spettante. Il secondo comma di questo numero dispone che si considera restituzione richiesta l’importo calcolato in funzione delle informazioni fornite a norma dell’art. 3 o dell’art. 25, n. 2, di questo stesso regolamento.

6       A tenore dell’art. 13 del regolamento n. 3665/87:

«Non è concessa alcuna restituzione quando i prodotti non siano di qualità sana, leale e mercantile e, se tali prodotti sono destinati all’alimentazione umana, quando la loro utilizzazione a tal fine è esclusa o considerevolmente ridotta a causa delle loro caratteristiche o del loro stato».

7       L’art. 47, nn. 1 e 2, di tale regolamento così dispone:

«1.      La restituzione viene versata, su richiesta specifica dell’esportatore, unicamente dallo Stato membro nel cui territorio è stata accettata la dichiarazione di esportazione.

La domanda di restituzione è presentata:

a)      per iscritto: a tal fine, gli Stati membri possono prevedere un modulo speciale;

b)      oppure avvalendosi di sistemi informatici, secondo le modalità stabilite dalle autorità competenti e previo riconoscimento da parte della Commissione.

(…)

La pratica relativa al versamento della restituzione o allo svincolo della cauzione deve essere presentata, salvo forza maggiore, entro 12 mesi dalla data di accettazione della dichiarazione d’esportazione».

8       Secondo il terzo ‘considerando’ del regolamento n. 2945/94:

«[considerando che] le informazioni errate fornite da un esportatore possono condurre al pagamento indebito di restituzioni, se l’errore non viene scoperto, mentre, se l’errore viene individuato, appare del tutto giustificato applicare all’esportatore una sanzione in proporzione all’importo che avrebbe indebitamente percepito qualora l’errore non fosse stato scoperto; che, qualora l’informazione errata sia stata fornita deliberatamente, è del pari giustificato applicare una sanzione più severa; (…)»

9       L’art. 21, n. 1, primo e secondo comma, del regolamento (CE) della Commissione 15 aprile 1999, n. 800, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli (GU L 102, pag. 11), è così formulato:

«Non è concessa alcuna restituzione quando i prodotti non siano di qualità sana, leale e mercantile il giorno dell’accettazione della dichiarazione di esportazione.

I prodotti sono conformi ai requisiti di cui al primo comma se possono essere immessi in commercio sul territorio della Comunità in condizioni normali e con la designazione che figura sulla domanda di concessione della restituzione, nonché, qualora siano destinati al consumo umano, se la loro utilizzazione a tal fine non è esclusa o [è] considerevolmente ridotta a motivo delle loro caratteristiche o del loro stato».

10     L’art. 5, n. 1, terzo comma, del regolamento (CE) della Commissione 20 settembre 1995, n. 2221, recante modalità di applicazione del regolamento (CEE) del Consiglio n. 386/90 per quanto riguarda il controllo fisico al momento dell’esportazione di prodotti agricoli che beneficiano di una restituzione (GU L 224, pag. 13), dispone:

«L’ufficio doganale d’esportazione veglia al rispetto dell’articolo 13 del regolamento (CEE) n. 3665/87».

11     L’art. 13, nn. 6, 9 e 10, del regolamento (CEE) del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine (GU L 148, pag. 24), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1994, n. 3290, relativo agli adattamenti e alle misure transitorie necessarie nel settore dell’agricoltura per l’attuazione degli accordi conclusi nel quadro dei negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay Round (GU L 349, pag. 105; in prosieguo: il «regolamento n. 805/68»), così dispone:

«6.      La restituzione viene concessa unicamente a richiesta e dietro presentazione del relativo titolo di esportazione.

(…)

9.      La restituzione è pagata allorché è fornita la prova che i prodotti:

–       sono di origine comunitaria, salvo in caso di applicazione del paragrafo 10,

–       sono stati esportati fuori dalla Comunità.

         (…)

(…)

10.      Salvo deroga decisa secondo la procedura di cui all’art. 27, non è accordata nessuna restituzione all’atto dell’esportazione di prodotti importati dai paesi terzi e riesportati verso i paesi terzi».

12     La decisione della Commissione 27 marzo 1996, 96/239/CE, relativa a misure di emergenza in materia di protezione contro l’encefalopatia spongiforme bovina (GU L 78, pag. 47), come modificata con decisione della Commissione 11 giugno 1996, 96/362/CE (GU L 139, pag. 17; in prosieguo: la «decisione 96/239»), all’art. 1 prevede:

«(…) il Regno Unito non spedisce dal proprio territorio negli altri Stati membri né nei paesi terzi:

(…)

–       carne della specie bovina macellata nel Regno Unito,

–       prodotti ottenuti da animali della specie bovina macellati nel Regno Unito, che possano entrare nella catena alimentare umana (…)

(…)»

13     L’art. 1 bis della decisione 96/239 dispone:

Il Regno Unito non spedisce:

–       carni per il consumo umano,

(…)

ottenute da bovini non macellati nel Regno Unito, a meno che provengano da stabilimenti siti nel Regno Unito, posti sotto controllo veterinario ufficiale ed i quali abbiano predisposto un sistema di identificazione della materia prima che garantisca l’origine del materiale durante l’intera catena di produzione.

2.      Il Regno Unito notifica alla Commissione e agli altri Stati membri l’elenco degli stabilimenti conformi ai requisiti di cui al paragrafo 1.

3.      Il Regno Unito provvede affinché i prodotti, di cui al paragrafo 1, spediti verso gli altri Stati membri, siano scortati da un certificato sanitario rilasciato da un veterinario ufficiale e attestante la loro conformità ai requisiti di cui al paragrafo 1.

 I fatti di cui alla causa a qua e le questioni pregiudiziali

14     La Fleisch-Winter, tra maggio e giugno 1997, dichiarava cinque partite di carne bovina congelata destinate, secondo le dichiarazioni di esportazione, ad essere esportate verso la Russia. Aveva acquistato tale carne bovina da una società francese, la quale si sarebbe a sua volta rifornita presso una società belga. Un’inchiesta condotta dai servizi tedeschi doganali e di repressione delle frodi rilevava elementi dai quali risultava che la carne poteva provenire dal Regno Unito e che sarebbe stata introdotta in Belgio in violazione della decisione 96/239.

15     Lo Hauptzollamt chiedeva allora il rimborso dell’anticipo sulla restituzione all’esportazione e, per un caso, rifiutava la restituzione richiesta. Dopo aver proposto infruttuosamente un reclamo, la Fleisch-Winter proponeva un ricorso avverso le decisioni di cui trattasi, il quale veniva pure respinto.

16     Con decisione 24 novembre 1997, nella versione della decisione emessa a seguito di reclamo il 10 settembre 1999, lo Hauptzollamt, per le cinque partite sopra menzionate, imponeva alla Fleisch-Winter, a norma dell’art. 11, n. 1, primo comma, lett. a), del regolamento n. 3665/87, una sanzione per un ammontare complessivo di DEM 104 312,90 con la motivazione che, contrariamente alle informazioni da essa fornite, non aveva diritto ad alcuna restituzione all’esportazione.

17     La Fleisch-Winter ricorreva presso il Finanzgericht competente, il quale giudicava che lo Hauptzollamt aveva giustamente imposto la sanzione. Secondo il Finanzgericht, la convenuta nella causa a qua non era stata in grado di rimuovere i sospetti secondo i quali la carne di cui trattasi, destinata ad essere esportata verso la Russia, era colpita da divieto comunitario all’esportazione. Non poteva pertanto pretendere la detta restituzione, poiché la carne, rientrando sotto tale divieto, non era di «qualità leale e mercantile» ai sensi dell’art. 13 del regolamento n. 3665/87.

18     Ciò considerato la Fleisch-Winter adiva con ricorso per cassazione («Revision») avverso la decisione di rigetto il Bundesfinanzhof, il quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la circostanza che, sulla base degli accertamenti delle autorità doganali, sussista il sospetto che la merce soggiaccia a un divieto di trasferimento sancito dal diritto comunitario, in base al quale è vietato spedire un prodotto soggetto al regime delle restituzioni da un determinato Stato membro verso altri Stati membri e verso paesi terzi, escluda di per sé sola l’esistenza di una qualità sana, leale e mercantile ai sensi dell’art. 13, primo comma, del regolamento (CEE) n. 3665/87, senza che nel singolo caso assuma rilevanza l’effettiva condizione o commerciabilità del prodotto.

2)      Se la garanzia fornita in una domanda di pagamento nazionale in merito alla qualità sana, leale e mercantile ai sensi dell’art. 13, prima frase, del regolamento (CEE) n. 3665/87 rientri tra le informazioni di cui all’art. 11, n. 1, seconda frase, in combinato disposto con l’art. 3 del regolamento n. 3665/87».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

19     Con tale questione, che può essere suddivisa in due parti, il giudice a quo vuol sapere se l’art. 13 del regolamento n. 3665/87 debba esse interpretato nel senso che, da un lato, osta a che una carne bovina oggetto di un divieto all’esportazione previsto dal diritto comunitario a partire da un certo Stato membro verso gli altri Stati membri e gli Stati terzi possa essere considerata di «qualità sana, leale e mercantile» e, dall’altro, esige, ai fini della concessione delle restituzioni, che l’esportatore dimostri che il prodotto esportato non proviene da uno Stato membro a partire dal quale sono vietate le esportazioni, qualora l’amministrazione nazionale disponga di indizi secondo i quali il prodotto è soggetto a un divieto all’esportazione.

 Sulla prima parte della prima questione

20     La Corte, nell’ambito del regolamento della Commissione 21 dicembre 1967, n. 1041/67/CEE, che fissa le modalità di applicazione delle restituzioni all’esportazione nel settore dei prodotti sottoposti ad un regime di prezzo unico (GU n. 314, pag. 9), ha giudicato che l’esigenza di una «qualità sana, leale e mercantile» è un presupposto generale ed oggettivo per la concessione di una restituzione e che il prodotto che non può normalmente venire immesso sul mercato comunitario con il nome datogli nella domanda di restituzione non soddisfa tali requisiti di qualità (v., in tal senso, sentenze 9 ottobre 1973, causa 12/73, Muras, Racc. pag. 963, punto 12, e 26 maggio 2005, causa C‑409/03, SEPA, Racc. pag. I‑4321, punto 22).

21     Il fatto che il carattere commercializzabile del prodotto «in condizioni normali» sia un elemento inerente alla nozione di «qualità sana, leale e mercantile» risulta del resto chiaramente dalla normativa relativa alle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli, in quanto, a partire dal regolamento n. 1041/67, tutti i regolamenti pertinenti hanno ripreso sia la nozione di «qualità sana, leale e mercantile» sia il criterio del carattere commercializzabile del prodotto «in condizioni normali» come requisiti affinché un prodotto possa dar luogo ad una restituzione all’esportazione. Per quanto riguarda il regolamento n. 3665/87, a tale requisito viene fatto riferimento al nono ‘considerando’ dello stesso (v., in tal senso, sentenza SEPA, cit., punti 23 e 26).

22     Si deve rilevare che l’esportazione della carne bovina a partire dal Regno Unito era vietata all’epoca dei fatti di cui alla causa a qua dalla decisione 96/239.

23     Orbene, una carne la cui distribuzione nella Comunità è considerevolmente ristretta non può essere considerata avente carattere commercializzabile «in condizioni normali» (v., in tal senso, sentenza SEPA, cit., punto 30).

24     Da ciò consegue che una carne bovina esportata malgrado un divieto comunitario non è di «qualità sana, leale e mercantile», ai sensi dell’art.  13 del regolamento n. 3665/87, e che la sua esportazione non dà diritto alla concessione di restituzioni.

25     Si deve di conseguenza risolvere la prima parte della prima questione dichiarando che l’art. 13 del regolamento n. 3665/87 dev’essere interpretato nel senso che osta a che una carne bovina oggetto di un divieto all’esportazione previsto dal diritto comunitario, a partire da un certo Stato membro verso gli altri Stati membri e gli Stati terzi, possa essere considerata di «qualità sana, leale e mercantile».

 Sulla seconda parte della prima questione

26     Nel settore della carne bovina, secondo l’art. 13, n. 9, del regolamento n. 805/68, la restituzione all’esportazione viene pagata quando viene fornita la prova che i prodotti sono di origine comunitaria, salvo in caso di applicazione del n. 10 del medesimo articolo. Dai documenti versati agli atti non si ravvisano elementi in ragione dei quali risultava applicabile la deroga di cui all’art. 13, n. 10. Non sussistono pertanto dubbi che tale prova debba essere fornita dall’esportatore.

27     Se sorgono dubbi circa l’origine dei prodotti o di uno di essi, l’origine comunitaria può essere dimostrata solo fornendo la prova che tale prodotto o tali prodotti sono originari di un determinato Stato membro o di determinati Stati membri. Con tale prova viene dimostrato inequivocabilmente se il prodotto per il quale viene chiesta la restituzione all’esportazione provenga o no da uno Stato membro a partire dal quale sono vietate le esportazioni.

28     Per quanto riguarda la «qualità sana, leale e mercantile», occorre innanzi tutto rilevare che l’art. 13 del regolamento n. 3665/87 rientra nel capitolo 1, intitolato «Diritto alla restituzione», del titolo 2, intitolato «Esportazioni verso i paesi terzi», del detto regolamento, il che sta a dimostrare che la «qualità sana, leale e mercantile» del prodotto esportato è una condizione materiale richiesta per la concessione delle restituzioni.

29     Il fatto che la «qualità sana, leale e mercantile» sia una condizione materiale di concessione delle restituzioni non è invalidato, come sostenuto dalla Fleisch-Winter, dall’art. 3, n. 5, del regolamento n. 3665/87, poiché i dati ivi menzionati costituiscono un elenco non tassativo.

30     Contrariamente a quanto sostenuto dalla Fleisch-Winter, tale fatto non viene neppure rimosso dal regolamento n. 800/1999. In primo luogo, infatti, tale regolamento, poiché ha abrogato e sostituito il regolamento n. 3665/87 in data posteriore ai fatti di cui alla causa a qua, non è applicabile ratione temporis. In secondo luogo, l’art. 21 del regolamento n. 800/99 fa parte del capitolo I, del titolo II, del medesimo regolamento, intitolato «Diritto alla restituzione», allo stesso modo dell’art. 13 del regolamento n. 3665/87, come esposto al punto 28 della presente sentenza. È pertanto detto capitolo I quello che pone le condizioni materiali del diritto alla restituzione.

31     Il sistema delle restituzioni all’esportazione ha come caratteristiche, da un lato, che l’aiuto comunitario viene concesso solo alla condizione che l’esportatore ne faccia domanda e, dall’altro, che il regime è finanziato dal bilancio comunitario. Poiché il sistema è basato su dichiarazioni facoltative, l’esportatore che decide di propria volontà di beneficiarne deve fornire le pertinenti informazioni necessarie a dimostrare il diritto alla restituzione e alla determinazione del suo importo. A questo proposito, la Corte, nell’ambito del regolamento n. 3665/87 e del suo sistema di sanzioni, ha già giudicato che, trattandosi di un regime di aiuti comunitario, la concessione dell’aiuto dev’essere subordinata alla condizione che il suo beneficiario presenti tutte le garanzie di rettitudine e di affidabilità (v., in tal senso, sentenza 11 luglio 2002, causa C‑210/00, Käserei Champignon Hofmeister, Racc. pag. I‑6453, punto 41).

32     Un esportatore, quando dichiara un prodotto nell’ambito di un procedimento di restituzione all’esportazione, sottintende che tale prodotto soddisfa tutte le condizioni necessarie alla restituzione. Il regolamento n. 3665/87 non obbliga l’esportatore a fare una dichiarazione esplicita sull’esistenza di una «qualità sana, leale e mercantile», ma, anche se l’esportatore non procede ad una siffatta dichiarazione, con la sua domanda di restituzione resta sempre inteso che egli garantisce implicitamente che tale condizione è soddisfatta. La tesi della Fleisch-Winter secondo la quale la «qualità sana, leale e mercantile» è presunta ex lege non può essere condivisa.

33     Le modalità comuni di applicazione delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli sono regolamentate dalla Commissione e alle autorità nazionali degli Stati membri spetta far applicare i regolamenti comunitari nel loro territorio e farli rispettare. L’obbligo di verifica delle condizioni della restituzione è accresciuto in un contesto, quale quello di cui alla causa a qua, dove l’esportazione di una carne a partire da uno Stato membro costituisce oggetto di un divieto per un motivo di tutela della salute pubblica contro malattie gravi ed epidemie. Si deve a questo proposito notare che la Corte ha avuto più volte modo di sottolineare l’effettività e la gravità dei rischi connessi alla malattia della ESB e l’adeguatezza delle misure cautelari giustificate dalla salvaguardia della salute umana nei confronti di tale malattia (v. sentenze 5 maggio 1998, causa C‑180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I‑2265; 12 luglio 2001, causa C‑365/99, Portogallo/Commissione, Racc. pag. I‑5645, e 22 maggio 2003, causa C‑393/01, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑5405, punto 42).

34     Per quanto riguarda la verifica se le condizioni di una «qualità sana, leale e mercantile» siano soddisfatte, va disatteso l’argomento della Fleisch-Winter, secondo il quale la disposizione di cui all’art. 5, n. 1, terzo comma, del regolamento n. 2221/95, che richiede che l’ufficio doganale di esportazione controlli che l’art. 13 del regolamento n. 3665/87 sia rispettato, farebbe interamente gravare sulle autorità nazionali l’obbligo di constatare la sussistenza della «qualità sana, leale e mercantile». L’oggetto del regolamento n. 2221/95, infatti, è il controllo fisico dei prodotti, mentre la verifica nel caso di cui alla causa a qua ha ad oggetto una caratteristica giuridica di questi, il che non consente di rilevare un controllo fisico.

35     Al contrario è l’esportatore, in quanto, nel presentare una domanda di restituzione, assicura sempre in modo esplicito o implicito l’esistenza di una «qualità sana, leale e mercantile», colui cui spetta dimostrare, secondo le regole di diritto nazionale in materia probatoria, che tale condizione è senz’altro soddisfatta qualora la dichiarazione venisse posta in dubbio dalle autorità nazionali.

36     Del resto, dagli atti risulta che, a seguito del riscontro di taluni elementi dai quali è risultato che la carne bovina esportata poteva provenire dal Regno Unito e costituire così oggetto di un divieto all’esportazione, veniva reclamato il rimborso dell’anticipo sulla restituzione, veniva rifiutata una delle restituzioni richieste e venivano di conseguenza introdotti procedimenti dapprima amministrativi e poi giudiziari. Nel corso di tali procedimenti, la Fleisch-Winter non ha fornito informazioni circa la provenienza della carne e ha persino dichiarato, nel corso dell’udienza, che non conosceva l’origine del prodotto di cui trattasi. Compete al giudice nazionale, esaminare tutti gli elementi pertinenti della causa e trarne la conclusione definitiva.

37     Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la seconda parte della prima questione va pertanto risolta dichiarando che l’art. 13 del regolamento n. 3665/87 richiede, ai fini della concessione delle restituzioni, che l’esportatore dimostri che il prodotto esportato non proviene da uno Stato membro a partire dal quale sono vietate le esportazioni, qualora l’amministrazione nazionale disponga di indizi secondo i quali il prodotto è soggetto a un divieto all’esportazione.

38     La prima questione va pertanto risolta dichiarando che l’art. 13 del regolamento n. 3665/87 va interpretato nel senso che osta a che una carne bovina oggetto di un divieto all’esportazione previsto dal diritto comunitario a partire da un certo Stato membro verso gli altri Stati membri e i paesi terzi possa essere considerata di «qualità sana, leale e mercantile» e che esige, ai fini della concessione delle restituzioni, che l’esportatore dimostri che il prodotto esportato non proviene da uno Stato membro a partire dal quale sono vietate le esportazioni, qualora l’amministrazione nazionale disponga di indizi secondo i quali il prodotto è soggetto a un divieto all’esportazione.

 Sulla seconda questione

39     Con tale questione, il giudice a quo si chiede se l’assicurazione fornita in una domanda nazionale di pagamento che un prodotto è di qualità sana, leale e mercantile ai sensi dell’art. 13, prima frase, del regolamento n. 3665/87 rientri tra le informazioni rilasciate conformemente al combinato disposto di cui agli artt. 11, n. 1, secondo comma, e 3 del regolamento n. 3665/87.

40     Per quanto riguarda la domanda di pagamento di cui all’art. 47, n. 1, del regolamento n. 3665/87, la Corte ha già giudicato che si trattava soltanto di un documento di ordine tecnico e procedurale. Tale domanda, dal momento che può essere presentata nei dodici mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di esportazione, cioè molto dopo l’esportazione, non costituisce, per quanto sia un presupposto per il pagamento della restituzione, il fondamento normativo del diritto di tale pagamento. La domanda di restituzione, ai sensi dell’art. 11, n. 1, del detto regolamento non è pertanto introdotta attraverso la presentazione della domanda di pagamento di cui all’art. 47 del medesimo regolamento (v., in tal senso, sentenza 14 aprile 2005, causa C‑385/03, Käserei Champignon Hofmeister, Racc. pag. I‑2997, punti 26 e 27).

41     Dalla giurisprudenza risulta altresì che sono i documenti di cui all’art. 3, n. 5, del regolamento n. 3665/87, e cioè la dichiarazione di esportazione o qualsiasi altro documento utilizzato nel corso dell’esportazione che possono, da un lato, costituire il fondamento normativo di una restituzione e, dall’altro, fare scattare il sistema di verifica della domanda di restituzione che può comportare l’applicazione di una sanzione, conformemente all’art. 11, n. 1, del medesimo regolamento (v., in tal senso, sentenza 14 aprile 2005, Käserei Champignon Hofmeister, cit., punti 23, 29 e 36).

42     Come precisato ai punti 32 e 35 della presente sentenza, la presentazione di una domanda di restituzione assicura sempre in modo implicito o esplicito che le condizioni di concessione della restituzione siano soddisfatte, compresa l’esistenza della «qualità sana, leale e mercantile» del prodotto. In questo caso, la domanda di pagamento di cui all’art. 47 del regolamento n. 3665/87 non può essere considerata determinante per l’accertamento del diritto materiale alla restituzione.

43     Alla luce di tutto quanto sopra considerato, la seconda questione va pertanto risolta dichiarando che l’assicurazione fornita in una domanda nazionale di pagamento che un prodotto è di «qualità sana, leale e mercantile», ai sensi dell’art. 13, prima frase, di detto regolamento, non rientra tra le informazioni rilasciate conformemente al combinato disposto di cui agli artt. 11, n. 1, secondo comma, e 3 del regolamento n. 3665/87. Può, tuttavia, essere considerata dal giudice nazionale un elemento di prova ai fini della valutazione della situazione dell’esportatore.

 Sulle spese

44     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’art. 13 del regolamento della Commissione 27 novembre 1987, n. 3665, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli, come modificato dal regolamento  (CE) della Commissione 2 dicembre 1994, n. 2945, va interpretato nel senso che osta a che una carne bovina oggetto di un divieto all’esportazione previsto dal diritto comunitario a partire da un certo Stato membro verso gli altri Stati membri e gli Stati terzi possa essere considerata di «qualità sana, leale e mercantile» e che esige, ai fini della concessione delle restituzioni, che l’esportatore dimostri che il prodotto esportato non provenga da uno Stato membro a partire dal quale sono vietate le esportazioni, qualora l’amministrazione nazionale disponga di indizi secondo i quali il prodotto è soggetto a un divieto all’esportazione.

2)      L’assicurazione fornita in una domanda nazionale di pagamento che un prodotto è di «qualità sana, leale e mercantile», ai sensi dell’art. 13, prima frase, del regolamento n. 3665/87, come modificato dal regolamento n. 2945/94, non rientra tra le informazioni rilasciate conformemente al combinato disposto di cui agli artt. 11, n. 1, secondo comma, e 3 di detto regolamento. Può, tuttavia, essere considerata dal giudice nazionale un elemento di prova ai fini della valutazione della situazione dell’esportatore.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.

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