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Document 62004CJ0177

Sentenza della Corte (grande sezione) del 14 marzo 2006.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese.
Inadempimento di uno Stato - Direttiva 85/374/CEE - Responsabilità per danno da prodotti difettosi - Sentenza della Corte che dichiara un inadempimento - Mancata esecuzione - Art. 228 CE - Sanzioni pecuniarie - Esecuzione parziale della sentenza in corso di causa.
Causa C-177/04.

Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-02461

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:173

Causa C-177/04

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica francese

«Inadempimento di uno Stato — Direttiva 85/374/CEE — Responsabilità per danno da prodotti difettosi — Sentenza della Corte che dichiara un inadempimento — Mancata esecuzione — Art. 228 CE — Sanzioni pecuniarie — Esecuzione parziale della sentenza in corso di causa»

Conclusioni dell’avvocato generale L.A. Geelhoed, presentate il 24 novembre 2005 

Sentenza della Corte (Grande Sezione) 14 marzo 2006 

Massime della sentenza

1.     Ricorso per inadempimento — Oggetto della controversia — Determinazione nel corso della fase precontenziosa del procedimento

(Arrt. 226 CE e 228 CE)

2.     Ricorso per inadempimento — Sentenza della Corte che accerta un inadempimento — Inadempimento dell’obbligo di eseguire la sentenza — Sanzioni pecuniarie

(Art. 228, n. 2, CE)

3.     Ricorso per inadempimento — Sentenza della Corte che accerta un inadempimento — Inadempimento dell’obbligo di eseguire la sentenza — Sanzioni pecuniarie — Penalità

(Art. 228, n. 2, CE)

4.     Ricorso per inadempimento — Sentenza della Corte che accerta un inadempimento — Inadempimento dell’obbligo di eseguire la sentenza — Sanzioni pecuniarie — Penalità

(Art. 228, n. 2, CE)

1.     Il principio secondo il quale l’oggetto del ricorso proposto a norma dell’art. 226 CE è circoscritto dal procedimento precontenzioso previsto da tale disposizione non può interpretarsi fino a imporre che sussista in ogni caso una perfetta coincidenza tra il dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, ove l’oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto. Qualora una modifica normativa sia sopravvenuta nel corso del procedimento precontenzioso, il ricorso può riguardare disposizioni nazionali che non siano identiche a quelle di cui trattasi nel parere motivato. Nulla osta a che lo stesso valga nel caso in cui una siffatta modifica normativa sia sopravvenuta successivamente alla proposizione del ricorso e la censura mantenuta dalla Commissione nei confronti di tale modifica normativa fosse necessariamente inclusa in quella dell’assenza di qualsiasi esecuzione di una sentenza della Corte. La Commissione è pertanto legittimata a limitare la portata dell’inadempimento di cui domanda l’accertamento ai sensi dell’art. 228 CE, in modo da tener conto dei provvedimenti di parziale esecuzione, adottati nel corso del secondo procedimento dinanzi alla Corte.

(v. punti 35, 37-38)

2.     Il procedimento previsto all’art. 228, n. 2, CE ha lo scopo di spingere lo Stato membro inadempiente ad eseguire una sentenza per inadempimento, garantendo con ciò l’applicazione effettiva del diritto comunitario da parte di tale Stato. Le misure previste da tali disposizioni, cioè la somma forfettaria e la penalità mirano entrambe a questo stesso obiettivo. La condanna al pagamento di una penalità e/o di una somma forfettaria non mira a compensare un qualsiasi danno che sia stato causato dallo Stato membro interessato, ma ad esercitare su quest’ultimo una pressione economica che lo induca a porre fine all’inadempimento accertato. Le sanzioni pecuniarie inflitte devono pertanto essere decise in funzione del grado di persuasione necessario perché lo Stato membro in questione modifichi il suo comportamento.

(v. punti 59-60)

3.     Allorché si tratta di infliggere a uno Stato membro una penalità per sanzionare la mancata esecuzione di una sentenza per inadempimento, spetta alla Corte, nell’esercizio del suo potere discrezionale, fissare la penalità in modo tale che essa sia, da una parte, adeguata alle circostanze e, dall’altra, commisurata all’inadempimento accertato nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro interessato. A tal fine, i criteri di base da prendere in considerazione per garantire l’efficacia coercitiva della penalità ai fini dell’applicazione uniforme ed effettiva del diritto comunitario sono costituiti, in linea di principio, dalla durata dell’infrazione, dal suo grado di gravità e dalla capacità finanziaria dello Stato membro di cui è causa. Per l’applicazione di tali criteri, occorre tener conto in particolare delle conseguenze dell’omessa esecuzione sugli interessi privati e pubblici e dell’urgenza di indurre lo Stato membro interessato a conformarsi ai suoi obblighi.

(v. punti 61-62)

4.     Per quanto riguarda il criterio della durata dell’infrazione, il relativo coefficiente dev’essere determinato tenendo conto del momento in cui la Corte esamina i fatti e non di quello in cui quest’ultima è adita dalla Commissione e sulla base di una scala che non è limitata da quella che va da 1 a 3 proposta dalla Commissione.

(v. punto 71)




SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

14 marzo 2006 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 85/374/CEE – Responsabilità per danno da prodotti difettosi – Sentenza della Corte che dichiara un inadempimento – Mancata esecuzione – Art. 228 CE – Sanzioni pecuniarie – Esecuzione parziale della sentenza in corso di causa»

Nella causa C‑177/04,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 228 CE, proposto il 14 aprile 2004,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. G. Valero Jordana e B. Stromsky, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica francese, rappresentata dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra R. Loosli, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas e K. Schiemann (relatore), presidenti di sezione, dal sig. R. Schintgen, dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr, J. Klučka, U. Lõhmus ed E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell’11 ottobre 2005,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 novembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee domanda alla Corte di:

–       dichiarare che la Repubblica francese, non avendo adottato i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza 25 aprile 2002, causa C‑52/00, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑3827), avente ad oggetto la trasposizione non corretta della direttiva del Consiglio 25 luglio 1985, 85/374/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (GU L 210, pag. 29), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 228, n. 1, CE;

–       condannare la Repubblica francese a pagare alla Commissione, sul conto «Risorse proprie della Comunità europea», una penalità dell’importo di EUR 137 150 per giorno di ritardo nell’esecuzione della citata sentenza Commissione/Francia, a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza e fino all’esecuzione della detta sentenza Commissione/Francia;

–       condannare la Repubblica francese alle spese.

 Normativa comunitaria

2       Adottata sul fondamento dell’art. 100 del Trattato CEE (divenuto art. 100 del Trattato CE, a sua volta divenuto art. 94 CE), la direttiva 85/374 mira al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di responsabilità del produttore per i danni causati dal carattere difettoso dei suoi prodotti.

3       Ai sensi dell’art. 1 di tale direttiva, «[i]l produttore è responsabile del danno causato da un difetto del suo prodotto».

4       L’art. 3, n. 3, della stessa direttiva così dispone:

«Quando non può essere individuato il produttore del prodotto si considera tale ogni fornitore a meno che quest’ultimo comunichi al danneggiato, entro un termine ragionevole, l’identità del produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto. Le stesse disposizioni si applicano ad un prodotto importato, qualora questo non rechi il nome dell’importatore di cui al paragrafo 2, anche se è indicato il nome del produttore».

5       L’art. 7 della direttiva in parola dispone che il produttore non è responsabile ai sensi di quest’ultima se prova:

«(...)

d)      che il difetto è dovuto alla conformità del prodotto a regole imperative emanate dai poteri pubblici;

e)      che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo in circolazione il prodotto non permetteva di scoprire l’esistenza del difetto;

(...)».

6       L’art. 9, primo comma, della direttiva 85/374 definisce il termine «danno», ai sensi dell’art. 1 di quest’ultima, come atto a designare:

«(...)

b)      il danno o la distruzione di una cosa diversa dal prodotto difettoso, previa detrazione di una franchigia di [EUR] 500, purché la cosa

i)      sia del tipo normalmente destinato all’uso o consumo privato

e

ii)      sia stata utilizzata dal danneggiato principalmente per proprio uso o consumo privato».

 La sentenza Commissione/Francia

7       Nel dispositivo della citata sentenza Commissione/Francia, la Corte ha dichiarato che la Repubblica francese:

–       avendo incluso, all’art. 1386‑2 del codice civile francese (in prosieguo: il «codice civile»), i danni inferiori a EUR 500;

–       avendo ritenuto, all’art. 1386‑7, primo comma, del suddetto codice, che il distributore di un prodotto difettoso sia responsabile in ogni caso e allo stesso titolo del produttore, e

–       avendo previsto, all’art. 1386‑12, secondo comma, del suddetto codice, che il produttore debba provare di aver adottato le norme atte a prevenire le conseguenze di un prodotto difettoso al fine di potersi avvalere delle cause di esonero previste all’art. 7, lett. d) ed e), della direttiva 85/374,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza, rispettivamente, degli artt. 9, primo comma, lett. b), 3, n. 3, e 7 della citata direttiva.

 Procedimento precontenzioso

8       Il 20 febbraio 2003 la Commissione, ritenendo che la Repubblica francese non avesse adottato i provvedimenti necessari per conformarsi alla citata sentenza Commissione/Francia, ha inviato a tale Stato membro una lettera di diffida in applicazione dell’art. 228 CE, invitandola a presentare osservazioni entro il termine di due mesi a decorrere dalla ricezione di tale lettera.

9       Con lettera del 27 giugno 2003, le autorità francesi hanno comunicato alla Commissione il testo delle modifiche che intendevano apportare al codice civile per porre fine all’inadempimento contestato, modifiche che dovevano essere sottoposte all’iter parlamentare.

10     L’11 luglio 2003 la Commissione ha inviato alla Repubblica francese un parere motivato invitandola ad adottare, entro il termine di due mesi a decorrere dalla notifica di tale parere, i provvedimenti necessari per garantire l’esecuzione della citata sentenza Commissione/Francia.

11     In risposta a tale parere, con lettera del 9 settembre 2003 le autorità francesi hanno precisato che, data la saturazione dell’agenda parlamentare, le proposte di modifiche legislative precedentemente comunicate alla Commissione, benché già adottate in sede interministeriale e previa consultazione delle controparti economiche, non avevano ancora potuto essere esaminate dal Parlamento. Aggiungevano che la Commissione sarebbe stata informata al più presto del calendario di adozione di tali modifiche.

12     La Commissione, ritenendo che la Repubblica francese si fosse astenuta dal garantire l’esecuzione della citata sentenza Commissione/Francia, ha deciso di proporre il presente ricorso.

 Gli eventi sopravvenuti nel corso della presente causa

13     A sostegno della controreplica, il governo francese si è richiamato al fatto che il Parlamento aveva adottato la legge n. 2004‑1343 del 9 dicembre 2004, recante semplificazione del diritto (JORF del 10 dicembre 2004, pag. 20857; in prosieguo: la «legge del 2004»), il cui art. 29 così dispone:

«I. – Il codice civile è così modificato:

1° L’art. 1386‑2 ha il testo seguente:

“Art. 1386‑2. – Le disposizioni del presente titolo si applicano al risarcimento del danno consistente in una lesione alla persona.

Esse si applicano altresì al risarcimento del danno, superiore a un importo determinato per decreto, consistente in una lesione di un bene diverso dal prodotto difettoso stesso”;

2° Il primo comma dell’art. 1386‑7 ha il testo seguente:

“Il venditore, il locatore, ad eccezione del concedente in leasing o a ad esso equiparato, nonché ogni altro fornitore a titolo professionale, è responsabile del difetto di sicurezza del prodotto alle stesse condizioni del produttore soltanto qualora quest’ultimo rimanga ignoto”;

3° Il secondo comma dell’art. 1386‑12 è abrogato.

(…)».

14     Il 23 febbraio 2005 il governo francese ha peraltro trasmesso alla Commissione e alla Corte una copia del decreto n. 2005‑113, dell’11 febbraio 2005, adottato in applicazione dell’art. 1386‑2 del codice civile (JORF del 12 febbraio 2005, pag. 2408; in prosieguo: il «decreto del 2005»), il cui art. 1 così dispone:

«L’importo previsto all’art. 1386‑2 del codice civile è fissato in EUR 500».

15     In una lettera del 15 aprile 2005, indirizzata alla Corte e portata a conoscenza del governo francese, la Commissione ha dichiarato di ritenere che le modifiche così introdotte con la legge del 2004 e il decreto del 2005 garantissero l’adeguamento della normativa francese agli artt. 7 e 9, primo comma, lett. b), della direttiva 85/374. Di conseguenza, la Commissione manifestava la propria intenzione di rinunciare al ricorso nei limiti in cui con esso si domandava l’accertamento di un inadempimento della Repubblica francese al suo obbligo di dare esecuzione alla citata sentenza Commissione/Francia, con riferimento a queste due disposizioni della detta direttiva.

16     Nella stessa lettera la Commissione precisava per contro che, ritenendo che la legge del 2004 non garantisse la piena esecuzione della detta sentenza per quanto riguardava la trasposizione dell’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374, essa intendeva mantenere il proprio ricorso su tale punto, pur riducendo la portata dell’accertamento sollecitato in proposito.

17     La Commissione affermava peraltro nella detta lettera che, alla luce della sopravvenuta esecuzione parziale della citata sentenza Commissione/Francia, intendeva ridurre l’importo della penalità come inizialmente proposto alla Corte.

18     Come risulta dalla detta lettera, i cui termini sono stati reiterati dalla Commissione in udienza, l’istituzione domanda ormai alla Corte di:

–       dichiarare che la Repubblica francese, non avendo adottato taluni provvedimenti necessari per dare esecuzione alla citata sentenza Commissione/Francia, avente ad oggetto la non corretta trasposizione della direttiva 85/374 e, in particolare, avendo continuato a considerare il distributore del prodotto difettoso responsabile allo stesso titolo del produttore, qualora quest’ultimo non possa essere identificato, anche quando il distributore abbia indicato al danneggiato, entro un termine ragionevole, l’identità di colui che gli ha fornito il prodotto, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 228, n. 1, CE;

–       condannare la Repubblica francese al pagamento di una penalità pari a EUR 13 715 per giorno di ritardo nell’esecuzione della detta sentenza, a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza.

19     La Repubblica francese, prendendo atto della rinuncia parziale risultante dalle nuove conclusioni della Commissione nonché della riduzione dell’importo della penalità proposto da quest’ultima, con una lettera indirizzata alla Corte il 27 maggio 2005 ha affermato che la censura parziale mantenuta dalla Commissione costituiva in realtà una censura nuova. Il detto Stato membro reiterava pertanto la propria domanda di essere sentito dalla Corte in udienza.

 Sull’inadempimento contestato

 Considerazioni preliminari

20     Occorre preliminarmente ricordare che la data di riferimento per valutare l’inadempimento contestato ai sensi dell’art. 228 CE si colloca alla scadenza del termine fissato nel parere motivato emesso in forza della detta disposizione (v. sentenza 12 luglio 2005, causa C‑304/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑6263, punto 30).

21     Dato che la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica francese al pagamento di una penalità, si deve altresì accertare se l’inadempimento contestato sia perdurato sino all’esame dei fatti da parte della Corte (v., in tal senso, sentenza 12 luglio 2005, Commissione/Francia, cit., punto 31).

22     Nella fattispecie è pacifico che, alla data di scadenza del termine impartito nel parere motivato dell’11 luglio 2003, la Repubblica francese non aveva ancora adottato alcuno dei provvedimenti necessari per dare esecuzione alla citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia.

23     La Commissione ha nella fattispecie rinunciato agli atti nei limiti in cui il ricorso era volto a far dichiarare la mancata esecuzione della citata sentenza, con riferimento all’adozione dei provvedimenti idonei ad adeguare la normativa francese agli artt. 7 e 9, primo comma, lett. b), della direttiva 85/374.

24     Per quanto riguarda la censura vertente sulla mancata adozione dei provvedimenti necessari per conformarsi a tale sentenza con riferimento all’art. 3, n. 3, della stessa direttiva, come risulta dal punto 18 della presente sentenza, la Commissione contesta alla Repubblica francese di non aver adottato alcuni dei provvedimenti idonei a garantire l’esecuzione della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, avendo continuato a considerare il distributore del prodotto difettoso responsabile allo stesso titolo del produttore, qualora quest’ultimo non possa essere identificato, anche quando il distributore abbia indicato al danneggiato, entro un termine ragionevole, l’identità di colui che gli ha fornito il prodotto.

 Sulla ricevibilità

 Argomenti della Repubblica francese

25     Nella sua lettera del 27 maggio 2005 e in udienza, il governo francese ha sostenuto che una riformulazione del genere, in corso di causa, delle conclusioni del ricorso della Commissione va qualificata come domanda nuova, tale da determinare l’irricevibilità del ricorso.

26     Risulterebbe in particolare tanto dal punto 36 della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, quanto dal ricorso e dalla replica della Commissione nel procedimento sfociato nella detta sentenza che in tale procedimento l’istituzione si era limitata a contestare alla Repubblica francese di non aver previsto, nell’ambito della sua normativa, che la responsabilità del fornitore sorgesse soltanto in via sussidiaria rispetto a quella del produttore, segnatamente qualora quest’ultimo rimanesse ignoto.

27     Per contro, la Commissione non avrebbe mai contestato alla Repubblica francese, nell’ambito di quel procedimento, di essere venuta meno agli obblighi ad essa imposti dall’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374, non avendo espressamente escluso la responsabilità del fornitore qualora quest’ultimo avesse indicato al danneggiato il nome del proprio fornitore.

28     Ne conseguirebbe che la Corte, nella citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, non può aver dichiarato un inadempimento del genere, come confermerebbe del resto il dispositivo di tale sentenza, ove si accerta unicamente l’inadempimento della Repubblica francese consistente nel fatto che, nella sua legislazione, si prevedeva che il distributore di un prodotto difettoso fosse «in ogni caso» responsabile allo stesso titolo del produttore.

29     Ciò considerato, la Commissione non sarebbe legittimata, nell’ambito del presente procedimento, ad allegare la mancata esecuzione di tale sentenza nei termini nuovi enunciati al punto 18 della presente sentenza. Secondo il governo francese, l’adozione della legge del 2004 avrebbe anzi garantito la completa esecuzione della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, sotto il profilo dell’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374, in quanto tale legge ha come conseguenza che ormai il distributore del prodotto difettoso non sia più responsabile «in ogni caso» allo stesso titolo del produttore.

30     Il governo francese sostiene peraltro che la censura nuova così formulata dalla Commissione è irricevibile anche perché l’istituzione non ha indicato tempestivamente alla Repubblica francese che la nuova versione dell’art. 1386‑7 del codice civile, che le era stata comunicata allo stadio di progetto in fase precontenziosa, non era idonea a porre fine all’inadempimento contestato.

31     Secondo il governo in parola, la Commissione era tenuta, in ossequio all’obbligo di leale cooperazione impostole dall’art. 10 CE, ad avvertire al più presto la Repubblica francese delle eventuali obiezioni che potevano permanere nei confronti delle nuove disposizioni che essa si accingeva ad adottare. Una delle finalità del procedimento precontenzioso sarebbe appunto quella di consentire allo Stato membro interessato di mettersi al più presto in piena sintonia con il diritto comunitario.

 Giudizio della Corte

32     A questo proposito occorre ricordare, in primo luogo, che nel dispositivo della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, la Corte ha dichiarato che la Repubblica francese era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374, avendo ritenuto, all’art. 1386‑7, primo comma, del codice civile, che il distributore di un prodotto difettoso fosse responsabile in ogni caso e allo stesso titolo del produttore.

33     A prescindere dai termini precisi nei quali la Commissione poteva aver formulato gli argomenti dedotti a sostegno delle conclusioni del suo ricorso, la detta dichiarazione della Corte scaturisce dalla constatazione secondo la quale la normativa francese vigente non esonerava il fornitore dalla responsabilità che incombe di norma sul produttore in nessuno dei casi in cui l’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374 prevede invece un esonero del genere.

34     L’accertamento così operato dalla Corte riguarda, segnatamente, il caso in cui un siffatto esonero dalla responsabilità del distributore derivi dal fatto che quest’ultimo ha indicato al danneggiato, entro un termine ragionevole, l’identità del suo proprio fornitore.

35     Peraltro, la Commissione è legittimata a limitare la portata dell’inadempimento di cui domanda l’accertamento ai sensi dell’art. 228 CE, in modo da tener conto dei provvedimenti di parziale esecuzione della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, adottati nel corso del presente procedimento dinanzi alla Corte.

36     Nella fattispecie, infatti, atteso che, come risulta dal punto 22 della presente sentenza, la Commissione ben avrebbe potuto agire in giudizio per l’accertamento di un adempimento da parte della Repubblica francese ai suoi obblighi in forza dell’art. 228, n. 1, CE, per non avere quest’ultima, alla data di scadenza del termine impartito nel parere motivato, previsto l’esonero dalla responsabilità dei fornitori in nessuno dei casi contemplati dall’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374, non può contestarsi alla detta istituzione di perseguire un tale accertamento per quanto riguarda uno solo dei casi contemplati, considerata l’adozione, da parte di tale Stato membro, di provvedimenti di parziale esecuzione della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia (v., per analogia, sentenza 5 maggio 1993, causa C‑174/91, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑2275, punti 8-12).

37     Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, il principio secondo il quale l’oggetto del ricorso proposto a norma dell’art. 226 CE è circoscritto dal procedimento precontenzioso previsto da tale disposizione non può interpretarsi fino a imporre che sussista in ogni caso una perfetta coincidenza tra il dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, ove l’oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato, ma, al contrario, semplicemente ridotto. La Corte ne ha dedotto in particolare che, qualora una modifica normativa sia sopravvenuta nel corso del procedimento precontenzioso, il ricorso può riguardare disposizioni nazionali che non siano identiche a quelle di cui trattasi nel parere motivato (v., segnatamente, sentenza 1° febbraio 2005, causa C‑203/03, Commissione/Austria, Racc. pag. I‑935, punto 29).

38     Orbene, nulla osta a che lo stesso valga nel caso in cui una siffatta modifica normativa sia sopravvenuta successivamente alla proposizione del ricorso e la censura mantenuta dalla Commissione nei confronti di tale modifica normativa fosse necessariamente inclusa in quella dell’assenza di qualsiasi esecuzione di una sentenza della Corte (v., per analogia, a proposito dell’art. 226 CE, sentenza 16 giugno 2005, causa C‑456/03, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑5335, punto 40).

39     Allorché, nel corso del procedimento, la Commissione ha imputato le censure formulate nei confronti della precedente versione dell’art. 1386-7 del codice civile – che aveva condotto all’accertamento dell’inadempimento effettuato nella citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia – alla nuova versione dello stesso articolo, che ha sostituito il precedente nel corso del presente procedimento contenzioso, essa non ha modificato l’oggetto della lite (v., per analogia, a proposito dell’art. 226 CE, sentenza 5 luglio 1990, causa C‑42/89, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑2821, punto 11).

40     Non ammettere la ricevibilità della censura in un caso del genere indurrebbe inoltre la Commissione a mantenere, per ipotesi contro la propria volontà, l’integralità delle censure inizialmente dedotte, il che non gioverebbe né all’interesse dello Stato membro convenuto né a quello della buona amministrazione della giustizia.

41     In secondo luogo, la ricevibilità della censura così riformulata dalla Commissione non può essere inficiata nemmeno dalla circostanza che tale istituzione, sebbene fosse stata informata in fase precontenziosa del fatto che la Repubblica francese si accingeva ad adottare la disposizione che è stata poi emanata sotto forma di nuovo art. 1386‑7 del codice civile, non abbia indicato allo Stato membro che una disposizione nazionale del genere non avrebbe garantito la corretta trasposizione dell’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374, in quanto non vi si prevedeva l’esonero dalla responsabilità del fornitore ove quest’ultimo avesse indicato al danneggiato entro un termine ragionevole l’identità del proprio fornitore.

42     Infatti, la detta circostanza non ha impedito alla Repubblica francese di porre fine all’infrazione precedentemente constatata dalla Corte e non ha leso i diritti di difesa di tale Stato membro, né peraltro ha avuto alcuna incidenza sulla delimitazione della lite come sottoposta alla cognizione della Corte mediante il ricorso della Commissione.

43     Giova peraltro ricordare che il procedimento di cui all’art. 228 CE si basa sull’accertamento oggettivo dell’inosservanza da parte di uno Stato membro dei suoi obblighi (sentenza 12 luglio 2005, Commissione/Francia, cit., punto 44).

44     Da quanto precede discende che la censura, quale riformulata dalla Commissione in corso di causa, è ricevibile.

 Nel merito

 Argomenti della Repubblica francese

45     Nel merito, il governo francese afferma che il fatto che la nuova versione dell’art. 1386‑7 del codice civile non esoneri espressamente il fornitore dalla responsabilità gravante di norma sul produttore nel caso in cui tale fornitore abbia indicato l’identità del proprio fornitore al danneggiato entro un termine ragionevole non configura un inadempimento all’obbligo di attuare l’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374.

46     Interrogato in udienza sulla portata di tale disposizione del codice civile, il governo francese ha infatti sostenuto, per un verso, che secondo la giurisprudenza della Corte non è necessaria in tutte le circostanze una trasposizione letterale del testo delle direttive e, per altro verso, che la facoltà per il fornitore di indicare al danneggiato l’identità del proprio fornitore sarà in pratica destinata a svolgere un ruolo del tutto sussidiario, qualora il produttore stesso rimanga ignoto e, in tal caso, il detto fornitore sia inoltre in grado di chiamare in garanzia il suo proprio fornitore.

 Giudizio della Corte

47     In proposito occorre rilevare che la nuova versione dell’art. 1386‑7, introdotta nel codice civile con la legge del 2004, non ha garantito la completa esecuzione della citata sentenza 25 aprile, Commissione/Francia, la quale comporta segnatamente l’obbligo di esonerare il fornitore dalla responsabilità che incombe di norma sul produttore in tutti i casi in cui l’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374 prevede un tale esonero.

48     Si deve infatti ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, ciascuno Stato membro è tenuto a dare alle direttive un’attuazione che corrisponda pienamente alle esigenze di chiarezza e di certezza delle situazioni giuridiche imposte dal legislatore comunitario nell’interesse delle persone coinvolte. A tal fine, le disposizioni di una direttiva devono essere attuate con efficacia cogente incontestabile nonché con la specificità, la precisione e la chiarezza richieste (v., in particolare, sentenza 18 ottobre 2001, causa C‑354/99, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑ 7657, punto 27). Le disposizioni destinate a garantire la trasposizione di una direttiva devono, in particolare, delineare una situazione giuridica sufficientemente precisa, chiara e trasparente per consentire ai singoli di conoscere pienamente i loro doveri e i loro diritti e, quanto a questi ultimi, eventualmente di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali (v., segnatamente, sentenza 28 febbraio 1991, causa C‑131/88, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑825, punto 6).

49     A tale proposito si deve necessariamente rilevare come dal testo chiaro e preciso dell’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374 risulti che tale disposizione è diretta a conferire ai danneggiati taluni diritti di cui essi possano avvalersi nei confronti dei fornitori nelle precise circostanze ivi previste. Correlativamente, la stessa disposizione fa sorgere doveri corrispondenti, altrettanto precisi e circoscritti, in capo ai detti fornitori.

50     Tale disposizione prevede, in particolare, che il fornitore non possa incorrere nella responsabilità attribuita al produttore dalla direttiva 85/374 qualora abbia indicato al danneggiato, entro un termine ragionevole, l’identità del proprio fornitore.

51     Nella fattispecie, è pacifico che un siffatto esonero da responsabilità non risulta dal testo della nuova versione dell’art. 1386‑7 del codice civile. Ne consegue che una norma del genere non garantisce una completa trasposizione dell’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374.

52     Quanto al mezzo difensivo secondo il quale il mancato esonero da responsabilità del fornitore nel caso in cui costui abbia indicato al danneggiato l’identità del proprio fornitore sarebbe privo di rilevanti conseguenze pratiche e pertanto non configurerebbe una violazione della direttiva, è sufficiente rilevare che, quand’anche tale circostanza fosse dimostrata, l’inosservanza di un obbligo imposto da una norma di diritto comunitario costituisce di per sé un inadempimento, restando irrilevante il fatto che tale inosservanza non abbia prodotto effetti negativi (v., in particolare, sentenza 21 gennaio 1999, causa C‑150/97, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑259, punto 22).

53     Inoltre, come si evince dal punto 40 della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, la Corte ha già dichiarato che la possibilità prospettata al fornitore di citare in garanzia il produttore, sotto il vigore della precedente versione dell’art. 1386‑7 del codice civile, aveva l’effetto di moltiplicare le chiamate in causa, effetto che l’azione diretta esperibile dal danneggiato contro il produttore, alle condizioni previste dall’art. 3 della direttiva 85/374, ha proprio lo scopo di evitare. Lo stesso ragionamento si applica per quanto riguarda la facoltà del fornitore di chiamare in garanzia il suo proprio fornitore nell’ambito del regime istituito dalla nuova versione del detto art. 1386‑7.

54     Ne consegue che quest’ultima norma non ha trasposto completamente l’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374 e che pertanto essa non garantisce la completa esecuzione della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia.

55     Tenuto conto di tutto quanto precede, occorre dichiarare che la Repubblica francese, avendo continuato a considerare il fornitore del prodotto difettoso responsabile allo stesso titolo del produttore, qualora quest’ultimo non potesse essere identificato, anche quando il fornitore avesse indicato al danneggiato, entro un termine ragionevole, l’identità di colui che gli ha fornito il prodotto, non ha adottato i provvedimenti necessari per dare completa esecuzione alla citata sentenza 25 aprile 2202, Commissione/Francia, per quanto riguarda la trasposizione dell’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374, così venendo meno agli obblighi ad essa imposti dall’art. 228 CE.

56     Accertato così che l’inadempimento contestato alla Repubblica francese perdura alla data in cui la Corte ha esaminato i fatti, occorre ora esaminare la proposta di penalità formulata dalla Commissione.

 Sulla sanzione pecuniaria

57     Per quanto riguarda l’inadempimento così identificato, la Commissione domanda ormai, come risulta dal punto 18 della presente sentenza, la condanna della Repubblica francese a versare una penalità di EUR 13 715 per giorno di ritardo nella completa esecuzione della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza.

58     In proposito spetta alla Corte, in ciascuna causa, valutare, alla luce delle circostanze del caso di specie, le sanzioni pecuniarie da adottare (sentenza 12 luglio 2005, Commissione/Francia, cit., punto 86).

59     Giova altresì ricordare che il procedimento previsto all’art. 228, n. 2, CE ha lo scopo di spingere lo Stato membro inadempiente a eseguire una sentenza per inadempimento, garantendo con ciò l’applicazione effettiva del diritto comunitario da parte di tale Stato. Le misure previste da tale disposizione, cioè la somma forfettaria e la penalità, mirano entrambe a questo stesso obiettivo (sentenza 12 luglio 2005, Commissione/Francia, cit., punto 80).

60     La condanna al pagamento di una penalità e/o di una somma forfettaria non mira a compensare un qualsiasi danno che sia stato causato dallo Stato membro interessato, ma ad esercitare su quest’ultimo una pressione economica che lo induca a porre fine all’inadempimento accertato. Le sanzioni pecuniarie inflitte devono pertanto essere decise in funzione del grado di persuasione necessario perché lo Stato membro in questione modifichi il suo comportamento (sentenza 12 luglio 2005, Commissione/Francia, cit., punto 91).

61     Nell’esercizio del suo potere discrezionale, spetta alla Corte fissare la penalità in modo tale che essa sia, da una parte, adeguata alle circostanze e, dall’altra, commisurata all’inadempimento accertato nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro interessato (v., segnatamente, sentenza 12 luglio 2005, Commissione/Francia, cit., punto 103).

62     In questa prospettiva – e come è stato suggerito dalla Commissione nella sua comunicazione del 28 febbraio 1997, relativa al metodo di calcolo della penalità prevista dall’art. [228] del Trattato CE (GU C 63, pag. 2) – i criteri di base da prendere in considerazione per garantire l’efficacia coercitiva della penalità ai fini dell’applicazione uniforme ed effettiva del diritto comunitario sono costituiti, in linea di principio, dalla durata dell’infrazione, dal suo grado di gravità e dalla capacità finanziaria dello Stato membro di cui è causa. Per l’applicazione di tali criteri, occorre tener conto in particolare delle conseguenze dell’omessa esecuzione sugli interessi privati e pubblici e dell’urgenza di indurre lo Stato membro interessato a conformarsi ai suoi obblighi (v., segnatamente, sentenza 12 luglio 2005, Commissione/Francia, cit., punto 104).

63     Nella fattispecie, spetta alla Corte determinare, sulla scorta del grado di persuasione che le appare necessario, le sanzioni pecuniarie appropriate per indurre lo Stato membro interessato a garantire l’esecuzione effettiva della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia.

64     Alla luce delle circostanze, va rilevato, in primo luogo, che il pagamento di una penalità costituisce un mezzo adeguato, mentre non appare opportuna l’imposizione di una somma forfettaria.

65     Per quanto riguarda, in secondo luogo, la gravità dell’infrazione e, in particolare, le conseguenze dell’omessa esecuzione della detta sentenza sugli interessi privati e pubblici, occorre rilevare che, come ha riconosciuto la Commissione stessa nella sua lettera del 15 aprile 2005 e in udienza, l’inadempimento persistente a seguito dell’adozione della legge del 2004 e del decreto del 2005 non presenta un grado particolare di gravità, sebbene sia manifestamente necessario che la Repubblica francese vi ponga fine al più presto, conformemente all’obbligo ad essa imposto dall’art. 228, n. 1, CE.

66     Effettivamente, i casi in cui può sussistere una responsabilità del fornitore in violazione dell’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374 sono stati notevolmente ridotti con l’adozione della nuova versione dell’art. 1386-7 del codice civile, cosicché non può sostenersi che permanga un pregiudizio grave per le finalità della direttiva o per gli interessi pubblici o privati.

67     Ciò premesso, il coefficiente 1 (su una scala da 1 a 20) proposto dalla Commissione è idoneo a riflettere adeguatamente il grado di gravità dell’infrazione perdurante alla data in cui la Corte valuta i fatti.

68     Per quanto riguarda, in terzo luogo, il coefficiente relativo alla durata dell’infrazione, occorre per contro rilevare che la proposta della Commissione secondo la quale quest’ultimo dovrebbe essere fissato a 1,3 (su una scala da 1 a 3) non può essere accolta.

69     La Commissione afferma che questo coefficiente è stato fissato secondo un nuovo metodo di calcolo adottato dall’istituzione nel corso della sua riunione del 2 aprile 2001, in forza del quale il coefficiente relativo alla durata dell’infrazione è calcolato su una base di 0,10 al mese a decorrere dal settimo mese successivo alla pronuncia della sentenza cui non sia stata data esecuzione, con un massimale fissato a 3. Poiché tra la citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, e la decisione della Commissione, adottata il 16 dicembre 2003, di introdurre il presente ricorso, sono trascorsi 19 mesi, la Commissione ha proposto di fissare il coefficiente di durata dell’infrazione a 1,3.

70     Occorre ricordare che, sebbene orientamenti come quelli contenuti nelle comunicazioni pubblicate dalla Commissione possano effettivamente contribuire a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza del diritto dell’azione condotta dall’istituzione, non è meno vero che l’esercizio del potere conferito alla Corte dall’art. 228, n. 2, CE non è subordinato alla condizione che la Commissione fissi regole del genere, le quali in ogni caso non possono vincolare la Corte (v., in particolare, sentenza 12 luglio 2005, Commissione/Francia, cit., punto 85). Lo stesso vale, in particolare, per quanto riguarda la scala relativa al coefficiente di durata dell’infrazione e i criteri di fissazione di tale coefficiente.

71     Il detto coefficiente deve, in definitiva, essere determinato dalla Corte. A tal fine, occorre valutare la durata dell’infrazione tenendo conto del momento in cui la Corte esamina i fatti e non di quello in cui quest’ultima è adita dalla Commissione, non essendo peraltro il libero apprezzamento della Corte limitato dalla scala da 1 a 3 proposta dalla Commissione.

72     Nella fattispecie, è pacifico che l’esecuzione della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, imponeva soltanto l’adozione di alcuni provvedimenti di trasposizione in diritto nazionale, per giunta chiaramente circoscritti.

73     Orbene, non può che rilevarsi come, a prescindere dall’esecuzione parziale della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, a sua volta avvenuta molto tardivamente, l’inadempimento della Repubblica francese al proprio obbligo di garantire la completa esecuzione di tale sentenza perduri da tempo considerevole, essendo trascorsi quasi quattro anni dalla pronuncia di quella sentenza.

74     Ciò considerato, un coefficiente di 3 appare adeguato a rendere conto della durata dell’infrazione.

75     In quarto luogo, la proposta della Commissione consistente nel moltiplicare un importo di base per un coefficiente di 21,1, basato sul prodotto interno lordo della Repubblica francese e sul numero di voti di cui essa dispone in seno al Consiglio dell’Unione europea, costituisce una maniera adeguata di tener conto della capacità finanziaria di tale Stato membro, pur mantenendo un divario ragionevole tra i diversi Stati membri (v., in particolare, sentenza 12 luglio 2005, Commissione/Francia, cit., punto 109).

76     La moltiplicazione dell’importo di base di EUR 500 per coefficienti fissati a 21,1 (per la capacità finanziaria), a 1 (per la gravità dell’infrazione) e a 3 (per la durata dell’infrazione), sfocia nella specie in un importo di EUR 31 650 per giorno di ritardo.

77     Per quanto riguarda, in quinto luogo, la periodicità della penalità, trattandosi, come nella fattispecie, di dare esecuzione a una sentenza della Corte che postula l’adozione di una disposizione legislativa di modifica, è opportuno optare per una penalità che sia inflitta su base giornaliera.

78     Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre condannare la Repubblica francese a pagare alla Commissione, sul conto «Risorse proprie della Comunità europea», una penalità di EUR 31 650 per giorno di ritardo nell’attuazione dei provvedimenti necessari per garantire la piena ed intera esecuzione della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza e fino alla completa esecuzione della detta sentenza 25 aprile 2002.

 Sulle spese

79     Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Inoltre, a norma del n. 5, primo comma, di questo stesso articolo, su domanda della parte che rinuncia agli atti, le spese sono poste a carico dell’altra parte se ciò appare giustificato dal comportamento di quest’ultima.

80     Nella fattispecie, la Repubblica francese è risultata soccombente per quanto riguarda la censura mantenuta dalla Commissione. Quanto alla parziale rinuncia agli atti da parte di quest’ultima, essa consegue all’adozione parziale e tardiva, da parte della Repubblica francese, dei provvedimenti necessari per dare esecuzione alla citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia.

81     La Repubblica francese dev’essere pertanto condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La Repubblica francese, avendo continuato a considerare il fornitore del prodotto difettoso responsabile allo stesso titolo del produttore, qualora quest’ultimo non potesse essere identificato, anche quando il fornitore avesse indicato al danneggiato, entro un termine ragionevole, l’identità di colui che gli ha fornito il prodotto, non ha adottato i provvedimenti necessari per dare completa esecuzione alla sentenza 25 aprile 2002, causa C‑52/00, Commissione/Francia, per quanto riguarda la trasposizione dell’art. 3, n. 3, della direttiva del Consiglio 25 luglio 1985, 85/374/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, così venendo meno agli obblighi ad essa imposti dall’art. 228 CE.

2)      La Repubblica francese è condannata a pagare alla Commissione delle Comunità europee, sul conto «Risorse proprie della Comunità europea», una penalità di EUR 31 650 per giorno di ritardo nell’attuazione dei provvedimenti necessari per garantire la piena ed intera esecuzione della citata sentenza 25 aprile 2002, Commissione/Francia, a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza e fino alla completa esecuzione della detta sentenza 25 aprile 2002.

3)      La Repubblica francese è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.

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